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CANTO VI

Dove: 3° cerchio
Personaggi: Dante, Virgilio, Cerbero e Ciaccio
Peccatori: golosi
Pena: Giacciono in una fanghiglia maleodorante, sotto una pioggia incessante di grandine, acqua sporca e
neve, mentre sono dilaniati da Cerbero.
Contrappasso: Per contrasto, come in vita si abbandonarono alla gola, ora sono costretti a giacere in una
fanghiglia brutta a vedersi e dall'odore sgradevole. E per analogia, come furono avidi in vita, ora sono
avidamente dilaniati dal mostro infernale.

RIASSUNTO DEL CANTO


1-33: I GOLOSI E CERBERO

Dante, dopo esser svenuto alla fine del colloquio con Paolo e Francesca, si è risveglia nel 3° cerchio. Qui una
pioggia eterna fredda e fastidiosa cade incessantemente. È una pioggia mista ad acqua sporca e neve.
Questa pioggia forma sul suolo, una disgustosa fanghiglia da cui proviene un'orribile puzzo. Nel fango,
sdraiati, si trovano i golosi che vengono dilaniati da Cerbero. Cerbero è un'orribile cane a tre teste, con
occhi rossi, il muso sporco, il ventre largo, le zampe artigliate. Assorda orribilmente i dannati e li dilani. Li fa
a brandelli con le sue zanne e i suoi artigli. I dannati urlano come cani. A causa della pioggia che li colpisce,
si voltano da un lato all'altro, cercando di ripararsi. Non appena cerbero vede Dante e Virgilio, si scaglia
contro di loro. Virgilio prende una manciata di terra e la lancia nelle tre bocche del cane che si placa come
quando a un cane affamato gli viene lanciato un boccone.

34-57: INCONTRO CON CIACCO

Placato Cerbero, Dante e Virgilio proseguono, camminando sopra le anime dei golosi che non
rappresentano alcun ostacolo, in quanto solo i materiali tutte le anime dei golosi sono sdraiate per terra.
Ma all'improvviso, una si alza e si siede. Chiama l'attenzione di Dante, chiedendogli se non lo riconosce, in
quanto lui è nato prima che tale anima morisse. Dante guarda l'anima del dannato, ma dice di non
riconoscerlo, causa del sospetto stravolto. L'anima allora dice di essere Ciacco, cittadino di Firenze, città
piena di invidia. Dice di esser condannato al 3° cerchio a causa della sua golosità, il cerchio che è appunto
pieno delle anime dei golosi.

58-75: DANTE INTERROGA CIACCO SU FIRENZE

Dante dice di esser pronto a piangere per l'angoscia che gli procura la pena di Ciacco. Poi Dante rivolge a
ciacco tre domande su Firenze:

- Gli chiede l'esito delle lotte politiche: risponde con un'oscura profezia e dice che guelfi bianchi e
guelfi neri, dopo una lunga contesa, arriveranno allo scontro fisico. I guelfi bianchi, inizialmente,
avranno la meglio, ma prima della fine di tre anni, i guelfi neri avranno la meglio. Questo grazie
all’appoggio di un personaggio in bilico tra i due partiti. I guelfi neri manterranno il potere a lungo,
causando gravi sofferenze ai guelfi bianchi, che subiranno condanne ed esili.
- Gli chiede se a Firenze esistano dei cittadini giusti: risponde che cittadini giusti a Firenze sono
soltanto due ma nessuno li ascolta
- Gli chiede quali siano le cause delle lotte interne: risponde dicendo che, le ragioni delle lotte
intestine a Firenze, sono da ricercare nella superbia, nell’invidia e nell’avarizia
76-93: DESTINO ULTRATERRENO DI ALCUNI FIORENTINI ILLUSTRI

Dante, a questo punto chiede a Ciacco, se conosce il destino ultraterreno di alcuni fiorentini illustri: Farinata
degli Umberti, Tegghiaio Aldobrandi, Jacopo Rusticucci, Arrigo e Mosca dei Lamberti. Ciacco risponde che
queste sono tra le anime peggiori e sono condannate nell'Inferno più profondo e Dante stesso potrà vederli
di persona quando scenderà laggiù. A questo punto, Ciacco prega Dante di ricordarlo tra i vivi quando
tornerà nella terra. Poi Ciacco non dice più niente, sbarra gli occhi, guarda per qualche istante Dante e poi
china la testa e sprofonda nel fango insieme agli altri dannati.

94-111: I DANNATI DOPO IL GIUDIZIO UNIVERSALE

Virgilio allora spiega a Dante che Ciacco non si solleverà più, fino al giorno del giudizio universale, quando
suonerà la tromba Angelica. Quel giorno, tutti i dannati appariranno del loro corpo mortale e ascolteranno
la sentenza finale che fisserà per sempre il loro destino ultraterreno. Mentre attraversano la fanghiglia tra
le anime, Dante chiede a Virgilio se le pene di dannati dopo il giudizio universale aumenteranno,
diminuiranno oppure resteranno uguali. Virgilio risponde a Dante, invitandolo a ricordare la fisica di
Aristotele, secondo cui più una cosa perfetta, e più percepisce il dolore e il piacere. I dannati non sono
perfetti ma dopo il giudizio universale raggiungeranno la loro pienezza poiché riacquisteranno il corpo
mortale. Dunque Virgilio afferma implicitamente che le pene dei dannati aumenteranno dopo il giudizio
universale.

112-115: PLUTO

Poi Dante e Virgilio girano intorno al 3° cerchio, parlando di cose che Dante non riferisce. Infine giunti nel
punto in cui si scende dal 3° al 4° cerchio. Dante e Virgilio incontrano Pluto, il gran nemico.

PARAFRASI

Una volta ripresi i sensi, che avevo perso


davanti alla pietà dei due cognati,
che mi aveva sconvolto per la tristezza,
nuove pene e nuove anime sofferenti
vedo intorno, in qualunque modo mi muova
e mi volti, e in qualunque direzione io guardi.
Mi trovo nel terzo cerchio, quello della pioggia
eterna, maledetta, fredda e opprimente;
la sua intensità e la sua natura non cambiano mai.
Una spessa grandine, acqua nera e neve
si rovesciano nell'aria oscura;
puzza il terreno che accoglie tutto questo.
Cerbero, belva crudele e mostruosa,
con tre fauci latra come un cane
sulle anime che qui sono sommerse.

Ha gli occhi rossi, la barba unta e nera,


e il ventre largo, e le dita con artigli;
graffia gli spiriti, li scuoia e li squarta.
La pioggia li fa ululare come dei cani;
con un fianco riparano l'altro;
si rigirano continuamente i miserabili peccatori.
Quando ci vide Cerbero, mostro orrendo,
aprì le bocche e ci mostrò le zanne;
non c’era parte del suo corpo che tenesse ferma.

E la mia guida tese in avanti i palmi delle sue mani,


raccolse della terra, e con i pugni pieni
la gettò dentro le gole affamate.
Come un cane che abbaiando mostra il suo desiderio di cibo,
e si calma dopo aver addentato il pasto,
perché è tutto intento e impegnato solo a divorarlo,
così si calmarono quelle facce sporche
del demonio Cerbero, che stordisce
a tal punto le anime, che vorrebbero essere sorde.
Noi passavamo sopra le anime che la
pesante pioggia opprime, e ponevamo i piedi sopra
la loro inconsistenza che sembra un corpo vero.
Esse giacevano tutte quante per terra,
all'infuori di una che si alzò a sedere, non appena
ci vide passarle davanti.
“O tu che sei condotto per questo inferno”,
mi disse, “riconoscimi, se riesci:
tu nascesti prima che io morissi”.

E io a lui: “La sofferenza che tu provi


forse ti cancella dalla mia memoria,
tanto che non mi pare di averti mai visto.
Ma dimmi chi sei, tu che sei stato messo in
un luogo così doloroso, e subisci una tale pena,
che, se qualcun’altra è superiore, nessuna è tanto spiacevole”.
Ed egli a me: “La tua città, che è piena
di invidia al punto che il sacco ne trabocca,
mi ebbe con sé durante la mia vita serena.
Voi concittadini mi chiamaste Ciacco:
per il dannoso peccato della gola,
come vedi, mi logoro sotto la pioggia.
Ed io, anima infelice, non sono sola,
perché tutte queste scontano la stessa pena
per la stessa colpa”. E non disse più una parola.
Io gli risposi: “Ciacco, la tua agonia
mi addolora al punto che induce a piangere;
ma dimmi, se lo sai, che cosa attende
i cittadini della città divisa;
se c'è qualche uomo giusto; e spiegami la ragione
per cui tanta discordia l'ha colpita”.

E lui a me: “Dopo una lunga contesa


giungeranno allo scontro sanguinoso, e il partito selvaggio
caccerà l’altro, con grande violenza.
Dopodiché è destino che questo soccomba
nello spazio di tre anni, e che l’altra fazione prevalga
con l’aiuto di un tale che adesso si mostra neutrale.
La fazione dei Neri, per lungo tempo terrà in alto la testa,
tenendo l'altra fazione sotto una pesante oppressione,
per quanto questa di ciò si lamenti o si sdegni.
Due sono i giusti cittadini, e non sono ascoltati;
superbia, invidia e avarizia sono
le tre scintille che hanno infiammato i loro cuori”.

Qui Ciacco pose fine alle sue parole dolorose.


Ed io a lui: “Vorrei che tu altro ancora mi rivelassi,
e che mi facessi dono di altre tue parole.

Farinata e il Tegghiaio, che furono così degni,


Iacopo Rusticucci, Arrigo e il Mosca
e gli altri che applicarono il loro ingegno al bene,
dimmi dove sono e fa sì che io conosca la loro sorte;
perché ho un gran desiderio di sapere
se il Cielo li addolcisce o l'Inferno li tormenta”.
Ed egli: “Essi sono tra le anime più colpevoli;
diverse colpe li hanno spinti giù in fondo:
se scenderai così in basso, là potrai vederli.
Ma quando tornerai nel dolce mondo,
ti prego di ricordarmi alla memoria degli altri uomini:
non ti dico altro e più non ti rispondo”.
Allora torse obliquamente gli occhi;
mi guardò un po' e infine chinò il capo:
cadde con essa a terra, al pari degli altri dannati.
E la mia guida mi disse: “Non si rialzerà più
di qui fino al suono della tromba angelica,
quando arriverà Cristo giudice:

ciascuno rivedrà la triste tomba,


riprenderà il suo corpo e le sue sembianze,
udirà ciò che rimbomberà in eterno”.
Così oltrepassammo quel lurido miscuglio
di anime e di fango, a passi lenti,
parlando un po' della vita eterna;
per cui dissi: “Maestro, questi tormenti
aumenteranno in seguito al Giudizio Universale,
diminuiranno, o saranno altrettanto dolorosi?”.

Ed egli a me: “Rammenta la tua dottrina filosofica,


che afferma che, quanto più una cosa è perfetta,
più avverte il piacere e allo stesso modo la sofferenza.
Sebbene queste anime dannate
non procedano giammai verso la perfezione,
si aspettano tuttavia di essere più perfette dopo il Giudizio Universale rispetto ad ora”.
Aggirammo in tondo quel tragitto,
parlando molto più di quanto io riferisca;
arrivammo nel punto dove si discende:
qui trovammo Pluto, il grande nemico.
ANALISI

1) ARGOMENTO POLITICO DEL CANTO

il sesto canto di ogni cantica della Divina Commedia è dedicato un argomento politico. Il sesto canto
dell'inferno parla di Firenze, il sesto canto del purgatorio parla dell'Italia e il sesto canto del paradiso è
dedicato all' impero. Questi canti creano così una sorta di climax ascendente. Qui, il discorso politico è
affidato a Ciacco, che analizza le cause delle lotte interne di Firenze.

2) CIACCO

Ciacco è un goloso, che viene punto nel 3° cerchio dell'Inferno. Si tratta di un fiorentino vissuto nel 200, di
cui abbiamo poche notizie. Le uniche informazioni le abbiamo appunto grazie a Dante e a Boccaccio. Infatti
nell'ottava novella della nona giornata del decameron, ritroviamo questo personaggio. Ciaccio chiama
Dante e gli chiede se lo riconosce, ma Dante non riconosce il dannato a causa del suo aspetto. Poi Dante,
sapendo che dannati riescono a prevedere il futuro, pone 3 domande Ciaccio che riguardano Firenze:

- esito delle lotte fiorentine


- se a Firenze ci siano o meno cittadini giusti
- le cause che sono alla base delle lotte intestine della città

Profetizza la vittoria dei guelfi neri nel 1300-1302. Questa vittoria causerà l'esilio di Dante. Poi Ciacco dice
che a Firenze i cittadini giusti sono davvero pochi, ma nessuno li ascolta. Infine spiega che alla base delle
lotte interne ci sono superbia invidia e avarizia, ossia le tre disposizioni peccaminose che causano un
disordine morale dell'Italia. L’obiettivo di Dante, attraverso alle parole di Ciacco, è quello di condannare le
lotte interne fiorentine che sono nate dalla vita, la quale ha provocato tante ingiustizie e dolori. Poi Dante
interroga Ciacco sul destino ultraterreno di alcuni fiorentini illustri. Si tratta di personaggi vissuti nella prima
metà del XIII secolo e protagonisti di una Firenze ideale. Tali personaggi hanno ricevuto meriti politici ma
non meriti morali ed infatti Ciacco preannuncia la dannazione nei successivi canti dell'Inferno.

3) I GOLOSI

Dante si risveglia dopo essere svenuto nel cerchio precedente. I golosi sono incessantemente colpiti da una
pioggia fredda, sudicia e grave e sono costretti a rivoltarsi in un fango. Inoltre sono vittima di cerbero che li
squarcia con i suoi artigli e li assorda con i suoi latrati. La pena dei golosi segue la legge del contrappasso.
Infatti i golosi in vita furono ghiotti di cibi deliziosi, profumati mentre adesso sono afflitti da una pena
disgustosa. Sono infatti colpiti da una pioggia di acqua tinta e sono costretti a rivoltarsi in un fango
maleodorante. Inoltre come in vita furono avidi di cibo, adesso sono vittime della vita di Cerbero che li
scuoia e li squarta come se fossero dei cibi da cucinare.

4) CERBERO

Cerbero è un cane a tre teste che tormenta i golosi squarciandoli con i suoi artigli e le sue zanne e
assordandoli con i suoi latrati. Cerbero è la raffigurazione grottesca del peccato di ghiottoneria. Infatti ha tre
gole e ha il ventre gonfio. Inoltre la sua fame rabbiosa è bloccata da Virgilio, che gli lancia in ciascuna delle
tre gole, una manciata di terra. La figura di cerbero è tratta dalla mitologia classica ma Dante ne dà una
rappresentazione demonizzata. Questa rappresentazione demonizzata di Cerbero è coerente con il
pensiero cristiano, che vendeva le divinità infernali come personificazioni del diavolo. Cerbero svolge la
funzione allegorica di impedimento morale in quanto cerca di ostacolare il viaggio di Dante. Infatti Cerbero
ringhia e mostra i denti, ma viene immediatamente fermato da Virgilio che lancia in ciascuna delle sue gole
una manciata di terra, placcando Cerbero.
5) I DANNATI DOPO IL GIUDIZIO UNIVERSALE

Terminato il colloquio con Dante, Ciacco ricade a terra e Virgilio spiega Dante che non si rialzerà più fino al
giorno in cui suonerà la tromba del giudizio universale. In quel giorno infatti in dannati rivestiranno i propri
corpi mortali. A questo punto Dante chiede a Virgilio se la sofferenza dei dannati aumenterà, diminuirà o
resterà uguale dopo il giudizio universale. Virgilio risponde, facendo un riferimento alla fisica di Aristotele,
secondo cui più una creatura perfetta più è sensibile al dolore o al piacere. I dannati non saranno mai
perfetti. Tuttavia, quando recupereranno il loro corpo mortale, saranno più completi e dunque Virgilio
afferma implicitamente che dopo il giudizio universale la sofferenza di dannati aumenterà.

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