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Le grandi chiese medievali costruite nei secoli XI e XII sono in buona parte

realizzate con materiali di reimpiego per quanto riguarda le parti strutturali e


quelle decorative. Il motivo di questi recuperi non è solo dovuto a comprensibili
ragioni pratiche, cioè di immediata disponibilità di materie lavorate e non di rado
preziose, ma anche al tentativo di ricostruire un ambiente “classico” che
sottolineasse una continuità con la grandezza di Roma imperiale proprio attraverso
l’uso di elementi tipici di quell’epoca.
Capitelli, colonne, portali con materiali di reimpiego, sarcofagi antichi
rilavorati o adattati a nuove funzioni come supporto per altri, lastre di marmo
sminuzzate: un siffatto catalogo – o meglio, una descrizione analitica delle
diversissime forme di reimpiego sperimentate nelle grandi chiese romaniche
medievali – necessiterebbe veramente di pagine su pagine per restituire una
panoramica più consistente su questa pratica in uso nei primi secoli successivi
all’anno mille e questa non è la sede più “capiente” per una simile operazione!

interno, iscrizione romana B&NAnche la Cattedrale di Cefalù è stata studiata sotto


questo profilo, a causa della presenza di numerosi elementi palesemente di
reimpiego. Lasciando per il momento da parte capitelli e colonne, concentriamo
adesso la nostra attenzione su due esemplari casi di reimpiego: l’iscrizione latina
detta “dei codicilli”, in prima battuta, il sarcofago romano strigilato a seguire.
Quanto alla lapide, ci troviamo di fronte ad una elegante epigrafe funebre
contenente disposizioni testamentarie.

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