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Lezione 4
18/05/2022
SBOBINATORE: Francesca Tarquini
REVISIONATORE: Caprian Eugen Mihai
• Q = portata di ingresso
• X0 = concentrazione di biomassa in ingresso
• S0 = concentrazione di substrato in ingresso
Ricordiamo che la biomassa è indistinta, ne consideriamo solo la concentrazione e non ci interessa capire
quali sono gli aspetti effettivamente presenti, come il substrato, noi lo misuriamo come il BOD5 o COD:
consideriamo tutta la sostanza a prescindere da quali molecole sia composta. Il nostro obiettivo è progettare
questo sistema.
• QW = portata di spurgo, quella riferita ai fanghi che devo rimuovere per non incrementare troppo la
loro concentrazione all’interno del sistema, per mantenere dunque una concentrazione di biomassa
all’interno X = cost
• Q-QW = portata di acqua depurata tirata fuori dalla parte alta
Il triangolo disegnato intorno è il volume di controllo ovvero il volume intorno al quale applicheremo il
bilancio di massa, dunque il principio di conservazione di massa che rappresenta il principio base, ogni volta
che vogliamo cercare di progettare un impianto di depurazione.
Abbiamo anche definito la vera novità del processo a fanghi attivi sviluppato da Arden e Lockett che è il
ricircolo: questo flusso che consente di costringere i fanghi; quindi, i batteri che noi chiamiamo fanghi, a
permanere nel sistema per più tempo rispetto al tempo semplice, ovvero rispetto al tempo di residenza
idraulico. Il tempo di residenza idraulico (θh) è il tempo necessario a riempire o svuotare questo volume Q
ed è dato dal rapporto tra il volume del reattore e la portata in ingresso e in uscita.
Grazie al ricircolo costringiamo i batteri a rimanere lì dentro per ben più tempo rispetto a θh.
Ci sono una serie di ipotesi che riteniamo valide:
1. Le reazioni biochimiche che avvengono all’interno del sistema hanno luogo esclusivamente
all’interno del reattore biologico aerato (il processo avviene in presenza di aria per garantire
ossigeno ai batteri che vivono all’interno del reattore), mentre nessuna reazione di tale natura
avviene all’interno del sedimentatore secondario;
2. Il sedimentatore secondario ha, ai fini del bilancio di massa, un volume nullo; ciò vuol dire che tale
unità svolge la sola funzione di separazione della biomassa dal flusso di liquami.
L’unica differenza sta nel punto che abbiamo sostituito al sedimentatore che ci ricorda semplicemente la
funzione di separazione tra fase solida e fase liquida.
A questo punto applichiamo il bilancio di massa. Avremo quindi l’accumulo prima della biomassa e poi del
substrato.
• Bilancio della biomassa:
Eseguiamo una serie di passaggi in cui consideriamo una serie di ipotesi semplificative:
• Il sistema è in condizioni stazionarie (il nostro obiettivo è progettare questo impianto nella
stazionarietà, non ci interessa la fase transitoria) di conseguenza possiamo considerare nulle
entrambe le derivate rispetto al tempo.
Quindi dall’equazione di bilancio di massa abbiamo ricavato che la velocità specifica netta di crescita della
biomassa è inversa rispetto all’età del fango,
vuol dire che più tempo i fanghi permangono all’interno del sistema, più riusciamo a ridurre il tasso netto di
crescita batterica.
Ricordando che il nostro obiettivo è rimuovere i contaminanti substrato senza causare un’eccessiva crescita
microbica, l’idea che abbiamo è quella di ridurre la velocità specifica netta della crescita batterica
incrementando il tempo di residenza cellulare.
Ovviamente:
Ossia, per elevati valori di età del fango, il tasso di crescita uguaglia quello di respirazione endogena.
Andando a sostituire a µ’ la relazione di Monod (che lega il tasso di crescita specifico alla concentrazione di
substrato) si ha
Esplicitando S, si ottiene la seguente prima equazione di progetto che ci servono per dimensionare un
impianto di depurazione:
Dall’equazione deduciamo che la concentrazione di substrato in uscita dipende dall’età del fango, dai
parametri di crescita batterica (velocità di crescita e le due costanti) e non dalla concentrazione d’ingresso.
È anche possibile rappresentare graficamente quello che succede al variare dell’età del fango, non del tempo.
Si tratta di un grafico discontinuo, in cui si uniscono i puntini di diverse condizioni di stato stazionario.
Quindi se si riuscisse a cambiare l’età del fango, il tempo che costringo i batteri a rimanere nell’impianto, di
volta in volta facendolo aumentare e aspettando di raggiungere ogni volta le condizioni di stato stazionario
questo è quello che vedrei: un insieme di tante fotografie di stato stazionario una dopo l’altra fino a poter
ricavare i valori di S.
Esiste un valore minimo del tempo di residenza cellulare ϑc al di sotto del quale non ha luogo alcuna
rimozione del substrato, ovvero la concentrazione S di substrato in uscita dal sistema è identicamente pari a
quella in ingresso S0. Tale valore minimo, ϑcmin, si ottiene imponendo la condizione S = S0, ovvero:
Inoltre, possiamo ricavare partendo dal bilancio del substrato e andando a sostituire ancora una volta
l’equazione di Monod, una seconda equazione di progetto che mostra come varia X, la concentrazione di
biomassa del reattore, in funzione dell’età del fango e del tempo di residenza idraulico. A parità di portata
quest’ultimo coincide con il volume, ma il volume e il tempo di residenza idraulico sono direttamente
proporzionali e la costante di proporzionalità è l’inverso della portata. Significa che se io fisso la portata, che
è un dato di progetto e non è che posso cambiare, se cambio il tempo di residenza idraulica, cambio il
volume allo stesso modo e viceversa. Utilizzo la seconda equazione di progetto per progettare il volume in
forma inversa:
Di fatto, ricaverò dapprima θh invece che X e in seguito il volume del reattore, perché anche X è un dato che
stabilisce il progettista così come l’età del fango.
Un altro obiettivo del progettista, che abbiamo raggiunto a Potenza, oltre i primi due, è quello di
dimensionare il sistema di aereazione necessario a garantire un sistema di insufflazione che garantisca una
quantità di ossigeno sufficiente a far vivere il sistema di biomassa.
Anche qui facciamo un bilancio di massa e otteniamo che la richiesta di ossigeno, cioè la quantità di
ossigeno da fornire all’impianto, sarà proporzionale a ΔS, differenza di concentrazione di substrato in
ingresso e in uscita, e alla produzione di fanghi:
E questo è il grafico che otteniamo scegliendo valori crescenti del tempo di residenza cellulare che portano a
far aumentare anche la richiesta di ossigeno.
Aumentando l’età del fango abbiamo un effetto positivo che è quello di ridurre la produzione dei fanghi ma
anche un effetto negativo: una maggiore richiesta di ossigeno che implica sistemi di insufflazione più grandi
e anche più energia elettrica, per far funzionare questi impianti.
Quindi la scelta definitiva dell’età del fango deriva dal bilancio di una serie di considerazioni:
aumentando l’età del fango si ha anche un reattore di dimensioni maggiori, una riduzione di crescita batterica
della produzione di fanghi ma di contro anche l’incremento dell’aria necessaria da insufflare, quindi un
aumento del dispendio di energia elettrica. Dunque la scelta non è così banale ed è importante perché
cambiare l’età del fango in corso d’opera non è facile (a Potenza è stato possibile perché l’impianto è
decisamente sovradimensionato rispetto alla popolazione).
ovvero →
senza ricircolo,
con ricircolo.
Ciò vuol dire che senza ricircolo leviamo direttamente la velocità netta specifica di crescita batterica al
volume del reattore. Per poter mantenere µ’ uguale all’impianto con ricircolo dobbiamo costruire un
impianto sempre più grande, cioè un reattore sempre più grande, enorme.
Mentre nell’altro caso non è necessario perché riusciamo a far rimanere i batteri per un tempo di residenza
cellulare sufficiente grazie al sedimentatore e al ricircolo.
Quindi abbiamo dimostrato che se il ricircolo non c’è per mantenere gli stessi valori del sistema con ricircolo
dobbiamo avere tempi di residenza idraulici paragonabili all’età del fango, troppo grandi, tanto da dover
costruire dei volumi giganteschi.
Esercizio 1:
Un refluo sottoposto a trattamenti preliminari (dissabbiatura e disoleatura) e primari (sedimentazione
primaria) deve essere sottoposto a un trattamento a fanghi attivati per la rimozione del substrato organico
carbonioso. Assumendo che:
• la portata da trattare sia pari a Q = 100 l/s (conviene convertire subito in m3/gg) = 8640 m3/gg
• la concentrazione in ingresso sia pari a S0 = 300 mg BOD5/l
Si dimensioni un reattore a fanghi attivati con ricircolo atto a garantire una concentrazione di substrato in
uscita inferiore a 20 mg BOD5/l (S < 20 mg BOD5/l) nei due casi di spurgo dei fanghi di supero dal reattore
o dalla linea di ricircolo.
Per poter applicare la prima e la seconda equazione di progetto il progettista deve stabilire prima:
• età del fango, ϑc = 10 d;
• rapporto VSS/TSS = 0,8; circa l’80% dei solidi sospesi volatili nel reattore sono di natura organica e
quindi sono batteri
• concentrazione di biomassa nel reattore, X = 3500 mg VSS/l = 3500 g VSS/m3 = 3,5 kg VSS/m3
• concentrazione di biomassa nella linea di ricircolo, XR = 10000 mg TSS/l;
• costante di velocità del BOD, K = 0,1 d-1;
Per quanto attiene ai parametri cinetici, si assumano i valori indicati nella tabella seguente:
Valore
Simbolo Unità Intervallo
Parametro tipico
Tasso massimo di utilizzazione del
μmax d-1 2-10 5
substrato
Tasso di respirazione endogena 0.04-
kd d-1 0.06
0.075
Rendimento di crescita Y mgVSS/mgBOD5 0.4-0.8 0.6
Assegnato il valore dell’età del fango e dei parametri cinetici risulta conseguentemente definito il valore
della concentrazione di substrato in uscita dal sistema. Dall’equazione di progetto si ottiene:
Si tratta di un valore inferiore a quello della normativa e quindi va bene, l’impianto può essere utilizzato. Se
non fosse stato così avremmo dovuto progettare un impianto non biologico, non a fanghi attivi per rimuovere
questo substrato.
Dalla seconda equazione di progetto è possibile ricavare il tempo di residenza idraulica richiesto per
mantenere una concentrazione di biomassa X = 3500 mg VSS/l all’interno del reattore.
Vedete come abbiamo una differenza di due ordini di grandezza fra l’età del fango (10 d) e il tempo di
residenza idraulico (0.32d), questo avviene grazie al ricircolo: se non ci fosse il tempo di residenza idraulico
sarebbe di 10 d e quindi avremmo un volume enorme (86 000 m3).
E dunque il volume sarà pari a:
Tenuto conto che nei fanghi di supero sono presenti anche solidi sospesi di natura inorganica (20% dei solidi
totali, in questo caso), si ha:
Gli impianti di depurazione sono effettivamente una fonte antropogenica di gas inalteranti, di gas serra.
Quindi contribuiscono al cambiamento climatico, all’inquinamento dell’aria. Le emissioni sono anche in
qualche modo connesse alla salute, alla flora e alla fauna e in generale all’ambiente.
Abbiamo schematizzato nella parte alta la cosiddetta “linea acque”: la vasca arancione è il reattore biologico
a fanghi attivi, le palline all’interno sono le bollicine d’aria insufflate, poi abbiamo il sedimentatore
secondario.
Nella parte bassa invece abbiamo il trattamento dei fanghi che comprendono: digestione, l’incremento di
concentrazione, la disidratazione e infine finiscono in discarica.
Lo svantaggio delle emissioni di gas a effetto serra è stato valutato solo di recente e sono state suddivise in
due categorie: le emissioni dirette (che derivano direttamente da reazioni biochimiche) e quelle indirette
(derivano dal consumo di energia, più l’impianto non è efficiente, più consumiamo energia e quindi
produciamo gas serra inquinante).
I gas serra che emettiamo dagli impianti di depurazione sono: anidride carbonica (dalla respirazione dei
batteri), metano, ossido di azoto N2O.
I GWP (Global Warming Potential) sono dei numeri che valutano il potenziale effetto serra dei gas rispetto
alla CO2, presa come riferimento, in 100 anni:
Carbon dioxide (CO2) = 1
Methane (CH4) = 24
Nitrous oxide (N2O) = 289
L’N2O oltre ad essere un potente gas serra è anche un gas esilarante, utilizzato anche durante le operazioni
chirurgiche, che va continuamente tenuto sotto controllo. Questo anche perché non si è ancora trovato un
range fisso di emissione dell’ossido di diazoto per monitorarlo (può variare moltissimo, quindi va misurato
ogni volta e per ogni impianto).
Mentre per la CO2 abbiamo un range di letteratura fisso che va da 0.5-2 kg/mcww.
Se si emette 1 kg per ogni m3 di acqua trattato non dobbiamo sforzarci di andare lì a fare le misure, non
rischiando di fare errori macroscopici. Quindi per la CO2 la situazione è semplice, per l’N2O no perché i
valori sono molto più variabili anche a seconda dell’impianto, e questo vuol dire che è necessario studiare
ogni impianto e andare a misurare le emissioni.
L’obiettivo di questa misura può essere anche quello di valutare i bilanci dell’ossigeno quindi per stabilire se
l’impianto è efficiente nel trasporto dell’ossigeno.
È importante considerare quando vado ad effettuare il bilancio fra lati positivi e negativi che non bisogna
considerare solo gli eventuali pericoli sull’atmosfera ma anche le potenzialità, anche del miglioramento del
corpo idrico affluente, abbassando di molto la concentrazione di contaminanti che raggiungono il corpo
idrico recettore.
Il bilancio energetico va effettuato quando si vuole ottimizzare il funzionamento e abbassare gli sprechi
energetici, prendo il sistema di monitoraggio dell’ossigeno e valuto quanto il sistema di insufflazione
dell’aria sia efficace e lo faccio effettuando il bilancio di massa intorno a questo volume.
Questa è la strumentazione che usiamo qui a Potenza per misurare le emissioni dirette di CO2 e le emissioni
di N2 legate alla nitrificazione, alla denitrificazione e alla nitrifier denitrification.
LA NITRIFICAZIONE
Ricordandoci della reazione di nitrificazione, essa in realtà si compone di due stadi con la formazione di un
prodotto intermedio chiamato idrossilammina. Le membrane interne dei batteri nitrificanti (AOB e NOB)
costituiscono il sito di un enzima chiave nell’ossidazione dell’NH3, l’ammoniaca monossigenasi, che ossida
l’NH3 a idrossilammina. Successivamente, l’idrossilammina ossidoreduttasi, enzima peri-plasmatico, ossida
l’idrossilammina a NO2-, con rimozione di quattro elettroni.
In realtà l’N2O viene prodotto anche durante l'ossidazione incompleta di NH2OH a causa della formazione
del radicale nitrosile (NOH).
LA DENITRIFICAZIONE
La denitrificazione è la riduzione graduale di NO3- a N2. La denitrificazione coinvolge diversi tipi di
microbi eterotrofi che riducono il nitrato in azoto gassoso, producendo nitrito, ossido nitrico (NO) e
protossido di azoto (N2O) come intermedi.
NITRIFIER DENITRIFICATION
Oltre 35 anni fa, si proponeva che gli stessi nitrificatori (AOB) potessero non solo nitrificare, ma
anche denitrificare; questa via di nitrificazione, detta denitrificazione nitrificante, potrebbe
contribuire in gran parte alla perdita di ammonio sotto forma di NO ed N2O.
Questa sequenza di reazioni è permessa da batteri ossidanti ammonio autotrofi; Nitrosomonas europaea è il
più studiato
Questo ci fa capire che in un impianto di depurazioni posso avere sia emissioni di CO2 innocua perché
prevalentemente non fossile, sia di N2O che è 300 volte più potente della prima.