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Chiara Bellisario 4F 27/11/2020

L'Inferno e il Purgatorio, due mondi speculari?

La Divina Commedia è divisa in tre cantiche, l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso, ed è scritta tramite
un’interpretazione medievale, ossia in chiave allegorica e simbolica. Ad esempio, le penitenze che
spettano alle anime per i loro peccati, sono regolate dalla legge del contrappasso, suddivisa per
analogia o per antitesi.

Simili ma allo stesso tempo molto diversi, in particolar modo, sono l’Inferno e il Purgatorio.

L’Inferno è collocato in una voragine sotto Gerusalemme che si è formata dalla caduta di Lucifero
sulla Terra per opera di Dio. È composto da un Antinferno e da nove cerchi che si restringono
progressivamente verso il centro della Terra. Al loro interno sono collocati i dannati, che dovranno
scontare la pena relativa al peccato commesso. I cerchi seguono l’ordinamento morale dei peccati.
Prima di questi si trova l’Antinferno, dove vagano gli ignavi. Nel I cerchio si trova il Limbo, luogo
in cui risiedono coloro che non hanno mai conosciuto Dio; nel II ci sono i lussuriosi; nel III i golosi;
nel IV gli avari e i prodighi; nel V gli iracondi e gli accidiosi; nel VI gli eretici; nel VII i violenti;
nell’VIII i fraudolenti; nel IX i traditori. Tra i cerchi sono presenti tre fiumi, l’Acheronte o fiume del
dolore, lo Stige o fiume dell’orrore e il Flegetonte o fiume di sangue bollente. Nel suo viaggio Dante
entra in contatto con molti personaggi, più o meno malvagi, di cui conosce le storie drammatiche
vissute, e per essi prova pena, pietà, disapprovazione o disprezzo. L’Inferno, però, è il regno dove
non vi è speranza di salvezza o redenzione: nel giorno del Giudizio Universale ogni anima verrà
giudicata e la pena da pagare sarà più dura di quella già esistente.

Il Purgatorio è rappresentato da una montagna che sorge indisturbata sull’emisfero australe, di cui
l’uomo non può entrare a conoscenza per via dei limiti imposti dalle Colonne d’Ercole. Si è formato
anch’esso dalla caduta di Lucifero, specularmente all’Inferno, perché insieme alla dannazione nasce
anche la possibilità di redimersi. È suddiviso in sette cornici, corrispondenti ai sette peccati capitali,
nelle quali vengono scontate le pene (le più gravi alla base del monte, le meno gravi in cima). Non
comprese tra queste, sono situate l’Antipurgatorio alla base, in cui risiedono le anime che hanno avuto
poco tempo per pentirsi e che ora devono rimanere lì trenta volte gli anni in cui hanno commesso il
peccato, e il giardino dell’Eden in cima (il paradiso terrestre) in cui sono presenti due fiumi dai poteri
miracolosi, il Lete, che fa dimenticare i propri peccati, e l’Eunoé, che potenzia il ricordo delle proprie
buone azioni. Nella I cornice ci sono i superbi; nella II gli invidiosi; nella III gli iracondi; nella IV gli
accidiosi; nella V gli avari e i prodighi; nella VI i golosi; nella VII i lussuriosi e i sodomiti. Per loro
Dante prova empatia perché rivede sé stesso nelle condizioni in cui versano i penitenti con cui dialoga
in un rapporto paritario.
Chiara Bellisario 4F 27/11/2020

Le anime che vi risiedono sono già salve perché, prima di morire, si sono pentite delle azioni compiute
e il Purgatorio rappresenta solo il regno intermedio e quindi di passaggio: sono destinate a lasciarlo
entro un tempo più o meno lungo a seconda della quantità e dei tipi di peccato commessi in vita. Per
poter arrivare al Paradiso, l’anima deve purificarsi dal peccato corrispondente alla cornice e passare
a quella successiva fino a che non avrà espiato tutte le colpe. Un modo per velocizzare l’ascesa al
Paradiso, è determinato dalle preghiere dei vivi.

Mentre quindi nell’Inferno non c’è possibilità di redimersi e di cambiare cerchio, nel Purgatorio il
penitente è destinato a raggiungere l’Empireo proprio espiando le proprie colpe. Questo è dovuto alle
leggi che governano i due regni: l’Inferno è basato sulla giustizia, che divide le colpe in categorie, il
Purgatorio sull’amore, precisamente verso Dio.

Si può notare che i peccati presenti nei due regni sono più o meno gli stessi. La differenza risiede
nell’intenzione: quando li si compie per amore (così come accade per Catone), attraverso il
pentimento, l’uomo prende coscienza dei propri peccati, assicurandosi così la salvezza.

Possiedono un ordinamento delle colpe opposto: le cornici del Purgatorio sono in ordine decrescente
(dalla più grave alla meno grave), i cerchi dell’Inferno in ordine crescente (dalla meno grave alla più
grave). Più precisamente l’ordine del regno intermedio è dovuto al ruolo dell’amore, che può avere
uno scopo sbagliato, essere poco vigoroso oppure eccessivo.

Entrambi presentano dei luoghi di accoglienza delle anime, rappresentati dalle rive del fiume
Acheronte e da una spiaggia, e dei traghettatori, il demone Caronte e lo spirito Catone l’Uticense,
entrambi vecchi e custodi del proprio regno. Ciascuno di loro fa il suo ingresso in una propria
atmosfera. Caronte viene descritto come un demone infernale, con barba bianca e occhi rossi fuoco,
rivolgendosi a Dante con parole aspre e sbraitando contro tutte le anime che si accalcano sulla riva
del fiume aspettando di essere traghettati. Catone è invece un vecchio politico romano che si è
suicidato per amore della Patria e che ora trasporta i penitenti sulla spiaggia e li smista nelle cornici
(come Minosse nell’Inferno); ha capelli e barba bianchi, ondulati e morbidi e negli occhi riflette la
luce delle quattro stelle che risplendono nel cielo, simboli delle quattro virtù cardinali prudenza,
giustizia, temperanza e fortezza; il suo tono è cordiale e solenne, ispira rispetto, tanto che Dante si
inginocchia davanti a lui e non gli rivolge la parola, facendo parlare Virgilio. È l’alba della domenica
di Pasqua nell’emisfero australe e la spiaggia dolce col cielo color zaffiro danno vita all’orizzonte,
che dà subito sollievo all’umore del poeta che aveva appena vissuto una pesante avventura nei
meandri dell’Inferno.
Chiara Bellisario 4F 27/11/2020

Anche lo stile e il lessico da Dante utilizzato rispecchia le atmosfere diverse che si respirano: Caronte
viene definito “vecchio”, coerentemente al tono aspro utilizzato dal personaggio, Catone “veglio”, un
termine più dolce, e San Bernardo “sene”, utilizzando per lui un latinismo e un registro alto e più
dignitoso. Quest’ultimo si sostituirà a Virgilio nel ruolo di guida nel Paradiso, non potendo l’altro
entrarvi.

Oltre a questi particolari, in tutte e tre le cantiche si riscontrano differenze stilistiche e di registro,
proprio per rispettare quel simbolismo allegorico medievale che in quel tempo era in uso.

Dante viene invitato da Catone a lavarsi la faccia sporca di fuliggine rimasta dal viaggio e a cingersi
la fronte di una pianta di giunco, flessibile e piena di vita, simbolo di umiltà e resurrezione. Risulta
in contrapposizione con la selva dei suicidi in cui i dannati, per contrappasso, sono privati dei loro
corpi e trasformati in alberi che, se spezzati, non ricrescono.

Infatti mentre nell’Inferno esiste solo la morte, nel Purgatorio esiste solo la sofferenza che porta però
alla salvezza certa.

Il viaggio che Dante compie è un percorso di ascensione e, nonostante le differenze che si possono
incontrare, tutti e tre regni presentano degli elementi in comune.

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