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Le operette morali

Leopardi cade nel più cupo pessimismo perché in quel momento egli credeva che la sua condizione di
infelicità fosse intimamente legata all’ambiente in cui egli viveva. Nel momento in parte per Roma, tutto
diventa fastidioso ed il suo animo non trovava soddisfazione e pace in nessun svago. L’infelicità non era più
legata al piacere, ma gli viene attribuita una condizione ontologica, ovvero insita in tutti gli esseri viventi.
Muta la propria concezione della natura, non più una madre amorevole pronta a fornire l’uomo illusioni per
immaginare il piacere infinito. Anzi l’infelicità non viene più dall’impossibilità di raggiungere il piacere, ma
dai mali esterni. Cade definitivamente quell’idea che il mondo fosse stato creato per l’uomo, la natura vien
vista come una forza meccanica, che segue le proprie leggi, si preoccupa dell’uomo allo stesso modo di
come farebbe nei confronti di ogni essere vivente.

Le operette morali sono prose di argomento filosofico. Viene meno la capacità poetica di scrivere in versi,
ma in prosa. Vi è dunque un forte impegno morale e civile, quasi una vera e propria continuazione di quello
affidato alle Canzoni precedentemente. Il modello adottato da Leopardi è molto antico, di uno scrittore
greco, luciano di Samosata.

Il termine operette infatti mostra una duplice funzione: da un lato sottolinea la brevitas di queste opere;
dall’altro invece evidenzia il distacco dalla condizione sere e dotta dei trattati filosofici, per invece mostrare
l’utilizzo di un tono più lieve, che faccia leva sul “ridicolo”, sul comico e sull’ironia. Emergono personaggi
mitologici, del passato e del presente, che incarnano accurate riflessioni circa la condizione dell’uomo.
Vengono trattati personaggi storici mescolati con personaggi stravaganti e bizzarri; in altre operette
dialogiche, l’interlocutore corrisponde con l’autore stesso; in altri casi si hanno prose liriche o raccolta di
aforismi paradossali. La principale funzione è il riso, con una duplice funzione, quella consolatoria e
dissacratoria. La prima consola l’uomo e in modo che anche lo stesso Leopardi possa prendere coscienza
della reale condizione dell’essere umano; invece dissacra tutte le verità che l’uomo, illudendosi, aveva della
medesima realtà e circa la natura.

Il passaggio da pessimismo storia ad un pessimismo cosmico si trova nel “Dialogo della Natura e di un
Islandese”

Leggendo voltaire, leopardi viene a conoscenza della situazione in Islanda. Infatti egli apprende come
venivano sempre nel freddo ma al tempo stesso dovevano combattere con il fuoco del vulcano Ecla. Così
leopardi deduce come la natura non sia più un eden, la madre benigna, ma invece quanto di più scomodo e
maligno si possa trovare nei confronti dell’uomo. Racconto un episodio di un islandese simile a quello di
Vasco de Gama. La donna che descriverà leopardi sarà una donna bruna, ovvero il topos letterario della
donna diavolo, diversamente dalla donna angela, presentataci come bionda.

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