Introduzione
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l dissesto idrogeologico e in particolare i dissesti catastrofici sono un potente modificatore del paesaggio e dellambiente. I fenomeni di dissesto sono spesso catastrofici e le recenti catastrofi idrogeologiche che hanno colpito il nostro Paese hanno dimostrato, anche in televisione, fino a che punto questi dissesti possano modificare il territorio e il paesaggio.
Geologo e forestale, gi funzionario del CFS. Presidente SIGEA Societ Italiana di Geologia Ambientale SILV - Anno VI n. 14 - 119
Le opere di difesa del territorio sono complesse e costose e per fornire risultati positivi nel medio-lungo periodo devono basarsi su conoscenze multidisciplinari e interdisciplinari: non basta lingegnere con i suoi calcoli, spesso basati sul presupposto che il terreno sia omogeneo, isotropo; esso deve essere affiancato da geologi, agronomi, forestali, ecc. per progettare ed eseguire interventi che tengano conto della biodiversit e della geodiversit, dei processi naturali in continua evoluzione. Gli interventi strutturali devono quindi essere progettati e realizzati con una migliore conoscenza degli ecosistemi locali, integrando le spesso necessarie opere di tipo rigido, ingegneristico, che di solito sono concentrate nel territorio, con opere di tipo morbido, essenzialmente diffuse nel territorio, realizzate ricorrendo anche alle funzioni protettive delle piante. Il dissesto idrogeologico Definizioni Per dissesto idrogeologico la Commissione De Marchi (Commissione Interministeriale per lo Studio della Sistemazione Idraulica e la Difesa del Suolo, 1970-74) intendeva linsieme di quei processi che vanno dalle erosioni contenute e lente alle forme pi consistenti della degradazione superficiale e sottosuperficiale dei versanti, fino alle forme imponenti e gravi delle frane. In seguito, la creazione del Gruppo nazionale per la difesa dalle catastrofi idrogeologiche (GNDCI) istituito nel 1984 dal ministro per la Ricerca scientifica e tecnologica e la normativa in materia di difesa del suolo hanno istituzionalizzato il termine dissesto idrogeologico, che viene definito come qualsiasi disordine o situazione di squilibrio che lacqua produce nel suolo e/o nel sottosuolo. La legge-quadro sulla difesa del suolo (183/1989) e le sue modificazioni successive ribadiscono quel significato del termine, per cui attualmente i fenomeni ricadenti nel dissesto idrogeologico sono lerosione idrica diffusa e quella profonda (frane), larretramento dei litorali (o erosione costiera), le alluvioni, la subsidenza indotta dalluomo e le valanghe. A questi fenomeni si possono aggiungere i camini di collasso 120 - SILV - Anno VI n. 14
(sinkholes), specialmente quelli originatisi in seguito ad attivit umana e in particolare mineraria e i rigonfiamenti e contrazioni derivanti dalla presenza in superficie dei suoli espandibili (Gisotti, Zarlenga, 2004). Usiamo il termine di dissesto, pericolo e rischio idrogeologico perch essi sono entrati nel linguaggio comune, ma anche tecnico, scientifico, legislativo, fin dal RD 23 dicembre 1923, n. 3267, che assoggetta il territorio al vincolo idrogeologico (Gisotti, Benedini, 2000). La difesa del suolo ha come principale scopo la lotta al dissesto idrogeologico, ossia il controllo del pericolo e del rischio idrogeologico. I fenomeni Nella loro virulenta forma presente, fenomeni come le frane, le inondazioni, lerosione accelerata del suolo, sono stati definiti come malattia della civilizzazione, perch la civilt delluomo, o meglio ancora il suo progresso tecnologico, con lo sconvolgimento apportato al tanto pi lento decorso dei fenomeni naturali, che ne ha accelerato il ritmo in maniera travolgente e preoccupante. Va comunque detto che questi fenomeni sono antichi come la Terra (Ippolito, 1971). Si tratta in effetti di eventi naturali quali possono essere, ad esempio, il sollevamento rapido di alcune parti delle catene montuose italiane, e in particolare di quella appenninica; il franamento di interi versanti; lo spostamento delle linee di riva; la rapida erosione e il trasporto a valle e in definitiva verso il mare dei prodotti dellerosione; la formazione di pianure alluvionali attraverso fenomeni anche parossistici come le inondazioni; la divagazione dei meandri fluviali; il rapido abbassamento del suolo in seguito a compattazione di depositi organici. Tali fenomeni fanno parte della dinamica terrestre e quindi non sono che gli episodi rilevabili di movimenti ben pi cospicui, sebbene di solito lentissimi, contro i quali lazione umana impotente e vana. Ci che possibile attuare soltanto unopera di rallentamento, tale, cio, da rendere stabile ai soli fini umani e talvolta solo per la durata di qualche generazione cio per attimi
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del tempo geologico talune aree di crosta terrestre partecipi di pi vasti fenomeni. Ci, peraltro, non deve scoraggiarci, perch da un canto rallentare fino a rendere, sul piano pratico, nulli per vari decenni i fenomeni alterativi dellassetto geomorfologico di una zona gi un risultato altamente proficuo; dallaltro perch il riconoscere lentit e lo svilupparsi nel tempo di taluni fenomeni permette di prendere tutte quelle decisioni operative atte ad annullare o limitare danni materiali e umani. Infatti non va sottovalutato che tutte le opere che noi realizziamo hanno una durata, e altres un periodo di ammortamento, che non va oltre qualche generazione. Per va anche detto che in molti casi luomo, nei tempi passati ma specialmente oggi, ha accelerato o innescato tali processi naturali catastrofici, oppure ha trasformato il territorio rendendolo molto vulnerabile a questi processi. Infatti svariati sono gli interventi umani che hanno causato dissesti, come il sovraccarico delle pendici mediante manufatti, oppure gli sbancamenti al piede dei versanti, o il prelievo eccessivo di fluidi o di minerali dal sottosuolo; daltra parte le calamit, anche quelle che hanno origine del tutto naturale, potrebbero avere effetti contenuti se, ad esempio, lacqua caduta in quantit eccezionale trovasse a riceverla un suolo ben difeso da boschi o da opere idrauliche efficaci e opportunamente disposte, oppure se non si fosse costruito negli alvei di piena. Pertanto questi processi, specialmente quando si manifestano sotto forma di eventi catastrofici, non sempre si possono definire naturali, o almeno non del tutto tali, ed quindi irresponsabile giustificarli come ineluttabili, in particolare laddove si ripresentano sistematicamente a colpire il territorio e luomo stesso (Roubault, 1973). Quegli eventi naturali che si trasformano in tragedie umane a causa dellintervento errato, inopportuno o addirittura per il mancato intervento preventivo da parte delluomo, vengono definiti come calamit naturali indotte, beninteso dalluomo (Gisotti, Benedini, 2000). Se pertanto luomo spesso artefice o concausa di eventi catastrofici, ne deriva che la difesa dai rischi idrogeologici, anche da 122 - SILV - Anno VI n. 14
quelli su cui luomo non pu incidere, si impone nei termini di previsione, prevenzione e mitigazione. La prima per individuare e censire le aree potenzialmente soggette al rischio, per coprire il territorio con una rete di stazioni di rilevamento dei parametri fisici che influiscono sui dissesti; la seconda per predisporre idonee misure preventive, legislative e tecniche, allo scopo di contenere il rischio a livelli accettabili; la terza per applicare la protezione idrogeologica al territorio a rischio. importante quindi conoscere le cause e i meccanismi dei dissesti idrogeologici, non solo allo scopo di prevederli (quando possibile) e prevenirli, ma anche per poter intervenire con opere sistematorie quando essi si sono gi manifestati. Se i processi naturali e le attivit umane producono modificazioni catastrofiche della superficie terrestre sulla quale noi viviamo, ossia esercitano pressioni insostenibili sullambiente naturale e umano, per parte sua la societ civile tende a bilanciare tali pressioni con opportune risposte, che nella fattispecie costituiscono le varie fasi di previsione, prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico, inquadrate nellattivit di Protezione Civile, e che nel senso pi ampio corrispondono alla politica di difesa del suolo delle istituzioni (Gisotti, Zarlenga, 2004). Lobiettivo della difesa del suolo la limitazione del dissesto del suolo e del sottosuolo, intesi sia come risorse naturali che come luogo di impianto e di sviluppo delle attivit umane. La legge quadro sulla difesa del suolo, n. 183/1989, ha giustamente ampliato il concetto di suolo e quindi di difesa del suolo, onde per suolo si intende il territorio, il suolo, il sottosuolo, gli abitati e le opere infrastrutturali. Limportanza economica e sociale dei processi relativi allo squilibrio, al dissesto del sistema suolo/sottosuolo generalmente enorme, anche se spesso sottovalutata. Infatti, a seguito di tali processi si verifica non solo la perdita della risorsa, ma anche danni alle colture agrarie e ai boschi, agli ecosistemi, agli insediamenti e alle infrastrutture e in genere alle attivit umane. Tutto ci porta di conseguenza anche alla trasformazione del paesaggio. N vanno dimenticati i danni indiretti, come quelli dovuti al maggior percorso che gli autoveicoli o i treni sono costretti a
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compiere, a causa delle numerose interruzioni della sede stradale o ferroviaria dovute ai dissesti, che talvolta durano per lunghi periodi, o come quelli dovuti allinterruzione dellattivit produttiva; di solito nella stima dei danni allindomani di una catastrofe non si tiene conto di tali danni indiretti. Tali processi di dissesto, quando si manifestano come fenomeni subitanei, possono condurre anche alla perdita di vite umane. Se ne deduce che la politica per la difesa del suolo costituisce un investimento produttivo, anche se in gran parte a lungo termine, in quanto evita o limita i successivi danni al territorio, alle cose e alle persone. Infatti, ormai pacificamente stabilito che il costo per realizzare gli interventi di prevenzione pu essere varie volte minore dellammontare del danno economico e dellimporto delle opere di sistemazione del territorio e dei beni danneggiati. E si va facendo strada, nelle recenti norme in materia di difesa del suolo e quindi nel convincimento di molti tecnici e politici, unaltra verit. Se alcuni anni fa era possibile pensare che interventi strutturali, di carattere essenzialmente ingegneristico, potessero risolvere il problema del dissesto idrogeologico (fermando le frane e impedendo ai fiumi di straripare), ormai chiaro che, visto il gran numero di localit colpite e la ripetitivit degli eventi, ci non economicamente ancorch tecnicamente fattibile; in un Paese con una densit abitativa pari a 189 abitanti per km2, con molte citt situate lungo i fiumi e con paesi disseminati sulle colline, ragionevole pensare solo in termini di difesa preventiva, mettendo cio in opera tutte le misure (del resto previste per legge) di pianificazione territoriale e di protezione civile. Infatti la difesa del suolo presuppone un approccio multilaterale e interdisciplinare che riguarda i settori idraulico, agricolo e forestale, la bonifica montana e di pianura, la regimazione e luso plurimo delle acque nonch la loro tutela dallinquinamento, la salvaguardia delle coste, la corretta localizzazione degli insediamenti produttivi e di quelli abitativi, in una parola sola, la pianificazione del territorio. Ne deriva che la difesa del suolo si deve coordinare con la pianificazione ter124 - SILV - Anno VI n. 14
ritoriale (in senso lato, da quella urbanistica a quella di protezione civile, da quella ambientale a quella di settore): anzi, considerato che il nostro Paese scarseggia di risorse minerali e in genere naturali, uno dei cardini della pianificazione territoriale deve essere proprio la pianificazione della difesa del suolo. Recentemente alcune normative, nazionali e comunitarie, hanno dato nuovo impulso alla difesa del suolo. Si tratta della parte Terza, Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione del D. Lgs. 33 aprile 2006, n. 152 recante Norme in materia ambientale, che recepisce la Direttiva comunitaria 2000/60Acque e del D. Lgs. 49/2010 recante Attuazione della direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni (cosiddetta Direttiva Alluvioni). Nel seguito si riporteranno alcuni esempi di dissesti idrogeologici nonch di interventi mirati a controllare, contrastare tali fenomeni: questi fenomeni generalmente costituiscono dei detrattoridel paesaggio (ossia elementi che abbassano il valore di un paesaggio, in quanto estranei e incongrui) (Falini, Ciardini, 1984-1985), e lo stesso dicasi per alcune opere realizzate per contrastare tali dissesti. Peraltro va fatta una distinzione, perch in alcuni casi le aree soggette a dissesto idrogeologico possono costituire elementi qualificanti il paesaggio, come alcune paleofrane, alcune aree calanchive, ecc. Infatti in alcuni casi una grande frana fa parte di un paesaggio, intrinseca a quel paesaggio: su alcune grandi paleofrane (frane di cui si perduta la memoria storica e ormai stabilizzate) si sono insediate citt pi o meno grandi, come Cortina dAmpezzo (Soldati, 1999) e quindi fanno parte integrante e costruttiva del paesaggio. Ad esempio i noti calanchi di Atri, in Abruzzo, hanno cessato di essere un nemico delluomo in quanto sottraevano terre da coltivare, e adesso sono considerati elementi caratterizzanti il paesaggio, fonte di richiamo turistico e di reddito per la popolazione (Figura Atri). La stessa cosa si pu dire per alcune opere di difesa del suolo, che qualificano positivamente un paesaggio, come i rimboschimenti, i terrazzamenti, alcuni argini fluviali, ecc.
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Esempi di dissesto Prima di presentare alcuni esempi di aree dissestate molto note, merita anzitutto accennare alle principali classificazioni dei movimenti franosi: (Amanti et alii, 1996; Gisotti, Benedini, 2000): - crollo; - ribaltamento; - scivolamento rotazionale; - scivolamento traslativo; - espansione; - colamento (Fonte). Un esempio di frana di crollo quella che colpisce labitato di Aliano, il paese dove Carlo Levi esule scrisse Cristo si fermato ad Eboli, descrivendo la grama ma dignitosa vita di una comunit con scarsissime risorse ma aggredita da pericoli idrogeologici per essa giganteschi. Leffetto scenografico di questo dissesto notevole e labitato sembra piccolo e indifeso rispetto alle dimensioni del fenomeno franoso. Si tratta di una pila di strati di sabbie poco cementate (Formazione delle Sabbie di Aliano, del Pliocene), molto erodibili specialmente sotto leffetto della piovosit Questa enorme frana, con lo sfondo di alcune casupole in cima al precipizio, condiziona pesantemente lambiente naturale e antropico e nello steso tempo da limpronta al paesaggio: pu essere considerata quindi un detrattore ma anche un elemento che qualifica positivamente quel paesaggio. Si parla da tempo di fare di Aliano e del suo territorio un parco geomorfologico, avente fini scientifici ma anche educativi e didattici, dove i principali processi erosivi trovino una dimostrazione eclatante. Civita di Bagnoregio, la citt che muore, un borgo fortificato di origine etrusca situato nel Viterbese su un colle dove alla sommit si trova un banco di tufo vulcanico, che sormonta strati di argille tenere e molto erodibili. soggetta da secoli ad erosione accelerata, calanchi e frane, che demoliscono progressivamente la rupe e i fabbricati ivi esistenti; negli ultimi secoli il crinale lungo il quale si sviluppava la strada di collegamento con il 126 - SILV - Anno VI n. 14
capoluogo Bagnoregio andato sempre pi assottigliandosi, fino a scomparire. Ci ha costretto gli amministratori a costruire prima un ponte, demolito anche questo dai processi erosivi, e poi lattuale passerella pedonale (Fig. 1 Civita). Dal punto di vista paesaggistico, il borgo appollaiato sul colle, circondato da processi erosivi che tendono a demolirlo, diventa fonte di emozione e assume un forte valore culturale, per cui i dissesti da detrattori tendono a diventare elementi di qualificazione paesaggistica.
Fig.1 Il bacino calanchivo di Civita e la passerella che la collega a Bagnoregio. Lantico borgo era collegato a Bagnoregio fino ai primi anni del 1600 con una strada di accesso; poi gli eventi franosi e lerosione accelerata demolirono poco alla volta il crinale sul quale correva la strada, per cui si fu costretti a costruire un ponte. Successivamente i dissesti continuarono a colpire il terreno sul quale appoggiava il ponte, che crollava e che veniva ricostruito pi volte (Fonte: Margottini, 1999).
Un altro imponente fenomeno di dissesto fu quello che colp Sarno. Nel Salernitano, nellAvellinese e nel Casertano piovve intensamente per sei giorni di seguito. I tufi vulcanici incoerenti, derivanti prevalentemente dalleruzione del Vesuvio del 79 d.C., ricoprono i rilievi carbonatici diffusamente in tutta larea e presentano una elevata mobilit se sollecitati da intense precipitazioni. Come conseguenza, dalla sommit e dai fianchi di Pizzo
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dAlvano si staccarono disastrose colate rapide di fango (earth flows), che invasero numerosi centri abitati tra i quali i pi colpiti risultarono Sarno (con la frazione Episcopio), Quindici, Lauro, Siano, Bracigliano, San Felice a Cancello (5 e 6 maggio 1998). Eventi di questo tipo sono improvvisi e veloci, ed praticamente impossibile prevederli, ma possono essere prevenuti mediante una attenta pianificazione territoriale.
Fig. 2 Le possibili relazioni tra le aree franose e la popolazione che ci vive intorno corrispondono al flusso di informazioni sulla pericolosit, che partendo dai ricercatori passa alle Autorit competenti, ai pianificatori, alle associazioni, ai media, fino ad arrivare alla popolazione stessa (Fonte: Gisotti, 2005).
In questo caso le colate di fango possono essere considerate detrattori del paesaggio, ed anche le canalizzazioni delle incisioni vallive lungo le quali si sono riversati i flussi e le altre opere di difesa passiva (i vasconi di raccolta del fango) sono considerati detrattori, come si dir pi avanti. In seguito alla catastrofe di Sarno, e in evoluzione alla legge-quadro sulla difesa del suolo del 1983, sono state emanate norme con le quali si cerca di affrontare in modo pi razionale il problema della mitigazione del rischio idrogeologico, facendo affidamento anche ad una corretta informazione come elemento indispensabile per una efficace attuazione delle azioni di previsione, prevenzione e mitigazione dei rischi (Fig. 2). A Ravenna, Lido Adriano, a causa dellestrazione di acque sotterranee, superiore alla ricarica delle falde acquifere, si verifica un fenomeno eclatante di subsidenza artificiale. Accanto alla subsidenza si verifica anche un forte fenomeno di erosione della costa bassa, tanto rapida da distruggere in poco tempo un bosco litoraneo; si possono notare i moncherini delle piante (Fig. 3).
Fig. 3 Ravenna, Lido Adriano. La subsidenza indotta dalleccessivo sfruttamento dei fluidi sotterranei provoca labbassamento del territorio e larretramento della costa, con danni anche alla componente forestale. Qui si notano i resti di una pineta litoranea. SILV - Anno VI n. 14 - 129
Una frana si stacca dalle pendici del monte Toc (ottobre 1963) e precipita nel sottostante lago artificiale del Vajont. Unimmensa ondata alta 200 metri, sollevata dallurto della frana, investe il versante opposto della valle su cui si trova labitato di Erto; superata la diga, londata si riversa nella valle sottostante raggiungendo il Piave, dopo aver investito Longarone e altri centri. Vengono spazzati via dalle acque i due terzi di Longarone e alcuni centri minori. In Val di Fiemme, il cedimento degli argini di due grossi bacini di decantazione di fanghi provenienti dallattivit della miniera di Prestavel (19 luglio 1985); in pochi minuti 300 mila metri cubi di acqua e detriti si riversano nella valle, travolgendo persone, case e alberghi e cancellando gli abitati di Prestavel e Stava. La gigantesca frana di Pizzo Coppetto in Valtellina (28 luglio 1987) ostruisce lalveo del fiume Adda e forma in pochi giorni il lago di Val Pola. Interventi a difesa del suolo e del paesaggio Possiamo adesso considerare una serie di interventi strutturali che modificano il territorio e il paesaggio, in termini di risposte (nel senso indicato dal modello interpretativo DPSIR Driving Forces-Pressures-State-Impacts-Responses) adottate dalla societ civile (dalle comunit locali istituzionali fino ai singoli contadini che intervengono sul loro appezzamento) (Gisotti, Zarlenga, 2004). Risposte sono anche le opere di difesa del territorio complesse e costose, che per fornire risultati positivi hanno bisogno dellintervento di tutte le categorie di esperti. I pi semplici (e forse pi antichi) interventi delluomo per controllare lerosione accelerata consistono nel terrazzamento delle pendici acclivi, tecnica che serve ad interrompere laccentuata pendenza del versante allo scopo di controllare i fenomeni erosivi dei terreni coltivabili, regimare le acque e creare strutture di accumulo di terra e di acqua interstiziale, fattori chiave, questi ultimi, nelle aree mediterranee caratterizzate dalla scarsit idrica nei mesi estivi e da intense precipitazioni con effetti spesso distruttivi nei mesi invernali (ma non solo). Lelemento base costruttivo il muretto in pietra a secco, senza lutilizzo 130 - SILV - Anno VI n. 14
cio di materiali leganti; esso ha funzione di contenimento allo scopo di livellare e incrementare le superfici coltivabili (Gisotti, 2003). Questa tecnologia da annoverare tra quelle povere, in cui luso dei materiali avviene senza mediazioni, in un rapporto diretto con lambiente e, pertanto, con un minimo apporto energetico, sia per quanto riguarda lenergia termica necessaria per le trasformazioni chimiche, che quella meccanica per il trasporto. La concomitanza di alcuni fattori, quali labbondanza di materiale lapideo idoneo senza possibilit di valide alternative, la necessit di costruire strutture per la difesa del suolo, il bisogno di spietrare il terreno per migliorarlo, porta naturalmente a realizzare questa tipologia di manufatti. I terrazzamenti realizzati con muri in pietra a secco sono presenti in tutte le regioni dItalia, in particolare quelle collinari e montane, costituiscono un elemento caratteristico e in alcuni casi dominante del paesaggio, come quelli delle Cinque Terre in Liguria (Fig. 4). Con le opere di sistemazione idraulico-agraria gli agricoltori nel corso dei millenni hanno modificato il paesaggio allo scopo di rallentare il deflusso troppo rapido delle acque ruscellanti e incanalate e quindi di trattenere il suolo fertile al suo posto. Un esempio di tali sistemazioni quello illustrato nella Fig. 5, che
Fig. 4 I terrazzamenti, che possono ospitare vigneti, oliveti, ecc. sono il frutto di un intervento secolare dei contadini che per contrastare lerosione del suolo hanno realizzato un bellissimo paesaggio artificiale che merita di essere conservato (Fonte: Pappalardo, 2002). SILV - Anno VI n. 14 - 131
Fig. 5 - Opere di regimazione e di presidio idraulico e biologico. 1 - Scolina; 2 - Collettore con soglie in verde; 3 - Soglia verde gi sviluppata; 4 - Soglia verde di nuovo impianto; 5 - Ciglione; 6 - Vegetazione arborea consolidatrice; 7 - Soglia (o traversa) in muratura o in gabbioni; 8 - Colture erbacee permanenti; 9 - Colture avvicendate; 10 - Vegetazione arborea spontanea o introdotta o migliorata (Fonte: Bagnaresi a cura di, 1976).
Altra tipologia di sistemazione di terreni dissestati il rimboschimento, intervento che, oltre ad assicurare una efficace difesa dallerosione superficiale, costituisce un elemento di miglioramento del paesaggio, a patto che sia eseguito da personale esperto specialmente per quel che riguarda la scelta delle specie forestali, che devono adeguarsi al clima del sito (Fig 6 rimboschimento) Gli interventi strutturali del dopo Sarno lasciano perplessi. Lungo i valloni lungo i quali sono scese le colate rapide di piroclastiti, si sono costruiti argini ed enormi vasconi di calcestruzzo, affinch nel caso di un evento futuro analogo a quello del 1998 il fango venga captato ed accumulato nella vasca, in modo da non arrivare a colpire nuovamente il centro abitato. Il calcolo 132 - SILV - Anno VI n. 14
Fig. 6 Rimboschimento a scopo protettivo in Calabria, in territorio di Belvedere Spinello (Fonte: Gisotti, 1992)
ingegneristico ha prodotto la tipica canalizzazione, strutture che non si integrano con interventi capillari e diffusi sulle pendici per contrastare il deflusso dellacqua e delle particelle terrose, ossia interventi tipo sistemazioni idraulico-agrarie e idraulico-forestali o ingegneria naturalistica. Lignorare le predette sistemazioni rischia di rendere inefficace la canalizzazione, poich eventuali futuri deflussi si concentrerebbero nuovamente lungo le incisioni vallive e molto probabilmente le vasche di raccolta delle piene non saranno sufficienti a provocare la laminazione delle piene, ossia la decapitazione dei picchi di piena. Gli effetti di tali grandi opere ingegneristiche, non accompagnate da interventi di natura biologica diffusi capillarmente sul territorio a rischio, contribuiscono a snaturare il paesaggio montuoso e una volta diffusamente boscato, per cui tali opere possono essere annoverate fra i detrattori del paesaggio. Le opere di contrasto ai movimenti franosi sono generalmente pi impegnative rispetto a quelle per il controllo dellerosione accelerata e di solito consistono in interventi per drenare le acque allo scopo di allontanarle dai terreni mobili e/o in strutture di contenimento delle masse di terreno instabili. Mentre i primi
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sono di solito poco impattanti, i secondi spesso hanno un elevato effetto sul paesaggio, come alcuni faraonici muri di sostegno, che possono essere considerati detrattori, in quanto fuori scala rispetto alle dimensioni del borgo che vogliono difendere. Per contrastare le alluvioni, dopo la nomina di Roma Capitale, il Parlamento decise di costruire i famosi Muraglioni, muri di sponda realizzati per svariati chilometri lungo il tratto urbano del Tevere. Essi ormai fanno parte del paesaggio urbano di Roma. Per riqualificare un corso dacqua e ridurre il rischio idrogeologico, in particolare quello idraulico, opportuno rinunciare allillusione di mettere in sicurezza in modo definitivo la pianura alluvionale e allidea di fissare il fiume; bisogna accettare, invece, di convivere con il rischio cercando, s, di minimizzarlo, ma di farlo innanzitutto attraverso la riduzione del danno potenziale (beni a rischio: esposizione e vulnerabilit) e della probabilit di eventi idrometrici estremi (pericolosit), attrezzandosi per far fronte agli eventi, riducendo la vulnerabilit e incrementando la resilienza (intesa come capacit di ritornare allo stato iniziale dopo aver subito una pressione di origine esterna) del sistema socio-economicoambientale. Gli interventi di prevenzione, che corrispondono anche ad una notevole modificazione del paesaggio, consistono nellapprestare il bacino idrografico a monte dellarea a rischio in modo tale da limitare limpermeabilizzare dei suoli e di creare bacini di laminazione delle piene (creando cos zone umide a forte contenuto ecologico), mentre necessario restituire spazio ai fiumi e recuperarne la naturalit come mezzo primario per ridurre il rischio (Gisotti, Benedini, 2000). In conclusione, gli interventi strutturali vanno concepiti come un insieme coordinato di opere di natura idraulica-ingegneristica e di natura forestale-biologica; le une possono prevalere sulle altre solo in determinate situazioni. Ad esempio laddove un fiume attraversa una citt logico ricorrere ad alti argini in muratura che riducano il pericolo di tracimazione durante le piene; per difendere una spiaggia in erosione si visto che i frangiflutti sono di solito inutili e che conviene fare ricorso al ripascimento con sabbia (Gisotti, Zarlenga, 2004). 134 - SILV - Anno VI n. 14
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