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DE MONÀRCHIA è un trattato scritto in latino per lo stesso motivo del de vulgari

eloquentia (mettere il volgare e il latino sullo stesso piano).


Dante scrive quest’opera data la critica situazione politica all’inizio del ‘300, assistiamo infatti ad
un logoramento delle due istituzioni fondamentali del mondo medievali:

1. L’Impero aveva perso completamente il suo dominio;


2. La Chiesa prende il sopravvento dell’impero per colmare il vuoto politico dell’impero, ma
così facedo è diventata sempre più incoerente e corrotta e vassalla alla monarchia
francese.

Sin dal Convivio, Dante aveva accennato una volontà di restaurare l’autorità dell’impero, in modo
da riportare pace, giustizia, rispetto della legge, i buoni valori ad una società ormai corrotta dalla
cupidigia e dal denaro.
L’arrivo dell’imperatore Enrico VII di Lussemburgo in Italia, fa nascere in Dante una speranza di
ripristinare la forza dell’Impero, e quindi lo accoglie con tre lettere (epistole politiche) in latino,
che indirizza anche agli scellerati fiorentini.

Nel primo libro (l’impiato è argomentativo, tipico dei trattati danteschi) Dante espone il pensiero
di una monarchia universale, con un imperatore che sovrasta tutti i regnanti e che sia ingrado di
risolvere in modo efficiente le dispute.
Nel secondo libro Dante collega il potere imperiale alla Chiesa, poiché Dio concesse al popolo
romano (per questo secondo Dante Roma dovrebbe essere il centro dell’impero) l’autorità
dell’impero, in modo da rendere il popolo più saldo e unito per poter diffondere il messaggio della
Fede. Si tratta di un’utopia.
Nel terzo libro abbiamo la teoria dei due soli: ll potere del Papato e dell’impero devono essere
autonomi ed indipendendi l’uno dall’altro e allo stesso livello, perché derivano entrambi da Dio. Il
papa deve occuparsi di governare la dimensione spirituale dei sudditi, mentre l’impero deve
governare la politica e mettere ordine e tranquillità. Quindi Chiesa = beatitudine eterna, Impero =
felicità dell’uomo.
Infine, anche nella Commedia traspare la gerarchia che Dante ha in mente, dove tutto è
precisamente comandato e gestito da entità dall’alto.

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