2
preziose, dal momento che la natura richiede soltanto cibo
(Epistulae, CXIX, 13), con la citazione di tre versi oraziani
(Sermones, I, 2, vv.114–116); la riprova di un animo corrotto,
desumibile dalla continua simulazione (Epistulae, CXX, 20),
mediante il riferimento al cantante Tigellio delle satire (Sermones,
I, 3, vv.11–17), indicando nomen e cognomen del poeta “Homines
multi tales sunt qualem hunc describit Horatius Flaccus”
(Epistulae, CXX, 21).
Persino Eumolpo, il personaggio di Petronio, nella sua
rassegna di poeti imitati dai giovinastri, allude alla sorprendente
capacità descrittiva di Orazio, “Horatii curiosa felicitas”
(Satyricon, 118, 5), difficilmente eguagliabile.
Anche Plinio il Vecchio, parlando delle uova e dei nidi degli
uccelli (Naturalis historia, X, 145), parafrasa i versi di una satira,
nella quale Orazio disquisisce di gastronomia con un certo Cazio
(Sermones, II, 4, vv.12–14).
Al III sec. d. C., risale il più antico commentario di Porfirione
relativo a tutte le opere di Orazio, a noi giunto in una versione
posteriore, mentre l’opera dello Pseudo-Acrone (V sec.), ad
opinione dei critici, non rispecchia l’originale di Acrone (III sec.).
Mario Servio Onorato redige il trattato De metris Horatii ad
Fortunatianum (IV sec.): alla sua scuola veniva infatti studiato
non solo Virgilio, ma anche il venosino.1
Successivamente i riferimenti ad Orazio sono sempre meno
frequenti, fino a quando ricompare nei manoscritti del IX sec.
In un palinsesto della seconda metà del IX sec., conservato a
Parigi (BnF Lat. 7900A), Orazio è annoverato insieme a Lucano,
Giovenale, Terenzio e Marziano Capella, tutti dotati di copiose
annotazioni.
Come rileva Richard Tarrant, “questo manoscritto illustra
un'altra pratica medievale, con un possibile intento pedagogico,
1
Per un utile confronto, relativo alla ricezione nel mondo classico, si ricorda il
saggio di GIACOMO LEOPARDI, Della fama avuta da Orazio presso gli
antichi. Discorso, in "Lo Spettatore italiano e straniero", n. 66, 15 dicembre
1816.
3
riportando il testo delle Odi con notazioni musicali. Quasi
cinquanta manoscritti di Orazio che contengono tale notazione
sono stati registrati, datati dal IX al XII secolo; uno scopo
probabile era quello di aiutare a memorizzare e spiegare i metri
lirici di Orazio”2. L’uso di cantare una poesia costituisce infatti
una delle mnemotecniche più antiche.
“L’altro è Orazio satiro che vene” (Inferno, IV, v. 89), così
Dante, segna l’incontro nel Limbo con il poeta, annoverandolo
principalmente per i Sermones, mentre Petrarca ne apprezza i
Carmina: “Regem te Lyrici carminis Italus” (Epistulae familiares,
XIV, 10).
Nel 1347, Petrarca acquistò a Genova un manoscritto del X
sec. (Biblioteca Medicea-Laurenziana, Plut. 34.1) con le opere di
Orazio e lo annotò in diverse carte.
Il prestigio del poeta crebbe ancora durante il rinascimento;
dal 1464 al ’65, Cristoforo Landino tenne un corso sull’Ars
poetica, come comprovano gli appunti delle lezioni redatte da
Bartolomeo Della Fonte e conservate in un manoscritto
(Biblioteca Riccardiana, ms.646).
Durante il XV sec., in Spagna, Orazio fu considerato uno dei
poeti canonici dell'antichità, insieme a Omero, Virgilio e Pindaro
e la sua rappresentazione pittorica fu effigiata nella Casa Pilatos di
Siviglia e nella Biblioteca Reale di San Lorenzo dell’Escorial a
Madrid. La traduzione completa delle sue opere fu ultimata nel
1599 da J. Villén de Biedma.3
L’influenza oraziana è ben ravvisabile nelle Satire di Ariosto
composte tra il 1517 e il ’25, con l’elogio della vita tranquilla e le
piacevolezze della campagna opponibili agli affanni cittadini.
2
Horace's "Odes". Oxford approaches to classical literature, Oxford
University Press, New York, 2020, p. 213.
3
Cfr. CLARA MARÍAS MARTÍNEZ, La recepción de Horacio en el
Siglo de Oro: Traducciones en prosa y verso, y estudio del caso de Nil
admirari (Ep. I, 6), Camenae n° 18 – 2016, consultabile online all’indirizzo
https://www.saprat.fr/media/f1c763399b5aba87d4c73053f157d0cb/camenae-
18-13-martinez.pdf .
4
Nell’epigramma proemiale in latino della sua raccolta Les
regrets (1558), Joachim Du Bellay identifica, sul modello
oraziano, le componenti della sua poetica: il fiele, il sale ed il
miele, preannunciando pertanto di rinunciare all’esclusività del
tema amoroso.
Il tema del carpe diem aleggia nella raccolta Les Amours
(1560) di Pierre De Ronsard e compare come invito alla donna
amata a cogliere il fiore della giovinezza, prima che appassisca:
“cueillez, cueillez, vostre jeunesse / comme à cette fleur, la
vieillesse / fera ternir vostre beauté” (Ode à Cassandre, Odes, I,
17, vv. 16-18).
A Jean-Jacques Rousseau si deve l’imitazione di un’ode
(Carmina, III, 9) che è compresa nell’intermezzo pastorale, Le
devin du village (1752), rappresentato con successo alla corte di
Luigi XV, nella residenza di Fontainebleau.
E Voltaire scrisse addirittura un’epistola (1772) ad Orazio,
dalla quale traiamo questi versi emblematici.
5
liber, v.309]: mostrando in seguito, che i più celebri Poeti, ed in
particolare Omero, furono veri Filosofi. Il suo Discorso fu
sommamente, e replicatamente applaudito”5.
In Germania, fiorì un’ampia rassegna di studi oraziani; nel
1724 Caspar Gottschling curò un’edizione latina corredata da note
in tedesco, Q. Horatii Flacci Poemata, mentre nel 1754 Gotthold
Ephraim Lessing scrisse Rettungen des Horaz, motivando il
proprio approccio con l’autore con una singolare similitudine,
riecheggiante il concetto ut pictura poesis (Ars poetica, 361).
5
ANTONIO VALERI, Casanova a Roma, Enrico Voghera, Roma 1899, p.51.
6
Rettungen des Horaz (1754), in G.E. LESSING, Werke und Briefe, 12 vols.,
W. Barner et al, ed. (Frankfurt a.M.: Deutscher Klassiker Verlag, 1987 – 98), 3,
159.
“Io stesso non riesco a pensare a un'occupazione più piacevole che scrutare i
nomi di uomini famosi, indagare sul loro diritto all'eternità, cancellare le
macchie immeritate, eliminare le false toppe che coprono i loro punti deboli, in
breve, fare in senso morale quanto fa fisicamente chi è incaricato di sorvegliare
una pinacoteca”.
6
ricordare la famosa traduzione dell’ode a Pirra (cfr. Carmina, I, 5,
p.96).
Alexander Pope scrisse Imitation of Horace (1733-1735), una
raccolta di undici componimenti, e la sua grande ammirazione per
il poeta latino era stata dichiarata anche in An Essay on Criticism
(1711), affermando che Orazio incanta con graziosa negligenza,
trasmettendo familiarmente, con semplicità, la nozione più vera.7
7
Ammiratore dei “fulgidi d’Orazio carmi”9, Giosuè Carducci
ne difese apertamente la grandezza stilistica contro la critica dei
romantici, intitolando anche una raccolta di trenta poesie,
composte tra il 1867 e il 1879, Giambi ed epodi, omaggiando
altresì la grandezza di Archiloco e acquisendo l’impronta
sferzante della vis latina, nelle proprie accese controversie civili.
La poetica dell’angulus diviene un luogo sicuro, al riparo
dalle minacce del mondo, nei versi di Giovanni Pascoli.
9
Cfr. Una rama d’alloro, in Rime nuove, libro IV, Zanichelli, Bologna 1889,
pp.120-122.
10
L’ora di Barga, in Canti di Castelvecchio, Zanichelli, Bologna 1907, p.121.
11
Poesie latine, a cura di Manara Valgimigli, A. Mondadori, Milano 1951,
p.162.
8
Innegabilmente, nel discorso poetico del novecento, è
possibile cogliere ancora la presenza di Orazio, nella trasparenza
delle massime carpite dai suoi testi, benché non sempre la
ricezione dia luogo ad una pacifica acquisizione ed anzi divenga
spunto per un atteggiamento analitico che, il più delle volte, pone
in risalto ciò che il critico ricusa di sé. Così Ezra Pound che,
invitato dall’amico T. S. Eliot, scrive un ritratto in controluce.
9
per chi voglia emulare la loro intrinseca musicalità ed anche
l’oraziana arte di evocare concetti profondi, in una velata elegante
veste di ironico distacco, e di ciò Pound diviene perfettamente
consapevole.
Con Orazio la traduzione diventa dunque una sorta di
avventura per l’assoluta imprevedibilità dello svolgersi del testo,
come Josif Brodskij spiega chiaramente.
14
JOSIF BRODSKIJ, Lettera ad Orazio, in Dolore e ragione, Traduzione di
Gilberto Forti, Adelphi, Milano 1995, p.59.
15
GIOVANNI BARBERI SQUAROTTI, Le Odi di Orazio nella traduzione di
Cesare Pavese, in Scrittori che traducono scrittori. Traduzioni ‘d’autore’ da
classici latini e greci nella letteratura italiana del Novecento, a cura di E.
Cavallini, Edizioni Dell’Orsa, Alessandria 2017, p.29.
10
scogliere tutte ròse. Fa’ senno, mesciti vino e, poiché la vita è
breve, tarpa le ali a ogni lunga speranza. Anche mentre stiam
qui a parlare, sarà fuggito il tempo avaro: goditi l’istante e
non creder per nulla al futuro.16
16
Le Odi di Quinto Orazio Flacco tradotte da Cesare Pavese, a
cura di Giovanni Bàrberi Squarotti, Olschki, Firenze 2013, p.19.
11
Carmina, I, 11
17
“Il convivio è presso Leuconoe il cui animo non è sereno, come serena la
bellezza. Così mi giova interpretare il nome della fanciulla, da λευκός e νοῦς,
come valesse: se fosse anche nell’animo, candida sarebbe in tutto”. (Giovanni
Pascoli, Lyra romana, R. Giusti, Livorno 1895, p.209). Pascoli suppone che la
ragazza abbia con sé delle tavolette (pinakes), per trarre pronostici.
18
Chiare le prescrizioni di Catone al fattore, affinché si astenga dal consultare
aruspice, augure, indovino o caldeo: con il termine Chaldaeus si faceva
riferimento all’astrologo. “Haruspicem, augurem, hariolum, Chaldaeum ne
quem consuluisse velit”. (De agri cultura, V, 6).
19
Oltre a biasimare la disonestà degli indovini, Aulo Gellio sottolinea la
pericolosità dei pronostici, sia negativi sia positivi, per i condizionamenti che
comportano a livello psicologico. «Aut adversa – inquit – eventura dicunt aut
prospera. Si dicunt prospera et fallunt, miser fies frustra exspectando; si
adversa dicunt et mentiuntur, miser fies frustra timendo; sin vera respondent
eaque sunt non prospera, iam inde ex animo miser fies antequam e fato fias; si
felicia promittunt eaque eventura sunt, tum plane duo erunt incommoda: et
exspectatio te spei suspensum fatigabit et futurum gaudii fructum spes tibi iam
praefloraverit. Nullo igitur pacto utendum est istiusmodi hominibus res futuras
praesagientibus». (Noctes Atticae, XIV, 1, 36).
20
Un intero capitolo della vita di Augusto è dedicato ai prodigi che si
verificarono alla sua nascita (De vita caesarum, Vita Augusti, XCIV). In
particolare egli ebbe tanta fiducia nel proprio destino da divulgare il proprio
tema natale in una moneta d’argento: “Tantam mox fiduciam fati Augustus
habuit, ut thema suum vulgaverit nummumque argenteum nota sideris
Capricorni, quo natus est, percusserit”. (Vita Augusti, XCIV, 12).
12
Capricorno, segno del suo concepimento, come emblema della
propria fortuna.
La sensibilità d’Orazio sembra invece rifuggire da questo
universo magico che costituisce una sorta di superamento della
condizione umana ancorata all’hic et nunc, egli preferisce infatti
delimitare la prospettiva esistenziale alla concretezza del presente,
senza differire le occasioni che la vita offre ad un ipotetico futuro.
Nella sua poetica si circoscrive pertanto il tema del carpe
diem, con l’invito a calarsi integralmente in un piacere in atto, non
contaminato dalla tensione del divenire. Il tema è rilevabile anche
nelle odi a Lucio Sestio (I, 4, pp.93-95), a Postumo (II, 14,
pp.152-155) e a Torquato (IV, 7, pp.194-197).
Carmina, I, 11
13
Tu ne quaesieris (scire nefas) quem mihi, quem tibi
finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios
temptaris numeros. Ut melius quicquid erit pati!
Seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam,
quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare 5
Tyrrhenum, sapias, vina liques et spatio brevi
spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit invida
aetas: carpe diem, quam minimum credula postero.
A Leuconoe
14
abbiano posto gli dei alla tua, alla mia vita, e non tentare
le cabale caldaiche. È meglio, credi, accettare tutto ciò che verrà.
Siano tanti gl’inverni che il cielo ci assegna, o sia l’ultimo questo,
che ora batte il Tirreno e le sue fragili coste, sii saggia, Leuconoe:
filtra il vino e dal nostro breve spazio escludi la lunga speranza.
Sarà fuggita, mentre parliamo, l’invidia del tempo:
prendi ciò che oggi ti è dato e nel domani confida meno che puoi.
Carmina, III, 30
15
La conclusione del III libro dei Carmina ci presenta un
elogio da parte del poeta della propria arte e una consapevolezza
della personale grandezza che, in altri contesti, Orazio sembra
voler sminuire, forse per sottrarsi alle richieste, avanzate da
eminenti personaggi, di trattare tematiche non congeniali alla sua
vena poetica. Così si evince ad esempio nell’ode rivolta ad
Agrippa (Carmina, I, 6, pp.100-103) e anche in quella riferita a
Mecenate (Carmina, II, 12), ove espressamente vien detto che le
tematiche eroiche della guerra non trovano ispirazione nel
sostegno della Musa. Peraltro lo stesso Apollo aveva ammonito il
poeta allorché era desideroso di celebrare battaglie e città vinte
(Carmina, IV, 15).
A proposito dell’ode conclusiva del III libro, Giulio
Scaligero rileva la capacità artistica di mescolare orgoglio e
grandezza: “Ultima eiusdem libri miscuit etiam fastum cum
maiestate”21. E ancora lo Scaligero sottolinea la nobiltà dei
carmina, elogiandone lo stile: “Carminum igitur libri vel iucunda
inventione, vel puritate sermonis, vel figurarum tum novitate tum
varietate, maiores sunt omni non solum vituperatione, sed etiam
laude: neque solo dicendi genere humili quemadmodum scripsit
Quintilianus, contenti: verum etiam sublimi maxime
commendandi. Quid enim altius aut praeclarius illis?”22
Il fastus si esprime nella convinzione d’aver creato
un’opera imperitura che la furia degli elementi non potrà
estinguere (vv.3-5); l’immagine potente emula i versi dell’ode di
Pindaro per Senocrate d’Agrigento, per il quale il poeta ha
realizzato un tesoro d’inni, custodito nel bosco d’Apollo, che la
foga degli elementi non distruggerà.
21
JULIUS CAESAR SCALIGERUS, Poetices libri septem, apud Antonium
Vicentinum, Lione 1561, p.338.
22
Ibidem “I libri dei Carmi sono sempre i più importanti, non solo al di là di
ogni critica, ma anche di ogni lode, grazie alla felice invenzione, alla purezza
del linguaggio, alla novità o alla varietà delle figure: secondo Quintiliano, non
si limitano allo stile basso, ma sono da lodare per il loro stile sublime. C'è,
infatti, qualcosa di più nobile e illustre di questi?”
16
τὸν οὔτε χειμέριος ὄμβρος, ἐπακτὸς ἐλθών 10
ἐριβρόμου νεφέλας
στρατὸς ἀμείλιχος, οὔτ’ ἄνεμος ἐς μυχούς
ἁλὸς ἄξοισι παμφόρῳ χεράδει
τυπτόμενον. φάει δὲ πρόσωπον ἐν καθαρῷ
πατρὶ τεῷ, Θρασύβουλε, κοινάν τε γενεᾷ. 15
λόγοισι θνατῶν εὔδοξον ἅρματι νίκαν
Κρισαίαις ἐνὶ πτυχαῖς ἀπαγγελεῖ.23
(Pitica, VI, vv.10-17)
17
Carmina, III, 30
La gloria
Statuti: https://musashop.wordpress.com/2014/05/14/)
18
più alto della regale mole delle Piramidi,
che non potranno distruggere il logorio delle acque,
la furia dei venti, la serie innumerevole degli anni
e la corsa del tempo. Non del tutto io morrò;
molta parte di me sfuggirà Libitina
e per la lode dei posteri sempre avrò vita,
finché solenne salga il Campidoglio
il pontefice con la vergine in preghiera.
Là, dove l’Ofanto strepita violento, dove,
povero d’acqua, regnò Dauno su agresti villaggi,
di me si dirà che, da umile divenuto potente,
per primo il carme Eolio modulai su italici accenti.
Sii superba, Melpomene, per i tuoi benefici e, se tu vuoi,
incorona il mio capo con l’alloro di Delfi.
19
Indice
Introduzione
Una breve sintesi della ricezione delle opere 13
Selezione antologica 21
Epodi 21
Epodon liber, 2 22
Epodon liber, 7 28
Epodon liber, 15 32
Satire 36
Sermones, I, 1 38
Sermones, I, 5 48
Sermones, I, 6 58
Sermones, I, 8 68
Sermones, I, 9 74
Sermones, II, 6 82
Odi 92
Carmina, I, 4 93
Carmina, I, 5 96
Carmina, I, 6 100
Carmina, I, 9 104
Carmina, I, 10 108
Carmina, I, 11 112
Carmina, I, 13 116
Carmina, I, 17 120
Carmina, I, 20 124
Carmina, I, 22 128
Carmina, I, 23 132
Carmina, I, 30 136
Carmina, I, 38 140
Carmina, II, 6 144
Carmina, II, 11 148
Carmina, II, 14 152
Carmina; II, 15 156
20
Carmina, III, 13 160
Carmina, III, 18 164
Carmina, III, 21 168
Carmina, III, 22 172
Carmina, III, 23 176
Carmina, III, 26 180
Carmina, III, 30 184
Carmina, IV, 2 188
Carmina, IV, 7 194
Epistole 198
Epistulae, I, 4 199
Epistulae, I, 5 202
Epistulae, I, 10 206
Svetonius, Vita Horatii 212
Enrico Bindi, La vita di Orazio raccontata da lui stesso 218
232
Indice 233
21