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1.1 CAMPAGNA D’INDAGINI
Le indagini geotecniche vanno condotte su quella parte di sottosuolo che verrà
influenzata dalla costruzione dell’opera o che ne condizionerà il comportamento,
denominato “Volume Significativo”.
“Il volume significativo è quello nel quale si osserva una influenza non
trascurabile delle perturbazioni meccaniche o idrauliche provocate dalla
costruzione dell’opera” [Carlo Viggiani]
Di vario genere sono gli effetti del terreno condizionati da tale disturbo, come:
- Variazione dello stato tensionale, essenzialmente dovuti a un aumento di
pressione nel caso di realizzazione di fondazioni o di scarichi tensionali
nel caso di scavi;
- Variazioni nel regime delle pressioni interstiziali connesse alla
realizzazione di drenaggi o di impermeabilizzazioni;
- Variazioni nelle condizioni di stabilità dei versanti per variazioni
topografiche o di circolazione delle acque;
- Inquinamento diretto o indotto dagli interventi.
Quindi, in ragione dell’opera da eseguire e al contesto ambientale e territoriale in
cui essa si inserisce, deve essere definito il “volume significativo”, considerando
la tipologia e la dimensione della fondazione, dai carichi che verranno trasmessi e
dalle caratteristiche fisico meccaniche e stratigrafiche del suolo.
Le indagini geotecniche, sia in situ che di laboratorio, dovranno quindi essere
condotte all’interno del “volume significativo”, con lo scopo di effettuare una
caratterizzazione geotecnica adeguata dei terreni che lo rappresentano.
A titolo indicativo, nella Figura 1, tratta dalle “Raccomandazioni sulla
programmazione ed esecuzione delle indagini geotecniche “dell’Associazione
Geotecnica Italiana (AGI, 1977)”, è rappresentata l’estensione del volume
significativo per le più frequenti opere geotecniche nel caso di terreno omogeneo.
Il grado di approfondimento dell’indagine geotecnica, nel volume significativo del
sotto-suolo, dipende dalla fase di progettazione (di fattibilità, definitiva o
2
esecutiva), dalla complessità delle condizioni stratigrafiche e geotecniche, e
dall’importanza dell’opera.
Figura 1 - Indicazioni sul volume significativo del sottosuolo a seconda del tipo e delle dimensioni del
manufatto, nel caso di terreno omogeneo
3
Secondo l’Eurocodice per l’ingegneria geotecnica (EC7) le opere da realizzare
possono essere classificate in tre categorie geotecniche (GC) di importanza
crescente (Tabella 1), cui ovviamente corrispondono gradi di approfondimento
crescenti dell’indagine geotecnica.
Per le opere di categoria GC1 che ricadono in zone note, con terreni di fondazione
relativamente omogenei e di buone caratteristiche geotecniche, ove già esistono
strutture analoghe che hanno dato buona prova di sé, etc.., l’indagine può essere
limitata alla raccolta delle informazioni esistenti, e la relazione geotecnica
(sempre necessaria) può giustificare le scelte progettuali su base comparativa, per
esperienza e similitudine.
Al contrario per opere di categoria GC3 occorre un piano di indagine molto
approfondito e dettagliato, curato da specialisti del settore, che si estenda nel
tempo (prima, durante e dopo la realizzazione dell’opera), comprendente prove
speciali, da affidare a ditte o enti altamente qualificati, mirate all’analisi dei
problemi specifici e particolari dell’opera in progetto.
Strutture semplici caratterizzate da rischi molto limitati Esempi:
- fabbricati di piccole dimensioni con carichi massimi alla base dei pilastri di
GC1 25,5kN o distribuiti alla base di murature di 10kN/m,
- muri di sostegno o scavi sbatacchiati di altezza non superiore a 2m,
- scavi di piccole dimensioni per drenaggi o posa di fognature, etc..
Tutti i tipi di strutture e fondazioni convenzionali che non presentano
particolari rischi. Esempi:
- fondazioni superficiali,
- fondazioni a platea,
GC2 - pali,
- opere di sostegno delle terre o delle acque,
- scavi,
- pile di ponti,
- rilevati e opere in terra,
- ancoraggi e sistemi di tiranti,
- gallerie in rocce dure, non fratturate e non soggette a carichi idraulici
elevati.
Strutture di grandi dimensioni, strutture che presentano rischi elevati, strutture
che interessano terreni difficili o soggette a particolari condizioni di carico,
GC3
strutture in zone altamente sismiche.
Tabella 1 - Categorie geotecniche secondo l’Eurocodice EC7
4
La densità e la qualità dell’indagini devono tener conto, oltre che della categoria
geotecnica dell’opera in progetto, della complessità e variabilità del terreno di
fondazione e del rapporto costi/benefici.
Un’indagine estesa e approfondita, che consenta di definire un modello
geotecnico affidabile, può giustificare scelte di progetto più coraggiose ed
economiche.
Viceversa se i dati di progetto sono poco affidabili o incerti, anche le soluzioni
tendono ad essere più prudenti e conservative, e quindi più costose.
Il concetto di livello di approfondimento ottimo della indagine geotecnica è
schematicamente illustrato in Figura 2.
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Le prove continue (o quasi) lungo verticali di esplorazione, consentono di
identificare la successione stratigrafica e di stimare alcune proprietà geotecniche
in modo indiretto mediante correlazioni con le grandezze misurate.
In Tabella 2 sono orientativamente indicati numero minimo e distanza fra verticali
di esplorazione per differenti tipologie di opere.
I mezzi di indagine in sito per la caratterizzazione del volume significativo di
sottosuolo, sono molti e di diversa complessità.
In questa sede illustreremo soltanto i mezzi di indagine più diffusi in Italia,
comunemente impiegati per la progettazione di opere di categoria GC2.
7
1.2 PROVE IN SITO
1.2.1 Perforazione di sondaggio
Per sondaggio stratigrafico si intende una perforazione del terreno, in genere in
direzione verticale, che consente di riconoscere la successione stratigrafica,
mediante l’esame visivo e l’esecuzione di alcune prove di riconoscimento sul
materiale estratto. Se la perforazione permette, oltre al riconoscimento
stratigrafico, anche il prelievo di campioni “indisturbati” di terreno e l’esecuzione
di prove in foro per la determinazione delle proprietà geotecniche dei terreni in
sede, il sondaggio è detto geotecnico. Con le perforazioni di sondaggio è possibile
attraversare qualunque tipo di terreno, anche a grande profondità e sotto falda, ed
eseguire indagini anche sotto il fondo di fiumi o del mare.
Esistono diverse tecniche di perforazione:
- Percussione;
- Rotazione;
- Con trivelle ad elica.
Se lo scopo della perforazione è solo quello di raggiungere una data profondità, ad
esempio per installare uno strumento di misura, e non interessa il riconoscimento
stratigrafico o il prelievo di campioni rappresentativi, il sondaggio è detto a
distruzione.
Se invece si vuole identificare in dettaglio la successione stratigrafica occorre
eseguire una perforazione di sondaggio a carotaggio continuo.
Le carote estratte nel corso del sondaggio sono sistemate in apposite cassette
catalogatrici (in legno, metallo o plastica), munite di scomparti divisori e
coperchio apribile a cerniera. Le cassette devono essere conservate, per tutto il
tempo necessario, al riparo dagli agenti atmosferici.
La tecnica di perforazione attualmente più utilizzata per i sondaggi a carotaggio
continuo è quella a rotazione. Il terreno è perforato da un utensile spinto e fatto
ruotare mediante una batteria di aste.
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L’utensile di perforazione è un tubo d’acciaio (carotiere) munito all’estremità di
una corona tagliente di materiale adeguato.
Per evitare che il terreno campionato venga a contatto con la parte rotante e sia
almeno parzialmente protetto dal dilavamento del fluido di circolazione, il cui
impiego si rende talvolta necessario per l’esecuzione del foro, possono utilizzarsi
carotieri a parete doppia, di cui solo quella esterna ruota.
Il diametro dei fori di sondaggio è in genere compreso tra 75 e 150mm.
Per assicurare la stabilità della parete e del fondo del foro, ove necessario, si
utilizza una batteria di tubi di rivestimento oppure un fluido costituito in genere da
una miscela di acqua con una percentuale del 3-5% di bentonite (fango
bentonitico).
I risultati di una perforazione di sondaggio vengono riportati in una scheda
stratigrafica ove, oltre ai dati generali relativi al cantiere e alle attrezzature
impiegate, è rappresentata graficamente la successione degli strati con la
descrizione di ciascuno di essi, la profondità della falda, la profondità dei
campioni estratti, la profondità ed i risultati delle prove eseguite nel corso della
perforazione, etc.
I campioni estratti durante la perforazione possono avere diverso grado di disturbo
in funzione sia della tecnica e degli strumenti utilizzati per il prelievo, sia della
natura del terreno stesso. In particolare con gli usuali mezzi e tecniche di prelievo
non è possibile estrarre campioni “indisturbati” di terreno incoerente.
Le principali cause di disturbo derivano dall’esecuzione del sondaggio (disturbo
prodotto dalla sonda o dall’attrezzo di perforazione), dall’infissione ed estrazione
del campionatore, e dalla variazione dello stato tensionale.
Per i campioni di terreno si distinguono 5 classi di qualità, crescente da Q1 a Q5
(Tabella 3). I campioni rimaneggiati (di qualità Q1 e Q2) sono ottenibili con i
normali utensili di perforazione. I campioni a disturbo limitato o indisturbati (Q4
e Q5) sono ottenibili con utensili appropriati, scelti in relazione alle esigenze del
problema ed alle caratteristiche del terreno.
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Caratteristiche geotecniche
determinabili Grado di qualità
Q1 Q2 Q3 Q4 Q5
a) profilo stratigrafico X X X X X
b) composizione granulometrica X X X X
c) contenuto d’acqua naturale X X X
d) peso di volume X X
e) caratteristiche meccaniche
(resistenza, deformabilità, etc..) X
campioni disturbati o disturbo indisturbati
rimaneggiati limitato
Tabella 3 - Classi di qualità dei campioni
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stesso (utilizzati ad esempio per prove di
classificazione) 2. La prova S.P.T. consiste nel
far cadere ripetutamente un maglio, del peso di
63,5 kgf, da un’altezza di 760 mm, su una testa
di battuta fissata alla sommità di una batteria di
aste alla cui estremità inferiore è avvitato un
campionatore di dimensioni standardizzate
registrando durante la penetrazione, il numero
di colpi necessario a produrre l’infissione di 15
cm, eseguito per tre volte e complessivamente
il misuratore avanzerà di 45 cm.
Figura 3 - Schema dell’attrezzatura Viene definito il numero di colpi 𝑁𝑆𝑃𝑇 , la
utilizzata per la prova S.P.T.
somma dei colpi calcolati durante l’esecuzione
della prova.
Dato il carattere empirico dei metodi di interpretazione dei risultati della prova
S.P.T. è assolutamente necessario seguire in modo scrupoloso la procedura di
riferimento per l’esecuzione della prova emessa dall’Associazione Internazionale
di Ingegneria Geotecnica (ISSMFE, 1988). I risultati della prova sono infatti
influenzati dalle caratteristiche del campionatore, dalle dimensioni delle aste, dal
sistema di battitura, dalla tecnica di perforazione e dalle dimensioni del foro.
Se la prova è eseguita in terreni molto compatti o ghiaiosi, la scarpa del
campionatore SPT può essere sostituita con una punta conica (diametro esterno
51mm, apertura 60°).
Se la prova è eseguita sotto falda, il livello di acqua o di fango nel foro deve
essere mantenuto più alto di quello della falda freatica nel terreno per evitare un
flusso d’acqua dall’esterno verso l’interno del foro.
11
1.2.3 Prova penetrometrica statica C.P.T.
In una terza fase la spinta viene applicata alle aste esterne che, a punta ferma,
raggiungono prima il manicotto e poi la punta, e infine fanno avanzare l’intero
sistema. Le operazioni sopradescritte sono ripetute ogni 20 cm.
I risultati della prova sono rappresentati in grafici (e tabelle) aventi in ordinata la
profondità e in ascissa le misure di 𝑞𝑐 e di fs ogni 20 cm.
Il penetrometro meccanico è uno strumento semplice e robusto, che può operare
in un campo di terreni che va dalle argille alle sabbie grosse, fino a profondità
dell’ordine di 40 m e oltre.
13
I suoi principali limiti derivano dal fatto che le resistenze alla penetrazione sono
dedotte da misure di forza eseguite in superficie, e quindi sono affette da errori
dovuti al peso proprio e alla deformabilità delle aste, ed agli attriti tra le varie parti
dell’attrezzatura.
Inoltre la profondità delle misure è desunta dalla lunghezza delle aste e quindi
soggetta ad errori derivanti dalla deviazione dalla verticale.
Infine le misure di resistenza alla punta, qc, e di attrito laterale locale, fs, non sono
indipendenti fra loro e si riferiscono a profondità leggermente diverse, per cui la
presenza di terreni fittamente stratificati può condurre a errori di stima.
Il penetrometro elettrico è la naturale evoluzione del penetrometro meccanico.
Nel penetrometro elettrico le misure di pressione alla punta e di tensione laterale
locale sono eseguite localmente ed in modo fra loro indipendente con trasduttori
elettrici che inviano un segnale alla centralina posta in superficie.
Un inclinometro alloggiato nelle aste permette di misurare la deviazione dalla
verticale e di correggerne gli errori conseguenti. La frequenza delle misure può
essere anche molto ridotta, tipicamente ogni 2-5 cm, e i dati sono direttamente
acquisiti in forma numerica e rappresentati graficamente anche durante
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l’esecuzione della prova. I limiti del penetrometro a punta elettrica risiedono nel
maggiore costo dello strumento, e negli errori derivanti dalle componenti
elettroniche (non linearità e isteresi delle celle di pressione, sensibilità alle
variazioni di temperatura, calibrazione).
(1+ 𝜈) ∙ (1−2𝜈)
E = 𝜌 ∙ 𝑉𝑠2 ∙ (1− 𝜈)
In tal modo si rileva il tempo di percorso diretto dei vari tipi di onde tra i due fori
(a distanze conosciute), permettendo il calcolo delle velocità sismiche (sia di onde
di tipo P che S) e caratterizzando così i vari livelli indagati.
I dati così ricavati sono relativi ad una velocità media dei terreni compresi tra i
due fori alla quota di indagine.
Utilizzando le Down Hole o le Cross Hole classiche, con geofoni tridimensionali
accoppiati normalmente, si possono ricavare sia le velocità delle onde
16
longitudinali VP che delle trasversali VS e quindi calcolare il modulo o
coefficiente adimensionale di Poisson (s) che esprime il rapporto tra le
deformazioni trasversali e le deformazioni longitudinali indotte nel mezzo; può
assumere valori compresi tra 0 e 0.5, i valori più alti indicano generalmente
comportamenti più plastici.
In generale, le prove cross-hole, a causa delle specifiche modalità esecutive, sono
preferibili alle prove down-hole quando si vogliono ottenere dei valori puntuali di
velocità di buona qualità ed alta precisione, e quando le profondità di interesse
sono elevate (anche superiori a 100 m).
18
19
L’angolo di resistenza al taglio di picco può essere stimato in modo indiretto a
partire dal valore della densità relativa precedentemente stimata dai risultati della
prova SPT.
La correlazione più nota è quella proposta da Schmertmann (1977) per differenti
granulometrie, riportata di seguito:
20
L’esistenza stessa di molte correlazioni è un chiaro segno delle incertezze e delle
approssimazioni insite nelle procedure empiriche di stima.
Per tale motivo può essere opportuno confrontare i valori stimati con le diverse
correlazioni, ed utilizzare come valore di progetto dell’angolo di resistenza al
taglio di picco di uno strato di sabbia, la mediana delle stime, escludendo
eventuali valori anomali. Si tenga presente che, poiché il terreno non è omogeneo,
i valori di 𝑁𝑆𝑃𝑇 ottenuti nella stessa formazione possono essere anche
sensibilmente diversi fra loro, e che la presenza di ciottoli e ghiaia può
determinare valori di 𝑁𝑆𝑃𝑇 errati e inaffidabili.
21
Dalla lettura della carta di Schmertmann (1978) si individua un importante
parametro, definito rapporto d’attrito o di frizione:
𝑓𝑠
𝑅𝑓 = ∙ 100
𝑞𝑐
che rappresenta la relazione tra la resistenza laterale e quella di punta rilevata
durante la prova alla generica profondità; Robertson e Wride (1998) presentano
invece, il rapporto d’attrito normalizzato, così definito:
𝑓𝑠
F= ∙ 100
𝑞𝑐 −𝜎𝑣𝑜
𝑞𝑐 −𝜎𝑣𝑜
𝑄𝑛=1 = ( ) valore della resistenza di punta normalizzata
𝑃𝑎
𝑃𝑎
n = 0.381 ∙ 𝐼𝑐,𝑛=1 + 0.05 ∙ ( ) – 0.15 ≥ 0.50
𝜎𝑣𝑜
1 𝑞𝑐
𝐷𝑟 = ∙ ln [ ] Baldi et al. (1986)
𝐶2 𝐶0 ∙ (𝜎′)𝐶1
𝑞𝑐
Φ’ = tan−1 [0.1 + 0.38 ∙ log ( )] Robertson e Campanella (1983)
𝜎′𝑣0
22
𝑞𝑐 −𝜎𝑣𝑜
Φ’ = 17.6 +11 ∙ log ( ) Mayne (2006)
√𝜎′𝑣0 ∙ 𝑃𝑎
24
La procedura sperimentale più tradizionale è quella a gradini di carico, realizzata
sottoponendo il provino, in genere mediante un sistema di pesi, ad incrementi o
decrementi di tensione verticale, variabili secondo una progressione geometrica.
La fase di scarico va di norma effettuata con un numero di gradini pari ad almeno
la metà di quelli relativi agli incrementi di carico effettuati.
Le condizioni di drenaggio libero in direzione verticale sono consentite dalla
presenza di carta da filtro e pietre porose sulle basi inferiore e superiore del
provino.
La lettura e memorizzazione dei cedimenti va effettuata ad intervalli di tempo
prefissati, ancora una volta secondo una progressione geometrica.
Ogni incremento di carico va mantenuto costante nel tempo finché non si sviluppa
completamente la consolidazione primaria, e vengano così garantiti la
dissipazione delle sovrappressioni neutre “u” ed il trasferimento dell’incremento
di tensioni totali in tensioni effettive.
Per le abituali caratteristiche di consolidazione dei terreni naturali
fini, allo scopo è in genere sufficiente una durata di 24 h dell’applicazione del
carico; prima di procedere ad un ulteriore incremento, è però comunque
necessario controllare che il decorso della consolidazione primaria si sia esaurito,
mediante l’analisi della curva cedimenti‐tempi registrata.
Un sensore a contatto con la parte superiore della leva, in comunicazione diretta
con il provino, rileva un segnale in millivolt che viene elaborato attraverso la
centralina di acquisizione ed inviato ad un computer.
Attraverso un software dedicato si convertono i segnali elettrici in micron di
deformazione.
In particolare dall’analisi dei risultati è possibile determinare:
- Parametri di consolidazione e coefficiente di permeabilità;
- Parametri di compressibilità volumetrica;
- Moduli di deformazione;
- Pressione e grado di preconsolidazione;
25
- Parametri di rigonfiamento.
Lo studio della compressibilità, cioè della variazione dell’indice dei vuoti
(volume) sotto incremento di carichi tensionali, è necessario per stimare nel
tempo le deformazioni volumetriche e i conseguenti cedimenti; mentre lo studio
della consolidazione, ovvero la legge di variazione del volume nel tempo, è
necessario per studiare l’evoluzione delle deformazioni volumetriche e dei
cedimenti.
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Figura 9 - Schema di una cella triassiale
PROVA UU
Viene impedito il drenaggio sia nella fase di consolidazione che in quella di
applicazione del carico assiale. In questo modo, nell’ipotesi che il provino sia
saturo, il contenuto d’acqua, l’indice dei vuoti, e le tensioni efficaci rimangono
27
costanti per tutta la durata della prova. Inoltre la resistenza al taglio misurata è
indipendente dalla pressione isotropa applicata.
La resistenza al taglio in questo caso è espressa in termini di tensioni totali in
quanto non si misurano le pressioni interstiziali (indicata come resistenza al taglio
non drenato) e rappresenta la resistenza del terreno in sito, quando non vi sono
ancora intervenute variazioni dell’indice dei vuoti e del contenuto d’acqua. I
risultati sono buoni purché siano fatti su campioni indisturbati di buona qualità.
Nel caso di provino saturi l’inviluppo di rottura espresso in termini di tensioni
totali viene assunto orizzontale e l’intercetta con l’asse delle ordinate rappresenta
la resistenza al taglio non drenata indicata con Cu.
Figura 10 - Prova UU
28
PROVA CID e PROVA CIU
Queste per il momento le analizziamo insieme in quanto hanno bisogno di un
ulteriore passaggio rispetto alla precedente, che consiste nella consolidazione del
provino. Successivamente nella fase di rottura si applica una tensione verticale
crescente fino alla resistenza massima del provino.
Nel caso delle prove non drenate (CIU) tale fase viene condotta con i
drenaggi chiusi, quindi non si ha variazione di volume e vengono misurate
le pressioni interstiziali generate;
Nel caso delle prove drenate (CID) la fase di rottura viene condotta con i
drenaggi aperti in maniera lenta di modo da permettere la dissipazione
delle pressioni interstiziali, misurando la variazione di volume del provino.
Ripetendo le prove su diversi provini a differenti stati tensionali si può disegnare
l’inviluppo di rottura che permette di definire i parametri c’ e ϕ’ denominati
rispettivamente angolo di resistenza al taglio e coesione efficace.
Una prova completa viene eseguita su almeno tre provini consolidati a tensioni
’v diverse. I provini adoperati sono in genere prismatici a sezione quadrata (ma
talora anche cilindrici) e devono soddisfare requisiti dimensionali simili a quelli
delle prove edometriche.
Prima della prova, occorre registrare le dimensioni ed il peso umido di ciascun
provino. Questo, una volta introdotto nell’apparecchiatura tra le due semi‐scatole
inferiore (mobile) e superiore (fissa e solidale con il sistema di carico verticale),
viene poi sottoposto a condizioni di compressione di tipo ‘K0’, mediante
l’applicazione di una forza verticale, N, generata da un sistema di leve e pesi
analogo a quello dell’edometro.
31
La tensione effettiva di consolidazione, 𝜎𝑣 (= N/A, con A = area del provino), non
deve di norma risultare inferiore a quella geostatica alla profondità di prelievo del
campione.
Nella fase di consolidazione, si registra la relazione cedimenti‐tempi, che viene
poi interpretata nel piano w-t.
Nella fase di rottura, viene azionato un motore passo‐passo che produce uno
scorrimento relativo, δ tra le due semi‐scatole, agendo su quella inferiore.
In questa fase, vengono registrati nel tempo lo scorrimento δ (letto da un
micrometro o da un trasduttore di spostamento), la forza di taglio orizzontale T
(misurata da un anello dinamometrico o una cella di carico) e lo spostamento
verticale w (rilevato con un sistema analogo a δ).
Il sistema di carico verticale deve quindi rendere possibili anche gli spostamenti
verticali e per evitare il disassamento di N e T, si adottano a volte sistemi di
controllo del parallelismo (p. es. cuscinetti a sfera lungo l’asta che trasmette il
carico verticale).
Le letture simultanee di spostamenti orizzontali e verticali, nonché del carico
orizzontale, vanno condotte fino all’evidenza del raggiungimento della resistenza
del materiale.
Le modalità di interpretazione risentono di alcune limitazioni intrinseche
dell’apparecchiatura, e cioè:
- la superficie di rottura è predeterminata;
- le tensioni orizzontali al contorno non sono misurabili, pertanto sia i cerchi
di Mohr che i percorsi tensionali sono ignoti fino alla rottura;
- le deformazioni tangenziali (concentrate intorno alla superficie di rottura)
non sono deducibili dagli spostamenti orizzontali misurati.
Ne deriva che la prova di taglio diretto è interpretabile solo in termini di relazione
“τ – σ “in condizioni di rottura.
32
Malgrado la disuniforme distribuzione di tensioni tangenziali lungo la sezione
trasversale del provino, nell’interpretazione il rapporto T/A viene indicato come
‘valore nominale di τ’.
I risultati sono quindi rappresentabili attraverso curve “τ – δ “ e “w – δ “
associabili a ciascun valore della tensione di consolidazione 𝜎′𝑣 applicata.
Per ciascun provino, sono in linea di principio determinabili tre distinti valori
della tensione tangenziale di rottura 𝜏𝑓 :
‐ la resistenza di picco 𝜏𝑝 (corrispondente al valore massimo 𝜏𝑚𝑎𝑥 );
‐ la resistenza di stato stazionario 𝜏𝑐𝑣 (corrispondente alle condizioni di
stazionarietà di w, cioè ‘a volume costante’);
‐ la resistenza residua 𝜏𝑟 (corrispondente a scorrimenti δ elevati).
Riportando le relative coppie di valori (σ’, τ) sul piano di Mohr, sono di
conseguenza determinabili (p. es. mediante regressione lineare) tre diversi
inviluppi ed altrettante coppie di parametri di resistenza a rottura.
Risulta in genere:
𝜙′𝑝 > 𝜙′𝑐𝑣 > 𝜙′𝑟 nonché 𝑐′𝑐𝑣 ≈ 𝑐′𝑟 , = 0.
1.3.4 Considerazioni
Le indagini geotecniche in sito o in laboratorio sono parte integrante del progetto
e pertanto, la loro concezione e la successiva interpretazione non può essere
demandata ad altri se non di comprovata capacità ed esperienza.
L’esecuzione di tali prove, se non in casi particolari, è affidata ad altre ditte,
quindi bisogna prestare una particolare attenzione alla loro esecuzione.
Nei terreni a grana fina, la possibilità di eseguire sia prove in laboratorio che
prove in sito, consente di avere risultati più affidabili o comunque verificabili di
volta in volta mediante opportune “calibrazioni”.
Invece, per i terreni a grana grossa, vengono utilizzate correlazioni empiriche,
poiché le prove in laboratorio hanno una fattibilità minore e un’onerosità
33
maggiore, quindi seppur basate su studi rigorosi e interpretabili alla luce della
meccanica dei terreni, sicuramente restituiscono maggiori incertezze.
In conclusione è auspicabile, ove possibile, eseguire entrambe le prove sia in sito
che in laboratorio, essendo complementari fra di loro e non viste come alternative.
Infatti, si ritiene appropriato, laddove forniscono lo stesso tipo di informazione,
confrontarle per verificarne l’attendibilità.
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Per quanto riguarda la prima fase, la scelta richiede una valutazione specifica da
parte del progettista, per il necessario riferimento alle diverse verifiche da
effettuare, ad esempio, ai diversi tipi di meccanismi di collasso del terreno nel
caso delle verifiche agli stati limiti ultimi.
In altre parole, nella valutazione della stabilità di una fondazione superficiale è
opportuno che la verifica allo scorrimento sia effettuata in riferimento al valore
dell’angolo di resistenza a taglio a volume costante, (a stato critico), poiché il
meccanismo di scorrimento, che coinvolge spessori molto modesti di terreno, e
l’inevitabile disturbo connesso alla preparazione del piano di posa della
fondazione, implicano un disturbo del terreno.
Per questo stesso motivo, nelle analisi svolte in termini di tensioni efficaci, è
opportuno trascurare ogni contributo della coesione nelle verifiche a scorrimento.
Considerazioni diverse devono essere svolte con riferimento al calcolo della
capacità portante della fondazione che, per l’elevato volume di terreno coinvolto,
comporta in riferimento alla resistenza al taglio del terreno indisturbato,
considerando quando appropriato anche il contributo della coesione efficace.
Nella seconda fase invece, le valutazioni che il progettista deve svolgere per
pervenire ad una scelta corretta dei valori caratteristici, può apparire giustificato il
riferimento a valori prossimi ai valori medi quando nello stato limite considerato è
coinvolto un elevato volume di terreno, con possibile compensazione delle
eterogeneità o quando la struttura a contatto con il terreno è dotata di rigidezza
sufficiente a trasferire le azioni dalle zone meno resistenti a quelle più resistenti.
Al contrario, valori caratteristici prossimi ai valori minimi dei parametri
geotecnici appaiono giustificati, nel caso in cui siano convolti modesti volumi di
terreno, con concentrazione delle deformazioni fino alla formazione di superfici di
rottura nelle porzioni di terreno meno resistenti a causa dell’insufficiente
rigidezza.
Una migliore approssimazione nella valutazione dei valori caratteristici può essere
ottenuta operando le opportune medie dei valori dei parametri geotecnici
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nell’ambito di piccoli volumi di terreno, quando questi assumono importanza per
lo stato limite considerato.
In definitiva, si deduce che non esiste un modello di sottosuolo geotecnico
univoco e/o giusto, ma in relazione al problema ingegneristico e alla sua
valutazione in termini quantitativi e qualitativi, è possibile individuare una
schematizzazione rappresentativa della realtà.
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