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E E' I L O L O G I C H E
19 02
E l E. t . C a
l
(1) Cfr. Mancini, Ind. cod. lat. publ. bybl. lucensis, in Studi It. di
Fil. class. VIII (1900) 211-12.
(*) Una copiosa bibliografia nello Chevalier, Repertoire... s. v. Cfr.
Ebert, Histoire de la Litt...., III, 250 sgg., Paris, 1889, e l'IIist. littéraire
de la France, VI, 99 sgg., Paris, 1742. Qualche accenno nel Groeber in
Grundriss, II, 1, pp. 126-7, 134-5... Strassburg, 1893.
176 Seduta del 20 aprile 1902. – A. Mancini.
(1) Flodoardo, morto nel 966 (cfr. Potthastº, Wegweiser, s. v.) parla
più volte, nella Hist. Rem., IV, 9; IV, 18, di Remigio (in Monumenta, S. S.,
p. 574). Per la cronologia di Remigio hanno importanza anche Sigeberto
in Mon. S. S., VI, 344, e l'Anon. Mellic., ap. Pez, Bibl. Benedectino-Mau
rina, Augustae Vindelicorum, 1716, p. 470; Fabricio, Bibl. eccl., Hamb.,
1718, p. 141, Migne, P. L., CCXIII, 961-84.
(2) Johannes, Vita Odonis. 19, ap. Mabillon, Acta Ss. 0rd. S. Ben.,
VII, 1 18.
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(1) Interessò invece molto nel periodo umanistico, come risulta dal
l'Hauthal, Prolegg., XXVII, XXXII, XXXIV.
(º) Prol. 1 a Iste quidem, sicut et multi Platonici, unum... Deum...
praedicat » – I, 1 « antiqui... ignorantes deum... animum pro deo co
lebant n.
Un commento ignoto di Remy d'Auxerre ecc. 1S3
(*) Fuorchè per la temesis (sic), di cui non si ha traccia in altri gram
matici, ch'io almeno sappia, cfr. Thurot, Histoire des doctrines gramm.
... passim.
^. Seduta d
Seduta pri
del 20 aprile 1902 — A. MI
MIa m c i n i.
- -
(I, 22), l'aferesi (II, 2), l'ipallage (III, 8), la tmesi (IV, 5),
la temesis (III, 4 fama a fando i. loquendo dicitur. Est enim
tem esis i. media significatio nominis, (noi diciamo voces mediae)
quia in bonam partem et in malam accipitur. Cfr. Isid. Orig,
V, 27, 26-7). Anche per quei che si riferisce alla differenza fra
parole in apparenza sinonime, Remigio mostra sicurezza non c0
mune: Prol. 35 • ...uti m u r temporalibus, frui m ur aeternis,
poti m u r utrisque *. I, 1 « hoc distat inter anim u m et a ni
m a m. Anima est ipsa substantia qua vivimus ........ » = Isid.
XI, 1, 7-11; I, 1 • c olim u s maiores, diligimus aequales *.
I, 26 . fi d u s de amico, fidelis de servo n; I, 36 « ira est
repentina animi motio, odium inveterata *; II, prol., 1 « tellus,
terra, h u m u s, a r v u m et r u s idem est. Sed quidam faciunt
differentiam dicentes tellurem esse deam terrae, terram vero ipsum
elementum vel superiorem terrae partem, unde et a terendo dicitur,
humum inferiorem terrae partem ab imo dictum (Cfr. Isid. XlV,
1, 1), arvum terram excultam et procisam, rus villam vel agrum,
unde rusticus i. villanus *; II, 3 « ti m o r et m et u s.... ad ani
mam, t r e m o r ad corpus * ; II, 31 « s o m n u s est sopor men
tis et corporis...., s 0 m nium... res ipsa... quam videmus per som
num *; III, 19 - l0 q ua x in malam partem.... eloque n s in
bonam (Isid. X, 155). L o quax est buccosus, susurro, et gar
rulus.... *; IV, 33 « altum et profun dum reciproca sunt *.
Non è raro nemmeno che Remigio per distinguere una forma
dall'altra segua il criterio della quantità. Indubbiamente per
errore si nota al precetto 25 del prologo • Meretrix a merendo,
• eo quod mereatur precium libidinis vel aliter mereo per e
- brevem significat milito. Hinc et meretrix dicitur a merendo
- eo quod mereat vel militat et serviat stipendiis libidinis *,
ma nonOstante l' errore, la testimonianza non è trascurabile.
Un'altra osservazione degna di nota occorre a III, 8. Remigio
leggeva supprema, come il Parigino 2874 (T) e l' edizione ra
rissima del Caxton (Londini, 1483), intenzionalmente • s u p r e
- mus quando venit a supra tunc producitur prima syllaba et
- scribitur per unum p et significat primum ; quando venit a
- verbo supprimo, tunc scribitur per duo p et significat novis
• simum, sicut et in hoc versu *. Questa preoccupazione ort0
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seducenti, non hanno il peso dei dati positivi desunti dai testi.
Chi sappia l'importanza della tradizione irlandese per la cono
scenza del greco nel Medio Evo, chi ricordi come nell'età di Carlo
il Calvo chi conoscesse il greco fosse, possiamo dire, o un irlan
dese o uno scolaro di irlandesi, potrà non a torto dar peso al
fatto che Remigio è imitatore di Scoto Eriugena. Ma non si di
mentichi quanti e come gravi mutamenti di indirizzo negli studi
liberali avvennero dalla metà del sec. IX alla fine del X nelle
scuole di Auxerre e di Reims. Scoto Eriugena sapeva certo il
greco, si discute se lo sapessero Heiric (ed io non ne dubito
punto) e Remigio, non lo sapeva certo Gerberto; e, per contrario,
Gerberto nel 983 leggeva Aristotele, Porfirio e Boezio: Scoto,
Heiric e Remigio non andarono oltre la strana enciclopedia di
Marziano Capella. Bisogna dunque procedere cauti; ma io spero
che un'indagine diligente aggiungerà probabilmente il nome di
Remigio a quelli di Heiric, di Cristiano di Stavelot e di Wa
lahfrid, i tre continentali d'Occidente che sembra sapessero in
qualche modo la lingua ellenica.
vecchio non trascurò (non cessavit), anzi attese con maggior cura,
allo studio del greco (!). Due citazioni (I, 21; III, 9) del De
senectute sono riferite a Catone, invece che a Cicerone. Per restare
coi classici si veda il prol. lib. II « Ma cer... carmina de vir
a tutibus herbarum scripsit... Luca nu s... proelia... in Thes
« salia facta inter Pompeium et Caesarem, mortuo Crasso...
« Naso... est Ovidius... a magnitudine nasi, qui scripsit librum
e ex amatoria arte. Unde et a Vespasiano Roma eiectus et in terram
- Cominanam (sic ! sc. Tomitanam), regionem Scithiae (sic),
- in exilio (sic) missus est, ubi et mortuus fuit . Singolare
l'errore cronologico per Ovidio: gli Amores sono anche nella
tradizione medievale l'opera tristamente famosa: nessun passo
d'Ovidio è riferito nel commento. Il v. 6 del prol. II - si ro
mana cupis et punica noscere bella Lucanum quaeras... º è
dichiarato « i librum Lucani ». Ma la citazione di Lucano si
riferisce, anche per Remigio, solo alle romana bella, e, di più,
la vera lezione è civica noscere bella, non punica noscere bella,
corruttela facilmente spiegabile per l'opposizione, voluta, al ro
mana. Con Virgilio ed Ovidio può trovar posto Ottaviano a qui
unaquaque die usque ad horam decimam ieiunabat (ad II, 28) ».
Curiosissimo l'errore a III, prol. 6 - Plato octogesimo et uno
anno scribit(ur) esse mortuus et Socrates nonaginta et novem
annos in dicendi scribendique labore complevit (º).
Un indizio della cultura letteraria sono le citazioni. Dei
testi sacri i Proverbi, tenuti presenti di continuo, sono espres
samente citati ben ventisette volte; gli altri libri dell'Antico
Testamento diciasette, il Nuovo ventiquattro. Scarse le citazioni
di testi ecclesiastici e di Ss. Padri: i sacri canoni una volta,
S. Agostino e S. Gregorio Magno tre, S. Girolamo quattro, la
Regola di S. Benedetto una. Di altri scrittori cristiani Aratore
(II, 9, lib. I, v. 16) e Isidoro (v. s. = V, 25, 18 colla variante
(*) A quanti che sostennero che Catone non sapesse una parola di
greco fino a tarda età non può insegnare Remigio!
(*) Per errori di Remigio Hauréau, Notices, XX, 12. Che Platone
morisse a 81 anno è esatto, e Cicerone, De sen. 5, lo insegnava a Remigio;
per Socrate c'è doppio errore.
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