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Capitolo 3 Pag.

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Università di Roma "La Sapienza"


Facoltà di Ingegneria

G. CALABRESI

APPUNTI DALLE LEZIONI


DI

GEOTECNICA

capitolo terzo

anno acc. 1993-94


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3. SCAVI DI FONDAZIONE E STRUTTURE DI SOSTEGNO

3.1 SCAVI DI FONDAZIONE

3.1.1 - Considerazioni generali. Le strutture di fondazione sono in genere


poste sotto il piano di campagna e richiedono quindi, per essere
realizzate, opere di scavo e di sostegno del terreno circostante. Queste
possono essere provvisorie, se hanno il solo scopo di rendere possibile
l'esecuzione delle strutture di fondazione, o definitive, se è prevista
l’utilizzazione di volumi sotterranei.

Generalmente l'esecuzione degli scavi e delle opere temporanee


e finalizzate all'esecuzione dei lavori, dette opere provvisionali, è lasciato
all'impresa esecutrice, mentre il progettista delle strutture ha il compito di
verificare la fattibilità delle operazioni necessarie per eseguire le
fondazioni dell'intera opera. Talvolta è necessario un vero e proprio
progetto delle opere provvisionali, corredato delle analisi di sicurezza degli
scavi e delle strutture di sostegno, e lo studio del comportamento del
terreno interessato dai lavori di scavo. Indipendentemente dagli aspetti
professionali della suddivisione dei compiti progettuali, visto che il
progetto delle fondazioni di un'opera è necessariamente legato allo studio
delle modalità esecutive e, in particolare, delle opere di scavo e di
sostegno, è opportuno che l'analisi di queste preceda quella delle
fondazioni.

In generale gli scavi di fondazione vengono suddivisi in su-


perficiali e profondi. Il criterio di classificazione resta peraltro impreciso e
arbitrario. Più precisamente si possono distinguere scavi aperti, non
armati, e scavi armati, o sostenuti. La necessità di sostenere le pareti di uno
scavo con opere provvisorie, o definitive, dipende non soltanto dalle
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caratteristiche del terreno e dalla profondità degli scavi, ma anche, o


soprattutto, dalle condizioni ambientali. In particolare le limitazioni
all'ampiezza degli scavi, per la presenza di altre opere e strutture
adiacenti all'area interessata dallo scavo, o i vincoli di carattere idraulico,
che impediscono sostanziali abbassamenti della superficie freatica,
rendono spesso indispensabile l'adozione di strutture di sostegno degli
scavi e, tra le varie tipologie, fanno preferire quelle che, come le
palancolate o le paratie, permettono di effettuare gli scavi dopo avere
realizzato gli elementi resistenti. I paragrafi che seguono descrivono le
principali tecniche esecutive e le particolarità costruttive degli scavi di
fondazione e delle relative strutture di sostegno.

3.1.2 - Scavi aperti. Gli scavi, per poter essere eseguiti con mezzi mec-
canici, devono avere le dimensioni minime che permettano il movimento
di escavatori e di mezzi di carico. Le scarpate hanno inclinazioni diverse a
seconda della natura dei terreni.

La scelta della profilatura delle scarpate (come la decisione se


ricorrere a strutture temporanee di sostegno del fronte di scavo) è lasciata
in generale alla responsabilità dell'impresa esecutrice e della direzione dei
lavori. La soluzione da adottare dipende principalmente dal grado di
rischio accettabile, e questo a sua volta è strettamente connesso alle
modalità esecutive dello scavo e in particolare, alla possibilità che uno
smottamento del fronte investa persone che, anche occasionalmente, si
trovino a poca distanza dal piede. Perciò quando non esistono
impedimenti ad ampliare le aree interessate dai lavori, è più conveniente
diminuire la pendenza delle scarpate, impiegando solo mezzi meccanici,
piuttosto che limitare i volumi di scavo adottando profilature di scarpate
più acclivi e di maggiore rischio o, eventualmente, opere provvisionali di
sostegno.

Per quanto concerne i mezzi di scavo, si possono impiegare


escavatori frontali operanti entro lo scavo, o escavatori a cucchiaio rove-
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scio operanti dall'alto. Nel primo caso l'altezza del fronte può raggiungere
4÷5 m; la larghezza minima per consentire l'operatività dall'interno degli
scavi è dell'ordine di 7÷8 m (Fig. 3.1). Con gli escavatori a cucchiaio rove-
scio è possibile anche l'apertura di trincee strette (1÷1.5 m), operando dal-
l'esterno. La profondità praticamente raggiungibile è di 3÷4 m (Fig. 3.2).
Per scavi di profondità maggiori occorre operare per fasi successive. Se
non è possibile operare all'interno dello scavo si utilizzano, con costi più
alti e minore efficienza, escavatori drag line, che non possono però operare
in spazi ristretti, né profilare le pareti dello scavo (Fig. 3.3).

3.1.3 - Fronti di scavo in terreni coerenti. Le analisi di stabilità a breve


termine di pendii in terreni coerenti mostrano la possibilità teorica di
soddisfare le condizioni di equilibrio di scarpate verticali di altezza in-
feriore ad un valore critico Hcr.

Se si suppone che il terreno non resista a trazione, dalla con-


dizione che solo alla base della parete verticale si possano avere stati
limite di sforzo si deduce un’altezza critica ridotta Hc r = 2 cu/γ, essendo γ
il peso unitario e cu la coesione non drenata. Questa espressione può
essere adottata in prima approssimazione per verificare a breve termine la
stabilità di uno scavo temporaneo. Si assumono coefficienti di sicurezza F
≥ 1.2÷1.3 se non vi è rischio per le persone, ed F ≥ 1.5÷2 altrimenti.

La stabilità delle scarpate non verticali, ma con inclinazione


uniforme si può verificare con i diagrammi di Taylor, o con altri abachi
che traducono in forma grafica i risultati delle analisi in termini di ten-
sioni totali di pendii in terreni omogenei. Con la carta di Fig. 3.4 (Taylor),
che riporta in ordinata il fattore di stabilità N = γ Hc r /cu, la verifica è im-
mediata. Il coefficiente di sicurezza è espresso dal rapporto tra l'altezza
critica Hc r e quella effettiva del fronte di scavo:
H N cu
F = cr F=
γH
H cioè:

I valori di F da adottare sono quelli sopra indicati.


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In terreni argillosi consistenti fessurati occorre tener conto


dell'effetto delle discontinuità (fessure e giunti) e delle disomogeneità. A
causa dell'irregolarità delle discontinuità generalmente presenti nei
terreni argillosi, o della mancanza di sistematicità in orientamento ed
estensione, i metodi di analisi di stabilità che tengono conto in modo
razionale dell'influenza delle macrostrutture sono praticamente inap-
plicabili.

Il criterio adottato comunemente per stabilire le caratteristiche


dei fronti temporanei di scavo è solamente empirico, consistendo
nell'osservazione, spesso puramente visuale, del comportamento effettivo
delle scarpate durante e dopo gli scavi. Questo criterio è applicabile
soltanto a scavi temporanei, in terreni abbastanza omogenei, e in
condizioni di sicurezza per gli operatori. In conclusione la valutazione
delle condizioni di stabilità di una scarpata di scavo può essere solo ap-
prossimata.

3.1.4 - Fronti di scavo in terreni incoerenti. Teoricamente si può dimo-


strare che in assenza di acqua, in un terreno perfettamente incoerente
(c' = 0), un fronte di scavo è stabile solo se la scarpata ha un'inclinazione β
< ϕ'. Si constata anche che una debole coesione è sufficiente ad assicurare
la stabilità di pendii notevolmente più acclivi, o anche di tagli verticali,
purché di altezza limitata. In realtà sopra la falda freatica, a causa della
parziale saturazione del terreno (Sr< 1, u < 0) è quasi sempre presente una
coesione apparente. E' peraltro necessario considerare che variazioni
positive o negative del grado di saturazione possono avvenire molto
facilmente e rapidamente, per la variazione di condizioni ambientali
prodotta dallo stesso scavo (esposizione all'aria, alle precipitazioni e
all'insolazione del fronte); in conseguenza si può avere una diminuzione
della coesione apparente e l'instabilità del fronte di scavo.

In pratica negli scavi temporanei in terreni incoerenti si adotta


generalmente un angolo di scarpata di 45°; in questo caso, se l'altezza del
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fronte è limitata, è sufficiente un valore minimo della coesione apparente


per assicurare la stabilità.

Negli scavi in falda, cioè quando il piano di scavo ha una quota


inferiore a quella della superficie freatica, l'allontanamento dell'acqua con
pompaggio produrrebbe non solo una filtrazione continua entro lo scavo,
ma anche l'instabilità delle scarpate, anche adottando pendenze minime (β
< (ϕ'/2)). Perciò se non si vogliono adottare strutture di sostegno è
necessario deprimere artificialmente la falda all'esterno del perimetro
dello scavo. Questo effetto si può conseguire installando pozzi, o punte
drenanti (well points).

I pozzi si dispongono esternamente all'area di scavo e possono


essere eseguiti con sonde ordinarie. In pratica per permettere l'in-
serimento di una pompa (sommersa), o di un eiettore ad aria, e di una
corona filtrante (Fig. 3.5) i pozzi devono avere un diametro non minore di
0.4 m circa. Se vengono attrezzati con pompe sommerse la loro profondità
può superare 30 - 40 m.

Le punte drenanti (well points) sono costituite da tubi in acciaio


di piccolo diametro (≈ 65 mm), forati e protetti da una griglia metallica e
dotati di una punta con uno o più ugelli. La lunghezza totale è circa 7 m,
quella della parte perforata 1 m. Nei terreni sabbiosi le punte si inse-
riscono sfruttando un effetto jetting, con l'immissione di acqua in forte
pressione; la presenza di frazioni ghiaiose, o di intercalazioni coerenti,
rende necessaria l'esecuzione di perforazioni preventive. Dopo l'infissione
le punte vengono collegate a un circuito aspirante, funzionante con una
pompa in depressione (Fig. 3.6). La massima profondità di aspirazione
non può superare, com'è ben noto, 6÷6.5 m. Per ottenere una depressione
della falda a maggiori profondità occorre disporre le punte drenanti su
più livelli, in file parallele o lungo anelli co o lungo anelli concentrici (Fig.
3.7).
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3.1.5 - Opere provvisionali di sostegno. Nei capitolati dei lavori con il


termine provvisionali si definiscono strutture, o provvedimenti costruttivi,
che siano temporanei e strumentali, necessari solo in fase costruttiva per
realizzare un progetto. Sono quindi opere che non costituiscono il fine
diretto della progettazione, ma sono mezzi e strumenti appositamente
realizzati per eseguire il lavoro.

Nei lavori di ingegneria che richiedono scavi, come quelli di


fondazione, è spesso necessaria un'opera provvisionale per sostenere il
terreno circostante, fino a quando non è stata realizzata la struttura de-
finitiva. Esempio caratteristico e tradizionale di opera provvisionale di
sostegno sono le armature, o sbadacchiature, degli scavi.

L'evoluzione tecnologica ed i progressi compiuti nella cono-


scenza delle proprietà dei terreni hanno prodotto una grande varietà di
opere provvisionali di sostegno, di cui solo alcune sono dirette deriva-
zioni delle strutture puntellate tradizionali. Possono infatti svolgere la
funzione di opere provvisionali anche le palancole metalliche, le paratie in
pali accostati, le pareti ancorate e chiodate, i trattamenti di consolida-
mento del terreno con aggiunta di leganti. Nel paragrafo che segue
verranno esaminati soltanto alcuni aspetti e problemi esecutivi delle
principali e più diffuse opere provvisionali di sostegno degli scavi di
fondazione.

3.1.6 - Trincee e scavi armati. Nello scavo di trincee o di pozzi a sezione


ristretta è in generale necessario adottare strutture di sostegno delle pa-
reti. Sia le norme geotecniche, sia quelle antinfortunistiche, prescrivono
l'impiego di armature di sostegno nello scavo di trincee. Le norme
geotecniche italiane (D. M. 11.3.1988) stabiliscono che l'armatura è
obbligatoria per qualsiasi trincea di altezza superiore a 2 m, salvo i casi di
comprovata stabilità e sicurezza dello scavo, come nei terreni coerenti
molto consistenti e non fessurati.
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Le tradizionali forme di armature in legname vengono oggi


usate raramente, sia per il costo elevato, sia per il poco spazio lasciato
libero, che non permette, o rende molto difficile, l'impiego di mezzi
meccanici per lo scavo e l'asportazione del terreno (Fig. 3.8).

Strutture di sostegno che consentono maggiore libertà di lavoro


e una più ampia scelta di soluzioni costruttive sono le palancole metalliche
(sheet piles), infisse per percussione o vibrazione, e vincolate da tiranti,
ancoraggi o puntelli. Le palancole assicurano anche l'impermeabilità delle
pareti dello scavo. In terreni granulari fini e non cementati, o in terreni
coerenti non troppo consistenti, le palancole metalliche possono essere
infisse fino a 12÷15 m di profondità. Notevoli difficoltà si incontrano per
l'infissione in terreni ghiaiosi e in presenza di ciottoli.

I più diffusi e comuni profili di palancole sono illustrati nella


Fig. 3.9, mentre in Tabella 3.1 sono riportate le loro caratteristiche
geometriche e meccaniche. La Fig. 3.10, infine, mostra le forme e le di-
sposizioni comunemente adottate per le strutture di supporto delle pa-
lancolate (travi di collegamento, tiranti e ancoraggi, puntelli).

In alternativa a queste soluzioni trovano ora applicazione nei


lavori di scavo anche metodi speciali di trattamento dei terreni, che
conferiscono a materiali incoerenti la coesione necessaria per garantire la
stabilità a pareti verticali. Mediante questi procedimenti (jet grouting,
colonne stabilizzate), miscelando meccanicamente o idraulicamente il
terreno in posto con cemento si creano colonne consistenti, che a seconda
della natura dei materiali e delle procedure impiegate possono raggiun-
gere un diametro variabile da 0.3 a 1.5 m circa e una resistenza a com-
pressione compresa tra 0.5 e 5 MPa (Fig. 3.11 a, b, c).
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3.2 TECNOLOGIA DELLE STRUTTURE DI SOSTEGNO

3.2.1 - Funzioni e requisiti essenziali. Le strutture di sostegno hanno la


funzione di garantire condizioni permanenti di stabilità a corpi di terreno
che, per forma, posizione o caratterizzazione meccaniche, non siano
naturalmente in equilibrio.

L'azione di sostegno può esplicarsi su corpi di terreno naturale,


per i quali in seguito a scavi vengano a mancare le condizioni preesistenti
di equilibrio, come nel caso delle pareti di sostegno di opere sotterranee o
dei muri che delimitano le trincee stradali, sostenendone le scarpate, o per
corpi di terreno artificiali, ai quali si debbano dare forme altrimenti
incompatibili con le condizioni di equilibrio, come si verifica per i rilevati
di accessi a ponti e viadotti (spalle dell'opera), e per qualsiasi opera in
terra di cui occorra delimitare l'area di appoggio.

Requisito essenziale delle strutture di sostegno è dunque quello


di poter esercitare le forze necessarie per l'equilibrio del corpo di terreno
interessato, in qualsiasi condizione che si possa verificare durante la vita
dell'opera.

L'interazione tra struttura di sostegno e terreno dipende es-


senzialmente dalle caratteristiche meccaniche del terreno e dalla de-
formabilità della struttura ed è fondamentalmente indeterminata.

3.2.2 - Criteri di progetto. E' opportuno distinguere i criteri di progetto


delle strutture di sostegno secondo l'azione che esse debbono esercitare: il
sostegno di opere in terra, o di scavi.

Nel primo caso non vi sono vincoli costruttivi particolari: si


tratta infatti di strutture da costruire prima dell'opera in terra, che pos-
sono essere progettate senza speciali soggezioni alla condizione transi-
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toria della fase costruttiva. I criteri generali di scelta e di progettazione


non saranno perciò diversi da quelli assunti per le altre strutture, in
particolare per quelle interagenti con le stesse strutture di sostegno. Ad
esempio, le spalle di ponti che sostengono un rilevato di accesso, non
hanno per questa funzione una specifica caratterizzazione nei criteri di
progetto.

Le strutture di sostegno di fronti di scavo, invece, sono con-


dizionate più dalle situazioni che si verificano durante la costruzione, che
da quelle che si instaurano dopo. L'ovvia constatazione che un muro di
sostegno non può svolgere le sue funzioni finché non sia stato realizzato,
ha una serie di implicazioni pratiche non trascurabili. Infatti durante la
costruzione del muro, e proprio perché questa sia possibile, è necessario
sostenere il fronte di scavo, o garantirne la stabilità temporanea, con
mezzi d'opera o con adatti provvedimenti costruttivi. Perciò questi
finiscono per assumere spesso un'importanza fondamentale nella scelta
della tipologia della struttura definitiva. Ad esempio, la costruzione di un
muro di sostegno per uno scavo da effettuarsi in adiacenza a strutture
esistenti richiede onerose opere provvisionali. In queste condizioni una
paratia, che si costruisce prima di effettuare lo scavo, può rappresentare
non solo la soluzione più sicura, ma anche quella economicamente più
conveniente.

3.2.3 - Muri di sostegno. Si possono distinguere vari tipi di muri, secondo


la forma e le caratteristiche strutturali, usando una terminologia
largamente diffusa in ambito tecnico-costruttivo.

Muri a gravità - I muri a gravità in muratura sono la forma più antica di


struttura di sostegno. Sono strutture monolitiche pesanti, che sfruttano il
proprio peso per reagire alla spinta del terreno. Si possono realizzare in
muratura di mattoni o di pietrame, o in calcestruzzo (Fig. 3.12a). Hanno
forma trapezoidale, con uno zoccolo di fondazione poco più largo della
base del muro (Figg. 3.12 b, c). Attualmente è in generale più usata la
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costruzione in calcestruzzo non armato, impiegando casseforme


metalliche.

I muri a gravità risultano più convenienti per altezze limitate, inferiori a


4÷6 m. Le dimensioni sono spesso standardizzate dagli enti preposti alla
costruzione di opere pubbliche. In Italia le Ferrovie dello Stato, l'ANAS e
la società Autostrade adottano forme ben definite di muri a gravità. In
Svizzera, le forme dei muri stradali sono state normalizzate in grande
dettaglio dall'Associazione V.S.S.

Muri a contrafforti - Non differiscono funzionalmente dai muri a gravità, di


cui rappresentano una forma alleggerita, adatta per altezze maggiori e per
terreni poco spingenti e poco deformabili. Sono state impiegate
soprattutto in passato, nelle grosse opere di sostegno in muratura di
pietrame o di mattoni (Fig. 3.13). Sono strutture più rigide e fragili dei
muri a gravità, e non sopportano cedimenti differenziali.

Muri a sbalzo, o a mensola - Hanno una forma che permette di utilizzare il


peso del rinterro per equilibrare la spinta del terreno (Fig. 3.14). Devono
essere realizzati in cemento armato per avere la necessaria resistenza a
flessione. La parete verticale è intestata nella suola di fondazione ad una
distanza dal bordo esterno pari a circa 1/3 della larghezza. Il rinterro
assume particolare importanza, venendo a gravare sulla suola di
fondazione e contribuendo in tal modo all'equilibrio della struttura. In
generale è lo stesso rinterro ad assolvere la funzione di drenaggio del
terreno a tergo del muro.

I muri a sbalzo sono in genere convenienti per altezze non superiori a 6÷8
m, oltre le quali il valore del momento al piede richiede uno spessore
troppo grande ed armature troppo onerose. Anche per i muri a sbalzo
sono state standardizzate le soluzioni più convenienti.

Muri a speroni - Costituiscono una variante dei muri a sbalzo (Fig. 3.15),
conveniente per altezze superiori a 6÷8 m. Gli speroni, che hanno la forma
di setti inseriti nel rinterro, aumentano notevolmente il momento
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resistente della sezione di incastro e assolvono la funzione di travi di


appoggio per la parete verticale. Le dimensioni della soletta, degli speroni
e della suola di fondazione devono essere stabilite in base a confronti
tecnico-economici.

Tutti i muri di sostegno, completata la costruzione, devono


essere rinterrati a tergo. Lo spessore del rinterro (backfill) dipende dalla
forma della scarpata provvisoria e dalle caratteristiche geometriche del
muro. I muri a sbalzo e a speroni devono avere rinterri di grosso spessore.
Il materiale impiegato per rinterrare ha un'influenza fondamentale sul
comportamento del muro e sulle condizioni idrauliche nel terreno
circostante. Infatti si rende minima la spinta se a tergo del muro si realizza
un drenaggio che raccolga l'acqua alla quota di fondazione o al piede del
muro (Fig. 3.16).

Se l'abbassamento della superficie piezometrica prodotto dal


drenaggio genera la consolidazione di terreni compressibili si possono
produrre cedimenti sensibili, con effetti negativi sulle costruzioni vicine.
Nella generalità dei casi è però possibile realizzare un rinterro drenante
senza produrre inconvenienti nell'area circostante.

Per il rinterro è conveniente impiegare materiale permeabile ed


introdurre, ai piedi del rinterro, tubi sfinestrati o feritoie di raccolta
dell'acqua di drenaggio (Fig. 3.17). Al contatto con il terreno naturale il
rinterro può assolvere la funzione di filtro drenante, se ha adeguate ca-
ratteristiche granulometriche. Infatti i requisiti che deve possedere un
materiale garnulare per assolvere la funzione di filtro rispetto ad un
terreno da drenare si traducono in termini di composizione granulo-
metrica, per mezzo delle regole dei filtri, che precisano i rapporti delle
granulometrie del terreno e del filtro per mezzo delle dimensioni dei
granuli corrispondenti a certi valori del passante nella curva granulo-
metrica. Una delle regole più note ed applicate è quella proposta da
Terzaghi, che si riferisce ai passanti del 15, 50, e 85%, D15, D50, D85. Più
precisamente:
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(D15F/D85T) < 5 4 < (D15F/D15T) < 20 (D50F/D50T) < 25

dove gli indici T e F individuano il terreno naturale ed il filtro, rispet-


tivamente.

I muri di sostegno sono opere i cui caratteri di semplicità ed


economia non giustificano lavorazioni complesse ed onerose come quelle
necessarie per la costituzione di strati filtranti. E' però in genere possibile
realizzare il rinterro con materiali granulari naturali (misti di cava,
materiali alluvionali), ghiaioso-sabbiosi, a granulometria continua (Fig.
3.18), di caratteristiche abbastanza vicine a quelle proprie dei filtri. Si deve
invece assolutamente evitare di impiegare, come materiale drenante,
pietrame frantumato di grossa pezzatura (scapoli di pietra) e granulometria
uniforme, a contatto con terreni naturali o rinterri limo-argillosi, o
sabbiosi fini. Venendo infatti a mancare i requisiti per la funzione filtrante,
si verifica un progressivo intasamento del drenaggio e l'innalzamento
della superficie piezometrica nel terreno. L'aumento di spinta che ne
consegue può facilmente produrre l'instabilità del muro, come è
ampiamente documentato dal crollo di antiche strutture di sostegno.

Una moderna soluzione al problema dell'intasamento dei


drenaggi in pietrame è costituita dall'impiego dei geotessili, costituiti da
teli di fibre polimere, permeabili e filtranti, da interporre tra il terreno ed
il drenaggio, di cui impediscono l'occlusione, trattenendo le particelle
solide trascinate dall'acqua nella filtrazione.

3.2.4 - Paratie e diaframmi - Metodi costruttivi. Molti complessi problemi


di sostegno degli scavi si possono risolvere costruendo preventivamente
nel terreno, strutture continue, formate da elementi in cemento armato,
gettati in opera, a sezione rettangolare, circolare o composita. Vengono
realizzati con attrezzature e tecnologie diverse, che permettono di
disgregare ed asportare il terreno, sostenendo le pareti dello scavo, per
eseguire successivamente la posa in opera delle armature ed il getto di
calcestruzzo fluido. Sono costruite con questo procedimento le paratie in
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c.a., che hanno sui muri di sostegno il sostanziale vantaggio di venire


realizzate prima dello scavo costituendo perciò, allo stesso tempo, opere
provvisionali e definitive.

Le paratie possono essere soltanto incastrate al piede, entrando


nel terreno per un tratto sufficientemente lungo sotto il piano di scavo,
oppure possono essere vincolate anche con tiranti o puntelli, disposti su
uno o più livelli. Le prime sono dette paratie a sbalzo, le seconde paratie
ancorate.

Strutture dello stesso tipo permettono di risolvere anche


problemi idraulici, di intercettazione di moti di filtrazione nel terreno. Se
hanno solo funzioni idrauliche possono essere realizzate in calcestruzzo
non armato, o in conglomerato bituminoso, e sono generalmente dette
diaframmi. Le tecniche costruttive delle paratie e dei diaframmi sono
comunque le stesse. Nate negli anni '50, sono dovute allo sviluppo degli
impieghi dei fanghi bentonitici per il sostegno delle perforazioni nel
terreno.

Nella forma più comune paratie e diaframmi sono costituiti da


pannelli a sezione rettangolare, con spessore compreso fra 0.6 e 1 m,
larghezza 2÷3.5 m e lunghezza fino a 30÷35 m (Fig. 3.19).

Per formare i pannelli si esegue lo scavo con benne a funi o a


guida rigida, operanti entro un fango fluido, costituito da una sospensione
bentonitica. La bentonite, un'argilla del gruppo delle montmorilloniti, ha
un'elevatissima plasticità ( IP= 50%÷100% WL = 300%÷700%;) e può man-
tenere adsorbita un'altissima quantità di acqua, formando una miscela
fluida (fango, cake). La viscosità di un fango bentonitico è funzione delle
sue condizioni di moto ed aumenta sensibilmente nello stato di quiete
(questa proprietà reologica è detta tixotropia). Il peso specifico del fango,
con le normali percentuali di bentonite (3÷5%), è di poco superiore a
quello dell'acqua (γf= 10.2÷10.3 kN/m3).

Il fango, essendo più pesante dell'acqua e mantenuto durante lo


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scavo ad un livello superiore a quello della falda freatica, tende a pene-


trare nel terreno attraverso le superfici dello scavo. La permeazione, che
avviene molto lentamente, produce un aumento della viscosità del fango e
questo forma nel terreno, lungo la superficie di contatto, una superficie
praticamente impermeabile, sulla quale si esercita verso l'esterno la pres-
sione idrostatica del fango presente nello scavo (Fig. 3.20). Questa pres-
sione è in genere sufficiente ad assicurare l'equilibrio del terreno circo-
stante.

Terminato lo scavo si inserisce la gabbia di armatura e si esegue


il getto del conglomerato, attraverso un tubo che raggiunge il fondo dello
scavo (tubo-getto). Man mano che procede il getto, dal basso verso l'alto, il
fango viene evacuato e, lasciando decantare in una vasca le particelle
limo-sabbiose di cui si è arricchito, può essere impiegato nuovamente.

L'impiego dei fanghi bentonitici per lo scavo e per la costru-


zione di elementi strutturali nel terreno si è progressivamente ampliato.
Inizialmente i fanghi si sono usati per scavare pozzi a sezione circolare; in
questo caso (condizioni assialsimmetriche) la pressione necessaria per il
sostegno della parete di scavo è minore. In seguito si è constatato che
l'azione del fango permetteva di assicurare la stabilità anche di scavi a
sezione rettangolare, con un rapporto tra i lati non maggiore di 2÷3, e
conseguentemente di eseguire paratie composte di pannelli piani contigui,
invece che di pali a sezione circolare accostati.

Negli anni recenti si sono sviluppate tecnologie di scavo di


pannelli a T, dotati di un elevato momento di inerzia (Fig. 3.21). Sezioni a
T, o doppio T, si possono anche ottenere componendo pannelli a sezione
rettangolare. In questo caso l'attrito prodotto dallo sforzo normale, per la
scabrosità della superficie, può assorbire uno sforzo di taglio sulla
superficie di contatto tra i pannelli (Fig. 3.22).

Non è possibile collegare orizzontalmente i pannelli attraverso


le armature. Inoltre è difficile controllare il loro allineamento e assicurare
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la continuità della struttura in profondità, soprattutto nelle paratie di


grande lunghezza e in terreni eterogenei. Spesso accade che i pannelli,
accostati in superficie, divergano in profondità. Per migliorare l'alline-
amento dei pannelli, o limitarne le divergenze, si può predisporre in
corrispondenza del giunto una chiave, che favorisce il controllo della
verticalità e costituisce un collegamento tra due pannelli consecutivi (Fig.
3.23). Travi orizzontali di collegamento possono invece essere realizzate
durante o dopo lo scavo.

3.2.5 - Paratie a sbalzo. Le paratie a sbalzo sono utilizzabili soltanto in


assenza di spinte idrauliche e per altezze libere fino a 6÷8 m, se la sezione
è rettangolare, e poco superiori se la sezione è a T, monolitica o composta.
La successione delle fasi costruttive è illustrata in Fig. 3.24.

Le condizioni idrauliche a monte della paratia sono difficil-


mente controllabili, non esistendo la possibilità, come nei muri di so-
stegno, di utilizzare un rinterro di materiale permeabile per mantenere
depressa la falda. D'altronde l'incremento di spinta derivante da una falda
a quote superiori a quella di scavo rende molto oneroso il ricorso alle
paratie, in particolare a sbalzo, per le opere di sostegno. In terreni
permeabili (ghiaie, sabbie) è spesso possibile deprimere la falda a monte
con tubi drenanti dotati di un involucro filtrante (Fig. 3.25), inseriti nel
terreno con perforazioni che attraversano la paratia. In terreni poco
permeabili può essere necessario eseguire pannelli in misto granulare a
monte della paratia, in aderenza ad essa, scaricando a valle l'acqua di
drenaggio con fori attraverso la paratia. Si aumenta in tal modo la su-
perficie drenante e si diminuisce la spinta sulla struttura.

3.2.6 - Paratie ancorate. Se, a causa dell'altezza libera di scavo, delle carat-
teristiche meccaniche del terreno, o delle condizioni idrauliche, la spinta
sulle paratie è troppo elevata per essere equilibrata con il solo vincolo di
incastro al piede, si introducono vincoli supplementari di appoggio, per
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mezzo di tiranti o puntelli, disposti su uno o più livelli, in prossimità


dell'estremo superiore.

I puntelli di contrasto sono preferibili e più convenienti in


presenza di due paratie parallele, a breve distanza tra loro (non più di
15÷20 m), come nel caso delle gallerie artificiali per le metropolitane o dei
piani interrati dei fabbricati. I puntelli agiscono su una trave orizzontale
di collegamento, che ripartisce i carichi sui pannelli ed assicura la
continuità trasversale della paratia. La Fig. 3.26 mostra la successione
delle fasi costruttive per paratie dotate di una sola linea di puntelli e per
paratie vincolate su più livelli, per realizzare una ferrovia metropolitana a
cielo aperto.

I tiranti di ancoraggio soni necessari nel caso di paratie singole,


o troppo distanti da altre strutture utilizzabili come elemento di contrasto.
Essi possono trasmettere lo sforzo ad altri elementi strutturali posti a
monte, come piastre o paratie di ancoraggio (Fig. 3.27), o diffonderlo nel
terreno, con funzioni analoghe a quelle di un palo soggetto a trazione
(Fig. 3.28). In questo caso devono avere una lunghezza sufficiente per
interessare un volume di terreno che non sia sensibilmente influenzato
dalla paratia stessa. Nella Fig. 3.29 sono descritte schematicamente le fasi
costruttive di una paratia ancorata a tiranti.

Occorre tener presente, per l'analisi delle paratie, che i tiranti di


ancoraggio sono vincoli deformabili, al contrario dei puntoni che possono
considerarsi rigidi.

3.2.7 - Tiranti di ancoraggio. I tiranti sono elementi strutturali resistenti a


trazione, inseriti nel terreno. Sono costituiti (Fig. 3.30) da una armatura
metallica e da una guaina, installate in un foro preventivamente eseguito
nel terreno. Un dispositivo di bloccaggio fissa l'armatura alla testa del
tirante, solidale con la struttura da vincolare. L'armatura può essere
costituita da barre, tubi, fili o trefoli di acciaio. Il trasferimento al terreno
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della trazione applicata alla testa del tirante è reso possibile dalla
cementazione del terreno attorno all'armatura nella parte attiva del tirante,
detta anche fondazione (Fig. 3.31), con l'iniezione di una malta di cemento.

Le tecniche di cementazione variano con il tipo di tirante e con


le caratteristiche del terreno: si adottano soluzioni diverse per ottenere
una penetrazione omogenea della malta attorno all'armatura ed
incrementare l'aderenza tra terreno e tirante, così da sfruttare al massimo
la capacità di questo. Ad esempio, con armature costituite da tubi
sfinestrati, si può iniettare la malta in diversi punti in successione,
distribuendola uniformemente nella parte attiva del tirante. Le macchine di
perforazione sono simili alle sonde a rotazione impiegate nell'esecuzione
di pali di fondazione di piccolo diametro (Fig. 3.32).

In genere i tiranti di ancoraggio delle paratie vengono leg-


germente inclinati verso il basso (10÷15°) per raggiungere con la parte
attiva le zone del terreno nelle quali le tensioni litostatiche (e quindi gli
sforzi trasmessi) sono maggiori e l'influenza della paratia è minore.

I tipi di tiranti più comunemente impiegati hanno lunghezza


compresa tra 15 e 25 m e carichi utili variabili da 150 a 900 KN. Per ridurre
la cedevolezza, cioè lo spostamento della testa sotto carico, che influenza
sensibilmente le sollecitazioni della paratia, si ricorre alla presollecitazione
dei tiranti, mettendo in tensione l'armatura prima di procedere con lo
scavo a valle della paratia, sotto la quota dei punti di ancoraggio. In
questo caso i tiranti si dicono attivi. La presollecitazione permette di
diminuire, o annullare, lo spostamento della testa all'atto dell'entrata in
funzione del tirante ed offre il vantaggio di collaudarne l'efficienza,
verificandone l'aderenza al terreno, in fase di costruzione, quando è
ancora possibile intervenire per ovviare ai difetti esecutivi. I tiranti non
presollecitati sono detti passivi.

Alcuni sistemi di bloccaggio permettono di riprendere la te-


satura in una fase successiva, per esempio al termine degli scavi.
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3.2.8 - Terra rinforzata. La terra rinforzata è un materiale artificiale, realiz-


zato inserendo in un corpo di terra, durante la costruzione, tiranti di
acciaio, o fibre di altro materiale resistente a trazione. La struttura ri-
sultante permette di costruire corpi di materiali sciolti di forma altrimenti
instabile.

In sostanza le fibre di materiali resistenti a trazione costituisco-


no un'armatura che conferisce ad un corpo di terra incoerente una certa
coesione. L'effetto prodotto è simile ad uno stato di coazione, sul piano
normale alle fibre. Evidentemente la terra rinforzata è un materiale
intrinsecamente anisotropo.

Le prime ricerche sperimentali sull'influenza di armature


metalliche sul comportamento di un corpo di terra incoerente risalgono
alla fine degli anni '50. Le tecnologie messe a punto sulla base di quelle
esperienze hanno trovato una larga diffusione nel decennio successivo,
soprattutto in Francia, e particolarmente nelle costruzioni stradali: oggi la
terra rinforzata costituisce una tipologia costruttiva ampiamente
sperimentata e molto diffusa. Le più frequenti utilizzazioni sono
rappresentate dalle strutture di sostegno di rilevati stradali e ferroviari e
delle spalle di cavalcavia e viadotti. Tra le diverse tecnologie speri-
mentate, quella brevettata col nome di Terra Armata ha avuto particolare
successo in Europa e negli Stati Uniti.

Nella costruzione di un rilevato in terra rinforzata le armature


sono poste in opera su piani orizzontali, ad intervalli di 30÷50 cm e
collegate ad elementi prefabbricati che delimitano il corpo di terra con
una superficie verticale e ne impediscono l'erosione. Il procedimento
tecnologico più diffuso (Terra Armata) usa armature formate da strisce di
acciaio con leggeri risalti, protette galvanicamente dalla corrosione, larghe
60÷80 mm e spesse 5 mm. Sono state però anche impiegate armature in
fibre di vetro o in materiali sintetici (geotessili). Gli elementi prefabbricati
terminali hanno solo una funzione protettiva dall'erosione e di
contenimento locale del materiale di riempimento e non sopportano la
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spinta del rinterro Essi sono generalmente costituiti da lastre


prefabbricate in c.a.; saltuariamente sono stati peraltro usati anche
elementi semitubolari di acciaio. Nella Fig. 3.33 sono illustrati alcuni
classici esempi di costruzioni in terra rinforzata, le loro fasi esecutive ed i
principali particolari di progetto.

I principali vantaggi che la terra rinforzata può offrire rispetto


ai tradizionali muri di sostegno sono il minor peso, il minore ingombro
trasversale, la maggiore rapidità di montaggio e la maggiore deformabi-
lità. In termini economici la terra rinforzata diviene generalmente con-
veniente quando l'altezza del rilevato supera 8÷10 metri.

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