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INTRODUZIONE
La Geotecnica una disciplina che tratta la meccanica dei terreni e delle rocce, e le sue
applicazioni nellambito dei problemi di ingegneria civile e ambientale (fondazioni, opere
di sostegno, stabilit dei pendii, miglioramento e rinforzo dei terreni, etc..).
Poich ogni opera di ingegneria civile fondata e/o realizzata con il terreno, la proget-
tazione geotecnica esiste da quando esiste lingegneria civile. Tuttavia fino a non molti
decenni fa le regole di progettazione geotecnica sono state sostanzialmente empiriche, ba-
sate sullosservazione dei fenomeni naturali e del comportamento delle opere costruite.
Oggi non sarebbe pi possibile progettare su base empirica, per molti motivi, fra cui:
- riduzione dei tempi di esecuzione (il comportamento del terreno fortemente
influenzato dalla velocit di applicazione dei carichi);
- necessit di operare in contesti ambientali diversi, spesso residuali e non conosciuti,
- minore tolleranza di effetti indesiderati, come i cedimenti assoluti e differenziali.
La meccanica dei terreni si differenzia dalla meccanica dei solidi e dalla meccanica dei
fluidi poich studia il comportamenti di mezzi plurifase particellari.
Il relativamente tardo sviluppo della meccanica dei terreni moderna (prima met del XX
secolo) dovuto alle difficolt di modellare il comportamento di materiali costituiti da tre
fasi (solida liquida - gassosa) che interagiscono fra loro, ed alla grande variabilit dei
materiali compresi sotto il termine terreno. Variabilit stratigrafica, poich il volume di
terreno interessato da un problema geotecnico pu comprendere materiali differenti, va-
riabilit intrinseca ad ogni terreno, dipendenza del comportamento dei terreni dalla storia
tensionale, deformativa e dal tempo.
Unaltra difficolt specifica dellingegneria geotecnica consiste nellacquisizione di dati
sperimentali quantitativamente significativi e qualitativamente affidabili.
Per risolvere i problemi di ingegneria geotecnica si ricorre spesso ad una tecnica non rigo-
rosa ma ingegneristicamente efficace che consiste nel considerare separatamente i diversi
aspetti del problema, e nellaffrontare ciascuno di essi con modelli parziali, capaci di dare
una risposta affidabile solo limitatamente ad un aspetto. Ad esempio il problema delle
fondazioni superficiali viene affrontato modellando il terreno come un continuo elastico
per determinare la diffusione delle tensioni, come un mezzo rigido perfettamente plastico
per determinare il carico limite di rottura, come un mezzo elasto-plastico-viscoso per il
calcolo delle deformazioni e del loro decorso nel tempo, etc..
Per queste ultime, la disaggregazione, se si eccettua il caso di alcune rocce solubili, non
pu essere ottenuta neppure dopo la permanenza in acqua.
Questa distinzione convenzionale: in altre discipline scientifiche i termini terreno e roc-
cia assumono significati diversi; inoltre esistono materiali naturali, di transizione, con
caratteristiche tali da non poter essere facilmente inseriti in nessuna delle due categorie.
Nel seguito, ci occuperemo in particolare di terreni o rocce sciolte, cio di materiali che
possono essere schematizzati come mezzi polifase, costituiti da uno scheletro solido, for-
mato dallinsieme di tutti i granuli, o meglio, di tutte le particelle1, da una fase liquida
(generalmente acqua) e da una fase gassosa (generalmente aria e/o vapor dacqua).
Se ci riferiamo ai terreni naturali, ai nostri climi e alle profondit che in genere interessa-
no lingegneria civile, non commettiamo un grosso errore se consideriamo in prima ap-
prossimazione le terre come mezzi a due fasi, essendo quasi tutti i vuoti tra granulo e gra-
nulo riempiti dacqua.
1
Il termine granulo per alcuni tipi di terreno, come ad esempio una ghiaia o una sabbia, non d problemi
di comprensione; per altri, ad esempio per un terreno argilloso, pu essere molto meno comprensibile, nel
senso che il granulo non neppure visibile a occhio nudo ed una struttura molto pi complessa di quella
di un granulo di sabbia
2
CAPITOLO 1
ORIGINE E STRUTTURA DEI TERRENI
Figura 1.1 - Rappresentazione semplificata del ciclo di formazione delle rocce e dei terreni
3
Dipartimento di Ingegneria Civile Sezione Geotecnica, Universit degli Studi di Firenze
J. Facciorusso, C. Madiai, G. Vannucchi Dispense di Geotecnica (Rev. Settembre 2006)
Capitolo 1 ORIGINE E STRUTTURA DEI TERRENI
S S
S sp = = (Eq. 1.1)
M V
dove S la superficie del granulo, M la massa, V il volume e la densit.
Se, ad esempio, prendiamo un grammo di sabbia e sviluppiamo tutte le superfici esterne
dei grani in esso contenuti, otteniamo che il valore della superficie specifica dellordine
di 10-310-4 m2; se invece prendiamo un grammo di argilla molto attiva vediamo che la
somma delle aree laterali di tutti gli elementi solidi che questo contiene pu essere
dellordine di 800m2. da notare che la superficie specifica di un certo materiale dipende
dalla forma e dalle dimensioni delle particelle, come possibile dedurre dalla definizione
(1.1) 1.
1
In particolare, nellipotesi di forma sferica, alla quale si avvicinano ad esempio i grani di una sabbia:
S = D2, V = D3/6, quindi Ssp = 6/D. Nellipotesi di parallelepipedo appiattito, forma simile a quella delle
particelle di argilla, di dimensioni BxLxh: S = 2LB + 2Bh + 2Lh, V = BLh; quindi S = 1 2 + 2 + 2 e se
h B L
sp
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Capitolo 1 ORIGINE E STRUTTURA DEI TERRENI
Valori tipici della dimensione media e della superficie specifica di sabbie e argille sono
riportati in tabella 1.
La conseguenza di quanto detto sopra che nei materiali come le sabbie linterazione tra i
granuli esclusivamente di tipo meccanico, mentre nelle argille le azioni sono quasi e-
sclusivamente di tipo chimico-fisico.
Dunque, una prima distinzione tra i vari tipi di terreno pu essere fatta in base alle dimen-
sioni e alla forma delle particelle che li costituiscono, perch questo un elemento che ne
differenzia notevolmente il comportamento. Dimensioni e forma delle particelle dipendo-
no dai minerali costituenti.
Si distinguono cos, in primo luogo, i terreni a grana grossa (ghiaie e sabbie) e forma
sub-sferica, o comunque compatta, dai terreni a grana fine (limi e argille) e forma ap-
piattita o lamellare, nei quali i singoli grani non sono visibili a occhio nudo.
I terreni naturali consistono generalmente in una miscela di pi tipi di terreno appartenenti
alle due categorie suddette, a cui pu aggiungersi talvolta del materiale organico.
Analizzando un poco pi in dettaglio le caratteristiche delle due grandi categorie di terreni
che abbiamo appena definito, si pu affermare che i terreni a grana grossa sono general-
mente costituiti da frammenti di roccia o, nel caso delle particelle pi piccole, da singoli
minerali o da frammenti di minerali (ovviamente minerali sufficientemente resistenti e
stabili dal punto di vista chimico, come ad esempio quarzo, feldspati, mica, ecc..).
I materiali meno resistenti danno origine a terreni con grani pi arrotondati, quelli pi re-
sistenti a granuli pi irregolari.
Il comportamento dei terreni a grana grossa di-
pende soprattutto:
dalle dimensioni
dalla forma (angolare, sub-angolare, sub- SUBANGOLARE
ANGOLARE
arrotondata, arrotondata) (figura 1.2)
dalla distribuzione granulometrica (figura
1.3)
dallo stato di addensamento dei granuli (fi-
gura 1.4).
Nel caso dei terreni a grana fine, le informa-
zioni relative alla distribuzione e alle caratteri- ARROTONDATA SUBARROTONDATA
stiche granulometriche sono meno significati- Figura 1.2 Forma delle particelle
2
laltezza h molto minore delle altre due dimensioni, Ssp . In conclusione, la Ssp aumenta al diminui-
h
re delle dimensioni e dellappiattimento delle particelle
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Capitolo 1 ORIGINE E STRUTTURA DEI TERRENI
a) b)
Figura 1.5 Struttura delle particelle colloidali: unit elementari tetraedriche e ottaedriche (a) e
loro combinazione in pacchetti elementari (b).
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Capitolo 1 ORIGINE E STRUTTURA DEI TERRENI
che costituiscono i minerali argillosi, pur essendo complessivamente neutri, hanno carica
positiva allinterno e negativa sulla superficie esterna. Questa caratteristica le porta a sta-
bilire legami molto forti con le molecole dacqua che, essendo dipolari (poich, com no-
to, i due atomi di idrogeno, che hanno carica positiva, non sono disposti simmetricamente
rispetto allatomo di ossigeno, carico negativamente), sono attratte elettricamente verso la
superficie delle particelle di argilla.
Acqua adsorb ita + +
H H Lacqua che si trova immedia-
-
O
tamente a contatto con le par-
ticelle diventa perci parte in-
tegrante della loro struttura ed
definita acqua adsorbita
(Figura 1.6). Allontanandosi
Cristallo di m ontmorillonite (100x1 nm) dalla superficie delle particelle
C ristallo di caolinite (1000x100nm) i legami diventano via via pi
deboli, finch lacqua assume
Figura 1.6 Spessore dellacqua adsorbita per differenti mi- le caratteristiche di acqua li-
nerali argillosi bera o acqua interstiziale
(Figura 1.7). da notare che
lo spessore di acqua adsorbita approssimativamente lo stesso per tutti i minerali argillo-
si, ma a causa delle differenti dimensioni delle particelle, il comportamento meccanico
dellinsieme risulta molto diverso.
PARTICELLA
molecole dacqua
0 5 10 15 20 25 30 35
Distanza dalla superficie della particella (in micron)
acqua acqua acqua
adsorbita pellicolare gravifica
acqua di ritenzione
a) b)
Gas VG V
V
PW Acqua VW V
P Particelle
PS VS
solide
Figura 1.8 Rappresentazione del terreno come materiale multifase (a) e relazione tra le fasi (b)
In particolare si definiscono:
V
1. porosit: v 100
n (%) = (Eq. 1.2)
V
(n=0% solido continuo, n =100% non vi materia solida)
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Capitolo 1 ORIGINE E STRUTTURA DEI TERRENI
Vv
2. indice dei vuoti: e= (Eq. 1.3)
Vs
V
3. volume specifico: v= (Eq. 1.4)
Vs
Tra le tre grandezze sopra definite, pi comodo utilizzare v ed e rispetto ad n perch, per
i primi due, al variare del volume dei vuoti, varia solo il numeratore del rapporto. Co-
munque n, e e v esprimono lo stesso concetto e sono biunivocamente legate tra loro:
(n / 100)
v = 1+ e; e=
1 (n / 100)
Vw
4. grado di saturazione: S r (%) = 100 (Eq. 1.5)
Vv
(Sr=0% terreno asciutto, Sr=100% terreno saturo)
P
5. contenuto dacqua: w (%) = w 100 (Eq. 1.6)
Ps
P
6. peso specifico dei costituenti solidi: s = s (Eq. 1.7)
Vs
P
7. peso di volume: = (Eq. 1.8)
V
P
d = s
8. peso di volume del terreno secco: V (Eq. 1.9)
P
(ovvero per S r = 0)
V
P
sat =
9. peso di volume saturo: V (Eq. 1.10)
(per S r = 100 %)
10. peso di volume immerso: ' = sat w (Eq. 1.11)
dove w il peso specifico dellacqua (9.81 kN/m ). Il peso di volume pu assumere va-
3
lori compresi tra d, peso di volume secco (per Sr = 0%) e sat, peso di volume saturo (per
Sr =100%).
Spesso si utilizza la grandezza adimensionale Gs = s/w (gravit specifica), che rappre-
senta il peso specifico dei costituenti solidi normalizzato rispetto al peso specifico
dellacqua.
Si osservi che mentre le grandezze n (porosit) ed Sr (grado di saturazione) hanno, espres-
se in %, un campo di esistenza compreso tra 0 e 100, il contenuto dacqua, w, pu assu-
mere valori anche superiori a 100%.
e max e
11. densit relativa: D r (%) = 100 (Eq. 1.12)
e max e min
dove e lindice dei vuoti allo stato naturale, emax ed emin sono rispettivamente gli indici
dei vuoti corrispondenti al minimo e al massimo stato di addensamento convenzionali, de-
terminati sperimentalmente mediante una procedura standard.
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Capitolo 1 ORIGINE E STRUTTURA DEI TERRENI
I valori tipici di alcune delle propriet sopra definite sono riportati nelle tabelle 1.2 e 1.3.
Tabella 1.3. Valori tipici del peso specifico dei costituenti solidi di alcuni materiali
s (kN/m3)
SABBIA QUARZOSA 26
LIMI 26.3-26.7
ARGILLE 23.9-28.6
BENTONITE 23
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Valori tipici di w variano tra il 20% al 30% (massimo) per un terreno sabbioso, tra il 10%
e il 15% per argille molto dure, tra il 70% e l80% per argille molli, anche se, teoricamen-
te, come gi osservato, pu assumere valori superiori al 100%.
Tra le propriet sopra definite, quelle che risultano indipendenti dalla storia tensionale e
dalle condizioni ambientali che caratterizzano il terreno allo stato naturale, vengono dette
propriet indici.
Tra le propriet indici possono essere annoverate anche la granulometria e i limiti di At-
terberg, che verranno definite nei paragrafi seguenti.
La setacciatura viene eseguita utilizzando una serie di setacci (a maglia quadrata) e/o cri-
velli (con fori circolari) con aperture di diverse dimensioni (la scelta delle dimensioni del-
le maglie va fatta in relazione al tipo di terreno da analizzare). I setacci vengono disposti
uno sullaltro, con apertura delle maglie decrescente verso il basso. Una buona curva gra-
nulometrica pu essere ottenuta scegliendo opportunamente la successione dei setacci: ad
esempio ogni setaccio potrebbe avere apertura delle maglie pari a circa la met di quello
sovrastante (esistono anche indicazioni di varie associazioni tecnico-scientifiche, ad es.
dellAssociazione Geotecnica Italiana).
Nella Tabella 1.4 sono riportate le sigle
Tabella 1.4 Sigla ASTM e diametri equivalenti ASTM (American Society Standard Ma-
dei setacci impiegati per lanalisi granulometrica terial) e lapertura delle maglie corri-
Apertura delle maglie, D spondente (diametri equivalenti) per i se-
N. ASTM
[mm] tacci che vengono normalmente impiega-
4 4.76 ti nella setacciatura. Il setaccio pi fine
6 3.36 che viene generalmente usato nellanalisi
8 2.38 granulometrica ha unapertura delle ma-
10 2.00 glie di 0.074 mm (setaccio n. 200
12 1.68 ASTM); al di sotto dellultimo setaccio
16 1.19 viene generalmente posto un raccoglito-
20 0.840 re. Il materiale viene prima essiccato, pe-
30 0.590 stato in un mortaio, pesato e disposto sul
40 0.420 setaccio superiore. Tutta la pila viene poi
50 0.297 fatta vibrare (con agitazione manuale o
60 0.250 meccanica), in modo da favorire il pas-
70 0.210 saggio del materiale dalle maglie dei vari
100 0.149 setacci. Per i terreni pi fini si ricorre an-
140 0.105 che alluso di acqua (in tal caso si parla
200 0.074 di setacciatura per via umida).
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Capitolo 1 ORIGINE E STRUTTURA DEI TERRENI
Alla fine dellagitazione, da ciascun setaccio sar passato il materiale con diametro infe-
riore a quello dellapertura delle relative maglie. La percentuale di passante al setaccio i-
esimo, Pdi , pu essere determinata pesando la quantit di materiale depositata su ciascun
setaccio al di sopra di quello considerato, Pk (con k = 1,...i), mediante la formula che se-
gue:
i
PT Pk
Pdi = k =1
100
PT
dove PT il peso totale del campione di materiale esaminato.
Per i diametri minori di 0.074 mm, cio per il materiale raccolto sul fondo, si ricorre
allanalisi per sedimentazione. Si tratta di una procedura basata sulla misura della densit
di una sospensione, ottenuta miscelando il materiale allacqua con laggiunta di sostanze
disperdenti per favorire la separazione delle particelle, la cui interpretazione viene fatta
impiegando la legge di Stokes, che lega la velocit di sedimentazione di una particella in
sospensione al diametro della particella e alla densit della miscela. Eseguendo misure di
densit a diversi intervalli di tempo e conoscendo il peso specifico dei grani possibile
ricavare il diametro e la percentuale in peso delle particelle rimaste in sospensione e
quindi aventi diametro inferiore a quelle sedimentate. Utilizzando questi dati cos possi-
bile completare la curva granulometrica.
In pratica quella che si ottiene una curva cumulativa.
La forma della curva indicativa della distribuzione granulometrica: pi la curva diste-
sa, pi la granulometria assortita. Landamento della curva viene descritto sinteticamen-
te mediante due parametri (che, come vedremo pi avanti, vengono impiegati per classifi-
care i terreni). Indicando con Dx il diametro corrispondente allx % di materiale passante
(Figura 1.10), si definiscono:
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D 60
coefficiente di uniformit: U=
(Eq. 1.13)
D10
(U 1, pi basso pi il terreno uniforme, Figura 1.10)
2
D 30
coefficiente di curvatura: C= (Eq. 1.14)
D 60 D10
(C esterno allintervallo 13 indica mancanza di diametri di certe dimensioni ovvero bru-
schi cambiamenti di pendenza della curva granulometrica, Figura 1.10)
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Capitolo 1 ORIGINE E STRUTTURA DEI TERRENI
IP
Ia = (Eq. 1.16)
CF
IP Ia= 1.25
dove CF = % in peso con diametro d <
0.002 mm. Sulla base dei valori assunti da
questo indice i terreni possono essere clas- Normalmente Ia= 0.75
sificati inattivi, normalmente attivi, attivi. Attivi attivi
Considerando oltre ai limiti di consistenza,
anche il contenuto naturale dacqua, si pos-
sono definire l indice di liquidit: Inattivi
w wP
IL = (Eq. 1.17)
IP
CF
e lindice di consistenza
Figura 1.15 Indice di attivit delle argille
wL w
IC = = 1 IL (Eq. 1.18)
IP
Lindice di consistenza, oltre ad indicare lo stato fisico in cui si trova il terreno, fornisce
informazioni qualitative sulle sue caratteristiche meccaniche; allaumentare di IC aumenta
la resistenza al taglio del terreno e si riduce la sua compressibilit (da notare anche
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Capitolo 1 ORIGINE E STRUTTURA DEI TERRENI
lanalogia tra IC per terreni a grana fine e Dr per i terreni a grana grossa).
Una suddivisione dei terreni basata sui valori dellindice di plasticit e dellindice di con-
sistenza riportata nelle Tabelle 1.5 e 1.6 rispettivamente, mentre nella Tabella 1.7 sono
riportati i valori tipici di wL, wP e IP dei principali minerali argillosi.
Tabella 1.5 - Suddivisione dei terreni basata sui valori dellindice di plasticit
TERRENO IP
NON PLASTICO 0-5
POCO PLASTICO 5 - 15
PLASTICO 15 - 40
MOLTO PLASTICO > 40
Tabella 1.6 - Suddivisione dei terreni basata sui valori dellindice di consistenza
CONSISTENZA IC
FLUIDA <0
FLUIDO-PLASTICA 0 0.25
MOLLE-PLASTICA 0.25 0.50
PLASTICA 0.50 0.75
SOLIDO-PLASTICA 0.75 - 1
SEMISOLIDA (W > WS) O SOLIDA (W < WS) >1
Essendo i terreni una miscela di grani di diverse dimensioni, una volta determinate le fra-
zioni in peso relative a ciascuna classe, il materiale pu essere identificato utilizzando i
termini delle varie classi come sostantivi o aggettivi, nel modo seguente:
I termine: nome della frazione granulometrica prevalente
II termine: nomi delle eventuali frazioni maggiori del 25%, precedute dal prefisso con
III termine: nomi delle eventuali frazioni comprese tra il 15% e il 25%, con il suffisso
oso
IV termine: nomi delle eventuali frazioni minori del 15%, con il suffisso oso, precedute
dal prefisso debolmente.
Se ad esempio da unanalisi granulometrica risulta che un terreno costituito dal 60% di
limo, dal 30% di sabbia e dal 10% di argilla, esso verr denominato limo con sabbia de-
bolmente argilloso.
Una classificazione che tiene conto solo della granulometria non tuttavia sufficiente nel
caso di limi e argille, il cui comportamento legato soprattutto alla composizione minera-
logica.
Per questo tipo di terreni si pu ricorrere ad esempio al sistema di classificazione propo-
sto da Casagrande (1948). Tale sistema basato sui limiti di Atterberg ed riassunto in
un diagramma (noto come carta di plasticit di Casagrande) (Figura 1.16) nel quale si
individuano sei zone, e quindi sei classi di terreno, in funzione del limite liquido (riporta-
to in ascissa) e dellindice di plasticit (riportato in ordinata). La suddivisione rappre-
sentata dalla retta A di equazione:
IP = 0.73 (wL-20) (Eq. 1.19)
e da due linee verticali in corrispondenza di wL = 30 e wL = 50.
Le classi che si trovano sopra la retta A includono le argille inorganiche, quelle sotto la
retta A i limi e i terreni organici (a titolo informativo va detto che la presenza di materiale
organico in un terreno pu essere rilevata attraverso la determinazione del limite liquido
prima e dopo lessiccamento. Lessiccamento provoca infatti nei materiali organici dei
processi irreversibili con riduzione di wL; se tale riduzione maggiore del 75%, il mate-
riale viene ritenuto organico).
Esistono poi sistemi che, facendo riferimento sia alla caratteristiche granulometriche sia a
quelle mineralogiche, possono essere utilizzati per la classificazione di qualunque tipo di
terreno.
In particolare, i due sistemi pi comunemente utilizzati e che verranno brevemente de-
scritti nel seguito sono il sistema USCS e il sistema HRB (AASHTO, CNR_UNI 10006).
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Capitolo 1 ORIGINE E STRUTTURA DEI TERRENI
wL = 50 %
60 1.7.1 Sistema USCS
0)
6 -2
Il sistema USCS (Unified Soil Classification
(w L
wL = 30 %
40 .73
System), sviluppato originariamente da Casa-
0
4 5 = A
P I N EA
grande e successivamente modificato negli
LI
20 USA, il sistema pi utilizzato per classificare i
3
2 terreni di fondazione.
0 1
20 40 60 80 100
Secondo tale sistema, i terreni vengono suddivisi
Limite di liquidit, w (%) in cinque gruppi principali, due a grana grossa
L
(con percentuale passante al setaccio 200 minore
1 Limi inorganici di bassa compressibilit del 50%), ghiaie (simbolo G) e sabbie (simbolo
2 Limi inorganici di media compressibilit S), tre a grana fine (con percentuale passante al
e limi organici
3 Limi inorganici di alta compressibilit
setaccio 200 maggiore del 50%), limi (simbolo
e argille organiche M), argille (simbolo C) e terreni organici (sim-
4 Argille inorganiche di bassa plasticit
bolo O). Ciascun gruppo a sua volta suddiviso
5 Argille inorganiche di media plasticit
in sottogruppi, in relazione ad alcune propriet
6 Argille inorganiche di alta plasticit indici, secondo quanto indicato nello schema di
Figura 1.16 Carta di plasticit di Casa- Figura 1.17.
grande In particolare i terreni a grana grossa vengono
classificati sulla base dei risultati dellanalisi
granulometrica in ghiaie (G) e sabbie (S) a seconda che la percentuale passante al setaccio
N.4 sia rispettivamente minore o maggiore del 50%. Quindi viene analizzata la compo-
nente fine del materiale
(passante al setaccio
N.200):
1) se essa risulta minore
del 5% allora si con-
sidera solo lassorti-
mento del materiale
sulla base dei valori
del coefficiente di u-
niformit, U, e di
curvatura, C (se U>4
e 1<C<3, per le
ghiaie o U>6 e
1<C<3, per le sabbie,
allora il materiale si
considera ben gradato Figura 1.17 Sistema di classificazione USCS
e come secondo sim-
bolo si adotta W, altrimenti si considera poco gradato e si adotta il simbolo P);
2) se essa risulta maggiore del 12% allora viene classificata, dopo averne misurato i limi-
ti di Atterberg (sul passante al setaccio N. 40), con riferimento ad una carta di plastici-
t derivata da quella di Casagrande con alcune modifiche (Figura 1.18), come limo
(M) o argilla (C), che verr utilizzato come secondo simbolo;
3) se essa compresa tra il 5 e il 12% allora verr classificata sia la granulometria della
frazione grossolana (ben assortita, W, o poco assortita, P) secondo il criterio mostrato
al punto 1) sia la componente fine (M o C) secondo il criterio indicato al punto 2), ot-
tenendo cos un doppio simbolo (ad es. SW-SM).
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Capitolo 1 ORIGINE E STRUTTURA DEI TERRENI
Limiti di Atterberg
determinati sul passante al
setaccio N.40 (0.42 mm):
- wL (%) Non 40 41 40 41 40 41 40 41
- Ip (%) 6 plastico 10 10 11 11 10 10 11 11
20
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J. Facciorusso, C. Madiai, G. Vannucchi Dispense di Geotecnica (Rev. Settembre 2006)
Capitolo 2 COSTIPAMENTO
CAPITOLO 2
COSTIPAMENTO
In alcune applicazioni ingegneristiche, pu manifestarsi talvolta la necessit di migliorare
le caratteristiche del terreno, sia nelle sue condizioni naturali in sito, sia quando esso
impiegato come materiale da costruzione (p. esempio per dighe, rilevati, terrapieni, ecc..).
Le tecniche di miglioramento del terreno possono essere di vario tipo, in particolare esi-
stono:
- tecniche di tipo meccanico;
- tecniche di tipo chimico;
- tecniche basate sullinduzione di fenomeni di natura termica o elettrica (che vengono
utilizzate soprattutto in maniera provvisoria).
Altri metodi consistono nelleliminare o ridurre la presenza dellacqua (drenaggi); altri
ancora nel sovraccaricare temporaneamente il terreno prima della realizzazione dellopera
in modo da esaurire preliminarmente unaliquota dei cedimenti (precarico).
Tra i metodi di tipo meccanico riveste particolare importanza il costipamento che consiste
nellaumentare artificialmente la densit del terreno, impiegato come materiale per la co-
struzione di rilevati stradali e ferroviari, argini, dighe in terra, ecc.., attraverso
lapplicazione di energia meccanica.
Lobiettivo del costipamento il miglioramento delle caratteristiche meccaniche del ter-
reno, che comporta, in generale, i seguenti vantaggi:
1. riduzione della compressibilit (e quindi dei cedimenti)
2. incremento della resistenza (e quindi della stabilit e della capacit portante)
3. riduzione degli effetti che possono essere prodotti dal gelo, da fenomeni di imbibizio-
ne o di ritiro (legati alla quantit di vuoti presenti).
Il primo ad occuparsi di questo fenomeno stato lingegnere americano Proctor (1930), il
quale ha evidenziato che il valore della densit secca alla fine del costipamento, d = d/g,
funzione di tre variabili:
il contenuto dacqua, w
lenergia di costipamento
il tipo di terreno (granulometria, composizione mineralogica, ecc.).
In sito possono essere usate diverse tecniche di costipamento, in relazione alla natura del
terreno da porre in opera ed eventualmente alla tipologia dei mezzi di cantiere disponibili;
in laboratorio queste possono essere riprodotte attraverso differenti tipi di prova nelle
quali il terreno viene disposto in un recipiente metallico di forma cilindrica, a strati suc-
cessivi, che vengono via via compattati. In particolare, esistono quattro differenti tecniche
di costipamento e quindi di tipi di prova:
1. prove statiche, in cui il terreno sottoposto ad una pressione costante per un certo pe-
riodo di tempo mediante un pistone con area uguale a quella del recipiente;
2. prove kneading (to knead = massaggiare), nelle quali il terreno sottoposto a inter-
valli regolari ad una compressione mediante un pistone che trasmette una pressione
nota;
3. prove per vibrazione, in cui il recipiente in cui contenuto il terreno viene fatto vibra-
re con appositi macchinari.
21
4. prove dinamiche o di urto, nelle quali il terreno compattato con un pestello mecca-
nico a caduta libera;
Le prime due tecniche vengono impiegate per terreni prevalentemente fini, le altre due
per terreni prevalentemente a grana grossa. Tra le quattro sopra menzionate, le pi usate
sono quelle dellultimo tipo, di cui fanno parte le prove Proctor.
Cilindro metallico
22
Loperazione viene ripetuta per un certo numero di strati (3 per la standard e 5 per la mo-
dificata) fino a riempire il cilindro poco al di sopra dellattaccatura col collare (Figura
2.1). Successivamente viene rimosso il collare, livellato il terreno in sommit, pesato il
tutto e determinato il contenuto dacqua, prelevando una porzione di terreno dal cilindro.
Mediante il peso, P, e il volume, V, (noti) si ricava il peso di volume, , e, avendo deter-
minato w, si pu ricavare il peso di volume del secco, d, ovvero la densit secca (d =
d/g, essendo g laccelerazione di gravit) Si ha infatti:
P P + PW PS PW PS
= = S = + = d + w d = d (1 + w) (Eq. 2.1)
V V V V PS
Quindi:
d = (Eq. 2.2)
1+ w
d [kN/m ]
3
90
tur
Sa %
lizza la stessa tecnica di costipamento d
90
tur
(p. es. quella della prova Proctor) va-
az
Energia
ion
riando lenergia (il numero di colpi), si crescente
e1
ottiene una famiglia di curve con anda-
00
%
mento simile. Al crescere dellenergia
aumenta la densit secca massima e di-
minuisce il contenuto dacqua optimum.
Con contenuti dacqua superiori
alloptimum le diverse curve tendono a
confondersi in ununica linea (Figura
2.3). Questo significa che per contenuti
dacqua inferiori alloptimum un au- Linea dei punti
mento dellenergia di costipamento ri- di optimum
sulta pi efficace in quanto riesce ad in- w [%]
crementare la densit secca (cosa che Figura 2.3 Andamento della curva di costipa-
pu non accadere per contenuti dacqua mento al variare dellenergia di costipamento
superiori alloptimum).
24
se il terreno saturo:
VV VW PS PW 1
e= = = w S (Eq. 2.4)
VS VS PS PW W
quindi:
S
d =
S (Eq. 2.5)
1+ w
W
per Sr < 100% invece:
VV V P P 1 1
e= = W S W = w S (Eq. 2.6)
VS S rVS PS PW S r W
quindi:
S Sr
d =
(Eq. 2.7)
Sr + w S
W
2.2 Anche la linea congiungente i vari
1. Sabbia ben assortita
con ghiaia e limo
punti corrispondenti alloptimum per
1 2. Miscela di ghiaia,
un dato terreno risulta allincirca pa-
sabbia, limo e argilla
2
rallela alla curva di saturazione; cio
3. Argilla sabbiosa
2.0 4. Sabbia fine uniforme
per un dato terreno il massimo effetto
5. Argilla molto plastica
di costipamento si ha per un certo
densit secca, [Mg/m ]
3
grado di saturazione.
linea di A parit di energia di costipamento, le
3 saturazione curve che si ottengono per differenti
d
poco efficaci in superficie, per cui nella fase finale vengono utilizzati senza vibrazione
per costipare lo strato pi superficiale di terreno. Le piastre vibranti sono formate da una
piastra di acciaio sulla quale posto un motore e una serie di masse eccentriche che gene-
rano un moto sinusoidale verticale in grado di sollevare, spostare e far ricadere la piastra.
Le piastre battenti consistono in una massa che viene ritmicamente sollevata e lasciata ri-
cadere sul terreno; vengono usate soprattutto per costipare aree di dimensioni ridotte
quando non possono essere utilizzati altre tecniche di costipamento.
In sito il costipamento viene eseguito disponendo il terreno a strati successivi di qualche
decina di centimetri; la scelta dello spessore e della quantit di energia (numero di pas-
saggi con i rulli o di battute con le piastre) dipende dalle caratteristiche del materiale da
compattare. Per i materiali a grana fine (A-4, A-5, A-6, A-7 della classificazione HRB) e
per i materiali a grana grossa con percentuale elevata di fine (A-2) tale scelta molto le-
gata al valore del contenuto dacqua; per i materiali a grana grossa (A-1, A-3) la compat-
tazione generalmente poco condizionata dal contenuto dacqua.
In genere i risultati ottenuti dal costipamento in sito vengono controllati e confrontati con
quelli delle prove Proctor (standard o modificata) eseguite in laboratorio. La densit secca
(o il peso di volume del secco) ottenuta dal costipamento in sito deve essere generalmente
una percentuale prefissata (almeno l85% 90%) di quella ottenuta in laboratorio. Per de-
terminare la densit secca (o il peso di volume del secco) in sito, il procedimento artico-
lato nelle seguenti fasi: a)
1. viene scavata una porzione di
terreno e determinato il peso
P e il contenuto dacqua w; sabbia di carat teristich e note
2. viene misurato il volume di
terreno scavato, V; valvola
piastra con fo ro
3. viene determinato il peso di cono
volume totale ( = P/V). Il pe-
so di volume del secco pu
essere ricavato mediante la re-
lazione (2.2) e confrontato
con il valore di dmax ottenuto b)
con la prova Proctor.
- il metodo dellolio o dellacqua (figura 2.7b) in cui il foro viene accuratamente rive-
stito con una membrana di polietilene e successivamente riempito con acqua o olio.
In alternativa a questi metodi pu essere utilizzato anche quello del nucleodensimetro, che
consente una misura della densit e del contenuto dacqua con procedimento non distrut-
tivo ed basato sulla misura dellassorbimento di radiazioni nucleari.
28
CAPITOLO 4
IDRAULICA DEI TERRENI
Nellaffrontare la maggior parte dei problemi dellIngegneria Geotecnica non si pu pre-
scindere dalla presenza dellacqua nel terreno.
Lacqua che viene direttamente a contatto con la superficie del terreno, o raccolta da fiu-
mi e laghi, tende ad infiltrarsi nel sottosuolo per effetto della gravit e, se si eccettua una
percentuale trascurabile che si accumula allinterno di cavit sotterranee, la maggior parte
di essa va a riempire, parzialmente o completamente, i vuoti presenti nel terreno e le fes-
sure degli ammassi rocciosi.
In particolare, nel caso di depositi di terreno, si possono distinguere, al variare della pro-
fondit, zone a differente grado di saturazione e in cui lacqua presente nei vuoti si trova
in condizioni diverse. Partendo dalla superficie del piano campagna e procedendo verso il
basso, si possono generalmente individuare (Figura 4.1).
un primo strato superficiale di suolo vegetale, detto di evapotraspirazione, dove
lacqua di infiltrazione viene parzialmente ritenuta, ma in prevalenza assorbita dalle
radici della vegetazione;
un secondo strato, detto di ritenzione, in cui lacqua presente costituita principal-
mente da una parte significativa dellacqua di infiltrazione che rimane aderente ai
grani ed praticamente immobile ed detta acqua di ritenzione, che comprende
lacqua adsorbita e lacqua pellicolare (Figura 1.7).
un terzo strato, denominato strato della frangia capillare, caratterizzato prevalente-
mente dalla presenza di acqua capillare, quella che, per effetto delle tensioni superfi-
ciali, rimane sospesa allinterno dei vuoti, vincendo la forza di gravit.
Al di sotto di queste tre zone, che insieme costituiscono la cosiddetta zona vadosa, si tro-
va la zona di falda (o acquifero).
Zona di evapotraspirazione
Zona vadosa
Acqua sospesa
Zona di ritenzione
Frangia capillare
Zona di falda
Acqua di falda
Falda
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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI
Livello piezometrico
Falda sospesa
Falda freatica
Roccia
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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI
Analoghe considerazioni possono essere fatte riguardo alla falda sospesa, che rispetto alla
precedente, risulta delimitata inferiormente da uno strato di estensione molto pi limitata.
Si ha una falda artesiana quando lacqua di una falda freatica viene incanalata tra due stra-
ti impermeabili. In questo caso lacqua racchiusa nello strato permeabile (che ne permette
agevolmente il flusso) si comporta come se si trovasse entro una tubazione in pressione,
ossia ha una pressione maggiore di quella atmosferica. Immaginando di inserire un pie-
zometro fino a raggiungere la falda artesiana, si osserva un livello piezometrico maggiore
di quello della superficie che delimita superiormente la falda.
In generale, lacqua presente nel terreno pu trovarsi in condizioni di quiete o di moto, sia
allo stato naturale sia in seguito a perturbazioni del suo stato di equilibrio.
Nel caso in cui si trovi in condizioni di moto, il flusso pu essere stazionario (o perma-
nente) oppure non stazionario (o vario), a seconda che i parametri del moto risultino co-
stanti o variabili nel tempo.
Nel moto stazionario la quantit di acqua che entra in un elemento di terreno pari alla
quantit di acqua che esce dallo stesso elemento (filtrazione in regime permanente). Nel
moto vario la quantit di acqua entrante in un elemento di terreno diversa da quella u-
scente (filtrazione in regime vario). Se il terreno saturo, la differenza tra le due quantit
pu produrre (fenomeno della consolidazione).
Il vettore che caratterizza il moto dellacqua pu essere scomposto in una o pi direzioni
nello spazio, definendo condizioni di flusso mono-, bi-, o tri-dimensionali; generalmente,
nella maggior parte dei casi pratici, si fa riferimento ai primi due tipi.
v2
u
H = z+ + (Eq. 4.1)
w 2g
denominata carico effettivo (o totale) o altezza totale, mentre il binomio:
u
h= z+ (Eq. 4.2)
w
detto carico piezometrico.
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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI
Piezometri
In virt del teorema di Bernoulli,
carico totale per fluido
h ideale si ha che per un fluido perfetto,
u1
incomprimibile, in moto perma-
w
1 nente, soggetto solo allazione di
A u2 gravit, il carico totale costante
w
2
lungo una data traiettoria (Figura
4.3). Se, con riferimento allo
schema di Figura 4.3 viene inseri-
to un campione di terreno, dotato
z1 L di sufficiente permeabilit,
allinterno del tubo di flusso nella
z2
zona controllata dai due piezome-
piano di riferimento tri, si osserva che in essi lacqua
risale a quote diverse; ci signifi-
Figura 4.3 Perdita di carico in condizioni di flusso mo- ca che tra i due punti di osserva-
nodimensionale in un campione di terreno zione si avuta una perdita di ca-
rico nel termine h = z + u/w. Po-
tendo ritenere trascurabili le per-
dite di carico dovute al flusso dellacqua in assenza di terreno e osservando che per il
principio di conservazione della massa la velocit media nelle varie sezioni della condotta
deve essere costante, la differenza di altezza dacqua nei due piezometri, h, perci una
misura della perdita di energia totale dovuta al flusso dellacqua nel terreno, ossia
dellenergia spesa dallacqua per vincere la resistenza al moto opposta dal terreno com-
preso tra i due punti considerati. Inoltre, poich nei terreni la velocit di flusso, e quindi
laltezza di velocit, generalmente trascurabile, il carico piezometrico pu essere ritenu-
to rappresentativo dellenergia totale nel punto considerato.
Con riferimento ai simboli di Figura 4.3, si definisce gradiente idraulico il rapporto:
h
i= (Eq. 4.3)
L
che rappresenta la perdita di carico per unit di lunghezza del percorso.
Q h
=v=k = k i (Eq. 4.4)
A L
nota come Legge di Darcy, nella quale k detto coefficiente di permeabilit.
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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI
Nelle relazioni precedenti, v una velocit apparente, perch la velocit reale, vr,
dellacqua nei pori maggiore, in quanto, come evidenzia la Figura 4.4a, larea della se-
zione attraversata effettivamente dallacqua (area dei vuoti, Av) minore dellarea della
sezione A; quindi se Q la portata misurata, essa pu essere espressa come
v Av
Q = v A = v r Av da cui, osservando che = = n , segue:
vr A
v = nvr. (Eq. 4.7)
opportuno inoltre osservare che anche il percorso di filtrazione finora considerato, pari
alla lunghezza L del campione (Figura 4.3), in realt apparente, essendo quello reale si-
curamente maggiore, come mostrato in Figura 4.4b.
a) b)
Porzione di tubo
di flusso idealizzato
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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI
Per i terreni a grana grossa, le cui particelle sono approssimativamente di forma sub-
sferica, il coefficiente di permeabilit influenzato prevalentemente dalla granulometria e
dallindice dei vuoti, che determinano la dimensione dei canali di flusso (diminuisce
allaumentare del contenuto di fine e al diminuire dellindice dei vuoti).
Per i terreni a grana fine sono invece fondamentali la composizione mineralogica e la
struttura, perch questi parametri determinano il tipo di interazione elettrochimica che si
stabilisce tra particelle di terreno e mole-
cole dacqua (ad esempio la permeabilit
Coefficiente di permeabilit [mm/s]
kh1, kh2, . . . . . .khn i coefficienti di permeabilit in direzione orizzontale dei vari strati
kv1, kv2, . . . . . .kvn i coefficienti di permeabilit in direzione verticale dei vari strati
H1, H2, . . . . . Hn gli spessori corrispondenti
H = Hi lo spessore totale del deposito
kH il coefficiente di permeabilit medio in direzione orizzontale
kV il coefficiente di permeabilit medio in direzione verticale
kh1, H1 q1 Nel caso in cui il deposito sia
kh2, H2 q2 interessato da un moto di fil-
q trazione orizzontale (Figura
H 4.6a), cio parallelo allanda-
mento degli strati (filtrazio-
ne in parallelo), si ha che il
kn, Hn qn gradiente idraulico, i, lo
stesso per tutti gli strati. Se si
a) assume valida la legge di
q Darcy (4.4), la velocit di fil-
trazione per ogni strato, vi,
proporzionale al rispettivo
kv1k, H
v1 ,1 H 1 coefficiente di permeabilit,
kv2k, v2
H,2H 2 ossia:
H v1 = kh1 i, v2 = kh2 i,
vn = khn i
La portata di filtrazione totale, Q, data dalla somma delle portate dei singoli strati, data
anche dal prodotto della velocit media, v, per lo spessore totale del deposito:
Q = qi = v H (Eq. 4.8)
dove, in accordo con la legge di Darcy, la velocit media di filtrazione, v, il prodotto del
coefficiente di permeabilit medio, kH, per il gradiente idraulico, i, ovvero v = kH i.
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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI
Ma la perdita di carico totale, h, la somma delle perdite di carico in ciascuno strato (pari
al prodotto del gradiente idraulico per il relativo spessore) ovvero, esplicitando il gradien-
te idraulico di ciascuno strato:
v H
h = h i = Hi ii = Hi = v i (Eq. 4.11)
k vi k vi
H
kV =
H
k i (Eq. 4.12)
vi
z
dy
dx 4.4 Equazione generale del flusso in un
mezzo poroso
dz Si consideri un elemento infinitesimo di terreno di
dimensioni dx dy dz (Figura 4.7), attraversato da
y un flusso dacqua. Assumiamo per ipotesi che il
x fluido ed i grani di terreno siano incomprimibili, e
che pertanto i rispettivi pesi specifici siano costan-
Figura 4.7: Flusso attraverso un
elemento di terreno ti nel tempo (w=cost, s=cost).
Indicando con vx la componente nella direzione
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r
dellasse x del vettore v , velocit apparente di filtrazione, la portata in peso dacqua en-
trante nellelemento in direzione x, qex, e quella uscente, qux, nella stessa direzione saran-
no rispettivamente:
q ex = w v x dy dz
v (Eq. 4.13)
q ux = w v x + x dx dy dz
x
Pw
(q + q ey + q ez ) (qux + quy + quz ) = (Eq. 4.14)
t
ex
v v y v z P
w x + + dx dy dz = w (Eq. 4.15)
x y z t
2 h k h
kx 2 + x +
x x x
h k y h
2
P
w + ky 2 + + dx dy dz = w (Eq. 4.16)
y y y t
+ k z h + k z h
2
z 2 z z
k x k y k z
= = =0 (Eq. 4.17)
x y z
2h 2h 2h P
w k x 2 + k y 2 + k z 2 dx dy dz = w
(Eq. 4.18)
x y z t
Per definizione di: contenuto in acqua, w = Pw/Ps, indice dei vuoti, e = Vv/Vs, e grado di
saturazione, Sr = Vw/Vv, si pu scrivere:
Pw = w Ps = w Vw = w Vv S r = w Vs e Sr (Eq. 4.19)
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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI
Pw S e
= w Vs e r + S r (Eq. 4.20)
t t t
Pw w S r e
= e + S r dx dy dz (Eq. 4.21)
t (1 + e) t t
2h 2h 2h 1 S r e
k x 2 + k y 2 + k z 2 = e + Sr (Eq. 4.22)
x y z 1 + e t t
Ulteriori semplificazioni si hanno nel caso di isotropia completa (kx = ky = kz = k), e nel
caso di flusso mono-direzionale o bi-direzionale.
2h 2h 2h
2 + 2 + 2 = 0 (Eq. 4.23)
x y z
2h 2h
2 + 2 = 0 (Eq. 4.24)
x z
1
Vs e w sono indipendenti dal tempo.
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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI
o
us s
cessive detta campo. Il campo la
i fl
maglia della rete di filtrazione (figura h
le d
4.8).
na
Ca
h
conveniente costruire la rete di fil- h-
trazione (ovvero scegliere quali linee
di flusso e quali linee equipotenziali Figura 4.8. Definizione della rete di filtrazione
rappresentare) in modo tale che:
i canali di flusso abbiano eguale portata q,
la perdita di carico fra due linee equipotenziali successive h sia costante,
i campi siano approssimativamente quadrati, ovvero che abbiano eguali dimensioni
medie (graficamente significa che possibile disegnare un cerchio interno al campo
tangente a tutti e quattro i lati curvilinei).
Noto il carico idraulico totale dissipato, h, e scelto il numero N dei dislivelli di carico i-
h
draulico tra due linee equipotenziali successive h = , dalla condizione che i campi
N
siano approssimativamente quadrati, a b , essendo a la distanza media fra le linee
di flusso e b la distanza media fra le linee equipotenziali del campo, si ottiene il numero
N1 di canali di flusso.
Il gradiente idraulico in un campo :
h
i= (Eq. 4.25)
b
2
In passato si ricorreva spesso a modelli idraulici e a modelli elettrici basati sullanalogia fra le leggi
dellidraulica dei terreni e le leggi dellelettrotecnica.
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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI
la velocit di filtrazione :
h kh
v = k i = k = (Eq. 4.26)
b N b
e la portata totale :
N
Q = N1 q = k h 1 (Eq. 4.28)
N
Poich le condizioni al contorno della regione interessata dal flusso sono note a priori, si
parla di moto confinato.
In genere si assume come quota di riferimento per il calcolo del carico piezometrico il li-
vello di falda a valle, da cui risulta che il carico piezometrico h1 = 0 in corrispondenza
della superficie equipotenziale CD (la quota geometrica -0.5 m e laltezza di pressione
0.5 m), ed h2 = 4 m per la superficie AB (la quota geometrica -0.5 m e laltezza di
pressione 4.5 m).
Le linee di flusso saranno tutte comprese tra la superficie FG e la superficie BEC e pos-
sono essere tracciate seguendo la procedura suggerita da Casagrande, che consiste nei se-
guenti passi:
1) si traccia una prima linea di flusso di tentativo (HJ) da un punto della superficie equi-
potenziale a monte AB, vicino al diaframma, ad un punto della superficie equipoten-
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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI
ziale a valle CD (Figura 4.9b); tale linea dovr essere perpendicolare ad entrambe le
superfici equipotenziali e passare attorno al punto E;
Diaframma
2) si disegnano le linee e-
quipotenziali di tentativo Piano di
tra le linee di flusso BEC H = 4. 5 m H = 0.5 m riferimento
w1 w2
Per tracciare correttamente una rete idrodinamica con questa procedura opportuno uti-
lizzare un numero limitato di linee di flusso (generalmente 4 o 5 canali di flusso).
Numerate le linee equipotenziali da valle verso monte con lindice nd (che varia tra 0 e
12), il carico piezometrico corrispondente a ciascuna linee pari a nd h.
La portata di filtrazione per ogni canale di flusso (Eq. 4.27):
e la portata di filtrazione per unit di lunghezza del diaframma pari a (Eq. 4.28):
Con riferimento ad un generico punto P (Figura 4.9c), appartenente alla superficie equi-
potenziale indicata con nd = 10 e ad una distanza a dal livello di falda a valle del dia-
framma, il corrispondente valore del carico piezometrico
hp = nd h = 100.33 = 3.3 m = zp + up/w = -a + up/w
da cui si ricava il valore della pressione interstiziale:
i = h/b = 0.33/b
dove b la distanza media tra due linee equipotenziali. Ovviamente tale valore, e con
esso la velocit di filtrazione, varia tra un massimo corrispondente al campo di dimensio-
ne minima ed un minimo corrispondente al campo di dimensione massima.
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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI
a a
k1 k1
b b
d
k2<k1 d k2>k1
c c
a/b = 1
c/d = tan /tan = k2/k1
Figura 4.10: Filtrazione tra terreni a differente permeabilit
3
Si veda ad esempio la costruzione descritta al capitolo 9 nella sintesi del testo Soil Mechanics & Founda-
tions di Muni Budhu accessibile dai computers del laboratorio didattico dati territoriali.
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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI
4
Si pu giustificare lequazione (4.29) osservando che la permeabilit di un terreno influenzata maggior-
mente dalla frazione fine, che tende a riempire i vuoti, e quindi dal D10.
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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI
tuno deve essere scelto in relazione al tipo di terreno, come evidenziato nella Tabella
4.2.
Tabella 4.2 Condizioni di drenaggio, tipi di terreno e metodi per la determinazione della per-
meabilit
k 1 10-1 10-2 10-3 10-4 10-5 10-6 10-7 10-8 10-9 10-10 10-11
(m/s)
GRADO DI molto
alto medio basso impermeabile
PERMEABILIT basso
praticamente
DRENAGGIO buono povero
impermeabile
TIPO DI ghiaia pulita sabbia pulita sabbia fine, terreni impermeabili
TERRENO e miscele di limi organici e argille omogenee
sabbia e ghiaia inorganici, sotto la zona alterata
pulita miscele dagli agenti
di sabbia, limo atmosferici
e argilla,
depositi di
argilla
stratificati
terreni impermeabili
modificati dagli
effetti della
vegetazione e del
tempo
Prova in foro di sondaggio
(misura locale; delicata esecuzione)
MISURA DIRETTA Prova di pompaggio
DI K (delicata esecuzione; significativa)
Permeametro a carico costante
(facile esecuzione)
Permeametro a carico variabile
Facile delicata
delicata esecuzione:
esecuzione esecuzione:
molto poco significativa
significativa non significativa
Piezometro
STIMA INDIRETTA
Pressiometro
DI K
Piezocono
(misura locale; delicata esecuzione)
Determinazione Determinazione
dalla curva granulometrica dai risultati
(solo per sabbie e ghiaie pulite) della prova edometrica
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CL
k= (Eq. 4.31)
h A t
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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI
ge di Darcy (4.4) e che la perdita di carico si realizzi interamente allinterno del campione
di terreno, si ha:
kiAdt = -a dh h
ovvero h0
h
1
h
k A dt = a dh .
L
ho t1
1 A
a dh = k dt
h L
h1 to
ho A
a ln = k (t1 t o )
h1 L
aL h aL h
k= ln o = 2.3 log10 o
A (t1 t o ) h1 A (t1 t o )
(Eq. 4.32)
h1
Per quanto riguarda la determinazione di k a partire dai risultati della prova edometrica si
rimanda al Capitolo 7, in cui viene descritta la prova e definito il coefficiente di permea-
bilit in funzione di uno dei parametri che si determinano mediante tale prova.
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hm > d/4
H > 7 hm
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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI
a) b)
Tubazione interna
Rivestimento esterno Q
Q
h h
h2 h1 h1
h2
Tubo di rivestimento
Tampone impermeabile
Filtro
L
L
D
D
Figura 4.15 Schema della prova di immissione in foro di sondaggio, a carico variabile o co-
stante, senza filtro (a) e con filtro (b)
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Tabella 4.3 Espressioni del coefficiente di forma F per differenti geometrie della sezione filtran-
te (per lo schema geometrico vedi Figura 4.16)
Geometria della sezione Coefficiente di forma F
1. Filtro sferico in terreno uniforme 2 D
2. Filtro emisferico al tetto di uno strato confinato D
3. Fondo filtrante piano al tetto di uno strato confina-
2D
to
4. Fondo filtrante piano in terreno uniforme 2.75 D
2D
5. Tubo parzialmente riempito al tetto di uno strato 8 L kh
confinato 1 +
D k' v
2.75 D
6. Tubo parzialmente riempito in terreno uniforme 11 L k
1 + h
D k' v
3 L
2
3L
ln + 1 +
7. Filtro cilindrico al tetto di uno strato confinato 3L
D D
3 L
2
L
ln 1.5 + 1 + 1.5
8. Filtro cilindrico in terreno uniforme L
D D
2 L
9. Filtro cilindrico attraversante uno strato confinato r
ln 0
r
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1 2 3
D D
D D/2
4 5 6
D
D D
L kv L kv
k k
7 8 9
D D
D
r 0
L L L
Figura 4.16 Geometrie del fattore di forma per il calcolo del fattore di forma F
65
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A h
k= ln 1 [m/s]
F (t 2 t1 ) h2 (Eq. 4.38)
dove A [m2] larea di base del foro, h1 e h2 sono le altezze agli istanti t1 e t2 rispetto al
livello della falda o a fondo foro (se si tratta di prove di abbassamento condotte sopra il
livello di falda), F [m] il fattore di forma precedentemente definito (Tabella 4.3).
Una stima pi attendibile del valore del coefficiente di permeabilit pu essere eseguita
determinando la media geometrica dei valori ricavati con prove di risalita (kr) e di abbas-
samento (ka), ovvero k = k r k a . Infatti, durante le prove di abbassamento, la frazione
pi fine del materiale tende ad essere spinta verso il fondo del foro e la spinta idrodinami-
ca tende a comprimere il terreno, facendone diminuire la permeabilit; al contrario, du-
rante le prove di risalita, la frazione pi fine del materiale tende ad essere asportata
dallacqua e la spinta idrodinamica tende a decomprimere il terreno, facendone aumentare
la permeabilit.
a)
h
h h
r1
1
2
r
2
b Acquifero confinato
c) Piezometri di controllo
Q Pozzo
h h
r 1
1
2
h
r 2
Acquifero non confinato
Per la realizzazione del pozzo viene disposto allinterno del foro un tubo finestrato, con
area delle aperture maggiore del 10% dellarea laterale. Nel tratto di terreno da investiga-
re, lintercapedine tra tubo e terreno riempita con un filtro di ghiaietto e sabbia con una
opportuna granulometria; nel tratto sovrastante, per evitare linfiltrazione di acque ester-
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Il valore della permeabilit ricavato con questo tipo di prova un valore medio relativo al
volume di terreno interessato dal cono di depressione.
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(h + h )
w 1 2
a) assenza di filtrazione. Se
1 lacqua si trova allo stesso li-
w vello nei due recipienti (Figura
4.18a) non c differenza di ca-
z rico (ossia di energia) tra due
punti, A e B, appartenenti alla
b) due superfici libere, per cui
u lacqua in quiete. La pressio-
A
h1 h
ne verticale totale nel generico
B
O
h
punto P, a profondit z
P z w 1
zi dallestremit superiore del
h2 w
(h + h - h) campione, O, sar data da:
w 1 2
1
w
1
z = satz + wh1 (Eq. 4.41)
w
z
b) e la pressione dellacqua (pres-
sione interstiziale):
u B
c)
h u = w(h1+z) (Eq. 4.42)
A
h1
O h c) per cui la pressione verticale
w 1
P z h w z i efficace vale:
2
(h + h + h)
w 1 2
1 z = z u = satz + (Eq.
wh1 - w(h1+z) = z 4.43)
1
z w
w
essendo = sat -w
69
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La pressione dellacqua nel punto O, allestremit superiore del campione, per z=0,
governata dalla quota del pelo libero nel recipiente e vale uz=0 = w h1, mentre
allestremit inferiore, per z=h2, governata dalla quota del pelo libero nel serbatoio
e vale uz=h2 = w (h2+h1-h). La pressione dellacqua allinterno del campione varia li-
nearmente con la profondit e, nel punto P, alla generica profondit z, vale u = w
(h1+z) w (h/h2)z. Il rapporto h/h2 , per definizione, il gradiente idraulico, per cui si
pu scrivere che nel punto P a profondit z la pressione interstiziale vale:
u = w (h1+z) w i z
e la pressione efficace:
z = z u = sat z + w h1 w (h1+z) +w i z = (sat w) z w i z = z + w i z
Ovvero, rispetto al caso precedente di assenza di filtrazione, la filtrazione verticale
discendente ha prodotto una riduzione della pressione interstiziale, w i z, ed un egua-
le aumento di pressione efficace. Il termine w i z la pressione di filtrazione.
Allo stesso risultato si perviene ragionando in termini di carico piezometrico come
descritto nel seguito.
Supponendo che la perdita di carico, h, tra i punti A e B appartenenti alle due superfi-
ci libere, avvenga interamente nel campione, e che vari linearmente al suo interno, la
h
perdita di carico nel tratto OP pari a z = iz.
h2
u u h
Quindi h 0 h P = h 1 (z + ) = (z + h 1 ) = z , da cui:
w w h2
h
u = (z + h 1 ) w z w = (z + h 1 ) w i z w (Eq. 4.45)
h2
La pressione dellacqua nel punto O, allestremit superiore del campione, per z=0,
governata dalla quota del pelo libero nel recipiente e vale uz=0 = w h1, mentre
allestremit inferiore, per z=h2, governata dalla quota del pelo libero nel serbatoio
e vale uz=h2 = w (h2+h1+h). La pressione dellacqua allinterno del campione varia li-
nearmente con la profondit e, nel punto P, alla generica profondit z, vale u = w
(h1+z) +w (h/h2)z. Il rapporto h/h2 , per definizione, il gradiente idraulico, per cui si
pu scrivere che nel punto P a profondit z la pressione interstiziale vale:
u = w (h1+z) +w i z
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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI
e la pressione efficace:
z = z u = sat z + w h1 w (h1+z) - w i z = (sat w) z w i z = z - w i z
h
u = (z + h 1 ) w + z w = (z + h 1 ) w + i z w (Eq. 4.48)
h2
71
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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI
p.c.
Essendo il sifonamento un fenomeno im-
provviso, senza segni premonitori, ed es-
sendo difficile tener conto di fattori quali
A
leterogeneit e lanisotropia del terreno, si
adottano valori alti di FS (generalmente si
H
impone FS > 4).
B Nel caso di un diaframma infisso ad una
p.c.
profondit D in un mezzo omogeneo, il
gradiente di efflusso pu essere valutato in
D
prima approssimazione dividendo la perdita
di carico per la lunghezza delle linea di
flusso pi corta, rappresentata dal percorso
di una particella dacqua in aderenza al dia-
framma, indicato con A-B in Figura 4.19,
Figura 4.19 Scavo sorretto da un diaframma ovvero, trascurando lo spessore del dia-
framma ed indicando con H la differenza di
carico esistente tra due punti A e B appartenenti alle due superfici libere, si pu porre:
iE = H/(H+2D) (Eq. 4.52)
Per determinare un valore del gradiente di efflusso pi aderente alla realt si pu ricorrere
a diagrammi disponibili in letteratura per vari casi pratici ricorrenti (Figura 4.20).
a) b)
Gradiente di efflusso iE
0.53 b/D
c)
Gradiente di efflusso iE
h/D h/D
Figura 4.20 Gradiente di efflusso, iE, nel caso di uno scavo in un mezzo di spessore infinito (a),
nel caso di uno scavo nastriforme in un mezzo di spessore infinito (b), nel caso di uno scavo in un
mezzo di spessore limitato (c)
A titolo di esempio, con lo schema di Figura 4.20, per h/D = 2 e d/D = 1 si ha ie 0.53.
La stima, approssimata per eccesso, ottenuta dallEquazione (4.52) :
h h/ D 2
ie = = = = 0.66
d + 2D d / D + 2 1 + 2
72
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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI
p.c.
Un fenomeno analogo al sifonamen-
to, dovuto alle pressioni di filtrazione
al piede di un diaframma, quello
D/2
del sollevamento del fondo scavo.
Terzaghi ha osservato che il fenome-
no di instabilit si estende a tutta la H
profondit D di infissione per una
H
larghezza pari a D/2 e che E c
p.c
landamento delle sovrapressioni in-
terstiziali (ovvero delle pressioni in-
terstiziali in eccesso rispetto alla
pressione idrostatica di valle) quel- D
D
lo riportato in Figura 4.21.
In prima approssimazione, cautelati-
vamente, si assume che il valore del-
A
la sovrapressione al piede del dia-
framma sia costante per una larghez- H
w c
za D/2 e pari ad w Hc, dove Hc si ri-
cava dallEq.(4.52): Figura 4.21 Distribuzione delle sovrapressioni al
ie = H/(H+2D) =Hc/D piede di un diaframma in un mezzo di spessore infinito
e quindi:
Hc = (H D)/(H+2D).
La forza totale di filtrazione che tende a sollevare il cuneo data da Sw = HcwD/2;
quando questa uguaglia il peso efficace del cuneo (peso totale del cuneo meno spinta di
Archimede), dato da W = D D/2, si raggiungono le condizioni limite di instabilit.
Il fattore di sicurezza nei confronti del sollevamento del fondo scavo definito come rap-
porto tra il peso efficace del cuneo e la forza di filtrazione che tende a sollevarlo, ossia:
( da osservare che in pratica il rapporto Hc/D rappresenta il gradiente di efflusso nel trat-
W' 'D D / 2 'D
FS = = = (Eq. 4.53)
Sw w H c D / 2 w H c
to infisso, e che quindi lEq. 4.53 corrisponde allEq. 4.51).
Talvolta, nel caso di terreno omogeneo, viene assunto cautelativamente Hc= H/2, invece
che Hc= HD/(H+2D), come risulterebbe, sempre in maniera approssimata, dallo schema
di Figura 4.21.
Per incrementare il valore di FS si possono adottare le seguenti soluzioni:
- aumentare la profondit di infissione in modo da ridurre il gradiente di efflusso;
- disporre sul fondo dello scavo in adiacenza al diaframma un filtro costituito da mate-
riale di grossa pezzatura in modo da incrementare le tensioni efficaci. In questo caso
'D 2 / 2 + W
FS = (Eq. 4.54)
w Hc D / 2
dove W il peso del filtro;
- inserire dei dreni in modo da ridurre le sovrapressioni.
Se lo scavo realizzato in un terreno a grana fine, sovrastante uno strato a permeabilit
molto pi elevata, nel tempo che intercorre tra la realizzazione dello scavo e linstaurarsi
del moto di filtrazione, occorre ragionare in termini di pressioni totali: se la forza risultan-
te delle pressioni idrostatiche iniziali alla base del cuneo supera il peso totale del cuneo
73
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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI
p.c.
Sabbia
H
w
Argilla NC
D
H
w w
Sabbia
Figura 4.22 - Scavo realizzato in un terreno a grana fine, sovrastante uno strato a permeabilit
molto pi elevata
74
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Capitolo 4 IDRAULICA DEI TERRENI
sulla pressione mutua terreno-struttura, e quindi sulla stabilit e sulle deformazioni del si-
stema geotecnico. Al contrario, in presenza di falda, se il livello argilloso al di sopra
dellestremit inferiore della palancola ed continuo, esso intercetta quasi completamente
la filtrazione ed altera profondamente la distribuzione delle pressioni interstiziali. Se tut-
tavia il livello di argilla non continuo, ma corrisponde ad una piccola lente, la rete di fil-
trazione ne risulta modificata solo localmente. Una verticale di indagine geotecnica (ad
esempio un sondaggio o una prova penetrometrica) eseguita per la progettazione della
struttura, pu non avere rilevato la presenza del sottile livello argilloso, oppure pu averla
rilevata ma senza poterne accertare lestensione e la continuit.
In definitiva, lintensit e la distribuzione delle pressioni interstiziali in presenza di filtra-
zione sono stimate mediante la rete idrodinamica, la cui determinazione molto incerta e
raramente rispecchia le reali condizioni idrauliche del terreno. Per cui lanalisi teorica del
comportamento atteso del modello geotecnico, pur necessaria, deve essere convalidata da
misure sperimentali durante la costruzione e in corso dopera, ed eventualmente variata se
le misure sperimentali non confermano le previsioni.
75
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Capitolo 5 MODELLI REOLOGICI
CAPITOLO 5
MODELLI REOLOGICI
La reologia la scienza che studia landamento delle deformazioni nella materia sotto
leffetto dellapplicazione di un sistema di sollecitazioni. Uno degli obiettivi principali di
questa disciplina quello di caratterizzare il comportamento meccanico dei materiali me-
diante la definizione di modelli matematici che stabiliscano dei legami tra tensioni, de-
formazioni e tempo (detti legami costitutivi).
Anche nella meccanica dei terreni si ricorre generalmente allimpiego di modelli, ovvero
di schemi pi o meno semplificati, per linterpretazione di fenomeni fisici complessi e per
la previsione del comportamento dei vari mezzi in seguito allapplicazione di un sistema
di sollecitazioni. Un aspetto importante da sottolineare che un modello reologico non
legato solo al tipo di materiale, ma anche e soprattutto al fenomeno fisico che lo interessa;
per questo motivo la scelta del tipo di modello strettamente dipendente oltre che dal tipo
di materiale, da quello dellapplicazione ingegneristica considerata.
Tra i modelli classici, quelli di maggiore interesse nellambito della meccanica dei ter-
reni sono:
- il modello elastico
- il modello plastico
- il modello viscoso
che possono essere assunti singolarmente o in combinazione tra loro.
Nella descrizione dei modelli reologici, riportata nei paragrafi seguenti, verranno adottati
schemi monodimensionali e simboli convenzionali, per renderne pi immediata la com-
prensione a livello qualitativo. Passando dagli schemi monodimensionali al mezzo conti-
nuo, al concetto di forza si sostituisce quello di tensione e al concetto di spostamento
quello di deformazione.
76
mentando nuovamente la forza F il pattino rimarr fermo nella posizione assunta sotto il
carico precedente, fino a che lintensit della forza applicata non raggiunge il nuovo valo-
re limite F*, che sar uguale al precedente per mezzo plastico perfetto, maggiore per mez-
zo incrudente positivamente, minore per mezzo incrudente negativamente.
F
F
H > 0 (b)
H
1 H
B 1
F* H = 0 (a) A
F*
H < 0 (c)
s C
O
s
sp
La relazione tra lo spostamento plastico, dsp, e laliquota di forza che eccede F*, dF*,
del tipo:
1
ds p = dF * (Eq. 5.3)
H
dove H, detto coefficiente di incrudimento, sar uguale a zero per mezzo plastico perfet-
to, positivo per mezzo incrudente positivamente, negativo per mezzo incrudente negati-
vamente.
Nelle applicazioni geotecniche lipotesi di comportamento plastico assunta nella tratta-
zione dei problemi di stabilit, per i quali si fa riferimento alle condizioni di equilibrio li-
mite (capacit portante delle fondazioni, stabilit dei pendii, delle opere di sostegno, ecc..)
78
F
F = f(s)
(a)
F F=s
(b)
1
O A
s
s
Figura 5.6 Schema di Newton per un mezzo Figura 5.7 Comportamento di un mezzo
viscoso viscoso (a) e di un mezzo viscoso perfetto (b)
F = s (Eq. 5.5)
con = costante, si parla di mezzo viscoso perfetto o newtoniano, con viscosit del
mezzo.
F = Fe + Fv (Eq. 5.6)
s = se = sv (Eq. 5.7)
79
Sostituendo ad Fe e Fv le rispetti-
K .
ve espressioni in funzione s ed s
F si ottiene:
F = Ks + s (Eq. 5.8)
Integrando lequazione preceden-
O A te nellipotesi che lo spostamento
s iniziale sia nullo (s(0) = 0) e che
venga applicata istantaneamente
Figura 5.8 Schema semplificato del modello di Kelvin- una forza F = Fo, si ha:
Terzaghi
tK t
Fo (Eq. 5.9)
s( t ) = (1 e ) = s ( 1 e Trit )
e
K
80
guente ad un incremento di forza dF* (rappresentato in Figura 5.11 dal tratto AB), sar da-
to da:
ds = dse + dsp = dF* (Eq. 5.10)
e p
essendo ds e ds gli incrementi di spostamento che competono rispettivamente alla molla
e al pattino.
Essendo dse = k dF*, con k pari allinverso della costante elastica del mezzo, K, si avr:
dsp =ds dse = (k)dF* (Eq. 5.11)
K
F
O A
s
Figura 5.10 Schema semplificato del modello elasto-plastico incrudente
F ds
p
ds ds e
1
dF*
B
F* A
1
k
O C
p s
s se
s
Figura 5.11 Comportamento di un mezzo elasto-plastico incrudente
81
CAPITOLO 6
PRESSIONI DI CONTATTO E DIFFUSIONE DELLE TENSIONI
IN UN SEMISPAZIO ELASTICO
p W min p p W
min Wmax
p Wmax W
q max q min
su argilla q m in
q max
Wmin p Wmin
W max W p Wmax
p
p q min
q max
su sabbia q max
Figura 6.1: Pressioni di contatto e cedimenti per fondazioni superficiali su terreno omogeneo
soggette a carico verticale uniforme
82
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Capitolo 6 DIFFUSIONE DELLE TENSIONI
metrica per equilibrio e dipende dalla rigidezza del terreno di appoggio. Se il terreno di
appoggio ha eguale rigidezza sotto ogni punto della fondazione (argilla), le pressioni di
contatto sono massime al bordo e minime in mezzeria. Viceversa se terreno di appoggio
ha rigidezza crescente con la pressione di confinamento (sabbia), le pressioni di contatto
sono massime al centro e minime al bordo (Figura 6.1b). Lo schema di fondazione infini-
tamente rigida si applica, ad esempio, a plinti in calcestruzzo, alti e poco armati.
Se la fondazione ha rigidezza finita, il suo comportamento intermedio fra i due soprade-
scritti, ovvero ha una deformata curvilinea ma meno pronunciata di quella della fondazio-
ne priva di rigidezza, con concavit verso lalto o verso il basso a seconda del tipo di ter-
reno di appoggio (Figura 6.1c). Lo schema di fondazione di rigidezza finita si applica, ad
esempio, alle platee di fondazione.
Se il carico proveniente dalla struttura in elevazione (e applicato allestradosso della strut-
tura di fondazione) non uniforme ma ha comunque risultante verticale centrata, la di-
stribuzione delle pressioni di contatto :
- per fondazioni flessibili, eguale alla distribuzione del carico applicato,
- per fondazioni di rigidezza infinita, eguale alla distribuzione per carico uniforme di
pari risultante,
- per fondazioni di rigidezza finita, intermedia ai due casi precedenti1.
1
Ai soli fini del calcolo strutturale delle fondazioni, per la stima della distribuzione delle pressioni di con-
tatto, si fa spesso riferimento al modello di Winkler, argomento che esula dal presente corso.
2
Esistono soluzioni elastiche che considerano il terreno stratificato e/o il bedrock. La presenza di un be-
drock porta a valori della tensione verticale indotta superiori a quelli del semispazio omogeneo.
3
Esistono soluzioni elastiche che considerano il modulo di Young linearmente crescente con la profondit.
Tali soluzioni portano a valori della tensione verticale indotta superiori a quelli del semispazio omogeneo.
83
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Capitolo 6 DIFFUSIONE DELLE TENSIONI
3. i terreni reali non sono isotropi. Il rapporto tra i moduli di deformazione in direzione
verticale ed orizzontale, Ev/Eh, di norma maggiore di uno per terreni normalmente
consolidati e debolmente sovraconsolidati, mentre minore di uno per terreni forte-
mente sovraconsolidati;
4. lipotesi di elasticit lineare pu essere accolta solo per argille sovraconsolidate e sab-
bie addensate limitatamente a valori molto bassi di tensione, ma non accettabile per
tutti gli altri casi4.
La non corrispondenza fra le ipotesi del modello e la realt fisica, porta a risultati gene-
ralmente inaccettabili in termini di deformazioni calcolate, ma accettabili limitatamente
alla stima delle tensioni verticali. Pertanto, con una procedura teoricamente non corretta
ma praticamente efficace e molto comune in ingegneria geotecnica, si utilizzano modelli
diversi (leggi costitutive diverse) per risolvere aspetti diversi dello stesso problema. Ad
esempio, per una stessa fondazione superficiale, si utilizza il modello rigido-
perfettamente plastico per il calcolo della capacit portante, il modello continuo elastico
lineare per la stima delle tensioni verticali indotte in condizioni di esercizio, il modello
edometrico per il calcolo dei cedimenti e del decorso dei cedimenti nel tempo, il modello
di Winkler per il calcolo delle sollecitazioni nella struttura di fondazione, etc...
4
Per carichi concentrati lipotesi di elasticit lineare conduce a valori infiniti della tensione in corrispon-
denza del carico. Non esiste un materiale reale capace di resistere a tensioni infinite. (E daltra parte anche i
carichi concentrati sono solo unastrazione matematica).
5
Con riferimento ad un caso reale, quindi ad un terreno dotato di peso, le tensioni ottenute dalla soluzione
di Boussinesq (e per i casi di seguito considerati) vanno sommate alle tensioni geostatiche preesistenti.
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Capitolo 6 DIFFUSIONE DELLE TENSIONI
Si osservi che lEq. 6.1, che permette di calcolare la tensione verticale indotta, non con-
tiene il coefficiente di Poisson, .
La distribuzione delle tensioni verticali su un piano orizzontale alla profondit z dal p.c.
una superficie di rivoluzione avente forma di una campana, simile alla curva gaussiana, il
cui volume pari al carico applicato in superficie. Al crescere di z la campana sempre
pi estesa e schiacciata. A profondit z=0, la campana degenera in una tensione infinita su
unarea infinitesima, ovvero nel carico applicato P. A titolo di esempio in Figura 6.3 sono
rappresentate le distribuzioni di tensione verticale indotte da un carico concentrato
P=100kN alle profondit z = 2m, 5m e 10m.
La distribuzione delle tensioni verticali al variare della profondit z per un assegnato va-
lore della distanza orizzontale r dallasse di applicazione della forza P, indicata in Figu-
ra 6.4. Per r=0, ovvero in corrispondenza del carico applicato, la tensione a profondit
z=0 infinita per poi decrescere monotonicamente al crescere di z. Per r>0, la pressione
verticale vale 0 alla profondit z=0, poi cresce con z fino ad un valore massimo per poi
decrescere tendendo al valore zero. A titolo di esempio in Figura 6.4 sono rappresentate le
distribuzioni di tensione verticale indotte da un carico concentrato P = 100kN alle distan-
ze r = 0m, 2m e 5m.
z (kPa)
12
0 1 2 3 4 5
0
Z = 2m
Z = 5m
8 Z = 10m
5
z (kPa)
z (m)
10
4
r = 0m
15
r = 2m
r = 5m
0
-10 -5 0 5 10 20
r (m)
Figura 6.3 - Distribuzioni di tensione verticale Figura 6.4 - Distribuzioni di tensione vertica-
indotte in un semispazio alla Boussinesq da un le indotte in un semispazio alla Boussinesq da
carico P=100kN alle profondit z = 2m, 5m e un carico P = 100kN alle distanze r = 0m, 2m
10m e 5m
Poich per lipotesi di elasticit lineare valido il principio di sovrapposizione degli effet-
ti, la soluzione di Boussinesq stata integrata per ottenere le soluzioni elastiche relative a
differenti condizioni di carico applicato in superficie.
Le pi frequentemente usate nella pratica professionale sono le seguenti.
6.2.2 Tensioni indotte da un carico verticale distribuito su una linea retta in superficie
Con riferimento allo schema di Figura 6.5, le tensioni indotte da un carico verticale distri-
buito su una linea retta in superficie sono fornite dalle equazioni (6.5), (6.6), (6.7) e (6.8)
(in coordinate cartesiane ed assumendo lasse y orientato secondo la direzione della linea
di carico):
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Capitolo 6 DIFFUSIONE DELLE TENSIONI
2 P' z 3
P z = (Eq. 6.5)
R4
2 P' z x 2
x = 4 (Eq. 6.6)
R
2 P' z
x y = 2 (Eq. 6.7)
R
2 P' x z 2
xy = 4 (Eq. 6.8)
R R
z
dove P il carico per unit di lunghezza, e
R2 = x2+z2. 6
x x
y 6.2.3 Tensioni indotte da una pressione vertica-
z
le uniforme su una striscia indefinita
Con riferimento allo schema di Figura 6.6, le ten-
z sioni indotte da una pressione verticale uniforme
su una striscia indefinita sono fornite dalle equa-
Figura 6.5 - Carico distribuito su una zioni (6.9), (6.10), (6.11) e (6.12) (in coordinate
linea retta cartesiane ed assumendo lasse y orientato secon-
do la direzione della striscia di carico).
B
[ + sen cos( + 2 )]
q
z = (Eq. 6.9)
x = [ sen cos( + 2 )]
q
(Eq. 6.10)
2q
y = (Eq. 6.11)
xy = sen sen ( + 2 )
q
q
(Eq. 6.12)
x
6
Si osservi come le tensioni, per evidenti ragioni di simmetria, siano indipendenti da y.
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Capitolo 6 DIFFUSIONE DELLE TENSIONI
q x 1
z = sen 2 (Eq. 6.13)
B 2
q x z R 2 1
x = ln 1 2 + sen 2 (Eq. 6.14)
B B R2 2
q z
xz = 1 + cos 2 2 (Eq. 6.15)
2 B
2q a a '
z ( x =0 ) = a arctan a ' arctan Eq. (6.16)
(a a ') z z
2a'
x
2a
z
Figura 6.8: Pressione trapezia su striscia indefinita
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6.2.6 Tensione verticale indotta da una pressione uniforme su una superficie circolare
Con riferimento allo schema di carico di Figura 6.9, le tensioni verticali indotte in asse
allarea caricata possono essere calcolate con la seguente equazione:
1
z (r =0 ) = q 1 (Eq. 6.17)
3
R 2
1 +
z
mentre per la stima il delle tensioni indotte in corrispondenza di altre verticali si pu fare
riferimento alla Tabella 6.1 ed alle curve rappresentate in Figura 6.10.
2R
z/q
q
r 0 0,25 0,5 0,75 1
0
z
2
Figura 6.9 - Pressione uniforme
z/R
su area circolare
3 r/R=0
Osservando la Figura 6.10 si pu r/R=0,5
notare che alla profondit z = 0 4 r/R=1
in corrispondenza delle verticali
interne allarea caricata (r < R)la r/R=2
pressione di contatto pari alla 5
pressione q agente sullarea cir-
colare (fondazione flessibile), in
corrispondenza delle verticali e- Figura 6.10 - Variazione della tensione verticale indotta
sterne (r > R) la pressione di con- da una pressione su area circolare per differenti verticali
tatto zero, e che in corrispon-
denza delle verticali sul bordo (r = R) la pressione di contatto pari alla met della pres-
sione q.
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( )
R 1 = L2 + z 2
0,5
R2 = (B + z )
2 2 0,5
R3 = (L + B + z )
2 2 2 0,5
valgono:
q LB LBz 1 1
z = arctan + 2 + 2 Eq. (6.18)
2 z R3 R3 R 1 R 2
q LB LBz
x = arctan 2 Eq. (6.19)
2 z R 3 R1 R 3
q LB LBz
y = arctan 2 Eq. (6.20)
2 z R 3 R2 R3
q B B z2
zx = 2 Eq. (6.21)
2 R 2 R1 R 3
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Capitolo 6 DIFFUSIONE DELLE TENSIONI
Volendo conoscere lo stato tensionale in un punto del semispazio alla profondit z, sulla
verticale di un punto M non coincidente con lo spigolo O del rettangolo, si procede per
sovrapposizione di effetti di aree di carico rettangolari, nel modo seguente (Figura 6.12):
a) M interno ad ABCD; le tensioni risultano dalla somma delle tensioni indotte in M dalle
4 aree (1), (2), (3) e (4), ciascuna con vertice in M:
zM ( ABCD) = zM ( AA 'MC') + zM ( A 'BB'M ) + zM ( B'DD 'M ) + zM ( D 'CC 'M ) Eq. (6.22)
b) M esterno ad ABCD; le tensioni risultano dalla somma algebrica delle tensioni indotte
da rettangoli opportunamente scelti, sempre con vertice in M:
zM ( ABCD) = zM ( AB'MC') zM ( BB'MD '') zM ( CD 'MC') + zM ( DD 'MD '') Eq. (6.23)
caso a) caso b)
A A B A B B'
1 2
C B
M
3 4
C D D C D D'
C' D'' M
Pu essere talvolta utile valutare anche i cedimenti elastici. Lequazione per il calcolo del
cedimento in corrispondenza dello spigolo O dellarea flessibile di carico uniforme q, di
forma rettangolare BxL su un semispazio continuo, elastico lineare, omogeneo e isotropo,
avente modulo di Young E, e coefficiente di Poisson , la seguente:
posto = L/B
w=
q B 1 2
( ) (
ln + 1 + + ln
2
)
1 + 1 + 2
Eq. (6.24)
E
LEq. 6.24 permette di calcolare il cedimento elastico in qualunque punto della superficie,
per sovrapposizione degli effetti, con procedura analoga a quella sopra descritta per il cal-
colo delle tensioni verticali.
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Capitolo 7 COMPRESSIBILIT E CONSOLIDAZIONE EDOMETRICA
CAPITOLO 7
COMPRESSIBILIT E CONSOLIDAZIONE EDOMETRICA
1
I cedimenti possono essere anche dovuti a costipamento, ovvero allespulsione di aria da un terreno non
saturo come conseguenza dellapplicazione di energia di costipamento (vedi capitolo 2), a deformazioni di
taglio a volume costante, che si verificano nei terreni saturi e poco permeabili in condizioni non drenate
allatto stesso di applicazione dellincremento delle tensioni, o a deformazioni volumetriche a pressione ef-
ficace costante, ovvero a creep (viscosit).
91
92
a) b) e
A
C
B
(D)
(E) E
(B)
D
(C)
(A)
P c v (log)
Figura 7.1 - Sedimentazione in ambiente lacustre con pi cicli di carico e scarico (a) e variazione
dellindice dei vuoti con la pressione verticale efficace (b): AB: compressione vergine, BC:
decompressione, CB: ricompressione, BD: compressione vergine, DE: decompressione.
- nelle fasi di primo carico (compressione vergine, tratti AB e BD) il comportamento de-
formativo del terreno elasto-plastico, poich nella successiva fase di scarico una sola
parte delle variazioni di indice dei vuoti (e quindi delle deformazioni) viene recupera-
ta;
- i tratti di primo carico appartengono alla stessa retta;
- nelle fasi di scarico e ricarico (tratti BC, CB e DE) il comportamento deformativo e-
lastico ma non elastico-lineare (il grafico di Figura 7.1b in scala semilogaritmica);
- sia in fase di carico vergine che in fase di scarico e ricarico, essendo la relazione e-v
rappresentata da una retta in scala semilogaritmica, per ottenere un assegnato decre-
mento dellindice dei vuoti, e, occorre applicare un incremento di tensione verticale
efficace v tanto maggiore quanto pi alto il valore di tensione iniziale, ovvero la
rigidezza del terreno cresce progressivamente con la tensione applicata.