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2017-2018
Geologia Applicata – Docente: M.D. Fidelibus
Parte IV B - Proprietà tecniche delle rocce - Dispensa redatta dal Dr. Geol. Giovanni Bruno
Figura 1 - forma ed estensione del volume significativo di un’opera nel caso di sottosuolo
omogeneo-isotropo
Orientativamente la profondità del volume significativo “D” corrisponde a quella profondità dal
piano campagna alla quale le sovrappressioni indotte dall’opera si riducono a (0.1·σl) della tensione
in situ prima della costruzione dell’opera stessa.
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Parte IV B - Proprietà tecniche delle rocce - Dispensa redatta dal Dr. Geol. Giovanni Bruno
Nel caso l’opera insista su un ammasso roccioso che presenta una famiglia di discontinuità
prevalenti allora bisogna tener conto dell’orientazione delle sollecitazioni trasmesse nel sottosuolo
dall’opera in relazione alla giacitura delle discontinuità. A tal proposito, nella pratica e nelle
simulazioni numeriche, si è visto che in presenza di una o più famiglie di discontinuità le
sovrappressioni indotte in profondità tendono a canalizzarsi lungo le superfici di discontinuità
sollecitando e deformando profondità ben maggiori di quelle misurate nei mezzi omogenei-isotropi.
Ciò comporta la necessità di investigare/caratterizzare volumi significativi fino a profondità
maggiori (fig. 2).
Figura 2 - forma ed estensione del volume di ammasso interessato dalle deformazioni in direzione
Y (volume significativo) nel caso di sottosuolo anisotropo
2. Parametri fisici del materiale roccia intatta (substrato omogeneo-isotropo) o dei volumi di
roccia intatta delimitati da discontinuità nel caso di ammassi rocciosi (substrato
anisotropo)
La determinazione dei parametri fisici e meccanici (di resistenza e deformabilità) è necessaria sia
che si abbia a che fare con un substrato costituito da roccia massiva intatta sia che si tratti di un
ammasso roccioso. In quest’ultimo caso oltre a caratterizzare la roccia intatta è necessario
caratterizzare anche le discontinuità.
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Di seguito si riportano i principali parametri fisici delle rocce con le relative unità di misura e,
eventualmente, la metodica utilizzata per determinarli.
Permeabilità (cm/s)
Attitudine di una roccia a lasciarsi attraversare dai fluidi. Nelle rocce incoerenti o coesive si misura,
in laboratorio, con i permeametri. La permeabilità di una roccia massiva è in genere dovuta alla
presenza congenita di pori all’interno della roccia ed è quindi direttamente proporzionale alla
porosità efficace della stessa.
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Durezza
si definisce durezza la proprietà delle rocce di presentare resistenza a quel complesso di azioni
meccaniche dovute allo sfregamento ed all’attrito. Essa dipende non tanto dalle durezze dei singoli
minerali, quanto dal loro stato di aggregazione e cementazione. Per stabilire una scala di durezza
occorre far riferimento a diverse caratteristiche:
a) Segabilità
Rocce tenere: sega a denti - calcareniti o tufo vulcanico
Rocce semidure: sega liscia o a smeriglio - marmi
Rocce dure: sega liscia e polvere di diamante - graniti
b) Logorabilità
è la proprietà che hanno le rocce di consumarsi più o meno rapidamente a causa di una
azione meccanica che produce sfregamento essa può essere definita mediante le seguenti
prove di laboratorio:
• Prova di usura per attrito radente – si misura lo spessore di strato abraso da un
provino parallepipedo premuto con una definita pressione e per un tempo definito
contro un disco metallico rotante ad una determinata velocità
• Prova di usura per rotolamento – un determinato quantitativo di pietrisco di
definita granulometria viene posto in un cilindro rotante ad una certa velocità intorno
ad un asse obliquo. Si determina la perdita in peso dopo un certo numero di giri dopo
setacciatura, lavaggio ed essiccamento.
• Prova di usura al getto di sabbia – si esegue sulla faccia spianata di un provino
che viene esposta per un certo tempo al getto in aria compressa ad una definita
pressione di sabbia abrasiva a granulometria definita
Durevolezza
resistenza opposta dalle rocce alle azioni atmosferiche che tendono ad alterarle o a disgregarle. È
condizionata dal clima: un clima umido è più sfavorevole di un clima secco e costante.
Gelività
capacità di una roccia di resistere all'azione del gelo e disgelo. Infatti, l'acqua che riempie le fratture
di una roccia, quando si trasforma in ghiaccio, aumenta di volume e amplia le dimensioni delle
fratture. Si valuta attraverso prove standardizzate che consistono nel determinare la resistenza a
compressione di un certo numero di provini impregnati d’acqua a saturazione e poi sottoposti a cicli
di congelamento e scongelamento.
Potere legante
attitudine dei frammenti di alcune rocce a legarsi con altre particelle per formare un corpo unico e
compatto (è richiesta per i sottofondi stradali, il pietrisco deve polverizzarsi per attrito e poi
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trasformarsi in materiale compatto per assorbimento d’acqua). Rocce con alto potere legante sono
quelle che contengono carbonato di calcio come i calcari, le dolomie, i calcari marnosi ecc.
Proprietà termiche
caratterizzano il comportamento della roccia sotto l'azione del calore. Si esprimono mediantei
seguenti parametri:
conducibilità termica (W/(m·°K): capacità di una roccia di propagare il calore;
capacità termica (J/°K): capacità di immagazzinare il calore. Esprime la quantità di calore in
joule che un sistema può immagazzinare aumentando la sua temperatura di un grado kelvin.
La setacciatura
• Si usa per costruire la curva granulometrica, cioè la distribuzione in peso delle diverse classi
di diametro delle particelle di un materiale incoerente.
• Si utilizzano 6-8 setacci impilati che sono sottoposti ad agitazione.
• I granuli passano attraverso le maglie dei setacci a seconda della loro dimensione. Le
aperture delle maglie sono via via inferiori nei setacci inferiori.
I setacci che si utilizzano per la prova hanno maglie con diversa apertura e nel caso si utilizzino
quelli codificati dall’ASTM le aperture sono le seguenti
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Alla fine della setacciatura, noto il peso iniziale del campione analizzato, il materiale raccolto in
ogni setaccio di maglia nota viene pesato e si calcolano le percentuali in peso, trattenute in ogni
classe granulometrica (maglia del setaccio), e la curva percentuale cumulativa. Secondo lo schema
riportato nelle immagini seguenti (fig. 4).
Figura 4 - Tabella riassuntiva delle pesate e del calcolo delle percentuali parziali e cumulate
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3. Le sollecitazioni semplici che possono agire su una roccia e le prove in situ e di laboratorio
per determinarne le relative proprietà meccaniche e deformative
Le sollecitazioni semplici che possono agire su un campione di roccia intatta sono quelle
sintetizzate in figura 6.
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Figura 7 - Schema di prova di trazione indiretta – Brasiliana (da: Bruno G., 2012 –
Caratterizzazione geomeccanica per la progettazione ingegneristica, Flaccovio Ed.)
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dove:
F = Forza applicata al momento della rottura;
d = Diametro del provino;
h = Altezza del provino.
Figura 8 - Tipologie di prove Point Load: a) Prova diametrale su carota; b) Prova assiale su carota; c)
Prova su frammento informe (da: Bruno G., 2012 – Caratterizzazione geomeccanica per la progettazione
ingegneristica, Flaccovio Ed.)
dove:
(MN/m2) indice di resistenza Point Load di una carota con diametro di 50mm;
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Figura 9 – Martello di Schmidt in posizione di prova (da: Bruno G., 2012 – Caratterizzazione geomeccanica
per la progettazione ingegneristica, Flaccovio Ed.)
La prova, quando effettuata in laboratorio, viene eseguita su carote o provini cubici disposti e
bloccati su appositi supporti aventi forma normalizzata. Molto frequente è l’utilizzo dello strumento
anche nei rilievi in situ per la determinazione del parametro JCS che esprime la resistenza a
compressione delle superfici di discontinuità di ammassi rocciosi.
La procedura di prova è stata recentemente aggiornata prevedendo la possibilità di utilizzare
martelli di tipo “L” ed “N” che, com’è noto, sono caratterizzati da energie di impatto,
rispettivamente, di 0.735 Nm e 2.207 Nm. Essa consiste nel misurare l’indice di rimbalzo del
martello (r) un certo numero di volte, secondo quanto previsto dagli standard normativi di
riferimento (per approfondimenti vedi Bruno G., 2012 – Caratterizzazione geomeccanica per la
progettazione ingegneristica, Flaccovio Ed.), calcolandone poi con metodi statistici il loro valore
caratteristico (Rcar).
Per ottenere il valore della resistenza a compressione della roccia σci si utilizzano delle correlazioni
statistiche (fig. 10).
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- Composizione mineralogica (le rocce costituite da minerali nei quali la forza di coesione
è prevalentemente dovuta a legami chimici di tipo covalente sono più resistenti di quelle
nelle quali la coesione è dovuta a legami di tipo ionico);
- Granulometria (le rocce a grana fine hanno in genere una resistenza maggiore di quelle a
grana medio-grossa);
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- Densità e Porosità (la densità della roccia presenta una correlazione diretta con la
resistenza a compressione al contrario della sua porosità che invece ha una correlazione
inversa);
- Anisotropia del provino (la presenza di caratteri di anisotropia nel provino quali ad
esempio inclusioni fossili, granuli eterometrici e/o poligenici, scistosità, foliazioni, etc.
determinano una marcata variabilità dei risultati di prova al variare della direzione di
carico; il valore del coefficiente di variazione CV nelle rocce anisotrope può raggiungere
anche il 50% e, comunque, tende ad essere inferiore per le rocce che presentano valori
medi di resistenza più elevati);
- Forma e dimensioni del provino (i provini di forma cilindrica rispetto a quelli cubici,
hanno una resistenza generalmente maggiore quando il rapporto fra l’altezza e il diametro
h/d è circa 1/1, minore per rapporti h/d pari a 1.5/1, mentre è sostanzialmente la stessa per
rapporti h/d dell’ordine di circa 3/1; per quanto riguarda le dimensioni del provino gli studi
condotti evidenziano una correlazione inversa con la resistenza a compressione);
- Grado di saturazione e pressione dei pori (la presenza di acqua e ancor più di una
pressione interstiziale nelle prove non drenate di rocce dotate di porosità efficace,
determina una diminuzione di resistenza della roccia);
- Grado di alterazione (l’alterazione determina una diminuzione di resistenza che è meno
marcata nelle rocce sedimentarie rispetto a quelle metamorfiche e magmatiche; in
quest’ultime la diminuzione può raggiungere anche valori dell’80%);
- Tipo di apparecchiatura di prova;
- Velocità di applicazione del carico (una elevata velocità di applicazione del carico
determina una rottura violenta del provino e, nel contempo, una sovrastima della resistenza
a compressione della roccia);
- Condizioni di carico;
- Tensione di confinamento (la presenza di una tensione di confinamento, come accade
nelle prove triassiali, determina un aumento di resistenza e quando essa è superiore a circa
1/3 della tensione assiale applicata si verifica una transizione da un comportamento fragile
ad un comportamento duttile della roccia; questa transizione avviene nelle rocce ignee e
metamorfiche per tensioni di confinamento più elevate rispetto a quelle necessarie per le
rocce carbonatiche ed evaporitiche);
- Condizioni di temperatura (l’incremento della temperatura durante la prova ha l’effetto
di aumentare la duttilità della roccia e nel contempo di ridurre la sua resistenza);
- Tempo.
Uso di provini cilindrici le cui facce contrapposte debbono essere piane, parallele e
ortogonali all’asse del provino e, quindi, all’asse di carico. L’uso di provini cubici è
sconsigliato per via delle difficoltà connesse al confezionamento degli stessi principalmente
per quanto riguarda il perfetto parallelismo delle facce di carico;
Il diametro d dei provini non deve essere inferiore a 5.4 cm e, comunque, pari ad almeno 10
volte il diametro del granulo di maggiori dimensioni presenti nel provino testato. Esso si
ottiene dalla media di sei misure eseguite, con una precisione di 0.01 cm, in corrispondenza
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di due direzioni ortogonali fra loro e a tre diverse altezze (alla base, al centro e alla
sommità);
Il rapporto fra l’altezza e il diametro del provino deve essere pari a 2.0 ÷ 2.5 in modo tale
da ottenere una distribuzione simmetrica delle tensioni nella porzione centrale dello stesso,
dove normalmente avviene la rottura, senza l’interferenza delle tensioni di taglio che si
generano all’interfaccia fra piastra di carico e provino;
La velocità di crescita del carico deve essere, in genere, dell’ordine di 0.5 ÷ 1 MPa/s cui
corrisponde mediamente un tempo di prova di circa 5 ÷ 10 minuti per il raggiungimento
della resistenza di picco dei più comuni litotipi. In alternativa si può scegliere di aumentare
progressivamente il carico di intervalli costanti fino a raggiungere la rottura;
Il numero minimo di provini da testare per ricavare il valore caratteristico della resistenza a
compressione deve essere di almeno 5.
La prova viene eseguita disponendo il provino fra due piastre di carico piane e parallele delle quali,
usualmente, quella inferiore è fissa e fa da contrasto a quella superiore che è libera di muoversi
lungo un asse verticale (fig. 12).
Avviata la prova si registrano in continuo la forza impressa alle piastre e le deformazioni verticali e
orizzontali subite dal campione; ciò al fine di poter interpretare la prova in termini di tensioni-
deformazioni σ-ε e ricavare, quindi, oltre al valore di resistenza a compressione σci anche altri
parametri meccanici quali il modulo di elasticità o di Young E e il modulo di Poisson ν.
Osservando una teorica curva tensioni-deformazioni, ottenuta da una prova di compressione
eseguita su un litotipo fragile-duttile, è quasi sempre possibile individuare i seguenti diversi tratti a
comportamento omogeneo (fig. 13):
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Parte IV B - Proprietà tecniche delle rocce - Dispensa redatta dal Dr. Geol. Giovanni Bruno
Figura 13 - Suddivisione della curva tensioni-deformazioni, di una teorica prova di compressione semplice
su un campione di roccia fragile-duttile, in tratti a comportamento omogeneo (da: Bruno G., 2012 –
Caratterizzazione geomeccanica per la progettazione ingegneristica, Flaccovio Ed.)
Tratto O-A
Il tratto che dall’origine “O” arriva al punto “A”, denominato nella letteratura anglosassone tratto di
“locking”, è caratterizzato da una leggera concavità ed ha estensione e grado di curvatura variabili
in funzione del litotipo testato. Esso è accompagnato da una leggera diminuzione di volume ed è
dovuto alla chiusura delle microfratture preesistenti nel provino ed ad un migliore adattamento delle
piastre di carico alle facce dello stesso.
Tratto A-B
È il tratto in cui la relazione tensioni-deformazione è di tipo lineare in accordo con la legge di
Hooke. Le deformazioni del provino all’interno di questo tratto sono reversibili cioè vengono
recuperate una volta tolto il carico.
Tratto B-C
Raggiunta una tensione di soglia (punto B), che è pari a circa il 40% della tensione di rottura σci
nelle rocce a tessitura grossolana e al 50 ÷ 60% in quelle a granulometria fine, nel provino iniziano
a formarsi delle microtratture. Tali fratture hanno, generalmente, un decorso verticale e possono
essere definite stabili in quanto se lo stato tensionale indotto nel provino non cresce esse tendono a
non svilupparsi.
Tratto C-D
In seguito all’aumento del carico applicato si verifica un sensibile aumento delle microfratture del
provino e si instaura una fessurazione detta instabile poiché le fratture tendono a propagarsi anche
se lo stato tensionale viene mantenuto costante. Raggiunto questo stadio si osserva un repentino
aumento della deformazione volumetrica del provino fino ad arrivare alla rottura dello stesso. La
rottura si manifesta o con la formazione di un piano di frattura nella porzione mediana del provino
(più raramente due piani coniugati) oppure mediante più piani di frattura a decorso sub verticale.
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Il valore massimo della tensione verticale che la roccia è in grado di sopportare, corrispondente al
punto D (fig. 11), rappresenta la tensione di rottura per compressione semplice σci ed è calcolata
mediante la relazione:
dove:
F = Forza applicata al momento della rottura;
Ap = Area del provino ottenuta dal diametro iniziale d, calcolato come detto in precedenza.
Tratto D-E
Superata la massima resistenza della roccia, la curva tensioni-deformazioni presenta un tratto
discendente durante il quale si ha un incipiente sviluppo di fratture macroscopiche per coalescenza
di fratture adiacenti in seguito al tranciamento dei ponti di roccia presenti fra esse. L’andamento di
questo tratto sta ad indicare l’incapacità della roccia di esprimere una capacità portante.
Tratto E-F
Questo tratto rappresenta lo stadio finale della prova durante il quale lo stato di fratturazione del
provino aumenta considerevolmente fino alla completa frantumazione dello stesso.
La caduta di resistenza che si misura dopo il punto D (Fig. 2.3), può assumere forme diverse a
seconda del tipo di roccia testata; solitamente la resistenza decresce bruscamente nel caso di rocce a
comportamento fragile (arenarie quarzose, basalti, etc.), mentre si osserva una diminuzione più
graduale in rocce a comportamento di tipo duttile (gessi, rocce saline, etc.).
La resistenza a compressione semplice delle rocce varia in relazione al litotipo considerato e può
variare da valori di pochi MPa per le rocce cosiddette “tenere” (tufi, calcareniti, argilliti, etc.) fino a
qualche centinaio di MPa per le rocce molto resistenti (basalti, anfiboliti, arenarie quarzose, etc.).
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Figura 14 - Curva tensioni-deformazioni e tipi di moduli elastici: a) Modulo tangente ad un dato valore di
tensione Eti, Et50%; b) Modulo medio della parte lineare della curva ̅ ; c) Modulo secante calcolato sulla
retta che congiunge l’origine della curva con la resistenza di picco Es (da: Bruno G., 2012 –
Caratterizzazione geomeccanica per la progettazione ingegneristica, Flaccovio Ed.)
I valori numerici assunti dai diversi moduli d’elasticità sono, ovviamente, variabili in funzione della
tipologia di modulo considerata; tuttavia, qualora la curva σ-ε non presenti il tratto di “locking”, il
modulo tangente al tratto iniziale Eti fornisce i valori più elevati.
In genere, un buon indicatore della deformabilità della roccia può essere considerato il modulo
d’elasticità tangente Et50%, calcolato in un punto compreso fra 1/2 ÷ 2/3 della resistenza a
compressione semplice σci.
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