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Tecniche di stabilizzazione e

protezione: descrizione,
tipologia ed analisi
Prof. Albino Lembo-Fazio
Dipartimenti di Ingegneria
Università degli Studi «ROMA TRE»
albino.lembofazio@uniroma3.it
Analisi di stabilità in La scelta del tipo di intervento può
assenza di interventi essere definita solo a seguito dello
studio dettagliato del fenomeno
franoso. Per scegliere e dimensionare
correttamente gli interventi di
Scelta interventi stabilizzazione non si può prescindere
dalla conoscenza delle cause che
concorrono alla genesi del fenomeno
franoso
Analisi di stabilità in
presenza di interventi

Piano di monitoraggio
Dimensionamento
opere
Possibili cause che concorrono a determinare un
fenomeno franoso
Causa Fenomeno Motivi possibili
Erosione
Azioni sismiche
Azioni naturali
Aumento Spinte acqua, congelamento
sollecitazioni Scavi
Azioni antropiche Sovraccarichi
Eventi meteorici
Escursioni falda
Aumento pressioni neutre
Variazioni condizioni idrauliche
Diminuzione
resistenza Rocce alterazione
Variazioni parametri Terreni fini degradazione
resistenza (rigonfiamento, softening,
rottura progressiva, creep)
Mitigazione del rischio da frana

La mitigazione del rischio da frana viene generalmente affrontata intervenendo


direttamente sulla sorgente del rischio tramite lavori e opere di ingegneria.

Gli interventi di tipo strutturale comprendono le opere volte sia alla


stabilizzazione del corpo di frana (interventi di drenaggio, strutture di sostegno,
interventi di riprofilatura dei versanti, sistemi di rinforzo interno, ecc.) sia
quelle mirate al controllo dei movimenti delle masse in frana, attraverso la
realizzazione di vere e proprie strutture difensive lungo il probabile percorso
del corpo di frana.

Altre strategie di mitigazione del rischio possono essere quelle in cui si


interviene sulla riduzione del valore e della vulnerabilità degli elementi a
rischio o sull’incremento delle soglie di rischio accettabile.
LA SCELTA DEL TIPO DI INTERVENTO
E’ CONDIZIONATA DA VARI FATTORI TRA CUI:

STABILITA’ ATTUALE DEL TIPO DI MOVIMENTO DIMENSIONI E VELOCITA’


PENDIO FRANOSO DEL FENOMENO

COSTI E TEMPI DI TECNOLOGIE


IMPATTO AMBIENTALE
REALIZZAZIONE UTLILIZZABILI

Le dimensioni della frana condizionano la possibilità di intervenire e


l’efficacia degli interventi stessi. Nel caso delle grandi frane (volumi >
106 m3) l’intervento può risultare impossibile sia da un punto di vista
tecnico sia da quello economico per il fatto che le azioni messe in gioco
sono molto maggiori di quelle che possono essere sopportate dalle opere
di ingegneria, o per il fatto che il costo di queste opere è molto elevato in
rapporto ai benefici che esse possono produrre.
La velocità del moto può impedire l’esecuzione di interventi di
stabilizzazione. La situazione del pendio varia continuamente nel
tempo, e le opere di stabilizzazione potrebbero essere danneggiate
mentre sono ancora in costruzione.
Le colate rapide (di detrito o di fango) spesso impongono scelte
radicalmente diverse, cioè la “canalizzazione” del moto piuttosto che la
stabilizzazione del versante.
Se le velocità della frana sono maggiori di qualche metro/ora, sono
possibili solo gli interventi d’urgenza necessari per garantire la pubblica
incolumità e per tentare di contenere i danni.
Per valutare l’azione e l’efficacia degli interventi geotecnici è possibile
far riferimento al fattore di sicurezza, dato dal rapporto tra la
resistenza al taglio disponibile del materiale e la resistenza al taglio
mobilitata. Le tipologie di intervento possono suddividersi in due gruppi
in relazione al meccanismo con il quale aumentano il fattore di
sicurezza:
− interventi che aumentano la resistenza al taglio del materiale
(aumento delle forze o dei momenti stabilizzanti);

Aumento delle Riduzione pressioni Incremento sforzi


caratteristiche neutre (drenaggi normali lungo la
meccaniche quali superficiali e superficie
coesione e angolo profondi) (sovraccarichi al
di attrito piede)
(addensamento,
iniezioni)
− interventi che riducono la resistenza al taglio mobilitata (diminuzione
delle forze o dei momenti destabilizzanti)

Riduzione degli sforzi di taglio lungo Trasferimento degli sforzi tangenziali


la superficie di rottura (scavi in a terreni non interessati dal
sommità del pendio o abbattimento movimento (strutture di sostegno
della scarpata) rigide o flessibili, terre rinforzate,
ancoraggi e chiodature)

In generale la stabilizzazione di un pendio non si


raggiunge con un solo tipo di intervento ma è
necessario ricorrere a più tipologie di interventi di
stabilizzazione combinate tra di loro.
Per la sistemazione dei versanti in frana si ricorre spesso a strutture di ritenuta
(muri, gabbionate, palificate, ecc.) oppure ad interventi di rinforzo del materiale
(ancoraggi, iniezioni, micropali, ecc.).

Non sempre queste soluzioni sono risultate le più appropriate.


Di norma queste opere, anche se correttamente progettate e realizzate, sono
molto costose e quindi poco adatte alla stabilizzazione di grandi corpi di frana o
di aree di basso valore economico; possono invece costituire la soluzione
migliore in mancanza di ampi spazi a disposizione per la realizzazione degli
interventi o in presenza di vincoli imposti da abitazioni o per la stabilizzazione di
fenomeni franosi di limitata estensione.
Per frane di grandi dimensioni con superfici di scivolamento profonde, è opportuno
valutare la possibilità di ricorrere ad interventi di riprofilatura dei versanti, tenendo
presente che la riuscita di detti interventi dipende soprattutto dalla localizzazione
dell’intervento di scavi e riporti.
Gli interventi di drenaggio, sono spesso tra i rimedi più efficaci nella sistemazione
dei versanti. L’alta capacità di stabilizzazione, in relazione ai costi di realizzazione, fa
sì che le varie opere di smaltimento delle acque superficiali e profonde siano tra i
metodi di stabilizzazione più diffusi e quelli che generalmente consentono di ottenere,
a parità di costi, i risultati migliori.
L’utilizzazione dei sistemi di drenaggio può essere sfavorita dalla necessità del
mantenere nel lungo termine l’efficienza dei dreni, spesso costosa e di difficile
realizzazione.
RIPROFILATURA DEL VERSANTE

Con riprofilatura si intendono tutti quegli interventi atti ad incrementare la


stabilità di un versante attraverso una ridistribuzione delle masse lungo il
pendio.
L’incremento del fattore di sicurezza può essere ottenuto grazie alla riduzione
delle forze destabilizzanti (rimozione di materiale nella zona alta del pendio),
all’incremento di quelle resistenti (apporto di materiale al piede) oppure grazie
alla combinazione di entrambi gli effetti.
Gli interventi di riprofilatura dei versanti richiedono una buona conoscenza
della geometria e delle dimensioni dei fenomeni franosi in atto.
Un efficace strumento per la localizzazione delle aree più idonee per la
realizzazione di scavi e riempimenti lungo un versante in frana, è fornito dalla
teoria della linea di influenza di HUTCHINSON (1977; 1984).
LINEE DI INFLUENZA DI UN CARICO APPLICATO SUL VERSANTE

(da HUTCHINSON, 1984)


andamento del rapporto F1/F0
in funzione della distanza (x)
lungo un’arbitraria sezione che
attraversa longitudinalmente il
corpo di frana. Condizioni
Drenate e Non Drenate
RIDUZIONE DELLA PENDENZA

La riduzione uniforme della pendenza del versante può essere perseguita tramite la posa
di materiale di riempimento oppure tramite lo scavo di materiale. La tecnica di riduzione
uniforme della pendenza è efficace nella sistemazione di fenomeni di instabilità di limitata
estensione in cui i movimenti sono confinati al materiale di copertura del versante; appare
invece di scarsa utilità per superfici di scivolamento profonde.
APPESANTIMENTO AL PIEDE

Consiste nell’applicare delle masse al piede del corpo di frana, a valle della linea neutra
(HUTCHINSON, 1977; 1984). l’appesantimento al piede viene ottenuto tramite berme in
cemento armato, rilevati in terra o in terra rinforzata, gabbioni, grossi blocchi di pietra,
oppure tramite il materiale derivante dall’alleggerimento della testa del corpo di frana
Questo tipo di intervento è
particolarmente adatto alla
sistemazione di fenomeni franosi
profondi ed estesi
SISTEMAZIONE A GRADONI

L’intervento
consiste nella
riduzione generale
della pendenza del
versante tramite la
realizzazione di
gradoni,
regolarmente
spaziati, lungo il
pendio.
INTERVENTI DI DRENAGGIO

Interventi mirati ad una riduzione delle pressioni interstiziali, con il conseguente aumento
degli sforzi efficaci e della resistenza al taglio del terreno in frana.
In relazione alla natura delle acque allontanate, gli interventi di drenaggio possono essere
raggruppati nelle seguenti principali categorie :
1. interventi di regimazione delle acque superficiali;
2. interventi di drenaggio sub-superficiali;
3. interventi di drenaggio profondo.
Questi interventi risultano molto efficaci nella stabilizzazione dei versanti. Nel lungo
periodo tuttavia, per assicurare la funzionalità dei dreni è richiesta una periodica
manutenzione difficilmente realizzabile, soprattutto nel caso dei drenaggi sub-superficiali
e profondi.
Regimazione delle acque superficiali

Canalette superficiali – Fossi di guardia


Scavi superficiali, sia all’interno che all’esterno dell’area in frana, che hanno la funzione
di intercettare ed allontanare le acque superficiali dall’area in frana.
Regimazione acque superficiali
Regione Piemonte – Tecniche di sistemazione
Trincee drenanti

Utilizzate prevalentemente per stabilizzare frane superficiali traslazionali.


Massima profondità compresa tra 3 e 6m. Allineate nella direzione monte – valle del
pendio e spesso abbinate a trincee più superficiali disposte a spina di pesce.
Trincee drenanti

Lo scavo delle trincee viene preferibilmente realizzata procedendo da


valle verso monte in modo da assicurare un effetto drenante già in
fase di costruzione.

Per valutare l’effettiva efficacia del sistema di drenaggio è opportuno


installare in sistema di monitoraggio del livello di falda messi in
posto preferibilmente prima dell’esecuzione dei lavori.

L’insieme della rete deve essere raccordato ad uno scolo naturale e la


parte terminale del tubo deve essere protetta in corrispondenza del
fosso recettore
Trincee drenanti
Località Raicelle – Muro Lucano
dicembre 2010
Trincee drenanti profonde

Scavo di un palo secante rispetto ad uno già realizzato e


riempito con calcestruzzo alveolare
Speroni drenanti
(ANPA, 2002)
Dreni sub-orizzontali

Tubi drenanti microfessurati inseriti in fori sub-orizzontali inclinati di 5° - 15° secondo la


pendenza del versante. Per evitare l’intasamento del dreno questo viene protetto
mediante un rivestimento con geotessili.

La durata nel tempo dei dreni è fortemente


condizionata dalla manutenzione; i dreni possono
perdere la loro efficacia a seguito di occlusioni,
incrostazioni etc.
I tubi drenanti sub-orizzontali possono essere
impiegati con successo negli interventi di
consolidamento in frane di scorrimento
rotazionale, in corrispondenza delle scarpate di
coronamento, e/o di colamenti con superfici di
scorrimento poco profonde oppure in tutti quei
casi nei quali l'inclinazione del versante sia
piuttosto elevata.
Dreni sub-orizzontali
Interventi di drenaggio profondo

Sistema drenante profondo costituito da pozzi verticali di grande


diametro, abbinati a dreni sub-orizzontali disposti a raggiera, posti su
più livelli. La lunghezza dei dreni può raggiungere 40 - 50 m. I pozzi sono
interconnessi tra loro per consentire lo scarico delle acque drenate per
gravità .
Pozzi drenanti
Gallerie drenanti

Le gallerie di drenaggio sono opere molto costose. vengono realizzate in terreni


stabili sottostanti la massa in frana. La sezione è in genere modesta, con
dimensioni minime (altezza 1,80-2,00 m e larghezza 1-2 m) tali da consentirne
l’ispezione e la manutenzione.
In alcuni casi a partire dalle gallerie si sviluppa una rete di drenaggi sub-orizzontali
per rendere più efficace l’intero sistema.
STRUTTURE DI SOSTEGNO
Opere in grado di contrastare le spinte esercitate da un fronte di
terreno instabile.
Possono essere rigide o flessibili in relazione alla capacità di adattarsi
alle deformazioni e cedimenti dei terreni senza rotture o danni
significativi.

Muri a gravità
Sono strutture massicce e pesanti che si oppongono con il proprio peso alle
sollecitazioni a cui sono sottoposte
Muri a mensola
Strutture a limitato spessore, molto resistenti, in cui la stabilità al ribaltamento viene
garantita, oltre che dal peso dell’opera, anche dal contributo del peso del terreno
che grava sulla base a mensola. Possono eventualmente essere ancorate.
Opere di sostegno flessibili
Elementi strutturali immorsati nel terreno sottostante l’ammasso in movimento che
trasferisce al sottostante terreno la forza necessaria a stabilizzare il pendio.
Opere di sostegno di tipo speciale
INTERVENTI DI INGEGNERIA NATURALISTICA

OPERE PER IL CONTROLLO DELL’EROSIONE SUPERFICIALE


creano condizioni ambientali e di stabilità necessarie all'attecchimento e alla crescita della
vegetazione erbacea, arbustiva ed arborea impiantata sulle scarpate e sui pendii in terra o in
situazioni particolari di rocce molto alterate. La copertura vegetale, così realizzata, consente
un efficace controllo e mitigazione dei fenomeni d'erosione, proteggendo il terreno dall'azione
aggressiva delle acque meteoriche e superficiali
- rivestimenti antierosivi con materiali biodegradabili
- rivestimenti antierosivi con materiali sintetici
- inerbimenti

OPERE DI STABILIZZAZIONE SUPERFICIALE


Messa a dimora di talee
Gradonate
Palificate
Grate

Esempio di grata viva (Manuale tecnico di Ingegneria


Naturalistica della Provincia di Terni
Esempi di Palificata viva e Fascinata drenante (Manuale tecnico di ingegneria naturalistica della
Provincia di Terni)
INTERVENTI «NON STRUTTURALI»

Quelle azioni di mitigazione del rischio che non


presuppongono un intervento diretto sulla massa in frana,
bensì sui possibili elementi a rischio o sulla loro
vulnerabilità.
La messa a punto di sistemi di monitoraggio e di allarme è
volta a limitare la probabilità che la vita umana sia
vulnerata dall’evento franoso (riduzione della probabilità di
lesioni a persone).
Il monitoraggio ha consentito di individuare nel corpo di frana vari settori che
mostrano velocità di evoluzione del fenomeno differenti. Il lungo periodo di
monitoraggio ha consentito di definire, per ciascuna zona, delle velocità tipiche
di spostamento e definire i criteri in base ai quali l’evoluzione del movimento
franoso possa essere considerato nella norma oppure quando si entra in una
situazione che richiede attenzione.
Sulla base delle misure ed osservazioni disponibili sono stati definiti i seguenti
due livelli di soglia come di seguito specificati:
1. si determina uno stato di allerta quando almeno 3 punti in osservazione
manifestano, nello stesso periodo di osservazione, il superamento di un
primo livello di soglia corrispondente ad una velocità puntuale Vs1=2,0
cm/giorno.
2. si determina uno stato di allarme quando almeno 3 punti in osservazione
manifestano nello stesso periodo in osservazione il superamento di un
secondo livello di soglia con Vs2=10,0 cm/giorno.
BIBLIOGRAFIA

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Stato ambiente, cap. 6.
APAT - Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i servizi Tecnici - Atlante delle opere di
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CANUTI P., MENDUNI G. – Linee guida per la stabilizzazione delle frane e strategie di
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Terni.

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