Sei sulla pagina 1di 1

Commento e confronto

Nel sonetto “o Cameretta che già fosti un porto”, la cameretta è il fulcro


dell’antitesi, su cui si regge tutto il discorso dell’io lirico fra passato e
presente, fra notte e giorno, fra la sofferenza interiore e il bisogno di un
conforto altrui, fra la fuga da ogni luogo e la paura di rimanere solo.

Infatti in passato, la cameretta era un porto ossia un luogo di stabilità dalle


tempeste interiori, capace di isolare l’io lirico dalle sofferenze vissute di
giorno, offrendogli un riparo per la notte, in cui grazie al letticiuol, trovava
conforto e poteva allora riposare.

Tuttavia ora, poiché di giorno prova vergogna per la propria condizione, di notte
la cameretta e il letto non sono più degli amici -come le anastrofi lasciavano
credere- capaci di offrirgli comprensione e conforto, anzi alimentano le sue
sofferenze.
Di notte egli, essendo solo e privato di altre distrazioni, si crogiola
ostinatamente nei propri pensieri, tra cui il ricordo dell’amata crudele, causa un
pianto inarrestabile, come si evince dalla metafora iperbolica “dogliose urne”,
dove gli occhi del poeta sono anfore cariche di lacrime. Infatti come si evince da
“pace non trovo”, “non m’ancide Amore e non mi sferra”, la tematica amorosa è un
tema che accompagna sempre Petrarca, anche in questo caso causa del dissidio,
espresso in quest’ultimo componimento attraverso un gioco di antitesi.
Pertanto il poeta fugge, azione messa in evidenza dall’unico enjambement (vv 9-10)
e dalla cesura interna, (v. 10) da ogni luogo, anche da sé stesso e dalla propria
interiorità, introducendo lo sdoppiamento dell’io, auspicandosi di trovare conforto
negli altri, poiché da solo continuerebbe a soffrire, a non avere pace.
Quest’ultima terzina riprende il tema principe del canzoniere, presentato già nel
sonetto proemiale “voi ch’ascoltate in rime sparse il suono”. Qui l’io lirico
appare tripartito, si vergogna di sè stesso con se medesimo,
A livello tematico si può trarre un confronto con“Solo e pensoso” . Se nella
canzone è il dimensione idealizzata del ricordo di Laura a costituire la meta
serena del poeta, nei sonetti invece nessun luogo o pone fine allo strazio, al
dissidio.
Questi ultimi differiscono per gli intenti dell’io lirico: nel primo passa un
passato in cui desidera essere solo, a un presente in cui teme la solitudine,
mentre nel secondo “per fuggire intenti ove

vestigio uman l’arena stampi”, è quasi volontà del poeta stare solo perché il
volgo non potrebbe comprendere l’esperienza amorosa.

D’altronde metafore legate al mondo navale non sono nuove nel Canzoniere, perché
l’immagine della nave in balia delle onde esprime il senso di precarietà della
vita, che diventa una preoccupazione reale nella seconda parte del Canzoniere, come
testimonia l’ultima terzina di “La vita fugge e non s’arresta un ora”. In entrambi
i componimenti la metafora sintetizza il dramma della morte, che se nel secondo è
più evidente, dato che è il tema chiave del sonetto, nel primo è presentato nella
prima quartina, quasi come premessa della sofferenza interiore che si sviluppa nei
versi successivi. Eppure l’incombere della morte, tema che sembra nascosto, è
ripreso in maniera più velata dalla seconda quartina, sempre avvalendosi della
metafora: gli occhi del poeta non sono semplici vasi, ma urne, ossia i recipienti
utilizzati per raccogliere il pianto. Inoltre questo tema è sostenuto da
un’’atmosfera cupa per via delle rime con il suono in U lunga.

Potrebbero piacerti anche