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CANTO III

Dove: vestibolo dell’Inferno


Personaggi: Dante, Virgilio e Caronte
Peccatori: pusillanimi + angeli neutrali (ignavi)
Pena: sono mescolati agli angeli che non si schierarono né con Dio né con Lucifero, corrono per l'eternità
nudi dietro ad un'insegna, punzecchiati da mosconi e vespe.
Contrappasso: come in vita evitarono ogni fatica e non lottarono per nessun ideale, così ora corrono
incessantemente dietro una bandiera senza insegne.

RIASSUNTO DEL CANTO


1-21: LA PORTA DELL’INFERNO

Dante e Virgilio arrivano davanti alla porta che conduce nell'inferno. Questa porta ha una scritta che mette
in guardia tutti coloro che vogliono ad entrarci “Per me si va nella città dolente, per me si va nell'etterno
dolore, per me si va tra la perduta gente”. La scritta prosegue dicendo che la porta è eterna e tutti coloro
che rientrano non possono più uscirne “Dinanzi a me non fuor cose create se non è etterne e io etterno
duro. Lasciate ogni speranza voi che entrate”. Dante non capisce subito queste parole. Il significato gli
appare oscuro. Virgilio invita Dante a non aver paura e a prepararsi ad entrare nell'Inferno. Poi Virgilio
prende amorevolmente Dante per mano e lo conduce attraverso la porta.

22-69: GLI IGNAVI E CELESTINO V

Varcata la soglia dell'Inferno, Dante si ritrova in un luogo buio, più scuro e sente un miscuglio orribile di
urla, di lamenti d'ira e di strane lingue. Così scoppia a piangere tant’è che chiede poi a Virgilio di chi siano
queste urla. Virgilio risponde che appartengono agli ignavi, ossia alle anime di coloro che in vita non si
schierarono né dalla parte del bene né dalla parte del male. Queste anime si trovano nel vestibolo
dell'Inferno insieme agli angeli che non si schierarono né con Dio né con lucifero Virgilio. Inoltre reputa che
queste anime non sono degne di troppa attenzione. Allora vede davanti a sé una schiera infinita di anime
che corrono dietro un' insegna senza significato. L’insegna gira vorticosamente su sé stessa. Tra queste
anime, Dante vede Celestino V, ossia il Papa che per viltà abbandonò un sogno pontificio. Le anime degli
ignavi sono condannate a correre dietro a questa insegna senza significato e sono torturate da api e
mosconi che ne fanno colare il sangue dal volto, insieme alle lacrime per terra dove viene raccolto la devi
vermi ripugnanti.

70-105: IL FIUME ACHERONTE E CARONTE

Poi Dante e Virgilio arrivano nei pressi del fiume Acheronte. Vede sulle sponde del fiume numerose anime
accalcate e chiede spiegazioni a Virgilio, il quale però gli risponde che avrà tutte le risposte quando
arriveranno al fiume. Così Dante proseguì in silenzio. Arrivati in riva al fiume Acheronte, arriva una barca
guidata da Caronte. È il traghettatore delle anime all'Inferno, un vecchio dalla barba bianca e dagli occhi
infuocati. Mentre si avvicina alla riva grida e minaccia le anime, dicendo di esser venuto per portarle
all'Inferno. Poi si rivolge a Dante invitandolo ad andarsene via, in quanto Dante vivo e non dovrebbe stare
in quel luogo. Inoltre aggiunge che Dante, una volta morto, si salverà poiché andrà in Purgatorio. Virgilio
zittisce immediatamente Caronte dicendogli che quel viaggio è voluto da Dio e che dunque lui non può
porsi al viaggio di Dante. A questo punto Caronte tace, mentre le anime tra momenti di terrore,
bestemmiano Dio, i loro genitori e il momento della loro nascita.

106-129: CARONTE TRAGHETTA I DANNATI

Poi le anime cominciano a riversarsi sulla barca di Caronte dove vengono ammassate dal traghettatore e
vengono bastonate con il remo. Le anime si gettano sulla barca come le foglie d'autunno per terra. Poi la
barca parte per raggiungere l'altra riva del fiume, prima che la barca raggiunga l'altra arriva Caronte. Subito
un'altra schiera di anime viene calcata sulla riva in cui si trovano Dante e Virgilio. A questo punto Virgilio
spiega a Dante che tutte le anime dei dannati si raccolgono in riva al fiume Acheronte, dove la giustizia
divina le spinge ad avere il desiderio di attraversare il fiume. Per questo motivo Caronte si è lamentato della
presenza di Dante, in quanto Dante, come può egli stesso dedurre dalle parole di Caronte, è destinato a
salvarsi.

130-136: TERREMOTO E SVENIMENTO DI DANTE

A questo punto, il suolo infernale è scosso da un terribile terremoto. È così forte che al solo ricordarsi
dell'avvento, Dante prova paura. Poi si vede una luce rossastra che fa perdere i sensi a Dante, il quale cade
svenuto a terra.

PARAFRASI
"Si entra nell'Inferno dove si trovano gli ignavi (disprezzati)
Anafora usata nei testi religiosi perché imprime ritmo lento e solenne di ritualità.

“Attraverso me si entra nella città del dolore,


attraverso me si va nell'eterno dolore,
attraverso me si va tra la gente perduta (= dannati che si sono persi nella vita, hanno abbandonato retta via
e Dio li ha persi, uomini e donne scelgono come vivere).
La giustizia mosse il mio grande creatore (Dio) a crearmi;
mi fecero la divina potestate (Padre),
la somma sapienza (figlio - Cristo) e il primo amore (Spirito Santo).
Prima di me non furono create cose
se non eterne, e io durerò in eterno.
Lasciate ogni speranza (è la benzina che ci fa scendere dal letto, se non ci fosse saremmo impossibilitati a
vivere) a voi che entrate".

Io vidi queste parole minacciose


scritte sulla sommità di una porta (1. scritta con caratteri neri, con tono minaccioso);
E io dissi "Maestro, è difficile da capire/doloroso".
Ed egli mi rispose, come una persona saggia:
"Qui devi abbandonare ogni paura;
deve finire ogni viltà.
Noi siamo giunti nel luogo in cui ti ho già detto,
vedrai anime dolenti
che hanno perso la ragione/ma hanno perso Dio".
E dopo avermi preso per mano
con volto rassicurante, da cui sono confortato,
mi fa entrare nei luoghi segreti.

In quel luogo sospiri, pianti e lamenti


risuonavano per quelle tenebre,
tanto che io fin dall'inizio cominciai a piangere.
Diverse lingue, parole orribili,
parole dolorose, accenni d'ira,
voci alte e orribili bestemmie, suoni di quelle percosse
creavano un tumulto, che si avverte
sempre in quelle tenebre oscure di color scuro per l'eternità,
come la sabbia quando soffia un turbine.
E io che avevo la testa piena di dubbi,
dissi "maestro, cos'è questo rumore che io sento?
E che anime sono queste che sembrano così vinte e battute dal dolore?".
Ed egli mi rispose "sono in questa misera condizione
le anime malvagie di coloro
che vissero senza infamia e senza lode.
Sono unite a quel malvagio gruppo
di angeli che non furono ribelli
neppure fedeli a Dio, ma furono attenti a sé stessi.
Li cacciano i cieli per non privarsi della bellezza,
e non li riceve nemmeno l'inferno profondo,
perché i malvagi non potrebbero tranne nessuna gloria da essi”.

E io risposi "Maestro, cosa c'è di tanto doloroso


per loro che li fa lamentare con così tanta forza?".
Mi rispose: "te lo dirò molto brevemente.
Costoro non hanno speranza di morte (non potranno avere l'annichilimento)
e la loro vita cieca senza sforzo è così bassa,
che sono invidiosi di ogni altra condizione.
Il mondo non permette che venga tramandata la loro fama (anonimi);
la misericordia e la giustizia li disprezzano:
non parliamo di loro, ma guarda e andiamo oltre".

Io, che cominciai a guardarli, vidi una bandiera


che girando correva così velocemente
che fosse impossibilitata da fermarsi;
e dietro a quella bandiera veniva una lunga fila
di anime tanto che io non avrei mai creduto
che la morte ne avesse distrutte tante.
Dopo che io ebbi riconosciuto qualcuno di quelli spiriti,
vidi e riconobbi l'anima di colui che per viltà
rifiutò un incarico importantissimo (Celestino V, papa eremita Pier Da Morrone, ma sentendosi inadatto,
abdicò. Dopo salì Bonifacio VIII - Pilato - Esaù che vende il diritto alla primogenitura per un piatto di
lenticchie - Giuliano La Postata)
Subito capii e fui certo
che questo era il gruppo di quei vili (cattivi)
che non sono graditi a Dio e neppure i nemici (obbediscono alla legge del contrappasso=nesso stabilito tra
colpa e pena).
Questi sciagurati che non furono mai vivi,
erano nudi e pungolati spesso
da mosconi e da vespe che erano lì.
Quegli animali rigavano i loro volti di sangue,
che era raccolto dai loro piedi
da fastidiosi vermi mescolati dalle loro lacrime.

E dopo che io cominciai a guardare oltre,


vidi una folla sulla riva di un grande fiume;
per cui io dissi “Maestro, concedimi
di sapere chi sono, e quale istinto
le fa sembrare così pronte ad andare oltre,
come posso vedere attraverso questa debole luce”.
Ed egli disse “Le cose ti saranno spiegate
quando ci fermeremo
sulla malvagia riva dell'Acheronte”.
Tenendo gli occhi vergognosi bassi,
temendo che le mie parole fossero inopportune (fastidiose),
mi astenni dal parlar fino all'arrivo del fiume.
Ed ecco giungere verso di te tramite un'imbarcazione
un vecchio bianco per i capelli di un uomo anziano,
e gridando “Guai a voi, anime malvagie!

Non sperate mai più di rivedere il cielo:


io vengo per condurvi sull'altra riva
nelle tenebre che non finiscono mai nel caldo e nel freddo.
E tu che sei là, anima viva,
allontanati da costoro che sono morti.
Ma quando vide che io non mi allontanavo,
disse “Tu giungerai sulla spiaggia attraverso un'altra strada, attraverso un altro porto,
non devi arrivare qui per arrivare:
oltre è necessaria che una barca più leggera ti porti all'altro mondo.

E il duca gli rispose “Caronte non preoccuparti:


si vuole così là (Paradiso)
dove si può, là dove si vuole.
Quindi si calmarono le guance
barbute del nocchiero dell'oscura palude,
che aveva intorno agli occhi una ruota di fiamme.
Ma quelle anime, che erano stanche e nude,
impallidirono e batterono i denti,
non appena sentirono le crudeli parole.
Bestemmiavano contro Dio e i loro genitori,
contro la specie umana, il luogo, il tempo e l'origine
del loro concepimento e della loro nascita.
Poi si ritrassero insieme,
piangendo ad alta voce, verso la riva malvagia
che aspetta tutti gli uomini che non temono Dio.
Caronte il demonio, con occhi infuocati
facendo cenno, le riunisce;
le percuote con il remo chiunque si fermi.
Come in autunno le foglie
si staccano una dopo l'altra, fino a quando il ramo
vede che le sue spoglie sono tutte a terra,

nello stesso modo i discendenti malvagi di Adamo


si gettano su quella spiaggia uno dopo l'altro,
seguendo dei cenni come uccelli che seguono il richiamo.
Così se ne vanno sull'onda scura
e prima che siano sbarcate dall'altra parte
si forma qui una nuova schiera (catena).
“Mio figliuolo”, disse il mio gentile maestro,
“oloro che muoiono nell'ira di Dio
convergono tutti qui da ogni paese;
e sono pronti ad attraversare il fiume,
poiché la divina giustizia li spinge,
così che la paura si trasforma in un desiderio (spinta ad andare con terrore).
Da qui non passa mai un'anima buona (in pace con Dio);
e perciò, se Caronte si lamenta di te,
ormai puoi ben capire cosa vogliono dire le sue parole”.
Dopo queste parole, la buia campagna
tremò così forte, che la mente ancora mi costringe
a cospargermi di sudore ancora adesso che lo racconto (la memoria lo fa sudare per lo spavento).
Quella terra bagnata dalle lacrime generò un vento,
che portò bagliore di luce rossastra
la quale vince tutti i miei sensi;
e io caddi come l'uomo preso dal sonno (sviene).

ANALISI
1) LA PORTA INFERNALE

La porta infernale permette l'ingresso nell'inferno. Sopra a questa porta è riportata una scritta di colore
scuro che indica che è la porta stessa a parlare, come era in uso negli oggetti e nei manufatti dell'antichità.
Sopra erano riportate delle scritte in prima persona che indicavano che era l'oggetto stesso a parlare e a
comunicare il nome dell'artigiano. La scritta della porta comunica che, una volta varcata questa soglia, non
è più possibile tornare indietro e che non si può uscire dall'Inferno. Inoltre la scritta comunica che la porta è
stata creata da Dio ed è indicato nelle persone della Trinità ovvero, la divina potestate cioè il padre, la
somma Sapienza cioè il Gesù e primo amore ovvero lo Spirito Santo. L'idea della scritta deriva dall'uso
antico di porre delle scritte negli oggetti o nei manufatti ma può anche derivare dalle epigrafi sulle porte di
alcune città medievali. L'idea di una porta che segna l'ingresso all'Inferno, invece, deriva da una lunga
tradizione classica e religiosa.

2) L’ANTINFERNO O VESTIBOLO

È una zona collocata tra la porta e fiume Acheronte. Questa zona precede il vero e proprio inferno e non
appartiene a nessuno dei cerchi infernali. Dentro all'antinferno sono puniti gli ignavi e quegli angeli che
sono rimasti neutrali durante lo scontro tra Dio e Lucifero.

3) GLI IGNAVI

La loro colpa consiste nel fatto che quando erano in vita non si sono mai schierati, non hanno mai preso
posizione e dunque non hanno mai compiuto quell'azione che è fondamentale della vita umana, ovvero
prendere delle decisioni. La loro pena consiste nel correre nudi dietro un'insegna senza alcun significato,
tormentati, torturati e puniti da delle vespe e dai mosconi che ne fanno colare il sangue insieme alle
lacrime nel terreno, dove tale sangue e lacrime sono raccolti da dei vermi ripugnanti. La loro pena è
sottoposta dunque alla legge del contrappasso e può essere vista sia come analogia con il loro peccato o
come contrasto per analogia. Infatti la loro pena consiste nell’inseguire un’insegna che non ha alcun
significato, esattamente come la loro vita, senza nessun significato. Inoltre, sempre, per analogia come la
loro vita è stata ripugnante, poiché non hanno mai preso posizione così adesso il loro sangue viene raccolto
da vermi ripugnanti. Oppure la loro pena può essere anche vista ed interpretata per contrasto, ossia la
legge del contrappasso che agisce nei loro confronti per contrasto dal momento che in vita non hanno mai
seguito alcun ideale. Adesso sono costretti a correre incessantemente dietro una bandiera che però non ha
alcun significato. Dante prova un totale disprezzo verso gli ignavi in quanto, non scegliendo né il bene né il
male, sono colpevoli sul piano teologico. Non schierandosi con nessuno ordinamento politico sono
colpevoli sul piano morale. Gli ignavi dunque non meritano per Dante nessuna considerazione ed infatti
Dante autore non si sofferma su nessun’anima in particolare. Mentre Virgilio dice che gli ignavi non sono
degni di nessuna attenzione. Ad ogni modo occorre precisare che gli ignavi non sono colpevoli di nessuna
colpa in quanto, non prendendo nessuna decisione, non hanno mai commesso nessun peccato, quindi la
condanna di Dante è soprattutto una condanna morale. Molto probabilmente pressa anche su base
personale, in quanto, Dante odiava quei fiorentini che rimanevano indifferenti ai problemi politici.
L'antinferno diviene così il luogo del giudizio dell'uomo.

4) PAPA CLEMENTINO V

Viene citato indirettamente tra gli ignavi come colui che fece per avidità il gran rifiuto. Dante rimprovera
Celestino V. La colpa è quella di aver rinunciato al sogno pontificio, permettendo così a Bonifacio VIII, che è
acerrimo nemico di Dante. È anche responsabile del suo esilio, dopo la vittoria da parte dei guelfi neri a
Firenze. Tale identificazione è data per certa. Tuttavia alcuni studiosi hanno identificato in colui che fu il
rifiuto, anche altre figure come Esaù, Pilato o Giuliano l'Apostata.

5) CARONTE

È IL traghettatore di anime dell’Acheronte. Ha il compito di traghettare le anime dannate da una riva


all'altra dell’Acheronte. Questa figura è tratta da Dante dal VI libro dell’Eneide dove compare questo
personaggio. Tuttavia il Caronte dantesco ha dei tratti demoniaci, più accentuati coerentemente alle
interpretazioni chiave cristiana che veniva data delle figure mitologiche che abitavano dell’Inferno, le quali
erano considerate personificazioni del diavolo. La stessa connotazione diabolica la ritroveremo in altre
creature infernali come Minosse, Cerbero o Pluto. Sono guardiani infernali che cercano di impedire il
passaggio di Dante. Sono l’allegoria degli impedimenti di natura peccaminosa che ostacolano il cammino di
redenzione dell'anima umana. Servono a zittire le creature e a permettere il proseguimento del viaggio di
Dante. Virgilio è l’allegoria della ragione. Virgilio zittisce Caronte con una formula che ritroveremo con
varianti, anche nei confronti di Pluto e di Minosse, permettendo così a Dante di proseguire il suo viaggio.
Caronte profetizza Dante la sua futura salvezza, in quanto Caronte dice a Dante che, una volta morto, egli
sarà destinato al Purgatorio.

6) LE ANIME DANNATE

Queste anime si affollano sulla riva della Caronte spinte dalla giustizia divina a desiderare di passare
dall'altra parte del fiume. Sono descritte nella loro fisicità, con dei corpi nudi e tremanti. La loro corporeità
è dovuta al fatto che saranno sottoposte a delle pene che comportano del dolore fisico. Bestemmiano e
maledicono il giorno in cui sono nate. Il numero delle anime è grandissimo come si nota dal fatto che
Caronte cerchi di stiparli il più possibile all'interno della propria imbarcazione, colpendole con il remo. Tutte
quelle anime che si adagiano sul fondo occupano così più spazio. Inoltre ancor prima che Caronte raggiunga
l'altra riva del fiume un'altra folta schiera di anime si è già formata sulla riva dove si trovano Dante e
Virgilio. Il gran numero di anime dannate di ignavi testimonia la diffusione del male e del peccato sulla
Terra.

7) TERREMOTO ULTRATERRENO

Il canto si conclude come una violenta scossa infernale causata da un vento sotterraneo. Come riteneva la
fisica medievale, a questa scossa infernale, si unisce una luce rossastra di origine sconosciuta che causa lo
svenimento di Dante. Nel canto successivo Dante si risveglierà dall'altra parte del fiume. I terremoto svolge
una funzione narrativa, in quanto permette a Dante autore di evitare di descrivere il passaggio del fiume.

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