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SCE1~T1Cl ANTICHJJ

A CURA Dl

ANTONIO RUSSO

UNIONE TIPOGRAFICO,-EDITRlCE TORINESE,

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SCETTICI ANTICHI

A CURA Dl

ANTONIO RUSSO

UNIONE TIPOGRAFICO-EDITRICE TORINESE

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Prima edizione: 1978

~tam~ri.a .-\rtislica Sx::iooatc · Cl"'rso Sirar:us01 li 10136 Torino

ISBN SS-o~-02506-t

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INTRODUZIONE

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Ai carissimi "dommatici •·
A urelio Petroni e Carlo Aliberti

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J. Attualita dello scetticismo greco. - 2. Linguaggio e costume scettici. -
3· La tragedia teoretica delia scepsi antica. - 4· Dialettica scettica.- 5· Episte-
mologia sccttica. - 6. Rivoluzionarismo scettico. - 7· Difficolta di lavoro sulle
testimonianze scettiche e criteri delia prcscnte raccolta. - 8. Caratteristiche
delia presente traduzione. - g. Breve quadro storico dcllo scetticismo antico
ndle sue linee generali.

1. Il c.ontributo che lo scetticismo - tanto nella sua facies antica


quanto in quella moderna e contemporanea - ha dato al pensiero
lilosofico suscita vivissimo interesse nella cultura del nostro tempo.
L'uomo eli oggi, infatti, in maniera singolarmentc contraddittoria
e partecipe di conoscenze, di crea.zioni e di soluzioni che lo colmano
di sicurezza e di orgoglio e, nello stesso tempo, e disincantatamente
consapevole dei limiti, delle infondatezze e della precarietâ del suo
sapere e delia sua stessa esistenza e soffre della provvisorietă. e del
rapido superamento di tante soluzioni e risposte che solo ieri gli
sembravano definitive. Il bisogno di rimettere tutto in discussione,
di rimescolare continuamente le carte del pensiero e dell'azione, di
ritornare a ricercare e ad indagare rimuovendo da se la gioia pas-
seggera dell'~Gp7]Xat e respingcndo generosarnente la piatta serenită.
dcll'ignat•a ratio, i risvolti di vario genere - affettivi, morali, econo-
mici, politici, sociali - derivanti dallo storicismo, che pur crede di
aver trovato il bandolo dell'intricata matassa e poi, mostrando certe
sue miserie, ora accetta deterministicamente tutto cio che il dio-storia
gli offre ed ora vuole tutto capovolgere, le stesse drastiche opzioni
fatte per non piu Iogorarsi nell'incertezza e le stesse posizioni pram-
maticarnente assunte nell'illusione di aver trovato il modo di control-
Iare le fughe del puro pensiero, sono tutti sintomi palesi di una
scepsi che ora stimola ed ora paralizza, ora ci affranca da errori,
da miti e da pregiudizi ed ora, invece, ci lascia in balia del nulla e
delia disperazione.
L'umana tendenza alia scepsi, chc si era gia profilata molto prima
di Pirrone di Elide e che non finira con Husserl, sembra quasi me-
narci a concluderc - come oltre rnezzo secolo fa ebbe a scrivcre
Bertrand Russell nei suoi Saggi scettici - che la logica o donebbe

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10 INTRODUZIONE

essere insegnata nelle scuole allo scopo di insegnare agli uomini a


non ragionare, giaccbe, se essi ragionano, ragionano quasi certa-
mente in maniera sbagliata n. E col passare del tempo la scaltrezza
scettica, rifacendosi - anche senza saperlo - all'antico Metrodoro
di Chio, il quale affermava che noi non sappiamo lo stesso nostro
non-sapere, ci va imponendo - come afferma ancora il matematico-
filosofo inglese - di a esscre scettici persino nei confronti del nostro
scetticismo n e di opporre la nostra « volonta di dubitarc n alia dom-
matizzante e prammatistica « volonta di credere ». Ma, in tai modo,
il dub bio e l'epoche pervengono a pretese ah bastanza esagerate:
l'atteggiarnento dello scienziato o del filosofa quanto piu e sotto-
posto al dubbio tanto piu aspira a mutarsi in quella dubbiosita
razionalc che, in contrasta con l'irrazionale certezza, «se potesse
essere generata - osserva Russell - basterebbe ad inaugurare l'eta.
dell'oro ».
Cosi si demitizza per mitizzare daccapo, ela scepsi- nel proporre
le sue incessanti aporie- ci rende (almeno e questo il nostro augurio)
criticamente creativi!
Nella sua ricca storia lo scetticismo - attraverso una serie di
pensatori che vanno da Pirrone a Husserl- non si limita a suscitare
dubbi e perplessita, ma intende anche trovare, precisare e persino
imporre le proprie « categorie », rinsaldare ed emendare la propria
« metodologia », quando addirittura non si ~ spinto a costituire,
scandalosarnente, un vero e proprio u sistema ». Tuttavia il sotto-
fondo etico--speculativo dello scetticismo e rimasto identica attra-
verso i millenni, quantunque gli strumenti di lavoro e le« tecniche »
cogitative degli Scettici abbiano subito metamorfosi e vicissitudini
notevolissime non solo tra un'epoca e un'altra, ma persino nel breve
spazio di una generazione, come si puo riscontrare tanto nel nostro
secolo quanto da un attento studio di una singola fase delia scepsi
ellenica.
Un quadro storico-evolutivo dello scetticismo potrebbe - col
solito rischio delle schematizzazioni - assumere grosso modo l'aspetto
di un trittico: la prima fase sarebbe quella classico-greca, che si
estenderebbe per oltre mezzo millennio dall'eU di Pirrone a quella
di Sesto Empirica; la seconda sarebbe quella classico-modema, che
si estenderebbe per oltre trecento anni dalla crisi delia civilta rina-
scimentalc e da Montaigne fino alia problematica post-kantiana;
la terza, che e quella in cui stia.mo vivendo, avrcbbe inizio con la
crisi dell'idealismo modemo e dello scientismo positivistico, trove··
rebbe motivi di sviluppo nelle contraddizioni immanenti a varie
ideologie dommatiche spesso molto ben mascherate- esistenzialismo,

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INTRODUZIONE II

fenomenologia, marxismo e vari altri indirizzi prammatici o episte-


mologici - e continuerebbe ad operare di giorno in giorno, senza
appagarsi ancora -per la sua stessa vitalita- di una sintesi storica.
E quest'ultima fase va promuovendo, ad ogni pie sospinto e con
tonalita diverse, la finale defenestrazione degli «ultimi residui » della
metafisica, degli « Wliversali », dei «valori eterni u, ma nello stesso
tempo - come se non lo sapesse - favorisce certe nuove assunzioni
di meta.fisiche, di universali e eli valori, magari a titolo di operai
provvisori e con lo spregiudicato proposito di liccnziarli senza preav-
viso quando avTanno espletato il loro servizio, senza pero avvedersi
che a questi lavoratori, astutamente sfruttati, bisognera pagare
almeno il giusto salario per la preziosa opera da loro prestata.
N'otcvoli sono le differenze che contraddistinguono le tre grandi
fasi storiche delia scepsi. Da una parte sembra che, col corso del
tempo, lo scetticismo sia andato assumendo posizioni sempre piu
radicali ed abbia esteso l'epoche anche a cio che prima era rimasto
inconcusse o era state messe in bilico soltante di strafero; dall'altra
parte, pero, la crescente radicalizzazione scettica presenta, come
contropartita, non pochi risvolti dommatici che nelle fasi prccedenti
o erano stati del tutto assenti o si erano presentati soltanto di stra-
foro. Cosi, ad esempie, gli Scettici dell'eta humiana erano general-
mente d'accordo nel respingere la u disperazione pirreniana » e,
mcntre vibravano all'oggettivita delia natura un colpo che era man~
cato agli Scettici greci, lasdavano - allo stesso Hume gia prima
che a Kant - una preziosa credita di ordine cestruttivamente scien-
tifico. E il filosofa scezzese - come e state ben rilevato dal nostro
Dal Pra - nella sua concezione di una « scienza delia natura umana ~
sostcneva che lo spirite riesce a conservare sempre un certe grade
eli certczza e che l'istinto arresta la forza distruttiva del pirronismo
e salva la ragionc dallo scacco finale. Indulgente verso il probabilismo
de! vecchio Carneade fine al pWlto da affermare che ogni cenesccnza
si risolve in probabilita, Hume, che pur doveva tanto agli Scettici
antichi c persino a Cicerone, sosteneva che illoro scetticisme a totale »
era una u mera curiosi ta D, le chiamava « gioco pirroniano • e gli
contrappeneva una scepsi moderata e coutrollata. La scepsi del
nostro tempo, infine, sviluppatasi sulla "crisi delle scienze D, nel seste-
nere che il pensiero moderno non ha saputo spingere a fondo il suo
originale radicalismo, trova il proprie epicentre - come ha dichia-
rato Husserl - neu·~~ ego dell'epeche », quale 11 principio vitale del
&:t.'JfLr.lt;e:w filosofica ». Cosl la sccpsi fenomenelogizzante del nostro
tempo ha avute maggieri rapporti simpatetici con Cartesio e con
Kant che non con Pirrone, con Carncade o con lo stesso Hume.

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12 INTRODUZIONE

La diafonia. che con grande soddisfazione gli Scettici antichi


rilevavano nclle svariate costruzioni dommatiche, e divenuta an-
ch'essa un vitale e drammatico prhrilegio degli Scettici, e la stessa
tcnninologia scettica - che costituisce l'onore c il vanto di quegli
acuti creatori di linguaggio che furono i Greci -ha trovato un'appli-
cazione sorprendentemente ricca di contraddizioni ed aspetta ancora
lo studioso di filologia moderna che ne faccia l'analisi con la stessa
diligenza metodologica con cui la filologia classica ha lavorato su
un solo pensatore dell'antichita. Una filologia seria e non pretensiosa
che intendesse orientarsi nel ginepraio delia scepsi contemporanea
con la stessa sobrieta e con la modestia con cui sta lavorando da
dccenni un Karcl Janâcek sui tcsti greci farcbbe anche un'eccellente
opera di ricostruzione e di chiarificazione filosofica.
Senza negare minimamente l'originalita delia scepsi del nostro
tempo, anzi per premunirla dal rischio fin troppo facile di sfondare
porte aperte, ci sembra che vada sottoposta alia nostra attenzione
la straordinaria articolazione delia scepsi antica. E se lo scetticismo
e un momento ineliminabile nella vita dell'uomo (persino Cristo
dubito e si senti abbandonato dai Padrc}, noi, anche per quanto
concerne questo prezioso e contraddittorio lato delia nostra esistenza
e del nostro pensiero, « con i Greci ci sentiamo a casa nostra », come
affermava lo Hegel per la filosofia in generale. E la triade hegeliana
di Stoicismo, Scetticismo e Coscienza Infelice puo indubbiamente
costituire una falsariga pericolosa per eventuali schematizzazioni ed
esasperazioni dialettiche, ma ha l'i.ndiscutibile merito di avere imposto
alia nostra attenzione l'attualita dello Scetticismo greco e di aver
dato, in modo concreta e dinamica, la prima e, forse, la piu profonda
spiegazione di uno degli aspetti piu delicati e suggestivi del pensiero
umano.

2. Il linguaggio filosofica con cui noi ci espnnnamo sarebbe


monco se ne escludessimo tutte le parole e le espressioni che gli
sono state donate dallo Scetticismo greco con le accezioni e le signi-
ficanze che, pur nella vasta Et1twicklung storica, sono rimaste, nella
loro essenza, salde come pietre miliari. Anche se quasi tutti quei
termini - come la diligenza degti studiosi ha dimostrato - avevano
gia una loro storia presso piu antichi indirizzi filosofiei, furono gli
Scettici a dar loro una fissazione logico-speculativa e una risonanza
etico-affettiva destinate a conservarsi costanti pur nella mobilita
viva delle applicazioni. Parole come afasia, adiaforia, apatia e metro-
patia, atarassia, aporia, epoche. acatalessia, antilogia, probabilita,
verosimiglianza, isostenia, diafonia, tropo, t'pilogismo, cause proca-

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INTRODUZIONE IJ

tartiche e, finanche, « fenomeno » sottintendono tutto un lavorio del


pensiero che si e reso sempre piu padrone dc:lle proprie strutture e
che assiduamente ha creata un castello di problemi e di incertezze
non meno ricco ed articolato dei diversi castelli fabbricati dai Dom-
matici. Se, inoltre, a qucsta terminologia aggiungiamo il ricco
contributo che gli Scettici seppero desumere dalla Medicina Empirica
nell'ultima fase delia loro storia, riscontriamo gia in parole ed espres-
sioni come autopsia, istoria, passaggio del simile, descrizione, distin-
zione (~tO:!r'rOA~) e cost via, la presenza di un metoda di indagine
sperimentale che ha una sua logica e una sua validita ernbrional-
mente moderne, quantunque la nostra prudenza critica non sia
Jisposta a troppo facili entusiasmi.
Questi termini non sono tanti atomi tra loro dissociati, ma tro-
mno una saldatura e costituiscono quasi un'organica costellazione
ad opera di cio che Sesto Empirica chiamava tt costume scettico »,
ossia ad opera di uno stato di coscienza, di un comportamento e di un
atteggiarnento che distinguono inconfondibilmente ehi fa professione
eli scetticismo da ogni altro pensatore. Il dissidio tra teoria e pratica,
~:he giâ. gli antichi oppositori dello Scetticismo mettevano in evidenza
per dimostrare l'inconsistenza delle posizioni drasticamente epochiz-
zanti, non poteva sfuggire all'acume degli Scettici stessi. Costoro
non solo vivevano e continuavano la loro mortale esistenza al pari
degli altri uomini, ma nelle loro dottrine esprimevano quel loro
costume che, come avrebbe detto Eraclito, e « per l'uomo il demone •·
Mitezza e tolleranza, individualistico riserbo e disposizione modera-
tamente filantropica, nonostante la professione volontaristica del-
l'indifferentismo, risultano quasi i contrassegni costanti del « costume
scettico ~. e questi contrassegni non sono affatto avulsi dalie posizioni
teoriche, ma talora ne costituiscono il fondamento e la guida, talora
la risultanza. Mentre noi pensiamo che la vita stessa e una smentita
dello scetticismo, lo Scettico greco non solo viveva il suo scetticismo,
ma anche la sua vita: percio commettiamo errore di valutazione
critica noi moderni, quando pretendiamo di sovrapporre alla JVel-
lanschammg scettico-antica o il nostro intramontabile teoreticismo
o certe ermeneutiche prammatistiche che con troppa facilita sem-
brano aprire tutte le porte.
Le nostre simpatie ideologichc possono provocare in noi un
errorc analogo a quello che Sesto rimproverava ad Enesidemo quando
diceva che secondo costui ,, lo Scetticismo era una via verso l'Era-
clitismo ». Anche noi, infatti, abbiamo visto nell'indaginc scettica
una via o verso il pensiero cristiano o versa l'idealismo dialettico
0 verso la filosofia delia prassi o verso la fenomenologia intuitiva

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14 INTRODUZIONE

o empmca. Cosi facendo abbiamo fatto violenza ai poveri e rniti


Scettici antichi e, nella nostra voglia eli utilizzarli ad ogni costa,
abbiamo sacrificata le loro reali dimensioni, con sommo scandalo
dei puri filologi.
Questo nostro bisogno di dialettizzare e eli utilizzare lo scetti-
cismo a nostro uso e consumo ha quasi la stessa diffusione del vccchio
luogo comune secondo il quale tutto il tonnento teoretica degli
Scettici rivela la propria inconsistenza quando si devono fare i conti
con la prassi: se Cicerone fosse stato scettico davvero, non avrebbe
ne disoccultato ne dissolto la congiura di Catilina! In realta, pero,
la u prassi » scettica, intesa carne costume, ha molte coincidenze con
la tragedia teoretica: essa le da umana consistenza, porge i contenuti
reali alle articolazioni del pensiero, evitandogli di disperdcrsi, carne
esso e tentato a fare, nelle schennaglie eristiche e vivendone la cata-
strofe e la catarsi.
Lo Sccttico antico, cbe ~ ben lungi dai proclamare un prirnato
delia ragion pratica, e fornito eli una sua etica che, con fennezza e
talora con pervicacia, riesce a sussistere ed a persistere, mentre si
va svolgendo il dissidio deHa ragione. Il costume scettico, insomrna,
partecipa intensamente dell'agnosticismo del pensiero. Epoche ed
atarassia si scambiano spesso le parti di fine e di mczzo, si determi-
nano quasi reciprocamente: l'una e gia presente nell'altra con una
sorta di sintesi teoretico-pratica che lascia delusi noi, ma non l'an-
tico pensatore scettico.
Di qui venne fuori il carattere salutifero di cui lo Scetticismo
ebbe consapevolezza gia con Pirrone di Elide, di qui l'accostamento
scettico-accademico dell'opera liberatoria eli Carneade ad una vera
e propria fatica di Ercole, di qui certi bagliori mistici che sembrano
ma non sono affatto strani soprattutto in una scepsi che non sotto-
valuta la suggestione dei ricordi platonici, di qui la stessa conver-
genza eli scetticismo e medicina come terapia materiale e spirituale
dell'uomo.

3· Lo scetticismo dei Greci ha in se un ritmo e una compostezza


che furono una singolare costante della civilta di quel popolo. Qual-
cosa di apollineo alcggia in quel bisogno scettico di astenersi dai
penetrare nelle cose non-evidenti, nell'arcano abisso dcgli &8r,l.et,
nel goethiano u rcgno dellc madri ». Ma al di sotto di qucl ritma e
di quclla compostezza si agita lo stimolo dionisiaco, come era gia
accaduto nell'eta di Sofoclc. L'irnperturbabile serenita di Pirrone,
il sale attico dell'Accademia spesso molto ben assaggiato anche da
Cicerone, la vivacita arguta eli qucl Sesto Empirico che fu dotata

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INTRODUZIONE 15

di uno spiccatissimo senso dell'humour e dell'ironia sono doti spiri-


tuali che ricscono a dare un classico panneggio al dramma che si
svolge nella storia dello Scetticismo greco.
E questo Scctticismo e soprattutto una tragedia teoretica.
La collisione e gnoseologica. Ed a soffrirla e il soggetto, che
subisce certe affezion.i da parte d.i un qualcosa che gli e estraneo,
da un qualcosa che gli 11 appare »con evidenza e che poi si nasconde;
il soggetto vuole penetrare quell'apparenza, si rende canto che essa
non puo essere solo un'illusione o un'allucinazione, ma ogni suo
tentativa di penetrazione ]o lascia impotente. Il 7t~~oc; c'e ed e
reale; anche la v.isione e innegabile; ma la loro scaturigine rimane
occulta. Farse tutto si sta svolgendo dentro di lui? Ma la risposta
e anche qui negativa: se all'infelice Oreste la sorella Elettra appare
come un'Erinni ed egli la scaccia da se, c'e pur sempre un qualcosa
che gli appare, che si muovc, che egli confonde, nella sua follia,
con un'Erinni.
Al di fuori del soggetto c'e un'incognita, c'e un quirl che a modo
suo esiste, ma di cui ci sfugge l'essenza. Mai con chiarezza di intenti
o con consapevolezza lo scettico greco asa spingersi aila negazione
dell'esistenza di una cpuatc;. Se egli negasse o soggettivizzasse questa
datita esistenziale avrebbe di giâ. risposto, in un certa qual moda,
:1lle sue perplessită., carne ha fatto lo scctticismo moderna. Ma lo
Scettico antica rimane, in fondo, un naturalista al pari degli abor-
riti Dommatici. La natura sta li, di fronte a lui, impenetrabile ed
arcana. Tanti filosofi hanno fatto un vano lavoro di Sisifo per svi-
scerame il scgreto, carne l'eroe tragica ha tentato vanamente di
afferrare la volonta del destina, di prendere il fato per la gola e di
sconfiggerlo con la propria energia morale. Temerariamente essi
hanno creduto di aver vinto, ma hanno solo ed.ificato fantomatici
castelli di opinioni contraddittorie. Lo Scettico non intendc imper-
vcrsare contra l'impcgno di questi pensatori ne deridere la loro co-
stanza indagativa, giacche anche lui e un ricercatore. Egli vuole
solo colpire la loro sicumera, la loro confusione d.i "opinione » e
'' scienza », di arbitrio e necessita. Il Dommatico dice: a La natura
esiste e la sua essenza ~. finalmente, questa ». Lo Sccttico, nello sfo-
derare le proprie argomentazioni contro siffatta scoperta, risponde che
1' cssenza non e affatto quella che dice il Dommatico, ma non giunge
mai alla conclusionc drastica: « Eppero la natura non esiste affatto "
e tanto meno egli ha l'ard.ire promcteicamcnte modemo di asserire:
" Eppero la natura e una mia proiezione o un'umana costruzione u.
Fondamentalmente naturalista al pari dcl Dommatico, lo Scet-
tico gioca sul medcsimo terreno dell'a.,..-versario e non presume che

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16 INTRODUZIONE

si possa giocare anche altrove. Il Dommatico spiana a modo suo


quel terreno, e convinto di averlo ben conosciuto, vi scorge una
legge, sia essa meccanicistica o teleologistica. Lo Scettico, invece,
studia quel terreno nelle sue manifestazioni, ma, non appena si
inoltra al di la di queste, si avvede che tutto gli sfugge. Egli, altora,
procede con tutta la serie sconfortante ed eroica delle sue nega.zioni
e delle sue aporie.
Le sue nega.zioni colpiscono concetti fisico-metafisici come l'esi-
stenza e l'essenza del divino, delia causa, de] tempo, del lu•Jgo,
del corpo, del pensiero, del numcro, del nascere e del perire, ma
non arrivano mai a demolire l'esistenza di nna 9ucr~<;: questa esiste
innegabilmente, anche se noi ne ignoriamo l'essenza.
Quando il dommatico Parmenidc aveva identificata la natura
con l'essere « uno, immobile ed immutabile », era stato, molto prima
dei Pirroniani, piil viol~nto di loro nei riguardi di essa, ed i u fisici "
pluralisti ne furono ben presta consapevoli e, dopo qualche secolo,
Aristotele affermo che Parmenide aveva u soppresso d'un sol colpo
l'intera natura » e le corse in aiuto, da fedele erede delia tradizione
ionica, con un'espressione che sembra avere implicanze protagoreo-
scettiche: cr<fl~e:~v ..a: <pcuv6fLEVCI! 1\fa salvare i fenomeni non vuol
dire affatto dare ragione a Protagora e al suo fenomenismo che
affermava la coesistenza attuale dei contrari. Contro il fenomenismo,
infatti, Aristotele fu anche piu duro del maestro Platone nel portare
avanti quel1'11 lliade filosofica» che erano i libri delia sua !tlela{isica.
Anche gli Scettici, da Timone a Sesto Empirica, erano tutti
d'accordo nel tentativa di ~salvare i fenomeni » dalla distruzione
generale e talvolta si complimentavano con i fenomeni stessi, ne
esaltavano il vigore, ne descrivevano le sfaccettature. In realtă.
salvavano dal marasma non il fenomeno, ma soltanto se stessi,
venendo meno in loro - erano uomini - quel a coraggio delia veri ta 11
che, in un momento di debolezza, era venuto meno persino all'eroica
Antigone. L'accorto Protagora aveva evitato la catastrofe accettando
il sensismo con tutte le sue contraddizioni ed implicitamente negando
quel principio di non-contraddizione intorno a cui gravitava e
avrebbe gravitato sino alla fine il pensiero ellenico. Gli Scettici,
invece, come non negarono l'esistenza delia cpucr~t:;. cosi non negarono
affatto quel principio ne lo discussero mai e::c professo, neppure,
farse, in certi momenti k eraclitei a a noi poco noti delia loro storia.
Quel principio, anzi, fu usato de fac/o da loro per smascherare le
incoerenze dei Dommatici. E sintomatico il fattl1 che, da tutte le
testimonianze scettiche rimaste in nostro possesso, non ci sia nep-
pure una riga dalla quale si evinca che il parmenideo ed aristotelico

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INTRODUZIONE 17

prlncipio di non-contraddizione non ha validită. alcuna. Anche se


qualche vampata eraclitea non dovette mancare nel focolare eli
Enesidemo, si tratto di una vampata che si riferiva piu al flusso
delle apparenze e delle rappresentazioni che non alle leggi del pen-
siero. Difatti dalle numerose pagine a enesidemee »eli Sesto Empirico
noi vediamo che il principio di non-contraddizione gioca un notevole
ruolo sia nella tropologia sia nella battaglia anti-aitiologica sia nella
demolizione di molte categorie fisiche ed etiche.
Gli Scettici, insomma, non risolsero la loro tragedia teoretica
col fenorncnismo ne, tanto meno, anticiparono la moderna feno-
menologia, e qucgli squarci che, da Timone a Sesto, sembrano brevi
inni al fenomeno vanno attentamente studiati e considerati non
come un epilogo, bensi come un episodio, ancorche non irrilevante,
della tragedia teoretica. Del resto, se essi si fossero appagati del
fenomeno, avrebbero in gran parte chiuso illibro delle aporie e avreb-
bero creato, alia men pcggio, un loro « sistema » fenomenologico.
Ma, nonostante la ricchezza delle loro indagini nel campo delle rap-
presentazioni - ove il merito principale va assegnato a Carneade -,
essi si guardarono molto bene dal farlo.
Rimanendo preclusa agli Scettici la via della <puaLc; nella sua
essenza e non essendo possibile l'effettiva conoscenza dell'oggetto,
rimaneva da percorrere la via delia soggettivita, del « senso intemo »,
della conoscenza dell'uomo o, insomma, di quella che il Mondolfo,
con molta efficacia e con suggestive motivazioni, ha chiamato ~la
comprensione del soggetto umana ». In questo campo i 1t«&1) - che
gli Scettici, accostati dalla tradizione ai Cirenaici, studiarono con
molta finezza - giocano un ruolo quasi analogo a quello che i !J>IXLv6-
!J.EVIX giocano nel campo dell'indagine sulla natura e sull'oggetto.
La lezione apollineo-socratica del « conosci te stesso n, filtrata so-
prattutto negli Scettico-accademici dalla mediazione a zetetica 11 di
Platone, fu ben recepita dalla scepsi antica. Come Aristotele ed i
Peripatetici, col loro bisogno di 11 salvare i fenomeni », avevano inciso
notevolmente sulla mentalita scettica nel campo delle indagini natu-
rali, cosi il binomio Socrate-Platone, col suo costante invita all'esame
del soggetto indagante e vivente, influl sulla spiritualita scettica
senza, pero, creare quell'antropocentrismo che tanto piace a molti
modcrni, ma piuttosto favorendo indagini eli ordine psicologico,
epistemologico, antropologica e persino sperimentali che, nonostante
il sigillo immancabile dell'epoche, sono ben piu feconde di certi
trionfalismi umanistici ai quali siamo oggi avvezzi.
Fu soprattutto l'ala accademica dello Scetticisrno antico ad avere
il merito di approfondire l'analisi dell'io conosccnte, delle rappre-

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IB INTRODUZIONE

sentazioni soggettive con tutti i loro risvolti psicologici ed emotivi.


Pur tra la durezza paradossale delle loro negazioni - di dommatismo
negativa parlarono, a tale proposito, i Neo-pirroniani - gli Acca-
demici prepararono la costruzione dell'uomo interiore, attraendo
l'attenzione di Agostino, che erro nel tracciare una sua « storia »
dell' Accademia, ma ne capi meglio di ogni diligcnte filologo certe
esigenze e certi aspetti drammatici. Raffinati e coltissimi indagatori
del soggctto urnano, gli Scettico-accademici meditarono a lungo
sui nostri poteri cognitivi, sui limiti invalicabili di questi poteri, sui
turnulti interiori delia nostra coscienza, sulla nostra esigenza di svin-
colarci da] detenninismo, dalie superstizioni, dai raggiri della fortuna
c del caso. Essi non parlarono, comc i loro studiosi seguaci dell'eta
umanistica, delia dignita e dell'eccellenza dell'uorno, ma piuttosto
dellc incertezze, delle perplessita e dei rischi come in un gioco al
tavoliere: ma propria per questa loro pensosa consapevolezza sono
andati ben oltre quella retorica che spesso ci accompagna quando
parliamo " de homine a.
Mentre l'ala accademica dello Scetticismo ha impostato questo
tipo di problematica, l'ala empirica, talvolta non assente anche
sotto i platani di Academo, ma, in genere, potenziata ed arricchita
dai rapporti critico-dialcttici con la tradizione aristotclica e dall'ap-
porto dei contributi tecnico-scientifici - soprattutto da parte delia
medicina -, andava enucleando, dalla catastrofe del pensiero spe-
culativo, certe mt>todologie di ricerche e di interventi che arric-
chivano il discusso patrimoniu conoscitivo e facevano aumentare
le possibilita operative dell'uomo. Rinviando la sua resa finale,
l'eroe scettico-empirico, per cosi dire, provava e riprovava, non si
limitava all'ispezione diretta (Ctu-.oo/toc), ma procedeva per tentativi
sperimentali (7tetp~rijp'1jO"L~:";}, epochizzava, ma non desisteva dal-
l'indagine (l;i)T"l)(Lct).
Eppure tutto questo non eliminava l'incubo delia tragedia.
Lo scettico-empirico sapeva di giocare al tiro a segno nel buio.
Come la natura - verita cstcma - continuava, nella sua essenza,
a rimanere « celata nell'abisso » secondo l'antico adagio di Demo-
crito che riscosse singolare fortuna dai tempi di Pirrone a quelli
de]]',, empirica • Sesto, cosi anche l'uomo - verita interna - rima-
neva essenzialmente un mostro piu complicata di Tifone e non
possedeva alcun chiaro requisito per essere assunto come « criterio
di verita ». Ancora una voita Protagora, col suo facile umanesimo,
aveva torto: il soggetto non solo non poteva conoscere l'oggetto,
ma doveva, suo malgrado, ridurre anche la conoscenza di se stesso
e il motto apollineo-socratico rimaneva un pio voto augurale, come

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INTRODUZIONR

ccrti cori tragicamente gioiosi di Sofocle venivano cautati nell'immi-


nenza delia catastrofe.
Tragedia teoretico-gnoseologica, dunque, quella dello Scetticismo
greco: ma tragedia per nulla vuotamente intellettua.listica. Essa
;wn era suscettibile di correzioni e di raddolcimenti postumi, ed
ancora oggi ci si presenta nella sua composta oggettivita quasi
impedendoci di modernizzarla. Qual dramma, infatti, ha in se un
qualcosa di ontologica, anche se il suo essere e il suo pensiero ci
sono giunti a frammenti, carne tlll'antica opera plastica. Eppure
in questa sua ontologicita, che e tipica de) pensiero ellenico in ge-
nc:rale, palpita la vitalita storica di oltre mezzo millennio di indagini
•• di rifiuti, di delusioni e di ricerchc, carne vedremo esaminando
ati uno ad uno i principali episodi storico-evolutivi con le loro con-
linuita c con i loro contrasti.

4· Gli Scettici antichi ebbero consapevolezza di questa tragedia


del pensiero soltanto quando tiravano le somme delia loro indagine,
mcntre durante la loro ricerca, nel condurre avanti le polemiche,
rivelavano di possedere uno spiccato senso di fiducia in se stessi
e nelle loro posizioni filosofiche. La « disperazione pirroniana •. di
cui hanno spesso parlato e alia quale hanno cercato di porre rimedio
gli Scettici modemi, puo sembrare, percio, piuttosto un consuntivo
critico che una realtă. di fatto emergente dalle analisi particolari.
Dalie numerose testimonianze in nostro possesso risulta, anzi,
che i pensatori scettici, oltre a possedere un'efficacia polemica ecce-
zionale nel portare innanzi sempre piu sistematicamente le loro ne-
gazioni, erano anche ricchi di una verve tutt'altro che tragica: Timone
preferiva l'incisivitâ. aggressiva e vivacissima della satira; Cicerone,
nell'esporre e ne] patrocinare in varie sue opere filosofi.che il pensiero
scettico-accademico, manifesta una quasi gioiosa vitalitâ. e un
arguto senso dell'umorismo; Sesto Empirica, che ci ha lasciato nei
suoi scritti la Summa dello Scetticismo antica, e uno scrittore sor-
prendentemente vivido, incisiva, acuto, ironica e persino comica-
mente beffardo. Aristocle, Numenio, Fozio, che ci hanno trasmesso
preziose testimonianze e penetranti rilievi critici, parlavano di ciarle
e di vaniloqui a proposito dei filosofi scettici ed erano in piena buona
fede nel fare questi Ioro ostili rilievi che noi non ci sentiamo di con-
c~videre: essi, infatti, vedevano nelle posizioni scettiche solo l'cspres--
swne di una bizzarria mentale e linguistica e un'ostentazione pole-
mic~sof!stica e non boia una reale e profonda condizione dell'uorno
e del pensiero. Pero altri autori non scettici, ma molto sensibili alia
problematica delia scetticismo, hanno acutamente espresso l'auten-

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20 INTRODUZIONE

tiei ta di quel dram ma che accompagno il declino del pensiero classico:


anzitutto va, qui, tenuto presente Filone Ebreo, che da parecchi
segni di aver vissuto l'esperienza scettica tanto nei suoi lati neo-
accademici quanto in quelli enesidernei e che trovo uno sbocco alle
sue crisi umane e filosofiche nella mistica biblico-platonica. E, dopo
Filone, Lattanzio e soprattutto Agostino '\.'idero nello Scetticismo
greco, e particolarmente in quello degli Accademici, quasi un prov-
videnziale disegno per la costruzione di una nuova fede e di un
nuovo modo di pensare sulle rovine di una civilta ormai esaurita.
Nell'abbracciare la causa della negazione persino nei momenti
di costruttivita lo Scettico, che non pua non essere polemica contro
gli altri filosofi, rifugge - da buon greco - dalie lacerazioni interiori
e riesce a dare serenita a tutti i suoi movimenti e quasi il carisma
delia necessarieta epurativa e benefica a tutte le sue demolizioni.
Cio dipende dal fatto che egli sa vivere la tragedia teoretica con quel
lucido distacco contemplativa che e rnolto raro nei pensatori moderni.
Viene cosi spiegata la presenza nello Scetticismo di un patrimonio
che pua sembrare ingombrante ed inutile: i sofismi, l'eristica, una
consurnatissima dialettica sfruttata fine all'esasperazione, proprie
mentre se ne proclamano l'infondatezza e l'inutilita.
E giudizio concorde degli studiosi modemi che Pirrone, !'enigma-
tico fondatore dello Scetticismo greco, sia stat o un adialettico;
ma cerne pensare che su di lui, amante dell'afasia, non abbiano
influito i ragionamenti dei 1\legarico-eretriesi? Gia prima che l'Acca-
demia assurnesse posizioni scettiche, lo Scetticismo non poteva non
avere una sua dialettica, che poi si ingigantl quando entro in campo
la possente armatura discorsiva di Platane a servizio dell'acatalessia
e delia sospensione dell'assenso. La dialettica era concepita come
1'<< arte dei contrari » e, con buona pace del genio hegeliano, non
mirava affatto ad una sintesi: essa era disponibile per mettere in
risalto il pro e il contro di ogni realta e di ogni soluzione e, cosi. con-
cepita, non poteva non menare all'isostenia e, quindi, all'epoche.
Certi slanci sintetici delia dialettica di Platane - slanci idealistica-
mente prodotti da Eros- erano gia stati sedati dalla Topica e dalla
Retorica di Aristotele, il quale, pur essendo un grande dialcttico e
pur facendo pesare la dialettica (come anebbe notato duramente
il Gomperz) anche nelle indagini sperimentali, ridimensiono l'u arte
dei contrari " escludendola, almeno intenzionalmente, dalie pure
ricerche logiche degli A 11alitici.
Gli Scettici applicarono la dialettica in qucll'accezione che le
aveva date Aristotele, senza ammettere, pero, chc il momento dia-
lettico dell'indagine fossc superato da quello analitica. Mentre gli

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lNTRODUZlONE 21

Stoici, partendo dalle indagini aristotelicbe sul sillogismo, perven-


nero, attraverso la mediazione teofrastea, alla fonnulazione del
sillogismo ipotetico che in parte acutizzava il formalismo dell'Organon
r in parte offriva spunti geniali alla pura ricerca scientifica, gli Scet-
tici tacquero, farse anche ignorandone le articolazioni particolari,
della sillogistica aristotelica e respinsera con aspre polemiche quelia
~toica. Cosi quegli acuti dialettici che furono gli Stoici erano tenuti
sotto scacco continuamente dagli altrettanto acuti dialettici delia
:;cepsi. Gli Stoici ebbero la singolare caratteristica di mescolare in-
teressanti indagini filosofiche con fantasiose costruzioni di ordine
lisico, metafisico e morale. Tutto questo non sfuggiva all'acuta e
tagliente dialettica scettica, la quale si limitava alle antilogie, epo-
chizzava ogni tipa di sillogistica, non risparmiava qualsivoglia costru-
zione fisica, metafisica o etica.
I Neo-accademici sfoderarono le loro armi dialettiche fina al
punto da non sapere pin essi stessi, col passare del tempo, come
usarle per colpire gli avversari, e si andarono confondendo, in una
para bol a discendente, con gli aborriti Stoici: gli stessi responsabili
di questo appeasement, come Filone di Larissa, reagivano contro
le conseguenze da loro inizialmente promosse e 1'Accademia, dopo
anr svolto il suo ruolo con molto prestigio, usciva dalie scene delia
tragedia sccttica ed andava ad imbarcarsi per altri lidi, pur mostrando
tii tanto in tanto, carne si riscontra in Plutarco e in Favorino, certe
nostalgie per il buon tempo antico di Arcesilao e di Carneade.
~Ia la dialettica non abbandonava la scena scettica. I Neo-pir-
roniani ruppero con l'Accademia, ma ne assimilarono e ne rinnova-
rono l'arte dei contrari, dando ad essa nuovo vigore. Enesidemo,
che fu il genio fondatore del Neo-pirronismo e che quasi certamente
si era nutrita, prima de) distacco, della dialettica accademica, con-
tinuu l'opera di Carneade nel dare un'organica sistemazione a tutto
il pensiero scettico nei vari settori delia ricerca che, a quei tempi,
si di\rideva ormai per consuetudine secolare in logica, fisica ed etica.
E Fozio, nello scrivere il riassunto dell'opera principale del pensatore
scettico, notava, nella sua avversione contro l'autore, che costui
a:·eva. fatto qualcosa di utile a quelli che vogliono esercitarsi nella
dialettica, anche se non utile alia veriti.
. Farse Sesto, partendo dalle indagini della Medicina Metodica o
d~ quella Empirica, credette per qualche tempo che ormai con la
d!alettica, macchinosa credita del domrnatico Platane anche se
camuflata di istanze scettiche, bisognasse farla finita. Expellas na-
tr~r~m /ttrr:a, tamM usque rer:urret! Osservatore acuto e quasi divertito
d! mnumerevoli particolari delia natura che egli raccoglie non solo

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22 INTRODUZIONF.

dagli studi scicntifici dei medici, suoi compagni di lavoro, ma persino


dai mirabilia dell'immensa lctteratura pseudo-scientifica dcll'etă.
post-aJessandrina e romana, quando utilizza queste sue ricche e
talvolta divertite osservazioni a scopo scettico, non puo non ricor-
rere anche lui alia dialettica. Quel tona di pamphlet che aveva ani-
mata Timone soprattutto nei Silli toma ad animare gli stupendi
saggi sestiani contra i professori di scienze ed arti. Il grammatico
si difendcra dagli attacchi di Sesto dicendo che costui sa fare dia-
lettica, ma non grammatica, e lo stesso discorso fara lo studioso
di aritmetica e di geometria, quando Scsto, con infernale spirito
dissolutivo, colpisce senza rispannio le pitagoriche scienze del nu-
mero e deHa grandezza. E, se fosse risuscitato Aristotele, avrebbe
detto chc Sesto mostra scarsa conoscenza degli A nalitici con quel
suo tentativa di decapitare ogni indagine logica riducendola alia
Topica o addirittura agli Ele1tchi sofistici.
Lo Scctticismo greco - veramentc greco nella sua essenza -
nasce con la negazione delia dialettica ad opera di Pirrone e muore
con la negazione delia dialettica ad opera di Sesto. Ma quella nega-
zione e essa stessa. una posizione diaJettica, trova una sua metodo-
logia nell'arte dei contrari, perviene alla sospensione dell'assenso
quasi esclusivamente ad opera di istanze antilogistiche che gli fanno
ben vedere la pagliuzza nell'occhio del "fratello » dommatico e fre-
nano ogni intenta costruttivo anche se accompagnato da cautela
e circospezione. Zenone di Elea non intendeva dare una dimostra-
zione dell'unico cssere di Pam1enide, ma solo negare ogni forma
di cangiamento e di molteplicita: a tale scopo egli creo la dialettica.
Lo Scetticismo greco accetta la lezione zenoniana, la sviluppa con
tutta la raffinatezza. culturale dovuta a molti st>coli eli indagini
filosofiche, ne utilizza la u feconda sterilita » e con essa giunge al
propria esaurimento.

s. Secondo lo Scettico antico non e per nulJa esatto ritenere che


l'epochC sia la fine di ogni ricerca. La sospensione dell'assenso e dd
giudizio, infatti, e come un'ancora levata che mette in movimento
la nave staccandola dall'irnmobilita delia certezza. E, invece, il
Dommatismo la morte della ricerca, giacche esso, pascendosi del-
l'illusione di avere ormai tutto risolto, non si sente piu disposto a
riprendcre la faticosa via dell'indagine. La concezione a noi con-
tcmporanca delia \'Îta u come ricerca », pur avendo un'origine storica
molto recente, puo sembrare quasi preconizzata dagli anticbi ce zete-
tici », che non si appagavano mai dci risultati conseguiti e, come dice

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INTRODUZIONE 23

esplicitamente Sesto, a diffcrenza dei Dommatici e degli Accademici


continuavano ad indagare.
Cio non vuol dire affatto che lo Sccttico non abbia a"'Uto la
tentazione di sospendere ogni indagine allo stesso moda con cui egli
sospemle ogni giudizio. L'emblematico Pirrone, forse, giunse a questa
conclusione ed abbandono la ricerca per vivere paradossalmcnte
quella u salvezza Il che la sua afasia gli aveva donato. Ma lo stesso
srtggio di Elide, carne non fu insensibile all'acuminata dialettica dei
~lcgarico-eretriesi, cosl non si sottrasse completamente al fascina
eli quel grande indagatore che era stato Democrito, il quale aveva
mrritato l'elogio del suo avversario Aristotele perche, a differenza
cl,,i Platonici, non si era limitata a )..oytxwc; UY.07te:tv, ma aveva
~aputo Cj?UO'tY.w~ aY.o7te:i:v, ossia non aveva risolto lo studio delia
realta naturale in un gioco puramente dialettico-cogitativo, ma lo
aveva condotto con una metodologia adeguata alia natura stessa.
Qnali che fossero le conclusioni dommatiche cui Democrito era pcr-
n·nuto, l'atomismo aveva apportato al moda di indagare una im-
portante riforma che gli Scettici non potevano non apprezzare,
sebbenc respingessero il dommatismo dcgli atomi e del vuoto e le
implicazioni matematicistiche di siffatta dottrina.
La filosofia greca, fin dalle sue origini, si era comportata con
I'inuag1ne scientiftca come Saturno che divorava i suoi stessi figli
o come l'Vrano esiodeo che, per troppo attaccamento alia consorte
Gea, impediva che dai seno delia feconda divinita uscisscro fuori i
frutti da lui generati. Opponendosi alle forme mitiche, i filosofi
dlenici gettarono le basi dell'indagine scientiftca, ma la Iora E1tt-
a•-f,:.L·r, rimase sostanzialmente legata al Myoc; con somma fortuna
per la ricerca filosofica, ma con grave danno per le cosiddette scienze
cmpiriche, che spesso dovettero pagare un considerevole scotto alia
loro madre filosofia, e con danno ancor piu grave per gli s,;luppi
ddla tecnica scicntifica e per le sue applicazioni, verso cui gli Elleni
pro,·avano quasi un'aristocratica ripugnanza.
li rniracolo delia filosofia greca poggia su questa singolare con-
traddizione che gli studiosi del nostro tempo, sulle orme del Far-
rington, stanno cercando di smantellare con zelo eccessivo e, in
gran parte, infecondo. Gli Scettici ebbero sentore delia tragica prc-
CJrictil di qucl miracolo, e la stessa ricchissima epistcmologia ari-
stotelica, che pur da Teofrasto a Stratone si andava sempre piu
lisicizzando e accorciava le distanze che la separavano dagli AtD-
lllisti, non sembrava a loro soddisfacente. Percio es.c;i sentirono il
hisogno di un'antifisica, quantw1que non a\'essero alcuna idea che
hisognasse edificare una nuo\'a epistemologia. E se di Pirrone non

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INTRODUZIONE

sappiamo con precisione' quale fu l'atteggiamento contro i « fisici »,


sappiamo, invcce, che furono gHt vive le istanze di Tirnone contro
costoro e, forse, Sesto Empirica, quando col passare dei secoli af~
fronto lo stesso problema sia nel terzo libro degli Schizzi sia nei due
ampi trattati Contro i {isici, era convinto di rinverdire le istanze
timoniane anche se in una diversa temperie storica.
Non furono meno sensibili alia problematica epistemologica gli
Accademico-scettici, che non obliterarono mai la loro provenienza
platonica, anche se non ne accettavano piii i risvolti donunatici.
Una certa mentalita matematica, antitetica a quella biologico-natu-
ralistica dei Peripatetici, serpeggia nella « ragionevolezza » (c:l:i..oyov)
di Arcesilao e ancor piu nel «probabile» (7tL&CA:v6v) di Carneade e
dei suoi seguaci fino a Filone di Larissa. Cameade mise in dubbio
il celebre assioma matematico che due grandezze uguali aduna terza
siano uguali tra loro, suscitando le postume ire di Galeno, ma le
strutture del suo probabilismo poggiano sul gioco dei dadi e sugge-
riscono il primo arcaico spunto a quel calcolo delle probabilita che
ha trovato la piu rigorosa ed estesa applicazione nelle scienze fisiche
del nostro tempo.
Nel corso del loro divenire storico gli Scettici si resero conto
che la loro indagine epistemologica anti-dommatica non riusciva a
svincolarsi dalie aborrite scienze pitagoriche, e percio i Neo-pirroniani
imboccarono llll'altra via e si andarono sempre piu accostando alla
medicina, ossia alia scienza meno propensa ad arrendersi di fronte
all'acribia dei numeri e delle grandezze. Aristotele, che mai aveva
oppugnato l'indagine matematica e che su di essa aveva costruito
l'ossatura delia sua sillogistica, si era impegnato, spesso con durezza
polemica, a liberare le scienze delia natura dali'ipoteca matemati-
cistica cui le sottoponevano i Platonici. Gli ultimi Scettici radicaliz·
zarono la posizione polemica di Aristotele e intesero buttar via
l'acqua sporea insieme col bambino, ossia il rnatematicismo insieme
con la stessa matematica. E questo loro radicalismo fu tanto piu
significativo quanto piu le scienze matematiche non solo venivano
spuriamente rifocillate dalle insorgenze neo-pitagorizzanti ed em~
hrionalmente neo-platonizzanti, ma corroborate delle grandi ricerche
dei matematici alessandrini.
Non e da escludere che il bisogno di rompere i ponti con l'Acca-
demia nascesse non solo dai fatto che gli Accademici, prima di ar-
rendersi alia Stoa con Antioco di Ascalona, erano giunti al tt domma-
tismo negative u, ma anche dalie preferenze a scientifiche u di questi
spuri eredi di Platone, mentre i Neo-pirroniani avevano altre pre-
ferenze « scientifiche », come si venne sempre piu chiarendo nel corso

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INTRODUZIONE 25

storico della scepsi da Menodoto a Sesto Empirico. Il predominio


della medicina nell'ultima fase dello Scetticismo greco sta a signi-
ficare un atteggiamento preferenziale di carattcre epistcmologico:
il camuso, come avrebbe detto Aristotele, riprende il sopravvento
sul curvo, concedendo soddisfazione ai sensi e riscattando l'intelletto
dalla schiavitu matematica e accogliendo soprattutto i contributi
deil'la't'opl!X in campo storico, etnologico, geografica, zoologica, bota-
nko e cosi via.
In tutti questi settori le scienze dell'eta ellenistico-romana avevano
fatto progressi notevolissimi: il prima slancio fu dato a loro dalie
imprese di Alessandro e dall'equipe culturale che lo accompagnava;
poi erano venuti gli illuminati Cesari, eredi a rnodo Ioro del Mace-
Junc, e le stesse esigenze pratiche del mastodontico impero richie-
dcvano indagini empiricbe e concrete applicazioni tecniche. Ma
accanto a questo sviluppo scientifico-tecnologico non mancavano le
bi7,7.arie fantasiose dei raccoglitori di favole, e gli Scettici, cbe non
si lasciavano sfuggire una virgola per colpire le inconsistenze dei
IJommatici, erano spesso pronti ad accogliere, accanto ai solidi
contributi delle varie scienze delia natura e dell'uomo, anche certe
favole che oggi ci fanno sorridere. Nell'esposizione dei famosi dieci
tropi di Enesidemo fatta da Sesto Empirica ci sorprende la strana
mistione di preziosi contributi raccolti dalie varie scienze con certe
fanfaluche che il finissimo scrittore riporta con tanta naturalezza
da farci nascere il sospetto di un suo dit•ertissemmt e da suscitare la
convinzione che quel mondo ionico in cui si erano sviluppate l'Odissea
e i racconti di Erodoto non volesse propria esaurirsi anche quando
il mondo antica si avviava alia fine.
L'ancora levata, sirnbolo dell'epocbe, faceva inoltrare il battello
scettico per mari diversi e l'ultimo grande scettico, Sesto Empirica,
mostra talora di essere animato dalla stessa curiosita dell'antico
L"lisse. Accanto ai contributi delle scienze gli ultimi Scettici sono
disponibili ad accogliere anche i mirabilia: si servono degli uni e
degli altri, per sottoporre, poi, tanto gli uni quanto gli altri al Ioro
affilato rasoio non appena si profili in loro 1'&87J:Aov e il tendenziale
orclinarsi in una costruzione dommatica. Senza nulla negare alia
profonda originalita. delia metodologia scettico-empirica specialmente
per i suoi rapporti con la scienza medica, siamo oggi abbastanza
lontani dal vedere in essa prefigurati uno Stuart Mill o altri positi-
,;sti, come si faceva all'inizio del nostro secolo. Tagliando certi
ombelichi e liberandoci da certe J.ucinalimt.:s non facciamo un danno
alia sorprendente e contraddittoria vitalitâ. delia scepsi antica, ma ne
scopriamo meglio le reali dirnensioni senza farne una nostra mancipia.

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I!'OTRODUZIONE

Gli Scettici avvertirono tutta I'importanza dd problema episte-


mologico quasi con lo stesso acume con cui a\'vertirono quella del
problema gnoseologico. Anche nel scttore dell'cpistemologia trovarono
la strada gia tracciata dai Dommatici, soprattutto dai seguaci di
Platone e di Aristotele. Ma essi, come nel campo delia gnoseologia e
dclla lo;"rica rimasero negatori del sistema senza staccarsi dai sistema,
cosi, nel campo delle scienze, del loro significato, del loro metodo e
dci loro reciproci rapporti, misero in luce le piu sconcertanti aporie,
ma non concepirono affatto un'epistemologia nuova.
~ on bisogna cercare ad ogni costo una pars construens: ormai
Bacone - al quale spcsse volte la critica ha \'oluto con varie forza-
ture accostare specialmente l'ultima fase dello Scetticismo greco -
c parecchio distante da noi: eppure anch'egli costrul meglio quando
demoU gli ido/a! In un ccrto senso, entro i limiti delle distanzc sto-
richc, anche gli Scettici « costruirono » molto bene la loro episte-
mologia quando esarninarono, con perplessita filosofica, i limiti e
le cart-nze, i contributi e le conquiste delle varie scienze che gli
antichi avevano prodotto e che avevano inteso sistemare in un cosmo
annonioso, ma anche angusto.

6. Se certi parametri dialettici o epistemologici attualmente in


vigore non sono adatti a fard comprendere la dialettica e l'episte-
mologia dello Scetticismo antico, ancor meno adatti sono certi
parametri di ordine pratico-politico, a meno che non vogliamo riti-
rarci dall'indagine con amarezza e disillusione.
Abbiamo notata che gli Scettici furono rivoluzionari e- contrad-
dittoriamente - conservatori nel ritenere impossibile la soluzione
del problema gnoseologico e, nello stesso tempo, nel rimanere stret-
tamcnte legati alle posizioni gnoseologistiche; abbiamo notato anche
che essi utilizzarono tutte le loro immense risorse dialettiche per
demolire la logica antica, ma non concepirono la dialettica in modo
sostanzialmente divcrso da comc J'aveva concepita il suo fondatore
Zenone di Elea; abbiamo, infine, notato che essi, nell'introdurre
un salutare turbamento nell'epistemologia antica, non giunsero fino
a scardinarla, ma fondarono le loro indagini sugli stessi cardini su
cui quell'epistemologia si era andata costrucndo. Lo stesso discorso
si puo estendere sul piano della 'Irita pratica e degli umani rapporti.
Gli Scettici sembrano fautori di una singolare « rivoluzione per-
manente" quando rcspingono 1',. arte delia vita" e quando epochiz-
zano ogni dcfinizionc de) benE' c dcl malc mostrandone le contraddi-
zioni ed esaspcrandonc il relativismo. Valori e disvalori fanno con~
tinttamente lo scambio delle parti, come avv:iene anche di solito

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INTRODUZIONE

nella ridda delle opm10ni contrastanti nel campo delia «logica» e


della u fisica ». I sostegni teologici de1la morale vengono tolti di mezzo,
giacche ogni teologia e impossibile e contraddittoria; ma anche i
sustegni naturalistici vengono eliminati, giacclu! la natura non si
la!'da conoscere nella sua essenza, ma si limita a colpirci soltanto
cun le sue contraddittorie apparenze. Tanto mena si puo ritenere
,·alido il fondamento umanistico-trascendentale dell'uomo non solo
perche una siffatta categoria non era stata speculativamente ben
definita neppure dai Dommatici antichi, ma anche perche ogni tcn-
tatiYo antropocentrica, a meno che non volesse appagarsi dell'uomo-
misura, trionfalisticamcnte asserito da Protagora, andava ad impi-
gliarsi nelle antilobrie gnoseologiche circa l'essenza dell'uomo stesso.
Costruendo i loro a sistemi n di etica sull'arte della vita i Domma-
tici avevano, ciascuno a moda suo, trovato una soluzione ai problemi
pratici, sforzandosi di fondare citta ideali (Platone) o appagandosi
rli razionalizzare quelle reali coll'immunizzarle dalie degenerazioni
(.\ ristotele) o isolandosi nella propria individuali ta nascosta (Epicurei)
oppure, scnza negare quest'ultima, aspirando ad una citta univer-
~ale che risolvesse i problemi dell'uomo sociale (Stoici). Questi vari
attcggiamenti dommatici non potevano riscuotere la simpatia degli
Scettici, giacche partivano da una petitio principii di fondo, da un
an~r risolto il problema dell'uomo pratico prima di esserselo real-
mente posto.
La domanda ce che fare? » si presentava con le stcsse caratteri-
stichc delia domanda a che pensare? u. E carne a questa seconda
domanda gli Scettici diedero le loro risposte rivoluzionarie e, insieme,
molto conservatrici, cosi si comportarono anche nel rispondere alia
prima domanda. La vita pratica non fu l'hic Rhodus hic salta dello
Scctticismo greco, come gia pretendevano i Dommatici antichi e
comc continuano a pretendere i bene ideologizzati studiosi modcmi.
Alle "posizioni » teoretiche scettiche corrispondevano pienamente le
,. posizioni 11 pratiche: era questo un diallelo chc gli Scettici, arnan ti
deUe confutazioni, non confutarono mai.
Comc non si poteva respingere la logica antica quando si conti-
nu;n·a ad utilizzare il principio di non contraddizione, ma si poteva
sol<'l cvidenziarne le aporie, c come non si poteva respingere la fisica
antica quando non si negava l'csistenza della natura, ma si poteva
solo negare di conoscerla, cosi l'etica antica non poteva esscre capo-
volta dalla semplice ncgazionc dell'cc arte dclla vita », ma poteva
c_ss~r~ solo rimeditata e appalesata nci suoi sconcertanti paradossi.
Cosi 1) simbolica Pirronc pratico l'adiaforia, ma si guardo bene dai
fare attentati alle leggi delia sua r.o).t;: ";sse santamente con sua

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INTRODUZIONE

sorella, fece del bene ai suoi concittadini procurando loro anche l'esen-
zione dalie tasse e, secondo Favorino, non c'era niente di male se
egli, praticante dell'afasia, esprimesse verdetti nei tribunali. Gli
Accademici continuarono a dare una gestione legale al loro raffinato
sodalizio in confonnita con le istituzioni forse stabilite gia da Platone
quando componeva le Leggi: essi educavano oratori ed uomini poli-
tici, sapevano rintuzzare certe arroganze di qualche diadoco di
.Alessandro e coraggiosamente con Carneade, davanti al1'1.1Jtellighentia
romana, seppero anche affermare che sotto il nome di giustizia si
celavano abilmente le rapine fatte in tutto il mondo dai discendenti
di Romolo: cosa che indusse Ca tone a far preparare i bagagli al
pericoloso filosofa. E il buon Cicerone difendeva anche da scettico-
accademico il suo operata politica e non si pentiva di aver detto
e ripetuto il suo comperttun lrabeo a proposito delia congiura di Cati-
lina fino a sentirselo ripetere carne un ritomello nelle assemblee
popolari, nel senato e nella conversazione riservata con Lucullo.
Il povero Favorino ebbe brutti grattacapi dall'imperatore Adriana
e dall'entourage imperiale che pure ostentavano il loro :filellenismo,
e si difese, senza venir meno per questo al suo 11 pirronismo 11 che pur
era malsicuro per altre ragioni, ma non per incoerenza pratica.
Infine Sesto Empirica, col suo trattato Sugli ăei, non intendeva
minare affatto le basi del culto, ma solo sostenere il suo scire 11e/as
c non credeva di venir meno allo scetticismo quando affermava che
lo Scettico rispetta le leggi ed i costumi delia sua patria e vive in
modo conforme ad essi.
Gli Scettici non furono rivoluzionari in carnpo pratico perche
non furono rivoluzionari in campo teorico. Se ci sono contraddizioni
in loro, non bisogna vederle tra teoria e prassi, ma all'intemo delia
teoria e all'intemo delia prassi.
Si e parlato di ce confonnismo scettico D, forse col sottinteso
malanimo di ehi avrebbe voluta che quegli antichi signori abbrac-
ciassero la causa delle masse diseredate ed oppresse. Ma il rasoio
scettico serviva a rendere piu levigato il volto del pensatore, e le
mani dello Scettico non erano idonee a vibrare alcun colpo di maglio:
l'esempio piu appariscente ci e offerto ancora una voita da Cicerone
che detestava ogni rivoluzi.one piu delia dittatura sillana!
Ma uno dei cardini dcll'etica scettica era la difesa delia comune
consuetudine (auv~~h:~cx) e questa difesa veniva esercitata in ogni
settore: nell'u.so dellinguaggio contra gli accigliati grammatici ana-
logisti e contro la retorica pomposa e dotta delle scuole, nell'uso
delle varie scoperte ed invenzioni scientifiche contro l'acribia aristo-
cratica dei matematici, nella condotta delia vita contro certi aristo-

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lNTRODUZlONE

cratici rigorismi moralizzatori che, come avveniva nella Stoa, fini-


,·ano col giustificare persino l'incesto. Pare quasi che un sano spirito
popolare e democratica aleggi spesse volte nell'ind.irizzo scettico,
persino nella sua fase accademica, quando il geniale Carneade non
rifug~;iva da atteggiamenti demagogiei. Ma non facciamoci troppe
illusioni! Gli Scettici non praticavano affatto una «morale provvisoriu
rhe poi dovra essere sostituita da un'altra morale quando le cose
saranno d.iventate manifeste e inequivocabili sul piano teoretica,
t' tanto meno si sognavano un futuro cr capovolgimento delia prassi •·

A parer loro, nella teoria non si addiverra ad alcuna chiarificazione,


e 11uindi neppure nella prassi: le due incertezze procedono all'unisono
e la provvisorieta non e un segno esclusivo di ordine morale, ma
penn<me anche nelle indagini logiche e in quelle fisiche.
Lo Scettico non accetta il criterio delle maggioranze ne in teoria
nt in pratica: per questo lato egli recepisce ancora la lezione ari-
stocratica di Platane, e su questo punto insiste molto chiaramente
Sesto Empirica, che pur sembra, piu di ogni altro scettico antico,
ricco di ariose aperture popolari e democratiche.
Tra il pensiero e l'azione dello Scettico antica sussiste una mira-
bile coerenza: lo Scetticismo, insomma, non fu reazionario e con-
formistico in pratica, ma rivoluzionario o almeno incisivamente rifor-
mistico in teoria. Si potra pure inorridire di fronte a questa sua
posizione che rimane omninarnente bifronte e antilogistica, ma non
si puo pretendere, direbbe quell'amante di proverbi popolari che fu
Sr.sto Empirica, di cavare ad ogni costo l'acqua dalla pietra, a meno
che non siamo noi ad innaffiare, piu o meno abbondantemente,
l'asciutto e solidificato macigno.

7· Una raccolta delle testimonianze e dei frammenti degJi Scettici


antichi va incontro a gravi difficolta e difficilmente puo essere esau-
stiva o almeno soddisfacente. Da una parte infatti- ove si eccettui
il prezioso Corpus se:t:tianum - si riscontra la mancanza quasi asso-
luta di fonti dirette, dall'altra ci troviamo dinanzi aduna profluenza
di fonti indirette che, come quelle ciceroniane o plutarchiane, sa-
r~mmo tentati di chiamare bastarde, se non ce lo vietasse il giusto
nspetto per quei grandi scrittori, i quali ci costringono continua~
mente all'imbarazzo delia scelta per i continui intrecci di cio che e
o:o scettico con interventi, aggiunte, emendarnenti e chiarificazioni
dJ ordine personale. Molti « saggi " scettici, carne Pirrone, Arcesilao
e Carneade, non credevano nella parola scritta e, al pari di Socrate,
non intesero affidare ai rotoli il loro pensiero; altri, come Timone
di Fliunte con le sue venticinquemila righe o Clitomaco con i suoi

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30 INTRODUZIONE

quattrocento libri, scrissero tanto da provocare l'ira del tempo. il


quale ne distrusse quasi completamente le opere.
PoichC, pertanto, mettendo da parte il tanto discusso e sempre
discutibile Ciccrone e l'accorto c d.iligente ma non« filosofa» Diogene
Laerzio, gli scritti piu autorevoli in nostro possesso sono quelli di
Sesto Empirica, e difficile sottrarsi alia tentazione di ridurre quasi
tutto lo Scetticismo antica a Scsto e di prescntare- una raccolta in
cui le testimonianze sestiane facciano la parte del leone. Anzi una
t•ue d'msemble dello Scetticismo, almeno quale esso si configurava
all'inizio del III sec. d. C., puo sembrare che risulti soprattutto dagli
Schizzi pirroniani, giacche quest'opera di Sesto, come ha osservato
il Dwnont, sarebbe le reflet pur et simple d'uiJe tradition e, quindi,
raccoglierebbe in maniera concisa e spesso briliante parecchi secoli
di esperienza scettica. E in realta Sesto Empirica e, senza dubbio,
un ottimo dossografo ed un ahile compilatore, come i! stato spesso
notata dai tempi del Brocha.rd ai nostri; ma questi suoi requisiti,
che erano tipici di un'epoca motto propensa all'crudizione e alia
somrnarizzazione, non gli impediscono affatto di essere un pensatore
originale, di intervenire personalmente con rilievi, annotazioni e
spunti polemici, anche quando riporta il pensiero dei suoi predeces-
sori. Anzi, poiche egli visse l'esperienza scettica con maggiore parte-
cipazione di Cicerone e di Plutarco, la stessa incisivita filosofica dei
suoi interventi e - ai fini delia raccolta di testirnonianze riferentisi
ad altri pensatori scettici - motto piu insidiosa e deviante delle
variegate inserzioni ciceroniane, che spesso dovevano limitarsi alle
esemplificazioni oppure piu di una voita esprimevano Io sforzo
oratorio di rendere facile e piano un pensiero la cui profondita sfug-
giva allo stesso oratore-filosofo. Non solo i trattati Contra i dommatici
e Contro i matematici, ma anche gli Schizzi sono opere molto mature
e lungamente meditate da un filosofo che intendeva non tanto ripor-
tare il pensiero degli altri, quanto trarre le somme personali di una
filosofia che egli rendeva propria e alia quale apportava un contri-
buto innovatore. Percio fondare quasi per intero, come ha fatto il
Dumont, una raccolta scettica su Sesto significa dare delio Scetti-
cismo antico una visione senza dubbio intelligentissima e organica,
ma anche unilaterale ed estrapolata dai divenire storico. La storia
delia scepsi antica, infatti, non fu priva di tensioni interne e lo stesso
Sesto Empirica ce ne da sicura conferma quando mira ad escludere
dalio Scetticismo cd a ridurrc quasi ai minimi termini il secolare e
spesso drammatico contributo deli'Accademia, mentre noi siamo
convinti, con la grande maggioranza degli studiosi moderni, che,

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ISTRODUZIONE 3I

senza l'apporto del pensiero accademico, lo Scetticisrno antica si


sarebbe estinto con l'eccentrica personalita eli Tirnone di Fliunte.
Riservandoci di presentare a parte - carne gia abbiamo comin-
ciato a fare -!'opera omnia di Sesto per la prima voita in veste ita-
liana, crediamo opportuno utilizzare, nella presente raccolta, gli
;;critti dell'Empirico soprattutto come fonte, con tutti i rischi ed i
pericoli che una simile operazione comporta quando viene escguita
~ul corpo vivo di un grande pensatore. Ampio spazio, invece, ci e
parso doveroso riservare ad altri autori, le cui testimonianze spesso
ci vietano di conferire il monopolio della traditio sceptica al pur
amatissimo Sesto.
Lo sviluppo dello Scetticismo potră. apparire - carne e nostro
augurio- nelle sue articolazioni storiche, nelle sue crisi e nei suoi con-
trasti, nei suoi continui tentativi sintetici e nelle sue dispersioni
:malitiche, come verră. eli voita in voita precisato nelle note intro-
duttive a ciascuna delle quattordici sezioni della presente raccolta.
In tal modo la ricchezza dei problemi e la versatile fecondita delle
argomentazioni possono essere puntualmente sottolineate, e eia per-
mettera, anche a ehi non e addetto ai lavori, di acquisire la consape-
volezza di quanto sia stata lenta ed elaborata e stilisticamente anche
composita la costruzione del fantomatice castello scettico in oltre
mezzo millennio di storia. L'ingresso di quel castelle era talora aperto
aristocraticamente ai soli specialisti, talora, invece, si aprivano tutte
le porte, anche quelle di servizio, perche respirassero aria di dubbio
c di sospensione letterati, scrittori, artisti ed eruditi di vario genere,
sebbene gli Scettici non pretendessero mai di avere per se una basilica
dalie ampie navate, giacche il loro pensiero non si divulga mai fino
al punto da diventa.re filosofia popolare.
Siamo ben lontani dai pretendere di aver esaurito tutte le testi-
monianze scettiche lasciateci dall'antichiHt e dall'erudizione bizantina:
esse avrebbcro richiesto piu di un grosso volume, specialmente se
accompagnate da chiose e commenti e corredate dalle risultanze
paleografiche, le quali, quantunque lascino a bocca asciutta il u .filo-
so[o "· sono indispensabili ad un esauriente restaura del variegato
affresco scettico. Lo scopo principale del presente volume non e
quello di essere consultata, bensi quello eli essere letto, sicche l'inte-
ressante fenomcno filosofica delia scepsi antica possa apparire nel
suo svolgimento ora nervoso e teso, ora pacate e lenta, carne la
bonaccia che gli Scettici vedevano apparire con Pirrone.
Il filologo e pregato di usarci indulgenza se non sono state riportate
tutte le tcstimonianze, se ci siarno !imitati a riportare solo in nota
0
addirittura a citare queUe che ci sono sembrate minori o spesso

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32 INTRODUZIONE

semplicemente ripetitive o trascurabilmente differenziantisi da quelle


che abbiamo ritenute rnaggiori. La stessa indulgenza si chiede, per
converso, se non sono stati espunti certi passi chiararnente introdotti
dai trasmettitori delle testimonianze, come era consuetudine del
loquace Marco Tullio. Non ci e sembrato segno di buon gusto togliere
loro la parola mentre cercavano di portare anche la propria acqua
al mulino scettico: percio li abbiarno lasciati parlare, anche se,
opportunamente, ne abbiamo annotato il personale intervento.
Gia per qualche scettico (come Cameade) o per qualche pensa~
tore aggirantesi nella costellazione scettica (come Antioco) esistono
attualrnente raccolte di testimonianze e frammenti piu o meno com-
plete; ma non sempre ehi vien dopo fa meglio, e talvolta filologi
delia statura di Hermann Diels hanno anche peggiorato qualche
situazione, come nel caso delia collectio dei St"lli di Timone, che giâ.
avevano avuto rnigliore trattamento dal Wachsmuth. Ma il nostro
presente lavoro non ha afiatto pretese dielsiane, e non solo perche
non riporta i te sti classici, ma si limita a tradurli: esso in ten de pro-
porre una conoscenza filosofico~culturale e dare alle testimonianze
raccolte un certo filo conduttore che, forse, e abhastanza tenue
- e non per colpa del solo raccoglitore -. ma, ci auguriamo, non del
tutto disorientante.

8. Nell'eseguire le traduzioni sui testi che di voita in voita indi-


chiamo in nota nelle premesse alle singele sezioni, abbiamo cercato
di tener presente che gran parte degli autori da tradurre furono
non solo ottimi o almeno discreti « filosofi » e tecnici dcl linguaggio
delia scuola, ma anche grandi scrittori, molto differenti tra loro
nello stile, nel linguaggio, nella concezione della vita, nelle situa-
zioni storiche: hastera pensare che da Timone a Fozio intercorre
quasi un millennio e mezzo! Tutte queste differenze non andavano
smarrite in un criterio di tradurre astrattamente univoco, ma meri-
tavano di essere rispettate e sottolineate sia per dare un'idea della
varieta dei colori assunti dalla tavolozza scettica nel suo corso storico
sia per non far perdere di vîsta i diversi modi in cui lo Scetticismo
venne esposto, rivis..o;uto, criticata o apprezzato da quegli antichi
autori che ci hanno lasciato la possibilită. spesso precaria di cono-
scerlo. Testimonianze come quelle che Eusebio raccoglieva da Ari-
stocle e da Numenio o, anche, come quella del patriarca Fozio,
per certe loro acutezze e per certi loro risvolti critici, hanno ben
poco da invidiare alia tanto scaltrita u saggistica )) del nostro tempo,
anche se i mezzi tecnici a disposizione erano allora molto rudi-
mentali.

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INTRODUZIONE 33

Il traduttore, percto, ha dovuto fare il suo mestiere di accorto


camaleonte, e se questa sua consapevolezza lo farâ. apparire rispet-
toso delle varie individualita, egli potra anche estrinsecare la sua
devozione a Giacomo Leopardi che conobbe e rivisse molto perso-
nalmente questa regione del mondo antico, ne risofferse le aporie
da lui gia intuite negli anni dello studio « matto e disperatissirno Jl
c poi rimeditate in tutto il resto delia sua esistenza e, piu di tanti
benemeriti studiosi oggi addetti ai lavori nelle varie parti del mondo,
puo ancora dare un contributo aduna conoscenza vivamente parte-
cipata dello Scetticismo greco.
II modo eli filosofare degli Scettici, anche nei momenti piu serra-
tamente tecnico-argomentativi, non si espresse per mezzo di nna
astratta unita stilistica (basti pensare alia grande differenza che in-
tC'rcorre, ad esempio, tra le argomentazioni anti-teologiche del De
divinaHrme ciceroniano e quelle della prima parte del trattato sestiano
Contro i fisici, che pur risalivano entrambe alia fonte comune car-
neadeo-clitomachea). E fu un bcne che quest'astratta unită. mancasse
e che lo Scetticismo non fosse mostruosamente monolitico, come
rirnangono, alia fine dei conti, certe ferree costruzioni del pensiero
moderna. Cio, tuttavia, non impedisce a molte cadenze fondamentali
della meditazione scettica di ripresentarsi come un wagneriano
Leit-motiv in tutto il corso di una tetralogia in cui fa da prologo
l'antico Pirronismo e i cui grandi episodi sono costituiti dalla scepsi
acc<Ldemica, dal Neo-pirronismo dialettico di Enesidemo e dal cre-
puscolo riepilogativo del cosiddetto Neo-pirronismo empirica di Sesto.
Modulazioni scettiche si ripresentano in contesti storici diversi con
le stesse cadenze dei primi tempi, come il simbolica collo della co-
lomba, il remo spezzato, la torre che da lontano appare rotonda e
da \"icino quadrata e il numero delle stelle. Se, con tutti i difetti
chc vi si potranno riscontrare, la presente traduzione avr~ saputo
indicare almcniJ ce l'ombra del beato regno & sccttico nella molteplicita
anche linguistica dellc sue detenninazioni e nell'unitarietă. di certe
suc fondamentali istanze, l'operaio che ha eseguito il lavoro potră.
esst>re contento della sua giornata.

. <). Lo svolgimento storico dello Scetticismo antico si determine


tn t.rc fa si diverse e, nellQ stesso tempo, comunicanti tra loro: quella
anhco-pirroniana, quella accademica e quella neo-pirroniana. Cia-
scuna
• <
di ques t e f asi· c,_ contrassegnata da un notevole moVImento
.
Ultemo in cui si manifestano la vitali ta ele crisi dell'indirizzo scettico,
come cercheremo di rilevare nelle varie sezioni della presente rac-
colta · Qu'1 ci· l'mu't'1amo a nassumere
· se h emattcamente
· · · ali
1e pnnc1p

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34 INTRODUZIONE

caratteristiche di queste fasi al solo scopo di offrire al lettore non


troppo provctta una sorta di quadra sinottico, avvertendolo che
ovviamentc siffatti quadri, anche quando abbediscona ad una tra-
dizione critica molto valida, hanno sempre qualcosa di approssima-
tivo e di logoro.
Il Pirronismo originario o antica ebbe come suo fondatore e carne
sua personaggio emblematica Pirrone di Elide (365/0-275/0 a. C.),
il quale sostenne e pratico con grande cocrenza l'afasia, l'adiaforia
e !'apatia e che non fu affatto privo di addcntellati culturali col
pcnsicro filosofica a lui precedente e contemporaneo, anche se non
possiamo dire con sicurt"zza che abbia dato uno sviluppo tecnico-
spcculativo alla sua filosofia, giaccbe l'istanza etico-salutifera ci
sembra abbia avuto una prevalenza notevole su tutto il resta.
Devota ammiratore c continuatore di Pirrone fu Tirnone di Fliunte
(325/0-235/0 a. C.), personalita molto diversa da quella del suo
maestro e modello. Timone, infatti, concepl la filosofia come una
battaglia difensiva dello Scetticismo contra le varie filosofie dom-
matic11e ed anche contro la scepsi accademica inaugurata da Arce-
silao, che a lui sembrava composita e zeppa di contraddizioni. Egli
diede inizio anche ad una critica embrionalmente scettico-sistcmatica
contra le varie scienze (specialmente contro la o fisica u) e contra le
varie arti, suggerendo probabilmente non pochi spunti ai Neo-pir-
roniani.
Dalle poche testimonianze raccolte soprattutto da Diogene Laerzio
sappiamo che l'irrequieto e battagliero Timone ebbe anche una certa
sua scuola, ma in essa non ci fu alcuna personalit3. di rilievo e, percio,
possiamo inferire che l'antico Pirronismo ebbe con lui il suo exploit
ma anche la sua fine, quantunque le esigenze pirroniane circolassero
come sottofondo sia nel pensiero medio e neo-accademico sia al di
fuori di questo in non bene individuati pensatori o gruppi di pensatori
e gia facesse il suo corso l'indirizzo medico-empirico in maniera paral-
lela allo Scetticismo.
La fase accademica delia scepsi fu molto ricca e varia: le sue
istanze filosofiche si intrecciano con quclle dell'antico Pirronismo,
ma non si confondono mai pienamente con esso, anche se ci sembra
esagerato ripetere col Brochard che essa sarebbe stata qua!e fu,
anche nel caso che Pirrone non fosse mai esistito.
L'accademia antica, fondata da Platane ed ereditata da Speu-
sippo, da Senocrate e da Polemone, pur conservando e forse esaspe-
rando il propria spirito dommatico, non nascondeva contrasti ed
incrinature che sottintendevano il bisogno di un radicale rinnova-
mento, e gia con Crantore, arnico di Arcesilaa, si nota la prescnza

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INTRODUZIONE 35

di una problematica etica ricca di reminiscenze platoniche, ma anche


foriera di sviluppi aporetici.
Con Arcesilao di Pitanc {315-240 a. C.) la scuola di Platone vive
la sua prima ri\'oluzionc. Si ha, cosi, la Seconda Accademia o Acca-
demia Media, la cui vita dura fino all'intervento di Carneade.
L' Accademia arcesilea si contraddistingue anzitutto per la sua inter-
pretazionc scettica del pensiero di Socrate: l'acatalessia, l'antilogismo
r l'epoche trovano qui la loro consistenza logico-dialettica, accom-
pagnati dalla concezione delia u ragionevolezza D {e:~J..oyov), che non
e solo una soluzione pratica delia scepsi, ma e essa stessa da inserire
nella problematica dialettico-teorctica.
La durczza delle posizioni scettiche di Arccsilao non potcva
avere ricco svolgimento senza ulteriori riforme: la pcrsonalită. piut-
tosto mcdiocre di Lacidc (28o-210 circa a. C.), forse molto ingiusta-
mentc ridicolizzata dagli aV\·ersari, ne e una prova.
La Tcrza Accaclemia o Accademia Nuova ebbe carne suo prota-
gonista Carneade eli Cirene (219/4-129 a. C.), che rispetto l'acata-
lessia, l'antilogismo e l'epoche di Arcesilao, ma conferi ad essi una
impostazione nuova, introducendo l'istanza probabilistica e svilup-
pandola in tutta una rctc di situazioni culturali e di problemi nci vari
settori delia filosofia (logica, fisica ed etica). Carneade, infatti, e il
primo sistematore: dd pensiero scettico in chiave probabilistica e in
lui pcrmane l'esigenza platonica delia diairesis e delia classificazione
al solo scopo di fondare una sorta di probabilismo generale e di pro-
spcttare una soluzione approssimativa dei diversi problemi in chiave
probabilistica per quanto si riferiva alia speculazione teoretica e in
chia.ve di vcrosimiglianza per quanto si ri(eriva alle situazioni pra-
tiche.
La consumata abilita dialettica e le insuperabili doti oratorie
di Carneade non impcdirono. pcro, il profilarsi di una crisi all'interno
delia Nu(JVa Accademia. Cosi, mentrc Clitomaco di Cartagint> (I87-
1_1o a. C.) si sforzo, pur tra certe dichiarate incomprensioni del diffi-
c~le p~nsiero d<'l macstro. di conservare intatto lo spirito del carnea-
d.Jsmo, altri Accademici, e in particolare Metrodoro di Stratonica,
51
an·iarono ad una interprctazione piu elastica e conciliante di
qutllo stesso pensiero. Ne tardarono a prendere sempre piu il soprav-
\~ento certi clementi retorici che Carneade e, ancor piu di lui, Arce-
silao U\'evano teoricamcnte oppugnato, ma di cui avevano fatto non
passcggero uso.
. Di qui nacque l'esigenza di rifondare ancora una voita la glo-
nosa scuola di Platane.

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INTRODUZIONE

Si ebbe cosi la Quarta Accademia ad opera di Filone di Larissa


(16o?-79/8 a. C.), il quale sente il bisogno di recuperare Platone e
di non negare l'assoluta oggettivită. della verita. Filone ricomincia
a civettare col Dommatismo, mentre gli Stoici, eterni avversari
dell'Accadcmia, attenuano i loro rigori dommatici con Panezio e con
Posidonio. Filone giunge persino a non negare in astratta teoria la
catalessia, inferendo, senza saperlo, un colpo ad Arcesilao ed a
Cameade; ma, nello stesso tempo, egli ~ convinto assertore del
probabilismo di quest'ultimo e, sotto il profila retorica, ne diffonde
la poco solida concezione della verosimiglianza. ll t.t}o:v6v ed dx6t;
vanno a confondersi tra loro, fi.no al punto che, poi, Cicerone, ammi-
ratore teorico e difensore di Filone, userâ. i due termini in maniera
indifferente.
Le perplessita di Filone, quel sua far concessioni con notevole
larghezza al Dommatismo o esplicitamente o implicitamente e quel
suo ritirarle dopo averle fatte, imposero ancora una voita Ia rifon-
dazione delia scuola di Platane.
Si giunse cosi alia Quinta Accademia ad opera di Antioco di
Ascalona (IJofzo-68 a. C.), ma il suo mite fondatore non la chiamb
nuovissima, bensi u antica », quasi a voler significare che le varie
crisi, acutizzate gia dall'intervento di Arcesilao e poi ripetutesi con
Carneade e con l'incostante Filone, erano finite e che si ritomava
alle pure fonti platoniche. L'acatalessia, l'antilogismo, l'epoche, il
probabilismo e la teoria del verosimile vennero ormai messi da parte.
Sembro che gli Stoici avessero vinto la Iora battaglia dommatica,
ma, in realta, Antioco, che si conservava <t accademico », era con-
vinto che la battaglia fosse stata vinta dalla sua scuola, giaccM gli
Stoici erano anch'essi discendenti del divina Platane al pari di lui
stesso e dei Peripatctici.
In realta, forse, l'Accademia aveva vinto, come piaceva a Cice-
rone, che arnmirava tanto Filone quanto Antioco, entrambi suoi
maestri ed amici. Ma ehi ne usciva fuori malconcio era lo Scettidsmo.
Esso continuava a serp('ggiare con le sue aporie, faceva ancora seu-
tire la sua presenza nella storia postcriore di un' Accademia pin o
meno lata, come si avverte in Filone di Alessandria (30 circa a. C.-
so d. C.), in Plutarco (46 circa - 125 d. C.) e nella variegata perso-
nalita di Favorino di Arelate (8o circa - 160 d. C.). Ma ormai, dopo
la svolta impressa da Antioco, l'Accauemia si avvia ad altri lidi per
approdare o nel Neo-pitagorismo o nel ~eo-platonismo o nel mondo
suggestivo della religiosita e uclla mistica, dando, infine, I'addio
non solo alia scepsi, ma a tutto il pensiero antica.

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INTRODUZIONE 37
Di fronte a questo stato di cose che gia si profilava con la restau-
rJ.zione antiochea dell'Accademia n Antica D venne ad insorgere il
1\eo-pirronismo, che costituisce la terza grande fase di sviluppo
ddlo Scctticismo antico e che, mentre intende rifarsi all'autenticita
~cdtica di Pirrone e di Timone, non puo negare l'apporto delle
~sperienze e delle indagini u scettiche 11 delle varie Accademie, quan-
tunque si proponga di tagliare i ponti con queste.
Protagonista della restaurazione pirroniana fu Enesidemo di
Cnosso o di Ege (seconda meta del 1 sec. a. C.). il quale, dopo essersi
formata anch'egli nell'Accademia e dopo aver probabilmente attra-
,·ersato una fase eraclitea o, almeno, essersi posto con profondita il
problema di una interpretazione dell'Eraclitismo in chiave scettica,
ricondusse lo Scetticismo alle sue fonti originaric, ne raccolse e ne
sistemo Ia tropologia, esarninb sistematicamentc l'impossibilită. di
fondare la conoscenza sia sulla sensazione sia sulla rappresentazione
comprensiva sia sugli strurnenti delia logica quali l'induzione e la
deduzione. Enesidcmo, inoltre, condusse un esame critica delle
principali nozioni fisiche, soprattutto delia causalită., che era uno
dci cardini delle costruzioni naturalistiche dei Dommatici e che lo
Scetticismo precedente non aveva demolito sistematicamente. Le
stesse indagini scettiche Enesidemo estese anche all'etica, comple-
tandn !'opera organica intrapresa soprattutto da Carneade, ma re-
spingendone nettamente l'impostazione probabilistica. Il metodo
dcll'indabrine enesidemea rimase, comunque, qucllo dialettico-anti-
logistico, e:d in eia egli si avvalse ancora dell'esperienza accademica,
utilizzandola, pero, ed indirizzandola in direzione di una scepsi
totale.
una rigorosa impronta logica diede al Neo-pirronismo anche la
misteriosa figura di Agrippa (vissuto tra il 1 e il II sec. d. C.) non
solo per i suoi cinq ue tropi altamente speculativi, ma anche per il
movimento circolare che egli conferi alia tropologia scettica.
Gia prima dell'opera scettica di Enesidemo e giă. durante Io
svolgimento delia sccpsi accademic.a, la Medicina Empirica, che
faceva risalire le sue origini fino all'eta presocratica, approfondiva
le sue ricerche metodologiche che coincidevano con quelle degli
Scettici non sempre in modo casuale o semplicemcnte parallelo.
E. ne li~ '' scuola » fondata da Enesidemo venne sempre pin a deter-
mmarsl, quasi in contrasta col solitario speculativismo di Agrippa,
la confluenza di Scettidsmo e di :Medicina Empirica finche con
1\Ienodoto di Nicomedia (80/9D-I50/I6o d. C.) e col su~ quasi coe-
~neo _Teoda si ebbe la consapevole fusionc dei duc indirizzi, e il
• eo-puTonismo, avvalcndosi della metodologia medico-empirica,

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INTRODUZIO!'JE

assunse un volto anch'esso empirica, benche non mancasse di notare


elcmenti dommatici anche nclla medicina rnenodotea e vivesse talora
l'incertezza di un'adesione senza dubbio feconda, ma anche rischiosa
ai fini delia difesa ad oltranza dell'epoche e dell'acatalessia.
Cio spiega un certo tentennamento di Sesto Empirica (qofi6o.-
220/230 d. C.), medico e filosofa, il quale oscillo tra Medicina 1\'letodica
e Medicina Empirica e che poche notizie ci ha lasciato sulla meto-
dologia medico-empirica, mentre il preziosissimo corpus dei suoi
scritti, pcrvenutoci nclla sua massima parte, costituisce la principale
miniera da cui attingiarno la nostra conoscenza dello Scetticismo
greco in tutta la sua ricca problematica speculativa e in tutto il
suo storico svolgimcnto.
Sesto continua in gran parte l'opera scettico-radicale di Enesi-
demo, cerca di immunizzarla dai rischi dommatici, soprattutto per
certi rapporti - destinati a rimanere ancora misteriosi - di Enesi-
derno con la tradizione eraclitea, sulla quale gli aborriti Stoici ave-
vano pur fondata una buona ala del loro composito castelle dom-
matico. Oltre a cio egli Yede nella dialcttica, su cui Enesidemo
aveva articolato le sue indagini, un duplice pericolo, ossia l'incapa-
citâ di demolire i sofismi e l'eristica e, nello stesso tempo, un logi-
cismo di fondo che non pub non essere dommatico, anche se quella
dialettica rimane sempre aperta con le sue antilogie del pro e del
contro. Sesto, alia fine dei conti, non vede completamente tagliato
l'ombelico che una voita aveva legato Ent>sidemo all'Accademia, e
alia metodologia dialettica intende sostituire l'indagine empirica del
fC'nomcno, quale si era profilata e si era andata sistemando ad opera
di Menodoto, di Tcoda e di Erodoto di Tarso, suo diretto maestro.
Comunque Sesto, che fu rnedico, fu anche e soprattutto filosofa,
ed e abbastanza sintomatico il fatto che le principali notizie sulla
metodologia empirica non le conosciamo direttamente da lui - che
farse pur ne parlb in opere perdute-. bensl da Galeno (r29-20I d. C.),
il quale, pur sensibilissimo alle indagini molto acute degli Empirici,
rimase alia parte opposta delia barricata, anzi fu il sistematore
dell'indirizzo dommatico e ne fu la voce piu autorevole per circa
un millennio e mezzo.
Non dobbiamo, pero, credere che l'empirismo di Sesto sia tutto
oro colato e non dobbiamo fard pin certe illusioni in merita al suo
<1 sperimentalismo u, Sesto fu, al pari di Enesidcmo, un acutissimo
dialettico e smantello molte costruzioni scientifiche con le armi delle
antilogie, carne avevano fatto, prima di Enesidemo, gh\ Arcesilao e
Carneadc. Ne egli rifugge dagli crismi e dai sofismi nel condurre le
sue battaglie anti-dommatiche, ma se ne serve con consumata abi-

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INTRODUZIONE 39
tita. Tcm1ini come di>.<.yov (ragionevole), d:v.oc; (verosimile), 1tL&«v6v
(probabil~) appa~ono molt~ spesso all~ fine delle ~ue argome~tazioni
dernolitone, e st tratta di un frasano accademtco cbe egli - pur
,mti-accadcmico - non riesce ad eliminare oppure a sostituire con
stilemi pienamente empirici. Cio prova che, quando egli si sente
allc strettc, non puo non rifugiarsi sotto i platani di Academo.
C'e, insomma, anche in lui la logica delia negativita che egli rimpro-
wra \"a agli Accademici, ma di cui non poteva liberarsi. La sua
sercnit:i. di uomo, di pensatore e di scrittore spesso briliante non
ricsce a nascondere questa fondamentale angoscia tra empiria e logos,
e percio con lui Io Scetticismo antico, ripercorrendo tutte le sue
tappe ed assumendo anche il volto del cataloga e delia compilazione,
trae definitivamente le sue somme e si esaurisce.
ANToNro Russo
Salerno, 25 aprile 1977

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Le ~dizioni dei classici utilizzati comc fonti della presente raccolta


sono di voita in voita citate nelle note introduttive alle singole
sczioni.

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PIRRONE

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Pirrone di Elide (365/o-275/0 a. C.) fu considerata da tutti
gli Scettici dell'antichitâ. - e in particolare dai movimento neo-
pirroniano iniziatosi con Enesidemo e conclusosi con Sesto Empi-
rica - carne il fondatore delia loro ă.ywriJ, quantunque gia prima
di lui, nel corso delia filosofia greca e persino nei poemi omerici,
non fossero mancati motivi e spunti di ordine scettico. Mentre, perll,
la per:oonaliti umana di Pirrone balza viva e netta dalie notizie
bio~-,rrafiche raccolte e trasmesse da Diogene Laerzio, non emerge
con- altrettanta chiarezza da tutta la tradizione antica !'autentica
suo pcnsiero filosofica o, carne e stato piu volte a:ffermato, la sua
rinuncia a filosofare. Di qui il grave rischio o di assegnargli piu
di qucllo chc gli appartiene o di defraudarlo del suo, e di qui anche
la nostra incertezza nel derivare gran parte dello Scetticismo greco
da una posizione tE'oretica oppure da un'opzione di ordine morale 1 •
E innegabile, comunque, che i Pirroniani dell'et~ imperiale ro-
mana, dietro l'esempio di Enesidemo, sia per umilta filosofica sia
per dare autorevole convalida alle Iora polemiche anti-dommatiche
e anti-accademiche, fccero risalire al vecchio saggio di Elide gran
parte del Iora stesso pensiero (e cio e capitato parecchie volte nel
corso secolare delia filosofia da Platane esaltatore ed annunciatore
dd vangelo socratico fina ai nostri giorni); ma puo essere altresl
plausibilc che nel pensiero di Pirrone fu presente almeno un certa
numero <li addentellati o, se non altro, il punto di partenza anche
di ordine speculativa per le ulteriori posizioni scettiche.
Se stiamo alia trad.izione, non siamo in nessun modo autorizzati
a crede re cht" Pirrone fosse una specie di santone incolto; anzi egli

I. Qll~st'ultima interpretazione ha avuto maggior sUI:cesso nella moderna


~onogr~fia. critica. Il Brochard. che pur brillantemente rilevava l'istanza
d gl~a th PuTone (Les suptiques grrcs, Paris, 19593. p. 66), concludcva a favore
;u ascetismo (i~i, pp. 75-6). La sua conclusione trovas.i esasperata in Robin
( yrrho,. el 1~ scrptidsme grec. Paris, I9H· p. 22), ridotta a formula in Verdan
(Le scepticisme pllilosophiq~ee, Paris-Montreal, 1971. p. 19), molto prudente-
nlente emendata da\ Dai Pra (Lo sctflicismo crcco. Bari, 19751 , pp. So-:z) e ancora.
un'_l voita ribadita dalla. Stough (Grnk Skepticism, Berkeley-Los Angdes,
1909. pp. 28-JI),

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ss PIRRO!IIE

ci risulta essere stato molto sensibile a correnti filosofiche c culturali


del suo tempo, da lui seguite con vigile attenzione critica.
Anzitutto furono abbastanza stretti i suoi rapporti con la cerchia
dcmocritea, la quale, dietro l'esempio del filosofa di Abdera, negava
la validită. delia conoscenza sensibile, considerava la verită. come
cclata in un profondo abisso e, benche non rinunciasse alla fede
nell'atomismo, andava assumendo, specialmente con Metrodoro di
Chio, posizione semprc piu scctticheggiante 2 • Pirrone fu molto
amico del democriteo Anassarco, che, come ci risnita dalla tradi-
zione 3 , aveva un temperamcnto simile al suo e nutriva per lui la
massima stima. L'e•j&u!J.L'lJ e l'ă~~flf'tlJ, su cui si fondava }'etica
democritca, ci fanno gia pensare, spccialmente per il loro carattere
inilividualistico, all'ăm:Hh:ta: e all'oc•o:poc~(~ pirroniane e furono quasi
ccrtamente trasmesse, quantunque in chiave retorica, ad Epicuro
da quel Nausifane, discepolo di Pirrone, che il filosofa di Samo
cbbe come maestro e che molto ostentatamente disprezzava 4•
In secondo luogo non e da escludere in maniera perentoria l'in-
ftusso esercitato su Pirrone dai Megarici 5 , che l)latone aveva chia-
mati <t amici delle idee» e che, attraverso un recupera dialettico del-
l'eleatismo, giungevano a conclusioni paradossali e, specialmente
dopo la scissione che li fece trasferire in parte ad Eretria e in parte
nel paese di Pirrone, si diedero all'eristica, acutizzando anche in tal
modo la crisi dcll'eredita socratica. La loro dialettica fascinosa ed
ambigua non poteva lasciare del tutto indifferente il saggio di Elide,
soprattutto p~r quanto essa aveva in se di negativa e di dcmolitorio.
In tcrzo luogo Pirrone visse un'esperienza culturale nuova,
quasi da pioniere, al seguito di Alessandro Magno: quella suggestiva
delia sapienza indiana che fin dai tempi remoti, anche se indiretta-
mente, aveva fornito ai Greci alcuni }ati della loro civilta e che ora si
presentava col crisma della novita e con un'attrattiva destinata ad
avere un notevole seguito fino al tardo Ellenismo 8 • Questo mondo
spirituale del tutto e del nulla, della suprema conoscenza e della

2. Gli stretti contatti di Pirrone col pcnsiero democriteo sono stati parti·
cola.rmente illustrati da von Fritz sia nella \'occ Pyrrhou (• RE •. XIX. coli. 94-5)
sia. in Dmzocrilos' Tllevry of Fision, pp. 83 segs.
J. Cfr. Dwr.. LAERT. IX. IJJ.
of· Ndla voce Nausiplla1zes (• HE >•, XVI•, coli. zoz1-7) voo Fritz ha insi•
stito sulla sostanzialc fedelta di qucsto retorc-filosofo al pcnsiero eli Demo-
crito c sulla pfJssibilita di considerarlo come trattQ d'unione tra dcmocritismo
ed epicureismo (cfr., peraltro, CR6:SERT, 1\olo/es uud Menedemos, Leipzig,
1906, p. 174)-
5· Cir. DloG. L.-.ERT. IX, 61 = 203 A Dorinf:(.
6. Sui rapporti ui Pirroue con l'Oriente e col {achirismo banno soprattutto
insistito il Robin (Pyrrhon etle sceplirisme grt!c, cit., pp. 9 scgg.) e M. III. Pat:rick
(Grcck Sceptics, II, cap. (i, New York and London, 1929).

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PIRRONE 59

suprema ignoranza, dell'ascesi e delia salvezza, del massimo rigore


morale e, altresi, delia rinnncia davette apparire a Pirrone quasi
come a lui el~ttivamente affine, anche se egli non pote penetrarlo
in profondita.
Jn quarto luogo, infinc, non vanno del tutto sottavalutate le
gio\·anili tendenze artistico-letterarie di Pirrone: i suoi non certa
tcctllenti lampadofori dipinti nel ginnasio di Elide e il sua poema
rncomiastico per Alessandro, che nasccva sia dalla sua ammirazione
per il nuovo Achille sia dalla conoscenza diretta, appassionata e
continua dclla poesia america, quasi in antistrofia col metodo filo-
log-ica alessandrino, che gli Scettici troppa corrivamente avrebbero
~e;npre messo in pessima luce dai tcmpi di Timone a quelli di Sesto
Empirica 7 •
Purtroppo, pero, queste premesse culturali nella formazione e
nella r.-:x~~d~ di Pirrone, pur aprendoci nno spiraglio nella sua per-
sonalita, sono per noi di scarso aiuto, quando ci accingiamo a fissare i
cardini clei suo pcnsiero filosofice. Seguendo le indicazioni di Aristocle
- arnpiamentc utilizzatc e discusse dalla moderna storiografia 8 -,
potremmo considerare il pensiero del piu autentica Pirronismo come
convergente su tre problemi: 1) le aparie in merito alia natura delle
cosc, alla loro vcrita e falsita, alia loro apparenza fenomenica e alia
loro r~?alta; 2) la posizione da assumere per il mancato superamento
di queste aporie; 3) il conseguimento del fine delia nostra umana
esistenza.
II prima problema rimane irrisolto in tutti i suoi aspetti e teJ:-
mina in un totale scacco gnoseologico, giacche non possiamo andure
oltre le apparcnze fenomeniche ne possiamo costruire un pt>nsiero
lilosoficu o scientifico sul fenomenismo, come aveva fatto Protagora
col sua dommatismo dell'l10mo me11s11ra 8 • Questo scacco gnoseolo-
!-,rico in gran parte trova la sua attcstazione mC'rce una ricca congerie
di •< ll\odi" che nascono dall'osservazione empirica c da acutissimi
spunti di pura speculazione. E sebbenc sembri azzardato far risalire
a Pirrone la tropologia scetlica in tutta la sua complessita o almeno
. 7· Cfr. SF.XT. EMr. Adu. "'alh., 1, 281-282 e PFEIFFER, Hi:<lory of Clas.~ical
Srl!c>!arship, I, Oxford, Igfi8, pp. 97 scgg .. 170. 171. Per il briliante trattato
d• Scs1·o. Cmrtro i grammatici ( = Adv. ma/11. 1), cht' puo consideran;i il coro-
~am.,nto di tuttC' le polemiche antigrammaticali e letterarie dcgli Scettici da
I_llnonc (n, se si ,-uole, da Pirron<:-) in poi, rim·io alle mie osst'rvaziolli in SESTo
EliPIRICQ, Conll'O i matematici, pp. XIII-XX .
. , . S. _Cf~.• a talc proposito, FERR.~RI. /Jue f(mti s11llo urllicismo greco • Studi
Ito.ham. d_I filologia classica •· XL, 1968, in parti~olare pp. 206-7; DAL PRA,
l.l) scctll~wuo_ gn:co. cit., pp. 61 St'gg.; STol'GH. (;ruk Skcplicism, cit. pp. I 7 scgg.
[ <). l fr. ~EXT. EMP. 1, 216-219 e un'ampia diSC\IS.'lÎOne in G. CORTASSA,
sa· Prnb/cmatica ddl'uomn-mism·a iu Sesto Empirico, • Atti dt>ll'Accadcmia dclle
CI~nze di Torino t, CVll, I97"·7J, pp. 7!!;Hh6.

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6o PIRRONE

nella sua sostanzialita, non si pua tuttavia escludere che Pirrone


stesso le abbia data una qualche spinta iniziale 10. E opportuno,
infatti, evitare di confondere le sue conclusioni misologiche con un
misologismo aprioristico, a meno che non ci si voglia agevolmente
sbarazzare de] riconosciuto fondatorc di un indirizzo filosofica che
si professava zetetico e indagativo 11• D'altra parte, pero, le fonti
di cui disponiamo mescolano quasi sempre Pirrone e Pirronismo in
un sol fascio, impedendoci piu sicure precisazioni.
Quanto alia posizione da assumere in seguito al fallimento gnoseo-
logico, tutta la tradizione sccttica post-timoniana usa il celebre
termine b:ox.~· Ma questo termine, che non si riscontra in alcuno
dei frammenti di Timone, quasi certarnente nacque nell'ambito delia
Stoa 12• Pirrone, con molta probabilita, se dobbiarno crcdere ad Ari-
stocle 13, parlava invcce di <lţ;a.a[oc, conferendo a questa parola
un'accezione tendenzialm~nte morale, essendo essa il punto di
unione tra lo scacco conoscitivo e il fine da assegnare alla nostra
umana condizione.
E questo fine e l'cbtci-9-zLot-ch-a:pcx~ta:, l'imperturbabilita disgiunta
da ogni affezione, come gia aveva fatto intravvedere Democrito e
come poi ripeteranno, con varieta di approfondirnenti, gli Epicurei
e gli Stoici. Questo fine ultima, strettamente legato all'indifferenza
di tutte le cose e per tutte le cose, non pretende la formulazione di
un codice etica ed esclude ogni casistica ed ogni detenninazione
empirica delia legge morale. Se dobbiamo prestar fede alla tradi-
zione accademica 14·, Pirronc venne a cadere col piu paradossale
rigorismo, in una sorta di imperativa categorica contrastante con i
concreti bisogni etici dell'uomo, e percio la sua «etica)) venne abban-
donata al pari di quella degli Stoici piu intransigenti, che costitui-
vano il polo opposto delia humanitas un po' rilassata dei Peripatetici.
L'enucleazione di questi vari elementi di un «autentica" pen-
siero di Pirrone ci fa sembrare alquanto semplicistica la conclusione

xo. Corne sostiene von Fritz (Pyrrhon, in • RE •. coll. xox-.~).


II, Il Robin (PyrrhoiJ d le supticisttle grec, cit., pp. t 7 segg.) nota in Pir-
rone persino certi spunti ciarlatancschi che non erano mancati in altri espo-
ncnti delia filosofia greca (tali spnnti fnrono, dd resta, un po' malignamente
gia rilcvati da Aristocle). Ma un ben piu ponderato giudi:do sul • rnisologisrno •
di Pirronc e in DAL PRA, Lo scetticisnw greco, cit., pp. 7CJ-'l.
12. Comc e ampiamente dimostrato dal Couissin nell'articolo L'origiru 61
l'lvolutioH de l'tltox.'i] •• Revue des etudes grecs D, XLII, 1929, pp. 373 segg.•
oggi accettato da quasi tutti gli studiosi. Di opposto avviso rimane tuttora
il van Frit:r; (Pyrrhon, in • RE •, col. 99).
IJ. Cfr. DAL PRA, Lo sc~tticismo gr~co, cit., pp. 6]-]0.
14. In particulare a Clitomaco, a Filanc di Larissa e ad _'\ntioco di Asea-
Iona, che (urono le principali !onti dei passi ciceroniani riportati i11/'ra.

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PIRRONE 6x

rhe cgli sia stato soprattutto un moralista 16• Non si puo, pero,
non notare come sia presente in lui la ricerca delia salvezza da un
nanfragio speculativa. E Timone, il suo piu diretto e baldanzoso
allievo, sottolineo questo carattere suggestivo e nuovo del maestro
con acccnti entusiastici che ci fanno pensare a quelli <t sotcriologici 11
Ji Lucrezio nei riguardi di Epicuro. Se dovessimo tracciare un profila
storico delia soteriologia filosofica pre-cristiana, dovremmo partire
dal [Jlone orfico-dionisiaco presente in molti Presocratici e assegnare
un posta di riguardo a quel med.ico delle anime che fu Socrate, ma
non potrernmo passare sotto silenzio il saggio di Elide, il quale, al-
meno per qucsto lato, fu un socratico autentica e paradossale. Cio,
del resta, fu avvertito non solo dai Pirroniani antichi e da quelli
Jell'eta imperiale, ma anche dagli stizziti Stoici, che trovavano in
Pinon(' un loro compctitorc, e in appresso dai pensatori cristiani,
rhe consideravano futile, sofistica e falsa la salvezza offerta da Pir-
rone, come si evince dal compiacimento di Eusebio ne! riportare le
requisitorie anti-pirroniane di Aristocle.

Per quanto concerne la presente raccolta dclle testimonianze,


ho preferito riportare il ~toc; di Diogene Laerzio 1' nella sua inte-
rezza, avendo esso - pur con le sue numerose oscurita di vario or-
dine - una propria unita, ossia la compresenza in un unica affresco
di elcmenti biografiei, dosso~;·rafici e talvolta anche embrionalmente
e timidamcnte critici. E ovvio che il ~toc; laerziano va letto con ogni
tautcla soprattutto per quanto si attiene al pensiero di Pirrone.
Diogene utilizza le piil antiche fonti biografiche e Timone, nonche
Enesidemo, Favorino e Sesto, e lascia noi nella difficolta di secernere
il grano di Pirrone da quello dei Pirroniani, attratto, come e, da
questi ultimi fino al punto da sembrare anch'egli un seguace delia
loro ocy<<>y-Yj 17 • Se, pcro, vogliamo fondarci su lui per ricostruire

_ 15. Qualsiasi conclusione si tenti di trarrc sul caposcuola delia Scetticismo


'"'."n.e <]Uasi pirronianamenle epochizzata. Scrive di ~e stessQ il Long (Hellc-
'~'"''' _I'Itilasop!ty, Ducl..-worth, 1974, p. 17): • I do not maint.ain that my out-
hn~ '-'' Pyrrhonism in this chaptcr is a wholly accurate account of the historical
Pyrrh~, ••. Purtroppo si paria di cordc in casa di impiccati !
_ H•. Ho ~eguito. in linea di massima. il testa de] Long (DloG. LAERT. Vitae
P_Jul~snphomm. Oxonii, 1964) c non mi e sta ta inutile l"cdizionc • cc\cttica •
•h R. _D. Hick.s (London-Cambrid!;e Mass .. 1950'), ma toltremodo preziosa.
anch_e m qua\che divcrgcnza, mi ~ stat.a la traduzione di Marcello Gigante
(Ban. 1962 1 , 1976").
. 17. L'adcsionc dcl Lacrzio a\l"liyw·(i) degli Scettici. che fu respinta ener-
gtcam~ute dall"Uscner (Epic11ua, p. x.xn c J(/eille Schriţte11, III. p. 67). era
stata avanzata dai \Vachsmuth (su11a base soprattutto di DioG. LAERT. IX,
1
"?) .. Essa e stata riproposta dallo Schwartz (&iccllisclle GcschiclltscltreibeY.
Lc,pztg, 1957, p. 487) c da.! Kudlien (• Rheinischc Museum •, CVI, 1963.

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PIRRONE

la filosofia di Pirrone, siamo costretti a lamentarci non di qualche


semplice svista di cronaca (come quelia deli'uccisione di Cotys da
parte del mite filosofa di Elide quando questi aveva solo cinque
anni) 18 , bensi di una confusione storiografica nel presentare dot-
trine che si erano andate formulando e accumulando nel corso di
mezzo millennio.
Ho fatto un pareo uso delia fonte sestiana 19, perche ho inteso
limitarla alia problematica essenziale del Pirronismo antico ca qualche
notizia certa su Pirrone.
Le fonti ciceroniane 20 si concentrano sul rigorismo indiffcren-
tistico di Pirrone e rispecchiano la posizione critica adottata dagli
Accademici (da Arcesilao ad Antioco di Ascalona) nei riguardi
dell'assurda «etica'' di un filosofa che essi in parte accostavano al
loro pensicro, in parte respingevano o. almeno, emendavano con
consumata abilită. dialettica c con platonica raffi.natezza.
La fonte eusebiana 21 , infine, ritenuta indispensabile sotto il
profilo dossografico dalla piu autorevole storiografia del nostro tempo,
e soprattutto una const~mmatiiJ critica dcl Pirronismo. Essa, anche
se contribuisce solo limitatamente a fard conoscere il vero pensiero
di Pirrone, c ricca di pennellate quasi degne del migliore Aristotele.
Quel bisogno di fissare e di approfondire le aporie nei piu svariati
settori della ricerca chc era stato cosi impellente nello Stagirita per
la conquista di uno stato di agiatezza speculativa 22 , viene invece
sentito dai Pirroniani non gia per costruire una corretta e sicura
gnoseologia e, quindi, una scienza tetragona ai colpi del dubbio,
ma solo per pervenire all'estinzione delia conoscenza e delia scienza.

pp. '254 segg.); ma, come conci ude il Gigantc (D. L .• t'ite dei Filosofi, p. XV),
il Laerzio • non appartenne a nessuna scuola Jilosoli.c:a •·
18. Lo svarione e in DIOG. LAERT. IX. 65.
19. Ho seguito per i brani di Pyrrh. hyp. il testa del :\lutschmann riveduto
dal J\lau {SEX:T. EMP. I, Lipiiae, 1958) e per il brano di Adu. 1\</ath., 1 quello
del 1\Iau {SExT. EMP. II 1. Lipsiae. 1961).
2o. Ho scguito per le Taw;ulanae il testa di 1. E. King (London-Cam-
bridge Mass., 1971), per il De finiba•s qucllo di H. Rackham (London-Cam-
bridge :Mass., 19f>7) e per il De officiis quello di \V. Millcr (London-Cambridge
Mass., Jg(oz).
21. Ho eseguito la traduzione di EusEBIO (Praeparatio r<VarJgelica. XIV,
17-1H) sul testa di K. !IITas (Berliu, voi. I, 195·1. voi. Il, 1956), tenendo pre-
Sl'nte la pur ingannevole traduzione latina riportata dal ~'ligne (Tom. III.
Paris, 1857). la raccolta aristoclea dcl J\lullach (Frat;llltllfa Pl•ilosop!JOrl'm
Graecorttlll, Paris, t881, pp. ~o6 scgg.) nonch~ la traduzione inglcse di E. H.
Gifford (Oxford, 1903) .
.22. Cfr. ARISTOT., j\.f~taph. 1 Il. 1, 995 a 2)-b-J. Per la tormentata enne-
ncutka ddla concezionc aporctica c..lello Stagil:'ita rinvio al mio brev~ cxcursus
introduttivo in ARISTOTELE, ,l[~tafisica. Bari, 1971, pp. X..XVII-XXVlll.

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PlRRONE

Di qui l'acutezza ironica di Aristocle, seguace del vccchio Licco che


aveva avuto quasi la stessa storia semimillenaria dello Scetticismo
e che si avviava - in quell'epoca in cui era gia nato il grande Alcs-
sandro di Afrodisia, allievo di Aristocle - alia lettura accurata e al
cummento delle opere piu ardue di Aristotele. Di qui, anche, una
certa acredine di Eusebio nell'inquadrare i passi di Aristocle nella
propria requisitoria contro quegli indirizzi filosofiei che, a suo avviso,
erano i piu lontani dalla veritâ. cristiana. Eppure era stato propria
il Pirronismo, con la sua malcelata ansia salutifera e con l'inade-
guatczza dei mezzi di salvazione che esso offriva, a rendere pin
penetrante e quasi indispensabile il rnessaggio cristiano negli am-
bienti c61ti dclla tarda classicita.

Vita di Pirrone. N oUzie sulle dottrine pirroniane (DIOGENE


LAERZIO, IX, 61-108}

Pirrone di Elide era figlio di Plistarco 1, secondo quanto 61


ci tramanda anche Diocle 2 ; come afferma Apollodoro m~lle
Cronache 3 , egli. prima di dedicarsi alia filosofia, fecc il pittore 4 ;
poi fu allievo di Brisone, figlio di Stilpone 5, come riferisce
Alessandro nelle Successioni 6 , e, in appresso, eli Anassarco 7 ,

L Seconuo Pausania (VI, 24. 5) il paure di Pirrone si chiamava Pistocra.te.


. 2. Diode o.li l\lagnesia (80-30 circa a. C.) fu autorc di un Compmdio di
bzog!·afie di filosofi, utilizzato molto spesso ual Laerzio (clr. M. DAL PRA, La
sh,rtograjia filosofica anli&a, Milano, 1950, pp. 191·]).
. J. F_r. 39 Jacoby. Apollodoro di Atene (180-u9 a. C.), allievo di Aristarco,
~Ied" ptu rilil'vo ai Cat ti estrinseci dei filosofi che alloro pensiero (cfr. ScHWARTZ,
tn • RE •. II. A-B. coli. 1ozz-8.)
4· Qucst'attivita artistica di Pirrone vienc ricordata con deri5ione in
ARisroct.. Apud Euub. Pracp. ev. XIV, 18, 27. La notizia O, confermata
nclla voce IlupF-W\1 in Suiua.
B . 5· In ARISTOT. Hi;;l. an. VI, 5, 563 a 7 viene ricoruato, carne padre di
nsone, Erodoro (per qucsta discrepanza cfr. DoRI:-oG, Die "llegariker. Am-
St<=rdam: 19j2, pp. 157·6o).
=
6 · l'r. q6 :O.Iuller 92 Jacoby. Alessandro Polistore (1 sec. a. C.), nelle
~e ~toxiloza:l, da~·a grande rilic,·o al?li sviluppi dellc • scuole • Jilosofiche (cfr.
AL PRA, La slorwgrafia filos. a11t., Cit., pp. 189-91) .
. a 7- Anassarco di Abdera, dctto I'Eudemonico per la sua eccezionale sere-
·
~;t fu scguace di Diogene di Smirne, il quale, fondauuosi sul pensiero di
' ~trodor<> di Chio, aveva dato una svolta scetticheggiantc al pcnsil'ro dl'mo-
~~t~o (cfr. D1oc. LAERT. IX, 58·6o; Gli Atomisli, a cura di V. E. Al.6.eri,
an, 1936, pp. 339-49).

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PIRRONE

che egli accornpagnava dovunque, fina a stringere rapporti sia


con i Girnnosofisti 8 in India sia con i Magi '·
Sernbra che di qui Pirrone abbia preso lo spunto per fi1o-
sofare in moda molto generoso, dando inizio alia concezione
dell'l< incomprensibilita » e della u sospensione del giudizio »,
carne sostie-ne Ascanio di Abdera 1°. Difatti Pirrone soleva af-
ferrnare che nulla e ne bello ne brutto, ne giusto ne ingiusto
e che, per quanto concerne le case, nulla esiste << secondo ve-
ri ta», ma che gli uornini fanno ogni casa «per convenzione e
per abitudine >>, giacche ciascuna casa e questo <[non piu » che
quello 11•
6z A questi principi Pirrone si attenne con coerenza anche
nella condotta della vita: nulla egli cercava di scansare e da
niente si cautelava, ma si esponeva ad ogni sorta di pericolo,
a carri, quando capitava, ed a precipizi, a cani e a tutte le
altre cose siffatte, senza nulla concedere ai sensi: comunque,

8. Circa il rapporto diretto che ..,.·enne a stabilirsi, ad opera delia spedU:ione


militare di Alcssandro, tra cultura greca e cultura brarnanica e indiana. in
generale cfr. StRAB. XVI, 2, 39; PKIL. Q11od omn. prob. lib. 14, 96; PLU-:
TARCH. Alex. 64. 65, 6g; LuciAN. Fr. 7; PoRPHlR. Dll abst. 4, 17. Interessantl
e particolarcggiate (se pur fantasiosc) inforrnazioni di ordine etico, religioso
e filosofica si rlşcontrano in PHILOSTR. De .tlpo/1. vila III, 10-51).
9. Costituivano una casta. saccrdotale persiana e non venivano, d.i solito,
<listinti dagli astrologi caldci. llfolto ammirati dai pensatori neoplatonici (cfr.
IA~IBL. De mysler. Il, 10; V, 23; PRocL. In renrp. II, 337 Kr.; SvNES. Dl
insomn. 2), furono aspramente derisi e c.ombattuti dai Neopirroniani (cfr.
GELL. XIV, 1 e SEXT. E~IP. Adu. malh. V).
10. Ascanio resta per nui un personaggio complctamente sconosciuto,
tanto che il M!iller (Frag. hist. gr. II, 3, p. 384) propone di sostitnire questo
nome con Ecateo d.i Abdera, discepolo di Pirrone. (Per la questione non
solo dell'identit.'l. di Ascanio, ma dell'attendibilitA delia notizia che Diogene
gli attribuiscc vcdansi, tra l'altro, F. J ACOBY, Hehataios, in • RE •. VII,
coJI. 27.)1; SEPP, Pyrrhoneische St11dien, Freising, 1893. p. 6o; ComsSIN,
L'origine el l'evolulio" de l'btoxi). cit .• pp. 373-97; ROBIN, Pyrrhon el le se~pl.
g.-;:c, cit., pp. 15-6; DAL PRA, Lo scell. gret;O, cit., pp. 64-70}. A proposito del
termine l:-ro;cl] esercita. una qualche suggestione l'accostamento che Suida
(voce ~7to].Tj} fa tra il celebre significato filosofica del termine e il suo signiftcato
astronomico, come • parte in cui vcngono percepiti il sole e la luua e ciascun
pianeta in relazione ai dodici astri dello zodiaco •· Cib potrebbe !arci pensare
ad un qualche rapporto tra Pirrone e i Magi, pur cscludcndo ogni implicazione
<li ordine a.strologico, come e rilevato dalie polemiche anti-caldee degli Scettici
da Timone a Sesto Empirica.
1 1. Circa !'origine e il significato de:lla formula • non piu •. gia in uso presso
Democrito (68 A 36 Diels-Kranz:) c prcsso Tcofrasto (De sen~u. 69) vedansi,
tra l'altro, PH. DE LACY, OU v-iUo" and lhc Antecedents of Ancient Skeptictsm,
« Phronesis •. III, 1958, pp. 59-71; VON FRITZ, DemocFilos' Tlleory of Visimt,
cit. pp. 83 segg.; STOUGH, GYuk Skcpticism, cit., p. 27, n. 23.

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PIRRONE

egli veniva tratto in salvo, come affenna Antigono di Caristo 11 ,


dagli amici, che di solito lo accompagnavano. Enesidemo 111,
peru, dice che, mentre in filosofia Pirrone si atteneva al con-
cetto di sospensione del giudizio, nella vita pratica, invece,
non si comportava affatto in maniera sconsiderata: altrimenti,
come avrebbe fatto a vivere fina a novant'anni circa?
Antigono di Caristo, nel suo scritto Intorno a Pirrone 14,
dice di lui quanto segue: che ai primi tempi egli era scono-
sciuto e povero, che fu pittore e che rimangono di lui, nel gin-
nasio di Elide, certe raffigurazioni di lampadofori di modesta
fattura. Ed aggiunge che Pirrone se ne stava appartato in 63
solitudine e si faceva vedere solo raramente dai familiari, e
aveva adottato questo comportamente perch~ aveva udito un
Indiana dire, in tona di rimprovero, ad Anassarco che costui
non avrebbe potuto insegnare agli altri nulla di buono, se
sta va egli stesso a servizio nelle carti dei re 15 •
Pirrone soleva conservare una calma inalterabile, 1ino al
punto che, se qualcuno lo piantava in asso mentre egli stava
parlando, continuava a parlare; eppure in gioventu era stato
irritabile (... 16 )
Sovente, dice Antigono, se ne andava di casa senza dir
nicnte a nessuno e si metteva a fare il vagabonda con ehi gli
parcva e piaceva. E una volta Anassarco cadde in una pozzan-
ghera, ma Pirrone continua a camminare senza dargli aiuto;
alcuni gliene fecero colpa, ma fu propria Anassarco a lodame
1'({ indifferenza » e la << mancanza di affezione 11.
Una volta fu sorpreso mentre chiacchierava con se stesso; 64
essendogliene stato chiesto il motiva, disse che si esercitava
ad essere un uomo dabbene. N elle sue indagini filosofiche era

Tl. Una delle principali fonti de! Laerzio, per cui cfr. 'VILA"l.IOwtTz, Anti-
goHus votl Karystos, in Phi/oletgische Untt:rsuGIJungen, He!t IV, Berlin, I88I,
pp. ~7-30.
IJ. Cfr. AR:SI!d. Ainfsidtmets, in • RE •, 1. col. 1023.
q. Cir. WILA.MOWITZ. A nligetnos uon Karyslos, cit., p. 35·
. 15. Per questa atteggiamento libcrtario che aceasta per qualche lato l'espe-
r.lcnza indiana di Pirrone alia spiritualit.a dci Cinici e che fu ricelebrato nel-
1 cta. dcll'autocrazia dei Severi dr. P»ILOSTR. Apoll. Vita III. z6-Jz. ove il
sagg10 bramano !arca da buone lezioni tli modestia al suo rozzo sovrano.
. I6. Il Wilamowiu (Antigonos vom J(arystos, cit., p. 36) nota un'omis.sione
pn~a di XElCIV"I)fLtvov, che il Diels propone di integrare, con audacia. • ccci-
tabde al rumore delia folla e amante di gloria •.

s. S~ici a'llidti.

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66 PIRRONE

apprezzato da tutti, perche sapeva parlare (sia 17 ) per esteso


sia a domanda e risposta. Percio venne conquistato dai suo
fascina anche Nausifane 18 ancora adolescente. E questi soleva
dire che e indispensabile avere una pirroniana clisposizione
d'animo, ma un propria modo di parlare 18• E diceva spesso
che anche Epicuro, ammiratore del cornportamento di Pirrone,
gli faceva continuamente domande su di lui 20 • E Pirrone fu
onorata dalla patria fina a tal segno che fu fatto somrno sa~
cerdate e per merita suo fu approvato l'esanero di tutti i fila-:
sofi dalie tasse.
Ebbe anche, tra l'altro, rnolti emuli delia sua sospensione
del giudizio. Ragion per cui anche Timone nel Pitone (... 11 }
e nei Silli 211 dice di lui cosi:
65 O vecchio, o Pirrone, come e donde trovasti tu disimpegno
Dai rispcttar le opinioni e il vuoto pensier dci Sofisti
E d'ogni inganno e suasione riuscisti a spezzare i legami?
N~ t'importava indagare quali aure spirassero in Grecia
O donde derivi ogni cosa e dove essa vada a finire.

E un'altra voita, nelle Apparenze 23 :


Questo, o Pirrone, il mio cu ore di apprendere ha desiderio:
Come mai, pur da uomo, conduci sl agevole vita scrcna,
Tu solo facendo da guida fra gli uomini a modo di un dio 1 ' .

17. L'aggiunta ~ del J{fihn ed l! accettata dai Long. Da rilevare un'affi-


nita tra Pirrone e Socrate (cfr. PLAT. Gorg. 449 b; Phaedr. 267 a).
18. Nausifane di Teo, di pochi anni piu giovane di Pirrone, fu democriteo,
seguace del filosofo di Elide e maestro di Epicuro, chc, pcro, lo tenne in molto
scarsa considerazione (dr. C1c. De nal. deor. 1, XXVI, 72; DioG. LAERT. X,
7-8; SEXT. EMP, Ad1•. math. 1, 2-.J).
19. Secondo la gia citata testimoniam:a di Sesto, Nausifane • attraeva.
a se molti giovani e si dedica va con serieta ali o studio delle arti e dellc scien.ze,
e in modo particolare delia retorica •. Egli, a diffcrcnza di Epicuro e di molti
Pirroniani, rispcttava la tradizione pedagogica. degli .lyxux).~a: fJ.'X&-iliJ.IITOI·
(Per una critica sccttica a questa pedagogia de. quanto ho scritto in SEsTO
EMPIRICO, Contro i ",atcmatici, pp. VU-Xlll).
20. Da altra fante sappiamo, pero, che Epicuro non aveva in grande stima
la preparazione culturale di Pirrone, che egli chiamava • ignorante e indotto •
(DioG. LAERT. X, 8). Per la tensione csistente tra Epicurei e Sccttici sia nel
periodo pirroniano-timoniano sia in quello arccsilco e da tener presente !'ac-
curata e prudentissima indaginc, condotta sull'esame diretto delle fonti. da
Giovanni lndelli (Polislrato contro gli Scellici, • Cronache ercolanesi t, VII,
1977. pp. 85-95).
21. La l.'lcuna c indicata dai Dicls.
22. Fc. 48 Diels ~ 38 \\'achsmuth.
23. Fr. 67 Diels.
24. Il carattcre quasi soteriologico di questo passo timoniano fa pensarc agli
elogi di Epicuro che si riscontrano in LucRET, 1. 62-79; III, 1-30; V, 1; VI, 1-.JZ·

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PIRRONE

Gli Ateniesi, carne dice Diode, gli diedero il diritto di citta-


clinanza, perch6 soppresse Coti il Trace 25•
Religiosamente egli visse con sua sorella, che era levatrice, 66
come dice Eratostene ncl suo trattato Stella ricchezza e sulla
f~' 1 yrfil 26 , e talvolta portava personalmente a vendere al mer-
catn, quando capitava, uccelletti e porcellini, e faceva le pu-
lizie dornestiche con la massima indifferenza. Si elice che egli
ela ,.a prova di « indifferenza » Iavan do un maialetto appena nato.
E poiche una voita ebbe pure uno scatto di collera in difesa
di sua sorella (costei si chiamava Filista), a ehi lo redarguiva
ri~pose che, quando si tratta di una donna, non vale la 11 dimo-
strazione dell'indifferenza "· E poicbe un'altra voita ebbe paura
di un cane sguinzagliatogli contra, a ehi lo accusava rispose
chc e difficile spogliarsi completamente delia condizione umana
c che si deve combattere contro la realta delle cose, nei limiti
dcl possibile, anzitutto con le azioni e, se questo non si puo,
almeno col ragionamento.
Si tramanda che, quando gli venivano somminisirate medi- 67
cine corrosive o quando doveva subire tagli e caustioni per
qualche ferita, egli non contraeva neppure le ciglia. E Timone
chiarisce la sua disposizione d'animo nei versi rivolti a Pitone 27 ;
cd anche Filone di Atene 28, che fu intimo di Pirrone, dice che
qucsti frequentemente citava Democrito, ma pur anche Omero,
che egli ammirava e di cui continuamente ripeteva il vcrso

Qua.l dclle foglie la stirpe, tale anche quella degli uomini 1 '.

ed elogiava il poeta perche paragonava gli uomini a vespe e

. ~5- Pirrone ave\•a, fon;c, solo cinque anni quando questo tiranno fu uc-
CI.~o (cfr. \\'rLAMOW:tTz, AntigCinos vo" J(aryslos, dt., p. 38). Una traili.ziane
P~~ accret.litata vuo\e che uccisori de! tiranna siana stati Eraclide e Pitane,
dlsccpoli di Platane (cfr. Acad. pllil. ind. 11erc., col. VI, 15). carne e enfatica-
mente con(ermato, tra l'altro. da PHILOSTR. Ap.>ll. vila VII. 2: • Eraclide
f P•_tone, gli uccisari di Catis il Tracc. crano due giovanctti chc e5altavano
e d1sputc dell' Accademia e propria per questo divennero sapienti e liberi •.
26. Fr. 23 Jacoby.
27. F:.-. 79 Dicls.
28. Discepolo di Pirrane, lu autore di un'opera in cui motto probabil-
Dlente rievocava te conversazioni tenutc dal suo macstro.
29. HaM. Il. VI, 146.

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68 PIRRONE

a mosche e ad uccelli, ed era solito recitare anche questi versi:


Su, caro, muori tu pure: perche cotanto t'affiiggi?
Patroclo pure mori, che di te era motto migliore au,

e ripeteva quante altre espressioni omeriche si riferiscono al-


l'instabilita e al vano a:ffaccendarsi e alla puerilita degli uomini.
68 Posidonio 31 narra di lui il seguente episodio: durante una
navigazione, mentre i suci compagni di viaggio se ne stavano
di malumore a causa di una tempesta, egli rimaneva sereno e
corroborava il suo animo indicando un porcellino che sulla nave
continuava a mangiare e dicendo che il saggio deve perseverare
in una imperturbabilita cerne quella.
Numenio 31 e l'unico ad affermare che anche Pirrone era
dommatico.
Tra gli altri, egli ha avute anche discepoli illustri, come
Euriloco 33, del quale pur si tramanda il seguente fallo. Si dice,
infatti, che costui si adin) a tai segno che alzo lo spiedo con
69 tutte le carni e insegui il cuoco fin sulla piazza. E in Elide
una voita questo Euriloco, a:ffaticato da quanti gli facevano
domande durante certe discussioni, getto via il mantello e pa.ssO
a nuoto l'Alfeo. Aveva la massima avversione contre i Sofisti,
cerne dice anche Timone M.
Anche Filone il piu delle volte discuteva con se stesso;
ragion per cui Tim one paria cosi anche di lui:
Oppure Filone che, lungi dagli uomini, insegna a se stcsso
E paria con s~. non curando ne gloria ne dispute accese 36.

Oltre a costoro, furono allievi di Pirrone Ecateo di Abdera

30. Ho111. Il. XXI, 106-7.


31. Fr. 287 Edclstein-Kidd. L'cpisodio si ritrova in Pl:..uTARCH. Quomo4o
quis suos in viri. 82 f.
32. Non possiamo dire con certezza se si tratti di un Numcnio allicvo di
Pirrone oppurc de! grande Numenio di Apamea (II meta del II sec. d. C.),
autore dcll'opera Inl<"rno alltJ infeddta degli Accademici a Platone, in cui' si
sostene~·a la necessita di libl"rare il platunismo da ogni ingcreoza scettica
(cfr. DAL PRA. La storiografia filosofir.a atllica, cit., pp. 223-5; e qua.nto nota
il des Plac«?s in NtruE~JUs. Paris, 1973. pp. 14 scgg.).
33· Allievo di Pirrone, ma di tcmperamento molto diversa dal sua maestro,
viene ricordato da Timonc (fr. 6:2 \Vachsmuth) carne • ostilissimo contra i
sufisti •: al pari di Timone, egli diede inizio alle acct"se polemiche anti-dolll·
matiche degli Scettici (cfr. AR:<UI, • RE>. VI, r, col. IJJJ).
34· Fr. 9, B 49 Diels = 6l Wachsmuth.
35· Fr. 9 B 50 Diels = 63 Wachsmuth. Parodia di Hor.r. Od., XXI, 364.

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PIRRONE

e Timone eli Fliunte, l'autore dei Silli, del quale parleremo


in appresso 36 , ed anche Nausifane di Teo, di cui, a quel che
dicono, fu allievo Epicuro 87 • Tutti costoro venivano chiamati
" Pirroniani » da1 nome del maestro, e assumevano l'appellativo
di Aporetici o di Scettici o, anche, di Efettici e eli Zetetici a
scconda, per cosi dire, dei loro punti di vista 88 • Pertanto si 70
paria di filosofia a zetetica » in base al fatto che essa cerca
[~·~-rd'] perennemente la verita; di filosofia « scettica » in quanto
esc;a indaga [axe?t"rc:-rcu] sempre e non riesce mai a trovare;
di filosofia << efettica >> a causa dell'affezione che segue all'in-
dagine, e intendo alludere alla sospensione del giudizio [btoxf,]:
qucsti pensatori si chiamano « aporetici »in base al fatto che sia
essi stessi sia i Dommatici cadono in aporia. Si chiamano, in-
fine, « Pirroniani >1 da Pirrone. Teodosio, pero, nei Capitoli
scellici 3 9 sostiene che non bisogna chiamare <t pirroniana » la
filosofia scettica. Se, infatti, il movimento del pensiero conce-
pito da un altro 40 non pua essere appreso, noi non potremo
conoscere la disposizione d'animo di Pirrone; e, non conoscen-
dola, non potremo chiamarci neppure a pirroniani >1. Ed ag-
giunge anche che Pirrone non fu il primo ad avere inventata
la filosofia scettica e a non aver professato alcuna opinione
dommatica. Ci si puo, invece, chiamar u pirroniani 1> solo m
quanto la propria condotta di vita somiglia a quella di
Pirrone n.
Alcuni affermano che questo indirizzo filosofica risale ad 71
Omcro, perche, a proposito delle medesime cose, questi piu
di ogni altro fa rivelazioni <<ora in un modo ora in un altro »
e su nessuna cosa egli esprime il suo punto di vista fornen-
done la spiegazione in maniera definitoria. Dicono, inoltre, che

36. In IX. 109-15.


37· Cfr., tra l'a!tro, DmG. LAERT. X, 7; UsENER, Epicurea, p. 413 B.
38. La stessa distinzione dei vari appellativi si ritrova in SEXT. EMP.
P }'rrh. hyp. 1. 7·
~9- Fr. 308 Deichgraber. Teodos.io (II sec. d. C.) fu seguace delia medicina
enlpmca (cir. Cod. HautiÎetlsis Lat., 1653 f. 732) e scrisse. come attesta. Su.ida,
:~··lm•ot~zione ai capitoU di Teoda che. forse, s"identi.fica con l'opera citata
Laerzto (dr. fr. 307 Deichgrăber).
4°· II Gigante, invece, traduce l'espressione xe~&' lupov • nell'una o nel-
1,a1tra direzione •·
t .g. ~eodosio, insomma, propende per un primato pratico nella sua in-
derp~ctazione de! Pirronismo, in conformit11. con la dlbaclt teoretica acutizzata
agh Accademici e dagli Empirici.

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siano scettici anche i detti dei Sette Saggi, ad esempio l'espres~


sione (( niente di troppo » 42 e « prendi un impegno e la sciagura
ti accompagna >>, e cio vuol dire che a ehi prende un impegno
con ferma convinzione si accompagna la sciagura 43 • E non
bas ta: dicono che anche Archiloco ed Euripide si comportano
da scettici: ad esempio Archiloco nei versi in cui dice:
Tale degli uomini morta1i, o Glauco figliuol di Leptine,
E l'animo, qual e la giomata chc Zeus manda dall'alto ";
ed Euripidc:
Perche si dicc mai ch'ahbiano senno
1 miseri mortali? Noi pcndiamo
Da te, e quel che vuoi facciamo noi u.

12 Non solo: ma anche Senofane e Zenone di Elea e Democrlto,


a parere di quelli 48 , si trovano ad essere scettici: ad esempio
Senofane nei versi in cui dice:
E quello ch'l': chiaro niun uomo lo vide ne mai sara alcuno
A saperlo n;

e Zenone sopprime il movimento, quando dice: (( Il mosso non


si muove n~ nelluogo in cui e ne in quello in cui non e » 48 ;
e Democrito elimina le qualita, quando dice: «Per convenzione
c'e caldo, per convenzione c'e freddo: per verita ci sono atomi
e vuoto n 49 , e un'altra volta «Per verita niente sappiamo: in

42. L'esprcssione ~-tl)8~v ăy~v vienc quasi tcnde02ialmente ad ant:iciparo


sul piano morale, l'ou (Lii.A/.ov.
43· Diogene intende precisarc, sulla scorta di fonti scettiche, che la scia-
gura non c la. conseguenza di un impegno • pratico • - altrimcnti non es.iste·
rebbero i rapporti delia auvl)&stiZ - bensl di una :.La~t:;. di una convinrione
mentale di ordine teoretica.
44· Fr. 68 Diehl = 1 15 L.B.
45· EURIP. Suppl., 731·6, citato anche in PLUTARCH. Mor. 1056 b.
46. Nun dei Pirroniani in generale, ma solo ili quelli chc fanno risalire
la scep~i ad inizi quasi preistorici (cfr., a tai proposito. SEXT. E~!P. Adu. log.
1, 46 segg. e quanto e stato da me rilevato nell'lntroduzione alla traduzione
italiana. di quest'opcra, pp. xvm-xxtv).
47· 21 B 37 Dids-Kranz. Questi vcrsi, ricordati anchc in PI.UTARCH. D1
aud. poet. 17 e, si trovano discussi in SEXT. E~IP. Adv. log. I, IlO.
48. 29 B 4 Diels-Kranz. Da qucste teorie 11nti-cinctiche di Zenone parti·
rono le sottili argomentazioui del megarico Diodoro Crono, ampiamente di-
scusse dagli Sccttici (clr. SEXT. EYP • .4.dv. phys. II, 48, 85-101. !4z-3; Pyrrll.
liyp. 1 Il, 71; II 241 ; Do~IXG, Die M egtJri ker, cit., pp. 129-3 r; FuRLEY, Tfl}o
studies in the Greek Atomists, pp. 131-5; FRĂXKEL, Wege tmd Formen des
friJ.hgriechische DMJkens, pp. 204-1 r).
49· 68 B 17 Diels-l{ranz.

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PIRRONE

un abisso, infatti, e la verita n 60 • E Platane concede il possesso


del vero agli dei e ai figli degli dei, e si limita a cercare soltanto
il u discorso verosimile n 61 • Ed Euripide afferma:
Chi sa ~c vivere non sia morire, 73
E il morir cio che all'uomo scmbra il vivere 61 •

Ma anche Empedocle:
rosi queste cose per gli uomini ne \risibili ne udibili sono
::-.; f, con la mente afferrabili 03 ;

e piLI su:
Solo convin ti di quello in cui ciascuno ba inciampato 6t.

Inoltre dice Eraclito: 11 Non mettiamoci a far congetture sulle


massime case>> 65 • Anche Ippocrate, del resta, dava le sue in-
dicazioni in moda dubbioso e conforme all'umano stato 58 ; e
gia prima Omero aveva detto:
Volubile e dei mortali la lingua; son molti i discorsi i?

('

... Qua c la e molto il pascolo delle parole

e
~]ualc il parlar cbe facesti, tale il responso che udrai,

intendendo alludere ali'« equipollenza n e alia « contrapposizione


dclle parole)) as.
Gli Scettici, da parte loro, si dedicarono in profondita al 74
capovolgimento di tutte le dottrine dommatiche dei vari in-
dirizzi filosofiei, senza fare essi stessi alcuna dichiarazione di

50. 6B B 18 Dids-Kranz.
. 51. Cir. PLAT. Tim. 40 d. Per una certa eeo protagorea in qnesta posi-
Zlune platonica c:fr. CaRNFORD, Plalo's Connology, London, 1966', pp. IJB-g;
prr un'intrrpretazione • ironica • de! passo cir. TAYLOR, A Commentary ta
P!ato's Timaeus, Oxford, 196l~. pp. 245-7.
5~. Fr. 6JS Nauck'. citato parzialmente Sili in PLAT. GoTg, 492. e.
53· 31 B 2, 7 segg. Dicls-Kranz.
5-1· 31 B 2, 5 Dil"ls-Kra.n.z.
55. 2l B 47 Dicls-Kranz.
. 56. Il grande Ippocrate veniva interpretata sia in senso dommatico sia
1
n scnso scettico-empirico, come risulta irequeutemcnte dagli scritti di Galcno.
57· HaM. Il. XX 248-50.
58. Per questi termini scettici dr .. tra l'altro, SExT. EliP. PyrTh. ltyp.
I, ~. 9. 10, JI, 190, 11)6; 1 [1 81 tiC.

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72 PIRRONE

stampo dommatico, fina al punto di profferire soltanto i dommi


degli altri e di discutere senza dare alcuna definizione o, piut-
tosto, senza fare neppure quest'ultima casa 68 • Di conseguenza,
essi soppressero anche il termine ~ non-definire » e non dice-
vano, ad esempio, << nulla definiamo 11, giacche in tal modo
avrebbero pur dato una definizione; essi dicono invece: «noi
profferiamo affermazioni per indicare la nostra ponderatezza,
quasi che fosse possibile indicare cio anche con un semplice
cenno delia testa». Adunque, con l'espressione « nulla defi-
niarno » viene indicata la situazione affettiva dell'« equilibrio 11 ao
e lo stesso vale anche per le espressioni u non piu » e « ad
ogni argornentazione si oppone un'argomentazione J) e per altre
75 simili 61 • L'espressione llflOn piu n viene usata anche in senso
affennativo, quando si vuole dire che certe cose sono simili
tra loro, ad esempio u il pirata e malvagio non piu del men-
dace ,,. Dagli Scettici, invece, essa viene usata non in senso
affermativo, ma negativa, carne, ad esempio, quando in una
confutazione si dice 1< Scilla esiste non piu che la Chimera ».
E anche il termine « piu » talora viene profferito in senso com-
parativa, carne quando diciamo (\il miele e piu dolce dell'uva »,
talora in senso positivo e negativa, carne quando diciamo « piu
che danneggiare, la virtu giova », volendo significare cbe la virlu
76 giova, ma non danneggia. Gli Scettici, pero, giungono ad eli-
minare la stessa locuzione u non piu »: carne, infatti, la provvi-
denza «non piu esiste che non esista » 811, cosi la locuzione
« non piu » esiste non pin che non esista. Pertanto questa locu-
zione, carne dice anche Timone nel Pitone 83, intende signifi-
care « il non definire nulla e il non ammettere apinione al-
cuna n 8'. Anche l'espressione « ad ogni argomentazione si op-
pone un'argomentazione n contiene implicitarnente la sospen-
sione del giudizio: infatti alia discordanza delle case reali e
all'equipollenza delle argomentazioni consegue l'ignoranza delia
verita; ed anche a quest'ultima argomentazione se ne appone

59· Cfr. SExT. EMP. Pyrrh. hyp. I, 14. 21-22, 197.


oo. Cfr. ibid. I, 188.
6r. Cfr. ibid. 1. 198-202.
62. Per la critica sccttica. alia concezione delia provvidenza dr. Cic. D•
nat. deor. III. 25-39.
63. 9 B 8o Diels.
64. Clr. SEXT. EMP. Py"h. l1yp. J. 191, 206-2og.

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PIRRONE 73

un'altra, la quale, a sua voita, dopo aver soppresso le prece-


denti, viene travolta da se medesima e si estingue, carne av-
viene per i purganti, i quali, dopo aver fatto espellere i pesi
materiali, vengono anche loro emessi e distrutti 85• A questo 77
propasito, pcro, i Dommatici obiettano che gli Scettici non sop-
primono l'argomentazione, ma la rafforzano 6 6.
Gli Scettici, adunque, facevano usa delle argomentazioni
trattandole carne persone di servizio: difatti non sarebbe stato
possibile che un'argomentazione non fosse soppressa da un'altra:
allo stesso moda siamo soliti dire che non esiste un luogo e,
nonostante cio, siamo pur costretti a pronunciare la parola
r~ luogo », ma non in senso dommatico, bensi per portare avanti
la dirnostrazione; e siamo soliti dire che nulla avviene di ne-
ccssita, ma pur siamo costretti ad usare la parola u necessita )).
Era, in linea di massima, questa la maniera di cui si servivano
gli Scettici per dare le loro spiegazioni: difatti essi sostenevano
chc ''le case non sono per natura tali quali esse appaiono, ma
si limitano solo ad apparire n: essi, invero, affermavano di an-
clare alia ricerca non di quello che viene pensato (giacche do
che e pensato e chiaro), bensi di eia di cui si ha u partecipa-
zione » per mezzo dei sensi 67 •
Adunque il pensiero pirroniano si limita a dare una certa 78
indicazione dei fenomeni o di do che viene pensato in qual-
sivoglia moda; e mere~ questa indicazione tutte le case ven-
gono generalmente confrontate tra loro e, una volta che sono
state messe a confronto, si viene a scoprire che esse conten-
gono u malta irregolarita e gran motiva di turbarnento n, carne
osst'rva Enesiderno nel suo Schizzo introduUivo al pensiero
Pirroniano 68 • Per quanto conceme le antitesi che sono imma-

65. Cfr. SEXT. EMP. Pyrrh. hyp. I, 202-205; Adv. log. II, 48o-48t.
66. L'obiezione dommatica. che qui Diogene si limita solo a riportare senza
tliscute-rla (quasi ad indicare una sua timida riserva versa lo Scetticismo),
Yicne- ampiamcnte controbattuta in SEXT. EMP. A du. log. II. 463-469.
67. La chiarezza noumeuica il, pero. solo astratta. priva di ogni evidenza
sensibile e, quindi. non degna, secanda gli Scettici, di essere conscguita. Il
,·ero problema, invecc. e quello delia conoscenza dei r.p.iyfLa:~:a:, ossia degli
oggctti reali che si prese-ntano ai nostri sensi. Ne\la traduzione ha evidenziato
il termine fL~•~xo·~aLv per la sua provenienza platonica che. ovviamente, non
sfuggl specialmente agli accademici Arcesilao e Carncade.
68. Per quest"opera di Enesidcmo cfr. ARNIM. Ainuidernos in • RE •, I,
col. 1023 e BURKHARD. Die emgeblich~ HtrtJklit-Nacllfolge des skep. Aert .• Bonn,
1973. pp. 161·5·

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74 PIRRONE

nenti alle indagini, ess1 m un prima momento mostravano i


11modi 1> seconda cui le case producono persuasione, ma subita
dopo sopprimevano la credenza nelle cose, sfruttando quei me~
desimi modi. Varrebbero, infatti, a persuaderci quelle cose che
sono tra loro concordi in canformita con Ia sensazione e quelle
che non cambiano mai o cambiana solo raramente e quelle che
sono consuete e quelle che sona determinate da leggi e quelle
79 che procurano gioia e quelle che suscitano ammirazione. Gli
Scettici, allora, cercavano di dimostrare che hanno uguali
pateri pcrsuasivi le opposizioni addatte contra ehi produce
persuasione 09 •
Le aporie ammesse da loro in riferimento a cio-che-appare
e a cio-che-e-pensato si esplicavano in dieci « tropi », secondo
i quali gli oggetti reali verrebbero a risultare mutevoli 70• 1
dieci tropi che essi pongono sono i seguenti.
(1) Il primo 71 e quello che si riferisce alle differenze tra
gli esseri viventi in relazione al piacere e al dolore, al danno
e all'utilita. In virtu di questo tropo si viene a concludere che
dalie medesime cose non si offrono le medesime rappresenta-
ziani e che, percio, a cagiane di questo contrasta, si ha carne
conseguenza la sospensione del giudizio. Tra gli esseri viventi,
infatti, alcuni sono generati senza unione sessuale, come quelli
che vivono nel fuoco e l'araba fenice e i verrni; altri, invece,
per mezzo di accoppiamento, come gli uomini e tntti i rima-
8o nenti; e alcuni hanna una costituzione, altri ne hanno un'altra,
e percio differiscono tra loro anche per le facolta sensoriali,
carne, ad esempio, i falchi banno vista acutissima e i cani hanno
il fiuto molto sviluppato. Pertanto e conforme a ragione cbe
a quelli che banno organi visivi differenti anche gli oggetti
delia rappresentazione si presentino carne differenti; e che per
la capra il tallo sia commestibile, per l'uomo sia amaro, e che
6g, Diogene, farse sotto l'intlusso dell'Accademia post-carneadca, sembra
spostare su un piano di persuasione retorica. quello che, invece, secondo gli
Scettici, e un problema di autentica gnoseologia.
70. Circa la deriva:zione di questa sezione laerziana da Sesto Empirica
veda.si DRoCKEK, Die Trvpero der Sheptiher, • Hermes •. LXXXV. 1958, pp.
497 segg. Non e. comunque, da esdudcre completamente la tesi (BRoCHAIW,
Les sceptiques grecs, cit., pp. 259 segg.) di un rccupero neo-scettico di un'antica
tropologia pirroniana. Per piil. ampie notizie cfr. pp. 544-6, 567-605 del presente
volume.
71. Questo trop<J, gia riportato in Pun•. De ebriet. 171-175, si trova am-
piamente illustz-ato in SEXT. EMP. Pyrrll. llyp. 1, 40-78.

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PIRRONE 75

per la quaglia la cicuta sia nutritiva, ma letale per l'uomo,


e chc gli escreme.nti siano mangiabili per il pareo, ma per il
cavallo no.
(II) Il secondo 72 e quello che si riferisce alia natura degli
uomini e al loro temperamento individuale. Cosi, ad esempio,
Dcmofonte, che serviva alia rnensa di Alessandro, all'ombra
sentiva calda e al sale sentiva freddo; e Androne eli Argo, a 81
quel che ne elice Aristotele 73, attraversava senza bere il de-
scrto libico; e c'e ehi ha propensione per la medicina, ehi per
l'ag"ricoltura e ehi, ancora, per il commercio; e le medesime
cose sono dannose per alcuni e vantaggiose per altri: ragion
per cui si dcve sospendere il giudizio.
(III) Il terzo 74 e quello che si riferisce alia diversita dei
pori sensoriali; cosi, ad esempio, la mela si presenta gialla alia
vîsta, dolce al gusta e profumata all'olfatto; e la medesima
figura, a seconda delia diversita degli specchi, viene vista di
voita in voita come diversa. Di conseguenza, l'oggctto che
appare viene a risultare tale «non piu » che talaltro.
(IV) Il quarto 7o e quello che si riferisce alle disposizioni S:z
e, in generale, ai mutamenti, quali sono, ad esempio, salute
e malattia, sonno e veglia, gioia e dolore, giovinezza e vec-
chiezza, coraggio e paura, indigenza e abbondanza, adio e
amore, calare e freddezza, a seconda che si respiri bene o i pori
siano occlusi. Pertanto le impressioni appaiono diverse a se-
conda delia diversita delle disposizioni. Difatti neppure i pazzi
si trovano in una disposizione innaturale: e perche vi si do-
vrebbero trovare essi pin di noi? Anche noi, infatti, quando
~uardiamo il sole, riteniama che esso stia ferma! E Teone di
Titora 76 , lo Stoico, donniva e passeggiava nel sonno, e un servo
di Pericle saliva, dormendo, in cima al tetto.
(V) Il quinto 71 e quello che si riferisce all'educazione rice- 83
. 72. Questo tropo, gia riportato in PHrL. De ebriet. 175-177, si trova am-
P1ameute illustrato iu SEXT. EMP. Pyrr/1. hyp. 1, 79-89.
73· Fr. 103 Rase'.
_ 74· Questo tropo. mancante in PHIL. Dt tbriel., e sviluppato in SEXT.
EMP. Pyrrh. hyp. 1, 90-99 .
. 75· Questo tropo, riportato in PHIL. De "briel. I]8-I8o, e ampiamente
SVIIuppato in SEXT. EMP. Pyrrl•. l•yp. I. roo-117.
;~. Per questo stoica, mcnzionato unicamente in questo Iuogo laerziano,
n>das1 Po!ILENZ, La Stoa, I, tra<l. itai., Firenze, 1967, p. 503.
77· Questo tropo, riportata in PHIL. De ebriel. 19)-197. c sviluppato în
Szxr. EMP. Py"h. hyp. 1, 145-16).

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PIRRONE

vuta ' 8 e alle leggi e alle credenze nei miti e alle convenzioni
di ordine etico e alle concezioni di ordine dommatico. In questo
tropo e contemplata la maniera di concepire il bello e il brutto.
il vero e il falso, il bene e il male, gli dei e il processo di gene-
razione e corruzione di tutti i fenomeni. Cosi la medesima cosa
secondo alcuni e giusta, secondo altri ingiusta, e per alcuni
una data cosa e buona, per altri e cattiva. I Persiani, ad
esempio, non ritengono assurdo unirsi in amore con una propria
fi glia, ma gli Elleni lo ritengono illecito; e i Massageti, carne dice
anche Eudosso nel primo trattato del Giro de/la Terra 79, si
tengono le donne in comune, ma gli Elleni no; e i Cilici eser-
citavano per puro sport gli atti di pirateria, ma non gli Elleni so.
84 E, quanto agli dei, ehi li concepisce in un modo, ehi in un
altro, e alcuni credono nella loro provvidenza, ma altri no.
E gli Egiziani imbalsamano i morti eli seppelliscono, i Romani
Ii cremano e i Peoni li gettano negli acquitrini. Ecco, quindi,
la sospensione del giudizio sulla verita.
(VI) Il sesto 81 e quello che si riferisce alle commistioni e
alle comunioni, secondo il quale nulla appare di per se allo
stato puro, ma insicme con aria e luce, con umidita e solidita,
con caldo e freddo, con movimento ed esalazioni, e con altri
fattori. Cosi la porpora mostra un colore alia luce del sole,
un alt ro al chiaro di luna e un altro a lume di lucerna; e il
colore delia nostra pelle appare diversa a mezzogiorno e quando
85 tramonta il sale; e una pietra che richiede lo sforzo di due
persone per essere sollevata in aria, viene agevolmente spostata
nell'acqua, o perche, pur essendo pesante, viene alleggerita
dall'acqua, oppw-e perche, pur essendo leggera, viene appe-
santita dall'aria. Pertanto noi ne ignoriamo le peculiari pro-
prieta, come se si trattasse di olio in un unguento.
(VII) Settimo 82 e quello che si riferisce alle distanze e a
78. Cosi il Gigante (ad l1oc); lo Shorcy (• Class. Philology •, XXII, 1927,
p. ro) propone\·a • scuole lilosofichc •·
1
79· Fr. 14 Gisinger = 278 a Lasserre.
So. 1 Greci, infatti, l'avevano esercitata per dura nece5Sita come attivita
quasi politica (cir. THUCJD. I. 5 segg.).
81. Questo tropo, riportato in PHIL. De ebriel. 189-192, si ritrova in SEXT.
EMP, Pyrrh. hyp. I. 124-128.
82. Qucsto tropo, riportato in PHIL. De ebriel. 181-183. si ritro'lia in SExT.
ENP. Pyrrh. hyp. I. n8-I2J. Una singolare coincidenza tra le argomentazionl
di questo tropo e quclle presenti in un papiro segnalato da E. Eggcr ne! 1870
in Comptes rendu de l'A cad. dt·s Sciet~ces pp. 46,;-8, pubblicato da K. \\'essely

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PIRRONE 77
determinate posaziOni e ai luoghl e alle cose che nei luoghi si
trovano. Secondo questo tropo, le cose che son credute grandi

ne! r891 in • Wiener Studien •. pp. 313-21, ed emendato, fra gli altri, anche dai
nostro Olivieri in • Riv. it. fii. class. •. XXIX, 1901, pp. 73-6, e a.nche recen-
tcmcnte molto studiate e discusso. 6 stata a.mpiamente rilevata dal Lasserre
(Un papyrus sceptiq144 mkcmnu. P. Louvre inv. 7733 R 0 , in u ?nomle gr~c. Homm.
a. C. Pl'eau~. Bruxelles, 1975). Ne riportiamo la tra.duzione italiana:
• (1) Ci si presentano [due oggetti?] in aspetto di aria, giaccM entrambi
i colori a.ppaiono insieme e, per eli piu, !'aria prende il 11opravvento a cagione
rlella. sua quantith. e, alia line, immense grandezze diventano invisibili a poco
a puco. E, invero, isole e citth. e Iocalit:?L che sono situate a grande disuuu:a
tra. Iora - carne, del resto, tutti gli altri oggetti i cui colori )'aria non pub
arfatto occultare - vengono necessariamente avvistate da grandissima di-
stanza, ma le loro dimensioni, da grandissime che sono, appaiono molto pic-
cale. )la se si accorcia o viene a mancare lo spaz.io che U divide in maggiori
o mi nori, e se i colori •..
(II) ... Si ha un'aporia ... sebbene essi [gli astn1 siano cosl. grandi, se la
luce fraziona. ad intervalli le Iora grandez.ze, gli astri appaiono ingranditi nella
loro trasla.zione, mentre appaiono rimpiccioliti nel casa che...
(III) ... Ragion per cui ci si pnb trovare in aporia anche in merita al calare
e ali o splendore delia luce che si diffonde interna al sole. Non~. pertanto, unica
h ca usa per cui le masse di questi astri appaiono rimpicciolite e alia fine scompa-
inno quasi del tutto, a mena che non diventino manifeste per mezzo dei raggi.
Kecessariamente anche gli oggetti che sono in movimento sembrano stare
fermi, quando si trovino a grande distan.za [da noi]. Quando, invero, viene
ad csscrc circondata completamente la Iora grande massa, noi, neppure se
siamo dapprcsso, riusciamo a percepire il movimento c:he...
(IV) Ma la loro dimensione sembra ingrandirsi al Iora sorgere e al loro
tramonto, anche se essi non mutano di malta il loro posta. Di queste case noi
reputiamo che siano causa i loro movimcnti. Ed e c:hiaro: quando, infatti,
essi sorgono o tramontano, noi abbracciamo con la sguardo ogni Iora sposta-
meuto circolare: d.ifatti, poiche l'astro che si lcva apparc scmpre piu grando
!li momente in momente, non pub non sembrarci chc quei corpi non mutino
posizione. Ecco perche, immediatamente dopo il loro sorgerc, noi percepiamo
ancora la Iora traslazione, vedendo ...
(V) ... La Iora dimensione, per il fatto chc si va ingrandendo a poco a poco,
11Qn diviene tutta quanta manifesta allo stesso modo. D'altronde ci sono molti
og!;etti che, guardati durante i Iora movimcnti, sembrano subire mutamenti.
E altrî oggetti, che sembrano trovarsi nelle medesime rondi.zioni di quelli che
sono in movimento, sombrano mossi anch'essi, e, per conversa, quegli oggetti
cllc si trovano nelle mcdcsime condizioni di oggetti che sono fermi, sembrano
«nch'e;si essere fermi. Difatti le imbarca.:cioni che corrono alia stessa velociU.
e quc\le che cunser\'aoo costantemente tra Joro la medesima distanza, appaiono
so\·ente carne ferme, giacche non (c'C:) nulla. di piu o di mena ... •·
. Pur con le dovute cautele, il Lasserre (pp. 547-8) propende per l'assegna-
zrouo rld papiro a Timone o a Nausifane. Certi elementi di .fisica democritea,
cbe: pur vi appaiono in moda evidente, non escludercbbero l'animu.s scettico
c:lell'~nonimo autore, dati gli stretti rapporti tra il prima pirronismo ed i seguaci
s:r:ttlcheggianti dcll'atomismo (rapporti di Pirrone con Anassarco e con Nau-
SIIane). 1\Ieno probabile l'as~egnazione - che pur e stata autorevolmento avan-
zata- al circula epicureo o a quello peripatelico, di cui, comunquc, non mancano
alcu~i indizi. Stando al Lasscrre (p. 548 od ftnem), il papiro potrebbe essere
COil~ldcrato o a ce jour Je tl!moin uniquc de )a formu)ation de la doctrine de
Pyrrhon a ses origines ct cette particularite lui confere une valeur documcn-
t:Ure qu'on ne saurait estimer assez baut •. Le quasi solitarie tcsi di von Fritz
ncevono, cos\, un grande conforto.

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PIRRONE

si mostrano piccole, lr quadrate curve, le lisce sporgenti, le


diritte spezzate, le gialle come di altro colore. Cosi il sole, a
cagione delia distanza, appare piccolo, c le montagne di lontano
86 aeree e lisce, da vicino scabre. E ancora: il sole appare in un
moda quando sorge, ma nel mezzo del cielo appare in un modo
diversa. E il medesimo corpo in un bosco appare in un dato
modo, ma su un terreno brullo appare diversa. Del resto, anche
l'immagine arpare diversa secondo la diversita delia posizione,
e il colio delia colomba varia col suo voltarsi di qua o di la.
Poiche, adunque, non e possibile avere conoscenza di queste
cose prescindendo dai luoghi e dalie posizioni che esse occu-
pano, la loro reale natura ci rimane ignota.
(V II l) Ottavo 83 e quello che si riferisce alie determina-
zioni quantitative [e qualitative M] delle case e ai Iora diversi
gradi di riscaldarnento o di raffreddamento, di velocita o di
lentczza, di sbiadimento o di coloritura. Cosi il vino, bevuto
con rnoderazione, ci rende piil forti, ma, bevuto in quantita
eccessiva, ci ren de svaniti; e lo stesso dicasi anche per il nu-
trimcnto e sirnili.
A7 (IX) Il nono 85 e quelio che si riferisce alia frequenza o
alla peregrinita e alia rarita. Cosi, ad esernpio, i terremoti non
destano meraviglia in quelli presso cui accadono di continua,
e neppure il sole, giacchC lo si vede ogni giorno. Questo nono
tropo corrisponde all'ottavo di Favorino 86 e al decima di Sesto
e di Enesiderno 87 ; il decimo, invece, viene indicata come ottavo
da Sesto e come nono da Favorino.
(X) Decimo 88 e quelio che si riferisce al paragone con le
altre cose, come, ad esernpio, il leggero rispetto al pesante, il
forte rispetto al debole, il maggiore rispetto al minore, l'alto

SJ. Questo tropo. che ~i ritrova mcscolato col precedente in PHIL. De


ebriet. 189 segg., e svolto in SEXT. E111P. Pyrrh. hyp. I. uS-134·
84. L'aggiunta del Cobcnius e stata espunta dal Long sulla base dcl testo
st>stiano.
85. Questo tropo, mancante in PHIL. De ebriet., e svolto in SEXT. EMP.
Pyrrh. hyp. I, 141-144·
86. Fr. 26 Barigazzi = GELL. XI, 5. 1.
87. Almcno per quanto concerne Scsto la notizia di Diogene ~ errata;
non possiamo dire se lo sia alb"ettanto per Enesidemo.
88. Questo tropo, presente in PHIL. De ebriet .• I86-J88, si rib"ova in SEXT.
EMP. Pyrrh. hyp. 1, 135-140.

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PIRRONE 79
rispetto al basso 89 • Pertanto, cio che sta a destra non e « destro
-per-natura», ma viene cosi concepito in base alia posizione
che essa occupa rispetto ad un'altra cosa: se, infatti, quest'ul-
tima cambia di posto, esso non sara. piii 11 destro )), Allo stesso 88
moda anche i termini « padre » e « fratello >> vengono cancepiti
comc relativi, e il termine « giorno u carne relativa al sole, e
tutte le case carne relative al pensiero. Quindi i relativi sono
inconoscibili [se vengono considerati] 90 nella loro propria
esscnza.
Questi, dunque, sono i dieci 11 tropi 11.
Agrippa 91 , pero, ne aggiunge a questi altri cinque: quello
rhe si basa sul disaccordo, quello del regresso all'infinito, quello
clella relativita, quello che si fonda su un'ipotesi e il diallelo.
Il tropo che si basa sul disaccordo e quello che mostra che
og-ni ricerca proposta dai filosofi o dalla comune consuetudine
e piena del piu grave contrasta e delia massima confusione.
Quello del regresso all'infinito non permette di dare un
saldo fondamento all'indagine, giacche una cosa viene a desu-
mere la prova da un'altra, e cosi via all'infinito.
Quello deHa relativita sostiene che nessuna casa viene re- 89
ctpita di per s~. ma insieme con una seconda cosa: ragion per
cui entrambe sono inconoscibili.
Il tropo fondata sull'ipotesi si basa sul fatto che alcuni
rt-putano di dover assumere con immediatezza le case primarie
comc meritevoli di credita e che non si debba sollevare, a pro-
posito di esse, alcuna inchiesta. Ma tutto questo non approda
a nulla, giacche si patra porre carne ipotesi anche il contraria.
Il tropo del diallelo si riscontra quando cio che dovrebbe
confcrmare l'oggetto delia ricerca ha esso stesso bisogno delia
prova derivante dall'oggetto delia ricerca: cio avvicne, ad
rscmpio, quando, se si vuole confermare l'esistenza dei pori
col fatto che si verifi.cano flussioni, si assume appunto l'esi-
stenza dei pori a conferma del fatto che si verifi.cano flussioni 93•
. fig .. Sesto usa dirdtamcnte l'espressione li7::b -tou rcp~ Tt invccc dcl tcr-
nune G'J[L~A'I'jiTL<;. cd a questo tropo conferisce, giustamente, la massima im-
P'•rtanza.
go. L'aletesi proposta dai Cobcnius e accettata dai Long.
91. P.-r i seguenti cinquc tropi • speculativi • di Agrippa cfr. SEXT. EMP.
l'yrriJ. llyp. 1, I6-1-177, noncht! pp. 643-50 del presente volume.
92. Probabile allusione alla teoria dei • pori intellef:ibili • sostcnuta. da
Asclepiade di Bitinia, il cui allievo Temisone di Laodicea fu trai fondatori

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Bo PIRRONE

90 Gli Scettici sopprimevano anche ogni dimostrazione e cri-


terio e segno e causa e movimento e apprendimento e genera-
zione, nonche l'esistenza di un qualcosa che fosse u per natura li
bene o male 93 •
Ogni dimostrazione 11' - essi sostengono - risulta composta
o da cose che sono gia state dimostrate oppure da cose non
dirnostrabili. Se da cose gia dimostrate, anche queste ultime
avranno avute bisogno di una qualche dimostrazione, e cosi
via all'infinito; se, invece, da case non d.imostrabili, allora,
nel caso che tutte quante queste ultime o alcune di esse o al-
mena una soia vengano messe in dubbio, anche l'intero risul-
tera non dimostrabile. Quanti poi - essi aggiungono - credono
all'esistenza di certe case che non hanno bisogno di dimostra-
zione alcuna, mostrano un acume davvero stupendo, dai mo-
mente che non si rendono canto che ~ indispensabile una dimo-
strazione anzitutto di questo, ossia dell'esistenza di cose che di
91 per se posseggono la facolta di suscitare credita 95 • Difatti non
e lecito confermare che gli elementi fisici 98 sono quattro fondan-
dosi sulla semplice asserzione che gli elementi fisici sono quattro 1
E do oltre al fatto che, se non sono rneritevoli di credita le di-
mostrazioni particolari, risulta inattendibile anche la dirnostra-
zione in generale. E poi, per conoscere che esiste una dimostra-
zione c' e bisogno di un criterio, e per conoscere che esiste un
criterio c' e bisogno di una dimostrazione: ragion per cui en-
trambe queste case sono incomprensibili, giacche si rirnandano
tra loro reciprocamente 97 • Ma, allora, carne mai si potranno
apprendere le cose non-evidenti, dai momente che una dima-

deDa scoola. metodica (cfr. Sl!:XT. EMP. Py"h. hyp. II, 96, 140; Adv. log. II,
146. 306, 3<>9 etc.).
93· Diogene mette un po' alla rinfusa. quello che, invece, vicno sistemati•
camente esaminato da Sesto Empirica sia nelle Ipotipasi pi"onirnu sia negli
ancor piu maturi e approfonditi trattati Cortt:ro i dommatici.
91· Per un approfondimento delia critica scettica a.U'apodissi cfr. SEXT.
EMP. Py""· hyp. II, 20, 85. 13f·I9I e Adv. log. II. 3oo-.ţ8I.
95· L'allusione ironica. e t.."lgliente sembra rivolta ad Aristotele, che aveva
sostcnuto che non si puo dare dimostrazione di tutto e avcva. posto gli assiom.i
come princlpi indimostrabili (cfr. ARISTOT. ,"\Ietaph. 997 a 7-II, 1005 a 20 segg.,
lOII a 13. 1090 a 36).
96. Si tratta delle quattro • radiei • empedoclee (terra. acqua. aria., fuoco),
ampiamente criticate, ma sostanzialmente accolt.e dai •fisici • peripatetici e,
anche. stoici.
97· Per un approfondimento di questo diallelo cfr. SEXTO EIIIP. Adv. lag.
II. 379-390.

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PIRRONE 81

strazione non puo essere conosciuta? E queUo che si va ricer-


cando non e se le case appaiano tali, bensi se esse siano effetti-
vamente in tale stato in conformita con una loro sostanza ea.
Gli Scettici considerano semplicioni i Dommatici: difatti cio
che si inferisce in base ad un'ipotesi 99 non ha valore di inda-
gine, ma e un mero (( porre n. Del resta, con un procedimento 92
di carattere ipotetico si puo intraprendere anche una dimostra-
zione di cose impossibili.
Essi, poi, ritengono che quanti reputano che non si debba
esprimere un giudizio di verita tenendo canto deUa varieta
Jclle circostanze e che non bisogni legiferare attenendosi aUa
natura particolare delle case, si mettono a dar definizioni sulla
natura di tutte le case senza badare al fatto che tutto quello
-chc-appare appare in un contesta di vicissitudini e di disposi-
zioni 1oo. Allora bisogna affennare o che tutte le case sono vere
o che tutte sono false; ma se sono vere soltanto alcune 1o1,
come si fara a distinguerle dalie false? Non col senso si potranno
distinguere quelle cose che sono sensibili, giacche al senso tutte
appaiono uguali; ne con l'intelletto, per lo stesso motiva. Ma
oltrc le due facolta suddette non se ne scorge alcun'altra per
operare una distinzione. Orbene - essi dicono - ehi intende
confennare un qualcosa che sia sensibile o intellegibile, deve
in via preliminare stabilire le opinioni che si hanno in merita
a questo qualcosa toa, giacche, a dire il vero, alcuni hanno sop-
presso certe cose, altri certe altre 103 • Non si puo dare, poi,

gB. Su questo punto converge la massima parte dell"anti-gnoseologia


scettica.: non si tratta di r salvare i fenomeni • (a cio aveva geninlmente pen-
sato anche Aristotcle ncllc sue posizioni a.nti-clcatiche). ma di acclarare l'im-
possibilit:t di stabilire un rapporto. da parte dei fenomeni, sia con la realtll.
dellc cosc sia col pensiero.
<:!9- Un approfondimento delia critica scettica al concetto di • ipotesi •, e
soprattutta in SEXT. EMP. Adu. malh. III, "I-IB. Poich~ le scienze matematiche
sono quclle che massimamente fanno uso di ipotesi-postulati, gli Scettici sono
particolarmcnte ostili ad esse (cfr. quanto ho scritto in SEsTo EMPIRICO, Conlro
1 1/Jalemalici, pp. XXIV-XXX).
1oo. Cfr. Sr:xT. EMP. Pyrrh. hyp. II. 85·96.
. Joi. (mentre altre sono false). come supplisce ovviamente Reiske (dr.
G1t;antc ad hoc).
102. In altri termini, si viene a scadere dai mondo dcll"lmori)IJ-1) a quello
cc:ontr_addittorio de:Ua 86~a:. che e ritenuto labile non solo dagli Scettici, soste-
Dit.:.n dell"&.8o~a:o-.ta:, ma anche dai piu rigorosi Dom..matici.
. IOJ. I Platonici. ad esempio, hanno sappresso il sensibile, gli Epicurei
l'mtcllegibile, mentre i Peripatetici c gli Stoici hanno tentata di sa.h·are capre
e cavoli [dr., tra l'altro, SEXT. E•tr. Adv. log. I. 20]-226).

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un giudizio se non per mezzo del sensibile o dell'intellegibile;


93 ma tutte e due queste case sono messe in bilico: eppero non e
possibile giudicare le opinioni che concernono case sensibili o
intellegibili. Ma se, a causa del contrasta immanente ai pen-
sieri, bisogna ricusare ogni fede in tutte le cose, verra eliminata
la misura con cui sembra che tutte le cose vengano determinate
in modo precisa. Si verd. a ritenere, pertanto, che ogni casa
e uguale ad ogni altra 104 •
Oltre a cio - essi dicono - ehi fa insieme con noi l'indagine
di ciâ-che-appare, o e meritevole di credita o no. Se e meri-
tevole di credite, non avra nulla da obiettare a colui al quale
appare il contraria: carne, infatti, egli stesso merita fiducia
quando paria di ciâ-che-appare, cosi la merita anche il suo
avversario; se, invece, ehi fa l'indagine su ciO-che-appare non
merita credita, neppure lui lo meritera, quando paria di cio-
che-appare 105•
94 Ne si deve supporre che sia vero cio-che-e-persuasivo 108 :
difatti la rnedesima casa non persuade tutti ne persuade le rne-
desime persone in moda continua. E la persuasione si produce
anche in base a fattori estrinseci, ossia in base alia buona repu-
tazione di ehi parla, alia sua profondita di pensiero, alla sua
capacita di penetrazione, al suo rnodo di esprimersi con fami-
liarita e gradevolezza.
Gli Scettici eliminavano anche il criterio con la seguente
argomentazione 107• Anche il criterio o e il risultato di un giu-
dizio o no. Se esso non e il risultato di un giudizio, non merita
credita e non coglie il vero e il falsa; se, invece, e il risultato
di un giudizio, esso verra ad essere una delle particolari case

104. Si pervicne, cosl, a quella cilhct~optcr. chc e una dei cardini etico-
gnoseologici del piu rl'mota Pirronismo.
105. Viene qui utilizzata, non senza la mediaziane deli'Accademia Nuova,
la celebre critica platonica e aristotelica al fcnomcnismo di Pratagora (cir.
PLAT. Tiuaet. 152 a segg.; ARISTOT. Metaph. IV, 5).
106. Altrimenti, secondo gli Sct'ttici, la filosofia si ridurrcbbe a retorica,
assia ali'• arte delle parole • (ARISTOT. Rllet. 1354a 22), e questo rischio avevano
corso i post-carneadei fina a Ciccrone, mentre gli ultimi Scettici furono, al
pari di Platonl', intransigenti versa quest'attivita (cfr. SEXT. EMP. Adv. malll.
II pas~im e mie annotaziani introduttive nelle pp. XX-XXIV delia traduzione
italiana. Circa le dati personali dell'oratore, sulla cui efficacia persuasiva a,•eva
ampiamcnte insistito Aristotele, si rinvia aiia mia Filosofia delia retorica in
Arislotelt, pp. 31-42).
107. Per un pill approfondito esame di queste teorie sccttiche cfr. SEXT.
EMP. Pyrrll. llyp. II. n-79; Adv. log. 1, 29 sl'gg.

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giudicate, di guisa che la rnedesima cosa giudicberebbe e sarebbe


giudicata, e cio che ha giudicato il criterio verra giudicato da
un'altra cosa, e quest'ultirna da un'altra ancora, e cosi via al-
l'infinito. E cio oltre al fatto che c'e discordanza in rnerito al 95
criterio, giacche alcuni sostengono che e criterio l'uorno 108,
altri i sensi 109 , altri la ragione 110, e certi signori la u rappre-
sentazione apprensiva » 111• Ma l'uorno e in disaccordo sia con
se stesso sia con gli altri, corne risulta evidente dalla diversita
dcllc leggi e delle costumanze. Da parte loro, i sensi ingannano,
e Ia ragione e in discordia con se stessa, e la rappresentazione
apprensiva viene giudicata dall'intelletto e questo intelletto
si svolge per varie guise. Pertanto il criterio e inconoscibile,
e cosi pure la verita.
Dicono, inoltre, che non esiste alcun u segno » 1111• Se, in- 96
fatti, c'e un segno, questo e o sensibile o intellegibile. Orbene:
sensibile non e, poiche il sensibile e comune, rnentre il segno
c propria; e il sensibile fa parte delle cose che hanno un'esi-
stem~a differenziata, mentre il segno fa parte delle relative.
Ne il segno e intellegibile, giacch~ l'intellegibile e o appa-
rcnte-di-cosa-apparente o non-apparente-di-cosa-non-apparente
o non-apparente-di-cosa-apparente o apparente-di-cosa-non-ap-
parente; ma esso non e nessuna di queste cose: eppero non esiste
segno alcuno. Orbene: apparente-di-cosa-apparente esso non e,
giacche da-che-appare non ha bisogno di segno; apparente-di-
cosa-non-apparente esso non e, giacche eia che viene disvelato
da qualcosa deve anch'esso apparire; non-apparente-di-cosa-
a pparente esso non puo essere, in quanto che do che intende
offrire ad un'altra cosa l'avvio all'apprensione deve pur esso
apparire; non-apparente-di-cosa-non-apparente esso non e, 97
giacche il segno, essendo una dei relativi, deve essere appreso
insieme con cio di cui e segno, ma questo non e il nostro caso.
Eppero nessuna delle case non-evidenti [Twv ăS~),Cilv] pua essere

108. Per una critica dell'uomo-criterio cfr. SEXT. E~IP. Adu. log. I, 263-342.
tO<). p.,r la critica del scnso-criterio cfr. SEXT. E!llP. Adu. log. l. 343-347.
I Io. Per la critica deUa ragione-critcrio cfr. SEXT. EMP. A dv. log. I, 348-
3_53- Scsto. pcro, aggiungc anche l'impossibilita di porre come criterio l'in-
Sicme di senso e intelletto (Adu. log. I. 354·358) e l'anima (ivi. 359-368).
_ 111. Questa celeberrima teoria stoica ll ampiamente confutata. in SEXT.
EMP. Adu. log. !, 369 segg.
II2. Approfonditc discussioni sul segno sono in SEXT. EMP. Pyrrh. hyp.
II, 97-IOJ, 1o7-133 e, ancor piu, Adu. log. II, 1-299.

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PIRRONE

appresa, dal momento che si dice che le cose non-evidenti ven-


gono apprese esclusivamente per mezzo dei segni.
Gli Scettici sopprimono la causa 113 nel modo seguente. La
ca usa e uno dei relativi, giacch~ e in relazione all'effetto; il
relativa, pero, viene soltanto pensato, ma non ha reale esi-
98 stenza: pertanto ancbe la causa patra essere soltanto pensata,
giacche, se davvero essa e causa, deve contenere in se cio di
cui si dice essere causa, altrimenti causa non sara. E carne il
padre, se non sussiste quegli relativamente al quale viene chia-
mato padre, non potrebbe essere padre, cosi avviene anche per
la causa; ma cio-in-relazione-a-cui la causa viene concepita
non SUSSÎste, giacche non c'e ne generazione ne COITUZÎOOe U4
ne qualsiasi altra cosa: eppero non esiste causa alcuna. Del
resto, se pur esiste una causa, allora o un corpo e causa di un
corpo o un incorporeo di un incorporeo; ma non e possibile
nessuna di queste due eventualita: eppero non esiste causa al~
cuna. Orbene: un corpo non patra essere causa di un corpo,
dai momento che entrambi hanno la medesima natura. E se
l'uno dei due si chiama causa per il solo fatto che e corpo,
99 anche il secondo, essendo corpo, risultera essere causa. Ma,
essendo causa tutti e due insieme, non vi sara cio che subisce
la causa. Ne un incorporeo potra essere causa di un incorporeo,
per la medesima ragione. Un incorporeo, poi, non e causa di
un corpo, giacche nessuna casa che sia incorporea produce
corpo. Un corpo, infine, non puo essere causa di un incorporeo,
giacche cio che viene prodotto deve fare parte delia materia
passiva; ma, poiche l'incorporeo - a causa delia sua stessa in-
corporeita - non e soggetto ad una passione, non patra essere
generata da alcunche: dunque non esiste causa alcuna. Dai
che si vicne a concludere che non hanno alcuna esistenza i
principi universali, giacch~, se questi esistessero, la causa
« efficiente ll o « agente 11 115 dovrebbe pur avere una qualche
esistenza.
IIJ. Una piil ampia discussione circa le aporie delia causa - ridotta a
soia causa agente -si trova in SEXT. EMP. Pyrrh. hyp. II. 13-29; Adv. phys.
I, 207-217.
II4- Per le aporie de! processo di genera..zione-corruzione, su cui aveva
particola:rmente insistito gia Aristotele neU'opera omonima. cfr. SF.XT. EMP.
Py,.,.h. hyp. III, 109-114 c. piu approfonditamente. Adu. phys. II, 3IO·J50.
II5. Dclte a.J.tre cause aristoteliche (per cui cfr. A.RISTOT. Phys. II. 3;
:t.felhaph. V, 2) non si fa. cenno alcuno ne in Diogene nd in Scsto. L'aitiologia

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PlRRONE

Ma non c' e neanche movimento 118 : difat ti il mosso si muove


0 ncl luogo in cui e o in quello in cui non e; ma nelluogo in cui
"e , non si muove, e nel luogo in cui « non e n non si muove
neppure: eppero non esiste movimento 117 •
Essi sopprimono anche l'apprendimento delle scienze e delle roo
arti m. Se infatti - essi dicono - un qualcosa viene insegnato,
allora o cio-che-e viene insegnato mediante l'esscre o cio-che-
non-e "r:iene insegnato mediante il non-essere. Ma ne cio-che-e
viene insegnato mediante l'essere, giacche la natura delle cose-
chc-sono appare a tutti e risnita gia nota; ne cio-che-non-e
vicne insegnato mediante il non-essere, giacch~ a cio-che-non-e
non appartiene proprieta alcuna e, di conseguenza, neppure
qm·lla di essere insegnato.
E non c'e neanche generazione 119, essi affennano. Difatti
non viene generata ne cio-che-e (per il fatto che esso gia e),
ne cir)-che-non-e (per il fatto che esso non ha esistenza alcuna),
ed a do che non ha esistenza e che non-e non tocea neppure
la generazione.
Affermano anche che non c' e ne bene ne male « per na- IOI
tura n 120• Infatti un qualcosa, se e a per natura n buono o
cattivo, dcve risultare essere buono o cattivo per tutti, carne la
ne ve risnita per tutti essere fredda; ma fra tutte le case non
ce ne e alcuna che sia buona o cattiva in linea generale per
tutti: eppero non c' e bene o male u per natura ». Del resta
bisogna affennare che e bene o tutto quello che viene « opi-
nato 11 121 carne tale da qualcuno oppure non tutto quello che

stoica, invero, avcva implicitamente mirato a ridurrc- le causc a queUa agente,


e gli Scettici avevano di mira, carne e noto, particolanncntc le dotbine stoiche.
Ii6. Molto piu ampiamcntc si trovano sviluppatc le aporie del movimento
in SEXT. E~!P. Py"h. h)•p. III, 63-So e, soprattutto, Adu. phys. II, 37-168.
I 17. Il verbo • ~ • viene eristicamentc u~ato in senso eli • sta • e in scnso
di • csistc •: gli Sc('ttici. nel rifarsi aUa celebre posizione anti-cinematica di
Ze~onc di Elea (cfr. ARISTOT. Phys. VI, 9), utilizzavano la sottilc espericnza
de1 Megarici c, in particolare, di Diodoro Crono (cir. frr. 122-125 c commentario
a pp. 129-131 Doring).
_ 118. L<l aporie anti-pcdagogiche sono piu approfonditamente svolte in
::-.EXT. EMP. P:,·rrll. hyp. III, 253; Adu. matll. I, 9-40 (cir. mie note introduttive
a pp. XII-XIII delia traduzione italiana); Adu. etil. :n6 scgg.
119. Cfr. SExT. EMP. Pynh. h:yp. III, 109-114; Adv. phys. II, 310 segg.
Iz o. Per una piu ampia t.ratt.azioue c!r. SEXT, E&!P. Py";,, hyp. Il I, 179-187;
Aăt•. dh. ~z scgg.
121. L'opiuione (llo~ot) cui si riduce, aUa fin" dei conti, ciascuna teoria
don1matica, ha scmprc in se la propria coutraddizionc, comc avevano gia rile-
vato i pensatori classici da Parmenide a Platane. E su qucsto punto erano

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86 PIRRONE

viene opinato come tale. Ma che sia bene tutto quello che
viene opinato come tale, non e lecito asserire, giacche la mede-
sima cosa da uno viene opinata come bene (ad esempio, il
piacere da Epicuro) 122, da un altro come male (ad esempio
il piaccre da Antistene) 139• Verra a capitare, allora, che la stessa
cosa sia, nello stesso tempo, bene-e-male 124. Se, invece, noi
diciamo che non e bene quello che viene opinato come tale da
qualcuno, sara indispensabile che noi operiamo una cemita delle
opinioni; ma propria questo non ~ possibile a causa dell'a equi-
pollenza delle argomentazioni »: eppero cio-che-e-bene-per-na-
tura risulta inconoscibile.
102 Di tutte le conclusioni alle quali sono giunti i filosofi di
questo indirizzo ci si puo rendere conto se leggiamo le opere
che essi ci hanno lasciato. E vero che Pirrone, proprio lui,
non ci ha lasciato nulla; ma i suoi seguaci Timone ed Enesi-
demo e Nuruenio e Nausifane e tanti altri ce le hanno lasciate.
In polemica con loro i Dommatici affermano che gli Scet-
tici « comprendono 11 e si comportano dommaticamente 115; in-
fatti, in quanto essi reputano di esercitare confutazioni, com-
prendono, e appunto per questo, in fin dei conti, fanno pur
essi le loro asserzioni e si comportano da dommatici. E quando
essi sostengono di non dare alcuna definizione e che « ad ogni
argomentazione si oppone un'argomentazione », queste cose
appunto definiscono e professano dommaticamente.
103 Ma a costoro gli Scettici rispondono: u A proposito delle
affezioni 128 che noi subiamo in quanto uomini, siamo d'ac-
cordo con voi: difatti noi discemiamo che adesso e giomo e che
stiaruo vivendo e tante altre cose che appaiono nella vita or-

d'accordo gli Scettici (cfr. mia lntroduzione a SEsTo E7>1PIRico, Conll'o i logici,
pp. IX-X}.
122. Cfr., tra l"altro, EPIC. Ad Menec. 1:!8·132.
123. Fr. 11 1 c Decleva.
124-. Da sottolinca:rc Ia frcquenza del ricorso scettico al principio di non·
conrraddizione.
125. Queste obiczioni dommatiche, particolarmente focalizzate contra
l'anti·apoditticita scettica, si trovano drammaticamente ampliate in SExT.
EMP. Adv. log. II, 4<i3-4S1.
I26, Sulla indiscutibile realta dei ~2~1) erano d'accordo Scettici e Cire-
naici: di qui il frequente - anchc se sorprendente accostamento - di qucsti
due indirizzi da parte delia lradizione (dr. ARISTOCL. ap·ud Euşeb. PYaep. ev.
XIV, 18 ad fi11~m).

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PIRRONE

dinaria; ma per quanto concerne quelle cose che i Dommatici


intendono confennare per via di ragionamento, sostenendo di
essere riusciti a comprenderle, noi sospendiamo il giudizio
ritenendole non~evidenti, mentre conosciamo esclusivamente le
affezioni. Noi ammettiamo il fatto che vediamo, e riconosciamo
pure il fatto che pensiamo una data cosa, ma ignoriamo « carne ,,
vediarno e u carne n pensiamo. E affermiamo pure, in via nar-
rativa, che questa data casa appare bianca, ma non confermiamo
affatto che essa e realmente tale. E, per quanto concerne la
locuzione « nulla definisco ,, e le altre consimili 117, noi le profle-
riarno senza ritenerle dogmi: esse, infatti, non hanno niente
in comune con l'affermazione, ad esempio, che il mondo ~ di
forma sferica. Quest'ultima, infatti, rientra nel non~evidente, 104
mentre le nostre sono mere ammissioni. E quando noi diciamo
di non definire nulla, non definiamo neppure questo ».
A Iora voita i Dommatici affennano che gli Scettici sop-
primono persino la vita, in quanto essi discacciano tutto cio
di cui la vita e costituita. Ma gli Scettici sostengono che i
Domrnatici si sbagliano, e precisano di non eliminare aflatto
l'atto del vedere, ma di ignorare u carne» si vede 128 • E in-
vero - essi aggiungono - noi poniamo cio~che-appare, ma non
intendiamo significare che esso sia tale quale appare. E sen-
tiamo che il fuoco brucia, ma sul fatto che esso abbia una
natura caustica noi sospendiamo il giudizio. E noi pur guar- 105
diamo che un tizio si muove e va a perdizione, ma non sap-
piamo «carne,, queste case avvengano. Pertanto 128 noi ci op-
poniamo esclusivamente - essi dicono - all'indagine relativa
alle case non-evidenti che soggiacciono ai fenomeni. E quando
diciarno, ad esempio, che l'irnmagine ha certe sporgenze, noi
ci limitiamo a far vedere quello-che-appare; quando, al con-
traria, noi asserviamo che essa non ha sporgenze, non proffe-
riamo piu cio-che-appare, bensl un'altra casa. Ragion per cui,
anchc Timone nel Pitone 130 dichiara di «non essere scantonato

. 127. Cft-. SExr. EHP. Pyrrh. hyp. I, IS::I-209 e la loro riduzione laerziana
lll § 74-
128. Oppure. col Richards, • come uno chc sta vcdendo veda • {cfr. Gigante
ad hoc).
Izg. Cfr. SExT. E~u·. Pyrrh. hyp. 1, 17.
IJO, Fr. 9 B Rr Diels.

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88 PIRRO:NE

dalla comune consuetudine >> e nelle Apparenze 131 egli si esprirne


cosi:
Sl, l'apparenza ba vigore in tutti quei luoghi ove giunga

e nei suoi scritti Sulla sensazione 132 elice:

Che il miele sia dolcc non pongo; che dolce esso appaia lo ammetto.

106 Anche Enesidemo, nel primo dei Discorsi Pirroniani 183,


dice che Pirrone non definisce nulla in maniera dommatica
11 per la contradizion che noi consente » 134 , ma che si attiene,

invece, ai fenomeni. E lo ribadisce nel trattato Con/ro la sa-


pienza e in quello Sulla ricerca. Ma anche Zeusi 135, l'amico
di Enesidemo, nel trattato Sui discorsi dupUci e Antioco di
Laodicea 136 nell.'Agrippa pongono esclusivamente i fenomeni.
Adunque, secondo gli Scettici, u criterio » e il fenomeno, come
afferma anche Enesidemo 13 7 • Del rest o la pensa cosi anche
Epicuro 188 • Democrito, invece, sostiene che i fenomeni non
107 hanno alcuna proprieta e che non esistono 138 • Contra questa
identificazione del criterio con i fenomeni i Dornmatici faru10
osservare che dai rnedesimi oggetti si prescntano a noi rappre-
sentazioni differenti - da una torre, ad esempio, vuoi la rap-

IJI. Fr. 9 B 69 Diels, riportato anche in SEXT. EliiP, Adv. log. r. JO.
IJZ. Fr. 9 B 74 Dil.'ls. Per l'esempio de! miele cir. SEXT. EMP. Pyrrh. hyp.
I, 20, e, per questioni interpretative, dr. STOUGH, Gred Skepticism, pp. 20-4.
133. Cfr. PnoT. Bibliol. 16g b 35-170 b 2.
134· Usando, nel tradurre, la celebre cspressione dantesca (lnf. XXVII,
120) ho inteso rileva.re, ancora una voita, l'adercm;a scettica al classico prin-
cipio di non-contraddizionc (cfr. SESTO EMPIRICO, Conlro i logici, trad. it.
pp. XLIV-X!..\1111).
135. Fr. 281 Deichgrăber.
136. Allicvo di Zeusi e maestro di Menodoto e di Teoda e f~nomenista al
pari di loro (cfr. Dcichgrăber, ibid.).
137. Questa notizia laerziana e, indubbiamente, troppo asscrtoria. Anche
se il fenomcnismo fu malta utilizzato dagli Scettici e anche se alcuni Scettici
furono fenomcnisti, un attento esamc deli'opcra di Sesto ci induce a non per-
venire a conclusioni troppo semplicisticbe (vecla.si, al riguardo, G. CoRTASSA,
To 9:XIV6tJ.Evov e -ro liol)AOV in Sesto Empirica, pp. 287·91).
138. Fr. 246 Usener.
139. Con molta imma!,>inazione P. von der Mnhll (Eitre L11ckg im Bericlrl
abcr Dwi<Jkrils Lehre vom Kriterio'J bei Diog. Lae,.l., • Philologus •. CVII,
1963, pp. 130 segg.) propone un'intcgrazione che andrebbe tradotta cosl:
• Democrito a!Ierma che non esiste alcun criterio clei {enomcni. mentre gli
Stoici e i Peripatetici alierma.no cbe, clei fenomeni, alcuni criteri esistono e
altri no •.

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presentazione che essa sia quadrata, vuoi quella che essa sia
rotonda - e che, quindi, lo Scettico, se non assegnera la pre-
ferenza a nessuna delle due, non patra agire; se, invece, egli
si atterra ad una delle due - essi incalzano - non assegnera
, piu ai fenomeni l'equipollenza. Ma gli Scettici controbattono
diccndo : 11 Quando ci si presentano rappresentazioni tra loro
diverse, noi diremo che entrambe sono fenomeni », e aggiungono
c.hc essi pongono i fenomeni, appunto perche questi appaiono.
Fine suprema - secondo gli Scettici - e la sospensione del
giuclizio, alia quale si accompagna l'imperturbabilita «a mo'
eli ambra » carne dicono Timone ed Enesidemo. Infatti, per 108
qncl che e in nostro potere, noi non scegliamo questo o evi-
tiamo quello; e per quello che non e in nostro pa tere, ma e
in balia dclla necessita, noi non possiamo trovare via di scampo,
comc sentir fame o sete o dolore: sono cose, queste, che non
si possono smantellare con un ragionamento 140• E quando i
Dommatici rilevano che lo scettico non patra vivere qualora
non riesca ad evitare, se gli verra irnposto, di scannare suo
padrc, gli Scettici rispondono che egli patra pur vivere merce
la sospensione del giudizio su questioni di ordine dommatico,
ma non su quclle concernenti la vita e la preservazione d.i questa.
" Di consegucnza - essi concludono - noi operiamo le nostre
scelte e i nostri rifiuti attenendoci alla comune consuetudine
c ci serviamo delle leggi 11 m.
Alcuni, pero, ritcngono che gli Scettici pongono carne fine
suprema 1'" apatia l> 1 42, altri la mitezza 143 •

qo. Cfr. SEXT. EMP. Pyrrh. hyp. l. 21).


I4I. Pc:r qucsto • conformismo • scettico, chc, solo per qualche lato, fa
pen~are alia • morale provvisoria • di Cartesio, cfr. SEXT. EliiP. Pyn/1. hyp.
I. Z5-~7; III, 235-Z37; Adu. etil. 1.58-161 .
. J 4Z. Co~i. farse, fu per i primi Scettici, anchc sotto l'inllusso delia con-
c~_ztOnc democritea dell'«lhtfJ.~('I) (68 A xr>9, 68 B 4; 75 B 3 Diels-Kranz);
~;h Scettici scrieri mitigavano quc."<ta concezione con la uE-;pto,.::i:&ett.t (dr.
SExT. EMP. Pyrrll. hyp. I, 25; III, 235; A dv. etl•. 161). '
t.p. ,Qucsta • virtu • scettica. - che fa pcnsarc all'e\·angclico versetto
• _bcab m1tes, quoniam ipsi possidebunt tcrratn • (llATH. 4. 25, 5, 4) - vicne
ncordata anche in SExT. EMP. Adu. ttlntll. 1. 6 in contrasta con l'arroganza
di Epicuro.

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Scetticismo e pirronismo (SESTO EMPIRica, Pyrrh. hyp., I, 7)

L'indirizzo scettico viene chiamato anche « zetetico » 1 per


il suo attivo impegno nell'investigare [~l'l"E'i:v] e nell'indagare
[ r:r..t~wrEa-9-IX~J. ed « efettico •• per lo stato affettivo che, a se-
guita delia ricerca, viene a generarsi in colui che indaga 2, ed
K aporetico » per il fatto che esso solleva aporie e questioni

su ogni cosa, carne affennano alcuni 3, oppure perch~ esso non


ha i mezzi per assentire o per negare; e si chiama, infine,
« pirroniano 11, perch~ ci risulta che Pirrone e pervenuto allo
scetticismo in modo piu consistente e manifesta eli quanti lo
precedettero 4•

Il « potere 11 dello Scetticismo e il a filosofo pirroniano n (SESTO


EMPIRICO, Pyrrh. hyp., 1, 8-II)

8 Il « potere }) [ouV11fL~~J dello Scetticismo e quello di con-


trapporre in qualsiasi maniera fenomeni e noumeni, e in virtu
di tale potere noi, a cagione dell'equipollenza che si riscontra
nelle contrapposizioni di case reali e ragionamenti, giungiamo
anzitutto alia « sospensione del giudizio » e, dopo eli cio, al-
1'11 imperturbabilita ».

9 Usiarno il termine« potere »in un'accezione non elaborata 1,


ma semplice e conforme al significato del verbo « potere »
[ OUVIX0"3-1Xt ].
J. ll prescnte paragrn!o e analogo a DIOG. LAERT. IX, 69-70, ma vi si ri•
scantra una maggiare insistenza. sulla tvtpyt~'% delia Scetticismo. .
2. Qui l'inoxi) viene identificata come 'Iti ..~ (sta.to afietti~·o) e non come
una mcra posizione teoretica.
3· Probabile allusione agli Stoici, che costituivano il principale bersaglio
delle aporic scettiche. Sesta, ovvia.mente, propendc per la seconda parte de!·
l'alternativa, ossia per l'ă:tL'IlX.r.t:Vli%, oggcttiva e reale impossibiliU. di dare
l'assenso.
4· Motivi Sccttici non crano mancati nel pensiero prcpirroniano (dr.
DtoG. LAERT. IX, 72-74; SEXT. EMP. Adu. log. 1, 46 scgg.), ma, secondo I'Em-
pirico, solo con Pirrone la Scetticismo ~ d.iventato una vcra e propria Eiy"'yij.
1. Probabile allusiane aUa. concczione peripatetica. delia 8uv:xfL~ (dr.,
in particalare, ARISTOT. Mdaph. V, 12; IX. r-3. 4-Î): al linguaggio • tecnico •
dci Dommatici Sesto contrappone, come ~ sua costume, il linguaggio delia
consuctudine (cfr. le mie osservazioni in SESTO EMPIRJCO. CrmiTo i matematici,
pp. XVI-XIX e Co11tro i logici, p. XLVI).

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PIRRONE 91

Col termine a fenomeni » intendiamo indicare, per ora 1, le


cosc sensibili, ragion per cui opponiamo ad essi quelle intellegibili.
L'espressione li in qualsiasi maniera D e riferibile sia al ter-
mine « potere », per indicare che noi assumiamo questo ter-
mine, come abbiamo detto, secondo un'accezione semplice, sia
all 'espressione « quello di contrapporre fenomeni e noumeni »:
difatti, poicM noi operiarno questa contrapposizione in varie
guise- contrapponiamo, cioe, fenomeni a fenomeni o noumeni
a noumeni oppure fenomeni a noumeni -, usiamo la locuzione
,, in qualsiasi maniera » - per abbracciare tutte quante le con-
trapposizioni. t Oppure, infine, la suddetta locuzione e riferi-
bile all' espressione « dei fenomeni e dei noumeni ,, 3 t - nel senso
che noi non cerchiamo « come » appaiono i fenomeni e ((carne n
vengono concepiti i pensieri, ma ci limitiamo ad assumere queste
cose in modo semplice.
E assumiamo l'espressione « contrapposizione di ragiona- to
menti ,, non per indicare esaustivarnente afferrnazione e nega-
zionc 4, ma per significare semplicemente « argomentazioni in
contrasta tra loro 11.
Chiamiamo (( equipollenza 11 6 la situazione di pariUL tra cre-
dibiliHt e non-credibilita, volendo dire che nessuna delle argo-
mentazioni contrastanti e preferibile all'altra come meritevole
di credita maggiore.
•• Sospensione del giudizio » 8 e uno stato mentale a cagione
del quale noi non ci sentiamo ne di respingere n~ di accettare.

z. Circa Ia complessita di significati che il termine 91l,VO!Lt;VOV assume in


Sesto, cfr. CoRTASSA, To ljllltv<.fLevov e TO .X8'1ll..ov i11 Sesto Empirico, pp. 285·7.
J. ll passo tormentato (difeso dai Philippson sulla ba.se dci codd. LM,
atetizzato, invcce, dai Hcintz come glossema) vicne integrata dai 1\lau con
la semplice inscrzione tii T~ (ed. Teubner p. 211) suggerita dai codd. AEB.
Il Tesc.ari (SclJizoi pi"onîani, p. 9). intuendo acutamente il problema, gia
traduceva: • Oppure si riferisce ai fcnomcni c alle percezioni intellettÎ\'e, come
a dire ·· in qualsivoglia maniera quelli e qucste accadano " •·
. {· Gli Stoici solevano ridurre gli • opposti • ai soli • contraddittori •. mentre
gh Sctttici li estendevano anche ai • contrari • (cfr. SEXT. EMP. A d11. log. II,
Bj-9o). Gli uni c gli altri, pero. vcnivano sostanzialmente a impovcrire Ia ce-
lclnt> distinzione aristotelica di Cat. IG-II-
5· Pt:r concreti esempi di Laoa&tv<:L'X cfr., tra l'a!tro, SExT. E&~P. Pyrrh.
hyp_ II. 130 e Adv. /l'g, II, 129, 298-
~· In § 7 Sesto si era limitato ad usare il termine r.<i.&o<;; qui, învcce,
ultcnormente determinando l'E:r.ozij, usa il termine od:m::; 8t1Xvo{CL:;. In questa
• wealth of synonymithy • (JANAtEI<, Sexlus Empiricus Sceplical Methadus,
P· IJI) il da riscontrare un certo tormento conccttuale dell'autore e non un
mero bisogno di chiarificazione stilistica.

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u Imperturbabilita '' 7 e assenza eli angoscia e stato di bo-


naccia.
Il modo in cui alla sospensione del giudizio si accompagna
l'imperturbabilita verni da noi mentovato quando parleremo
del fine supremo s.
II Insieme con la nozione eli « indirizzo scettico » abbiamo
data VÎrtualmente anche quella di <1 filOSOfO pÎITOnÎanO Il; e tale,
infatti, ehi partecipa del << potere 11 sopra indicata 8 •

Polemiche « pirroniane " cmttro quanti professano scienze ed arti


(SESTO EMPIRIGO, Adv. matlt., I, r-6)

Sembra che tanto gli Epicurei 1 quanto i Pirroniani abbiano


condotto di comune accordo la loro polemica contro quelli
che professano scienze ed arti, ma in realta essi partono da ben
differenti punti di vîsta. Epicuro, infatti, sostiene che gli og-
getti delle scienze e delle arti non ci sono di alcun aiuto per il
conseguimento di una perfetta sapienza, o piuttosto, carne
reputano alcuni 2, egli - poich~ si lascia sorprendere impre-
parato in molte questioni e scorretto persino nelle piu comuni
conversazioni - pensa eli poter mascherare in tai modo le man-
2 chevolezze delia propria cultura e, quindi, si comporta cosi
per la sua avversione contra Platone, Aristotele ed altri simili
filosofi, i quali possedevano, invece, le piu svariate conoscenze;
ne e, d'altronde, inverosimile che egli sia stato spinto a cio
anche dall'oelio che nutriva contro Nausifane 3, allievo di Pirrone,

7· Per l'~ha:pet~t:t. che di solito e congiunta all'~-n;Q;("ij. cfr. SExT. E•rP.


Pyrrh. hyp. 1, 18, 2.5, 30, 2o5, 215, 23z; Adv. elh. 147·
8. Ossia in Pyrrh. hyp. 1, 25-30, ove si predsa la delinizione de) ·d).o; carne
• rimperturbabilita ncllc cose opinabili e la moderazione nclle aflezioni che
sono per necessita •.
g. Nella tarda ricostruzione del Pirronismo viene, cosi. attribuito al maestro
U.i Elide, in cmbrione. cib chc gli Sccttici hanno elaborata nel corso pluri-
secolare delia loro liyw-yi).
I. Fr. 2.27 Usencr; Arrighetti pp. 4.5~.
2. Probabilmcntt! Stoici e Accadcmici, del cui anti-epicurcismo l'autore
si compiace. Per la • volgaritâ • di Epicuro nclle sue polemicht! contra gli altri
filosofi cfr. PLUTARCH. Ad11. Col. noB b, II x6 e; Contra Epic. bea/. 1086 e.
3· Cfr. Cxc. De m~t. deor. 1, XXVI, 72; DIOG. LAERT. X, 7-8; 75 A 7 Diels-
Kranz. Cbe qui si tratti solo di ritorsione polemica c che ben diversa :!osse la.

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PJRRONE 93

poiche questi attraeva a s~ molti giovani e si dedicava con se-


ricta allo studio delle arti e delle scienze, e in modo particolare
delia retorica. Epicuro, pertanto, pur essendo stato suo disce- 3
polo, mirava a far credere eli essere un filosofa autodidatta e
de! tutto originale, e negava, percio, un tale fatto nel modo
pii1 reciso e si dava da fare per clistruggere la fama di Nausifane
e lanciava aspre accuse contra quegli studi nei quali questi
eccelleva. E nella Lettera ai filosofi di !Ilitilene " egli scrive: 4
<< Sono oltremodo convinto che i miserabili vogliono far credere

chc io sia stato discepolo di quel mollusco e che gli abbia data
a!'colto in compagnia di certi giovani scapestrati »; e chiamava
"mollusco 11 Nausifane per dire che era uno stupida; e, prose-
guendo nel suo scritto, dopo aver molto sparlato di quell'uomo,
ne mctte tuttavia in rilievo i progressi nel campo degli studi
dicendo: •< Egli era senz'altro un uomo da nulla, anche se aveva
fatto fino in fondo tutte quelle esercitazioni mediante le quali
non si puo mai pervenire alia sapienza 11 e intendeva alludere
propria alle scienze e alle arti.
In sostanza Epicuro, come si potrebbe affennare in base 5
a congetture non infondate, fu spinto da siffatti motivi a po-
lcmizzare contro le scienze e le arti; ma i Pirroniani non fu-
rana mossi ne dalla convinzione che queste non fossero utili
aHa sapienza - che un tale ragionamento sarebbe di carattere
dommatko 5 - ne da mancanza di cultura che in loro si anni-
dasse, giacche, oltre ad essere dotati di un'istruzione e di un'espe-
rienza superiori a quelle di tutti gli altri filosofi 11, essi si com-
portano anche con indifferenza di fronte alle opinioni delle
moltitudini 7 , ne, d'altra parte, agiscono in questo moda per 6
avw·rsione verso qualcuno (che una tale cattiveria e ben lungi

spi:itualita del gra.nde filosofa di Samo gia molto bcne rilevo R. Philippson
(D1~ Rrchtspltilosopllie del' Epikul't:IJI', • Archiv. fur Geseh. der Philos. •. XXIII,
1910, pp. JJ--.6; '289-97)·
4· Fr. 114 Usener = 141 Arrighetti. Circa la polemica anti-nausifanea
cir, lS!'ARDI-PARF.STR, Techfle, Fircnzc, 1966, pp. 367 segg.
5. Per la distinzione tra utili ti. pratica e infondatezza teoretica dei (Lil.-
.S~;.o.ct-:-.x dr, SEXT. EMP. Ad11. t11a.th. 1. 49-56; V, t-J.
. 6. Si evince di qui che la n-cu3&ltl scettica, pur con i suoi fermenti demo-
htori e rivoluzionari. era pur sempre inserita nel grande alveo deUa cultura
dassica, anzi in essa mirava a distinguen;i con uno stilc aristocratica.
. 7· L':i3Lc:tcpoptct e l'ci3o;~;~:a·dcx, due concezioni che risalgono al piil. vecchio
P1rronismo, vengono qui abilmente accostate.

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94 PIRRONE

dalla loro mitezza) 8 , ma perche di fronte alle scienze e alle


arti essi hanno provato le stesse impressioni che di fronte alla
sapienza in generale. Ad essa, infatti, si volsero per il desi-
derio di cogliere la verita, ma poi sospesero il giudizio, perch~
erano venuti a trovarsi di fronte a soluzioni contrastanti ed
equipollenti e alia mancanza di regolarita che e nelle cose
stesse; cosi pure, per quel che concerne le arti e le scienze,
dopo essersi protesi aUa loro conquista per cercare di appren-
dere la verita che era anche in esse, non si nascosero di avervi
incontrato le medesime difficolta 11 •

Pirrone e la poesia omerica (SEsTo EMPIRICO, Adv. math. 1,


280-282)

28o Di tcstimonianze poetiche non si serve ehi eserdta la filo-


sofia in modo genuina (giacche la sua parola e ben bastevole
a persuadere), ma quelli che intendono suggestionare la gran
281 massa del popolino 1 . Non e difficile, infatti, mostrare che i
poeti sono in conftitto tra loro. E Pirrone, accusatore dei gram-
matici 2 , srotolava a parte a parte la poesia di Omero non certo
per il motiva sopra riferito 3 , ma forse per un'attrattiva di ca-
rattere psicologico e come se assistesse ad una commedia, e
farse anche per dare un'occhiata ai tropi poetici e ai caratteri,

8. Per la • mitezza • c:ome fine dello Scettic:ismo c!r. DioO. LAERT. IX, 108.
g. Cosi Sesto sottolinea chc l'obtoxi) non c una posizione aprioristic:a, ma
il risultata di tutto un tormento conoscitivo.
I. Non possiamo dire se qui vcnga esposto un genuino modo di pensare
di Pirrone. Ccrtamente. pero. nella sccpsi seriore con1luivano le posizioni anti-
poetiche (e quelle anti-retoriche) di Platane anche attra,rerso la tradiziane
acc:ademic:a.
2. L'oppasizione dcgli Scettici ai grandi grammatici alessandrini fu anti-
chissima, come c provato dall'aguzza satira di Timone (fr. :2 Diels = 6o \Vachs-
muth) chc considera va • corrotto • il testa omerico di Zenodato c preferiva
leggcre Omera su copie antiche (cfr. PFEIFFER, Hislory of classical Scholarship.
l, Oxford, 1968, p. 2.03 e mie note in SESTO EuPIRICO, Contro i matematici,
pp. XIX·XX),
3· Ossia per acquistate la saggezza. In § 2.72 di Adv. malh. I, Sesto osserva:
• ... passiamo risc:onb'ate che gli stessi ac:cusatori della grammatica, Pirrone
cd Epicuro, ha.nno ammesso la necessa.ricta di questa; e si sa che, tra questi,
Pirrone legge\'a assiduamente la poesia america, la qual casa egli non avrebbe
mai fatta, se non avesse ric:onosciuto l'utilita di tale poesia, c quindi anche
la neccssarieta delia grammatic:a •.

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PIRRONE 95

giacchc, come si dice, egli scrisse un poema in onore di Ales- :z8:l


sandro il Macedone e fu da questo ricompensato con migliaia
di monete d'oro '· Enon e improbabile che ci fossero anche altri
motivi, di cui abbiamo fatto cenno negli Scritti Pirroniani 11•

L' eccessivo rigorismo di Pirrone secondo 1~ testimonianze czce-


roniane
(Tuse., II, VI, 15)
In primo luogo trattero delia fiacchezza morale di molti
filosofi, seguaci di svariati indirizzi. Il socratico Aristippo,
prima fra costoro per l'eta in cui visse e per l'influenza eser-
citata sugli altri, non esito ad affermare che il dolore e il rnaie
suprema; in appresso Epicuro si rivelo fin troppo ligio a questo
modo di pensare snervato e femmineo; e dopo costui Ieronirno
di Rodi 1 sostenne che sornmo bene e la liberazione dai dolore.
Tutti quanti gli altri - eccettuati, pero, Zenone 2 , Aristone 3
e Pirrone 11 - hanno fatto quasi le stesse tue afferrnazioni di
poc'anzi: ossia che il dolore e senz'aitro un male, ma che ce ne
sono altri piu gravi.

(De fin., II, XIII, 43)


Poiche ad Aristone e a Pirrone queste case [ossia il piacere
e la liberazione dai dolore] sono parse una nullita assoluta

4· Per la munificenza di Alessandro versa Pirrone cfr. I'LuTARCH. De Alex.


fort. a1<t viri. 331 e.
?· Manca qualsiasi cenno in merita in Pyrrh. hyp. Secondo Haas (Progr.,
~erhn, 187o) Sc.sto accennerebbe ad una sua biogra.Jia di Pirrone che non ci
e pervenuta.

! · Peripatetico de) II 1 sec. a. C. accostato da Cicerone in piu luoghi (Tuse.


V, XL, n7 = 499 Usener; De jitl. II. III, 8) con superficialita all'epicureismo
(dr. G. ARRIGHETTI, juonimo di Rotii, • Studi Classici e Orientali •. III,
'955. pp. I I 1-28; EPICURO, Opere a cura di Ismardi-Parente. Torino, Utet,
1974. pp. 456·7: \VEHRLI, Die Se hule des Aristoteles, Heft. X, pp. 10.4, 30-2).
2. Zcnone di Cizio, fondatore della Staa (per la questione cfr. PORLENZ,
La Staa, I, cit., pp. 25 segg.).
. J. Cfr. Stoic. vd. frag. l, 333-403 Arnim e, dello stesso Amim, voce Ariston
ln • RE •. II, col. 957·
4·. Questo singolare accostaml'"nto (ra pensatori di indirizzi destinati a
polcm1zzare per secoli tra Iora risale a Carneade ed ad Antioco di Ascalona
(cfr. "1. PoHLE!'IZ, Gf.ut~dfragen dcr Stoischen Philosopl1ie, • Abhand. GOttinger
Gesel!schaft •, phil-hist. Klasse 3 Folge XXVI, 19-JO, pp. 67-70).

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g6 PIR RO NE

fino al punto che essi affennavano non esserci affatto alcuna


differenza tra il godere ottima salute e l'essere gravemente
infermi, a ragione si e smesso, gia da tempo, di discutere contro
costoro 5 •

(De fin., III, III-IV, ro-12)


xo « Se tu mi verrai a dire - soggiunse Catone 6 che oltre
-
cio-che-e-onesto si dcbba bramare una qualche altra casa e se
tu annovererai quest'ultima tra i beni, avrai di gia spento quel
faro di virtu che e l'onesta e avrai smantellato la virtu dalie
fondamenta >>.
11 « O Catone, - diss'io - codeste tue affermazioni sono ma-
gnifiche! l\'la non ti accorgi di avere in comune il vanto di
queste parole con Pirrone e con Aristone, i quali assegnano a
tutte le cose un valore identica? 7 Vorrei propria sapere cosa
pensi di costoro!»
«Ma vuoi sapere tu - rispose lui - quello che ne penso io?
Quegli uomini di cui abbiamo sentito parlare dalla tradizione
o che noi stessi, nella nostra pubblica attivita, abbiamo visto
essere buoni, forti, giusti e moderati e che, pur senza alcuna
cultura filosofica, ha.nno seguito direttamente la natura, pro-
pria costoro sono stati educati dalla natura meglio di quanto
li avrebbe potuto educare la filosofia, se mai ne avessero pro-
fessata. una qualche altra e non gia quella che ripone tra i beni
esclusivamente !'onesta e tra i mall esclusivarnente la turpitu-
dine morale. Tutte le altre correnti fi.losofiche - quale piil e
quale mena, ma, in complesso, tutte - che annoverano tra i
beni o tra i mall una qualche cosa che non partecipi delia virtil,
a mio avviso non solo non offrono alcun giovamento e non con-
tribuiscono a renderci migliori, ma guastano persino la natura.
Difatti, se non si tiene fermo questo principio - che, cioe, e
buono solo quello che e onesto -, e impossibile provare in alcun
modo che la vita beata e il risultato della virtu. Se, infatti,
s1 ammette la possibilita che uno che e sapiente sia infelice,

5· L'humanilas di Cicerone, seguace d.i Filone di Larissa e, in.sieme, di


Antioco di Ascalon.a., non c affatto portata a riesumare queste dotbine troppo
paradossali.
6. Catone Uticcnse, patrocinatore deUe dottrine etiche deUa Stoa.
1· In base alia concezione dcll'ci8141j!OplC1.

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Cna pagina di un codice contenente 1' Adt.oersus mtrll1ematicos
di Sesto Ernpirico
lFir(.'nze, Biblioteca 1\lcdicco-La.urenziana, cod- Plut- Ss - 19, foi. to7 r).

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PIR RO NE 97

allora io mi guardero bene dall'annettere un gran pregio a


codesta virtu che voi glorificate e celebrate».
« Quello che tu hai detto finora - osservai io - avresti po- 12
tuto egualmente affermarlo, se tu fossi stato un seguace di
Pirrone o di Aristone. Tu, infatti, sai bene che cio che tu
chiami " onesta " essi lo ritengono, al pari di te, non soltanto
sommo, ma unica bene. E se la faccenda sta cosi, ne consegue
propria quello che, a mio avviso, vuoi tu: che, ciol!, i sapienti
sono tutti e sempre beati. Dai tu, allora, l'approvazione a
questi due filosofi e pensi che ne dovremmo seguire questi punti
di vîsta? »
«Non lo penso per niente! - rispose lui - Difatti, mentre
e peculiare caratteristica delia virtu operare una scelta fra tutte
le case che sono conformi alia natura, codesti filosofi assegna-
rono a tutte le cose il medesimo valore e le resero tanto uguali
"in un senso e nell'altro ", fino al punto da non operare tra
di esse alcuna scelta; e la conseguenza di tutto questo fu la sop-
pressione delia stessa virtu )) 8•

(De fin., III, XV, so)


Di poi si fa l' esposizione delia differenza tra le cose: e se
noi dicessimo che questa differenza non sussiste affatto, tutta
la vita verrebbe messa in uno stato di confusione, come fa
Aristone 9 , e alia sapienza non si potrebbe assegnare alcun
compito, anzi la sua presenza non sarebbe affatto necessaria,
dai momento che non vi sarebbe alcuna differenza tra le cose
concernenti la condotta delia vita e non sarebbe indispensabile
operare scelta alcuna. Percio, una voita stabilita che e bene
solo quello che e onesta e che e male solo quello che e turpe,
gli Stoici hanno sostenuto che esiste, comunque, un qualcosa
di « differente 11 pur tra quelle cose che non hanno alcun valore
per il conseguirncnto di una vita beata o infelice: di guisa che
certe cose sono valutabili positivamente, altre negativamente,
altre, infine, sono neutre 10.

B. Il rigorismu estremo di Aristoue viene cosi a coincidere con la scepsi


(cfr. C1c. Ltteull. XLII, IJO): de! resto il pensatore di Chio era stato ammira-
tore di Pirrone (cfr. PoHLENz, La Sto~. I, cit., pp. 249. 307, 523).
9· 0~-viamentc sulla scia di Pirrone.
10. Per queste posizioni stoiche cfr. SEKT. EMP. Adv. t!lh. :lt-.41.

7. Srdlici Gltlidri.

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g8 PIRRONE

(De fin., IV, XVIII, 48-49)


Ora vcngo a quelle tue prove concise cui dai il nome di
conclusioni n u, e in primo luogo a quella che e la piu con-
11

cisa di tutte: '' Tutto-cio-che-e-buono e lodevole; ma e lodevole


tutto-CÎD-Che-e-onesto; dunque e bUOOO tutto-cÎQ-che-e-oneStO D,
Ma e un coltello senza punta! Chi, infatti, ti concedera la pre-
messa maggiore (e, a dire il vero, se viene concessa questa non
ci sara affatto bisogno delia minore, giacche, se tutto-cio-che-e-
buono e lodevole, allora ogni casa buona risulta essere onesta)?
Chi, dunque, ti fara questa concessione al di fuori di Pirrone,
di Aristone e di quanti la pensano come loro? Tu, pero, ne
respingi le dottrine 1

(De fin., IV, XXII, 6o)


Se bisogna discutere sui contenuti reali, non ci puo essere
alcun disaccordo tra me e te, o Catone: difatti non c'e alcuna
casa su cui tu la pensi in moda diversa dai mio, purche ne
cangiamo le espressioni verbali e mettiamo faccia a faccia le
case nella Iora realta. Questo lo vide bene ancbe Zcnone, ma si
lascio adescare dalla grandiosita e dal vanto delia terminologia;
ma, se egli avesse un pensiero pienamente conforme al signi-
ficato delle parole che dice, non ci sarebbe alcuna differenza
tra lui e Pirrone o Aristone.

(De fin., V, VIII, 23)


Le ormai screditate e dismesse opinioni di Pirrone, di Ari-
stane e di Erillo 12. noi le abbiamo dovuto ritenere del tutto
inutilizzabili, perche non possono essere inserite nelle questioni
di cui abbiamo tracciato i limiti. Difatti, tutta questa nostra
attuale indagine sui fini e, per cosi dire, sui limiti estremi dei

1 1. Col tcnninc c conscctaria • Ciccronc suole indic:rre i cr~Jf.l-7n:p~cr!lot"I':E


de! sillogismo della necessita: A = B; B = C; A = C.
12. Erillo di Cartag:inc, amico di Aristone di Chio, ne condivise il pen-
sicro c giunse, inline, all'identificazione del di.Q; con la scicm:a. suscitando
l'opposizione di Crisippo (cfr. Sloic. t•el. frag. 1. 361, .pi, 412; III, 25 Arnim;
HIRZEL, UJ~IersuciJHJigen .~:u Ciuro$ philosophischen Schriften, Leipzig, 1883,
p. 45; POIILENZ, La Staa, 1, cit., pp. 37-9, 249 D., 327).

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PIRRONE 99

beni e dei mali ha come punto di partenza cio che e adatto e


conforme alia natura e do che di per se stesso e l'oggetto pri-
maria delia nostra appetizione; invece propria questo viene
interamente eliminata da quei filosofi i quali sostengono che,
ncll'ambito di quelle cose in cui non e inclusa nulla che sia
onest o o turpe, non c' e alcun motiva perch~ si debba dare la
prefercnza ad una piuttosto che ad un'altra, e ritengono che,
entro quelle cose, non sussista affatto differenza alcuna.

(De fin., V, XXV, 73)


Molte cose sono state dette dagli antichi in merito alia
necessita di biasimare e disprezzare i beni di fortuna; e Ari-
stane 13 si attenne scrupolosamente a questo principio: egli
sostenne, infatti, che tranne i vizi e le virtu non esiste cosa
alcuna che vada rispettivamente fuggita o desiderata.

(De of!., 1, II, 6)


Adunque questi indirizzi filosofiei [ossia quelli edonistici),
nel caso che intendano conservare una loro coerenza, non sa-
rebbcro in grado di fare alcuna affennazione a proposito del
a dovere 11, ed e impossibile, a proposito del dovere, trarnandare
alcun insegnamento fermo, stabile e strettamente conforme alia
natura, se non si parte dalie teorie di quelli che sostengono
dovcrsi aspirare esdusivamente all'onesta o, almeno, di quelli
che affermano doversi aspirare ad essa, di per s~. piu che ad
ogni altra cosa. Cosi questa facolta di insegnare e peculiare
agli Stoici, agli Accademici e ai Peripatetici, dato che ormai da
tanto tempo e stato mcsso fuori uso il pensiero di un Aristone,
di un Pirrone, eli un Erillo, i quali, comunque, avrebbero un
loro diritto a discutere sul ce doverc "• se avessero lasciato una
certa facolta di scegliere tra le case e un qualche spiraglio al
rinvenimento di quello che realmente si deve fare 14.

1 3·Da sottintcnderc ancche Pirrone, comc in III. XV, 50.


1 1
.
1
4· ~ccomunando qucsti tre pensatori. Ciceronc ne accusa una sorta di
• mperahvo categorica• e di astratto fonnalismo, come - dopo tanti sccoli -
81
fara con la morale kantiana.

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100 PIRRONE

Il Pirronismo esaminato e discusso da un Peripatetico (ARISTOCL.


apud Euseb. Praep. evang., XIV, 17, 10-18, 32, 758 a-764 b)

17, 10 Allievo di Senofane fu Parmenide, di Pannenide fu Me-


758 a lisso, di Melisso Zenone, di Zenone Leucippo 1 , di Leucippo
Democrito, e allievi di Democrito furono Protagora e Nessa 2•
Di quest'ultimo fu allievo Metrodoro 3 , e di Metrodoro Dio-
gene 4, e di Diogene Anassarco 5 : ma di Anassarco fu familiare
Pirrone, da cui venne fondata la setta cosiddetta degli u Scet-
tici ,,. Che questi ultimi sostenessero non esserci assolutamente
nulla che possa essere compreso n~ per mezzo del senso ne per
mezzo deHa ragione, e che, percio, essi sospendessero il giudizio
in merito a tutte le cose e carne costoro venissero confutati
b dai loro avversari, son tutte case che si possono apprendere
dall'opera di Aristocle sopra mentovata 6 • In essa si trova
scritto letteralmente quanto segue.
18, 1 E indispensabile che noi conduciamo anzitutto l'indagine
sulla nostra conoscenza. Se, infatti, non abbiamo avuto dalla
natura i requisiti per conoscere cosa alcuna, siamo necessaria-
c mente costretti a tralasciare qualsiasi altra indagine. Ci furono,
2 pertanto, alcuni filosofi antichi che, a tale riguardo, si pronun-

ciarono in senso negativa 7 e che furono, poi, redarguiti da Ari-


statele 8 • Pero strenuo sostenitore di siffatte teorie fu anche
Pirrone di Elide. Costui non ha lasciato nulla per iscritto, ma
il suo discepolo Timone affenna che ehi aspira aHa felicita
deve tendere a queste tre case: in prim o luogo a rendersi canto

1. 21A 49 Dicls-Kran:~:; la notizia, pcn'l, non sembra attendibile.


2.69 A 1 Diels-Kranz. Anche da Diogene Laerzio (IX, 58) sappiamo che
qucsto Nessa di Chio fu allievo tii Democrito.
3· 69 A '2 Dicls-Kram:.
4· 71 Diels-Kranz. Questo Diogene di Smirne o. secondo altri, di Citera,
segu\ il pensiero di Protagora (EPIPHAX. Adv. haer. III, 2, 9).
5· Cfr. DJOG. LAERT. IX, 58-60.
6. L'opera cui si accenna c il IlEpt (jlti..Coao'J)h~;: in Praep. ev. XI, 510
Eusebio le da, invece, il titolo <li IlEpl o;>•JatoĂo-{b::;. L'!;pcra consta,·a di al-
meno otto libri (cfr. VoN 1\luLL.>ocK, Frag. philos. grarc .. III, 206; DAL PRA,
La storiografia filosofica arrtica. cit., pp. 2JI-:l.}. Il prossimo brano corrisponde
al fr. 3 Mullach.
7· Per alcuni di questi pensatori, che precorsero le posizioni scettiche,
cfr. SEXT. EMP. Adu. log. l. 46 scgg.; D10c. LAERT. IX. 71-73.
8. Aristoclc. forse, si riferisce in particolare a J"'leltlf'll. IV, 4-6, la cui
forza critica egli applica molto acutamente contra il Pirronismo.

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PIRRONE IOI

della natura delle case, in secondo luogo ad assumere un ade-


guato comportamento nei confronti di queste e, infine, a capire
cosa accadra a quelli che cosi abbiano agita. d
Aristocle osserva che, per quanto concerne le cose, Timane 3
le dichiarava tutte quante egualmente indifferenti, instabili e
non-giudicabili e aggiungeva, percio, che n~ i nostri sensi n~
le nostre opinioni sano nel vero o nel falsa. Per questo motiva,
allora, non si deve prestar fede ne ai sensi n~ alle opinioni, ma
dobbiamo essere privi-di-opinione, non essere inclini a nessuna
soluzione e non lasciarci scuotere da nulla, ma dabbiamo dire,
a proposito di ogni casa particalare, che essa esiste a non piu » 8
chc non esista, oppure che essa K e-e-non-e » e non sempli-
cemente che essa non e. E Timone sostiene che a quanti si i
trovano in questa disposizione d'anima consegue anzitutto
1'« afasia n 10 e, in secondo luogo, l'imperturbabilita, alia quale
Enesidcmo aggiunge anche il piacere. Ecco in linea di massima
le afferrnazioni di Timone. 5
Ma mettiamoci ad indagare se esse sono corrette. Orbene,
quando gli Scettici sostengono che tutte quante le cose sono
egualmente indifferenti, e per questo motiva essi esortano a 759 a
non dare la propria adesione a nulla e a non formulare opi-
nione alcuna, si potrebbe giustamente, a rnio avviso, volgere
Iora questa domanda: «Farse che sbagliano, allora, quanti
credono che queste case si ano differenti tra loro, o no? Se sba-
gliano, essi, comunque sia, non pensano in moda corretto. Ne
conscgue necessariamente, pero, che anche gli Scettici dicono
che ci sono alcuni i quali formulano opinioni false intarna alle
case esistenti. Essi stessi, pertanto, verrebbero ad essere gli
unici depositari deHa veri ta: ma, allora, si viene a concludere
che un qualcosa di vero o di falso pur esiste. Se, invece, a b
cadere in errore non siamo noi- ossia cei piu nu- quando pen-
sia.mo che le cose differiscano tra loro, che casa mai gli Scettici

g. Cu_. SEx:. E!o!l'., Pyrrli. hyp. I, r88-r8g; DloG. L.u:RT. IX, 74-76.
. ro. C1rca l'1mportanza di questa testimonianza cfr. D.u. PRA. Lo scelli-
t:1smo grecc>. c:it .• pp. 6 7_70.
1 I · Sottolincan<lo ironicamente questo termine Aristocle viene a porre
~o stesso piano di aristocrazia intellettual.istica 'S~ettici e Stoici. Anche
di ta. _i~ cui_ p~r non ma.ncano spunti democratici. ritencva. c!Je il peggiore
tuth l • cnt!ln • fosse quello di appoggiarsi ai • pili • con tutte le afilosoliche
conseguenze eclettiche (cfr. Adt•. log. 1. 3<~7-335).

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102 PIRRONE

hanno acclarato per dare fastidio a noi? In tai casa propria


essi cadrebbero in errore col sopprimere ogni differenza tra le
case.
6 Ebbene: concediamo pure che tra tutte quante le case non
sussista assolutamente alcuna differenza: in questo casa, allora,
anche gli Scettici non differiranno affatto dai « piu "· Ma di
che casa, adunque, verra a consistere la loro « sapienza >>? E
perche mai Timone si mette a ingiuriare tutti quanti gli altri
7 pensatori ed a levare inni al solo Pirrone? 12 Oltre a cio, se
tutte le case sono ugualmente indifferenti e se, per questo
motiva, non bisogna formulare opinione alcuna, non verra ad
esserci alcuna differenza tra queste medesime cose, vale a dire
c tra il differire e il non-differire, tra l'opinare e il non-opinare.
Per qual motiva, infatti, anche queste case dovrebbero essere
piuttosto che non-essere? Ovvero, per usare un'espressione
cansueta a Timone, «perche si e perche no? Anzi perche lo
stesso perche? ».
Da tutto cio viene manifestamente soppressa ogni inda-
gine 13.
La smettano, allora, gli Scettici di darei fastidio! lnfatti
essi sono ovviamente impazziti, perche - orrnai immemori
delia Iora (( arte » - ci inibiscono di formulare alcuna opinione
e, nello stesso tempo, ci esartano a forrnularla, e ci dicono che
non si deve fare enunciazione su cosa veruna e, subita dopo,
d essi stessi si mettono ad enunciare. E da una parte essi reputano
che non si debba dare l'assenso a niente, dall'altra ci impon-
gano di prestar fede a Iora; e pai, mentre essi van dicendo di
non saper nulla, si mettono a confutare tutti, quasi che essi
soli sapessero bene ogni cosa.
8 Inoltre, quanti vanno afferrnando che tutte le case sono
non-evidenti [oc8ljAet], devono necessariamente fare una delle
due case seguenti: o tacere oppure fare un'enunciazione, tanto
per parlare 14 • Se, pertanta, essi se ne stanno zitti, e ovvio

12. Cir. DIOG. LABRT. IX. 64-65.


IJ. In apcrto contrasta con J"epiteto di • zetetîci • o di • indagatori • cbe
gli Scettici si conferiscono (cfr. S&XT. EMP. Py"h. hyp. 1, 7; DloG. LAEil.T.
IX, 69-70).
14. Cadendo, cosi, in quella • eristica • contro cui il Peripato aveva sempre
combattuto, fin dalle sue origini platonicbe (dr. tra l'altro, All.ISTOT. JUetaph.
IV, IOU b 2 scgg.).

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PIR RO NE IOJ

che con gente siffatta non ci patra essere alcun colloquio; se,
invece, fanno- un'errunciazione, in ogni casa e ad ogni mode
essi diranno che un qualcosa o e o non-e, proprie come, del
resta, essi dicono ora che tutte le case sono inconoscibili e
opinabili per tutti e che nulla affatto e noto. Orbene: ehi fa 9
una certa assunzione, o la rende manifesta e offre la possibilita
chc essa vcnga capita nel momente in cui egli la va enunciando,
oppure eia non e possibile. Ma se egli non la rende manifesta,
ancora una voita con un siffatto individuo non sara possibile
assolutamente alcun discorso. Se, invece, egli da una qualche 76o a
spiegazione, allora, in ogni case, o fara un'infinita di afferma-
zioni oppure ne fara in numere limitate. E se egli ne fara un'in-
finita, ancora una volta non sara affatto possibile colloquiare
con costui, giacch~ dell'infinito non c' e conoscenza 15• Se, in-
vece, le sue spiegazioni sono di numere finita o se egli ne da
solamente una qualsiasi, in questo casa ehi paria cosi viene a
formulare una certa definizione 18 e a dare un certa giudizio 17•
Carne mai si potra dire, allora, che tutte le case sono « non-co-
noscibili e non-giudicabili >>? Se, poi, egli verra a dire che tutte
le cose << sono-e-non-sono », allora, in prima luogo, la medesirna
casa risultera essere vera-e-falsa e, in secondo luogo, egli fara
un'affermazione e non la fara e nell'atto stesso in cui fara uso
di un discorso lo verra a sopprimere. b
Inoltre, mcntre costui amrnette di dire il false, ha la pre-
tesa che si debba aver fede in lui. Ma vale la pena di chiedere xo
agli Scettici donde abbiano imparato che r< tutte le case sono
non-evidenti [~37JA.oc] », carne essi dicono. Difatti essi dovrebbero
dapprirna sapere che casa sia l'evidente [S'ij)..ov], giacche solo
a qucsta condizione essi avrebbero la possibilita di dire che le
cose non sono siffatte. E, a dire il vero, bisogna prima aver
conoscenza dell'affermazione e poi delia negazione 18• Ma se
essi non sanno che cosa e 1' evidente, non potranno sapere

15. Su questo principio crano d'accordo Peripatctici e Scettici, come,


a!Ia fine dei conti, sulla validitâ de! principio di non contra.ddizione (cfr. SEsro
lcMPIRICo, Co11tro i logici, trad. it., pp. XLVII-XLVIII).
• 1_6. Comportandosi in maniera contraddittoria rispetto alia massima
scettica • non dclinisco • (dr. SI!XT. EYP. Pirrh. hyp. 1, 197).
I 7· In contrasta con la teoria dell',i(;llzal~r. (dr. SEXT. EMP. Pyrrh. hyp.
1. l9l·I9J).
18. Cfr. A~t!STOT, De iJiterpr. 17 a 8.

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104 PIRRONE

neppure che cosa e il non-evidente. E quando Enesidemo, nel


n suo Schizzo 18, fa un'esposizione dei nave "tropi » (tanti sono,
infatti, i modi secondo i quali ha tentata di rilevare che le case
sono non-evidenti), dobbiamo noi dire che egli ne paria perch~
c li conosce oppure perch~ li ignora? Egli, invero, mette in ri-
lievo le differenze che sussistono tra gli esseri viventi, tra noi
stessi, tra i regimi politici, tra le varie condotte delia vita,
tra le costumanze, tra le leggi. E dice pure che i nostri sensi
sono deboli, · che la nostra conoscenza viene impedita da molte
cose esteriori - quali le distanze, le grandezze, i movimenti - ·
e, oltre a do, dai fatto che non si trovano nelle medesime con-
dizioni i giovani e gli anziani, quelli che sono desti e quelli
che dormono, i sani e i malati, e che noi non abbiamo perce-
12 zione di nulla allo stato di semplicita e di purezza. Difatti, a

suo avviso, • tutte le case sono confuse e vartno considerate


d come relative •. Ma mentre egli, in bella forma -lo ammettol-•
dice queste e simili cose, sarebbe facile chiedergli se egli, nel
dichiarare che le cose presentano questa varieta di modi, ne
ha o non ne ha consapevolezza. Se, infatti, egli non ne e con-
sapevole, come faremo a prestargli fede? Se, invece, egli ne ha
piena consapevolezza, risultera senz'altro uno stupido, perch~.
mentre stabilisce che tutte le cose sono non-evidenti, ci viene
13 a dire, nello stesso tempo, di saperle tutte quante. E qualunque
sia la rassegna che gli Scettici ci presentano di cose siffatte,
non fanno altro che allestire un'induzione •. fomendoci una
lista di fenomeni e di case particolari. Ma un'operazione di
questo tipo e e si chiama 11 credenza D [ 1t(a·n.;]. Se, perlanto,
a quest'ultima danno l'assenso, risulta ovvio che essi formu-
lano opinioni; se, invece, non glieoe accordano, neppure noi
14 daremo retta a loro. E a proposito di quel racconto che Timone
fa nel Pitone 11, dilungandosi in un discorso abbastanza pro-

19. Per quest'opera cfr. D:IoG. LAHRT. IX, 78, Io6. I tropi di Enesidemo,
riportati da Sesto e da Diogene, sono dieci; Filone ne riporta, invece, otto
(per la questione vedasi ZELLER, DitJ Pltilosophit~ der Grit~clten, Leipzig, 1923,
III, 2, 28 n. 2).
20. GilL J'induzione, par essendo chiara e pel'!lllasiva, ~ aJla portata so-
prattutto della maggioranza delle persone, ma resta inferiore al sillogismo
(AlusTOT. Top. 1, 105 a, ID-19); ma gli Scettici si limitano solo a prepararla,
non potendole dare alcuno sviluppo, in quanto essi negano lo regolo della
logica (cfr. SEXT. EMP. P}'rl'll. Ttyp. Il, 204).
21. Cfr. WILAMowtTz, AntigoJtD& von Karyslo.s, pp. 37-8,

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EILEBIOY
TOT n AM <D 1 A OT
E TI 1 l: K O n OY T H l: EN
fiAAAil':TINH. KAil':APEIAl':·
nPOnAPA%1t!TH !TAff!AIICH.

EVSEBII PAMPHILI
CJESAREAl PALAlSTINJB EPISCOPI~

PRlEP ARA TIO EV ANGELICA·


11/..INCI JCTJ T/G~U'IJOrH011.1.~111/I,IOCI6'r. IIJT III.~IJ1T E J,
nt c.M 11 J J. CQDD.d-iMJMitJ.f/i-t bji/111~--J*,IJiiW_,;,,--/ItiJ-Jt.

ACCIISSIII.VNT INDICIS NIClSSAI.IL

PAR. ISIIS ,
1
~
M 1 c HA E L 1 s o N N 11 ,
Snmpcibus SE a As T 1 A 1 C 11. AM o 1 s Y. E via Iacob:d.
c A R. o L 1 M o R. E L L 1.
M. D C X X VI II.
CV 1 R. E G 1 S T R. 1 V 1 L E G 1 O.

Frontespizio delia Praeparatio etJangelictl di Eusebio di Cesarea


(Parigi, :r628).

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PJRRONE 105

lisso, ossia che egli si imbatte una voita in Pirrone mentre questi
si recava ai giochi pitici presso il tempio di Anfiarao, e circa 761 a
la conversazione che questi due tennero tra loro, si potrebbe
a ragione, a lui che descrive quell'avvenimento, dire di rimando
cosi: (t O uomo dappoco, perche ti affliggi a scrivere codeste
cose e a raccontare quello che non sai? Come fai a dire tu che
ti imbattesti in lui e che ti mettesti a conversare con lui, piut-
tosto che negare di esserti messo a conversare? ». E quello •5
stesso stupendo Pirrone sapeva, farse, perche camminava quando
andava ad assistere ai giochi pitici? Oppure, come fanno i
rimbambiti, se ne andava a zonzo lungo la strada? 22 E quando b
comincio a prendersela con gli uomini e con la loro ignoranza,
dobbiamo noi dire che diceva il vero o no? E non dobbiamo
anche dire che, in quella evenienza, Timone ebbe a subire una
certa affezione e concesse il suo beneplacito alle parole di
Pirrone? Oppure affermeremo che non gli diede retta? Se,
infatti, non ne fosse rimasto persuaso, carne mai da danza-
tore 23 divcnto filosofa e costante ammiratore di Pirrone per
tutta la vita? Se, invece, diede l'assenso alle parole di costui,
fece male senza dubbio, perche egli stesso si metteva a far
filosofia con l'intento di impedirlo a noi.
Insomma: si rimane strabiliati di fronte all'intenzione dei 16
Silli di Tirnone e delle sue cantumelie contra tutto il genere
uman o e dei prolissi 1 nsegnamenti elementari di Enesidemo e
di tutta la simile massa dei loro discorsi. Se, infatti, essi hanno
scritto queste cose con la convinzione di renderd migliori e
se hanno reputato di dover confutare tutti per fard smettere c
di dire corbellerie, allora ovviamente il loro intenta e quello
di fard conoscere Ia verita e di fard riflettere che la realta
delle cose sta come Pirrone ritiene. Sicche, se noi ci lasciamo
persuadere da loro, da peggiori diventeremo migliori, perche
daremo giudizi piu conformi alia realta delle cose e daremo
udienza a ehi meglio ne sa parlare. Ma, allora, come mai le 17
cose potranno essere t( ugualmente indifferenti » e rimanere
(( ingiudicate ))? E carne faremo noi a conservarei << immuni da
assenso e da opinioni »? Se, al contraria, le loro parole non

:u. Come, de) resto, PirTone soleva Iare daV'o·cro (cfr. DioG. LAERT. IX, 6z).
23. Per quest'atti\•ita di Timone, ricordata qui con biasirno, cir. DtoG.
LAERT, IX, 109.

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106 PIR RO NE

arrecano alcun giovamento, perche mai essi continuano ad


infastidirci? E perch~ Timone si mette ad asserire:
d Con Pirrone venire a contesa nessun dei mortali potrebbe 24 ?

A dire il vero, non vi sarebbe alcun motiva per cui noi dovremmo
ammirare lui piuttosto che Coribo o Melitide 25, che sono rite-
nuti modelli incomparabili di scempiaggine!
18 Ma bisogna meditare anche su quanto segue. Che sorta di
cittadino o di giudice o eli consigliere o di amico o, insomma,
di uomo potra essere un individuo siffatto? 26 E quale delitto
non ardira eli commettere uno che per davvero non creda nel-
l'esistenza dell'onesto e dcl turpe, del giusto e dell'ingiusto?
Nessuno osera affermare che individui siffatti abbiano a temere
il giudizio delle lcggi e le punizioni. E come potrebbero avere
questo timore individui che sono « impassibili e imperturbabili »,
come costoro asseriscono di essere?
19 E Timone dice, ancora a proposito di Pirrone 27 :
Qucll'uomo io lo vidi diverso: non volto alia gloria e non domo
76~ a Da tutte quante le cose che fosscro fande o nefande,
Per cui le stolide razze umane qua e la son sospinte,
Domate da affetti e opinioni e leggi bacate al di dentro.

20 Ma allora, quando essi pronunciano quel celebre e saggio detto,


che, cioc, « bisogna vivere seguendo la natura e le comuni co-
stumanze ,, 28 e che, tuttavia, non bisogna dare a nulla il propria
assenso, essi cadono nella piu grave ingenuită.. Se, infatti, a
niente altro bisogna dare l'assenso tranne che al detto sopra
citata, bisogna anche stabilire che questo detto stesso sia esatto.
Ma perche mai si devono seguire la natura e le comuni costu-

-.?4. Fr. 35 \Vachsmuth = 8 Diels.


25. Esempi di stupidita umana neUa farsa popolare greca (cfr. ARISTOPH.
Fr. 991; AELIAN. Var. hist. 13, 15; Ps.-LuciA~. Amor. 53).
26. Di ben altro avviso, a talc riguardo, furono Plutarco (ncl trattatello
210 del Catalogo di Lampria) e Favorino (PHILOSTR. "Vit. soph. 1. 8 = fr. 27
Barigazzi), i quali sostenevano che senz'altro il filosofo scettico puo fare da
giudice nei proccssi. DcUo stesso avviso di Aristocle e, invoce, Galeno in De
opt. dot:tr., passim, in aspra polemica con Favorino (per la questione cfr. FA-
VORJNO DI ARELATE. Opere, a cura di A. Barigazzi, Firenze, 1966, pp. 175-90).
27. Fr. 32 \Vachsmuth = 9 Diels.
28. Aristocle forza un po' l'atteggiamento pratico-con{ormistico degli
Scettici, i quali parlavano non di ';l~!J~. ma di ~(o<; e di (JIJV~Ih:t!ll: (dr., tra
l'altro, SKXT. EMP. Adu. phys. 1, 49; Pyrrh. hyp. Jll, 235-236).

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PIRRONE

manze piuttosta che non seguirle, dai momento che noi «non
sappiamo niente e non abbiama alcun mezzo per formulare
un giudizio »?
Estremamente sciocca e anche quest'altra loro affermazione, ZI
che, cioe, come i purganti vengono espulsi anch'essi insieme
con gli escrementi, allo stesso moda anche l'argomentazione b
in virtu delia quale si dimostra che tutte le case sono non-
evidenti, elimina anche se medesima insieme con le altre cose 18 •
Se, infatti, essa confuta se stessa, quelli che ne fanna uso sono
dei buffoni e farebbero meglio a starsene zitti e a tapparsi la
bocca. Ma, a dire il vero, non esiste alcuna affinita tra il pur- 22
gantc e siffatta argomentazione. Infatti il purgante non rimane
nei corpi, ma se ne diparte; invece necessariamente quell'argo-
mentazione resta sempre identica nella nostra anima e ha bi-
sogno di riscuotere sempre fiducia, giacche e l'unica che po-
trebbe renderci '' immuni da assenso » 30•
Che, poi, essi non credano veramente che l'uamo sia« immune 23
da opinione », si patra apprendere anche nel moda seguente. c
E impossibilc, invero, che ehi sta provando una sensazione
non la stia provando. E provare sensazione vuol dire conoscere
una qualche casa. Ma e a tutti manifesta che gli Scettici ac-
cordano fiducia alla sensazione. Infatti, quando essi vogliona
vedere con maggiore esattezza, si stropicciano gli occhi, si ac-
costano di piu all'aggetto e si mettono a guardarlo aguzzando
la pupilla. E che dire del fatto che ci rendiamo canto delle 24
nostre stesse sensazioni piacevoli o dolorose? E impossibile,
infatti, che una che si scotta o subisce un'amputazione non se
ne accorga. E la memoria e la reminiscenza 31 ehi osera dire
che non sono congiunte ad un atto conoscitivo? E che dire

2g. Per qucst"cfficace similitudine scettica cfr. SEXT. EMP. Py11h. hyp.
1, 2af>; Adv. log. II, 48o; DJOG. LAERT. IX, 76.
3?· Quest'acutissima obiezione, chc ci scmbra una zampata di Aristotel!':.
non SI riscontra in nessun luogo in cui So>sto espone il dibattito coi Dommatici:
0
Scs~o l'ignorava o non aveva nulla da rispondere e percio la pa.ssava sotto
stlenz1o.
JI. Per la dlstinzione di qucsti due termini Yedasi il trattato aristotclico
Dt ""marita d remirsiscenti<J 449 b 4 - 4.15 b Jo. Non e da escludere che Ari-
~ocle tcnessc presente questo trattato dei P<J.-va 11aJurali<J. Anchc Scsto (Adt•.
C· II. 141-144• 284-291) nella sua discussione sul • scgno • annette. secondo
la_ m~todo!ogia della medicina empirica, grandc importanza a queste attivita
pstdtiche. cd in eia si dissocia dal vecchio Pirronismo.

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roS PJRRONE

delle << nozioni comuni" 32 - ad esempio, che l'uomo e questa


determinata cosa - e, inoltre, delle scienze e delle arti? Niente
di tutto questo esisterebbe, se non avessimo la naturale facolta
di fare una stima delle cose.
d Ma voglio tralasciare tutto il resto! Cio nonostante, tanto
se prestiamo quanto se non prestiamo fede alle affermazioni
di costoro, in ogni caso e ad ogni modo ci resta la facolta di
opinare.
25 Abbiamo dimostrato sinora l'impossibilita di tare filosofia
in codesto loro rnodo; che, poi, una siffatta dottrina sia con-
traria alia natura e alle leggi, possiarno acclararlo da quanto
segue. Se, infatti, la faccenda stesse realmente come dicono gli
Scettici, che altro ci rirnarrebbe da fare se non vivere aUa ven•
tura e da incoscienti, come avviene durante il sonno? Sicch~
reciterebbero soltanto una farsa legislatori e condottieri ed
educatori! A me, pero, sernbra che tutti gli altri uornini vivano
secondo natura e che, invece, siano obnubilati o, piuttosto, in
preda ad aberrante follia quelli che vanno cianciando codeste
26 assurdita. Il che si potra acclarare molto bene anche dai se-
guente episodio.
763 '' Antigono da Caristo 33, che fu conternporaneo di codesti
filosofi e che ne scrisse la biografia, narra che Pirrone una
voita, poiche era inseguito da un cane, si rifugio su un albero;
e poiche veniva preso in giro dagli astanti, rispose che « e diffi-
cile svestirsi dell'umana condizione ». Un'altra volta sua so-
rella Filista stava eseguendo un sacrificio, ma un arnico che
aveva promesso di offrire il necessario non mantenne la pro-
messa. Allora Pirrone dovette far lui le spese del sacrificio e
ne rimase molto stizzito. E poiche quel suo arnico disse che
Pirrone predicava bene e razzolava rnale e che il suo atteggia-
rnento non era conforme ali'« apatia''· Pirrone gli rispose:
<<Ma in fatti di donna non bisogna dame dimostrazione! " 341 •
Eppure, a questo punto, l'arnico avrebbe potuto giustamente
b obiettargli: « O stupido, bisogna dame sia in fatti di donna

32. Sulle Y.OLWd lwou:n come • criteri delia verit~ che noi dcsumiamo
dalla natura • cfr. Stoic. vet. jl'ag. II, 154 Arnim.
33· Cfr. WILAMOWITZ, Antig01ws von Karystos, p. 39·
34· I due episodi si trovano raccontati con spirito diverso e per nulla im-
pictoso (come invece qui) nei riguardi di Pirrone in DroG. LAERT. IX, 66.

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PIRRONE 104)

che di cani o di tutto quanto il resta, se da questi discorsi te


ne deriva qualcbe vantaggio! ».
Vale anche la pena che si venga a sapere quali furono i 27
seguaci di questo Pirrone e di che gentaglia fu seguace lui stesso.
Orbene: costui fu discepolo di un certa Anassarco 85 • In
sulle prime egli faceva il pittore, ma non ebbe tanto successo;
poi, imbattutosi nei libri di Democrito as, non vi riuscl a sco-
prire niente di proficuo, n~ mise egli stesso nulla per iscritto,
ma non fece altro che dir male di tutti gli clei e di tutti gli
uomini 37 • Ma, pur dandosi da fare per conseguire una reputa- c
zione siffatta - ancorche chiamasse se stesso « immune da
gloria'' -. non lascio scritto niente.
Fu sua discepolo Timone di Fliunte, il quale precedente- z8
mente faceva il ballerino nei teatri 38 ; di pai, venuto a con-
tatto con Pirrone, si rnise a scrivere satire fastidiose e cial-
tronesche, in cui operava una dissacrazione di tutti quelli che
avevano filosofato prima di lui. Costui fu l'autore dei Silli,
in cui dice, tra l'altro:

Miseri umani, cattive vergogne, ventri soltanto!


Da quali Jitigi, da quali lamenti voi foste plasma ti! 3•

l.;omini, otri ricol.mi soltanto di vuota credenza! •o

Quando onnai nessuno dava piu retta agli Scettici, carne zg


se costoro non fossero affatto esistiti, e sbucato fuori, non
molto tempo fa, in Alessandria d'Egitto un certa Enesidemo, d
che comincio a richiamare in vita quel cumulo di inezie.
Sono suppergiu costoro quelli che sembrano essere i piu

35. Cfr. DmG. L.'ERT. IX, 6L


36. Che Pirrone capisse poco ne) leggere Democrito l!- detto soltanto qui,
c con una certa acrimonia.
_ 3i· Questa notizia e in contrasto col caratterc mite di Pirrone: Aristocle-
r~usebio si compiace di attribuirc a lui la stessa maldic.,nza che si riscontra
palesemente in Timone.
38. Cfr. DIIJG. LAERT. IX, 109.
39- Fr. 33 Wachsmuth = 10 Diels. riportato anche in THEODORET., Graei'.
a!feei .• cur. II. :zo, p. 24. 21 Sylb11rg. Vedao;i anc:he \VILAMOWITZ, Araligonos
vo11 l\arysto5, pp. 4 1.3 .
40. Fr. 34 \Vachsmuth = 1 I Dicls. La fonte di ispirazione pl'r Timone
fu probabi\mente Epicarmo (fr. 145 Ahr.).

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IlO PIRRONE

3o importanti tra quanti hanno camminato per codesta via '". Ma


e chiaro che nessun benpensante potra dire che sia corretta-
mente valida una simile setta o « scuola di discorsi 11 42 o come
altro la si voglia chiamare. A mio avviso, pero, non la si deve
neppure chiamare « filosofia », dai momento che essa sopprime
sinanche i principi del filosofare.
Questo basti aver detto contro quanti si crede siano se-
7(,4 a guaci del pensiero di Pirrone.
31 Affini a queste confutazioni potrebbero essere anche quelle
che vengono mosse contro i seguaci di Aristippo di Cirene, i
quali ammettono che soltanto le affezioni [·mH!-lJ] sono com-
prensibili 43 • Compagno di Socrate fu Aristippo, che fondo la
cosiddetta scuola « cirenaica "• da cui prese l'abbrivo Epicuro
per stabilire queHo che, a parer suo, e il fine suprema deHa
vita. Infatti Aristippo, nel modo di condurre la propria vita,
fu senz'altro un rammollito e un amante del piacere. Costui
non discusse mai palesemente del fine suprerrio, ma virtual-
mente veniva a sostenere che il fondamento deHa felicita e
riposta nel piacere. Infatti, poiche egli parlava sempre del
piacere, indusse i suoi compagni a supporre che egli intendesse
identificare il fine supremo con la dolce vita .
.12 Suoi allievi 44 furono Sinallo e la propria figlia Arete.
Questa genero un figlio e lo chiamă Aristippo, il quale, avviato
b da lei agli studi filosofiei, veniva chiamato " il discepolo di
mamma sua ». Egli, pero, preciso in tono definitorie che e
fine suprema il vivere piacevolmente, intendendo come piacere
quello che viene procurato in conformita con un movimento 45 •
·Il· Da notare il silenzio di Aristode sugli Accademîci, con i quali il Peri·
pato dcl secondo secolo d. C. aveva buone refazioni. Ma Euscbio ha gia dedica.to
all'Accademia Media e Nuova. una trattazione altrettanto <lura in Praep. ev.
XIV, 6-9, ispirandosi a Numcnio di Apamea.
42. Da rileva.re l'a.ccostamento polemica del Pirronismo all'eristica e alia
retorica.
43- L'accostamento dcllo Sc:ctticismo ai Cirenaici (per il fatto che en·
trambi gli indirizzi aflermano l'apprendibilita dei soli 1t<ill1)) e iliscusso e
respintu in SEXT. ElllP. Pyrrh. l1yp. I, 215 e pih approfonditamente in Adv.
log. I, 200. Comunque gia Aristotele (.lfetaph. III, 996a. 32 segg.) aveva riiC<
vato la vicinanza. del pensiero di .-'\ristippo al soggcttivismo gnoseologico dei
Sofisti (cfr. GuntRm. A Hislory of Greek Pllilosoplly, Cambridge, 1969, III,
pp. 49°-7)-
H· Per una piu ampia. 8ttt8<.oz-IJ dci Cirenaici cfr. DioG. LAERT. II, 85-86
e MANNEBACH, Aristiţ>pi rt Cyretlaicorum fragrnmta. lJJ, 191, 197 A.
45· Per le polemiche che intercorsero tra i Cirenaici (soprattutto Ari·
stippu Il) e gli Epicurei cfr. l'lf.ANNEBACH, op. cit .. pp. 107, 109 segg.

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PIRRONE III

Difatti sosteneva che ci sono tre stati del nostro temperamento: 33


uno e quello per cui soffriamo, ed e somigliante ad una tem-
pesta di mare; un altro e quello per cui godiamo, diventando
simili ad un'onda liscia, giacch~ il piacere e un moto liscio,
paragonabile a un vento di poppa; il terzo e una calma inter-
media, secondo la quale ne soffriamo ne godiamo, essendo essa
molto simile a bonaccia 441• Egli asseriva che noi percepiamo
esclusivamente queste affezioni.

er _46. Il te~ine •ll?n~ccia •. come in un ~odemo dramma wagncriano,


a ti Lett·moliV con cut 1tmone. faceva entrarc m scena il suo maestro a s~dare
la ridda ud filosofi.

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TIMONE

8, S~ici Goli<l•i.

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Timone di Fliunte (325/0-235/0 a. C.} fu allievo diretto di Pir-
rune, cbbe dimcstichezza con lui per circa venticinque anni e ne
celebro la personalita e il pensicro quasi con l'ardore delia devoziane
rdigiosa, cosa davvero singolare in un uomo che, carne lui, non solo
professava lo Scetticismo, ma era per natura disposto a veder peli
persino ncll'uovo.
Una lunga vita aveva consentito a Pirrone, nonostante il suo tem-
perarnento schivo e riservato, di avere contatti culturali con indirizzi
e movimenti di varia genere, dalie ultime propaggini del pensiero
naturalistico alle gia notevoli manifestazioni dell'Ellenismo; una
vita altrettanto lunga permise all'estroverso e battagliero allievo di
Pirrone di raccogliere una ricca messe di manifestazioni culturali di
varia genere.
Nel campo delia filosofia si possono riscontrare in lui, se pur
con le debite riserve consigliate dal suo a11inzus di polem.ista, rap-
porti con i l'llegarici 1, affinită. di atteggiamenti con i pur aborriti
Cinici 2 ed intensa bisogno di confronti con gli Accadenici, i quali
a suo avviso, dietro l'esempio di Arcesilao, si erano messi a civettare
con Pirrone, ma erano rimasti esscnzialmente platonici e, per giunta,
inficiati di dialettica e di eristica megarcsi 3•
Nel carnpo delle indagini scientifiche, che in quel tempo anda-

J. Cfr. DJOG. L.'I.ERT. IX, 109. Nei Silli (fr. 41 Wach. = 28 Diels} Timone
ostcota avvcrsiooc per la rlialellica, chc cgli chiama •l'artc dci battibecchi •.
sup;attu~to perch~ i Me~arici la fecero sfociare nell'cristica; d'altra parte,
P"ro, egh apprczza • il parlare pro e contra • di Zenone (fr. 5 \Vach. = 45 Diels)
che_ proprio i llfcgarici a'•cvano recuperate. Forse il Flia.o;io sentiva per la dia-
lett•ca, in dinteu~ioni esplosive e patetiche, lo stesso legame d'attrazione e
re'?u~s!one ch~, dopo secoli, !'cntir11. Sesto Empirica (Pyrrh. hyp. Il, 229-259).
Cio .c.mncgablle, anche se si puo dubitarc che ci siano stati rapporti personali
tra funone e Stilpone (cfr. WAcHSMI.:TH, De Timo11e Pllliasio. p. 5).
2 • Vcdansi, a talc riguardo, \VACUS~IUTH, De Timo11e PMiasio, p. 36; BRo-

CH.~kD, Les sceptiques grccs, p. 84; VoGHERA, Timorre di Fli11111e e la put>SitJ


s;jlngrajica, pp. 9·12 . .'\1 pari dei Cinici, • Timon is a colourful figurc • (Lo~G.
e/lcmstic Pllilosoplly, p. So).
T' J. Cfr. Dioo. LAERT. IV, 33. ove sono i frammcnti 31, 32, 33 Diels in cui
Jmone biasimava la mistione di Pirrone con Diodoro Crono operata da Ar-
ce~ilao.

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n6 TIM ONE

vano conquistando una certa autonomia rispetto alla filosofia, egli


senti molto probabilmente il bisogno di studiare la medicina e,
forse, di professarla t e non dovette essere digiuno di una certa
competenza nel campo delia fisica, carne e provato dai suo vasto
trattato Contro i fisici, che e andato totalmente perduto e che, farse,
fu tra le fonti dei duc grandi libri di Sesto Empirica dallo stesso
titolo.
Ancora piu ricche e svariate furono le esperienze letterarie di
Timone. Egli diede inizio alia sua vita pubblica come uomo di teatro
e, forse, la vocazione dell'attore era quella che egli sentiva piu inti-
mamente anche dopo la conversione al Pirronismo. E sono senz'altro
da studiare i suoi rapporti con l'evoluzione delia tragedia e delia
commedia nel trapasso alle nuove forme che queste assunsero nel-
l'eta alessandrina. Allo stesso modo andrebbero indagati i suoi
rapporti con I'evoluzione ăell'elegia e del giambo del suo tempo,
noncM il motivo delia quasi onnipresenza eli Omero come fonte eli
quasi tutte le parodie timoniane e carne insuperabile maestro di
stile e di linguaggio. Col suo poema filosofica Apparenze' Timone
faceva quasi da anello di congiunzione tra i poeti-filosofi presocra-
tici e i poeti-scienziati ellenistici, quali Arato di Soli; col suo capo-
Iavoro Silli 6 egli faceva da tratto d'unione tra !'antica poesia sillo-
grafica risalente a Focilide ed a Senofane e una nuova sillografia
piu rnarcatamente satirica che si andava affermando negli ambienti
cinica-stoici e che, attraverso un vasta numero di esponenti, avrebbe
trovato un ricco e geniale raccoglitore in Luciano di Samosata e nei
suoi «filosofi all'incanto a 7 •
Mentre Pirrone, ove si eccettui il suo giovanile poema su Ales-
sandro, non volie mai mettere penna su carta, Timone fu, al con-

4· C!r. DtoG. LAERT. illid. E certamente inesatto voler porre ad ogni


costo rapporti tra Scetticismo e Medicina Empirica fin dai tempi del primo
Pirronismo, ma gli Scettici dovettero provare ben presta una certa attrattiva
per la scienza medica che, piil. di ogni altra, e lontana dalla matematica esatteua.
5· Cfr. DtoG. LAERT. IX, IJ3. In questo poema elcgiaco Timone appro-
fondiva la dicotomia apparcnza-realti che si era gia presentata agli Eleati
e su cui insistera - forse sulle arme di Timone - anche Scsto Empirica in
A dv. log. 1, no-r I.J. ove e riportato e discusso il celebre proemio del Dep\
cpuae:oo<; di Parmenide (28 B I, 7 Diels-l(ran.z).
6. Non e improbabile c:he sia stato propria Timone a causare, col titolo
delia sua opera, un mutamento del titolo dcll'opera di Senolane (Parodi11 in
Silli). carne sostiene l'UNTERSTEI~>ER (Smojane, Firenze, 1956, p. ccxn:).
Per piu ampi ragguagli si rimanda alle note dcl Reale in ZELLRR-Mo:moLI'O,
La Filosofia dei Greci, Parte 1, voi. 111, Firenze. 1967, pp. 68·9·
7· Luciano non fa mai mcnrione diretta di Timone, ma quasi certamcnte
e di ispirazione timoniana almeno il suo Piscalar, pur se vogliamo prescindere
da tanti squarci • filosofiei • dei suoi dialoghi menippei. Purtroppo quasi n11ll&
d.i sicuro sappiamo circa i rapporti Menippo-Timone.

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TIM ONE II7

trario, un versatile poligrafo sia nei vari generi della versificazione


sia nella prosa. Dai pochi frustula della sua produzione emerge una
personalita vivacissirna, aggressiva, aguzza, contraddittoria: egli fu
,, ambidestro » come il violenta Ipponatte e a anfoteroglosso » come
Zcnone di Elea. Eppure dichiarava di voler vivere in santa pace,
.::on J'atteggiamento di un abile e sccco scrittore di epigrammi 1
Per tutto cio egli fu esattamente l'opposto del suo venerando
111 aestro, e fu soprattutto un irrequieto, carne e provato dai suoi
vagabondaggi dall'Argolide a :Megara, da Elide alle citUl dell'Asia
:\linore e in Egitto, da Tebe ad Atene. Sue grandi tappe furono
Elidc, ove apprese il vangelo di Pirrone, ed Atene, ove quel vangelo
rgli si propose di diffondere, giacchC Atene, anche se non era piu
J'unica « scuola dell'Ellade D, rimaneva uno dei centri culturali piu
\'ivi del mondo non solo per il Portico di Zenone, per il Giardino di
Epicuro e per il boschetto di Academo, ma ancbe per le varie attivita
It::ttcrarie che facevano tenere alia vecchia Dominante il passo col
corso dri tempi.
Eppure questa versatilita irrequieta di Tirnone, se da una parte
dieJe diffusione al Pirronismo, dall'altra lo fece apparire alquanto
camuffato e rnise sotto cattiva luce pcrsino l'indubbia austeritâ
morale di Pirrone. E se dobbiamo esser grati a Timone del fatto
che da lui sappiarno qualcosa di attendibile a proposito del saggio
di Elide, dobbiamo anche, purtroppo, pensare che l'attribuzione di
certi aspetti ciarlataneschi alia figura di Pirrone trova origine nella
confusionc che gi:l Aristocle faceva (e farse prima di lui boia era stata
fatta soprattutto negli ambienti peripatetici) tra la personalita del~
l'allievo e quella del maestro. Timone esaltava, in sostanza, l'o in-
fallibilita n di Pirrone, e quest'ultimo veniva, allora, ad apparire
- non solo per !'eterna pregiudiziale che inficia lo scetticismo, ma
anche per l'entusiasmo timoniano- come piu dommatico dci dom-
matici c piu realista del re.
Di qui, forse, derivo anche l'effimero e discutibile successo della
pugilistica di Timone che non riusci a dare validi continuatori al
Pirronismo antica e l'affaccendarsi dei Neo-pirroniani nel volere,
quasi ad ogni costa, stabilire la continuitâ di una tradizione scettica
da Pirrone a Satumino, tagliando fuori i pensatori dell'Accademia s.

S. Diogene Lacrzio (IX, ll5·II6) ci informa. di qucsta doppia tradizione,


~enza. pronunciarsi con troppa chiarc:r.za al rib'llardo, e noi non possiamo dire
con s•curczza se abbiano a\-uto ragione Aristocle e lllcnodoto a negare l'csi-
~t~nza di una St!I8oxi) timoniana oppure Ippohoto e Sozionc ad a!Iermarla.
Il Drnchard (L~s sceptiques grecs, pp. 90-1) rispoude alia domanda sostenendo
ehi! • les vrais continuateurs de Pyrrhon et de Timon [urt:nt les noU\'CiiUX
academicirns •; la Patrick (Tke Grech Sc~ptics, pp. 72-3 e altrm·c) si slorza di

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nS TIMONE

Comunque, all'indubbia importanza variamente culturale di


Timone non corrisponde una pari importanza nel campo delia vera
e propria speculazione filosofica. La totale perdita delle sue venti-
mila righe di prosa 8 ci d.issuade dall'esprimere un preciso giudizio.
Ma non possiamo non chicderci perche mai la tradizione dosso.
grafica sia stata cosi avara con le sue opere speculative, rnentre e
stata abbastanza prod.iga con i suoi Si/li. I frtlstula miscrrimi del
suo Pitone e dei suoi trattati Contro i fisici e Sulla sensazione ci
parlano solo delia « sovranita » del fenomeno su tutte le case to, di
una critica timoniana al concetto di o ipotesi » e alla divisibilită. o
mcno del tempo, e cio e ben poca cosa per ricostruire un u sistema »
scettico-timoniano 11•
Almeno per noi - e farse anche per gli antichi che conoscevano
tutto il Corpus Hnumianum - l'opera piu significativa sono i Silli.
Anche se e piuttosto discuti bile la ricostruzione della loro u trama » u,
ci restano vivi e irrompenti i giudizi sui principali filosofi da Talete
ai contemporanei di Timone. Questi aveva avuto come predeces.
sare Aristotele, maestro anche lui d'ironia nel condurre l'esame
critico dei filosofi, che avevano detto grandi verita ed erano caduti

apporta.re delucidazioni a proposito dei vari continuatori di Timone :fino ad


Enesidemo. E, comunque, probabile che furono propria i Neopirroniani ad
insistere sulla continuita della 8~tx8o;c~ anche a. costo di fanmre la realta delle
cose, per partarc l'ac:qua al laro mulina anti-accademico.
9· Cfr. DroG. LAERT. IX, III.
10. f..: per lo mena azzardata - per non rlire erronea - invaghirsi tanto di
questa vcrso e delia precedente dossografia dcl Laerzio (IX, 105) per stabilire
che ne) vccchlo Pirronisma ci siano gia le premesse della moderna fenomeno-
lagia husserliana, came si trava in A. N. Zom~Pos, Zu 1"imon VOft Plllius,
• Platon •. XVIII, 1966, p. 300. E piuttosto probabile, invece. che il termine
l'll8(t/.!Lol vada interpretata con accczione negativa, come hanna sostenuto
il Wachsmuth {De Timotre Plrliasio, p. ti) e il Brochard (Les sceptiques gl'eCS,
pp. 8,;-6) coutrapponendosi alia Hirzel (Uulti'SifchutJgtn zu Ciceros philos~
pliisr.hcu Schriftm, pp. 51-f>o). Se propria si vuol par!are eli prccorrimenti
madcrni, mi sembra suggcstivo il seguente passo hcgcliana {Scienza ddla logica
II, Bari, I925, trad. ~Ioni): • La parvenza (non il ll''lm6]1E:'IIOV ma l'L'II8~7:lf.l&;
timaniano) e il fcnameno dello scetticisma, o·n,cro anche l'apparenza dell'idea-
liswo ~ una talc immediatezza, la quale non e un qualcosa, o una cosa, non
e in ~eneralc un " essere " indi11erente che sia luari delia sua dctcrminazione
e delia sua rclazione al saggetto. Lo scetticismo non si permctteva di dire
.. c " •.
II. Questa ricastruzionc ha trovato comc suoi grandi campioni nel secolo
scarso il ~atorp (Forsclumgtll zur Ge,ţcflicMe tks F.lke•ml11issproblems im Al-
tel'liOJJ, p. 286) e nd nostra secolo il ~·on Frit;; (PhyTTon, in • RE •. cit.).
12. Estendenda le ricostruzit.mi gii'l abhozzate c.lal Paul, c.lal \Vclaud c dal
M~inckc, il \Vacllsmuth (/)e Timmrc Ph/ia~io, pp. 17 segg.) prcsenta\·a tutta
!'opera came una catabasi simbolico-filosofica che parodiava. la 'lliY.~t·% del-
l'Odissca omerica. Il Oiels (Po~famm plrilosopll<>rum fmgmwta. pp. I82·4) ha
limitata la catabasi al secondo c al tcrza libru (per piu ampi ra.gguagli si rinvia
al Brochard, Les Sccptiques grcr.s, pp. 82-f, e al Dai Pra, Lo sutlicismo gruo•.
pp. 95-8).

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TIM ONE ug

in gravi abbagli, e nel III secolo a. C. la diretta tradizione dell'opera


de-11o Stagirita non era affatto scomparsa. E vero che in Timone il
giudizio cti tico si trasforma in battuta salace, in colpo proibito, in
illazione malignamente moralistica; ma e anche vero che furono in
gran parte i suoi Silli a suggerire agli Scettici posteriori una loro
" storia delia filosofia greca in chiave pirroniana », come possiamo
riscontrare nei grandi panorami storici tracciati, con scrupolosita
degna di Aristotele, nelle opere di Sesto Empirico.
Ndl'esame clei frammenti dei SiUi, pero, dobbiamo guardarci
da nn grave pericolo in cui sovente sono incorsi gli interpreti: quello
cii ,-edere ad ogni costo qui l'elogio o l'affinita elettiva o il giudizio
positivo e ll l'inisione o l'antipatia o la stroncatura critica. Timone
c <it.L?o-rs:p6yJ..waaoc;: egli colpisce nell'atto stesso in cui accarezza
e, rnentre ci pare che accetti il pensiero di un filosofa, nello stesso
trmpo lo demolisce: solo con Pirrone « appare bonaccia HJIS

Kclla traduzione del ~loc; laerziano di Timone ho seguito gli


stessi testi chc in quella del ~[oc,; di Pirrone.
1\ elia traduzione dei frammenti mi sono fondat o prevalentemente

IJ. Si e parlatu sovente di tono elogiativo, da parte di Timone, net n-


guanli di Panneuit!e (fr. 44 Diels}, degli Eleati Zenone e lllelisso (fr. 43 Diels),
di Demucrito (fr. 46 Diels) c di Protagora (Ir. 66 Dielll, in notevolc eontrasto
con fr. 4 7 Diels), ma bisogna essere ponderati nell'esame delia cornplessa e
ambiva\ente terminologia timoniana. Vedasi a tale riguardo G. CoRTASSA,
Due gi11dizi d-i 1'i1110tze di Flitmle, • Riv. di Filol. e di Istr. classica •. CIV,
H)76, pp. 312-26, ove, attraverso l'accurata t!isam..ina di duc frammcnti timo-
niani (! e 48 \Yach.) si aprono nuO\·e e stimolanti prospettive per uua re,;sione
crilico-linguistica di tutti i jr11stula a noi pen·enuti deU'opera di Timone. Allc
ottimc osservazioni del Cortassa aggiuugerei che non bisogna trascurarc il
fatto che J>crsiuo Scnofa.ne (che forse assumeva per Timone nella catahasi
lu stcsso ruolo gia assunto tia Tir~ia - indovino, ma cieco - per Odisseo ne]
pocma umerico) non viene trattato proprio con tutti i riguardi, come e provato
dai Junghi riportati da Sesto Empirico (Pyrrh. hyp. l, 223-225) e inseriti ţn
un c(lntesto critico che rimarra sostanzialmente costante anche nel piil ampio
trattato s~stiauo contro il dommatismo logico (Adv. log. I, 48-52, ove i versi
scnnfanei 21. 13, 34 Dids.-Kranz, riportati con compiacimento anche altrove
na S~sto (Adu. log. I, no; II, 236), vengono interpretati in senso opinativo
e probabili5ticu (ossia in una visuale chc J'ci:So!;a.~•l'% pirroniana avrebbe ca-
t~go,ncamente respinto) ; e cio anchc a voler prcscindere dai • dommatismo •
dt , Senofan~. che a. Sest o non sfug!,-iva - e ov~;amente nou era sfuggito gia
a!J acuto Tm1ooo - e che non sappiamo se precedesse o seguisse cronologica-
r"nte le t<;n~e-uze scettichcggianti de! vecchio precursore dell'Eleatismo (per
a dtbattutlssmJa esl'gesi de! fr. 34 \Vach. cfr. in ZELLER-~Io:-a>OLFo, La Filo-
•ta dei Cr,·ci, Parte I, voi. III, trad. it .• Firen?.e, 1967, pp. q9-157. la ric-
c Hss.tma nota d('] Reale). Se propri•J vogliamo Iare un confmnto con altl'i viaggi
P~cbco-filo5ofici nell'aldila. sarebbc, forse, il caso di stabilire una remota 5D-
nuglia?za tra Senufane e il dantescu Virg-ilio, Pirrone e la risolutiva Bcatrice,
purche absit i u iru ia verbis!

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120 TIMONE

sul Wachsmuth u, il cui testa e, soprattutto, le cui annotazioni


ritengo in gran parte ancora insuperati. Di validissimo ausilio mi
sono stati, pero, anche il Diels .lS e il nostro Voghera 111•

14· De Tim01te Pllliasio ceterisq11e sillograpllis graecis, Lipsiac, 1859 e


soprattutto Tirno11is sil/orum reliq•,iae in Corpusculum f>oesis graecae ludi-
bundtu, Lipsiae, 18851 , ove e riportato un dottissimo cd attuaJisşimo com-
mentario. Per la superiorita delia disposizionc wachsmuthiana rispetto a quclla
diclsiana vedasi PIA!IIKO, De Timonis Ph/iasii Si/forum dispositione, • Eos •,
XLIII, 1948-49, pp. 12o-6.
15. Poetarum philosof>l•orum Jragmnrta, Berolini, 1901, pp. 182 segg., che
i: divcnuto istituzionalc per la numcruione dci frammenti timoniani.
16. Timone di Fli11nte 11 la f>oesia sillograjica greca, Padova, 1904, opera
intercssantissima anche per la storia di questo genere letterario, e Posti/111
criliche ad alcttni dei frarnmenti dei Si/li. • Riv. storica antica •, 1905-6, pp. 92-9.
Il Nestle, che aveva affrontato importanti questioni timoniane in Die Nach-
sokratiker, Berlin, 19:.!3, 1. pp. 10 scgg.; II, pp. 240 segg.• l! stato, iovece,
molto sbrigativo nclla voce Timo11 in • RE •. XVI A". coli. 1301·3. Numeroso
questioni concernenti le fonti e la validita del ~Ee><; laerziaoo e l'interpretazione
di parecchi Silli si trovano aflrontate non solo net pluricitato Antigonos von
J(arystos (pp. 27 segg.) dcl Wilamowitz, ma anche in E. P.\PPENHEillf, Der
Sitz der Schule der Pyrrlronisc/rer Skcptiker, • Archiv filr Geschichte dcr Phi-
Josophie •. 1, 1888, pp. 39 segg. Interessanti rilie"i sul caratlere dei Si/li, che
il \Vachsmuth chiamava senz'altro canni"a irrisoria, si trovano in J. GEFF·
CKEN, Timon als Satiriku, • Neue Jahrbuch •, XXVII, 1911, pp. 409 segg.
Altri frammeoti dei Silli cbe, per evitare ripetiziooi, non abbiamo indusi
nella raccolta di questa sezione, sono riportati altrove in qucsto volume se-
condo le seguenti indicazioni:
Fonte Wachsmuth Diels Pag. del pr&
seu te volume
DIOG. LAERT. IX, 112 1 I 122
65 ]8 48 66
69 67 50 68
IV, 33 16 31 174
33 17 32 1 74
~
33 tS 33 174
42 19 34 175
67 .JZ 35 390
EUSEB. Prarp. ev. XIV, 18, 19 32 9 106
18, 28 33 10 109
Il!, .zS 34 11 109
tS, 17 35 s 106
SExT. E111P. Pyrrh. hyp. 1, 223-4 45 59,11 A 35 Vors. 14)
• 224 40 6o,IJ A 35 Vors. IH

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TIM ONE I2I

V1'ta di Timone (DIOGENE LAERZIO, IX, IOg-n6)

Il nostro 1 Apollonide di Nicea, nel prima dei suoi Cam- 109


mt>nlari ai Silli da lui dedicati a Tiberio Cesare, dice che
Timonc era figlio di Timarco, di origine fliasia, e che, rimasto
orfana ancor giovane, faceva il ballerino e che poi, avendoci
pensato su, emigra a Megara presso Stilpone a e, dopo aver
trascorso del tempo con lui, ritorno in patria e si ammoglio.
In apprcsso, insieme con la consorte si trasferl ad Elide presso
Pirrone 3 e risiedette li fincM gli nacquero dei figli, al mag-
giore dci quali egli diede il nome di Xanto e gli insegno la
medicina e lo lascio carne successore delia sua maniera di vi-
vcre. Questo Xanto godette chiara fama, carne attesta anche uo
Sozione 4 nell'undecimo libro.
Trovandosi in ristrettezze economiche, Timone se ne ando
verso l'Ellesponto e la Propontide. A Calcedonia, dove egli
esen:itava la sofistica, il sua successo andava crescendo sempre
di piu. Una voita arricchitosi, si trasferi di ll ad Atene, dove
abito fina alia marte, se si eccettua un po' di tempo che egli
trascorse a Tebe. Ebbe riconoscimenti anche da parte del re
Antigono e di Tolomeo Filadelfo, carne egli stesso attesta a
propria vanto nei Giambi 5 •

I. Poichc di Apollonide non sappiamo nulla, si e discusso a lungo in me-


rita all'esprcs5ionc laerziana (.. T:lll)' 'll~J.c';)v. Il Nietzsche in un primo momente
(•< 1\.heinische llluscum •. XXIV, p. 206) era d'accordo col l\Ienagius n~l so-
slituire r.:a:p con Tti)O (• il nostro predecessore •), ma p<1i (Bcitrâge, p. 6) preferi
emendare audacemcnte con 7tlll)'lt!ll0'(1)-iqm~ (• scrittorc di proverbi •). Esclu-
uendu la tesi de! \Vachsmuth (Sill. grtuc. re/., pp. 3t segg.) circa la comune
appartencnza di Apollonide e di Diogene allo Scctticismo e quella del Rl'iske
l" H~rmts •, XXIV, p. 224) circa la loro comune origine nicl'na, non ci resta
che mtenderc il termine come vaga espressione di comunanza letteraria, di
comunt ?lAO:r'lvla: (per maggiori ragguagli vetlasi la nota de! Gigantc ad l1oc).
2. ~est. 174 Doring. Per le clifficolta cronologiche circa i rapporti Pir-
rone-B.nsone (DroG, LAEKT. IX, 61) e Timonc-Stilpone vedasi DoRING, Die
,lfeganker, pp. rs6- 7.
J. Sul fatidica e piuttosto simbolica incontro con Pirrone, cui ironica-
1?~nte allnde Aristocle (EusED. Pracp. ev. XIV, r8, q). vcdasi l'articolo de!-
! Untersteiner in • H.iv. critica di storia delia :fil•Jsofia •. IX, I95·h pp. 284 segg.
4· Per questo erudito peripatetico, fiorito nclla second a meta de! Il sec. a. C.
e. au torc di una Successia philosophorum in 13 !ibri, vedasi DAL PRA, La s/o-
rror;rajia fi/osoJjica antica, pp. qS-52.
5: Cfr. \VACHSMUTH, Si/1. graec. reliquiae, p. 42. Il \Yilamowitz (A nligonos
Von Aarystos, p. 42) propone • nclle Appaun:l • (lvoa:).!J.ol).

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I22 TIMONE

Egli era, come attesta Antigono 8 , anche un buon bevitore


e, durante il tempo libero dagli stucli filosofiei, componeva
opere poetiche: poemi epici e tragedie e drammi satireschi
III (trenta drammi comici e sessanta tragici) e silli e cinedi. Si
ricordano di lui anche scritti in prosa dell' estensione di circa
ventimila righe, come e menzionato anche da Antigono di
Caristo 7, che, tra l'altro, fece la biografia eli Timone. I Silli
si dividono in tre libri; in essi, da11a sua posizione di Scettico,
ingiuria e beffeggia i Dommatici in forma di parodia. Il prima
di questi libri ha un carattere semplicemente espositivo, mentre
il secondo e il terzo sono in forma dialogica: vi appare lui stesso
che interroga Senofane di Colofonc 8 circa ogni filosofa in par-
ticolare, e Senofane gli fornisce ampie spiegazioni, nel secondo
libro sui pensatori antichi e nel terzo su quelli moderni (ragion
per cui alcuni hanno dato al terzo libro anche il titolo di
112 Epilogo). Il primo libro contiene gli stessi argomenti, tranne
che la rappresentazione poetica e a personaggio unico; esso
comincia cosi:
Ditemi ora voi tutti, che sictc intriganti sofisti •.

Mori quasi novantenne, come dicono sia Antigono 1o sia


Sozione nell'undecimo libro. Io ho sentito riferire che era
anchc rnonocolo: del rcsto egli stesso soleva chiamarsi 11 Ciclope ».
C' e stato anche un altro Timone, il misantropo.
Egli fu, adunque, filosofa, ed anche amante dcl giardi-
naggio, e preferiva starsene per i fatti suoi, carne dice ancora
Antigono n. E fama che Ieronimo il Peripatetico 12 dicesse di
lui: 1' Come presso gli Sciti lanciano dardi sia quelli che si danno

6. Cfr. \VIL ...:Mowuz, np. cit., pp. 41 segg. La notizia ~ con1ermata in


ATHEN. X, 438; AEuAx. l'ar. hist. II, 41-
7· Cir. \VJLAMOWJTZ, op. cit .• p. 42:.
8. Circa l'intcrpretazione scettica dcl pensiero di Senofane dr. SEXT. EMP.
Pyrrh. hyp. I, 223-n5 e Ad11. log. I. 48-52. uo; II, 236. ove sono citati con
c:ompiacimento e commentati i versi senofanei: • Quello ch'e chiaro niun uama
lo vide ne mai sara alcuuo 1 Che sappia intorno agli dei e a qutc!lo che dico del
mondo; 1 Ed anchc se alcuno, per casa, <li cio ch'e rt'ale trattasse. 1 Non lo
saprcbbc C!tUalmente: in tutti c'e ,;alo opinarc • (21 B 34 Dicls-l(ranz).
9· Fr. 1 Dicls = 1 \Vachsmuth. Per Timooe tutti i filuso.li dammatici
suna sofisti (cfr. frr. 9, 4 e 38. 2 Wach.). Fonte dcll'esprcssionc timoniana e
HaM. Il. V. 484.
10. Cfr. \VIL,\.MOWITZ, op. cit., p. 43·
I I . Cir. ibi<lrm. p. 45·
12. Fr. 7 \Vehrli.

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TIM ONE I2J

alia fuga sia quelli che si danno all'inseguimento, cosi, tra i


fi.lo:;ofi, alcuni vanno a caccia di allievi rincorrendoli, altri
scansandoli, e in questa seconda maniera agiva, appunto,
anche Timone n.
Egli fu acuto sia carne pensatore sia come motteggiatore; 113
fu amante delia cultura e capace di fornire stesure eli miti ai
poeti e eli aiutarli a comporre azioni drammatiche. Forni parti
di tragedie ad Alessandro 13 e ad Omero u.
Quando, pero, sentiva baccano di servette o eli cani, so-
spendeva ogni sua attivita: il sua ideale era quello eli lavorare
in santa pace 15 •
Si tramanda che persino Arata 16 gli chiedesse carne pro-
curarsi un testa sicuro delia paesia eli Omero, e che egli rispon-
desse: 1r Se riesci ad imbatterti in manoscritti antichi e non in
quelli chc sona " corretti " oggigiorno ,, 17•
I suoi cornponimenti poetici egli li lasciava giacere alia 1 14
rinfusa per la casa e talora mezzo rosicchiati. Gli capito, cosi,
che, nel leggerne qualcuno al retare Zopiro 18, si mise a sroto-
larne una qualche parte e a recitarla; giunto alia meta, trovo
solo per casa i frammenti che sina a quel momento non aveva
saputa dave diamine fossero. A tal segna giungeva la sua
11 indifferenza ,, IB!

Ma era pure profluente nel lavoro, tanto che non riusciva


ad avere tempo neppure per pranzare.

J J. Alcssandro Etolo (Test. 1o Snell).


q. Omcro di Bisanzio (Test. 8 Snt:ll). l'er ulteriori ragguagli sui rapporti
tra. Timone e IJUcsti poeti vedasi ScrrRO)UI, Trogicorum Graewrum lulltni-
slicae orlfllis fragmr!lla. :\lonasterii, 1929, pp. 16 segg.
15. E molto probabile che qui il Laerzio autobiogra.fizzi un po' il rissoso
caratter~ di Timone. L'Unterstciner (ar/. cit) propende, percio, col qua.dro r.he
del Fliasio ci ha lasciato Aristocl!'.
16. L'autore dci Fcname>ri (dr. I'FnrFFEJt, History of C/assir.al &holars!Jip,
p. 1~1),
17. Timonc intenueya colpirc sarcasticamente Zenodoto (cfr. "'ILA~IO­
wnz, .·J nliganos L'()>J l>'aryslos, p. ·H; PFElfH::Jt, Hislory 4 Classical Schularship,
PJ.l- 98. '39). alia cui edizionc oml"rica, ricca di atctcsi c di spicdi, pref~riva una
lett11ra tra.dizionalc. come avcva fatto il suo macstro l'irronc (cfr. SEXT. EMP .
.1 du. ma/h. 1, 272. 28r-2ilz).
. 18. I\etc.r" •li Clazomcnc, chc fiori nella prima mcta dC'l 111 sec. a. C.,
ncordato in QurxT, 111, 6, J.
. HJ. _Il Gi~ante traduce • distrazionc •: ma. non si tratta ,Ji un S<'mplice fatto
psrc<.,\o_;!:ICo, bensl. di una. op1.ione cuerente con i principi filosofico-etici, in
analogia con l'attC'ggiamento ui Pirronc vcrso i cani ei carri ddla strada {dr.
DmG. L.mRT, IX, 63 segg.).

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124 TIMONE

Si racconta che egli, scorgendo Arcesilao che attraversava


la piazza dei Cercopi, gli dicesse: (( Che fai tu qui, dove siamo
noi uomini liberi? " 20
Era solito dire stringatamente contra quelli che danno un
giudizio sui sensi mediante la testirnon.ianza dell'intelletto
Si dier convegno Attaca e Numenio n

Era abituato a parlare cosi anche per solo scherzo. A un


tale che mostrava la propria ammirazione per ogni casa, disse:
«Perche non ammiri anche il fatto che noi, pur essendo in tre,
abbiamo quattro occhi? » Erano, infatti, monocoli lui e il sua
allievo Dioscuride 23, mentre quello al quale egli ind.irizzava
la battuta era sano.
115 Una voita Arcesilao gli domando ironicamente cosa fosse
venuto a fare da Tebe ad Atene; Timone rispose: "Per guar-
darvi sdraiati e farrni una risa ta!». Nei Silli egli assali Arce-
silao, ma ne tesse la lode nel poemetto intitolato Il banchetto
di Arcesilao 23,
Carne dice Menodoto 24, egli non lascio nessun successore,
e la sua scuola rimase interrotta finche non la riassesto Tolomeo
di Cirene 25• Carne attestano, invece, lppoboto 26 e Sozione,
furono suoi allievi Dioscuride d.i Cipro, Nicoloco di Rodi, Eufra-
nore di Seleucia, Prailo della Troade. Secondo quello che dice
lo storico Filarco ll7, Prailo fu cosi ardimentoso che, ingiusta-

2a. Cfr. \VJL.UIOWlTZ, Antigonos von Karystos, p. 44· La battuta a cinica •


di Timone intcndcva colpire la mollezza orientale del ricca antagonista.
21. Cfr. RlTTER-PRELLER, P ..roenJ. graec. I. p. 37: II. p. 16, 212. Attaca
era un ladro delia Tcssaglia e Numenio un ladro di Corinto. Secondo il Wila·
mowitz (Atttigonas von I<arystos, p. 32}, Ti.mane intenderebbe colpire Numenio,
disccpolo di Pirrone (DJOG. LAERT. IX, 68, 102), che sarebbe passata al dom-
matismo. Il Bracbard (Les suptiques grus, p. 89) traduce con infedele arguzia:
• Le francolin et le corlieu se rencontrerent •. intcndcndo il vcrso come l'inizio
di una favola-apologo di due uccelli una piu sciocca dell'altro.
22. Diosc:uride di Cipra (dr. § ns}.
23. Fr. 79 Diels.
24. Fr. 4 Jacoby.
25. Scettico, allievo di Eubulo, fiorito interna al 1oa a. C. (cfr. DEICH•
GRADRR, Die grirchische Empirikerschul~. pp. 172, 258). Sulla infondatezza
delia natizia di ~lenodoto in merita a Talameo came !ondatore delia Medicina
Empirica veda.qj D.u PR.,, Lo sctllicismo greco, pp. 31-.2.
z(). Citata sp~o dai Lacrzio. fiori versa la fine dcl III sec. a. C. e fu
autore di due opt:rc: Su/le srlte jilosojiche e lntorno ai filosofi.
27. Fr. 67 Jacoby.

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TIM ONE I25

mente accusato di tradimento, affronto Ia pena senza degnare


i concittadini neppure di una parola.
Allievo di Eufranore fu Eubulo di Alessandria, e di que- n6
st'ultimo fu discepolo Tolomeo, che ebbe, a sua volta, come
allievi, Sarpedone ed Eraclide. Allievo di Eraclide fu Enesi-
demo di Cnosso, che scrisse otto libri di Discorsi pirroniani 28 •
Questi ebbe carne allievo Zeusippo, suo concittadino, e questi
ebbc come allievo Zeusi il Piedipiatti, e questi ebbe come allievo
Antioco di Laodicea. Quest'ultimo fu maestro di Menodoto eli
~icomedia, meelico empirica, e di Teoda di Laodicea; allievo
di ::vrenodoto fu Erodoto di Tarso, figlio eli Arieo 211 ; allievo
di Erodoto fu Sesto l'Empirico, autore dei dieci Trattati Scet-
tiâ 30 e di altre ottime opere. Allievo eli Sesto fu Saturnino
il Chiuso 31, empirico anche lui 33 •

Dai (( Silli n

LIBRO 1

(DIOGENE LAERZIO IX, 40 = 2 Wach. = 46 Diels)


Qual riconobbi tra i primi Democrito, accorlo pastore
Di favole 1 , conversatore che medita il dritto e il rovescio.

z8. La loro sintesi ci e pervenuta attraverso Fozio (Bibliot. 213).


·l(). Il J{udlien legge: • Erodoto liglio di Arieo di Tarso •·
30. Per l'ampia questione concernente il numere dei libri di Sesto rinvio
a qua.nto ho riassunto in SESTO Er.tPlRtco, Cord~o i matematici, pp. vn-vm.
31. II Brochard (Les scep11:ques g~ecs, p. 327, n. r), sc~oouendo il Nietzsche
(/Jeitriige, p. to), proponc la sostituzione di questo nomignolo con xcz&' l!~J.ii.c;
(" nt•stro contcmporaneo •). Satwnino fu allievo di Sesto e probabile fante
di DiiJgenc. Per altre interprctazioni vedasi Gigante, nota IJd hoc.
32. Per la tesi delia continuita dello Scetticismo pirroniano-timoniano
prosp~ttata qui da Diogene e sulla v~tustll. del rapporto tra Scetticismo e
i\_lechcma (prima tendenzialmente e poi dichiaratamente empirica) veda.nsi
GoEDECKEMEYER, Di~ Geschichte de~ gYiec!Jischen Shepti::ismus, pp. 27 segg.
e DEICHGRABER, Die griechiscl•e EmpiriherschJtle, pp. 279 segg.
I. Le doti stilistiche ili Democrito (per cui dr. Cre. De or. 1, 11; Pl.UTARCH.
Qrwest. co1w. V, 7, 6; SB.XT. EMP. Adv. log. 1, ~65) vengono qui viste sotto una
l~ce. piuttosto ambigua (cfr. \Vachsmuth p. 93). Fante d'ispirazione paro-
di~bc": ~ Holof. Il. 1, 263; IV, 341. Sul senso preciso dcll'espressione vedansi
gh ottimi rilievi de! Cortassa (Due gîudi:i di Timone di Fliomte, in particolare
pp. 318-21).

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126 TUIONE

(PLUTARCO, Numa 8 = 3 Wach. = 58 Diels)


Pitagora, poi, che propende per ciurmatrici opinioni 3,

A caccia di uomini, amico 3 di dignitoso parlare.

(DIOGENE LAERZIO IX. 23 = 4 Wach. = 44 Diels)


Pannenidea. generosa possanza e" non molto-opinantc,
Di lui chc astrasse il pensiero da inganno di ogni apparenza '·

(DIOGENE LAERZIO IX, 25 = 5 Wach. = 45 Diels)


Gran forza, con Iingua che affenna e che nega •, non pronta
[a mollare 7,

Di Zenone che tut;ti censura, oppure l\lelisso chc si crge


Su molte fantasime e solo di poche rimane al di sotto.

(DIOGENE LAERZIO 1, 34 = 6 Wach. = 23 Diels)


Qual, poi, Talete, tra i saggi saggio, astronomia in persona 8

(DIOGENE LAERZIO III, 7 = 7 Wach. = 30 Diels)


Duce di tutti era lui •, spallutissimo, ma nel parlare
Di doke vocio 10, somigliante al frinir di cicale che stanno
Sugli alberi di Echedemo, effondcndo conccnto di gigli.

2. Os~ia p{'f le arti magichc, con cui il Pitagorismo continuera ad intrat-


tenere rapporti fino all'eta cristiana (cfr. PORPJIYR. Dtl Pytllag. 23-25; IA:\IBLIC.
Vita Pythog. 6o-62).
3· Il termine ciopLa'riJ:; (con.fidente, familiare) ~ omerico (Il. XIV, 216;
Od. XIX, 179). Timone intende satireggiare l'eloquenza sacrale di Pitagora.
4· Seguo I'emendamento dielsiano di -djv in ou.
5· Per una diversa interpretazionc vcdasi U:"TERSTEINER, Parmenide,
Firenze, 1958, p. 14·
6. Per l'ci!l<ponpoylwacrlcx di Zenone cfr. PLUT!•RcH. Perie/. 4; DII.VID,
Sclwl. ad Aristol. Cat. 22-28, e quanto e riportato in \Vachsmuth, pp. 97-9.
7· L'cpiteto omerico oox liAct';'!;ct8'11~ (1/. VIU, JCZ, 415 et alibi) i! di solito
attribuito a tori {' cinghiali: csso. percio, da Timone • non sine ironia usur-
patum est • (\Vacbsmuth) nei riguardi dell'Eieate i cui ragionamenti • mct-
tono di cattivo umore quelli che tentano di risolvcrli • {ARJST. Pllys. VI,
239 b 10).
8, Il termine astratto cia-;pov6!L1j!LO: sembra al \Vachsmuth (p. 101) • ri-
dicule fictum ad normam similium non paucorom verborum •.
9· Platane. Per la tormeutata questione dell'epiteto scgucnte (cbe trovasi
anche in HESYCH, 1\hL. 55, p. 42, 10 Floch) e di altri punti di questî vcrsi si
rin via all'ampia nota del Gigante in DIOGE!<E LAERZIO, Vile dei filosofi. pp. 489-
90.
10. Per il contrasto tra la robustezza di Platane e la deLolezza delia sua
\"oce cfr. DIOG. L.\F.RT. III. 4-5.

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TIM ONE I27

(DIOGENE LAERZIO VII, I5 =8 Wach. = 78 Diels)


E vidi una vecchia. fenicia 11 , ingorda, in ombrosa superbia,
Di tutto bramosa 12 : i suoi cenci mi.nuscoli vanno a brandelli
sottili: la mente elia aveva peggiore di vacuo ronzio 13•

(PLUTARCO, De virt. mor. 6, 446 E = 9 Wach. = s8 Diels = 72 A


ro Diels-Kranz)
Ardimentoso, incessante, ovunque balzasse, appariva
Catlino il vigor d' Anassarco u. Sapiente, di certa, era lui
(Lu dicono}. eppurc infelice: lo facea rinculare natura
Soggetta al piacer; ed e, questa, terrore di tutti i sofisti.

(DIDGE:>:E LAERZIO IX, 52 = ro Wach. = 47 Diels)


Protagora, il mettiti-in-mezzo, di logomachie buon campione 15•

(ATENEO IX, 406 a= II Wach.)


[Prodico] che annuncia le ore dietro compensa 11 •

(DIOGENE LAERZIO VI, r8 = 12 Wach. = 37 Diels)


[Antistenc]. cianciator tutto-fare.

(PLUTARCO, Dion 17 = 13 Wach. = 38 Diels)


[Speusippo ], a sfottcrc bravo.

1 r. E Zenonc di Cizio, sulla cui origine semitica ha insistito anche il


Pohlenz (La Stoa, I. pp. 25 se~;g.).
r2. 11 continua inclagare e l'acribia dcl fondatore della Stoa vcngono qui
sarcasticameute rapprescntati come difetti di ordine morale. Anche Sesto
Empirica (Adll. cllt. I9D-I91) insiste sulle gravi incongrul'nze etiche di Zenone.
r 3· 11 XLII3a:y6; era uno strumento musicalc di scarso val ore. Non ~ im-
prob~hile. pero, che qui Timone abbia usato la parola oxL••8:xy6~ che, come
sapp1amo da se,.to (Atlll. log. II, IJ3), non ha alcun significato.
r4. Il carattere fiero, nonostante la professione <li apatia, di Anassarco
• l'Eudemonico •. amico di Pirronc, e ben rilevatc. în DIOG. LA.ERT. IX. 59·
Da notare il compiaciuto accostamento di Allassarco ai Cinici.
rs. Parodia di Ho)t. Il. XV, 679. Per l'esalta interpreta1.ione di qucsto
verso, cbe non e in contrasto con fr. 48 'Vach. ma solo era, furse, situata in
un contesta diverso. vedasi G. CoRTASSA, Due giudizi di l'imoue di Fli14fllc,
PP· 322-s.
1_6. Allusione doppiamentc sarcastiea ai guadagni clle Prodico ricavi> dai
suo hbro Le Ore {dr. PHJLOSTR. Jlila :;opll. 1 prom•.) c dagli oroscopi che egli
<lava alia gentc.

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TIIIIONE

(DIOGENE LAERZIO VII, 1:6 = 20 Wach. = 39 Diels)


Intanto uno stuolo accoglieva 17 di poveri, cb'eran fra tutti
I piu pezzenti e i piu morti di fame cbe fossero al mondo.

(ATENEO IV, 158 a= 21: Wach.)


Egli 18 i.mbandl di lenticchie il dodicesimo chicco.

(ATENEO IV, 158 a= 22 Wach.)


E la zenoniana lenticchia ...
. . . (non puo) far boltire ehi non con sagacia ha imparato u.

(SESTO EMPIRICa, Adv. eth. 172 = 23 Wacb. = 66 Diels)


Con lamentazioni mortali taluno, gemendo, diceva 10 :
Ahime, cosa soffro? Ora quale saggezza pub nascenni quivi?
Pitocco mentale son io, un chicco non ho d'intellettol
Invano penso io di potere sfuggire a improvvisa rovina.
O tre e quattro volte bea.ti i nullatenenti e quei tali
Che non trangugiano a scuola quei cibi che s'erano cottil
Ma il fato mi ha condannato a struggermi in tristi contese,
In miserie e in quante alb'e cose rincorrono fuchi mortali.

{DIOGENE LAERZIO VII, 170 = 24 Wach. = 41 Diels)


Chi e questi 11 che come caprone sorveglia le file dei prodi?
Un fioccaparole, una pietra di Asso, mortaio sguarnito1 11

(GALENO, Ad Hippocr. epid. VI = 25 Wach.)


Che vuoi, tu 15, congctturare? Carne ne bai poca e molte ossa.

17. Si satireggia il • pauperismo • di Zenane di Cizio. Per un analago at-


teggiarncnto anti-zenoniano del comica Filemone cfr. \Vachsrnuth, p. nz.
18. Ancora Zcnone.
19. Probabilmente Timone mette queste parole in bocca ad uno stupida
c fcdele zenoniano.
20. Sona lamenti di un giovane che ha scguito la dura scuola stoica della
virtu.
21. Allusione maligna all'eccessiva lcntczza di Cleante. Lo spunto paro-
distico e tratto
da. HoM. 11. 111, 196.
22. O • senza pestello • (Giga.nte): il mortaio ~ va.lido • solum pistillo
aliunde aliata • (Wachsmuth. p. 129). Si allude farse all'assenza di origin.al.it&
in Cleante, chc dipcndeva tutto da Zenane.
23, Si tratta di un parolaio, farse un rctore.

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TTMONE 129

(GELLIO III, Ij, 4 = 26 Wach. = 54. 3 Diels)


Platone, anche tu! u Bramosia prese anche te d'imparare!
Con spesa di molto danaro un libriccino comprasti:
pj Il principiando, apprendesti a metter Timeo per iscritto.

(DIOGENE LAERZIO II, r26 = 28 Wach. = 29 Diels)


Aprendo un discorso col ciglio aggrottato, da stolto gradasso 95 •

(DtoGE~E LAERZIO IX, 6 = 29 Wach. = 43 Diels)


Con grido di citculo Eră.clito tra loro s'alro, spregiatore
Ue-l volgo, ad enigmi parlando 11 •

(ATE~EO IV, r62 e = 30 Wach.)


Di pranzi smanioso, con occhio di cervo, ma duro di cuore =7 •

(ATENEO IV, r6o c = 31 Wach.)


Dai nome con cui. tu nasccndo z•, tua madre ti prese a chiamare
Mi scmbra davvcr chc tu sia un bello e grosso caprone.

(SESTO EMPIRICO, Adv. eth. 141 = 36 Wach. = 70 Diels)


Tutto all'intomo prevale bonaccia ••.

(SEsTo EMPIRICO, Adv. eth. 141 = 37 Wach. = 64 Diels)


Lui 30, come io !o pensai, in tranquîllită. di bonaccia

:q. Timone finge di cogliere Platone nell'atto indegno di plagiare un


trattato di fisica del pitagorico Timeo, derivandone il dialogo omonimo. L'as·
surda plagio Yerr~ respinto da Proclo (I" Plat. Tim. Comm. 1, ta segg.).
25. Vienc qui satireggiato il • plumbeo • Mcncdcmo di Eretria, allievo
di Fcdonc e simpatizzante di Platone. Per il ~uo carattcre fiero e solenne cfr.
DIOG. LAERT. II, 127 segg.
26. Fontc dl'ila parodia c Ho~l. Il. 1, 2-J-7 segg.
. 2.7. Si allude a Ctesibio, disccpolo di ~lenedemo c premurosamcnte assi-
sbto <.la Arcesilao (cfr. DioG. LAERT. IV, 37). Fontc delia parodia ~ Huli. Il.
1, 2.!5.
28. L'allusionc il per Cleante. comc c confermato dai fr. Z4 \Vach. = •Il Dîels.
Cleante, poi, era chiamato scherzosamente dai suoi amici anchc asino, perche
so;;Leneva da solo il fardello di Zcnone (cir. OlOG. LAERr. VII, 170).
'<~9. Al!usione all'atarassia pirroniana (cfr. anchc SEXT. E:!ofP. Pyrrh. hJ•P.
I, Io). Il Diels propende ad asscgnare questo e il frammento scgucntc al poema
Apparenze.
30. Cosl, forsc. appariva Pirrone nell'Ade.

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TUlONE

LIBRO II

(DIOGENE LAERZIO II, 107 = 41 Wach. = 28 Diels)


A me non importa un bel niente di questi c:iarloni SI e neppure
D'altri e ehi sia mai Fedone o Euclide 3 1 l'attaccabrigbc,
Che tra i Megaresi introdusse l'amore per i battibeccbi 33 •

(DIOGENE LAERZIO V, II= 43 Wach. = 36 Diels)


Ne d' Aristotele io euro la leggerezza pcnosa 36 •

(DIOGENE LAERZIO II, 6 = 47 Wacb. = 24 Diels)


E dicon cbe Il c'e Anassagora, il formidabile eroe,
La gMente •: che proprie sua mente d'un battibaleno la sveglia
Suono ed il tutto raccolse cbe prima era un grosso pasticcio 36•

(SESTO EMPIRICO, Adv. phys. I, 57 = 48 Wach. = 5 Diels)


t Di tutti i sofisti d'allora e di quanti poi furono al primo 31, t
Di lingua per nulla sgradito ne sconsiderato ne duro,
A Protagora: c voller ridurre in cenere tutti i suoi scritti,
Giaccht': dei numi egli scrisse che ne sapea ne poteva
Scoprir quali mai siano essi e quale essi abbiao natura.
Pur ogni prudente accortezza serbava: ma questo non valse
Per lui; ma alia fuga ei si dicde, perche cosi non bevesse
Socratica fredda bevanda e giu disccndesse nell'Ade.

JI. Allusione ai Socratici in generale o, forsc, ai soli Megarici.


32. Fondatori delia Scuola Megarica. Cfr. Test. 8 Dăring e DJOG. Lo\ERT.
Il, 105.
33· Per l'abilita dialettica che i Megarici mostrarono di possedere fin dal-
l'inizio dr. DăRISG, Die Mega,i/u,, pp. 91 segg.
34· Nell'affrontare i piu svariati rami dcllo scibile umano con animv.s
dommatico. l'>Ii scmbra erronea la traduzione • vuotezza astrusa • offert.a dal
Dai Pra (Lo scttticismo g'eco, p. 100) forse sulle orme del Brochard (Les scep-
tiqut:s g'ecs, pp. 82-3). Il frammento era, forse, strettaruente legato a quello
anti-accademico riport.ato in DJOG. LAERT. IV, 67.
35· Cfr. tra l'altro, ARISTOT. Phys. V Il I, 1, 250 b 25-27; l'idea delia sveglia
sembra quasi suggerita da ARISTOT. Meiaph. 1, 4, 984 b 15·18.
36. La ricostruzionc de! verso solo parzialmente citato da Scsto e del
Diels. Per la caduta in disgrazia di Protagora prcsso gli Ateniesi cfr. DIOG.
LAERT. IX, 61; C1c. De tJat. deo,. I, 23, 63; PHILOSTR. Vita soph. I, 10; Eus:as.
p,aep. eu. XIV, 19.

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TIM ONE IJI

(DIOGENE LAERZIO VIII, 67 = 49 Wach. = 42 Diels)


Empedocle, poi, va gridando
Versi al mercato; ne mise in un blocco quanti poteva
17
Di princlpi, egli pur principe, e tutti indigenti ancor d'altri •

(DIOGENE LAERZIO II, Ig = 50 Wach. = 25 Diels)


Da queste ric:erche devia.va il marmista 31 di leggi ciarlone,
38

Jncantator degli Elleni e macstro in sottili discorsi,


Buon fiuto ' 0 , di retari scempio, mezzo attico n in fare ironia.

(SEsTo E~IPIRICO, Adv. log. I, ro= 5I Wach. = 2S Diels)


[Platane] non valle che quello u restasse
"Etalogo • 43

(ATENEO XI, sos e = 52 Wach.)


Came Platane inventava, esperto a plasmar mirabilia

(DIOGE~E LAERZIO II, 55 = 53 Wach. = 26 Diels)


Una diade fiacca o una triade d'opere o anche molte altre
Qual ne scrivea Senofonte o l'impeto non dissuadente
D'Eschine u.

(DIOGENE LAERZIO Il, 66 = 54 Wach. = 27 Diels)


Qual d 'Aristippo la malle natura che va palpeggiando
Il falsa u.

37· Ossia di Am.icizia e Contesa (efe. l'analogo rilievo in AlusTOT. Metaph.


1. 4. 985 a 2.0 segg.).
38. Os.sia dalie indagini fisiche (cfr. ARlSTOT. Mclaph. 1, 987 b 1-4; D1
par/. omim. 642 a 2.4-3 t; SEKT. EMP. Adv. plrys. 1, 8).
39· Socrate, per la cui atti,-ita di scultore dr. PLIN. Nat. hist. XXXVI,
32; PAUSAN. 1, 2.2, 8; IX, 35. 7·
40. • Enuncti vcro cum omnes Attici a Quintiliano XII, ID dicantur, tum
optima iure Socratcs. homo nasutissimus • (Wachsmuth, p. J7D).
4L li \Vachsmuth sostituiscc U1\"'%T""t"tx.6::; c:on ur,'%a·nx&; (= men che ur·
bano, mezzo inci\-:ile).
42. Socrate.
43· Il tennine che ho traslitterato (non si pcnsi alia moderna etologi11l)
\"ale. insieme, carne • maestro di etica • e • buffone •.
H· Come Senofonte. anche Eschine fu allicvo di Socrate c autore di dia-
logh.i. che ~Ienedcmo slimava plagiati (cfr. DIOG. LAERT. II, 6o). Qui Timone,
come attesta Diogene (TI, 6:z}, alluderebbe ai discorsi giudiziari di Eschine.
45· • Minime vero licet interpretari " quae potuit tactu a falsa discernere
verarn "• (\Vachsmuth, p. t75). Il Gigante, pcro, continua a tradurre • col
tatto distingue il ve ro dal false •·

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I32 TIM ONE

LIBRO III

(DIOGENE LAERZIO X, 2 = 55 Wach. = 51 Diels)

Dei fisici il massimo porco, da Samo il piu cane venuto,


Maestro dell'abbecedario u, piu ciuco di tutti i viventi 41 •

(ATENEO VII, 279 f = 56 Wach.)


Corteggiatore del vcnhe, la cosa piu ingorda di tutte u.

(SESTO EMPIRICO, Adt•. ctlt. 171 = 57 \Vach. = 65 Diels)

Dai grandî clamor guastatori, clargitor di speranzt" 0 .

(SESTO EMPIIUCO, Adv. math. I. 53 = sB Wach. = 6! Diels)

Quanto a grammatica, alcuno bisogno non ha di ricerca,


Quando egli pure imparasse i segni ft"nid di Cadmo 50 •

(ATENEO VII, 281 d = 59 Wach.)


Quando si deve calare, proprio ora vuol darsi al piacere u:
C'e tempo d'amore, c'e tempo di nozze, e di smetter c'e tempo!

(ATENEO I, 22 d = 6o Wach. = 2 Diels)

Molti 61 in Egitto si pa.scono, in quel guazzabuglio di razze:


Dei libri hanno iatto trincee, cose infinite itnbestiando
Dentro un pollaio di muse.

46. Allusione maligna all'attivita di maestro elementare esercitata da


Epicul'o e da suo padl'c (cfr. ATHEX. XIII, 588 a scgg.).
47· Sulla scarsa cultura di Epicuro furono quasi scmpre d'accordo - e a
torta - gli Sccttici (cfr. SEXT. EMP. Adu. math. 1, I segg.).
48. Questa ingiusta accusa contro Epicuro si e ripetuta infinite altre volte
per sccoli.
49· li colpo e diretto agli Stoici.
50. Timonc, c:ome poi spiega Scsto (Ad11, math. I, 54-56), non intende
colpil'e la grammatica • elementare •• che e indispensabile a tutti, bcnsl quella
• tecnh:a • degli Alcssandrini.
sz. I.'allusione colpisce Dionisio di Eraclea, detto l'Apostata, pcrch~
passo daJ severo Zenone ai Cirenaici e si diede • a frequentare borddli e a
vivcre spudoratamente • (DIOG. LJo.l!.RT. VII, 166-r67).
52. Allusione ai grammatici del Museo di .-\.lessandria, ben pasciuti dal
mecenatismo tolemaico.

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Tl!IIONE IJJ

(DIOGENE LAERZIO VII, 161 = 6r Wach. = 40 Diels)


l)al scduccnte Aristone 0 c'e pur ehi deriva una schiatta.

(ATENEO XIII, 61o b = 65 Wach.)


Vien pure un ingrossamento 5'
Dai molto imparare: una casa c:h'e, pai, la piu vuota di tutte.

Da u Apparcnze"

{SEsTo E~IPIRICO, Adt•. eth. I = 67 Diels)


Xel moda pil1 agiato, tranquillo,
Per sempre priva di affanni e immoto in identica stato,
Scnza badare ai vortici di lusinghicra sapicnza 1•

(SEsTo EMPIRICO, Adv. eth. 20 = 68 Diels)


Oppure io stcsso diro come a me qucsto apparc che sia,
Qual rcgolo esatto del vero avendo un parlar favoloso:
Chc sempre esiste, di ccrto, natura dcl Dio e del vero,
Dai quali con somma giustizia procede la vita dell'uomo 1 •

(SESTO EMPIRICO, A.dv. log. I, 30 =DIOGENE LAERZIO IX,


105 = 69 Diels)
Si, l'apparenza ha vigore in tutti quei luoghi ove ginngal

(SEsTo ElllPIRlCO, Adv. etil. 164 = 72 Diels)


... Privo di repulsa e di scdta 3 •

. 5J. Timone allude alla suasivita de! pur austero Aristonc di Chio, la cui
etLca Cicerone a\'TCbbe accostata a quella di Pirrone.
. .'î-l· Non possiamo dire se \"enga colpito ancora una \"olta Platane {per
~~ suo r._)•.,.•uafl-6:; tisico ricordato in fr. 7 \Vach. ~ 30 Diels) o un altro filosofo
In partlcolarc oppure, come i! piii probabile, la paideia enciclopedistica in
generale.
1· T.imone rapprrsenta qui la • perfetta disposizione • dello Scettico.
2. T1moue qui paria di relîgiosita e di etica non filosofiche. ma fondate
sul fenomeno.
J. E la posizione adiaforica dello Scetticîsmo in sede morale.

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134 TIM ONE

Da « Contro i fisici n

(SESTO EMPIRICO, Adv. math. III, 2 = B 75 Diels)


Anche Timone stabili che si deve anzitutto ricercare questo, cio6
se si puo assumere una cosa in basa ad un'ipotesi 1 •

(SESTO EMPIRica, Adv. math. VI, 66 = B 76 Diels)


Oltre a cic'!. il tempo e composto di tre parti, e una di queste parti
e il passato, un'altra /! il prcsente e un'altra il futuro, e di esse il passato
non e piu, il futuro non e ancora, il presente, poi, o ~ indivisibile o e
divisibile. Ma esso non pul, essere indivisibile, " perche - come osserva.
Timone - nell'indivisibile non si puo generare nessuna cosa cbe sia
divisibile •, quali sono, ad esempio, il nascere e il perire •.

1. Non possiamo dire con certezza se si alluda polcmicamente ai sillogismi


ipotetici delia Stoa (cfr. le mic osservazioni in SESTO E~<IPIRICO, Contro i logici,
pp. xxxvm scgg.) oppure ai postulati assiomatici dclle sc:ienze in generala
e delia matematica in particolare.
2. Analoghe argomentazioni sono in SEXT. EMP. Pynh. hyp. Il I. 143-144
e Adv. phys. Il, 193-197.

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LA CRISI DELL'ACCADEMIA ANTICA

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Fin dalle suc origini e per la sua stessa generositâ indagativa
il pensicro di Platone si presenta spesso come un edificio non ulti-
mato o addirittura solo sbozzato e manifesta segni di perplessitâ
e eli dubbio, come avviene in ogni ricerca autentica che, tra sforzi
c tE'ntativi, mira a giungere ad una veritâ non prefabbricata. Una
notevole parte di quel « sistema » platonico che era destinata ad
('ssere considerata come un'istituzione dommatica del castello delia
Jilnsolia, veniva offerta dai :filosofo come un'ipotesi, come un qualcosa
di V(,rosimile o addirittura come una fiaba 1, quantunque non ci
sfugga, in tali casi, la modestia modemamente - piu che socrati-
carnente- ironica di ehi fu uno dei pin geniali scrittori di tutti i tempi .
.\nche per questi motiv:i le contraddizioni dialettiche che ali-
mrntarono fino alia morte la feconditA creativa di Platone erano
uestinate a manifestarsi come vere e proprie scollature dopo che
egli ebbe raccomandato ai suoi eredi dell'Accademia «la donna sua
piu cara ». Ed e probabile che gli eredi di Platone, pur nel culto
quasi sacrale per il loro fondatore, si muovessero in un clima di
libcrta che fa loro onore 2 , ma che, nello stesso tempo, non solo
fomentava aporie circa la corretta escgesi delia dottrina scritta o
non scritta di Platone 3, ma poneva in atto anche una vera e pro-
pria crisi di identita filosofica.
Gia con gli immediati successori, infatti, si prospettavano le
difficolta ermcneutiche dei dialoghi - in particolare di quelli K zete-
tici 11 - e il bisogno di chiarire i risultati e le « ipotesi D scientifiche
che Platane aveva cnunciati. Tanto Speusippo quanto Senocrate, che
un'antica tradizione" vuole fedeli continuatori del maestro, si tor-
mcntarono circa il rapporto da stabilire tra l'evidente e il non-evi-

l.C'fr. PLAT. Phacd. 6Ib·c, 70b, SJd; Polii. znd; Tim. :!9C·d; Gorg. 52Ja.
2. Cir. H. CHER:SISS, L'enig•na dell'Accademia cmlica, Fircnzc, 1974. pp.
7 1 • 5 <'f:lg.
e l'ampia nota delia Isnardi-Parente in ZELLER-::\lo:sDOLFo, La Filo-
Sc']la dei Grcri, parte II. voi. III, Fircnzc. 1974, 2. pp. !161-77.
J. Cfr. 1\:. GAISER, Plalous tmgescllriebttre Lehre, Stuttgart, 1968, pp. 8·II,
3D5·II.
l , 4· Cfr. C1c. Varro IV, q; IX, 3.J; De ji11. V, 111, 7-!1; V l, 16; D10c. LAERT,
\·' ],

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CRISI DELL'AccADEMIA ANTICA

dente, tra il sensibile e l'intellegibile ed erano spinti a riprendere in


considerazione il mondo dell'opinione, oscillante tra cielo e terra,
tra veri ta ed errore, tra bene e male 5• Ne questo bas ta va 1 Se il culto
delia matematica e delie altre scienze affini non venne mai traseu.
rato, e anche innegabile, d'altra parte, che il fascino delia cultura
orientale, gia vivo nell'ultimo Platone, noii contribuiva a ristabilire
chiarezza scientifica, ordine metodologica e sicurezza di risultati sotto
i ventilati platani dell'Accadem.ia 11•
Di qui, anche, il riaccostamento quasi conciliativo dcgli Acca-
dernici ad una Weltansr./Jauung retorico-letteraria, gia adombrata in
certi pacati recuperi fatti da Platone nella sua consolidata maturită. 7•
Ma, mentre il maestro aveva saputo sussumere ogni eterogeneita nel
piu alto piano speculativo, gli allievi, invece, forse presentendo il
pericolo di un loro naufragio teoretica, si rivolsero - giă. ai tempi
di Speusippo e di Senocrate, ma pin accentuatamente con Crantore-
a quella problematica di ordine morale che nessuno piu di Platone
aveva profondamente sentita, ma che ora si profilava quasi come
unica ancora di salvezza e come segno di distinzione dell'Accademia
da altre scuole, specialmente dai Pcripato 8•
Anche i successori di Aristotele, infatti, comportandosi con no-
tevole libertă. nei confronti del loro maestro, erano suscettibili a

5· Per Speusippo cfr. P. LA:!'!G, Dr Sp. Academiei scriptis, Bonn, 1911,


fr. 29 e relati\•e discussioni (a proposito d.i questo frammento lo Zcller, op.
cit., p. 899, ha sottolincato che il nipote di Platane • neUa misura in cui voi·
geva lo sguardo al particolare deU'espcrienza, si allontanava da quell'unitA
dei principi supremi cui avcva mirato Platane •). Per Scnocrate dr. R. HEIXZE,
Xen. DaYstcllung der Lchre und Sammltmg der Fragmente, Leipzig, I8gz, fr. S
(a proposito di questo frammento si rinvia alia nota delia Isnard.i-Parente
sulla teoria senocratea delia doxa in ZELLER-MONDOLFO, Lll Filosofia deî Gt-e&i,
Parte II. voi. III. 2 pp. 935-6).
6. Gia Ia demonologia senocratea, pur partendo dai bisogno di interpretare
alcuni dialoghi platonici (specialmente il Simposio), non ~ priva di quegli ele-
mcnti irrazionalistici chc cmergeranno sempre piu nel passaggio dai Plato-
nismo al Nwplatonismo (cfr. HEINZE, Xeno~aJes, pp. 78 segg.; PH. MERLAN,
Ft'om Platoninn to Neoplatonism, The Hague 196ot, passim.; P. BoYANCi,
Xenocrate tJ les Orphiques, • Rev. des Etudes Anc. •. L, 1948, pp. :u8-31);
ma carattere ancora piil composito si riscontra nelle teorie astronomiche e
psicologiche di Eraclide Pontico (cfr. F. \VEHRU, Di~ Sdmle des ArisJo/eles,
Heft VII, Basel-Stuttgart, 1969, pp. 32 segg.).
1· Comc avviene nel Fedro, O\'C Platane tende generosamente la mano
ad Isocrate, allievo di Gorgia.
8. Anchc se la ''ecchia tesi del Credaro (Lo scelticismo degli Accadm~ici,
I, pp. 128-9) circa il distacco di Arcesilao dal Pcripato per poter passare da
studi scientifico-sp~rimentali a studi dialcttico-letterari ~ per lo meno alquanto
discutibile, sappiamo da varie fonti che Crantol'e raggiunse la massima. noto-
rieta con il suo trattato etico-coOJ;o!atorio Sul lut/o (DIOG. LAERT. IV, 27).
Molto audace, al contrario, e non solidamente dimostrata e la tesi dd Weische
(Cicero u11d dill Neue Akademie, pp. 18-20) in merito alia provenienza peripa•
tetico-teoirastea dello Scetticismo in Arcesilao.

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CRISl DELL' ACCADEl\liA ANflCA :139

voci estranee, ma non si ebbe quasi mai presso di loro, pur nel corso
sccolare delia Iora storia, una vera e propria rivoluzione parago-
nabile a quelia che rinnovo l'Accademia nel III secolo a. C. 8• Le
piil profonde aporie aristoteliche servivano ad aprire, con una certa
pacatezza epistemologica, la famosa a porta delia verita » 10 nei vari
settori delia conoscenza e della scienza; le aporie platoniche, invece,
coinvolgendo teoresi e prassi, provocavano drammaticamente solu-
zioni antinomiche, slanci e scoraggiamenti e, alla fine, inducevano
a pcrcorrcre anche strade in gran parte inesplorate.
Per tutto cio Arcesilao, quando opero la sua svolta e vibro quasi
un colpo di maglio, era in buona fede convinto di restaurare il mi-
gliore platonismo: la sua esplosiva innovazione aveva, infatti, avuto
molti dccenni di gestazione e il suo incontro con Pirrone gli dovette
sembrare piuttosto occasionale e per nulla rivelativo n.

Per la comprensione delia crisi dell'Accademia Antica sono ii-


luminanti i passi di Sesto Empirica 11, di Numenio-Eusebio 18 e di
Agostino u qui di seguito riportati.
Pur con le sue sempre acute riserve critiche, mutuate anche dalla
tradizione enesidemea, Sesto considera questa crisi come qualcosa
eli fecondo, non solo perche mise in piena luce le contradclizioni insite

9· Dopo aver prescntato l'Accadcmia Antica come sostanzialmente fedcle


a Platone (fondandosi, tra l'aitro, su C1c. Jlarro IV. 17), il Brochard (Les scep-
liqrt<'S grus, p. 100) quasi csclama: • La nouvelle Academie changea tout cela •·
Il cambiamento ci !u. ma non si tratto di un fulmine a ciel sercno.
10. Cfr. ARIST. Ml'taph. II, I, 993b 5·
II. Mcntrc lo Haas (De philosopl1orum scepticoru'n s=cessiot~ibus, p. 21)
considerava, con molta unilateralita critica, la Nuova Accademia come erede
cliretta del Pirronismo, con altrettanta - se pur briliante - unilateralita, il
llrocha.rd (Les sccptiques grecs, pp. 97 segg.) ha aflermato che I'Accademia
sarcbLe divenuta scettica. anche se Pirrone non fosse mai esistito.
12. I passi sestiani di Pyrrh. l1yp. sono stati tradotti dai testo teubncriano
del 195li emcndato dai Mau; quelli di Adt•. log. e di Ad11. e/11. dai vecchio testo
de! Mutschmann de! 1911, bisognoso di aggiomamento.
IJ. Ndla. traduzione del brano numcnio-cusebiano bo seguito il testo di
E. des Placcs, Paris, 1973. fr. 24, pp. 6t-6, che l;: il piu aggiornato rispetto alle
prcccdenti raccolte numenianc curate dai Thedinga (Bonn, 1875), dai Mullach
(Frag. pili/os. graec .• Parisiis, III, 1881, pp. 153-6-*) e dai Lecmans (Bruxelles,
1?37). Per piil ampie notizie sul pensatore di Apamea si rinvia a S. CUTHRJE,
,\·. of Apam., London T9II; H. C. PUECH, N. d.'Apam. el les thlo/ogîes orientales
0
" sccoud. sihle, • Ann. de !'Iust. de Pbilol. ct d'Hist. Orient. •. 1933-34.
pp. 7~5 se~;g.; G. !lfARTANO, Nu11Je11io d'Apam.. 1m precursore dtl ,..,o.
plato>usmCI, Roma, 1941; ~1. DAL PRA, La st,,riografia filosofica antica, cit.,
pp. 223-5; soprattutto, infine, l'introduzione del des Placcs in NuMI!!NIUS,
Fragmenls, pp. 7 • 41 .
14. La t:raduzione dcl passo agostiniano e stata eseguita sul testo di
W. _M. Grecn (S. AuR. AuGUsT., Opera, Pars Il, :z in Corpus Chrislian. Serics
La1t11a, Turnholdti, 1970.

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CRISI DELL'."\CCADEMIA ANTICA

nel pur dommatico Platane, ma anche perche gli Accademici furono


spinti quasi dalla forza delle cose ad accostarsi al Pirronismo gia
esauritosi con Timone e ormai bisognoso delia vitale linfa delia pur
aborrita dialettica IS.
Al contraria di Sesto, il suo quasi contemporaneo Numenio,
fedele e scrupoloso donunatico di un Pitagorismo che andava con-
flucndo versa Plotino, considera, invece, !a-erisi dell'Accademia come
una catastrofe da cui ci si puo salvare soltanto con un ritomo ad
un Platane pitagorico. Ma, pur partendo da opposte prospettive,
Nurnenio e, in qualche tratto, d'accordo con l'Empirico nel ritenere
il pur venerando Platane carne il primo responsabile, ancorche invo-
lontario, del guazzabuglio accademico per certe sue oscurită.. Tra
accenti di deferenza, inoltre, egli timidamente rimprovera a Platane
una certa indulgenza nei riguardi degli aspetti raffinatarnente con-
yersativi del Socratismo che potcvano esscre confusi con i « belletti
delia Sofistica » 18 • Insomma, Scetticismo e Neo-platonismo, le due
ruotc delia biga che portava la filosofia greca al suo dissolvirnento,
giravano all'unisono non poche volte, benche ciascuna di esse, po-
lemizzando con l'altra, minacciasse di uscirsene dall'unico asse.
Un grande pensatore, che fu anche un grande uomo, sperimento
per lungo tempo e con moderna angoscia tutto questo travaglio:
Agostino. Egli, non molto dopo la sua conversione definitiva al Cri-
stianesimo 17, scguendo in gran parte certe indicazioni ciceroniane JB
in merita ad un esoterismo accademico, propose, come sua iputesi
alia fine delia sua serrata polemica contra gli Accademici stessi, il

r 5· A proposito dell'ambiguo rapporto di Scsto con la dialettica rimando


a quanto ho notato in SEsTo Ello!PJRJCO, Conlro i logici, pp. XI..\'11-XLVIII.
16. Ancbe Scsto, cbe sa spesso utilizzare anchc lui i sofismi, li condanna,
rimproverando alia dialettica di non potcrli di.ssolvere (cfr. Py"h. hyp. II,
229 segg.). La maggiore dipendcnza della Nuova Accademia da Socrate piil
che da Platonc e stata sostenuta, sulla ba.se di passi ciceroniani (De or. III,
XVIII. 67; V111r0, XII, 46; De rep. III, 12). dallo Hirzl'l (Unlersuchungtll
:11 Ciceros philos. SchriftetJ, III, pp. 36 segg.).
I 7. Il Contra A cad., insiemc col De vit. beat., e col De ord,, fu scritto alia
fine del 386, dopo le dimissioni di Agostino dall.inscgnamento di retorica a
Milano. Ancbe il gramle pensatore cristiano si proclama zetetico: l"gli .Iice che
• l'nomo non erra quando cerca, poichc egli cerca per non sbagliare •. ma
l'errore consiste • ncl ricercare scmpre e ncl non trovare mai • (1. 4). Il che
porta incvitabilmcnte alia disperazione pirroniana, dalla quale pub sollevarci
SCJlo il Vangelo col suo q~<aerite et illvminis (II, 9).
18. Nella condusione della sua polemica Agostino. essendo orma.i nata
in lui la fiduda di trovare nei Platonici • quod sacris nostris non repugnet •
(III, 43). esorta il suo interlocutore Alipio a leggere. ormai senza timore. sli
Academica di Cicerone, da cui egli ha desunto tutte le sue informazioni sul
pcns.iero accadcmico (III, 45): non si dimcntichi. inoltre, la presenza in que-
st•opera di molti hrani dell'Hor/t'tlsiru la cui lettura segno la com·ersione di
Agostino dalla retorica alia filosofia.

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CRISI DELL' ACCADEllfiA ANTICA

pcrsistcre di una continuita idealistico-spiritualistica da Platone a


Plotino. E Agostino, anche se si allontana enormemente dalla verita
5 torica 19, sente piil di ogni filosofa modemo il bisogno di chiarire
l'enigma di quell'Accademia che, con tutte le sue vicissitudini e i
snoi contrasti interni e le sue contraddizioni teoretiche, conserva pur
sempre l'inconfondibile sigillo dell'anello di Platone.
Le tre testimonianze, anche se non costituiscono per noi una
chiarificazione definitiva e filosoficamente dimostrata delia crisi ac-
cadcmica, ci danno almeno la possibilita di capire che il fenomeno
arcesilao-carneadeo non venne fuori come un capriccio di strava-
ganti personali ta: esso, invece, nasceva dalla necessita di far venire
tanti nodi platonici allo stretto e sottile pettine dello Scetticismo.

L'Accademia platonica antica e lo Scetticismo nel giudizio di


Scsto Empirica
(Pyrrh. hyp. I, I-4)
E verosimile che ehi svolge una certa indagine pervenga r
o ad una scoperta o aUa negazione delia scoperta e all'am-
missione dell'incomprensibilita oppure alia perseveranza nel-
l'indagine. Ecco, farse, perch~. per quanto concerne le ricerche 2
di ordine filosofi.co, alcuni hanno affennato di avere scoperto
il vcro, altri hanno asserito che non e possibile comprenderlo,
altri, infine, continuano ancora a cercarlo. E credono di essere 3
pervenuti alia scoperta del vero quelli che propriamente sono
chiamati Dommatici - tali sono, ad esempio, Aristotele, Epicuro
ed alcuni altri -; proclamano, invece, che il vero e incompren-
sihile Clitomaco, Carneade e altri Accademici; continuano,
infine, ad indagarlo gli Scettici. Percio e conforme a ragione 4
ritenere che le principali «filosofie» siano tre: la dommatica,
l'accademica e la scettica.

19. L'intcrpretazione agostiniana, secondo cui gli Accadcmici a\·evano


certam de t:critate sentcnliam (Il, 29). ma la tenevano nascosta ai profani per
poter ml!glio condurre la loro battaglia conlro il matcrialismo dclla Stoa,
e stata rcspinta da quasi tutti gli 5tudiosi clei problema. Essa ha trovato,
comunque, un appas.sionato difensore nel sccolo scorso in Geffers (De n<Jva
Acadu.nia Arccsilao attcfore cottsliltda, Gymn. prob'T .• Gottingen, 1849) e un
sosteD!tore aggut:rrito c solitario nel nostro secolo in Olof Gigon (Zllr Gescllichle
dcr sogena1111te Akadcmie, • Mus. Helv. •. I, 1944, pp. ·f7-54; Die Er11l"IICYIIIIg
drr Philosophie in lkr Zt:il Ciceros, Fond. Hardt, III Gcrl, 1955, pp. 25-61).

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CRISI DELL'ACCADEMIA ANTICA

(Pyrrh. hyp. 1, 220-225)

220 Sostengono, comunque, alcuni che la filosofia accademica


s'identifica con quella scettica. Ma su questa identificazione
si puo aprire un dibattito 1 .
A quanto dicono i piu, di Accademie ce ne sono state tre:
la prima e pin antica, quella di Pl~tone; la seconda o Media,
quella di Arcesilao, l'allievo di Polemone 2 ; la terza o Nuova,
quella di Carneade e di Clitomaco. Alcuni, pero, aggiungono
anche, carne qua.rta Accademia, quella di Filone e di Cannida;
altri, infine, annoverano carne quinta quella di Antioco. Co-
221 minciando, pertanto, dall'Accademia Antica, mettiamoci a con-
siderare, anche, in che casa le suddette concezioni filosofi.che
differiscano dalla nostra.
Orbene: alcuni sostennero che Platane e dommatico, altri
che e aporetico 3 , altri, infine, che per un verso e aporetico
e per un altro e dommatico. Secondo questi ultimi, infatti,
Platane nei suoi discorsi di esercitazione 4, nei quali viene
presentato Socrate che o paria scherzosamente con alcuni op-
pure polemizza con i Sofisti, rivela un carattere esercitativo
e dubitativo, ma mostra, al contraria, un carattere domma-
tico quando paria sul seria per bocca di Socrate o di Timeo
222 o di altri personaggi siffatti 6 • Sarebbe superfluo aprire adesso
una discussione a proposito di quanti lo considerano domma-
tico oppure per un versa dommatico e per un verso aporetico,
giacche essi stessi di gia riconoscono che c' e differenza tra lui
e noi. Se, poi, egli sia un vero e propria scettico e una que-

1. Per la provenienza enesidemea del presente brano vedasi la nota del


Natorp in • Rheinischc Museum •. XXXVIII, J88J, p. 32.
2. Secondo Diogene Laerzio (IV, 18) Polemone aveva una certa avver•
sione per le speculazioni dialcttichc e prefcriva sottolinearc i fatti deUa vita.
Per lui il pura dialettico era come • uuo chc abbia imparato mnemonieamente
un manuale di armonia musicale e non sappia suonare armoniosamcnte •·
Forse anche Timonc diccva case analoghe contro i Megarici, amici deU'Ac·
cadem ia.
J. Per qucsta dieotomia nell'esegesi del pensiero di Platane cfr., tra l'altro,
DIOG. LAERT. III, 49 segg.
4· Nel passo laer:z:iano sopra citata questi dialaghi vengono detti • :z:e-
tetici • e si dividono in • maieutici • (Aicib. ~ .• A/,. sec., Theag., Lys., Lach.)
e • peirastici • (Eulhyphr., Me11on, Ion, Charm.).
5· Per analoghi rilievi in merita al dogmatismo di Platane in ispecie nel
Timeo cfr. SEXT. EMP. Adv. log. 1, 1-tl·lf4.

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CRISI DELL' ACCADEMIA ANTICA 143

stione da noi discussa con maggiore ampiezza nei ConJmen-


lari s; in questa sede, tuttavia, discutendo il problema per
sommi capi in opposizione a Menodoto 1 e ad Enesidemo 8
(costoro, infatti, sono stati i massimi sostenitori di quel punto
di dsta), affermiamo che, quando Platane fa rivelazioni sulle
idee e sulla reale esistenza della provvidenza o sul fatto che
la vita virtuosa e preferibile a quella viziosa, si comporta da
dommatico nel casa egli dia l'assenso a queste cose ritenendole
realmente esistenti, o, comunque, nel casa che egli le ritenga
maggiormente probabili, si sottrae al carattere dello Scetticismo,
perch~ egli esprime un giudizio di preferenza in base a praba-
bilita o improbabilita 8 : che, infatti, una tale posizione filo-
sofica sia estranea a noi, risulta con la piu chiara evidenza da
quanto abbiamo detto precedentemente 10• E se pure egli pro- 223
nuncia certe espressioni alla maniera scettica - quando, cioe,
a quel che dicono, fa esercitazioni -. questo non basta a ren-
derlo scettico: difatti ehi si esprime dommaticamente su un
solo tema o giudica nella totalita una rappresentazione carne
preferibile ad un'altra in base a probabilita o improbabilita
{oppure fa una rivelazione 11 ) su qualcuna delle case nan-
evidenti, propria costui viene ad acquisire un carattere dom-
matico, carne mostra anche Timane nei suoi rilievi a proposito
di Scnofane. lnfatti, dopo averlo lodato in molti luoghi fino 224
al punto da dedicargli i Silli, lo ha rappresentato che elice in
istato di affiizione 12:
Oh! Se anch'io una mente ben salda avessi ottenuto
Andando in due direzioni: sentiero mendace mi trasse

6. Si tratta probabilmcnte di un'opera sestiana che e andata perduta.


7· Co:;i intcndo col Mutschmann, con lo Heintz c col Bury (in opposition
~o ... ), mentre il Pappenhcim preferiscc sostituire Mcnodoto con Erodoto,
il mcdico-fi.losofo di Tarso che fu maestro di Sesto Empirica. Il Tescari, infine,
seguendo il N atorp, traduce: • attenendod a Menodoto e ad Enesidemo ».
. 8. "ţ:. probabile che Enesidemo desse un'intcrpretazione scettica del pen-
:>Lcro d1 Platane, qnando era ancora un seguace dcll' Accademia.
. 9· Non accettando la tesi cn!'sidemea di un vcro e propria scetticismo
d1 Platane, s~sto mira a distinguere ancor piu lo scetticismo dal probabilismo.
Qucst'ultimo si riduce, alla fine, ad una scelta opzionale.
1o. Ossia in Pyrrh. hyp. 1, :u-24, 188-191.
II. L'aggiunta e del Pappenheim.
12. :u A 35 Diels-Kranz; p. 200 in D1ELS, Pot:/. phil. frag. = 45 Wach.
Il brano e importante non solo perche segue la tcsi di un abbandono dello
scctticismo da parte di Scnofane in eta matura, ma anche perche d!l. un'inter-
pretazione immancntistica al discusso pensicro del ColofoJLio.

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144 CRISI DELL'ACCADEMIA ANTICA

In inganno, quand'ero gi~ vecchio e d'ogni ricerca affrancato.


Dovunque, infa.tti, la mente volgessi, andava dissolto
Tutto nell'Un, nello Stesso, e sempre ogni cosa cb'esiste,
Ovunque tendesse, sostava in unica eguale Natura.

Per questo Timone lo chiama « semilibero da gloria u e << non


perfetto inglorioso 11 nei versi in cui dice 1 3:
Senofane quasi inglorioso, derisor degli omerici inganni u,
Se un Dio dagli uman segregato plasmo e&!,i uguale dovunque,
Inconcusso ed illeso. pensiero piu d'ogni pensiero.

E lo chiamo « quasi inglorioso 11 nel senso che Senofane e, per


qualche aspetto, immune da gloria, e « dcrisor degli omerici
inganni n, perche dileggiava l'inganno menzionato da Omero.
225 Eppure Senofane si comportava da dommatico, perche - in
contrasta con le prenozioni di tutti gli altri uomini - soste-
neva che uno e il tutto e che il Dio e connaturato con tutte le
cose e che e di forma sferica e non soggetto a passione o a mu-
tamento ed e razionale 15 : dal che e anche facile indicare la
differenza che passa tra Senofane e noi.
Comunque stiano le cose, in base a quanto si e detto ri-
sulta pienamente chiaro che, anche se su certe questioni Pla-
tane e rimasto nell'aporia, cio nonostante non puo essere con-
siderata uno scettico, dal momento che in alcune questioni
risulta pronunciarsi a favore dell'esistenza di cose non-evi-
denti 16 o assegna la preferenza ad alcune cose non-evidenti
in base alla loro probabilita 17•

(Adv. log. 1, 141-149)


qr Orbene, Platone nel Timeo, dopo aver distinto le case in
intellegibili e sensibili e dopo aver affermato che le case in-
tellegibili possono essere apprese dalla ragione e che, invece,
quelle sensibili possono essere soltanto opinate, vicne a defi-
nire, con la massima chiarezza, la ragione come criterio della

1]. Ibid. Dicls-Kranz = 40 Wach.


14. Per gli inganni dcglî dei cfr. zi B 10, II, 12 Dicls-Kranz. Lo spuoto
il tratto da HoM. Il. Il, 114- Platone e d'accordo COD Senofane in Resp.
38o d scgg.
I.~. Cir. 21 B 23, 24, 25, 26 Diels-Kranz.
16. Cioil delle i.Jee.
17. Come si evince dall"• ipotesi • cosmogonica de[ Timeo.

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CRISI DELL' ACCADE'bliA ANTICA 145

conoscenza delie cose, pur considerando, insieme con quella,


1'cvidcnza che si riscontra mediante la sensazione. Egli elice
cosi 18: (( Che cosa e cio che e sempre e che non ha generazione? lofZ
E che cosa e cio che diviene e non e mai? L'uno puo essere
appreso dal pensiero per mezzo delia ragione, l'altro dali'opi-
nionc per mezzo delia sensazione n. E affermano i Platonici che 143
ecrli
o
chiama << ragione comprensiva
.
ll quelia cbe comprende in-

sieme l'evidenza e la verita. E indispensabile, infatti, che la


ragione, ncl dare il giudizio delia verita, parta dall'evidenza,
dal momcnto che appunto per mezzo delle cose evidenti si ge-
nera il giudizio eli quelle vere. Ma l'evidenza non e di per se
bastevole alia conoscenza del vero, giacche, se una cosa ap-
pare sccondo evidenza, non per questo essa possiede anche
un'csistenza vera, ma e indispensabile la presenza di un organo
che giudichi quale casa si limita solo ad apparire e quale cosa,
oltre ad apparire, sussiste anche veramente; e quest'organo e,
per l'appunto, la ragione. Sara, pertanto, indispensabile il con- 14-4
corso di entrambi questi fattori, ossia dell'evidenza (in quanto
questa fornisce alia ragione il punto d'avvio per il giudizio di
verita) e delia ragione stessa (perche l'evidenza possa essere
sottoposta ad esame). Quindi, per venire a contatto con l'evi-
denza e per giudicare quanto di vero ci sia in essa, la ragione
ha bisogno, a sua voita, del supporto delia sensazione: difatti
essa, accogliendo per mezzo di quest'ultima la rappresentazione,
formula il pensiero e la scienza del vero, di guisa che la ragione
risulta essere comprensiva dell'evidenza e delia verita; il che
equivale a dire che essa e ( apprensiva 11 19.
Cosi la pensa Platane; Speusippo, invece, tenendo canto 145
che, tra le cose, alcune sono sensibili e altre intellegibili, af-
ferma 20 che criterio delle intelicgibili e la ragione conoscitiva,
mentre delle sensibili e la sensazione conoscitiva. E considera
sensazione conoscith·a quella che si aceasta alia verita razionale.

18. PuT. Tim. 27d. Cfr. SEXT. E:.tP. Pyrrh. !lyp. 11. 54·
19. Cos\ Sesto. che pur non ha mancato di rilevare spunti zetetici in Pla-
tane, ~ropende alia fine per un'intcrpretazione rigidamente razionalistica d('l
plat_orusmo vero e proprie. Questo rigore. pero, ~ da lui pili. ammirato delia
equwoca concezione stoica della 9~\ITa.ola. xx-:~:l.:r,"ll:-:tx"Î).
2?· Fr. 29 Lang. Per la controversa interpretazione di questa testimonianza
veda51 l'annotazione delia Isnardi~Pa:rcnte in ZELLER~Mo:>ooLFO, La Filosofia
dei Gre,i, Parte II, voi. III, 2, pp. 898-9.

1 '-'· Sr.Glici. 4ltllchi.

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146 CRISI DELL'ACCADEMIA ANTICA

146 Carne, infatti, le dita. del flautista o dell'arpista posseggono,


si, un'attitudine artistica, ma quest'ultima non trova la sua
perfezione principalrnente in esse, bensl viene pienarncnte rag-
giunta rnerce un'esercitazione connessa alia ragione, e carne la
sensibilita del musico possiede un'attitudine a percepire in modo
apposito l'annonico ed il disannonico, ma questa non sgorga
da se, bensi viene generata da un procedimento razionale, allo
stesso modo anche la sensazione conoscitiva desurne natural-
mente dalla ragione la sua pratica conoscitiva connessa ad
uno stabile discernimento delle cose esistenti.
147 Senocrate, da parte sua, ammette 21 l'esistenza di tre so-
stanze: di una sensibile, di una intellegibile e di una corn posta
e opinabile, e di queste la sensibile e all'interno del cielo,
l'intellegibile e (quella) che e propria di tutte le case che sono
al di fuori del cielo, l'opinabile e composta, infine, e quella del
cielo stesso, giacche esso e visibile per mezzo della sensazione
148 ed e, altresl, intellegibile per mezzo dell'astronomia. Stando,
dunque, cosi le cose, egli indicava la scienza carne criterio delia
sostanza esterna al cielo ed intellegibile, (la) sensazione carne
criterio di quella interna al cielo e sensibile, e l'opinione come
criterio di quella mista; e, in linea generale, fra questi criteri,
quello che si esercita rnediante la ragione conoscitiva egli lo
considerava saldo e vero, quello che si esercita rnediante la
sensazione lo riteneva, si, vero, ma non allo stesso modo di
quello che si esercita mediante Ia ragione conosdtiva, e, infine,
quello cornposto lo stimava comune al vero ed al falsa, giacche
149 l'opinione e vera per un lato, falsa per un altro. Ragion per
cui ci sarebbero state assegnate anche tre Moire: Atropo, la
Moira delle cose intellegibili, essendo essa inamovibile, Cloto
delle case sensibili, Lachesi, infine, di quelle opinabili.

(Adv. eth. 51-59)


51 1 filosofi dell' Accademia e quelli del Pcripato hanno detto
che essa [la virtu] e un bene, ma non propria il prima. Essi,
infatti, hanno pensato che a ciascuno dei beni bisogna asse-

21. Fr. 5 Heinze. P<"r l'interpretazione di questo passo ·vedasi la nota


delia Isnardi-Parente in ZELLER-MO~DOLFO, cit., pp. 935-6.

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CRISI DELL' ACCADE~UA ANTICA 147

gnare il proprio ruolo e la propria elignita. Percio anche Cran- 52


torc z2, con l'intento eli darei un'irnmagine evidente eli quanto
stiamo dicendo, si servi eli un escmpio, senza dubbio, grazioso.
((Se noi potessimo immaginare - egli affenna - che un teatro
contenesse insieme tutti quanti gli Elleni e che vi si presen-
tasse ciascuno dei beni e si mettesse a gareggiare per il primo
premia, saremmo immediatamente guidati anche alia consa-
pevolczza delia differenza che tra i beni intercorre. In primo 53
Juogo, infatti, la ricchezza incedera sul proscenio e proclamera:
" Io, signori di tutta l'Ellade, offrendo a tutti gli uomini orna-
menta e vestiti e scarpe e ogni altro conforto, sono indispen-
sabile a malati e a sani, e in pace offro le cose amabili, in guerra
divcnto il nerbo delle azioni ". Allora tutti gli Elleni, ascol- 54
tando queste parole, all'unanimita ordineranno di assegnare il
primo premio alia riccbezza. Ma se, mentre questa viene pro-
clamata vincitrice, si presentera il piacere
(Ivi c'e amor, ivi c'e desiderio, ivi dolce convegno,
Parlar lusinghicro chc ruba persin dci piu saggi la mente) "3

e, lcvandosi in mezzo, dira che e giusto proclamarlo vincitore 55


(Non salda e la ricchczza: dura un giorno,
Fiorisce brcvc tempo e vola via 24

e viene perseguita non per s~. ma per la gloria ed il piacere


che ne derivano), allora certamente tutti quanti gli Elleni,
pensando chc la realta delle cose non sia altro che questo,
grideranno che al piacere bisogna tributar la corona. 1\Ia nel 56
momento in cui anche questo sta per riportare la palma, se
si lanciasse avanti la salute con le divinita a lei compagne 20
e mostrasse che senza di lei non si trae giovamento alcuno ne
da ricchezza n~ da piacere

. . 22 · Lo ZcUer (of>. dt., pp. IO.J6 segg.). che pur ritienc Crantore sostan-
zJalm~nte un • fedclc rappresentante deU'Accadcmia • e la sua etica comc
~tcnu~nam~nt~ platonica •. rileva che, specialmente con questo pensatore,
acu~,;ce Il rl1stacco • dalie basi speculati\•c dcl puro platon.ismo •. Il fatto
che gh Accademici si limitarono ad indagini di ordine morale fa sentire la
necessita di un nuovo soffio rivivificatore.
2 3· HoM. Il. XIV, 216-7.
2-t. EURIP. El~c. 944; PJroert. ssB.
25. Panacea, Igea, Asclepio, etc.

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CRISI DELL'ACCADEMIA ANTICA

(Che aiuto da ricchezza a me ntalato?


Vorrei campar per poco e alla giomata
Con vita gaia e non languire ricco) 11,

57 allora, ancora una volta, tutti quanti gli Elleni, ascoltandola


e rendendosi canto che non sussiste la felicita se e buttata in
un letto e ammorbata. proclameranno che la salute ha vinto.
Ma, propria quando anche la salute sta cantando vittoria,
non appena entrera in ballo il coraggio, cinta intorno da un
forte drappello di prodi e di eroi, e si erigem nel mezzo e dira;
58 " O uomini dell'Ellade, se non ci sono io, in mano altrui va
a cadere il possesso dei vostri beni, e i nemici si augurerebbero
che voi abbondaste di tutti i beni, perche pensano di potervi
tenere in pugno ", allora gli Elleni, ascoltando anche queste
parole, conferiranno il prima premia alia virtu 27, il secondo
alia salute, il terzo al piacere, e l'ultimo ruolo assegneranno
alia ricchczza n.
59 E cosi Crantore assegnava le parti del secondo attore aUa
salute, tenendo dietro ai filosofi sopra mentovati 28•

La crisi dell'Accademia Antica vista in chiave neo-pitagorica


(NuMENIO, apud. Et~seb. Praep. ev. XIV, 4-5. ·726 a-729 b;
da 727 b ad jinem = fr. 24 des Places)

726 a Suvvia, esaminiamo col nostro d.iscorso anche i successori


dello stesso Platane.
Si dice che egli, avendo fatto dell'Accademia il centro delle
sue discussioni, sia stato il prima ad anre il nome di « acca-
demico )) e ad aver creata quel tipa di filosofia che suole essere

26. EuRrP. T"lep11. fr. 714 Nauck.


2j. Da rile\"are che in un prima momente si paria di liv8pcE11 (virtu che
Platane riservaya soprattutto ai custodi del!o Stato) e alla fine di lipe-rlJ (in
Ncnso generica). Stanclo almeno alia testimonianza di Scsto, la vasta proble-
matica delia ";rtu in l'latone appare con Crantore alquanto malridotta, nono-
stantc la indis.cutibile grazia tutta platonica dcll'apologo.
28. Ossia agli Accademici, ai Peripatetici e, in Iondo, anche agli Stoici,
contra cui Crantore, in altre queslioni, sole~·a polcrniz.ure (cfr. PLUTARCH.
Con sul. ad Apoll. J, toz c-e; Cre. Lu~ull. XLIV, 135 per l'opposizione all\i:ll"li&etot
stoica e in di{csa di quella fJ.E"':"pLol\"ct&eLot che sad gradita agli Scettici non in-
transigenti e in contrasta col vecchio Pirrone, carne leggesi in SEXT. EMP.
Pyrrl1. hyp. III. 235-230; .-ld11. eth. 161).

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CRISI DELL' ACCADEMU ANTICA I49

chiamata 11 accademica ». Nella direzione delia scuola gli suc-


cessc Speusippo 1, figlio di Potone, sorella di Platane, poi Se-
nocrate 2, poi ancora Polemone 3• Si tramanda, pero, che gia
costoro, pur avendo cominciato ad attinge-re al sacra facolare
platonica, portarono alla dissoluzione le dottrine del maestro,
avendo contaminato i suoi punti di vista con l'introduzione di b
dottrine estranee. Sicch~ c'e da temere che la meravigliosa
forza dei celebri dialoghi di Platane si sia presta spenta e che,
aUa marte di quell'uomo, si sia estinta anche l'eredita delle
sue dottrine.
Dai filosofi suddetti, invero, ebbero inizio lotte e dissensi,
che non si sano mai interrotti fina ai nostri giorni, e per questo
motiva pensatori che seguano con zelo fedele le cancezioni care
a Platane non ce ne sono affatto in tutta l'esistenza dell'Acca-
demia tranne una o due o, al massimo, quanti se ne contano
sulla pun ta delle elita; anzi neppure costoro sono rimasti comple~
tamente immuni dai belletti delia Sofistica, dai mamenta che
anche i primi scguaci di Platane sana stati accusati di questa
difetto.
Si trarnanda, infatti, che a Polemone successe Arcesilao •,
il quale notoriamente abbandono le dottrine di Platane e fondo c
una strana o, carne si sual dire, una « seconda » Accadernia.
Egli (liceva, invero, che su tutte le case bisogna 11 sospendere
il giud.izio n, perche tutte le case sono « incornprensibili •• e i
discorsi «versa l'uno o l'altro senso" sono equipallenti tra Iora,
mentre sono inattend.ibili vuoi i sensi vuoi ogni ragionarnento.
Percio egli lodava questa rnassima di Esiodo 6 :
Umana intclletto gli dei conservano nell'occultezza.

. I. Cfr. DwG. LAERT. 111, 4; IV, 1; APOLLOD. fr. 3-1-4 Jacoby; Acad. pl1il.
111d. l1erc. II. 33: VI, zfl.
2 • .Cfr. DIUG. LAERT. IY. ]. 1.j; APOLLOP. fr. 345 Jacohy; Acad. phi/. ind.
here. \- 1. ·fi.
J. Cfr. DloG. LAERT. IV, 16; APOLLOD. fr. 346 Jacoby; Acad. phil. ind.
1out., duot.
4· Secondo Diogene Laerzio (IV, u) e stcondo I'llrdex Hercallarrensis
(Q, 4-8), il successore di Polcmonc fu Cratete. E probabilmente a qucst'ultimo
sarciJbe s~ccesso Crantore, se non gli fosse premorto (cfr. DioG. LAERT. IV, 27}.
~ecundo I Fasti Academiei (:llckler, pp. llj-~) la succcssionc allo scolarcato
~ wolsc nci scb'ucnti periodi: Speusippo ]48/j-339; Senocrate 339-3 15{4;
olemone 315/4-298/7: Cratcte 298/7-270/69; Arccsilao 2.68-2.pfo.
S 5: .H~::s1oo. Op. 12. Esiodo non vicne menzionato tra i • precursori • dello
cetbcismo n.; in DloG. L.'\ERT. IX, 71-74 ne in alcun Juogo sestiano.

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ISO CRISI DELL' ACCADEl\liA ANTICA

d E tentava di instaurare anche certi paradossi 6 • E si dice che,


dopo Arcesilao, Carneade e Clitomaco, fondatori di una « terza »
Accademia, continuarono ad allontanarsi dai loro predecessori.
Alcuni ne aggiungono anche una u quarta », ossia quella di
Filone e di Carmida; ne manca ehi ne annovera una'' quinta »,
vale a dire quella di Antioco 7.
727 a Di tal fatta furono, presso a poco, i successori di Platane.
Ma, se vuoi avere conoscenza del loro modo di pensare, prendi
a leggere Numenio Pitagorico, il quale nel prima dei trattati
intitolati Sulla i~tfedclta degli Accademici a Platone scrive
b testualmente quanto segue.
Sotto Speusippo, nipote di Platane, e sotto Senocrate,
successore di Speusippo, e sotto Polemone, che eredito la di-
rezione delia scuola da Senocrate, continuava a conservarsi
pur sempre immutato il carattere essenziale delle dottrine
platoniche, giacche non ancora era venuta alia luce cadesta
tanto decantata "sospensione del giudizio » con certe altre
10 concezioni ad essa aflini. Eppure anche quelli, pera.ltro, dissol-
vendo per molti aspetti certi principi platonici e stravolgen-
donc certi altri, non rimasero fedcli all'eredita quale essi l'ave-
vano originariamente ricevuta da Platane, ma, pur prendendo
c l'abbrivo da lui, si divisero, con maggiore o minore rapidita,
in diverse correnti, consapevolmente o inconsapevohnente o
anche, in parte, per qualche altro motiva farse non priva di
ambizione personale. Ne io intendo dire nulla di spiacevole
15 nei riguardi di Senocrate, ma piuttosto e mia intenzione parlare
in difesa di Platane. 1\li dispiace molto, infatti, che essi non
seppero subire e fare ogni cosa per salvare - sotto ogni profila
e in ogni caso - una totale identita di vedute con Platane. Ep-
pure tutto cio l'avrebbe da loro ben meritata quel Platane
che, pur non essendo supcriore al grande Pitagora, tuttavia
20 non era stato, forse, neanche inferiore a que1 maestro al quale

i discepoli si attengono con fedelta e con venerazione, e percio


d sono riusciti malta bene ad attribuirgli onori divini. E eli questo

6. L'amorc de! parndosso era tipica rlegli Stoici; ma, ~ccondo Eusebio,
lo Scetticismo non e mena parados.~a\c dei suoi peggiori avversari dommatici.
7· Cirra il varia numero dcl\e Accademic tfr. SEXT. Er.tP. Pyt'f'h. hyp.
I. 220 segg. Pur partendo da pro!lpettivc radicaJmente opposte, Sesto ed Eu-
sebio espongono la cosa. con pari ironia nei riguardi di questi problcmatici
scguaci di PlattJne.

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CRISl DELL' ACCADEMIA ANTICA ISI

fatto si sono resi canto- nostro malgrado- anche gli Epicurei,


e percio costoro non si sono mai visti assumere in alcun caso
attcggiamenti e posizioni che fossero in contrasta con Epicuro,
ma h:mno proclamata di essere pienamente d'accordo con le
duttrine del loro « sapiente o e appunto per questo hanno con- 25
servato a buon diritto il loro appellativo. Anzi, neppure per
quanto concerne quegli Epicurei che sono vissuti tanto tempo
dopo il loro maestro si e mai riscontrato che essi facessero la
bcnche minima affennazionc che indicasse un contrasta ne tra
Ioro stessi ne con Epicuro e che valga persino la pena di men-
zionare. 1\-la ogni nuova importazione e per loro un atto di 30
prt'varicazione - o piuttosto un atto di empieta - e viene con- 728 a
dannata. E appunto per questo nessuno ne avrebbe neppure
l'ardirc, ma in una diuturna pace restano tranquille le loro
dottrine a causa delia perpetua concordia che regna tra loro.
Ecco perche la scuola epicurea e molto simile ad una vera e
propria placidissima repubblica Ia quale abbia un'unica mente
e profcssi un'unica opinione. E percio essa ha avuto ed ha e 35
presumibilmente continuera ad avere « affezionati seguaci n 8 •
Invece gli Stoici si sono divisi in fazioni, e queste sono camin-
date a nasccrc fin dal tempo dei loro primi fondatori e non sono
finite neppure ai giorni nostri. Essi si redarguiscono tra loro
appassionatamente con aspre confutazioni, e alcuni di loro sono
rimasti ancora fedeli allo Stoicismo, altri hanno ormai mutata
indirizzo. Pertanto i loro principali esponenti sono simili a b 40
signorotti di provincia, essi che, con le loro discordie, hanno
avuto la grave responsabilita di spingere i loro seguaci ad in-
criminare gravemente i loro predecessori e ad incriminarsi
reciprocamente tra loro, professandosi ognora gli uni piu Stoici
~egli altri 9 • E eia vale specialmente per quanti sono stati visti
ncorrerc con piu minuziosa grettezza agli appigli di ordine
'' tccnico n 10 • Proprio costoro infatti, superando gli altri in 45
sac:enteria e punzecchiamenti n, erano piu pronti a dar lezione
agh altri.
R 8 · Nell"uso del tcnnine 9lA7~6Ao'.J&o:; Numenio ha presente ARISTOPH.
Q". ·'?5 ~e1;g.; anche in parecclli altri luoghi egli si compiace di ricorrere ad
cspress1om aristo!aneschc .
. 9. Su qucsti contrasti interni ne! campo dclla Stoa insiste spesso con
pan compiacimcnto, anche Sesto Empirica (Adv. log. 1, 227-2f•o). •
Io. Soprattutto uel scttorc dell'aggucrrita dialettica.
l]. C!r. ARISTOPH. Rt.JII, 1496-9.

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CRISI DELL'ACCADEMIA ANTIC.,

Comunque, molto prima di costoro si erano trovati in questa


situazione i discepoli di Socrate, quando cavarono fuori tutta
una varieta di argomen tazioni: in un mod o particolare Aristippo,
c 50 in un altro Antistene, e in un altro i Megarici e gli Eretriesi
o se ce ne furono altri oltre costoro.
Causa di questa scissione fu il fatto che, siccome Socrate
poneva tre divinita 11 e svolgeva il suo pensiero filosofice se~
condo moduli che erano convenienti a ciascu)la di esse, i suoi
allievi non se ne rendevano conto, ma credevano che egli fa~
cesse ogni sua affermazione alia buona e secondo un'ispira-
55 zione fortuita che. di volta in voita prendeva casualmente il
sopravvento in un modo o in un altro.
Platane, poi, attenendosi a Pitagora (egli sapeva benissimo
che Socrate faceva appunto siffatte affermazioni non rifacen~
dosi ad altro se non alla fonte pitagorica e che parlava con
piena consapevolezza), trovo anch'egli i legami fra le cose in
d una maniera inconsueta e non facile a risultar manifesta.
6o Trattando ciascuna questione nel modo in cui egli credeva e
tenendola nascosta in modo che per meta fosse resa evidente
e per meta rimanesse non-evidente, scrisse indubbiamente in
modo solido e sicuro, ma egli stesso venne a causare il dissenso
che si ebbe dopo di lui e provoco le piu stiracchiate interpreta-
zioni delle sue dottrine, non certo per invidia n~ per malanimo.
65 Ma a proposito di uomini tanto antichi non voglio dire
parole che non siano favorevoli! Tuttavia e indispensabile che.
noi, resici una buona voita consapevoli di quel fatto, ci ricon-
duciarno piuttosto ad esso nel formulare la nostra opinione e,
come abbiamo pregiudizialmente affennato che noi distinguiamo
nettamente Platane da Aristotele e da Zenone 13, cosl anche
729 a adesso lo teniamo distinto dall' Accademia, se il Signore lo
consente, e permettiamo che egli, di per se considerate, per-

12. Fantasioso ancllo di congiunzione tra Platane, Filone d'Alessandri&


e i Nco-platonici, Numenio insiste sul triadismo di un Dio-padre, di un Dio-
creatore e di un Dio-mondo, lo vede presente nei filosofi a lui piu cari efa cosa
graclita ai pensatori cristia.ni, spccialmente a. quelli arianeggianti come Eu·
sebio, e non solo a costoro, ma anc:he a grandi triadisti antichi, medievali e
moclcmi (Proclo, Scoto Eriugena ed Hegel). Sesto Empirica ignora.va le au•
dacie dommatiche de! suo &ingolare contemporaneo di Apamcal ·
13. Numenio ~ giustamente ostile a quell'apptastmurl tra le tre scoole
cbe aveva causato il miscuglio eclettico da Panezio a Cicerone (cfr. PoHLENZ,
La Stoa. 1, pp. 394 segg.).

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Chiusa dellibro II cd esordio del 111
del Contra Acadcmicos di S. Agostinu·
(Parigi, Jea.n Pctit, 1521).

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CRISI DELL'ACCADEMIA ASTICA 153

rnanga ancora pitagorico. Ora, infatti, trascinato di qua e di 70


la in uno stato eli peggiore fallia che se fosse un Penteo 14,
soffre a membra a membra, senza venir mai totalmente staccato
da se stesso, inaccessibile ad un continua alternarsi di muta·
zi oni.
A nostra avviso pertanto, egli, fungendo da intermediario
fra Pitagora e Socrate, attenuando l'austerita del prima fina
alia conversevolezza ed innalzando la raffinatezza e le facezie 75
dcl secondo dall'ironia fino alia dignita e alla gravita - vale
a dire mescolando, appunto, Pitagora con Socrate -, e stato b
considerata piu affabile del prima e piu austera del secondo 15•

Non crisi, ma tatticismo scettico degli Accademici secondo Agostino


(Contra Acad. III, 37·41)

Che casa, alia fine clei conti, uomini cosi autarevoli 1 inte· 37
sero fare, con le loro perpetue ed ostinate palemiche, per impe·
dire che la conascenza del vera sembrasse essere prerogativa
di qualcuno? Ascoltate un po' con maggiore attenziane non
quello che io so di sicuro, bensi quello che e un mia punto di
vista: questo io me lo sono riservata per il finale, per potervi
chiarire - nei limiti delle mie possibilita - quale mi sembri
l'intero disegno dell' Accademia.
Platane, l'uomo piu sapiente e colto del suo tempo 2 - un
uomo che ha avuto un tale linguaggio da rendere grande tutto
quello che diceva, e che ha detto case tali che, in qualunque
maniera le dicesse, non sarebbcro potute diventare mai piccole -,
dopo la morte del suo maestro Socrate, da lui prediletto oltre-
modo, ricevette- a quel che si dice- molti insegnamenti anche
dai Pitagorici 3 • E gia Pitagora, da parte sua, non appagandosi

14· Cfr. EURIP. Bacch. 1043 segg.


15. Per l'espressione cfr. PLAT. Th.:aet. 180 a 3·
I. Gli Accademici nelle loro varie e sfumate posizioni.
2. Per un analogo elogio di Platone cfr. AUGUST. Retract. I. 112.
3· Per la complessa questionc dei rapporti tra Platonc e il Pitagorismo,
su cui gia insistcvanu ampiamente gli anticbi da Aristotele (M~tap/1. l\1-N)
a Numenio, vedansi, fra l'altro, A. E. TAVLOR, Platane, trad. it., Firenze,
191J8, in particulare pp. :z85-6, 538-9, 633-4. 707-8 e l'ampia nota delia Isnardi-
Parcntc in ZELLER-:MosDOLFO, Parte II, voi. III, 1 pp. 339·-17·

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1
154 CRISl DELL ACCADEMIA A!I!TlCA

della filosofia greca, che a quei tempi o non esisteva affatto


o se ne stava ancora ben nascosta, dopo che - spronato da
alcune conversazioni da lui tenute con un certa Ferecide di
Siro' - credette nell'immortalita dell'anirna, se ne ando in giro
in lunga ed in larga ad ascoltare anche molti altri sapienti.
Platane, adunque, aggiunge alia gradevolezza ed alla sotti-
gliezza di Socrate, da lui possedute nelle questioni morali, la
conosccnza sicura dclle questioni fisiche e teologiche, che egli
aveva recepite con accortezza dai sapienti ora menzionati, e
vi introdusse, quasi come orclinatrice ed arbitra di quelle se-
zioni di indagine, la dialettica, la quale si identifica, a suo
parere, con la sapienza o, almeno, senza la quale la sapienza
non puo esistere affatto 5 ; e si dice che su queste basi egli sia
riuscito a formulare un perfetto « sistema filosofica» di cui,
pcro, ora non e il caso di discutere.
Per il nostro attuale assunto e sufficiente dire questo: che
Platane concepi l'esistenza di due mondi, uno intellegibile, nel
quale risiede Ia stessa verita, e, oltre ad esso, questo rnondo
sensibile che noi, carne e evidente, percepiamo mediante la
vîsta ed il tatto; pertanto il prima c « vcro ))' il secondo e
u verosimile 11 e fatto ad immagine del prima, e cosi dall'uno
proviene il sereno raffinamento della verita nei limiti in cui
l'anima riesce a conoscere se stessa, dall'altro, invece, si puo
generare nell'anima degli stolti non la scienza, bensi l'opinione;
tuttavia, qualsiasi cosa si svolge in questo mondo per rnezzo
di qnelle virtu che egli chiama «civili,, - simili ad altre auten-
tiche virtu che sono ignote a tutti tranne che a pochi sapienti -,
non puo essere chiamata se non «verosimile>> 6 •
38 Mi scmbra che queste ed altre teorie siffatte siano state
conservate e custodite, nei limiti uel possibile, corne sacri arcani
tra i successori di Platane 7 • Non e agevolc, infatti, averne
pcrcezione se non da parte di quelli che, purificandosi da tutti

4· Cfr. C1c. Truc. I, XVI, 38; 7 A 2, 4. 5, 6, 7a Diels-Kranz.


5· Cn geniale apprufonrlimcnto di questu pensiero agostiniano c in HEGEL,
Lczio11i sul/a Storia ddla Filosofia, II. trad. it. Fire-nze, 1932, pp. 205·27.
6. La fonte di qucsta interpretazione de! pensicro di Platane e in Pt.OTI~.
Eutl. I. 2, 1.
7- Su qucsto lata religioso dell'Accademia nei ri!,'llardi de! suo fondatore
cfr. P. 1. LANDSBERG, ll"esen utrd Bederllrutg der plalvnischen Akademie, Bonn,
1923. pp. 17 segg., 31 segg.: P. HovA:-:ct, Le culte des 1lluscs clutz les philo-
soph~s grecs, Paris, 1937, pp. 249 se,gg.

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CRISI DELL'ACCADEMIA ANTICA I55

i vizi, si siano innalzati ad un tenare di vita diversa e piu umana,


c non cade in grave calpa chiunque, avendo conoscenza di
qucstc case, abbia vagheggiata di valerle insegnare ad agni
sorta di uomini. Pertanto Zenone, fondatore dello Staicismo,
dopo aver data ascolto e prestata fede ad alcune di queste
dottrine, entro nella scuola lasciata da Platane, che allora era
diretta da Polemone, ma - e mia supposizione - fu tenuto in
guardina e non fu stimata un uomo tale da doverglisi facil-
mt'nte consegnare ed affi.dare i quasi o: sacrosanti decreti » di
Platane. se prima non avesse disimparato le teorie che egli
a \"eva des un te dagli altri pensatori ed introdotte in quella scuola.
~Iuore Polemone, gli succede Arcesilao, che era compagno di
studio di Zenone, ma pur sempre sotto il magistero di Po-
lcmonc 8 .
Zcnone, pero, si andava gia compiacendo di una sua con-
cczione del mondo e soprattutto dell'anima - a proposito di
quest'ultima la vera filosofia sta sempre all'erta! - e andava
dicendo che 1' anima e mortale 9 e che non esiste nulla tranne
questo mondo sensibile e che in esso nulla e attivo tranne il
corpo - difatti egli identificava col fuoco :finanche Dio! 1o -.
Allora, per tutte queste ragioni, poiche quel male si andava
ino;inuando ed estendendo, mi pare che Arcesilao 11, con pro-
fondo accorgimento e con malta opportunita, abbia tenuto
profondamente nascosto il pensiero dell'Accademia e lo abbia
sotterrato come un tesoro che i posteri avrebbero dovuto sco-
prire una volta o l'altra. Ecco perche, siccome la massa e piu
prodive a precipitarsi dietro false opinioni e a credere, a ca-
gione della consuetudine che essa ha con i corpi - con molta
facilita, ma a proprio danno -, che tutto e corporeo, quell'uomo
molto acuto e raffinato preferi non dare insegnamenti a quelle
persone che egli riusciva pure a sopportare quando erano male
informate, piuttosto che darii a quelle che riteneva incapaci
di recepirli. Di qui nacquero tutte quelle teorie che vengono

. ,q: Per qucsti rapporti, oltre aU~ pagine numcniane precetlentem~nte da


not nportate, cfr. DIOG. LAEII;T. VII. z.
tai' 9- Cfr. Sto!'· vet. jYag. ~· 14~.Arnim. Per 1~ teoria dell'anirna • non immor-
15• sect mort1 superst.,s • m Cnstppo cfr. S/o1c. vei. frag. II, 809-822 Arnim.
Io. Cfr. Stoic. rJd. frag. I. l57 Arnim.
11. Cfr. C1c. L~trull. XV III, 6o.

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CRISI DELL'ACCADEMIA .'I.NTICA

attribuite all'Accademia Nuova: gli antichi, infatti, non ne


avevano avvertito la necessita.
39 Ch~ se Zenone, una buona volta, avesse aperto gli occhi
e si fosse reso canto che nulla puo essere compreso al di fuori
di cio che egli usava per dare le sue definizioni IZ e che una cosa
siffatta e impossibile trovarla nei corpi - dei quali, peraltro,
egli faceva consistere tutte le cose 13 -, si sarebbe esaurito tutto
questo genere di discussioni che, allo stato delle case, si era
inevitabilmente acceso. Zenone, pero, si lascio ingannare da un
fantasma di coerenza, carne sembrava agli Accademici e come
sembra anche a me, e rimase ostinato, e quella sua disastrosa
fiducia nell'unica realtâ. corporea riusd a sopravvivere, alla
meno peggio, fino a Crisippo. Questi le conferiva - e ne era
ben capace 14 - grande vigore perche si espandesse ancora di
piu: Carneade 16 , sotto questo profila piil acuto e piu vigile
di tutti gli altri suoi predecessori, oppose una tale resistenza
che io mi stupisco che quel punto di vista degli Stoici abbia
conseguito un qualche successo anche in appresso. Infatti la
prima casa cui Carneade bado fu di porre da parte, per cosi
dire, mancanza di ritegno nell'uso dei cavilli - a cagione delia
quale si accorgeva che Arcesilao era caduto notevolmente in
discredito - per non sembrare di volersi opporre a tutto quasi
per esibizionismo: egli si propose, invece, di sconvolgere e di
abbattere gli Stoici e Crisippo.
4-o In secondo luogo, Carneade era incalzato da ogni parte
dall'obiezione che, se non avesse accordato I'assenso a nessuna
cosa, il sapiente non avrebbe avuto niente da fare, e pcrcio
egli - uomo degno di singolare ammirazione, ma non poi tanto,
dal momento che si limitava a scorrere giu dalle stesse sorgive
platoniche! - ebbe la saggezza di considerare con attenzione a
quali azioni si dovesse accordare la propria approvazione; e

12. Ossia dei puri intel!cgibi)i (vol)-r!Î) o dcllc idee.


t). Per la problematica de! materialismo stoica cfr. PoHLE~z. La Stoa,
I. pp. 119-29.
14. In virtu d~lla sua formidabile dialettica.
Ij. Carneade (cfr. SEXT. EMP. Adv. pl1ys. I, ;S-St) dicdc inizio. in chiavo
anti-teologica. a quclla critica de! concelto di corpo che venne. poi, appro-
fondita da Enesidemo e sistemata da Sesto (Adv. phys. I. 359-379: Py"h.
hyp. III, 38-..ţg, 12-f·IJ.t)-

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CRISl DELL ACCADEMIA ANTICA :I57

,·edcndo queste azioni essere simili a non so quali azioni auten-


tiche, chiamo u verosimile n 18 ciâ a cui il sapiente si potesse
attenere per agire in qnesto mondo. A che cosa, poi, esso fosse
simile, egli lo sapeva con malta competenza, ma lo teneva pru-
dentemente coperta e gli da va anche l'appellativo di « pro-
babile n. Infatti riesce bene a fare una verifica dell'immagine
riprodotta chiunque ne sappia scorgere il modelle 17, E, in verita,
il sapiente non riesce a controllare il verosimile e ad attenervisi
nt>l caso che egli ignori l'essenza di cio che e vero. Dunque
qnclli conoscevano ed approvavano cose false, in cui pur riusci-
Yano a scoprire un'apprezzabile imitazione del vero 18 . Ma,
poiclu~ non era lecito ne agevole far vedere questo agli altri
in quanto profani, essi lasciarono ai posteri - o a quanti ne
ebbero la possibilita in quel tempo - un qualche indizio del
Jnro pensiero riposta e beffeggiavano e deridevano quegli ag-
gucniti dialcttici che erano gli Stoici, per impedire a costoro
rli sollevare questioni di parole. Sono questi i motivi per cui
Carneade viene anche ritenuto promotore e fondatore delia
(( terza 11 ls Accademia.
Col passare del tempo questo dibattito si estese fino al •P
nostro Tullio, ormai molto ridimensionato e destinata a gen-
fiare la cultura latina col suo ultima respiro 20• Difatti niente
mi sembra piu gonfio che dir tante case con dovizia e leggiadria
eli linguaggio, senza, pero, pensarla realmente cosi!
Da queste ultime vcntate, comunque, si lascio sbriciolare
abbastanza, a parer mio, e srnembrare quel platonica di paglia

16. Come avn•mo occasione di rilcvare piu volte nelle sezioni di questo
,·olumt- riscrvate a Carneade ed a Cicerone, il rifugio scetticheggiante ne! vero-
s~mile c, molto probabilmente, post-cameadeo; ma Agostino segue le ormc
clr:eroniane ne! considcrarlo come una soluzione saggia di Carneade mcdcsimo
(~fr. AUGUSTIN. Contra Acad. II, ll-IZ, la cui fonte principale e C!C. Lucul/.
\ l, 18; XXXI, 99; XXXIV, 108).
'?· S?condo il Carneade agostinia.no, il verosimile e la riproduzione ap-
prossmJatn·a de! vero, ossia di qucl paradigma ideale su cui Platone aveva
fondatu la cosmologia e la guoseolugia.
IS, Per questo mcdcsimo tema cfr. At:GUSTI:-<. Relract. 1, 1, 11.
19. Cfr. SE:x:T. El!P. P_vrrh. hyp. I, 21:0.
_~o. Per la controllata ammirazionc di Agostino vcrso Cicerone, cui altri
a~tnbui,·ano "aldez1.a di pcnsiero mentre egli lo considera va soltanto • adorno
dt ammircvole eloqu.,nza •. cfr. Contra Acad. III, 15-16 = C1c. A C(Jd, tr. :zo
~[iil!er.

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CRISI DELL' ACCADEMIA ANTICA

che fu Antioco lll. Infatti le greggi degli Epicurei 22 avevano


posto le loro stalle solatie nelle anime di popoli che si erano
dati alle delizie. Ecco perche Antioco, allievo di Filone, ossia
di un uomo, a mio avviso, molto accorto, che gia aveva comin-
ciato ad aprire, per dir cosi, le porte perch6 ormai i nemici
battevano in ritirata e a richiamare l'Accadcmia e le sue isti-
tuzioni all'autorita di Platane - quantunque gia prima questo
tentativa fosse stato fatto da Metrodoro 23, il quale si dice essere
stato il prima a confessare che l'incomprensibilita di tutte le
cose non era una dottrina autentica degli Accademici, ma che
questi ultimi avevano dovuto far ricorso ad armi di tal genere
per lottare contro gli Stoici -, orbene Antioco, come stavo di-
cendo, dopo essere stato allievo di Filone Accademico e di
Mnesarco Stoica M, si era intrufolato come milite ausiliare ed
in abito borghese nella vecchia Accadcmia, quasi priva di di-
fensori ed ormai sicura per l'assenza del nemico, evi fece entrare
dalie ceneri degli Stoici un non so quale malanno che violasse
i penetrati di Platane. Ma contro di lui Filone impugno nuova-
mente le suc splendide armi e oppose resistenza fina all3. morte,
e il nostro Tullio 25 calpesto tutte le reliquie di Antioco, non
tollerando che, durante la sua vita, si mettesse in bilico o si
contan1inasse qualunque cosa egli avesse amato.
Non trascorse un lungo lasso di tempo dopo quelle circo-
stanze e tutta quella cocciuta ostinazione ebbe termine 28 : le

21. Esscndo Antioc:o, almcno secondo Filon.: di Larissa.. una stoico ca-
muffato da accademico (cfr. fr. 56 Luck; HIRZEL, Ut~tersuchurJgen zu Ciceros
pflilos. ScllrijleJJ, III, pp. 227-36 e le discussioni rldlo stesso Luck in Der
Akademiker Antiochos pp. 22-3).
22. L'espressione e oraziana. (Epist. I. 4· 16).
23. Si tratta di Metrodoro di Straton.ica. chc passb dall'Epicureismo alia
scuola di Carncade (cfr. DioG. LAERT. X, 9 = Carncadc fr. 20 Wi~ni<'"-ski;
Acad. phil. i11d. here. col. XXXIV, 5 segg.).
24. Questo Mnesarco fu allievo di Antipatro di Tarso, il quale si era ac-
collato il difficilc c:ompito di contrastare Carneade (dr. DtoG. LAI>RT. IV,
6~-65, ave pero non si fa menzione dirctta di Muesaro::o). Sccondo Numenio
(EUSHB. Praep. ev. XIV, 739 a) ::'olnesarco sarehbc stato maestro di Antioco
di Ascalona (dr. POHI.E:SZ, La Stoa, 1, pp. ]60-I, 393. 500).
2.5. Soprattutto net Lucullus. Di ben diversa avviso sono, pero, il Luck
(Dor Akademiker A111ivchos, pp. 24·o14) e il Weische (Cicer<> 1md die Ncue A ka-
dnnie, pp. I02·5l-
z6. In questo passo Agostino Îb'llOra o finge di ignorare l'eredita acca-
demica che, ancorche parzialmcnte e con forti spunti polemici, fu raccolta
anche dai Neo·pirroniani.

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CRISJ DELL' ACCADIU.IIA ANTICA 159

nuvole dell'errore furono disgregate ed il gran volto di Platane


_ che nel mondo delia filosofia e il piu puro ed il piu raggiante
di luce - risplendctte soprattutto in Plotino, che, da buon filo-
:::.ofo platonica, fu giudicato tanto simile a lui che si pua persino
crcderc siano stati contemporanei. Eppure c'e di mezzo a loro
tanto tempo che si deve ritenere che nel secondo si sia quasi
reincamato il primo!

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ARCESILAO

11 • S~ettid anl~hi.

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Arcesilao di Pitane (3I5-240 a. C.) porto in se fin dalla nascita
la raffinata cleganza di quella gente eolica dell'Asia Minore che aveva
dato, alcuni secoli prima, il miracolo deHa poesia saffica. Egli con-
servo il cumportamcnto di greco-orientale anche quando si fu im-
pregnata di spiritualita attica, e seppe comunicarlo al gia signorile
sudalizio deli'Accademia. E l'armonica confluenza in lui di spiri-
tualita eolica e di spiritualitâ squisitamente ateniese produsse una
personalita apcrta e versatile, affabile e ironicamt>nte pungente,
battagliera e nello stesso tempo anche remissiva, e tutto eia valse ad
introdurre nella scepsi ellenistica quella clevata e ricca cultura che
pur nun era mancata in Pirrone e in Timone, ma che, alia fine dei
conti, era stata considerata da costoro come qualcosa da oppugnare
e da superare.
Fine intenditore di poesia ~ poeta egli stesso, musicologo e co-
noscitore non occasionale di matematica carne ogni buon erede di
Platune, Arcesilao fu anche emerito allievo del Liceo sotto la dire-
zione di Teofrasto ed in quella officina ebbe inizio non solo la sua
accurata merlitazione sulle aporie principali delia filosofia giâ. impo-
state dai genio di Aristotele, ma anche l'immancabile preparazione
scicntifica che costituÎ\•a il vanto del Peripato 1 .

I. Pierr(' Aubenquc, chc tn gli studiosi de! nostro tempo ha messo ne!
piu grande rilicvo gli aspetti aporetico-prub\ematici della filosofia aristotclica.
ha ~critto, tra l'altro, a proposito delia concezione dialettica de Ilo Stagirita:
'On rencontre aussi, chez lui, le sens qui deviendra predominant dans le
Lyc~e ~t la Nonvell~ Academic. sclon lcquC'l la dialcctique est l'art de soutenir
aus.~1 b1cn le pour que le contre sur une thcse donncc • (Lt P'oblilm~ dt l'ltre
chc: .•h-istolr, Paris. 1966t, p. 255). Qut>sta metodologia antilogistica. pero,
chc .pure fu altamente apprczzata da Cicerone (Tuse. II, III, 9). era, alia fine.
Utll:zzata da Aristotele perche !li passassc - per usarc l'efficace Jinguaggio
<lell Auben<]Uc - dalla • science recherchee "· attraverso la • science introu-
vabl~ "• finalmente alia • scicncc rctrouvce '· Giungere, pero, di qui a sostenerc
una Grml'i11samk~it rli Peripato e Num·a Accarlcmia. come ha fatto recente-
mcu:e. il \Vcischc (Cicem wrd dit ll'eue A ka.lrmie, pp. 6S-7z) e stabilire una
q.u~sl 1dcntita dcll'allti/ogi5fische ./lfetllode nel Peripato e in Arcesilao-Carneatle
.(•l'a. pp. 77-9) signifira, p"r lo meno. forzarc la rcalta dc\le cosc. Ai Peripatctici
lmp,.rtava soprattutto costroire una conoscenza scientilica ben solida. e l'apo-
r'"1aliuhc Aorjas3u11g era per loro uno !itrumento molto efficace per premunirsi

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ARCESILAO

A cio si aggiungono gli stretti e costanti legami con la dialettica


megarico-eretriese, che lo facevano sembrare affine al plumbeo Me-
nedemo ed al sottilissimo e paradossale Diodoro Crono 2 • Lontano
da se egli tenne il circolo pittoresco dei Cinici, verso cui Timone
sentiva note\'ole affinita elettiva, ma che alia sua signorile persona-
lita dovette sembrare, tanti secoli prima dcllo Hegel, carne il mondo
dei pezzenti della filosofia 3 •
Anche dopo l'incontro col pensiero di Pirrone' - da lui apprez-
zato, ma mai condiviso pienamente - tutta questa variegata cultura
e questa ricca sensibilita non furono mai rinnegate, ne Arcesilao
professo mai per gli eyxux/o.t~ fL«.&~fL!X"r« l'avversione di un Timone,
ma, al contraria, da buon greco, li riteneva indispensabili alla for-
mazione dell'uomo 6 • Eppure tutto cio, anzicbe svigorire, accresceva
gli aspetti polemici del suo pensiero, facendo di lui quasi uno strano
segno di contraddizione non solo per i contemporanei, quali Ari-
stane di Chio o Timone, ma anche per i posteri, quali Nwnenio di
Apamea o Sesto Empirica.
Questo filosofa, che fece scoppiare la tempesta nell'Accademia
mentre credeva di riportarla alia genuina ispirazione metodologica

contra le obiezioni. Percio ci sembra che Arcesilao apprese da Teofrasto non


solo dubbi, ma anche soluzioni, che egli, farse, cominciava a non condividere.
Altrimenti, perche non rimase nel Licco? Forse solo per seguire il bel volto
dell'amato Crantore?
2. Su questi rapporti insistettero Aristone di Chio e Timone di Fliunte
(DioG. LAF.RT. IV, 33) forse per indicare cbe l'essenza delia dialettica arcesilea
era megarico-eretriese. Secondo Aristone (Sloi•- vct.jrag. I. 343 Arnim), Diodoro
Crono sta ne! mezzo, os.sia nella parte centrale, ed ha in Arcesilao una funzione
quasi di centre di smistamento tra. Pirrone e Platane. Sccondo Timone (fr. 31
Diels = 16 \Yachsmulh). il piombo di Menedemo, di cui Arcesilao ha picno
il ventre e che non riesce a digcrire, induce )' Accademia a rifugiarsi o (mena
probabilmcnte) da Pirrone uppure (piil probabilmente} rla Diodoro col quale
potr~ scntirsi piu a suo agio. Lo • sbilenco • Diodoro (fr. 33 Diels = 17 Wach-
smuth) c un'altcmativa al • camoso • Pirrone, col quale Arcesilao non pub,
sec:ondo quell'ostile pirroniano autentica che ~ Timone, andare vemmente
d'accordo. Ecco perche, propriu con Timone ci sembra abbia inizio quell'in-
terpretaziune eristico-sofislica de! pcnsiero di Arcesilao chc culmincra con
l'asperrirua critica di Numenio. Per altre interpretazioni ,-edasi DAL PRA,
Lo scrtticislrlo grecfl, pp. lll-5·
3· Per l'antipatia di Hegel nci riguardi dei Cinici ch<', gloriandosi del·
l'inuipendcnza, divenivano in,·ece dipcndenti e rinunciatari rispetto al • mo-
mente affennativo t'lclla libera spiritualitll• cfr. Leziot1i sufla Storia dtlla. Filo-
sofia, Il, p. 151. Il Rubin (P_vrrlw11 et lescepticisme grtc, p. 48} paria di affinitll
tra la a~:npt~i) arcesilca e quella cinica, fondandosi su DIOG. LAERT. IV. ]6;
ma tra le due concezioni c'era una rtivcrgenza di fondo e quasi viscerale.
4· Scmbrano da cscludcrc rapporti diretti di Arcesilao col saggio di Elide.
Tnnegabile e, invccc, che, carne fara Hume con l<i:ant, l'irronc • l'a cveillt: de
son sommeil dogmatique • (RoBIX, Pyrrllmr el le scepticisme grec, p. 46).
5· Cfr. DloG. LAERT. IV, J6. Ben piil complessa e articulata sara la po-
sizione degli ultimi Scettici a tale riguardo (cfr. S~lCT. EMP. Adu. math. I. 1-8).

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ARCESILAO

di Platone, !ego il suo destino soprattutto alla lotta contra la Stoa 1 .


Da questa egli desunse terminologia. linguaggio e problematica con
J'intento di demolirne l'intero edificio, e se e vero che le molteplici
esperienze culturali furono da lui quasi sempre utilizzate a scopo
e\'ersivo, e ancora piu vero che egli, come ogni lottatore generoso,
tiniva col condividere la sorte dell'antagonista, traendo vigore dai
colpi scarnbiati con circospezione e crollando anche lui quando il
compctitore veniva messo a terra in un combattimento serrato.
Fondando la sua metodologia dialettica sull'antilogia, Arcesilao
acutizza,·a il contrasta tra auctoritas e ratio 7 : nell'apparente positi-
vit.a della prima egli vedeva presente la fine di ogni libera indagine,
mentrc nella ncgativita delia seconda vedeva schludersi possibilita
di soluzioni prima ignorate, e percio preferi vedere in Platone non
l'ipse dixit, bensi il seminatore di dubbi e di contraddizioni insolu-
bili e quasi il perfezionatore dell'antilogismo sofistico, incorrendo
ncll'accusa di essere sofista anche lui. Ma se dal suo Platone egli
non era disposto ad accettare il concetto dommatico di « ragione
comprensiva ne, ancor meno disponibile egli era nei riguardi di quella
"rappres~ntazione comprensiva • che a Zenone di Cizio sembrava
la soluzione definitiva del problema gnoseologico 8 • Questo reperto
tleUa Stoa sembro ad Arcesilao una sorta di dcus ex machiua o di
gla11dula piuealis che metteva solo surrettiziamente d'accordo sog-
getto conoscente ed oggetto conosciuto, sensazione ed intellezione,
impressione diretta e mediazione logica, essendo, per altro, patri-
monio comune del saggio e dello stolto. Studiando sotto il profila
psicologico cd epistemologico le interne contraddizioni delia rap-
presentazione comprensiva 1°, Arcesilao, che pur vedeva in essa

6. Arccsilao non disse mai - carne poi avrebbe detto esplicitamentc Car-
neade _a proposito di Crisippo - • se Zenone non esistesse, neppure io ci sarei •.
Illa e mtlubbio che per un pensatorc, come lui, disposto alia negazione e alia
confutazione, la mancanza di un degno competitore sarebbe stata letale. A tale
p_rop?sito si rinvia, olt.re che agli istituzionali articoli del Couissin (piu volte
c•tatt) sullo Stoicismo della Kuova Accademia c sull'origine cd evoluzione
d_cll't"l"l"l);(fr. anche, tra l'altro, a ll. PoHLEsz, Zenc>n und Crisipp, 1 Nacb-
ncbten der Gottingcr Ge.•ellschaft •, phil.·hist. Klasse, Fachgr. 1, N. F. li,
9: 1938, p. t8o; Grutldjragm dtr stoischen Pllilosophie, 1 Abbandl. Gottioger
Gescll.schaft •. pb.il.-hist. K.lasse, J, Folgc XXVI, 1940, p. 1J5; La Stoa, 1, cit.,
pp. 347·51.
7· Cfr. C1c. Lt~wll. XVIII, 6o.
r· S. Cir. SEXT. EMP. Adv. log. 1, 143-144, O\"C si prendc spunto da PLAT.
1>11. 2id.

id 9. Pe-r un ampio esamc critico di qucsta concezione stoica cfr. SEXT. E~IP.
· v. log. I, 401-435 ele mie note nelle pp. XXIV-xxxn delia traduzione italiana.
10
• Per le accurate critichc accademiche alia c;>O:IITCLal:t: Y.01TCL);I)r.Tt1otij sotto
qucsto duplice profilo vedansi le ottime indagini delia Stough (Grull Skepti-
nsm
st • pp .
· 40-53. ave gJUstarnente Carnca<Je fa la parte del lconc. ma sarcbbc
ato opportuno non obliterare quasi del tutto Arcesilao). .

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166 ARCESJLAO

l'ultimo appiglio per stabilire un criterio di verita, alla fine la respin-


geva come incapace di farci discernere il vero dal falso c come il
mostruoso coacervo del dommatismo sensistico e di quello intellet-
tualistico. E la critica a quest'ultima conquista delia gneseologia
!o portava, aUa fine, alia negazione di ogni criterio di verita.
La concezione stoica delia 91X"-r~atot xotT-x),Tpt-nx~. che c parsa
ai moderni quasi il primo spiraglio per fondare !'autonomia delia
nostra facolta estetico-rapprcsentativa 11 , sembro invece ai suoi
primi propugnatori la via per superarc il dualistico dissidio tra
l'esclusiv:ismo dellogos ed il mondo delia vita ordinaria. l\1a il d.ia-
lettico Arccsilao amava spingere le contraddizioni fina alle loro
estremc conseguenzt' e, ponendo dilemmi che investivano la psico-
lugia, l'epistemologia e la stessa logica classica, vcnne a contrap-
porre all'ottimistica XetT&.AY)y~c; zenoniana la propria lixa:TCtAY)IjitiX.
Quest'ultima era lo sviluppo dialettico de li' li<pca:atet pirroniana e
inseriva l'istanza dello Scetticismo nel cuore di ogni indagine filo-
sofica: la pirroniana fuga dai discorso diventava presenza sconvol-
gentc e perturbatrice in ogni discorso a. Non ancora con Arcesilao
si costruisce il singolare sistema scettico dell'antisistema n, ma i
suoi principi erosivi sono gia posti e l'eredita arcesilea verră. raccolta
in primo luogo da Carncade e in appresso, pur con polemici emenda-
menti, da Encsidemo e da Sesto Empirico.
Snlla scorta di Zenone di Cizio gli Stoici dicevano che la q~ocv­
Ta:a(oc :v.o:n:f..1JTCO:Lx·~ ci trascina quasi per i capelli all'assenso 14 :
tutte le cautele delia Staa in merito alia possibilita di errare, tutte
le suc "so~pensioni n nei riguardi del mondo dell'opinione trovavano
il loro superamento nella recta r.1tio, e il sensismo di fondo delia
H'cltauscltammg stoica si veniva a mescolare con un panlogismo che
- strano a dirsi - era anch'esso di fondo. Arcesilao, invece, negava
tanto il sensismo quanto il panlogismo con l'estendcre la sospen-
sione dell'assenso ad ogni forma conoscitiva. L'irm:;r:~ era stata un
accorto congcgno costruito dagli Stoici per evitare gli idola: con
Arcesilao qud congegno scattava contro gli Stoici stessi, ostraciz-

n. Cir. H. STEI:-<THAL, Gcschicllte der Sprochu-isseuschaft bei d~" Griech~n


rmd Rnmrr-11, Berlin. 1ogo, [. pp. ;,SS--<)o. 296-i; B. CROCE, Estetica, Bari, I9.J6A,
p. I90.
1 z. Per qu~st~ rag-ioni Ciccronc (I.ucu/1. V. 15) considera va Arccsilao come
il Tib"rio Gracco dcli'Accadcmia.
lj. Il Brochard (L,·s sct·ptiques grecs, p. toS). fondan<losi su una testimo-
nianza di Plutarco (Adu. Cc>lnt .• 26) e su una di TE'rtulliano (Ad 11al. II, 2),
acccnna aUa probabilita ch~: Arcesilao abbia combattuto contre la fisica e
la teologia degli Stoici. • :1\lais - conclude !'insigne studioso - nous n'avons
sur ce point que des renseignements tout â fait insuifisants •.
q. Cir. SJ:;XT. EMP. Adu. log. I, 257·

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ARCESILAO

zanJo non solo gli iăola, ma ogni positiva costruzione filosofica.


Ritornava in campo, acutizzata dalla forza della dialettica, la di-
sperazione pirroniana, ~a quale conf~riva nuovo alimento il fatto
che Arcesilao non era disposto a vemre ad alcun compromesso e,
nello stesso tempo, si guardava bene, carne ogni scaltro scettico,
dall'assegnare il privilegia dell'assoluto alla sua stessa E7tOX~ 16•
)la, se il vero non e ne sensibile ne intelle&ribile, e altresi inne-
gabile che noi pur sentiamo e pensiamo. Questa ovvia meditazione
che parccchi sccoli dopo avrebbe portato Agostino al supcramento
de! uubbio accademico ed avrebbe indotto dopo quasi due millenni
Carte:;io a vincere il dubbio iperbolico, faceva nascere in Arcesilao
la concezione dcll' e;\l/,oyo'll.
Anche qnest'espressione era di casa nella Stoa, ma ad opera di
.\rcesilao veniva a ritorcersi contro la Stoa stessa. Infatti, secondo
gli Stoici, essa avcva un'accezione pur sempre positiva, sebbene non
si identilicasse con la perfetta ragione 18 ; invece sembra da esdudere

15. Questa o illi bera\ita • di Arcesilao ne! dare l'assenso e ben riJcvata
- anchc se fugacemcnte - dalta Stough (Greek Skepticism, p. 58, n, 5-4; p. 66,
n. 6~. Le principali fonti sono Ctc. Lucrdl. XVIII, 59: XX-XXI. 66-67; SEKT.
E~!P. Pyrrh. hyf'. 1, 232; Adv. log. 1. 157: NliMEN. apud. Euseb, Praep. ev.
XIV . .ţ. 726d).
16. Suida, rifaccndosi (orse îndirettamente a fonti stoiche, cos\ spiega
il tnrnine Eu>.oyov c:i.1;t(l)fl'l: • E quello chc prcsenta un maggior numero di
prt-testi per la verita. come, ad esem}lio. "domani saro vivo ", Essendo una
,·olta sorta una cliscussione tra il ft1osufo Clcante fsi tratta, iuvece. di Sfero,
cumc sappiamo da ATHE:>. VIII, 354e = Stoic. vtt. fmg. 1, 624 Amim, e da
D1oG. 1..\Ell:f. VII, 177 = Stoic. t•rt. frag. I, 625 Arnim] e il re Tolomeo in
merito al fatto che il saggio formula opinioni, poichc qualcuno aflerma\'a
chc il ~a~gio non le formula aiTatto. il re, con l'intenzione di confutarlo, fece
imbanJirc melagrane di eera. 11 sapicnte cadde ne! tranello e il re grido che
qudlo aYc\'a dato l'asscnso ad una rappresentazionc falsa. Ma il sapiente
gli rispose per le rîme, rliccndo che l'a.sst'nso era stato data non in quanto
crano mt'lagrane, bensl. in quanto era ngionevole (di>.o·tov) cbe fosscro mela-
J.(r:.nc: che la rappresentazione <1pprensh·a e differente dai ragione\'Oie •. Ze-
none, dando la dt>linizione di z'l&ij~~:ov. sosteneva che esso e 1'• azione che puo
~~sere gi ustificata con buoni motivi (o n-pc.t;(&~v Eu>.oyov) dai punto di vis ta
d.~lla ra~iont> (Stoic. t>d. frag. I, 230 = III, 493 Arnim) e, in apprcsso, Cri-
'"PPO affermava che era doYere morale I'E/.)).oy~ i;a:yw"fll, ossia il suicidio
b1:~ pont!erato (cfr. Sloic. ~el. frag. Il I, 7.5Î-7(i~ Arnim). L'erronea interpre-
t'l.zl~ne. del termine come • verosimile o presso i modemi si trova gia in Hegel
(L.·:10"' Sll/la SI. della Fii., II, p. 491), il quale pur si tormentava rendendolo
anchc con n ,·erita relath·a • o con • verluta fondata su un buon motiva, ma
nou sulla vcrita • (ibidem, p. 487). Lo Hirzcl, che (Uratrrs11cl11wgcn zu Ciceros
Phrlos. Sch;ifie~'· p. 150) fu molto acuto nd distinguere l'd)).oyov di Arcesilao
dat 7:dhvov d1 Cameade, interpreta anch'egli il prima ttrmine, forse sulla
~l~anga oratoria di Cicerone, cerne • veru5imi\e • e fu seguito in questo dallo
· chwartz. dai Ncbel e dallo stcsso Arnim (.-lrhesilaus in • RE o, II. 1, coli.
1
r6.ţ-8). il qualc accennava ad una ll"ahrsc/rdmlichkeitlc·hre cume pars C011S-
II'IIrn! dd pensiero arccsileo. L'crrore fu gia rilevato dai DanhfoiTH (Die Ethos
de.'. ::ii•Jtkus Epihtt•l, Stuttgart. 1894. p. 193) ed e stato piu rccentemcntc ,;ot-
tnhnrato dai Pohlenz (La S/oa, I. pp. 263-4. 348-9). Non meno crronea ~ la

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168 ARCESILAO

che la dottrina arcesilea dell'd)}.I'.JyoOJ, su cui si sono tormentati e


ancora si torrnentano gli studiosi, possa avere un'accezione positiva
tanto in sede teoretica, ossia carne sbocco verso un razionalismo piu
o rneno camuffata e come parziale recupera dclla platonica « ragione
comprensiva », quanto in sede pratica, come una non meglio identi-
ficata ,. arte della vita n 17.
Ogni tentativa fatto per definire lo sfuggente EUÂO"j'{l'l di Arce-
silao e rimasto sempre un'approssimazione, e la ragione di cio sta
nel fatto che l':::u).oyov medesimo era, nel pensiero del sua promotore,
un qualcosa di approssimativo. Esso ha indubbiamente in se illato
teoretica della ponderazione, del ripensarnento e della meditazione
e quello pratico delia prudenza, deUa circospezione e delia cautela,
ma non si lascia identificare ne col razionale (/.oj'LY..6v) ne con quella
consuetudine (au·1~S<:Loc) che gli Scettici Empirici escluderanno dai
loro attacchi dissolutivi. Iu Arcesilao l'd:li.oyov conserva il medesimo
si&'llificato di aristocratica distacco dalie nozioni comuni che esso
ha nella Stoa, ma resta un qualcosa di provvisorio non solo sul piano
morale, come in un certa senso avverra per Cartesio, bensi anche
su quello teoretica, e quasi come un calcolo per eccesso o per difetto.
Esso e un « pensarci su • che non vale, comunque, a canceUare
l'i7tox-ij. D'altra parte il matematicismo che, come ombra platonica,
sussisteva a fior di pelle anche in Arcesilao, non poteva non suggerire
a quel forte dialcttico- anche merce la sua propensione per l'analisi
linguistica - che e•)i.oydv (ben pensare) non dista molto da EUÂo-
y(~eLv (calcolare) e che il comune etimo A6yoc; aveva, tra le sue
molteplici accezioni, anche quelle di "rapporto », di u proporzione 11 e,

traduzionc - nata per in.fiusso post·carneadco - che Ciccrone (De fin. Il J, 58)
dava del termine con • probabilis ratio •: ma siflatta traduzione ha goduto
notevole succe~o fino al punto da investire di luce probabilistica tutto quanto
il pensiero deii'Accademia Nuova, come acutamente c con rammarico notava
il Brocha.rd (Les scrpliqlles grtr.s. p. III) c come ai nostri giorni sottoscrive
ancora Ia Stough. la quale ha pur riJe,·ato con acutczza, accanto ad elementl
matematicistici, anche elementi di ordine medico che fanno presentire la
teoria del • passaggio de\ simile • sostenuta dagli Empirici: • J nsofar as witnesses,
symptoms and messengers produce or constitute e\·idcnce of something'ş
being the case, credible impressions, hy analogy. are e\·idence for the thruth
of a perceptual assertion • (Gruk Skeplicism. p. 6l). ~lolti felici spunti teoretici
pero, ehe pur sono stati suggeriti dall'E:;.i),oyov arcesi\eo, sono stati gencralmente
ricondotti al praticismo. L'Ei!Aoyov divcnta, comc dice ancora la Stough !??·
cit., p. 51) • standard of action •. ossia. una risposta diretta contra l'anbca
ohiezionc stoica all'inazionc scettica provocata dall'tr.?zij (cfr. PLUTARCH.
Adr•. Colo/. z6 ele fini osscn·azioni del Bnx:hard /.t:s suptiquu grl!cs, pp. toS·JO).
17. Il nostro Dai Pra (Lo .<celticismo g~~co, pp. 147·56) continua ad espri·
mere molto bcne questo tormento. Si potrebbe sostenere che anchc l'djloyov.
piuttosto che aprire prospC'ttive dav,·cro costruttive, si inscrisca, accanto
all'hrozlj. ne! tentativo arcesilco di procurare all'uomo - come nota\'a I'Arnim
nella voce Arkcsilaos delia • RE • - la Frtihl'il ruJm 1"1""'·

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infine, di u relazione logica D. Si ~. perei<), tentati a rendere il tanto


discusso termine come u razionalmente presumibile D, e forse cosi
ebbe ad intenderlo giâ. Carneade mentre si accingeva a dare all'Ac-
cadcmia la svolta probabilistica.
Kun siamo, comunque, in grado di dire se Arcesilao abbia anti-
cipata questa svolta o l'abbia cautamente allontanata da se ritenen-
dula inevitabilmente legata a soluzioni matematicistiche o retoriche,
llppure, infine, non ne abbia avuto alcun presentimento. L'unica
C<)sa per noi certa e questa: l'avcr avuto come continuatore un
uenio come Carncade, da una parte e stato per Arcesilao titolo di
~loria, dall'altra gli e stato nocivo, perche lo ha fatto apparire, con
tutta la sua elegante versatilita di Greco dell'Eolide, come un pen-
o;atore radicale, duro e bisognoso di essere raccolto e superato da altri.
:\fa propria l'ottima fortuna di cui ha goduto Cameade dovrebbe
indurci a rivedere piu diligentemente le nostre posizioni critiche nei
riguardi del suo non mena profondo predecessore.

Le medesime difficolta in cui incorriamo nell'enucleare il pensiero


di Arccsilao si ripresentano nel nostro tentative di raccogliere i
passi degli autori antichi che ce lo hanno trasmesso.
Il bcllissimo ~(o~ laerziano 18, cosi attraente per il modo in cui
ci presenta la personalita umana del filosolo, e abbastanza avaro
sotto il profila dossografico. Validissimo per la ricostruzione culturale
ui Arcesilao, ci tiene quasi completamente all'oscuro delle linee
essenziali del suo pensiero.
Le pagine di Numenio-Eusebio sono non soltanto un capolavoro
di polemica filosofica, ma anche un efficacissimo prodotto di alta
lctteratura e, al pari di altre pagine del medesimo autore, andreb-
bero studiate anche nell'ambito di quel grande rigurgito spirituale
che ha preso il nome troppo generica di Neo-sofistica 19 • Numenio,

l S. ::\'dia tradu7.ion~ c ncllc note mi e stato di \'alidissimo aiuto il la\·oro


l~erziano de! Gigantc, comc, per la comprensione delia pcrsonalita letteraria
t.h .\rce~ilao, e stato illuminante l'articolo uello stesso studioso Poesia e crilica
lrttaoJt'ia iu Arusilao in Riurche Darbagallo, I, Napoli, 1970. pp. 431 se,gg.
l~l. Nella traduzione de) passo numeniano mi sono attenuto al testo dcl
<le,; l'laces (Pari,;. 1973. fr. 25, pp. 64-71), Parccchie espressioni numcnianc
•h carattcre satirica nei riguanli di Arcesilao tragguuo origine da fonti varia-
mo:·nle l~ttcrarie dell'eta ales:>.1.ndrina e anche dell'eta classica. L'importanza
<h •)uestc fonti c ancora piu C\'idcntc nel brano in cui vicnc attaccatu Lacide
(lr. ~6 d~ Places). P~r quanto conccme i rapporti ui Xumenio con i Neo-sofisti.
•embra paradossale l'accostamcnto tra il teologo di .\pamea e il Filostrato
auture delia l'ila di Apollolli<' Tianeo. Il Reardon (C.mra11/s lilllrair•s grrcs
dr.< li• •·t Il/• Siidrs apres ). C.. pp. 2i6-j. 2!14. 29-fl inseriscc Numenio ne!
'' nuu,·o • ~ !o accosta al mondu cristianu, mentre lascia Filustrato nel • \'t'C·
chio '· )la certe distinzioni troppn nctte non sono accettabili.

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IJO ARCESILAO

oltre a possedere un vigore altamente speculativa, ci da anche pre-


ziose notizie in merito a11c contradditorie interpretazioni clei pensiero
arcesileo che giâ. si ebbero nell'antichita, ma il suo scritto sgorga da
un animo irriducibilmente ostile verso l'uomo e verso il pensatore.
E l'avversione puo pure aguzzare l'ingegno e far vedere la pagliuzza
nell'occhio del propria fratello, ma non induce certo - per usare,
con buona pace di Arcesilao, un termine zenoniano- alia Wl't'<XÎ.7j~(o:l
Le fondamentali pagine di SC'sto Empirico, che pur mcritarono
l'alto elogio dello Hegel 20 pt'r la loro sistematica spcculativitâ., non
hanno avuto, purtroppo, buona fortuna prcsso i moderni addetti
ai lavori sullo Scetticismo greco 21 • E stato, infatti, notato che Sesto,
anche senza assumere nei riguardi di Arcesilao il tono sarcastico e
sferzante di Nnmenio, tende a prt'sentarlo come sostanzialmente
dommatico, se non addirittura platonica: l'Empirico avrebbe avuto
come sua fonte principale gli scritti di Encsidemo, ove wnivano messi
in evidcnza gli errori dell' Accademia arcesileo-carneadea in vîsta di
un autentica recupera de] Pirronismo. A noi il troppo capillarc anti-
sestismo di parecchi insigni studiosi sembra animato da eccessiva
acribia e, a parte certi errori in cui Sesto e caduto nell'interpretare
espressioni particolari riferentisi ad Arcesilao, sembra un po' arro-
gante, almeno allo stato attuale delle conoscenze, pretendere di capire
meglio di lui il tormento storico dello Scetticismo greco.
Tuttavia, pur senza sottovalutare la testimonianza dell'Empirico,
clobbiamo riconoscere che e stato merito di Cicerone - nonostante
ogni probabile travisamento filosofico da lui operata e nonostante
il suo certissimo e talora fastidioso orxatus oratorio - quello d'averci
conservato i documenti piu ragguardevoli del pensiero di Arcesilao 22•
Cio vale sia per quanto concerne l'insistenza sull'eredita della meto-
dologia socratica raccolta dal fondatore delia Nuova Accademia sia
per quanto concerne le posizioni assunte da quest'ultimo nei con-

'ZO. Cfr. Lczio•ri s11/la Sf. delia Fii., 11, p. 486. Anchc I'Arnim considerava
il passo sestiano di Adv. log. 1, 15o-157 come la Hauptslâlc ilber dcr Lchre
des A rkrsil;~os.
21. Cfr., tra l'altro, CREDARO, Lo scclliâsm(l dt•gli Acc11demici, II, pp.
JS segg.; RoBI:-!, Pyrrhon et le supticismr grrc, pp. 6o segg.; DAL PR.'>, Lo scet•
ticismo gr~co, pp. IH-7·
22. Il Long (Hei/mistic Pllilosophy. p. 93) considera Cicerone • our best
evidcnce for Arce,;ilaus "· e gia !o Hegd, pur simpatizzando giustamente per
Sesto Empirica, riconosceva chc • i capisaldi delia filosofta di Ar.:esilao ci sono
,;tati consen·ati in particolar modo da Cic<'rone nelle Acadcmicar q11aestiune.~ •
(Lc:io11i s111/a SI. drlla Fi/., 11. p. ~86). Nella tTaduzione del bmno del De
Oralnrt- ho seguito il tcsto de! Friedrich (Lipsiae, 1912), in quella del bTano
del De >~alr~ra drorum il testo del Hackham (Lonclon-Cambri<.lge Mass., 1968)
e in qucllo del brano del De ji11ibus il tcsto ancora del Rackham (London-
Cambridge l\la.ss., 1 967).

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fronti deHa gncseologia zenoniana. Ridurre, pero, il Va"o e il Lucullus


dcll'oratore-filosofo a briciole dossografiche - come siamo stati co--
stretti a fare per altre sue opere - ci e sembrato irriguardoso non
tantn \'erso il grande stilista e compositore latino quanto verso quella
!,orprcnclente grazia filosofica che assistette 1' Arpinate durante la
stesura di quei due dialoghi. Potra, percio, la sezione del presente
,, 0 ]ume riscrvata ad Arcesilao sembrare manchevole; ma i richiami
te~tn~Ji indurranno il pazicnte lettore a inserirc da se i passi arcesilei
deg;li Accademica ciceroniani in questa sezione del nostro libro ed
a ~onfrontarli con quelli di Sesto Empirica 23 • D'altra part{', solo
seguE.-ndo l'intero discorso ciceroniano ci si potra rendere conto anche
di tutt~ una vivace continuita storica per circa due secoli e di tutta
una complicata maniera di prospettare la scepsi di Arcesilao nel·
J'ambito delia Dc:batt.e accademica alla fine di tutta la fase scetti-
chrggiante.
J)i notevole importanza e, infine, la testimonianza desunta dai·
1'.-lth·rrsas Coloiem di Plutarco 24 • Essa non solo mette, al pari di
quc:lle ciccroniane, in luce simpatetica la critica alia gneseologia
stoica c il carattcre dell'bto;:~ accademico-arcesilea, ma ci offre an-
chr la quasi unica notizia sulla battaglia anti-epicurea gia ingag-
giata da :\rcesilao e poi degnamente proseguita da Carneade 23•

I'ifa di Arcesz:lao (DIOGENE LAERZIO IV, 28-45)


Arccsilaa, figlio di Seute (o di Scite, carne tramanda Apollo- 28
doro 1 nel terzo libro delle Cronache), era nativa di Pitane
nc-ll'Eolia. Egli e stato l'iniziatore delia l\Iedia Accademia,
~.l· Sono fondamentali per la critica di Arccsilao alia cpa:v-.cx<7b v.a:-ra:-
i.T;r:·mdj i ~§ 71l-87 de\ Lucullr1.s; per la critica delia O"'J"('.tcx-rli-lh:ar.o; stoica il
li :15 dd l"ar~·o e il§ :;.z del Luwllus; per la critica dell'6"'9b.; )..6yo.; il§ 45 de)
1 mr,•; per l'i:r.'lzlj i §§ -12-45 fiei l'arro e i §§ 59, 66-67, 77-78 del Lllcr1llus;
r~r f';::j;;.vrov il § JI del Lr1cullus; pl'r l'csotcrismo il § 6o del Lucullus.
2.1. :\Ii snno attc-nuto al t"sto di Pohlc-nz-Westmann {PLUTARCHI, J1loralia,
""': \"1. fase. :1., Lipsiae, 1959), ma ho tratto ntolto giovamento, anche per le
r.thm~ annotazioni, da quello di Einarson-De Lacy (Piularch's Moralia, XIV,
~nndon-Cambridge :'.lass .. 1967). Dagli altri scritti antistoici di Plutarco (De
Slotc. ,-,·p., SloJic. absurd. pod. dic .. D~ comm. unt. c:ouiTa Stoic.). in cui sono
pre•cnti parecchi accenni ad Arcesilao, mi sono limitato a farc soltanto qual-
chc dtazionf'.
~.5- Per piu ampi ragguagli su quesla polemica si rim•ia all'ancor valido
Crr•Ja~o (/_o scrtticismo tlfgli A ccademiâ, II. in particolafc pp. 27-9). Per le
polcnnche anti-sccttichc d~lla scuola epicurca coinvolg~nti anchc la filosofia
<h Arc~silao e da tl'nere prcscntc il recente e giâ. cii.ato studio dell'lndelli
Pc·lWrato cm1tro g/i Suttici.
1. Fr. 15 Jacoby.

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perche fu il primo « a sospendere il giudizio a causa delta con-


trarieta delle affermaziani >> 2• E fu anche il prima a prospettare
ogni questione 11 sotto entrambi i punti di vîsta opposti u s, e
per prima apporto modifiche nel pensiero filosofica tramandata
da Platane 4 e lo rese piu affine all'eristica col fare uso di do-
manda e risposta s.
Ecco carne egli venne a contatto con Crantore. Era il quarto
dei fratelli, due dei quali erano figli dello stesso padre e due
delia stessa madre. E di quelli della stessa madre il maggiore
era Pilade, di quelli dello stesso padre il maggiore era l\lerea,
29 che fu suo tutore. Nei primi tempi, prima del suo trasferimento
ad Atcne, fu allievo dcl matematica Autolico, suo concittadino,
e con lui si reco anche a Sardi. Fu poi allievo del musico Santo
di Atene e dopo di lui ebbe per maestro Teofrasto e. In seguito
passo all'Accadernia, presso Crantore. Mirea, il fratello che
abbiamo poc'anzi menzionato, intendeva avviarlo all'eloquenza,
ma egli amava la filosofia. E Crantore, che di lui si era inva-
ghito, gli domando, recitandogli un verso dell' A ndromeda di
Euripide ~:
Mi sarai grata, s'io ti sah•o, o vergine?

E Arcesilao, per tutta risposta, recito le parole che seguivano 8 :


O schiava o moglie, come tu mi vuoi,
Prendimi, forestier 1

Da quel momento menarono vita comune.


30 Dicono che anche Teofrasto, rammaricandosene, esclamasse:
« Che ragazza ben nato e ben disposto se n'e andato via dalla
mia scuola! u Difatti Arcesilao non solo era molto forte nelle
argomentazioni, ma aveva anche un'ampia cultura e si dedi-

2. Cfr. C1c. l"orro XIV. 19; Lucull. XVIII, 59: XXIV, 77·
3· Os:;ia seguendo il metudo deU"antilo1,>ia, che ~ia era stato prospettato
da Protagora (dr. DIOG. L.\ERT. III. 37) e chc sarebbe stato ampiamcnte
applicato clagli Sccttici (dr, DloG. LAEII.T. IX, Joo; SEXT. E3!P. Pyrrll. hyp.
l, 2]).
"1· Os!iia disancorandolo dai dommatismo.
5· Gia Platonc, nell"Eutidemo, anche se in cbiave elcnchistica. aveva
applicato questo metodo che lrovll prcsso i ~Iegarico-eretriesi i piu acuti
seguaci (cfr. DioG. LAEII.T. II, Io6 c frr. 31-34 Doring).
6. Cfr. DioG. LAERT. IV. 22.
7· Fr. IZ9 Nauck'.
8. Fr. I,V Nauck 1 .

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ARCESILAO 173

cava pure all'attivita poetica •. E di lui si trarnanda anche


un epigramma indirizzato ad Attalo 10• Eccolo 11 :
l'crgamo e illustre non solo per armi, ma spesso e !odata
Anrhe pci suoi cavalli nella divina Pisa.
Se, poi, c pennesso a un mortale svelare di Zeus la mente,
E 5 sa sara piu ancora dai canti celebrata.

E ~e ne tramanda anche un altro, da lui dedicata a i'.·lenodoro,


amas1o di Eudamo, uno dei suoi compagni di scuola 11 :
Frigia c da qui lontana, lontana e Tiatira sacra, JI
Tua patria, o 1\Ienodoro, rampollo di Cadauas.
)Ia vcrso Acheronte nefando - i!, questa, un'umana sentenza -
Do,·unque si misurino, sono i sentieri uguali.
Questa magnifica tomba t;'crcsse Endamo, cui fosti
Di m0lti suoi coloni tu molto pii:l gradito.

Pi\1 di tutti gli piaceva Omero, di cui, anche quando andava


a dormire, leggeva sempre qualcosa; ma anche all'alba, ogni
volta che decideva di leggerlo, diceva cbe andava a convegno
con )a persona amata. Soleva affermare, poi, che Pindaro 1!
eccezionale per la pienezza del linguaggio e per la riccbezza
dei nomi e delle espressioni che egli offre. Ancora giovane,
cerca di rilevare le caratteristiche anche di Ione u,
Fu, inoltre, allievo per non poco tempo del geometra Ippo- 32
nico; e lo prese anche in giro, perche questi era, tra l'altro,
moscio e sbadigliante, anche se perietto conoscitore della sua
arte. •< La geometria - noto Arcesilao - gli scivolo sulla bocca
che egli teneva spalancata! 11 Una voita questi soffriva di un
forte esaurimento nervoso: Arcesilao lo accolse a casa sua e Io
euro fin quando quello fu del tutto ristabilito.

'l- Per l'atth·ita poetica di Arcesilao Vl'dasi M. GJG.oi.XTE, Poesia e critica


lrttcrada iJl Arc., cit., pp. 431 scgg.
<l' In. Si tratta o..li Attalo Filetero. che StraLone (Xlll, 6z3) riteneva padre
1
Attalo 1. re di Pergamo, ma che il Cardinali (La genealogia degli Atlalidi,
• ~Iem. delia Regia Accad. delle Scicnze dell'Ist. di Bologna •. sez. I, V li, I9IJ,
pp. 77 scgg.) ha dimostrato cssere stato zio del suddetto sovrano.
1 r. .·hth. Plan. 111, 56.
12 . • ·l>rth. Plan. II, 382.
d' .1 3· Si tratta de! poeta lone di Chio (Apelt e Ia maggior parte degli stu-
1.'0S1 ~o<lemi); un'antica tradizionc, invece, ritencva che si trattassc dcl-
omommo dialogo o..li Platonc (per la questione vcdasi nota de! Gigante ad lroc).

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IJ4 .'\HCESILAO

Quando Cratete mori u, egli assunse la direzione della


scuola, perche gliela cedette un certo Socratide 15 .
In ossequio al fatto chc egli sospendeva il giudizio su tutte
le case, non scrisse - sostengono alcuni - neppure un libro 11.
Altri, invece, affermano che fu sorpreso rnentre apportava
correzioni a certi scritti 17 , e c'e ehi dice che egli li pubblico
e ehi dicc che li brucio. Sembra che egli ammirasse anche
33 Platane: del resta ne possedeva personalmente i libri. Ma,
secondo altri, egli fu anche ardente emulo di Pirrone, e si de.
dicava aUa dialettica e si atteneva alle maniere argomentative
degli Eretriesi; ragion per cui Aristone 18 diccva di lui 19 :
Dinanzi Pirrone, di dietro Platane, nel mezzo Diodoro.
20
E Timone dice di lui cosi :

Avcndo al di sotto del petto il piombo di ~fenedemo,


Ricorrera a Pirrone carnoso oppure a Diodoro.

E gli fa dire un po' dopo 21:

A nuoto andro da Pirrone o da\lo sbilenco Diodoro.

Arcesilao amava esprimersi per assiomi e tirava a conclu-


dere e, colloquiando, badava molto alla terminologia. Sapeva
34 essere rnolto tagliente e franca eli complimenti. Percio, ancora
una volta, Timone dice di lui cosl 211 :
Va frammischiando intelletto con seducenti battute.

Cosl, a un giovanetto che parlava con malta sfrontatezza,


Arcesilao disse: « Nessuno gli fani una buona tirata di orecchi? u
E ad uno che era accusato di prenderlo a quel posto e che
voleva dare a intendere che la rnisura eli certi organi e sempre

14. Ne! 270/69 a. C. (Jacoby).


15. Cfr. Acad. philos. it~d. here., col. XVIII, 1. Farse non ll da cscludere
che si ebbe una piccola guerra di successione.
16. Una conferma e în PLUT.-\ItCH. De Alrx. fort. allt viri. ]28 a·b.
17. (di Crantorc), integra il Gigante sulla base di Acad. pllilcos. ind. h•'1'C.,
p. 68 segg.
tS. Filosofa stoic(l, dctto il Calvo, il cui ~(Q~ e narrato in D100. LAERT.
VII, r6o-164.
19. Cfr. Stoic. vei. frag. I, 343 Antim. La parodia e tratta da RoM. li.
VI, tlh, 0''c e dcscritta la Chimera.
zo. Fr. 31 Dîels = Jf> \Vachsmnth.
21. Fr. 32 Diels = 17 'Wachsmuth.
22. Fr. 33 Diels = 18 \Vachsmuth.

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ARCESILAO 175

la stcssa, egli domando se un membro di dieci pollici non gli


sembrasse piil grosso di uno di sei. E poiche un certo Emone
di Chio, chc era brutto e si credeva bello e andava pavoneg-
giandosi tutto in ghingheri, disse che non gli sembrava oppor-
tuno che un saggio si innamorasse, Arcesilao rispose: u Neppure
di uno che sia bello carne te e che abbia vesti cosi eleganti? 11
E poiche costui, che era uno spudorato, volendo fare intendere
che Arccsilao face va il finto austero, disse 23 :
Signora, posso chicderti o sto zitto? 35

egli. rli rimando, rispose 2 ~:


Donna, perche si scabra e in guisa strana.
liii par li?

Un volgare cialtrone lo infastidiva; ma Arcesilao gli disse 25 :

Dei servi i ligii hanno un parlar sfrenato!

Un alt ro faceva un rnondo di chiacchere; ma egli obietto:


u Costui non ha avuto arcigna neppure la nutrice! n A certa
gente, poi, non si pcritava neppure di rispondere. Ad un usu-
raio che amava la cultura e ammetteva di non sapere una
certa cosa, egli disse 26 :
Sfugge all'uccello femmina ove sp1nno
I venti, ma non quando e ll sua prolc.

Sono versi, questi, dell'Enomao di Sofocle.


Ad un dialettico alcssiniano 2; chc non riusciva a dare 36
adeguato sviluppo ad una certa argorncntazione di Alessino,
egli racconto quello che fece Filosseno ai mattonai. Filosseno,
infatti, li sorprese che cantaYano maJamente i suoi canti e,
percio, prese a calci i loro mattoni, dicendo: ~Carne voi date
il guasto allc mie cose, cosi io lo do alle vostre n 28 •

2j. A tlesp. 282 Nauck'.


:q. /l.dt'Sp. 21'13 Nauck 1 .
z:;. Eurip. lr. 9i6 Nauckt.
. 26. SO!'H. fr. 436 Nauck' = fr. ~77 Pcarson. Gli stes!'i vcrsi sono riportati
In PLUTARCH. QrtafS(. COIIV. ]I8a.
a ?.].Test. 8u Doring. Per Alessino di Elide , che fu chiamato 'EAIE"''(~ivo~
.., ..
causa del suu amore per le controversie (f"hryj(oL). cfr. DroG. LAERT. 1l,
10
? c D6R!:>G, Die Megariker. pp. 21-7. ll!)·ZJ. La scuola di Alcssino con-
cihava dtalettica c retorica.
2M. Cfr. JACOBY, Frg. hisl. graec. IV, 159.

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ARCESILAO

Arcesilao se la prendeva con quelli che non erano stati


solleciti ad imparare le varie discipline 29• Per un certo im~
pulso naturale, quando parlava, usava intercalare: « Dico io »
e le A cio non dara l'assenso quel tizio" e faceva il nome: cosa
che veniva imitata anche da molti suoi allievi, insieme alia
sua maniera di parlare e ad ogni suo atteggiarnento.
37 Era anche molto ricco di inventivita nel rintuzzare le obie~
zioni con successo, nel far convergere le discussioni intorno al
tema proposto e nel sapcrsi adattare ad ogni circostanza. E
riusciva a suscitar persuasione su qualsivoglia argomento. Anche
per questo motiva un numero sempre maggiore di persone si
reca va a scuola da lui, pur avendo paura della sua lingua aguzza.
Ma lo tolleravano di buon grado, perche egli era fondamental~
mente buono e riempiva di speranze quelli che gli davano ascolto.
Nella condotta delia vita fu molto socievole e pronto a
beneficare e a tener nascosti i favori che faceva, schivo di ogni
vanagloria. Cosi, una voita si reco al capezzale di Ctesibio ao,
che era ammalato, e, avendolo visto in preda all'indigenza, di
nascosto gli pose un borsellino sotto il guanciale; e quello,
avendolo trovato, esclamo: « Questo e uno scherzo di Arce~
silao ''· Ed anche in altra occasione gli mando un migliaio di
dracme 31 •
38 Ad Eumene 32 raccomando caldamente Archia di Arcadia e
gli fece ottenere grande prestigio.
Liberale e spregiatore del danaro, era il primo a recarsi a
conferenze 33 dove si pagava l'ingresso con una rnoneta d'ar~
gento; pili di ogni altro si reca va a quelle di Archecrate e di

29. Ossia gli E'(l!•j><).tcr. fJ.:X~~fJ-2.":"11 o artes liberales che crano indiBpen-
sabili per ehi volesse poi acquisire una cultura scientificamente qualilicata..
Contra di essi polemizzerd. Sesto Empirica in A dv. malh. 1-V 1: per piu ampie
notizie rinvio alle mie note dt'lla trari. italiana di quest'opcra (pp. VII-XI).
30. Di~ccpolo di :IIcncdcmo, non risparmiato da Timone (fr. 30 Wachsmuth).
JI. Per analoghi episodi cfr. PLl.'T.-\RCfl. Quom. adu/. ab am. ir~lemosc.
6Jc:l c jrg. lj2.
32. Si tratta o del fratcllo di Attalo l;iletcro, padre di Eumcnc 1, re di
Pergamo o. piu probabilmente, di qucst'ultimo.
33· Carne suggerisce il Gigante (nota tJd lwc) le !ld~~u:; di cui paria Dio-
!!;Cne crano conferen7.e d'apparato. pubbliche letture e dibattiti culturali per
partecipare ai quali bisognava pagare in manete d'oro a d'argcnto, secondo
l'importanza dei partccipanti. Qualcosa di analogo era gia accaduto ai tempi
di Protagora e continua,·a ad accadcre ai tempi dello stesso Lacrzio.

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ARCESILAO 177
(allicrate 3 ', ove l'ingresso costava una moneta d'oro. In non
pochi casi faceva opera di soccorso e raccoglieva collette. Una
voita un tale si fece prestare da lui vasellame d'argento per
un ricevimento di amici e non glielo restitui: egli non glielo
richiese, anzi disse: «Non e roba mia!» Altri, anzi, dicono che
fece quel prestito di proposito e, quando quello glielo voleva
restituire, Arcesilao gliene fece omaggio, perche quel tale era
povero.
Egli aveva anche a Pitane molti beni patrimoniali, eli cui
gli inviava le rendite il fratello Pilade. Ma gli somministrava
molti dona tivi anche Eumene, figlio 35 eli Filetero: ecco perche
solo a costui. fra tutti gli altri re, egli faceva le sue dediche.
11olta gente offriva servigi anche ad Antigono 36 e gli an- 39
clava incontro ogni volta che costui si recasse ad Atene: egli
solo se ne stava tranquillo, perche non voleva incontrarlo per
prima e farne conoscenza.
Fu amico in moda particolare di Ierocle 37 , che comandava
su xlunichia e sul Pireo, e, durante le feste, discendeva ogni
voita da lui. E, tra l'altro, sebbene anche questi cercasse piu
volte di convincerlo a presentare gli omaggi ad Antigono,
Arcesilao non si lascio persuadere, ma una voita, pur essendosi
spinto fin sulla soglia di Antigono, fece macchina indietro.
Dopo la 'rittoria navale di Antigono 38 , mentre molti si reca-
vano da costui o gli scrivevano biglietti di congratulazioni,
egli solo se ne stette in silenzio. Ma, tuttavia, quando si tratto
di difendere la patria, partecipo ad un'ambasceria a Demetriade,
presso Antigono, quantunque senza successo. Tutto il suo tempo,
pe ro, egli lo trascorreva nell' Accadem.ia, alia larga da ogni
impegno politica.
E una voita, propria ad Atene, al Pireo, indugio molto 40
tl'mpo a discutere di certe questioni con Ierocle, delia cui fa-
miliarita egli godeva: per questo fu anche oggetto di qualche
pettegolezzo.
34· Poco o nulla sappiamo di questi due pl"rsonaggi: fon;e furono filosofi,
forse pittori.
35- Per questo probabile crrore del Laerzio cfr. 11u. 10. 32.
36. Si tratta di Antigono Gonata (320-240 a. C.). figlio di Demetrio Polior-
c:ete c re delia Macedonia.. I suoi rapporti con Atcne furooo motto tormentosi.
37· Comanclante del presidio macedone al Pireo (cfr. DlOG. LAERT. II. 127).
.. JS. Diogene, forse, allude alia vittoria di Cos (254 a. C.} contra Tolonteo
hladelfo.

~~. Sc.rUid 411Jirlli.

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ARCESILAO

Essendo rnolto amante delia magnifi.cenza - non per nulla


fu chiamato ct il secondo Aristippo 11 30 - , si reca va a banchetto,
certamente, presso persone che avcvano mocli simili ai suoi,
ma pur vi si recava. E conviveva, senza farne mistero, con
Teodote e con Fila, etere d.i Elide, e a quanti glielo rinfaccia-
vano rammentava i detti d.i Aristippo 40•
Aveva molta inclinazione per i ragazzi e si lascia va andare
al piacere: ragion per cui gli Stoici al seguito di Aristone di
Chio n lo accusavano chiamandolo corruttore di giovani e
41 cinedologo e svergognato t.ll. E si tramanda che s'invaghl so-
prattutto di quel Demetrio chc fece vela per Cirene 43, e di
Cleocare di Mirlea; e una volta i suoi amici bontemponi bussa-
rono alia sua porta, ma Arcesilao rispose che egli, si, voleva
aprire la porta, ma Cleocare glielo impediva. Di costui si erano
invaghiti Democare, figlio di Lachete, e Pitocle, figlio di Bucelo:
una voita, avcndoli colti in flagrante, disse che cedeva il posta
per spirito di tolleranza. Per queste sue uscite le persone sud-
dette lo mordevano e lo beffeggiavano, chiamandolo amante
di popolarita e di buona reputazione. Soprattutto lo assaliva
Ieronimo il Peripatetico 44 ogni volta che Arcesilao radunava
gli amici nel cornpleanno di Alcioneo, figlio di Antigono, quando
quest'ultimo inviava danaro a iasa per la lieta ricorrenza.
42 Non si lasciava mai sfuggire l'occasione di deprecare le
discussioni filosofiche fatte tra le coppe; percio, siccorne Ari-
dela" gli proponeva un certo problema speculativa e gli chie-
deva di dargli una spiegazione, Arcesilao disse: 11 Ma soprattutto
questa e la massima prerogativa delia filosofia: sa pere quando
ogni casa e opportuna 11.

39· Fr. 123 ~Iannebach. L'amore di Arcesilao per i banchetti e ricordato


in PLUTARCH. De cohib. ira 461 d.
40. Cfr., tra l"altro. DIOG. LAERT. Il, 67, 74-75.
41. C!r. Stoic. vei. frag. I, 345 Arnîm.
42. Queste accusc verranno insistcntementc ripetute da Numcnio-Eu-
scbio nd brano scguente. Anchc Pluta.rco (De tuen. sanii. praec. 126a; Quaest.
canv. VI, 1, 634a; III, I, 7o:;e; fr. 181 da AuL. GELL. III, 5) riferisce certi
scabrosi ragionamenti di Arcesilao.
-43· Forsc per passan.' alia scuola di Aristippo II.
H· Fr. 4 \Vehrli. leronimo, chc. secondo la tradizione de! Peripato. era
stato scmpre filu-macedone, sc::herniva il fi.lomacedonîsmo postumo e forse
opportunistico di Arcesilao.
45· Il Gigantc traduce • Arîdece •. attencndosi. col \\'ilamowitz, ad .of cad.
phil. ind. here., col. XX. 7 seg.

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ARCESILAO 179

Per quanto concerne l'accusa che gli si rnuoveva di essere


amante di popolaritâ, anche Timone, tra l'altro, gli muove
J'appunto seguente 46 :
Cosl cgli avendo parlato, disccse tra il volgo accalcato;
E quclli, comc fringuelli fan con la civetta, stupiti
Si additano quell'imbecille, perche s'ingraziava le folie.
~on e un gran fatto, o infclice! Perche ne vai gonfio, crctino?

Alia fine dei conti, pero, egli era cosl n immune da vanagloria 11 47
da csortare i discepoli a prestare ascolto anche ad altri maestri.
E poiche un giovinetto di Chio non era pago di frequentare
Ia sua scuola, ma desiderava di frequentare quella del suddetto
Ieronimo 48 , egli stesso lo accompagno da quel filosofa, gfielo
presento e l'ammoni di comportarsi bene.
Grazioso e anche il seguente aneddoto che si tramanda di 43
lui. A un tale che gli chiedeva perche dalle altre scuole i giovani
solevano passare a quella di Epicuro, mentre dalla scuola di
Epicuro non passavano ad altre, « In verita - egli rispose -
da uomini si diventa eunuchi, ma da eunuchi non si ridiventa
llOlllllll ll,

Giunto alia fine delia vita lascio tutti i suoi beni al fra-
tello Pilade, in compensa del fatto che questi, di nascosto da
~Iin~a. lo aveva condotto a Chio e di li lo aveva guidato ad
Atcne.
In tutta la sua esistenza non contrasse mai matrimonio
ne genero figli. Avcndo fatto tre testamenti, ne deposito uno
ad Eretria presso Anficrito, un altro ad Atene presso alcuni

46. Fr. 34 Diels = I9 Wachsmnth.


H· Come suggeriva )'austera etica pirroniana. cui Arcesilao aggiungeva
un socraiico esamc di coscicn1.a. Tramanda Plutarco (De tranq. a11i111. 4;oa):
'La maggior parte dcgli uomini - diceva Arcesilao - si crede in dovere di
contemplarc pocmi e pitture e statue altrui pcrcorrendoli minuziosamt'nle e
<1. parte a parte con gli occhi delia ml'nte e del co~o. mentre trascura la sua
stessa vita. chc pur presenta molti incnnvenienti rla contemplare, e guarda
~empre all'cstemo e si mera,·iglia dl'll'altrui rcputazionc c dell'altrui fortuna.
Co 5 toro si compartano carne adulteri che corteggiano le dunnc d'altri, col di-
~prezzo chc essi nutrono per se stessi e per j propri beni '·
48. Fr. 6 \Vchrli. Plutarco (QII(mr. adulal. ab '""· irrlatrosc. 55 c) riferiscc
~n. altro signorile atto di Arccsilao: • Egli \'Îetb a Ba tone di freq~entare le sue
~t~cni, giac~h~ cost.u.i avcva composto, in una comm~dia, un versa contra
Clcantt", e SI rJconcrhb con Batonc solo quando questt chbe chiesto scusa a
eante e se ne fu pentito •· Per Ia stima che. a sua voita, Cleantc nutriva
versa Arcesilao cfr. DIOG. L.\ERT. V 11, 171.

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180 ARCESILAO

amici e il terzo lo spedi a casa presso Taumasia, suo parente,


con preghiera di tenerlo custodito. Ecco cosa gli scrisse:
44 u Arcesilao a Taumasia salute_
Ho consegnato a Diogene il mio testamento, perche te lo por~
tasse. Poiche sono sovente malato e il mio corpo si /: indebolito,
mi e parso opportuno far testamento; cosi, se mi capita qualche
guaio, morro senza tare torto a te, che mi hai tanto intensa-
mente rispettato. Per l'esecuzione delle mie ultime volonta,
fra quelli che sono qui tu sei il piu meritevole di fiducia a causa
dell'eta e delia parentela che c'e tra noi. Pertanto tu, memore
delia massima fiducia che ho riposto in te, cerca di essere
giusto nei nostri riguardi. GiaccM, per quanto da te dipende,
le mie volonta verranno eseguite con decoro. Altre copie del
testamento trovansi ad Atene presso alcuni miei amici e ad
Eretria presso Anficrito )).
Come riferisce Ennippo 119 , egli cadde in delirio per aver
bevuto gran copia di vino non mescolato e. cosi, mori all'eta
di settantacinque anni, accetto agli Ateniesi quant'altri mai.
45 Per lui c' e anche questo nostro epigramma 50 :
Arcesilao. perch~ tanto vin puro tu mai tracannasti
A iosa. <la marime, uscito fuor di senno?
Piango non gia la tua morte. ma l'onta arrecata alte Muse,
Quando la coppa usasti senza serbar misura.

Ci sono stati altri tre Arcesilao: uno che fu poeta delia


commedia antica 51 , tm altro che fu autore di elegie, e un terzo
chc fu scultore e in cui onore Simonide compose questo epi-
gramma 52 :
D' Artemide e
questa la statua: duecento dramme di Pa ro
i-:il prezzo: come segno c'e su di lom un capro .

..9. Fr. -14 Jacub)' = -1-1 :llullt>r. A proposito delia gotta che tormentava
Arc('silao. Ciceronc (De ji11. V, XXXI. 94) riferisce: •l\Ientre egli era angu·
stiato dai dolori delia gutta, venne a visitarlo I'epicureo Carmide. sno intimo
amico. Questi se ne slava usccndo mcstamcnte dalla camera, ma Arcesilao
gli di':'sc: "Rimani. ti prego, Carmio.le mia: di qui niente passa fino a qui ",
e intlicava i piedi t> it suo cuore. Eppure cgli anebbc prclcrito non sentir dolore! •·
50. AntiJ. Pal. VII. 104. Circa l"amort! di Arcesilao per l'uva. ana.logo
a qut>llo di Platone per i lichi. dr. PLUTARCH. Q11aest. tonv. VI, -t• 668a.
51. Fr. 2.!3 Cantarella.
5~- Anllr. Pal. III. 9 = rq DieW =ISi Bergk.

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ARCESILAO 181

Lo fece un uomo provetto a usarc le palme di Atena:


Arcesilao, figliuolo ben degno di Aristodko.

Il filosofa di cui abbiamo parlato fiori nella 128• Olim-


piade, secondo quanto dice Apollodoro nelle Crmrache 53 •

L'ambiguita speculativa di At'cesilao (NmtENIO, apud. E2tseb.


Pracp. ev. XIV, 5-6, 729 b - 733 d == fr. 25 des Places)

Discepoli di Polemone furono Arcesilao e Zenone 1 (di co- 7:!9 b


storo faro menzione ancora alia fine). Ricordo, pertanto, di aver s
detto che Zenone fu allievo prima di Senocrate e poi di Pole-
mone e che in seguito passo al Cinismo ad opera di Cratete 2 •
Ora, pero, per quel che lo riguarda, basta considerare che fu c
partecipe anche del pensiero di Stilpone 3 e delle teorie di
Eraclito 4 . Mcntrc entrambi erano condiscepoli presso Polcmone, 10
incominciarono a gareggiare tra loro e, nella loro polemica,
Zenone si scelse, carne alleati, Eraclito, Stilpone e ncllo stcsso
tempo Cratete (infatti da Stilpone egli acquisi l'abilita di po-
lemista, da Eraclito l'austerita morale e da Cratete la simpatia
per il Cinismo), mentre Arcesilao aveva dalla sua parte Teo- 15
frasto 5, Crantorc il Platonica 8 e Diodoro 7 e, in seguito, anche
Pirrone: ad opera di Crantore irnparo la scaltrezza delia per-
suasione, ad opera di Diodoro divento sofista e ad opera di d
Pirrone divenne versatile e spregiudicato, e, insornma. un nulla.

53. Fr. 16 Jacoby.


. I. Secondo Diogene Lacrzio (\"li, z), Zenonc di Cizio fu allie\·o prima
d! Scnocratc e poi di Polemonc. Dubbi cronologiei su questo comune di-
scepolato sono avanzati dallo Zellcr (Dit Pili/os. drr Grirclle!l, tom. IV, p. 491)
c da.l B_~ocharcl (Les scrpliq11rs grecs. p. 119).
. 2 .. S1 tratta di Cratete di Tebe, cletto • l'apritor~ di purte •. perch~ entrava
111 r.og-n1 ca>a per dare buoni consigli (cir. DIUG. L.~ERT. VI, 85 se~g.; YII, 2-4).
J. Test. l06 Doring e relati,·o commento a pp. 127-S. Per piu ampie notizie
sulla_ formazione di Zenone dr. PmlLESZ, La Stoa, 1, pp. 25 segg.; per i rap-
porti con Arcesilao dr. AR~IM, Arkuilaos, in oRE•, II. J, coli. 1164 scgg.
L 4· Per gli stretti rapporti tra Stoicismo cd Eraclitismo cfr. PonLE:SZ,
a Staa. 1. pp. 128. 142, 321. Si ricorrli che Cleante, allie\·o rli Zcnone, scrisse
quattro libri di esegesi eraclitee (Stoic. t•el. jt·.1g. ], 35 Arnim).
5· Cfr. DroG. LAERT. IV, 29-30.
6. C!r. ibidem.
7· Il terribile rlia\ettico con cui polemizzcranno e insieme simpatizze-
ranno gli Sccttici fmo a Sesto Empirico.

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ARCESILAO

20 Perei.:'> si andava dicendo su di lui. a guisa di canzonc, un vcrso


parodistico e offensivo 11
Dinanzi Platone, di dietro Pirrone, nel mczzo Diodoro.

Ma Tirnone afferma che Arcesilao apprese da Mcnederno l'eri~


stica e vi si addestro. Egli dice, infatti, di lui 9 :
Avemlo al di sotto del petto il piombo di Mcnedemo,
25 Ricorrera a Pirrone carnoso oppure a Diodoro.

730 a Intrecciando, adunque, con le sottili arguzie di quel dia~


lettico che fu Diodoro gli arzigogoli di Pirrone e l'atteggiarnento
scettico, Arcesilao cercava di abbellire con la forza del lin-
guaggio platonica certe sue « cialiere corbellerie » 10 : affermava
una casa e la negava, si andava voltolando di qua, di la, do-
30 vunque gli capitasse; pronto a cambiar rotta, sfuggentc, pronto
a far macchina indietro, e, insieme, ad essere spericolato: co~
noscitore di nulla, come egli stesso diceva, bonta sua! Eppure,
b dopo tutto, non so carne, appariva simile a ehi conosce, perch~
lo rendeva manifestamente versatile il chiaroscuro dei suoi
discorsi.
35 Carne non si sapeva in mezzo a ehi si trovasse il Tidide
america - se, cioc\ stcsse tra i Troiani oppure tra gli Achei 11 -,
allo stesso moda si ignorava da che parte fosse Arcesilao. Costui,
c infatti, non riusciva a rimanere sulla stessa posizione ne a fare
un unica e identica ragionamento, n~ reputava, ovviamente,
che questo fosse il modo in cui si dovesse comportare un uomo
40 che sapesse destreggiarsi. Percio veniva chiarnato

Sofista tremendo, strozzatore dci non esercitati 1' .

Difatti, al pari delle Ernpuse 13 , nella prestigiosita dei suoi

8. S"cotulo il Laerzio (IV, 33). il verso e di Aristone di Chio, che para-


frasava Ho)t. 11. V 1, ISI, o,·e si rapprescnta,·a la Chimcra • leone davanti,
scrpcntc di clietm c capra ncl mczzo • (cfr. HIRZEL. Unlersuchm1gen su Cic.
pliil. Schriflm, 1 I 1, p. 220).
g. Cfr. DIOG. L.-\ERT. IV, 33·
10. L'csprcssionc c frcqucnte nci comici (cfr., fra l'altro, ARISTOPJI. Rara.
u6o; Th,·sm. 461; Nub. 1.05: Eq. 664; ~IE:s. Hypob. 3).
11. Cfr. HoM. Il. \', lly6.
12. Verso di una tragedia (NAUCK, AJesp., 323), chc il \Vilamowitz (•Her-
mes •. XI. 1876. pp. 202-3) inscriva in EuRIP. Suppl. 903.
13. Demoni inlernali seguaci di Ecate, spauracchi delia fantasia popolare,
molto ricon.lati presso i poeti comici e neUa tradizione neo-pitagorica (cir.
ARISTOPII. Ran. 293; Aca1n. I056; PHILOSTR. Apo/l. uita Il, 4).

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ARCESILAO

discorsi egli riusciva a camuffarsi con circospezione e con cura,


faceva l'incantatore e non possedeva lui stesso alcuna cono-
scen za ne tollera va che gli altri 1' a vessero; diffondeva, pero,
soltanto timore e turbamento e, avendo il primato in sofisrni
e Iadronesche argomentazioni, tracva godimento dalie offese 45
e si vantava, in un modo tutto singolare, di non sapere se ci
~ia un qualcosa che e brutto o che e bello, che e buono o che d
c cattivo; al contraria, diceva quello che per prima gli veniva
in mente, sah·o pai a mutar parere ea demolire con un numero
maggiore di argomentazioni quello che prima aveva costruito.
Era uno che tagliava a pezzi se stesso carne un'idra e si faceva
fare a pezzi da se stesso, volgendosi alternativamente ad en- so
tram bc le soluzioni contrarie in maniera indiscriminata e senza
alcun rispetto per la decenza. Eppure riusciva ad appagare
gli ascoltatori, perche costoro, nel prestargli udienza, ne con-
templavano il decoroso aspetto: egli, infatti, era molto gra-
devolc all'udito e alia vîsta, e percio quelli erano oltremodo
lieti di recepire le parole che si diffondevano da quel volto
attraente e da quclla bella bocca adornati dalla lusinghiera 55
cortcsia dci suoi occhi.
Tutte qucste sue caratteristiche non vanno, pero, consi-
derate come qualcosa di semplice e genuina, ma si andarono
profilando fin dai primi anni nel modo seguente. Egli convisse
da ragazzo con Teofrasto, uomo mite e non aliena da tendenze 731 a
erotiche; poi, a motiva delia sua bellezza, quando era ancora
nel fiare dell'eta, ebbe carne suo innamorato l'accadernico 6o
Crantorc 14 . Corrispose al sua amare, ma, d'altra parte, non priva
di requisiti naturali qual era, utilizzo questa sua natura alacre,
cedevole, riscaldata dall'ambizione, apprendendo da Diodoro
quelle sue leggiadre furfanterie persuasive e seguendo soprattutto
Pirrone (e Pirrone era partito, alia fin dei conti, da Demo- 65
crito) 15 • E con questo suo equipaggiamento egli rimase legata,
tranne che ndl'appellativo, a Pirrone, vale a dire alia sop-
pressione di tutte le case. Ecco perche :Mnasea e Filomelo 16

'·1· Cfr. Dmc. L.\ERT. IV. 29.


1 5· Que,ta notizia (chl" e anche un giudizio eri tico) c ritcnuta fond a mentale
dal von Fritz .
. Ifi. lller!ici ddl'indirizzo sccttico-mctodico (cfr. DEICHGR..Î.DER, Die grie-
ch,sche Empirikersclnc/e, pp. 266-7).

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ARCESIL.'\0

e Tirnone, pensatori scettici, lo chiarnano scettico al pari di


70 loro stessi, giacch~ anch'egli eliminava il vero e il falso e ogni
credibilita. Pertanto Arcesilao, che ben a ragione era stato
detto pirroniano dai Pirroniani, tollero di essere chiamato an-
cora accademico per mero rispetto verso il suo innamorato.
In conclusione egli fu pirroniano ancorche non ne assu-
messe il nome, e non fu affatto accademico, se non di nome.
75 I\e mi lascio persuadere da Diode di Cnido 17, il quale nei suoi
scritti intitolati Diatribe va affennando che Arcesilao temeva
c i seguaci di Teodoro 18 e il so:fista Bione 18 , i quali erano sempre
pronti ad aggredire i filosofi. e non esitavano a cogliere ogni
occasione per esercitare le Iora confutazioni contra tutti, e che
percio egli - al solo scopo di non ricevere fastidio da costoro -
So si guardava bene dal professare manifestamente alcuna dot-
trina: carne, infatti, le seppie lanciano l'inchiostro, cosi egli
avrebbe lanciato in sua difesa la sospensione del giudizio. Ma
a tutto cio, da parte mia, io non credo 20•
85 Orbene: Arccsilao e Zenone, partiti dalla medesima fonte,
protetti - carne da anni difensive - dalie argomentazioni che
militavano a favore di ciascuno dei due, dimenticano di aver
preso entrambi l'abbrivo dalla scuola di Polemone e vengono
d a collisione e ai ferri carti 21 :
Ecco che insiemc cozzaron scudi, aste e forze di prodi
Dalie corazzc di bronzo: gli scudi con l'ombelico
CJO Si urtarono gli uni con gli altri e grande fragor si Ievava:
Calcava scudo lo scudo, elmo elmo, guerriero guerriero
Abbatteva.
Î .32 a Allora levaronsi insicme i pian ti e gl'inni dci prodi
Che davano mortc o morivano.

17. Si tratta proloahilmt>nle di una Stoica non meglio identificata, a mcno


che Xumenio non l'abbia confuso con Diocle di !\la~nesia. Il Vl'ilamowitz
(.•hrtigonos von Karyllos, p. JlJ) lo illentitica con qud TJiocle o Dicaiocle che
e riconlato in ATIIEN. XI, 580 c.
18. Si tratta, farse, di Teodoro l'ateo, cirenaico. aulore di un'opcra Sulle
smole filosofiche (dr. DIOG. LAF.RT. II, 65).
19. Si tratt..1. tii Bi<me di Boristcne, che ebbe particolare inclinuionc alla
parodia (dr. Dmc. L.uRT. IV. 52). Come il sno maestro Tcodoro I'ateo. adottava
O!,'TIÎ sorta di argomcntazioni sofistiche.
:zo. Agostino, invece, a"anza nuo\·amente l'ipotcsi di Diocle in Contra
Acad. III, 37-41. L'immagine delia seppia fu usata giă. da Attico nei confronti
di Aristotele (cfr. EesEB. PraEf'. ev. XV, 9, 23).
2 r. Numcnio cita alia rinfusa c a memoria luoghi omeri ci di~·ersi (Il. IV,
446-451, 472).

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.'\RCESILAO

Massacro di Stoici, ~ ovviol Infatti gli Accademici non 95


venivano colpiti dai nemici, perche non si sapeva da quale
parte si potessero piu facilmente acchiappare. Eppure sarebbero
stati sconfitti, una voita che fosse stato scosso il loro fonda-
mcntale sostegno, se, cioe, essi non avessero posseduto alcun
principio ne un punto di partenza per lottare. )la il principio
per sconfiggcrli stava nel redarguirli del fatto che facevano
affermazioni non platoniche, mentre la loro mancanza di un zoo
punto di partenza per lottare si sarebbe riscontrata qualora,
apportando un mutamento, si fosse sottratta un'unica casa
alia loro definizione della rappresentazione apprensiva 22• Ma
adcsso non mi sembra il casa di precisare questa questione:
me ne ricordero un'altra volta, quando mi accingero a trattarla
nella fattispecie.
Venuti, dunque, in aperta battaglia, non tutti e due riu- b
scirono a colpirsi tra loro, bensl era Arcesilao quello che col-
piva Zenone. Quest'ultimo, infatti, aveva un moda di corn- 105
battere troppo appariscente e pesante e per niente migliore di
qucllo del retare Cefisodoro 23 • Questo Cefisodoro, infatti, vedeva
che il sua maestro Isocrate subiva gli attacchi di Aristotele,
ed esscndo personalmente ignaro ed inesperto del pensiero ari-
stotelico, ma osservando, d'altra parte, che il pensiero di Platane
era celebre e credendo che Aristotele continuasse ad attenersi no
al pensiero di Platane, polernizzava contra Aristotele, ma in
realta non faceva altro che colpire Platane e cominciava col G
mettcrlo sotto accusa per la dottrina delle idee e andava a finire
alle altrc case, di cui egli non sapeva nulla, ma supponeva che
queste stessero realmente carne di solito si diceva a proposito
dei due filosofi. Ma questo Cefisodoro non combatteva contra ns
quello al quale aveva dichiarato la guerra, bensi si metteva a
battagliare contra quello con cui non aveva avuto intenzione
di combattere.
Per quel che concerne Zenone c'e da dire che, se egli, dopo
aver messo da parte Arcesilao, non si fosse messo a polemizzare

.n. _La posizione fii .~rcesilao in merita alia 'i''"'"":'lllitt Y.IZ":ClA'IjT::":tY.~ si


tro, a esposta supra tluttu m Ctc. J_ru:l/1/. ]9·49·
. 2 3· Per qucsta polemica di Cefisoduro in dilcsa del sua maestro Isocrate,
~r,ort~ta in modo imprecisa da Numcnio, cfr. TH. Go!otPERZ, Pcnsczlo•i gr~ci.
• FJrcnzc. 1967 1 , p. 28; P. MoRACX, L~s lisfes aucietJrtes des orwragt•s d'A,i-
slote. Louvain, 1951. pp. 334-7 e l"annutazione del des l>laces a pp. II4-.5·

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r86 .'\.RCESILAO

contra Platane, avrebbe filosofato, a mia avviso, nel modo


120 migliore, almeno ai fini della pace. Se, invece, entro in lizza
non ignorando, farse, le dattrine di Arcesilaa, ma ignoranda,
d comunque, quelle di Platane - carne si puo evincere, del resto,
da quclla chc egli scrisse contra quest'ultimo -, in questa casa
anch'egli ha fatta il contraria di quella che avrebbe dovuta
fare, perche non ha colpito colui che egli conosceva, ma ha
lanciato le piit vergognose e turpi offese contra ehi non avrebbe
dovuto, assumendo, in questo casa, un comportamento peg-
giore di quello che si addice a un cane. Senoncbe egli dichiaro
125 di astenersi dal colpire Arcesilao per una certa generosiU.
d'animo. Difatti Zenone voise «la vasta bocca di guerra esi-
ziale 11 :u versa altra direzione, ossia contra Platane, o perch~
non ne conosceva i pensieri o perche aveva paura degli Stoici.
Ma anche delle macchinazioni che Zenone ha ordito con
cattiveria e senza ritegno contro Platane io parlero un'altra
733 a volta, se avro tempo per la filosofia. Quantunque non vorrei
130 aver mai tanto tempo a mia disposizione se non per trattare
scherzosamente queste inezie l
lnsomma: Arcesilao, vedendo che Zenone gli faceva con-
correnza nell'arte e ])Oteva essere battuto da lui, si misc senza
esitazione a demolire le argomentazioni che quello adduceva.
135 Degli altri punti di attrito che Arcesilao ebbe con Zenone non
mi e, farse, possibile parlare; ma, anche se ne avessi la possi-
bilita, non varrebbe ora la pena di farne menzione. Ma, con-
siderando quella dottrina di cui Zenone si era fatto prima
assertore - ossia la dottrina delia rappresentazione appren-
siva 2li - e osservando che quest'espressione verbale godeva
b buona rcputazione ad Atene, mogse contra di essa, sfoggiando
14o tutto il sua apparato. Ma l'altro, che era in posizione piit debole
e che solo col suo silenzio poteva scansare le offese, lasciava
perdere Arcesilao, pur avendo molto da dire contra di lui - egli
non aveva intenzione di continuare la lotta o, farse, c'era anche
un qualche altro motiva 28 - e si mise, invece, a combattere,

2-.. Holol. Il. X, 8.


25. Cfr. Stoic. v~t. frag. I, 17-18 Arniru.
26. L'oscura. allusionc dî Numenio intende solo indicare il sussiego e il
dîstacco da qucste quisquiglie filosofichc. Il des Places (p. II5) dubita delia
sicurezza clei testa.

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ARCESILAO

comc con un'ombra, contro quel Platane che non era piu tra
i vivcnti, e dall'alto di un carro mise in agitaziane tutta il
sacro corteo 27 , dicendo che annai Platane non poteva opporgli 145
resistenza e che a nessun altro sta va a cuore prenderne le difese,
e che, se le avesse prese Arcesilao, egli ne avrebbe tratto un
guadagno, perche se lo sarebbe definitivamente scaricato di
l:losso 2g. Egli sapeva che di un simile stratagemma si era servita c
Agatodc Siracusano contro i Cartaginesi! 29 E gli Stoici ascol- 150
tavano in preda allo sconvolgimento. Infatti la loro Musa non
avcva ancora acquisito una ricca cultura 30 ne aveva pagata
il suo pegno alle Grazie 31, merce le quali Arcesilao - in parte
scostando le argomentazioni di Zenone, in parte tagliandole
alla radice, in parte soppiantandale - soggiagava gli Stoici
con la sua lingua lasciva e acquistava credibilita. Rimanevano,
pcrtanto, battuti quelli contra cui egli parlava e restavana 155
perturbati quelli in mezzo ai quali egli pronunciava i suoi di-
scorsi, e percio, in un certa qual modo, davano per certa che
non d fosse ne parola ne affezione ne azione per quanto mi-
nima e che, d'altra. parte, non si sarebbe potuto scorgere al- d
cunche di inutile, se di tale opiniane non fosse stata Arcesilao
di Pitane.
Ma egli non aveva propria opinione alcuna ne gli si rive-
lava alcuna casa, tranne il fatto che si trattava di fonnulette 16o
e di vuote paure 32.

2 7. A llusione iTonica alle pro~essioni eleusine o alle falloforie in cui gli


ini?.iati l;mciavano improperi agli astanli.
28. Infatti !o avrebbe lcgittimamfn~ accusato d.i dommatismo.
2 ~· [>ai !ibri XIX-XX di Diodoro Siculo sappiamo di numerosi strata-

gemmt •h Agatocle nei riguanli clei Cartaginesi. Forse Numenio allude alle
harne dell'astuto siracusano ai danni eli Ofclla, govematore delia Circnaka,
chc A.~atode chiamb in StJccorso conlro il ~artaginese Bomilcare c poi uccise,
tmpadroucmlosi de! ben "lJuipaggiato est"rcito cirenai~o. che ,.enne utilizzato
s~b-Jto rlopo contm Bomilcare c~·n successo. 11 des Places pensa, invece. a Dmn.
XX, J, ove si paria dclla spcdizione diversiva di :\gatocle in Africa.
JO. L'acculturamento delia Stoa, infatti, fu un gran mcrito di Crisippo,
che avrcbbe lro\•ato il suo osso Lluro in Carneade.
31. Cos a che a ve,·ano fatto i raffina li Accademici anchc in osscq u io al
consiglio dato da Platane a Senocrate (cfr. Dtoc. LA•;~T. IV, 6).
~2. La pirroniana ci.3o~:~:a·d!1 divt>nta, con Arcesilao, - a parere di Nu-
mento - un !atto di ordine retorica ~d emotivo. Per )'eo;prcssionc cfr. PLAT.
ThrQe/. 18o a J.

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188 ARCESILAO

La scepsi di A rcesilao e i suoi li1niti


(SESTO E~IPIRICO, Pyrrh. hyp. 1, 232-234)
232 Comunque, Arcesilao- che dicevamo 1 essere sovrintendente
e capo delia Media Accademia - mi sembra senz'altro aver co-
munanza con i ragionamenti pirroniani, fino al punto che il
suo indirizzo e il nostro vengono quasi a identificarsi: infatti
non si riscontra che egli faccia asserzioni in merito all'esistenza
o alia non-esistenza di qualche cosa, ne egli assegna un giudizio
preferenziale ad una casa piuttosto che ad un'altra a seconda
delia probabilita 8, ma su tutte quante le case sospcnde il
giudizio. E aggiunge che il fine e, appunto. la sospensione del
giudizio e che a quest'ultima, come noi dicevamo 3 , si accom-
pagna l'imperturbabilita.
233 Egli dice anche, pero, che le sospensioni del giudizio con-
cernenti cose particolari sono beni e che gli assensi concernenti
case particolari sono mali "· Ma propria qui si potrebbe osser-
vare che, mentre noi facciamo queste affermazioni attenendoci
a cio-che-appare a noi e non gia in senso saldamente positivo,
egli, invece, le fa intendenda riferirsi alia natura delle case,
fina al punto da affermare che la sospensione dcl giudizio e
realmente un bene e l'assenso e realmente un male 5 •
234 D'altra parte, se si deve prestar fede anche a quello che
si trarnanda a proposito di lui, a prima vista - come dicono -
egli appariva essere pirroniano, ma in verita era dornmatico.
E poich~ egli si serviva dell'aporetica per sperimentare se i
suoi compagni avessero i naturali requisiti per recepire i dogmi
di Platane, si credeva che egli fosse aporetico; ma tuttavia,
almeno a quei compagni che possedevano questi requisiti, egli

1. Jn Pyrr/1. l•yp. l. 220.


Comc, poi. fara Camcadc con la sua riforma probabilistica.
2.
3· In Pyrrh. llyp. 1. 25 segg.
4· Sesto intende dire che il rigore di Arcesilao anche nel campo delia co-
mune cspcrienza portava il filosofo accadcmico ad un assurdo contraste con
la vita ordiuaria.
5- In altri termini, secondo Sesto, Arcesilao cade in un dommatismo ro-
vesciato (cfr. Pyrrh. lryp. J, I-of).

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ARCE SILA O

metteva in mano le dottrine platoniche. Ecco perch~ anche


Aristone clisse di lui 8 :
Dinanzi Platane. di dietro Pirrone, nel mezzo Diodoro,

intendcndo significare che Arcesilao utilizzava la clialettica di


Diodoro, ma sostanzialmente era platonica.

(SESTO E:\IPIRlCO, Adv. log. I, 150-159)


Arcesilao, invecc 7 , non defini in senso propria nessun eri- 150
terio e quei suoi seguad che sembravano aveme definita uno 8 ,
l'hauno fornito per polemizzare contro gli Stoici. Questi ultimi, 151
infatti, asseriscono 8 che ci sono tre criteri tra loro reciproca-
mcnte connessi: la scienza, l'opinione e l'apprensione, che
occupa un posta intermedia tra le prime due; eli questi tre
critcri la scienza e l'apprensione che e sicura e salda e che e
resa inalterabile dalla ragione, l'opinione e, invece, l'assenso
debole e fallace, e infine l'apprensione e quella intermedia tra
le prime due e s'identifica con l'assenso delia rappresentazione
apprensiva; c, secondo costoro, rappresentazione apprensiva e 152
q uella vera e non suscettibile di poter divenir falsa. Essi affer-
mano che, tra qucsti criteri, la scienza risiede soltanto nei
saggi. l'opinione solo negli stolti, l'apprensione, infine, e comune
ad cntrambi, e appunto quest'ultirna risulta essere il criterio
di verita 10 •
Propria contro queste asserzioni degli Stoici polemizza 153
Arcesilao, rnostrando che l'apprensione non e affatto un cri-
terio intennedio tra scienza e opinione. Difatti quella che gli
Stoici chiamano 11 apprensione u o a assenso mediante rappre-
sentazionc apprensiva >> si YÎene a generare o nel saggio o nello
stolto. Se essa si genera net saggio, e scienza; se nello stolto,

6. Cfr. DIOG. LAERT. IV, 3; NuME!':. aplld Euseb. Praep. ev. XIV, 5·
7· Ossia in contrasta con Senocrat.-, che a\·e\"a ammcs!;O tre criteri: la
srienza, la sensazionc c l'opinione, che corrispondl'\"ano cia.scuna alia sostanza
mtelligibile. a qu~lla sensibile e a quella apinabile o camposta (dr. SExT. EMf'.
Adv. lt•c. 1. qi·Lw}.
~- Il riferimenla e abbastanza oscura: si pul> pensarl' tanto al /.6·:c.;, che
\"C'rr.,_ poi criticata da Camcarlc. quanto all'Eui.oyo11, che. secanda Arcesilao
s~esso, ha una necessitâ pratica e chc, farse, i suoi nllie\·i estesero anche sul
r•ano logica.
9. Cfr. Stoic. t•rl. frag. 1. 67, 69 Arnim.
Io. Cir. C!c. l'arro XI. 41-42.

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ARCESILAO

e opinione, e oltre a queste due cose non e stato acquisito niente


154 altro se non un rnero norne. In realta l'apprensione, se s'iden-
tifica con l'assenso delia rappresentazione, non ha consistenza,
in prima luogo perche l'assenso non nasce in rela1.ione aUa
rappresentazione, bensi in relazione alia ragione (che le varie
specie di assenso si riferiscono a giudizi), in secondo Iuogo
perche non si riscontra nessuna rappresentazione vera che sia
tale da non poter diventare falsa, carne risnita da molte e
155 svariate evenienze 11 • Ma, se non c'e rappresentazione appren-
siva, non verra ad esserci neanche apprensione, giacche questa
risulta essere un assenso alia rappresentazione apprensiva. E
non esscndovi apprensionc, tutte le case saranno inapprensibili.
)fa, se tutte le case sono inapprensibili, conseguira che, persino
secondo gli Stoici, il saggio sospende il giudizio.
Ma consideriamo la faccenda anche nel modo seguente.
l56 Poichc tutte le cose sono inapprensibili a causa delia non-esi-
stenza del criterio stoica. il saggio e ridotto ad opinare nel
caso che dia l'assenso; difatti, poichc nulla puo essere appreso,
se egli dara il suo assenso a qualcosa, egli lo dara a cio-che-e-
inapprensibile; ma l'assenso a cio-che-e-inapprensibile s'iden-
157 tifica con un'opinione. Da cio consegue che, se il saggio e uno
di quelli che danno l'assenso, il sagggio entrera nel novero
degli opinanti. Ma egli non e- siatene certi- uno degli opinanti
(chC l'opinione, secondo gli Stoici t2, e follia ed e, per giunta,
ca usa di crrori); eppero il saggio non rientra nel novero di
quelli che danno l'assenso. E se la faccenda sta cosi, egli dovra
ricusare l'assenso in merita a tutte le case. Ma non-dare-l'as-
senso non vuol dire altro che sospendere-il-giudizio: eppero il
saggio sospendera il giudizio su tutte le case.
158 1\-la poiche, oltre a cio, risulta indispensabile rivolgere l'in-
dagine anche sulla condotta della vita - condatta che non
puo essere tenuta senza un criterio da cui anche la felicita,
cioe il fine delia vita, riceve una pertinente conferma -, Ar-
cesilao sostirne che ehi sospende il giudizio su tutte le case
regolera le scelte e i rifiuti e, in genere, le proprie azioni se-

11. Cfr. C1c. Lucu/1. XXVI, 84-86; SEXT. EMP. Adv. log. 1, 40I-402, ove
i rilievi anti-stoici vengono attribuiti agli Accadcmici in generale.
H. Cfr. Stoic. vd. frag. Il, pp. jO·J; Il[, p. l-l7· s; 1, PP· .s. z6; 20, 6
Arnim.

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condo cio chc e ragionevole [ e:Gf..oyov] 13 e, procedendo in con-


formita di questo criterio, agira rettamente: difatti la felicita
si procura mediante la saggezza, la saggezza risiede nelle azioni
rette, c l'azione retta e quella che, quando viene eseguita,
trova la propria giustificazione nella ragionevolezza. Quindi
ehi mira a eia chc e ragionevole agira rettamente e sara felice 14 •
Qucsto e il pensiero di Arcesilao. 159

Il "socratismo ,, di Arcesilao
(CrcEIWNE, De orat. III, XVIII, 67-68)
Ci resta da parlare dei Peripatetici e degli Accademici. 67
Questi ultimi hanno un'unita soltanto nominale, ma l'orienta-
mento dd loro pensiero e duplice. Difatti Speusippo, figlio di
una sorella di Platane, e Senocrate, che era stato allievo di
Platone, e Polemone, allievo di Senocrate, e Crantore furano
solo in marginale disaccordo con Aristotele, il quale insieme
con loro era stato ad ascoltare Platane, quantunque, forse,
non furono pari a lui per la ricchezza di un'eloquenza che si
articolava sui contenuti piu vari 1 •
Arcesilao, invece, per la prima voita - egli che pur aveva
ascoltato direttamente Polcmone 2 - dai libri di Platane, che
hanno tanta varieta tra Iora, e dalle conversazioni socratiche
colsc soprattutto questo: che non c'e nulla di certa che passa
essere recepito o dai sensi o dall'anima; e si tramanda che da
lui veniva sfruttata anche una sua grazia esprcssiva tutta sin-
golare nel respingere ogni giudizio che provenisse dall'anima o

13. Per una interpretazionc praticistica. de:II'Eil>.oyov di Arccsilao si sono


pronunciati parecchi interpreti prima de! Robin (HIRZEL, Unfersuchr.,.gen zu Cic.
~hrlos. Sch•iflen, pp. 150 segg.; llROCNARD, Les sceptiques gYecs, pp. IIO segg.;
CREil.-I.Ro, Lo scellicismo dcgli A r:cadcmici, II, pp. 45·58). Il Robin (Pyrrhon
rt le .<ee_pticis•n" gru, pp. 61-.1) ha, În\'ece, riportato l'G:iii.~yov sul piano teo-
rctlco-d!alcttico, e con lui e sostam:ialmente d'accordo, dopo un ampio esame
delia questione, il nostro Dai Pra (Lo scetticismo grecot, pp. 147-56) •
. LJ. Questa. conclusionc, implicitamente ritcnuta dommatica da Sesto.
c?'_nctdc con uno dci prindpi fondamentali del pensicro di Arcesilao: l'oppo-
Slztone di ratio e aucloritas (cfr. Cre. Lflcull. XVUI, 6o).
. I. Questa celebre confusione ciceroniana, .su cui esiste tutta una vastis-
Sima lctteratura, !IÎ inserisce nd clima dcll'cclettismo post-carncadeo che mi·
Ta\'a alia conciliazione dell'Accademia, de\ Peripato e delia Stoa.
2. Cfr. DioG. LAERT. IV, 24.

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ARCESILAO

dai sensi; e che per prima stabili la consuetudine - quantunque


questa fosse stata soprattutto una prerogativa socratica - di
non palesare il propria punto di vista, ma di aprire il dibattito
contra quel punto di vista che ciascuno professava 3 •
63 Di qui si e diffusa questa Accademia moderna, sulla quale
si estolle Carneade per una divina prontezza di naturale intelli-
genza e per dovizia oratoria; e sebbene io abbia avuto in Atene
diretta conoscenza di molti suoi seguaci, tuttavia potrei citare
come testimoni sicuri e autorevoli sia mio suocero Scevola,
che nella sua prima giovinezza lo ascolto a Roma '· sia il mio
intima amico Quinto Metello, figlio di Lucio, persona ben nota,
che affermava di averlo ascoltato da giovane in Atene per molti
giorni, quando Carneade era gia in etâ. molto avanzata.

(CICERONE, De oral. 1, V, II-12)

11 Questo metoda filosofica di discutere tutte le opamoni e


di non dare un giudizio manifesta su alcuna di esse, iniziato
da Socrate, recuperata da Arcesilao, rinvigorito da Carneade,
ha avuto successo fino ai tempi nostri, ma ora mi accorgo che
esso e pressoche derelitto persino in Grecia. Credo, pero, che
questo abbandono vada addebitato non ali' Accademia, ma alia
scarsa prontezza dell'umana intelligenza. Se, infatti, e una
grande impresa quella di capire le dottrine filosofiche ad una
ad una, ancora piit grande e quella di capirle tutte. Ed e indi-
spensabile che riescano a capirle quanti, al fine di scoprire la
veritâ., si sono proposti di produrre argomentazioni sia contro
12 tutti i filosofi sia a favore di tutti. Non oso dichiarare di aver
pienamente conseguito la capacitâ. di compiere una cosa cosi
importante e cosi difficile; do solo un attestato di essermi messo
su quella via. Non puo, comunque, darsi il casa che ehi fa
filosofia con questo metodo, non abbia alcun argomento da'
seguire. Su questo problema si e parlato in altra sede 6, sotto
un profila generale, con maggiore accuratezza; ma, poich~
certuni sono troppo recalcitranti e pigri, sembra che li si debba
tener sull'avviso piu eli una voita.
3· Circa l'elenchistica socratica cfr. E. ~lAIF.R. Socrale. La s11a opera ~ il
suo ţ>usto ne/la storia, Fircnze, I9.JJ. 1, pp. 288 s"gg.; II, pp. ;8 .segg.
4· In occasione delia celebre ambasccria del 155 a. C.
5· In particolare negli Acadnuica.

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ARCESILAO 193

Noi non arnVlamo al punto di ritenere che nulla sia vero,


ma ci Hmitiamo a dichiarare che a tutte le cose vere sono con-
giuntc quelle false, con tanta somiglianza che in esse non e
insito akun scgno sicuro di giudizio e di assenso. Da tutto cio
e scaturita la celebre conclusione che esistono molte case pro--
babili le quali, quantunque non siano percepibili, sorreggono
tuttavia la condotta delia vita del saggio, percht! si mostrano
quasi con distinzione e chiarezza 6 •

(CtcERONE, De fi'~· II, I, 2)

Ma, carne possiamo arguire dagli scritti di Platane, noi


vecliamo che sia Gorgia sia gli altri Sofisti venivano messi in
iscacco da Socrate. Questi, infatti, per mezzo di inchieste e
di interrogazioni, soleva cavar fuori le opinioni di quelli con
cui stava discutendo, in moda da dire eventualmente il propria
punto di vista solo in relazione alle risposte che quelli avessero
date. Questo costume era stato abbandonato dai suoi seguaci,
ma Arcesilao la richiamo in vita, stabilendo che coloro i quali
volessero ascoltarlo non gli ponessero domande, ma dicessero
essi stessi il Joro parere; e una voita che l'avessero detto, egli
faceva le sue controargomentazioni. 1 suoi ascoltatori, co-
munque, continuavano a difendere illoro punto di vista, :finche
ne avessero la possibilita. Invece, presso gli altri filosofi, ehi
ha sollevato una questione rimane in silenzio: cosa che ormai
sta accadendo persino nell'Accademia '·

L'l( epochi" di Arcesilao e le polemiclze da essa suscitate


(PLUTARco, Adv. Colot. 24, nzo c-d)

Orbene, Colote 1, dopo aver smesso di prendersela con 1 c


filosofi antichi, si volge contro quelli del sua tempo, senza
, ...6. Cic«:'ronc qui mcscola il pcnsicro di Arcesilao con qucllo di Carn~adc,
1 WM·{c,v rlcl primo col :a&a:v6v dcl secondo.
7· Dopo l"intervcnto stoicizzantc di Antioco di Ascalona.
I. _Per questodiscepolo di Epicuro. cbe Plutarco troppo duramcnte ac-
cusa si rinvia a \\', CRii:<ERT. 1\ololes 1111d A!euedemos, Leipzig,
d1 i!;Jioranza,
Igo6;_ R. \VESTMA:<, Pl~tlaY,;h gl'gm Kol,.lert. Seine Scll~ift • Adversns Cololnn •
~ls e"'~ Pllilosophi;;ch-geschicMiche Qrtdle, Helsinki, 1955; EPICIJRO, Opere, a
ura d1 M. Isnardi Parentt-, Torino 1974, pp. 69 scgg., 5!H- scgg.

IJ. Sulli&i IUIJi.:Joi.

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194 ARCESILAO

fare, pero, il norne di nessuno di costoro. Eppure sarebbe stato


bene redarguire anche questi per norne o, almeno, egli non si
sarebbe dovuto comportare cosi con gli antichi. Egli ha fatto
scivolare dalla punta delia sua penna tante volte Socrate,
Platane e Pannenide, ma ha avuto evidentemente paura nei
riguardi dei viventi e si e mostrato con costoro un moderato
a motiva eli un rispetto che, invece, non ha avuto con i mag-
giori filosofi.
E sua intenzione, carne suppongo, quella di confutare in
prima luogo i Cirenaici e in secondo luogo gli Accademici,
seguaci di Arcesilao 2 . Qucsti ultimi, infatti, erano quelli che
sospendevano il giudizio su tutte le case, mentre i primi 8,
riponenuo in se stessi le affezioni e le rappresentazioni, ritene-
d vano che la prova derivante da qucste non fosse suffi.ciente
a darei la certezza delia realta delle cosc, ma, come se si tro-
vassero in uno stato d'assedio, si staccano dai mondo esterno
e si rinchiudono nelle proprie affezioni e ammcttono, a pro-
posito degli oggetti fuori di noi, che essi "appaiono )l, senza
spingersi ad affermare che essi « sono )l,

(PLUTARCO, Adv. Colot. 26-28, 1121 e - 1124 b)


1121 e, 26 Sembra che all'Epkureo • dia grande fastidio la buona
reputazione goduta da Arcesilao, il filosofa piu amato a quei
tempi. Colote affenna, infatti, che sebbene questo filosofa non
dica nulla di veramente suo, fa nascere nelle persone non colte
la supposizione e l'opinione di creare un nuovo sistema fila-
t sofico, dai mornento che egli possedeva una grande cultura ed
era ispirato dalie l\Iuse :;_ In rcalta, pero, Arcesilao era tanto
lontano dall'aspirare ad una qualche rcputazione di originalita
e dall'attribuirsi di soppiatto una qualche dottrina degli antichi,
che anzi i sofisti del suo tempo 6 lo accusaYano di assegnare a

2. Da notare comc qucsto luogo plutarchi01no accosti gli Accadem.ici scet-


tichcggianti ai Cirenaici: la mcdcsima cosa av,·iene in Sesto Empirico (Adv.
log. I, 190) 1'-d in Euscbio (Praep. cu. XIV, 18·19).
3· Fr. 218 l\lannebach = 1 a 69 Giannantoni.
4· Cosi il Pohlenz, mentre Einarson-De Lacy riportano • ad Epic.uro •
(per la questiune vedansi UsE>:ER. Epic., fr. 239 c BIGSONE, L'Arislolele P«·
duto e la formaziont: .filosofica di Epicr4ro, I, p. 45).
5- Cfr. DJoG. Li\ERT. IV, JO-JI.
6. Plntarco allude ai seb'llaci di Tcodoro l"ateo cd a Bionc di Boristene
(dr. HJGNO:-IE, op. cit., 1. p. 46. n. 1).

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ARCESlLAO I95

Socrate, a Platane, a Pam1enide e ad Eraclito le sue teorie 1122 a


in merita alia sospensione dcl giudizio o all'impossibilita del-
l'apprcnsione, mentre quci filosofi non richiedevano affatto una
talc interpretazione, ma era lui, al contraria, che cercava di
portar su e di rinsaldare le sue teorie faccndole risalire ad
uomini di grande prestigiu 7 • Per qucsto motiva, dunque, noi
siamo grati a Colote e a chiunque altro rnostri che il metoda
an:adcmico di argomentazione e pervenuto ad Arcesilao da
antiche fonti 8 .
La teoria delia sospensione-del-giudizio-su-tutte-le-cose non
fu scossa ncppurc da quei pcnsatori 9 che si diedero ad indagini
molto impcgnative e che composero trattati e discorsi per con-
futarla; ma alia fine costoro, rnovendo dalla Staa, sollevarono
contra quelle teorie l'accusa di bloccare ogni attivita pratica,
r< come faceva la testa delia Gorgona n 10, e la misera al banda.

Jla, in rcalta, a dispetto di tutti i loro tentativi e di tutte le b


Iora contorsioni, 1'« impulso 11 11 si rifiutava di diventare n as-
scnso " u e non ammctteva il consenso delia ragione 13 carne
l'asse delia bilancia u, ma si manifestava di per se carne guida
versa le azioni, senza aver bisogno eli alcun supporto che so-
praggiungesse dal di fuori.

7. A differenza eli Timone, chc irride,·a gli altri filosofi e fa ceva apparire
lJ. bonaccia solo con Pirrone. Arcct;ilao ccrc;wa il conforto delia sua scepsi
nc,j magboiori pcnsatori de! pa.~satn. Come Cicerone. anche Plutarco tenta il
r~cupero de! trava~lio accademicc, nell'ah·eo delia tradizinne platonica, anti-
Clpanclo l'ipotesi agosliniana di Coulra Acad. III, 38-41.
.. 8. L'esclusivismo di Colote a fa.-ure eli Epicuru sembra pari a quello di
luunne a favure di Pirronc. l'lutano. invece. con questo suo ironice ringn-
l!amento all'Epicureo. tencle a culturalizzarc la sccpsi c ritienc buono qucllo
che a Colr:>te scmbrava cattivo.
9- S~conc1o il De Lacy (• American Joumal of Philosophy •, XXVII, 19,56,
P· 7(1) ~~ alludcrt>bbe ad Antioco rli .\;calona.
_ Io. P~r questa celebre immagine cfr. PLAT. Ccmv. IC)Sc; EPIC. fr ..p 1 Usener;
Llc . .4.djalll. IX. 8. 1; l'arra I\", 10; VIII, 32; ARRIAN. Epi.t. diss. I. 5. I·J.
1. 1 · Ossia l'bp:~+,. l'iniliale slancio alia conoscenza, clle />, comune allo
scctbco c al dommalico. csscndo un -.::iOo:.
dd 12 : Ossia la a•J·:':;?-":~&Eat~. c~c second~ gli Stoici era il puntn rulmimmte
V la c~onuscenza e l md1spensalnle fondamcnto ddla prassi (cfr. CIC. l"ano
p lll, 34-35). mentrt" secunda gli Accadcmici era da e\·itare (cfr. SEXT. EMI'.
yrrh. hyp. 1. ~n).
13· Cosi il Pohlenz. mentre i wdd. E B rcrano '!(afiTaw (scnsazione) e
sono SC6'1.liti in Slaic. t't·/. frag. Il I. p. 1 H· 16 ,\mim. Scco'ndo gli Stnici. co-
munquc · la s:nsaz10ne
Cic · .. ·~mp1!Ca,
SI:" . sotto un qua\che profila, l'assenso (cfr.
· Lucu/1. XIII, 4 t c 5/ulc. vct. frag. I. 6z c II. 71-75 t\rnim).
~~~r~~ questa immaboinc cfr. C1c. Lucu/1. XI. 3S c Sloic. ••ct. frag. II,
988

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ARCESILAO

I dibattiti contro questi avversari sono condotti dagli Ac~


cademici a regola d'arte, e
Quale il pariar che facesti, tale il responso che udrai 15 ;

ma per Colote, a mio avviso, il discorso concernente l'impulso


e l'assenso 16 produce lo stesso effetto che per un asino l'ascolto
delia lira 17 • A ehi, invece, e in grado di seguire e di ascoltare
diciamo che i movimenti dell'anima sono tre, ossia quello della
rappresentazione, quello dell'impulso e quello dell'assenso; e
che qnello rappresentativo non si puo eliminare, anche se uno
c Io voglia, ma inevitabilmente noi, imbattendoci con gli oggetti,
ne veniamo impressionati e subiamo un'affezione da loro u;
quello impulsivo, una voita che sia stato suscitato dai rappre-
sentativo, spinge l'uomo ad agire in relazione a scapi appro-
priati (1tpo:;; -rO: olxe:i:ll.], carne se nella nostra C( parte egemo-
nica 11 19 stesse una bilancia pronta a subire un'inclinazione.
Orbene: q uelli-che-sopprimono-il-giudizio-su-tutte-le-cose non
sopprimono neppure questo movimento impulsivo, ma si ser~
vono dell'impulso, che e la loro guida naturale verso il fine
che a loro appare.
Ma allora qual e l'unica casa che essi evitano? Quella soia
cosa da cui possono scaturire falsita ed inganno, ossia il u for-
mulare opinione 11 e "il precipitarsi all'assenso » 20, quantunque
quest'ultimo non sia altro che una concessione all'apparenza
a causa delia nostra debolezza 21, e non offra utilita alcuna 22•
d Infatti l'azione ha bisogno di due requisiti: delia rappresenta-
zione di uno scopo appropriato e dell'impulso verso cio che
appare scopo appropriato. Ma nessuna di queste due cose e
m contrasta con la sospcnsione del giudizio 23• Difatti l'inter-

15. Ho)t. Il. Il, l.~o. cit. in DtoG. LAERT. IX, 73·
16. Cfr. Stoic. t•l't. frag. II, 74; III, 169, 177 Arnim.
17. Cfr. LEuTscH-ScH:>EIDEWIS, ParoCiu. graec., 111, 193.
18, Cfr. SEXT. EMP, Pyrrh. hyp. I, 22.
19. Cfr. Sloic. v~l. frag. I. 39; li 227·228; SEXT. EMI'. Pyrrh. hyp. Il,
70; Adu. log. I. 227-260 e. per l'acuta critica sccttica. JSI-387.
20. Sulla r.por.E':'C'IX dci domma.tici insistevano gli Accauetnici (cfr. CIC.
Varro XII, 45: LIICIIII. XX, 66) al pari dci Pirroniani (cfr. SEXT. EMP. Adu.
p!.ys. 1, 49: DloG. LA.ERT. IX, 74).
21. Per l'opinionc intesa carne • assenso ma]ato e falso • cfr. Stoic. vet.
frag. I, 67-69 Arnim.
22. Cfr. PLUTARCH. De Stoic. rep. 1057b.
23. Cfr. PLUTARCH, Ad11. Col. IIJ8a-b.

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ARCESILAO I97

vento delia ragione ci stacca dall'opinione, ma non gia dal-


l'impulso e dalla rappresentazione. Pertanto, quando ci ap-
pare Io scopo a noi. appropriato, non c'e. affatto bis.ogn_o di
un'opinione per farc1 muovere e spostare m quella d1rez10ne,
ma l'impulso viene con immediatezza, essendo esso un moto
e una traslazione dell'anima "·
Eppure noi udiamo gli Epicurei strombazzare che basta 27
provare una sensazione ed essere fatti di carne perche possa
risultare con evidcnza l'identita del bene col piacere 25 : per-
tanto quest'ultimo, anche a ehi sospende il giudizio, si mo-
strer:'t come un bene, giacche ancb'egli partecipa di sensazione
ed e fatto di carne e, recependo una rappresentazione sensibile
dd bene, aspira e tende ad esso impulsivamente, facendo di
tutto per non lasciarselo sfuggire, ma per stare sempre insieme
al propria scopo, nei limiti del possibile, sospinto da regale
tassative che sono naturali e non aflatto geometriche 26• Senza e
che ci sia bisogno eli un maestro, queste stesse attrattive e,
come essi dicono, « i movimenti delia carne placidi e blandi n 17
bastano di per se ad invitare all'azione anche ehi nega recisa-
mente e non vuole ammettere di lasciarsi piegare e rammollire
da essi.
<< Ma come mai - dici tu - ehi sospende il giudizio non si

reca eli corsa versa il monte, ma va nel bagno, e si alza e si


avvia non in direzione del muro, ma delia porta di casa, quando
ha intenzione di recarsi al mercato? ». Tu mi fai queste domande
per poter affennare che gli organi sensoriali non sbagliano e
che le rappresentazioni sono vere? Ma io ti rispondo che cer-
tamente a lui il bagno appare carne un bagno e non come un
monte, c che la porta gli appare non come un muro ma carne
una porta, e lo stesso dicasi per ogni altra cosa. Infatti la dat- 1
trina dtlla sospensione del giudizio non apporta modifiche alia
sensazione ne provoca nelle affezioni irrazionali e nei movimenti
di queste un'alterazione che sconvolga la facolta rappresen-
tativa, ma si limita ad eliminare le opinioni, mentre si serve
delle altre case in modo confonne allo loro natura.
S 2 -i·Cfr. Stoic. vct.frag. III. r6<) Arnim; C1c. D~ nal. dcor. 1, XXXVII, IO.J;
EXT. E~!P. A dt•. log. I, 30.
25. Fr. 411 Usener.
26. Ptor l'e~pressione cfr. PLAT. Re$p. V. 4.~8d.
2 7· Cfr. ir. 4ll Usener e SEXT. EMP. Adv. cth. 96.

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ARCESII.AO

uMa non si puo - tu obietti - non dare l'assenso alle cose


n23 a evidenti 28 , giacche il negare le case che sono state accettate
con fiducia e piu irrazionale che il non-negarle-ne-affcnnarle •.
lVIa ehi e che vuole rimuovere le case che hanno riscosso credito
e intende dar battaglia a quelle evidenti? Quelli 28 che soppri-
mano la divinazione e negano che esista una provvidenza degli
dei e che siano esseri \'Îventi il sole e la. luna, a cui tutti gli
uomini rendono onore u di sacrificio e di votivo grido n 30 e fanno
atti di riverenza! Non siete farse voi Epicurei 31 che soppri-
mete quel naturale amare dei gcnitori per i figli che si riscontra
con evidenza in tutti? E quando voi 32 negate che ci sia un qual-
cosa di intcnnedio tra dolore e piacere, risultate essere in con-
trasta con quello che tutti sentono, con questo vostro soste-
nere che il non-soffrire s'identifica col godere 33 e che, quindi,
il non (eseguire un movimento) s'identifica col subirlo 34 •
28 Ma, per tralasciare tutto il resta, che casa e piu evidente,
in questo caso, e riceve maggior fi.ducia del fatto che uno, tro-
vandosi in uno stato patologica di alienazione e di dcpre.ssione,
ha le traveggale e ascolta una casa per un'altra, quando la sua
b mente e affiitta e sconvolta da rappresentazioni carne la se-
guente 35 :
Furicrc di faci, vestite rli ncro, mi brudan la vista
e aa
(Spirando fuoco e sangue
L'ali dispiega e 37 ) ticnc fra le braccia
La madre mia?
Queste, e molte altre case piu spaventose di queste, simili
ai mostri cmpedoclei pur da loro derisi 38
Dai piedi bovini, con mani infinite

zS. Cfr. Clc. Lucrtll. XII, 38.


:;!9. Ossia gli Epicurci (cfr. fn. 342, 368 Usener).
30. Ho prt'{erito u•are l'espn,ssionc dantesca di Par. VIII, 4·
]I. Fr. 528 l:sener.
JZ. Fr. flO Usener.
33· Cfr. Ctc. De fi"· II, 9-17.
H· Cosi il Pohlenz: il Flisnone e il De Lucr intendono • c il non patire
s'ickntifica col patire •.
35· CALLIM. frag. auo11. 387 Scbneider (rcspinto dal Piciffcr).
JO. EURIP. lpll. lartr. ::88-zgo.
37· Cosi il De Lacy propune di integrare le lacune dcl testa plutarchiano,
!acendo ricorso al lesto eli Euripide.
38. 3 r B 6o Diels-l{ranz.

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ARCESILAO 199

e 311
Di stirpe bo\•ina, con Ironte d'un uomo,

cssi raccolgono con ogni sorta di visioni e di stranezze, di sogni


e di deli.Ii, e dicono che nessuna di queste cose e un'illusione
ottica o un qualcosa di falso e priva di consistenza, ma che c
si tratta di rappresentazioni vere tutte quante e di corpi e di
forme che ci giungono dall'ambiente estemo 40• Ma allora non
c'e nessuna dclle cose esistenti su cui non si possa sospendere
il giudizio, dai momento che e possibile accordare la fiducia a
co~c come queste!
Immagini e folc, chc nessuno sceneggiatore o burattinaio o
discgnatore valente ar<li mai rnescolare per creare illusioni,
co~toro van supponendo che esistano sul seria, anzi ritengono
chc, senza l'esistenza di quclle, se ne vadano a carte quaran-
totto credibilita e certezza e giudizio di veri ta 41 ; e, cosi facendo,
propria essi assoggettano alla K afasia )) 42 tutta quanta la realta
delle cose ed introducono tirnori nei nostri giudizi e sospetto d
m·lle nostre azioni, dal rnornento che le case che facciamo e
in cui crediamo - quelle a noi consuete e a portata delle nostre
mani 43 - vcngono collocate sullo stessa livella di rappresentati-
vita e di credibilita in cui sono quelle parvenze pazzesche e
assmde e anormali. Infatti questa « uguaglianza )) u, che gli
Epicurci suppongono essere irnmanente a tutte le case, vale a
staccarci dalie comuni credenze piuttosta che ad assegnar
credita a siffattc assurdita. Onde, come noi sappiamo, non pochi
filosofi avrebbero piu volentieri sostenuto che nessuna rappre-
sentazione e vera anziche ammettere che sono vere tutte, e
a ncbbera prefcrito considerare alia stregua di sogni gli uomini
e le case e, insornma, ogni ragionamento in cui si imbattessero,
piuttosto che ritencre carne vcra e realmente esistente una soia

~9- 31 B 61 Diels-I.;:ranz.
40. Fr. 254 Vsener.
41. Cfr. EPIC . .-!d Herod. 51·5~: (rr. 251, 251 "L"sE'ner· Ctc. De fiii. I vn
l~; Lucu/1. XXV, So; DioG. LAERT. X, J2. - ' • '
+~). Il tem1inc ris11le- al Pirronismo antica (dr. SEXT. EllP, Pyrrh. hyp .
I. lgl .

·13· P_lutarco rîtorce contro gli Epicurei l'accusa chc di solito era cliretta
~-ontro gh Accademid, ossia dî E'liminare le cc.se familiari e ordinarie- (cfr
.Ic. Lucr~l/. Xlii. 42; XXVII, 87). La stessa ritorsione e fatta da Plutarc~
contra gh Stoici in De Sloic. rl'p. loj6c.
H· Fr. 251 Ust>ncr.

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200 ARCESILAO

e eli queste rappresentazioni che vengono da loro recepite in


uno stato di delirio o di furore coribantico o eli sogno.
Ma allora: se da una parte e possibile eliminare queste
apparenze (e da un'altra parte non e possibile farlo) 45, si da
forse anche la possibilita di sospendere il giudizio su di esse,
se non altro a causa di questa discordanza che di per s~ basta
a farci guardare con sospetto la realta delle cose non (nel
senso) 48 che non ci sia nulla eli valida, ma nel senso che esse
implicano ogni sorta di incertezza e eli confusione.
Per quanto, poi, concerne il numero infinite dei mondi o
la natura degli atomi e dei corpi privi di parti e le differenze
delia loro « deviazione » 47 , quantunque si tratti di cose che
mettono in imbarazzo tante persone, noi troviamo tuttavia
- a proposito eli queste teorie - qualche sollievo nel fatto che
nessuna di queste cose ci tocea da vicino o, piuttosto, nel fatto
che ciascuna eli siffatte indagini trascende completamente i
nostri sensi. Ma questa mancanza di fiducia negli occhi, nelle
t orecchie e nelle mani, questa ignoranza e questa confusione a
proposito degli oggetti sensibili e delle rappresentazioni - se,
cioe, queste ultime siano vere o false - a quale opinione non
danno una scossa? Quale assenso o quale giudizio non mettono
sottosopra? Se, infatti, uomini non sconvolti dal vino o da
abuso di medicine e non alienati di mente, ma sobri e sani e
1124 a capaei di scrivere trattati sulla « virtu » e sui a canoni ,, e sui
u criteri » 48 , se questi uomini, dinanzi alle affezioni piil evidenti
e ai moti delia sensazione, ritengono o che il non-esistente sia
vero oppure che il vero sia falso e non-esistente, ci dobbiamo
giustamente stupire non gia se gli uomini si rifiutano di espri-
mersi su tutte quante le cose, bensi se a certe cose essi danno
con pienezza il loro assenso. E l'assurdo non sta nel fatto che
essi non posseggono alcun giudizio sulle apparenze fenomeniche,
ma nel fatto che posseggono giudizi tra loro contrari 48• Ch.§
mettersi ad affermare due cose contrarie ed opposte tra loro
e un fatto che dovrebbe suscitare maggior meraviglia che non

45· L'integraziooe e del De Lacy.


46. L'integruionc e del De Lacy.
47· Clr. LucRET. II, 216-220.
48. Cfr. UsE.NER, Epicurea, p. 105.
49· Vent>ndo meno a quel principio di noo-contraddizione che nessuno
scettico ha mai osato mettere in dubbio.

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ARCESILAO 201

porne nessuna delle due e sospendere il giudizio sui due op-


posti so. Difatti ~hi non-afferma-e-non~nega m~ s_e ne ~ta~ si-
lenzio e, con ehi affenna una detenrunata op1mone, m mmor
contrasta di ehi la nega, ed e, con ehi la nega, in minor con-
trasta di ehi l'afferma 51 •
Ma se e possibile sospendere il giudizio in merita alle sud-
dctte scnsazioni, non e impossibile sospenderlo in merita alle
altre, stando almeno a quello che voi stessi ritenete 62, che,
cioe, non intercorre affatto alcuna differenza tra una sensa-
zicme e un'altra e tra una rappresentazione e un'altra.

50. Cfr. SEXT. EMP. Pyrrh. Jryp. 1. 2; Adu. log. II. 363.
fii 5I. Per questo • vantaggio • equivoco degli Accmlemici rispetto agli altri
osof1 cfr. AUGUSTIN, CotliYa Acad. III. 15-16, che si rifaceva a qualche passQ
Purluto deg\i Academica di Ciccrone.
52. Fr. 251 Use11er.

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LACI DE

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Sul piano strettamente filosofica l'Accademia non produsse
niente di notevole nei quasi ottanta anni che intercorsero tra la
morte di Arcesilao e l'inizio dello scolarcato di Cameade, sebbene
la tonante voce di quest'ultimo gia stesse risonando nel sodalizio
da circa trent'anni e avesse contribuito a smuovere le acque sta-
gnanti 1 •
Tra Arcesilao e Carne ade si ebbero quattro scolarchi: Lacide
(241/o-224-3 oppure 215 a. C.) 2, Telecle (224/3 oppure 215-178),
Evandro (178-170 circa a. C.) ed Egesimo (170 circa-r6o circa).
E quasi certo cbe, dopo le dimissioni di Lacide, che sopravvisse ad
esse per diversi anni 3 , 1'Accademia ebbe una {ase di interregno o
di direzione collegiale. Sotto Io scolarcato di Egesino si ebbe la rot-
tura con Crisippo, che aveva imparato la dialettica sotto i platani
di Acadcmo e poi la vibro per colpire quei platani stessi '·
Non sappiamo con precisione cosa si insegnasse nell'Accademia
in quel lasso di tempo. Arcesilao aveva mostrato simpatia per gli
ty;dx.i.toc [J.a..S.~!J.IlTIX, nonostante il suo scetticismo, e la falia degli
Accademici di questo periodo (delia quale abbiamo fugaci notizie) i

. 1. Con la sua consueta 6nezza il Brochard (Les sr.eptiquts grt!cs, p. IZo)


scnw: • La nom·elle Acadt!mie ne brillc dans l'histoire quc d'un t!clat inter-
mlttt>nt ... les summets sl'uls t!mergents de l'oubli •·
::!. Le notizie in merito alia durata dello scolarcato di Lacidc sono molto
controverse: secondo Diogene (IV, 61) questo scolarcato duro 26 anni, mcntre
seconuo !'Acad. pilit. ind. here., coL XXVII, l segg., almeno nella ricostruzione
del Croncrt (Kulotes rmd llfeneă~,nos, p. 77). esso sarebbe durato r8 anni. (Per
~trr: complicazioni ili ordine cronologico vedasi CAPELLE, Lakydes, in • RE •,
XII. 1 col\. 53 o- 2 ).
3· Sccundo Apollodoro, Lacide sarebbe sopravvissuto di diciotto anni
allc d~mi_ssi~mi (c!r. A cad. phil. ind. hrrc., col. X.."ICVII, 3). sccondo altre fonti
~;olo ch cheei anni (cfr. CRl.;);ERT, Kvloles rmd 1llrmedemos. p. t8o; W1LAMOW1TZ,
• Hermes •. XLV, p. 410• 1 ).
C ..-1· Secondo il Lacrzio (VII, 183), che atbibuiscc la notizia a Sozioue,
ns1ppo studio sotto Arcesilao c Lacide.
5· In particulare le coli. xx, xxvn. xxvm dell'Acad. phil. ind. here. ci
dannu _una vasta serie di nomi, ma delia dottrina di ciascuno di qucsti per-
~ona~g• - come dice l'Amim pcrsino di Evandro, in • RE •, VI, 1, col. 842 -
ISI mchts bekmmt. Per piu ampie notizic vcdasi GEFFERS, De A rcesilai swc-
cessoribus, Gymnasialprogr. GOttingen. 1842.

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206 LACTDE

dovette dedicarsi a questo tipa di studi, anche se era immancabile


la presenza dell'clenchistica.
Lacide di Cirene (280 circa-213 o 206,.,..5 a. C.) e l'Accademico
del quale sappiamo parecchie notizie in parte belle 8 e in parte poco
simpatiche 7• Sappiamo che scrisse due opere, intitolate l'una Cose
filosofic/te c l'altra Sulla Natura 8 , in cui, probabilmente, esponeva
e patrocinava il pensiero del maestro Arcesilao.
Con Lacide, pero, l'Accademia divenne bersaglio di poeti comici
e di scrittori di satire menippee. Lacide stesso brillava, farse, piu
per Ia sua laboriosita che per la sua intelligenza. Ma, d'altra parte,
la tagliente hro:z~ di Arcesilao, rigida nel sostenere l'~Y.Cl't'a.Allljl(oc
e 1' oc8o~rLO"'t"(~. contribui va a paralizzare ogni sforzo innovatore ne
cbbe a sua difesa un noYello Timone che sapesse rintuzzare gli at-
tacchl degli avversari. E su tutto cio dovette meditare a lunga
Carneade, prima di arrivare, quasi sessantenne, ad assumere le
rcdini dcll'Accadernia.

IL breve ~lot; laerziano non ci da alcuna infonnazione di ordine


filosofica, ma si limita ad asscrire, erroneamente, che Lacide fondb
la Nuova Accademia •. Le pagine lacidee di Nwnenio-Eusebio sem-
hrana il compiaciuto estratto di una vera e propria commediola
ellenistica, il cui autorc - molto probabilmcntc Batone -, ispiran-
dosi all'intramontabile Aristofane, voleva conciare per le feste la
filosofia del calandrinesco Accademico come era stato conciato per
le fcste Socrate nelle Nuvo/e 10• Il gustosissimo passo e soprattutto

6. Plutarco (Quom. adul. ab am. i11l.:rno.<c .. 63d), dopo aver ricordato


l'episodiu di An:.-!'ilao cd Apelle, ricorda ancl1c un atto di sincera amicizia
compiutoJ da Lacidc nci riguardi di Celisocratc: • E nel campo deUa filosofia
e propria \"ero cite i figli nascono simili ai genitori! Infatti Lacide, l'ultimo col-
laboratore di Arcesilau, a~!'istctt.- con gli altri amici Ccfisocratc, quando que-
st'ultimo venne incriminato. Poicbc l'accusatore ne prctcnrlcYa l'ancllo, Cefi-
socratc )o fcce sci\"olare a terra impcrccttibilmcnte c Lacid~. accortoscne,
vi misc sopro1 un pi<'de e lo nascuse: rlifatti la pro\'a dt>l reato era proprio
quell'anello. Dopo la scntcnza assolutoria. mcntrc (eJisocrate stendcva la
mano ai giudici, unu ,Ji rostoro, cbe, a quanto pare, a\'C\"a notata il gesto di
Lacidc, gli disse di ringraziare Lacidc c si mise. poi, a diffundere il fatto, mcntre
Lacirle non In rikri mai ad alcuno. In questo modo, a parer mio, ancbe gli
dei fa nno pt>r lu piu i loro bent'fici U.i nascosto, giaccbc hanno una tai natura
chc li fa rallegrare sempliccmcntc dell'atto U.i grazia e clclla buona azione •·
7· Ad rscmpio. la sua tirchicria (DroG. LAERT. IV, 69).
Il. La notizia, di fontc csichiana, l: neUa Yocc Lacid~ di Suida. Il codice
laun:nziano, pcro. non riporta il titolo delia seconda opera e non l: ncppure
sicul"issimo il titolo delia prima.
9· Secondo il C.apeUe (art. cit. in • HE •) si U.e"e intendere che Latide
diffusc per iscritto le dottrine arcesilee.
ro. Nella traduzione del branu numcniano mi sono altenuto al testo del
des Placcs (fr. 26. pp. 70·5). Secondo R. Hirzel (Ei11 rwbeachteles Komodim•
fragment, • Hermes •. XVIII, pp. 1-16) l'episodio sarcbbe l'estratto compia-

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LACIDE 207

un prezioso contributo alia nostra conoscenza dei rapporti inter-


correnti tra i paradossi della scepsi e la cultura e Ia mentalita co-
mune di quel tempo ed e quasi Wl efficace antidoto alla tentazione
- eneq,>i.camente respinta da Numcnio 11 - di dare ali'Accademia
di mezzo un'interpretazione esoterizzante,

Vita di Lacidc (DIOGENE LAERZIO IV, sg-6r)

Lacide, figlio di Alessandro, fu nativo di Cirene. Egli e 59


colui che diede inizio all'Accademia Nuova 1 e che fu successore
c1i Arcesilao: fu un uomo che rnerito molto rispetto ed ebbe
non pochi ammiratori. Fu arnante del lavoro :fin da giovane,
t' fu povero, ma, altresi, di bella grazia e di buona conversa-
zwne.
Si tramanda che egli fu molto spilorcio 2 nell'amministra-
zione di casa. Infatti, quando prelevava qualcosa dalla dispensa,
ne sigillava di nuovo l'uscio e faceva cadere attraverso una
fpssura delia porta l'anello del sigillo, per irnpedire che qual-
cosa ivi depositata venisse prelevata e sgraffignata; ma i suoi
garzoncelli, venuti a conoscenza di eia, toglievano il sigillo e
rnbacchiavano quello che volevano; poi facevano scivolare
l'anello nclla stanza attraverso la fessura, propria come faceva
Lacide; enon furono mai acciufiati mentre combinavano questo 3 •
Lacide ten eva scuola nell' Accaderuia, nel giardino che era 6o

~; u to di una vera e propria commedia de! 111 sec. a. C.; invcce, second o l'Uscner
(Ef•ie~~raa. LXVIII seg.) e il "'ilamuwitz (Plal<Jn, 1, p. 723), la fante de! passo
num~niano sarebbe una satira. menipp.,a. Per altre notizie cfr. GoEDECKE-
~IEYER, Gcscll. dcr griuh. Skcpt., pp. 47 segg. e soprattutto l'ampia disamina
tondott.i!. rPccntenwnte da I. Gallo (Commrdia. e filosofia in rlii elle11i~lica:
H<>!<mr. o Yichiana •. V, 1976, pp. 206-42). 11 brano i.: riportato sia tra i fram-
ment.i delia Commcdia Nuova in Comicr>rlltn AtticorwPIJ Fragmenta del Kock
(III. PP· 4 I8·20) sia da S. M. Erlmonds in TIJe Fragmenls iJf A Ilie Cotntdy,
Il! .-\, Leidcn. 196I, pp. 404-7 con traduzione inglcse.
' I . Cfr. Eusr.11. Praep. cv. XIV, 5·6.

. Cir. DmG. LAERT, J. q, 19 e voce Lakydrs in Suida. Dall'Acad. pl1il.


I.
llrd. here. (col. XXI, 37 seg~;.) si desumc. pcro. chc e~;li non fondo, ma consolido
la .l\~edia Acc.a.dcmia, la quale era vagante • non meno de! tenore di vita dcgli
s~1t. •.
2. Scguo col Gigante (v. nota arllroc) !o Shorev (• Class. Philol. •, IV, 1909,
p. ~6) ne! sostituire yAirrt.p.)"":"at":"rL a yl.u><•J":"at-:!l dcf codd. Qucst'ultimo termint,
connmquc. avrebbc avuto scnso ironica (I<'Pidissinu, Mign~).
3· L'episodio, di indubbia origine letteraria, \"iene ampiamente utilizzato
a scopo polcmico in Nt.TME:<. apud E11ub. Pracp. el!. XIV, 7·

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208 LACJDE

stato fatto costruire dal re Attalo 4 e che da lui prese il nome


di « lacideo >>. E fu l'unico che - a quel che si ricorda - ancor
vivo consegno la scuola in mano a successori, vale a dire ai
focesi Telecle ed Evandro 6 • Da Evandro la successione passo,
poi, ad Egesino 8 di Pergamo, e da quest'ultimo a Carneade "·
Si fa risalire a Lacide una graziosa battuta: si racconta,
infatti, che quando Attalo lo invita presso eli se, egli rispose
che le immagini artistiche si devono contemplare a distanza.
Si mise a studiare la geometria quando era gia in eta avan-
zata 8 e, poiche un tale gli disse: ce E forse adesso il tempo
adatto per farlo? >>, egli controbatte: «Farse adesso nemmeno? a
6r Assunse la direzione delia scuola nel quarto anno della I34a
Olimpiade 9 e mori dopo averla retta per ventisei anni 10• Si
tratt<'> di marte per paralisi dovuta ad eccessi nel bere 11 •
Per lui ho composto questo u scherzo » 12 :
Anche su te ho udito, o Lacide, qucsta. novella:
Preso da Bacco, in pun ta di pil: scendesti ali' Ade.
).fa era ben ovvio! Che quando Dioniso abbonda ne! corpo,
Scioglie le membra. Lieo non fu percio nomato?

Acatalessia e stupidita {NUMENIO, apud Euscb. Praep. ev. XIV,


7, r-rs, 734 a - 736 b = fr. 26, r-102 des Places)

734 a A proposito di Lacide voglio raccontarvi un gustoso


aneddoto.
4· Si tratta di Attalo 1, re di Pergamo. Con gli Attalidi aveva avuto di-
screti rapporti gia Arc~ilao (cfr. DroG. LAERT. IV, 30, 38). In Acad. p11il.
ind. here. O, r5 segg. Lacide ,.;..,ne ricordato addirittura come maestro di Eu-
mene e di Attalo.
5· L'abdicazione avvl"nne n.,l 22.1/3 secondo l'A cad. pl.il. ind. l1crc. XXVII,
1-15, mentre, stando a Diogene, sarebbe avvenuta net 2r5/4.
6. Di questo scalarea si fa oscura menzione in Acad. phil. it1d. here. M, 29-35
e in Cre. Lr~wll. 16. Per altre questioni v. GoEDECKEidEYER, Geschic1ll1 dw
criech. Sk~pt., p. 50.
7· La successione avvenne inturno al 160 a. C.
8. Su questa notizia si londa il GoJ!.DECKEMEYER, of>. cit., p. 49, per sost.e-
ncrc l'ormai rlcfiniti,·o allontamento dell'Accademia dalie direttive platoniche.
9· Ne! 24r-o a. C.
ro. E dnpo esscre rimasto per sediei anni nell'ombra (dr. Acad. phil. itUl.
here., col. xxvn, 3).
I I . Il suo smodt:rato culta per Bacco 1! ricordato anche in AEUA..'(. Var.
hisl. II, 41 e ATHEN., X. 438a. XIII, 6o6b.
12. Attlh. Pal. Vll, 1I5.

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LACIDE

Lacide era abbastanza spilorcio 1, e in un certa qual modo


l:'nt l'•• economica •• del proverbio. Con questa sua bella nomea b
presso la gcnte, era lui che apriva personalmente la dispensa
cd era lui che personalmente la chiudeva. E prelevava lui le
cose eli cui aveva bisogno e faceva tutte quante le altre opera- 5
zioni di tai genere con le proprie mani, non perche tenesse in
gran canto 1'(( autosuffi.cienza »a ne perche si trovasse, altresi,
în uno stato di indigenza ne perche gli mancassero servitori
- clu~ anzi ne aveva un bel numero alle sue dipendenze -, ma
e hen facile arguire per quale motivo.
E passo ad esporvi il gustoso fatterello che vi ho promesso.
).lentre faceva il dispensiere di se stesso, non reputava eli dover 10
portare in giro con se la chiave, ma, dopo aver chiusa la di-
5pensa, la depositava in un piccolo scrittoio concavo. Vi poneva c
co11 l"anello un sigillo e pai faceva scivolare all'interno deHa
cella l"anello attraverso il buco delia serratura; di guisa che,
în appresso, quando ritornava ad aprire con la chiave, poteva
riprendersi l'anello, risigillare. chiudere la dispensa e, infine, 15
gettare di nuovo l'anello all'interno attraverso la toppa.
Ma i servi si accorsero di questo mezzuccio e, quando egli
u~civa per una passeggiata o se ne andava in qualche altro
posta, aprivano anch'essi la credenza e poi, a loro piacimento,
mangiavano e bevevano e si portavano fuori altre case, e poi 20
faccvano, a Iora voita, le stesse operazioni di Lacide: chiude-
vano, mettevano il sigillo e poscia, tra molte risate alle sue
spalle, facevano scivolare l'anello attraverso la toppa. d
Cosi Lacide, poiche lasciava pieni i recipienti delia dispensa
e li ritrovava svuotati, non riusciva a raccapezzarsi su quello
che stava accadendo; ma, poiche aveva sentito dire che presso
Arcesilao si parlava delia teoria filosofica dell'incomprensibilita, 25
reputaya che propria un fatto di questo genere stesse capitando
anche a lui a proposito delia dispensa. E, preso lo spunto da
qut-sto fatto, filosofava alia presenza di Arcesilao, dicendo che
e.:{li non vedeva mai ne udiva mai nulla che fosse evidente
c Yalido.
Una voita, addirittura, trasse in disparte uno dei suoi corn- 30

I. Cfr. DIOG. LAERT. IV, 59·


l. Famnso principio etico dci Cinici, approfondito dalla Stoa (dr. PoHLENZ,
!.a Staa, I. pp. 2 44 - 5).

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210 LACJDE

pagni e, volendo rafforzare in lui con la massima efficacia - a


parer suo - la teoria delia sospensiane deli'assenso, disse:
735 a (( Questo io te lo posso confermare in maniera incontrovertibile,
perche l'ho imparato da me stesso, senza far ricorso ad espe-
rienze altrui ,,. E cominciava a raccontare per fila e per segno
35 tutto quanto !'accidente delia dispensa che gli era capitato.
" Ebbene! - aggiungeva lui - Che casa potrebbe obiettare
Zenone contro un caso di incomprensibilita che, nelia presente
circostanza, mi risulta cosi incontrovertibilmente manifesta
sotta ogni profila? Difatti io stessa ho chiuso la celia con le
mie mani, l'ho sigillata e vi ho lasciato scivolar dentro l'anello
40 e, quando sono ritornato e l'ho riaperta, vedo chc l'anello sta
la dentro, ma che non ci sono le altre cose. Come faro, allora,
a non rifiutar giustamente ogni credita aUa realta delie case?
Da parte mia, invero, non osero affermare che qualcuno e
b venuto da fuori ed ha rubato questi oggetti, dai momento che
il mio anelia sta la dentro! n
A questo punto l'ascoltatore - che era propria una dei
ladruncoli -, dopo essere rimasto ad udire il racconto carne
45 meglia potcva - egli che a malapena gia prima era riuscito a
dominarsi -, scoppio in una grossa risata e col suo ridere e col
suo gongolare confuto la vuotaggine del pensiero di Lacide.
E cosi, da allora in poi, questi non fece piu scivolare l'anello
nella toppa e per la teoria deli'incomprensibilita non si serviva
piu deli'esempio della dispensa, ma ,, comprendeva ,, bene, ora
cl1e egli ritrovava qucllo che aveva lasciato 3 : la sua prece-
so dente filosofia risultava, cosi, fondata sul vuoto.
Ma non bas ta: quei ragazzacci eran o dei (( grossolani bur-
loni ,, 4 e non se la facevano fare, come si comportano, di solito.
i Geti e i Daci 6 nelie commedie. Avvezzi, come essi erano, a
ciarlare con dadea sfrontatezza - sia che avessero appresi i .
55 sofismi prcsso gli Stoici, sia che li avessero imparati in qualche
altra maniera -, immediatamente ne combinarono un'altra: si
mettevano a cancellare il sigillo impresso da Lacide e talora lo

3· Ho dovutu allontananni dalla tradu;zione lettcrale per riprodurrc l'iro-


nico contrasto tra &:x«•a:)..-r,9l« e :l!l%~e:l2fL(3«ve: dcl testo.
4· Il termine 96p't'et (facchino) c qui usato ne! senso di <pC.p't'LXO~ (AalsroPB.
Nub. 524; Vcsp. 66; L:ys. 1218).
5· Rozzi schiavi, privi di quella linczza attica cbe sembrava esser "·anto
dell' Accademia.

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LAC !DE 2II

~ 05 tituivano con un altro, talora non lo sostituivano affatto,


pcn.:he credevano che, in un rnodo o nell'altro, anche queste
Joro bricconate sarebbero rirnaste '' incornprensibili n per Lacide. 6o
E costui entrava in cella, la ispezionava e, vedendola priva
di segno oppure contrassegnata, si, ma con un altro sigillo,
111 ontava in bestia. Poiche i ragazzi afferrnavano che il segno
f'ra rimasto li e che essi vedevano per l'appunto quello che egli
a\"t\'3. messo, Lacide dava il via ad una minuziosa discussione d

i:' ccrcava di dimostrare le sue ragioni. Sconfitti dalla dimo-

strazione, quelli obiettavano che, se il sigillo mancava, egli


fors\~ se ne era dimenticato e non aveva fatto il segno. Ma 65
Lacij\e rispondeva che si ricordava bene di averlo fatto e si
metteva a dame dimostrazione e andava per le lunghe con il
sno argomentare e si rammaricava contro di loro, credendo eli
es:::C"re preso in giro, e ci giurava anche su.
Quelli, pero, ncl rispondere ai suoi attacchi, credevano che
auehe lui stesse scherzando, quasi che Lacide - da quel sa- 7o
pitntc che era - fosse del parere di essere '' immune da opi-
nione 11 6 , fino al punto da divenire anche 11 priva di memoria»,
essendo anche l'opinione una sorta di memoria 7; e dicevano
ch~ poco tempo prima la avevano udito confermare cio a certi 736 a
~moi amici. ~fa poiche Lacide, nel respingere queste loro istanze,
parlava in modo non affatto confonnc alle dottrine accademiche,
essi si recavano presso qualche Stoica e imparavano da costui 75
la risp(JSta da dare al loro padrone: cominciavano, quindi, ad
opporre sofismi a sofismi e, mettendo in campo arti:ficio contro
artificio, si rivdarono autentici ladri accademici.
Lacide, allora, passava ad accuse di marca stoica, ma i
garzoni le dissolvevano, basandosi sulla teoria dell'incompren-
sihilita, non senza beffeggiarlo. A questo punto scoppiavano So
discussioni di ordine generale, si sollevavano argomentazioni e
controargomentazioni: in questo frangcnte non si lasciava sussi- b
stere piil nulla, ne recipiente ne contenuti del recipiente ne
qualsivoglia altro oggetto che ancora facesse parte delia sup-

p· 6. In conformita con quclla til>o;ata-:-b: chc era stata professata gia da


X~ruue e che qui cotnicamente diventa anmcsia. Il Capclle (Lakydt:s in • RE •.
~ ~~ 1 col!. 530·2) da qu",.to 1uogo trac spunto per sustencre l'abbandono:.
c11 t:rozij da parte de! poco intdligcnte allievo di Arccsilao.
. 7· Che, secondo gli Scettici, la memoria fnsse ben dh·crsa dall'opinionc
e, Invcce, confermato da Sesto Empirica (Adt•. log. Il. l.!l•lH, 19l-~02).

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2I2 LACIDE

pellettile domestica. E Lacide se ne rimaneva imbarazzato,


perche vedeva che la difesa delle sue teorie si ritorceva a propria
Bs svantaggio. Poi, riflettendo sul fatto che avrebbe perduto tutta
la sua roba se non fosse riuscito a confutare i ladri, vistosi
ridotto all'impotenza, si metteva a schiamazzare con i vicini
e ad invocare gli dei esclamando: n Ahi, ahi! che guai, che guail
Per gli dei e per le dee! >>; e quante altre cose scaturiscono spon-
c taneamente dalla bocca di ehi, quando non vicne creduto, si
go lamenta per farsi credere, egli le buttava fuori ad alta voce e
per meritar credita. l\-Ia alia fine, poiche vedeva perdurare per
la casa una battaglia di antilogie, egli stesso si riduceva ad
assumere posizioni stoiche nei confronti dei suoi garzoni. E
poiche costoro facevano una strenua difesa delle teorie acca-
95 demiche, egli, per non subire piu fastidi, misc un guardiano
amico a starsene seduto accanto alla dispensa.
Anche cosi, pero, non approdava ad un bel nulla; percio,
dopo aver considerata :fino a qual punto giungesse la propria
sapienza, eccolo fare la sua grande rivelazione: « Ragazzi miei,
- egli disse - in un moda noi diciamo qucste cose nelle nostre
dispute di scuola, ma in un alt ro moda noi viviamo! »
d E questo basti a proposito d.i Lacide.
Molti, pero, furono i suoi allievi, tra cui si distingueva
1oo Aristippo di Cirene 8. Ma, fra tutti i suoi intilni, Evandro •
e i suoi seguaci 10 ottennero da lui la direzione delia scuola.

8. Cfr. Acad. pllil. ind. lun .. col. XX\"11, 9; XXIX, 4 e DIOG. LAERT. Il,
83. Il ~uo scrittu Dtlle indagini naturalistiche. in cui (or5e esponeva e criticava
le dottrine ftsiche clei filosofi. e riconlato in Dlor;. LAERT. VIII, 21.
9· Numenio dimentica Tclecle, ricordato invece in DioG. LAERT. IV, 6o.
Fuggevole acccnno a questo Evandro di Fucio.l.e (o di Facea) e in C1c. Lur;tJl.
VI, 16.
10. Forse si alludt> ad Egesino (cfr. \\'ILAMO\\'ITZ, o Hermes •, XLV. 1910:
p. 407). Iorse ao.l. una dirczionc cC\Ilegiale, come sole\'a accaderc oei momenti.
critici (Goedeckemeyer).

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CARNEADE

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Carneade di Cirene {219/4-129 a. C.) fondo la Nuava Accademia,
dw in parte fu la cantinuazione di quella Media fondata da Arce-
:;ilao, in parte se ne stacco aprendo allo Scetticismo praspettive diverse
ed originali.
Il ·perioda di formazione di questo filosofa non ci e ben noto:
nrll'adolescenza non gli fu, farse, estraneo l'ambiente dei Cirenaici,
ma, col suo trasferimento ad Atene, operarano decisamente su di
lui Egesino, continuatore piuttosto stanco dell'&noz~ di Arcesilao,
t' soprattutto i nwnerosissimi scritti di Crisippo 1 , da cui egli trasse
vital nutrimento e contro cui impasto tutta la sua attivita di pen-
satore c di polernista piu di quanto non avesse fatto Arcesilao nei
riguardi <li Zenane. Crisippo, che e stato uno dei piu grandi dialettici
ddl'antichita, aveva data alla Stoa un vero e proprio sistema:
Carneade creo l'anti-sistcma con pari, se non superiore, acume dia-
lettico e con affascinante potenza espressiva in tutti e tre i settari
in cui, a quci tcmpi, veniva divisa la filosofia: logica, fisica ed etica 2•
Egli srppe darsi una cultura immensa e il periodo delia sua forma-
zione non si limito alia giovinezza, ma si estese fina alla vccchiaia,
quando i suoi impegni di scalarea dell'Accademia 3, uniti a quelli

l. Cfr. DIOG. LAERT. IV, 62; GOEDECKEMEYER, Gtschicllt6 des gritchiscllnt


-~ltrp!i~ismus, pp. 51 segg.; PoiiLExz, La Stoa, J. p. 349; DAL PRA, Lo scelli-
cm"o gr~~o. p. 168. Che Carneade sia stato discepolo ili Diogene di Babilonia,
alhevo chretto di Crî;;ippo, e detto in Cre. Lucull. XXX, g8.
l. Cfr. Czc. Farro XII, 46. Chc C:uneade sia stato piuttosto debole nella
parte • tl~ica • ddla filosofia (DIOC. LAERT. IV, 62) sembra da esclu<lere, quan-
~~~lque s1a e~agerato attribuirgli la _<lettaglia~a critica dclle p?ncipali. nozioni
. -Ich~ e .consulcrarlo quale lonte pnnc1pale di buona parte dei trattat1 Contro
~fistn ~~~. Scsto Empirica, come fa il Pohlen1. (La Stoa, I, p. 350, n. 23). Stra-
_, onc (XV II, J, 22) considcra••a Carncadc il piu preparata di tulti gli Acca-
'ICin!CI.

]. Carncade ottcnnC' \o sco\arcato solo alcuni anni prima delia celebre


(;:La~~cria .'1 Ron:a df'l 155 a. C.. c fors: intorno al 160 ~lla morte. di Egesino
atr l::x. H•st. plul. J). S\' dobl:o1amo 1ntcnderc chc Chtomaco d1vcnne suo
IC\·o n1cn_tre cgli <lirige,·a la s.:uola (cfr. Acatl. phil. iJIIJ. here .• XXV, 4).
0
p~;~a1 quas1 ottantcnnc ~ijli affi<io la scunla, ncl IJ], a Carncadc II. figlio di
(A rnarco. dopo che Chtomaco ebbe fondata una sua scuola sul Pa!ladio
cad. Phil. iud. here., XXV, 8).

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216 CARNEADE

di una battaglia aperta e continua in ogni settore dello scibile e


deli'operare umana, non gli concedevano neppure il tempo di ta-
gliarsi i capelli o le unghie 4 , come rilevavano con spirito satirico i
numerosi avversari che cgli si andava procurando. E il suo amore
per lo studio fu pari al sua amore per la vita, alla quale non intese
rinunciare neppure nei dolorosi acciacchi della tarda senilita, quando
la tenta.zione di praticare il suicidio stoica - l':::u/.oyo~ E:~at"(Cilylj
di Crisippo- fu, in moda ironicamente tragica, allontanata mediante
una umanissima richiesta di vino con mi ele 6 •
Se sappiamo poco delia fonnazione culturale, sappiamo, invece,
fin troppo del suo pensicro, tanto che ancora oggi ci e difficile dire
con precisione quale esso realmente sia stato. Le oltre quattrocento
opere di Clitomaco • furono, in gran parte, una stcsura scritta eli
quel pensiero in tutti i suoi particolari, e Clitomaco non fu certo
un pensatore molto originale e poco aggiunse di propria a quello che
de] suo maestro aveva ereditato. Ma le opere di Clitomaco sono
andate completamente perdute e le fonti carneadee eli cui ora di-
sponiamo - in particolare Cicerone, Numenio e Sesto Empirica -
vanno studiate con malta oculatczza. La proftuenza ciceroniana,
spesso incantcvole ma talora anche ridondante, con i suoi emenda-
menti non solo filoniani o antiochei ma anche personali, non ci per-
mette di sceverare l'autentico dal sovrapposto, non solo per quanto
concerne la ricchezza delle es~mplificazioni e dei riferimenti a situa-
zioni particolari, ma anche per quanto si attiene all'essenza e al
nerbo del pensiero. La fonte numeniana, contrassegnata da una
ostilita superiore a quella gia usata contro Arcesilao, e un'aspra
ed acuminata requisitoria sia contra il pensiero carneadeo sia contra
l'uomo Cameade, che viene considerato moralmente ambiguo, so-
fista ed erista delia peggiore genia e quasi ripUb7Jlante per una con-
genita malafede. La Conte scstianea, infine, che e la piu importante
sotto il lato speculativo e che per nostra buona sorte spesso pub
ritenersi complementare con i numerosi passi ciceroniani, non esau-
risce tutto l'arco dci particolari, che per Carneade avevano un'im-
portanza molto rilevante a causa delia sua sistematicita rivolta sia
ai principi universali sia ai dettagli.

4· Cfr. Droc:. I,AERT. IV, 62. S.egueudo Valeriu )fassimo (VIII, 7• 5),
Gellio (XVII, 15, 1) tramanda chc Carneade, nt'll'accingersi a scri~·ere (f~rst:
a parlare) contro i libri di Zenone, si purificava la mente e le parti supenon
del corpo con l'elleboro bianco. . •
5· Cfr. DroG. LA"RT. IV, 6-f; CREDARO, Lo scetticismo degli AccademJct,
1, p. lj2.
6. Cfr. DioG. LAERT. IV. 67. Anche Zenone di Alessandria (Acad. pMl.
ind. h~rc., col. xxn) prescnto per iscritto in varie opere il pcnsiero del maestro.

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CARNEADE 217

Tutte queste ragioni ci inducono alia cautela nel pronunciarci


!;U cio che fu effettivamente di Cameade, e un invito alia modestia
ci vien fatto da Don Abbondio, il quale, poverino, non sapeva ehi
fosse « costui n, mentre noi ne sappiamo tanto da farci, al termine
di faticose ricerche, la sua stessa proverbiale domanda.
Una corretta ermeneutica del pensiero di Carneade diventa an-
(ora piu diffi.cile se noi, attratti da una metodologia ancora baco-
nizz.ante, ci proponiamo di distinguere in quel pensiero una pars
dcstruens, senza dubbio estesissima, da una pars construe11s, incerta
,, pericolante ma pur non priva di attrattive e di sviluppi nelle po-
~teriori vicende della filosofia e delia cultura 7 • Infatti anche qui
una netta distinzione e impossibile e la dialettica stessa - sia essa
platonica o hegeliana o marxiana - dovrebbe insegnarci quanta
L·nstruttivita e gia nella distruzione e quanta negativita si cela
insidiosamc.>nte nelle fasi costruttive. E Carneade fu soprattutto un
formidabile dialettico, degno cmulo e continuatore di Crisippo, i
rui /aquei egli sapeva adoperare non solo per il gusto anche un po'
n'torico di ridurre l'avversario al tappeto 8 , ma anche- e forse piil-
pcrche la realta esterna della natura e quella interna dello spirito
g-li si mostravano antilogistiche, quantunque egli non intendesse col-
pire ex professo il prindpio di non contraddizione che anzi egli adibiva
di frequente per smascherare le incongruenze dcl dommatismo 8•
Cio premesso, una succinta enucleazione del pensiero di Carneade

7· La distinzione, che rimonta allo Zeller (Die Philose>phie der Griechen,


1\'. p. sa.,, J" A 11/.), l:: stata ripctuta da! Maccoll (Thl! Gruk Sceptics. p. 42),
tiai Bmchard (I.es sccptiqr1tS grecs, pp. 127, 182) dalla Stough (Greeh Sh~pticîsm,
Pp· 35 ~cgg.) dai Long (Hellenislic philosophy, p. 96). Per la non esistenza
d1 una pars c:mrsfruens sono il Couissiu (Le stoicisrtJe de la ftOII!It'lle Acadlmie,
I'P· ~59-68). e il Rabin (Pyrrl10n el le supticismr grec, p. 99). Per una posizione
cii attcsa e. iufine. il Dai Pra (Lo scdlicismo grrco, pp. z8I·J], che pur mostra
ma.~giorc propensione per una risposta negativa. Come ci tramanda Stobeo
IEd. II, c. li, ZJ = fr. o\Z \\'isniewski), Camc.>ade odice\'a chc i dialettici so-
llll.~liano al plllipo: qucst'ultimo, infatti, divora i tentacoli qnando sono troppo
cn·,;c.iuti; cc,si anchc cssi capovolgono le loro stC"sse posizioni quando la propria
put~nza si spingc troppo in avauti •·
8. Cfr. AR!'IIM, 1\arllt:ades, in • HE •. X. 2, col. 1965. L'cloquenza camcadea,
chr, fu c~lcbrata da seguaci, da ammiratori e da avversari lli tutta l'antichita
(dr. · Ira l'altro, GELL. VI, q, A), dovette cssere anche il risultato di accurato
hrocinio presso le scoale di retorica: ma di questo tirocinio non sappiamo nulla.
. 9_. Secondo Galeno (De opt. doctr. Il, 45), Carneade avrcbbe negato il
rnn~IP.l';' lllatematico che duc grandczze uguali ad una terza sono uguali tra
0 0
d ~ · C1o,. c.omu_n9ue, ~an vuol dire che Carnea de passasse all'att.acco anC"he
(:I prmc1p1a d1 JdcntJta. come farcbbe supporrc il Bmchard (Les suptiq11es
~r,•c;, P· IJl) e tanto mena di qucllo di non-contraddizione di cui egli si sen·iva
In particolarc contra la gnoseologia cpicurca. S1Jin per sal~·are il libera arbitrio
cg]~ avrebbe ammcsso, iu linea tiei tutto ipotetica, l'abbandono di quel prin-
Ciplo e avrebbe data ragione pcrsino ad Epicuro, che virtualmcntc lo annulla.
ne~;ando chc ogni enuncia.zione e o vera o falsa (cfr. C1c. De fato X, 21).

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218 CARNEADE

puo essere fat ta nel rispetto della triplice ripartizione ellenistica delia
filosofia e nel tcncr presente che le tre ~parti» si implicano tra loro
per un certo wrderground unitario che circola in esse.
Nel campo delia logica- che per Cameade e soprattutto gnoseo-
logia - si riscontra una posizione sospensi va che resta analoga a
quella di Arcesilao, anche se Cameade sottolinea piuttosto la prov-
visorieta e la mutevolezza dell'assenso che non la sua recisa impos-
sibilita 10 : ne i sensi ne la ragione possono fomirci il criterio eli veri ta,
c la rappresentazione apprensiva, per la cui definizione si andavano
torrnentando gli Stoici anche sotto la spinta delle critiche accade-
rniche, e un'operazione gnoseologica fallita, giacche una rappre-
sentazione vera ha tutte le medesime caratteristiche di una falsa n.
D'altra parte, pero, il puro e semplice rappresentarsi le cose non puo
essere climinato, perche non possono essere eliminate le affezioni e
i fenomeni, che neppure il piu radicale scetticismo ha mai osato
rinnegare.
Di qui sorge in Carneade la necessita di analizzare daccapo la
rappresentazione stessa sccondo una metodologia dialettico-scettica
e non gia dialettico-dommatica. E Cameade conduce questa sua
analisi sia con ricchezza di argomentazioni psicologiche sia con ri-
goroso intento epistemologico. Sotto il primo profila egli tracda
una delicatissima fenomcnologia dei tra~;ici giochi delia rappresen-
tazione (allucinazioni, sogni, illusioni, limitatezza delle nostre facoltă.
sensorie); sotto il secondo profila egli ripercorre quasi angosciosa-
mente il dissidio tra l'opinione-apparenza e la scienza-verită., dissidio
che il pensiero ellcnistico ereditava da Platane e persino dai Pre-
socratici e che vanamente cercava di superare assumendo varie
posirioni donunatiche.
Propria queste aporie fanno nascere l'alternath•a probabilistica u,
che non vuole essere una soluzione definitiva dell'arduo problema,
ma wlo una prospettiva e una proposta. Il probabilismo non sca-
turisce affatto dai bisogno di assumere un comportamente pratico,
ossia dall'csigenza di superare il famoso punte dell'asino che si parava
dinanzi agli Scettici, bensi in primo Juogo da un'esigenza di ordine
teoretica, come era presumibilmente nato l'd.J),oyov di Arcesilao.
Il termine on3-oc'J6v non fu coniato da Carneade, anche se questi
ne e stato il filosofa ormai consacrata. La parola m3-a.v6v gia pos-
sedeva tutta una ricca storia letteraria e non solo filosofica fin dai

10. Cosi si esprimc con molta cfficacia il Robin (Pyrrllo11 rt le scepli~sml


gru, p. 59).
Cfr. Cre. Lucull. X\', 47-48; SEXT. E~rP. Adv. Ing. 1. t59-164.
11.
Cfr. Cre. Lumii. X. 32. Per una valutazione quasi entusiastica di questa.
12.
posizione cfr. BROCH.-\RD. Les sceptiques grecs, pp. l]J-5·

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CARNEA DE 219

glorioso periodo attico 13• Poi vi avevano meditato Aristotele 1-1 e


Crisipp<> 15, e infine Carneade, desumendo anche qui il proprio lin-
guaggio dalla terminologia stoica, velllle a dare al 1tdhtv6v uno svi-
ll!].Jpo sorprendentemente nuovo e non ben compreso dagli stessi
cuntinuatori del suo indirizzo, i quali sovcnte continuarono a con-
fondere probabilita e verosimiglianza. Come l'etimologia stessa ci
~uggerisce, permane implicita ne! tennine m&:xv6v l'idea delia per-
suasiune (m:t&.:Lv). Questa, pcro, non va confusa con la convinzione,
ciacche quest'ultima si appaga solo dcl certo, mentre la persuasione
; 1a;;cr anche da un'approssimazione
18• Un qualcosa e persuasiva

pc·rche ha maggiori numeri per corrispondcre al vero, perche ha

1\. Cfr., lra l'altro, Tnuc. 111, 38; IV, ZI; VI, 35; EuRIP. Orest. 906;
PuT.- Corg. 479C; 458C segg.; Tim. src: XEXOPHO~. lf>fem. 10, 3·
"J· Gen~ralmentc ncgli scritti aristotelici il termine xl3atv6v (credibile,
probiibilc, persuasiva) viene usato comc sinonima di tlx6~ (verosimile) soprat·
tutt<• in s~de retorica c poetica. (cfr. Rhet. I. 1356b 4, 1357a 34, 1402b 13;
l:'ntl. 9, q81a 36: A11. Pr. II, 27, 7oa. 3· Per qucst'ultimo passo, o\·e si sta-
bili,;u'< la netta distinzione tra eutimema e sillogismo cfr. Aristotle's PriOI'
a11d l'ostcrior A11alitics by \V. D. Ross. Oxford, 1965 3 , pp. 499-500). Forse
Iu propria l'autorită. di Aristotele a influire suUa confusiooe post-carneadea
tra "prnhabile • e • \'CTO!;imile •- Aochc il graude Ag('lstino (Co"tra Acad. 11,
11, 26: 5, II·I2; 12, 28 c altrove), nonostante qualchc felice tentativa di in-
tro!lurr~ una distinzione, non si sottrac a questa influcnza che su di lui era
esE'rcitata soprattutto dalta sua fonte principale: Ciccrone.
1 .5· Crisippo, comc ci tramanda Diogene Laerzio (VII, I99·;Zoo}, scrissc
almcno quallro opere aventi per terna il probabile: Giudiri probabili ipoteti-
"'""'"'" rongiunti in 4 !ibri, Premesse probabilî alia doltri1t1J tlica in 3 libri,
f't,,bahilit,i i11 sosteţno de/le: deji11iziot1i in 2 !ibri, Argommti probabili a JauOI'r
tic/le classifica:ioni in llD libro. Crisippo dcfiniva il giudizio probabile come
• 411 dlo chc induce ali 'a.sscnso; ad esempio " chiuoque ha generata una cosa
n.: •'= lllat!rc ". Questo, tuttavia, non il necessariameote vcro, giacchc la gallina
11n11 c ma<lre dcll'uovo • (DIOG. LAERT. VII, 75). lnoltre egli distingueva il
gmdi1.io probabile da qucllo pos.s.ibile o impossibile, ncccs.o;ario o nou neccs-
sann (Stoic. ~·et. J'at;. II, 201 Aruhn), ammoniva che non bisogna acccttare
a <:asaccio) le argomcntazioni contrarie ne andare incontro alle probabilită.
contrarie (cir. PJ..UTARCH, De Sloic. ref>. 10, 1o36f) e non considerava la rap·
P~esrntazione pn,babile come causa dcll'a.sscn.so, giacchc essa e causa anche
(h. una supposizione falsa e, quindi, dcll'errore (dr. ibid. -17· I055fl· In sede
etica. se <.la una parte la persona moralmente seria ha, tra i dh·crsi requisiti,
a.n~he qucllo di cssere persuasiva [m&ao.v&;] (SToB. Ecl. II. 1011 5 \\'), dall'altra
51 nscnntra una pcrsuasivita [r.L&i1v6nj~] delle cosc csteme che induce aHa
~erv.,rsione. mentrc la natura ci offre solo stimoli sani (DIOG. LAERT. VII, 69).
c~unclo Crisippo le perversioni vengooo prodottc l.lalla pcrsuasivită. delle
~PI?rrscnt<~zion~ c dalla x::r.n;z-l]o:n~. ossia dall'inscgnamento che ci viene som-
V 1111 ·~trato n~ed1ante una ~rronca. pcdagogia (GALEX. D~ Hipp. et Plat. decr.
: 5 . .1 65: enea la pro,·enienza platonica <.li questa conc~zione ctico-pedago-
IJ!':;,. <h ~ri~ippo dr. PoHLEsz, La StotJ, l, pp. ;:51 segg.). Dai Yari luoghi ora
fl<:~nlat1 (cfr .. rispeltivam~nte, Stoic. v.-t. frag. II, 13, 201, 271. 65, 99·4. 630,
~ 2 • 2 Z9a Arnim) si cvince chc Crisippo, gia prima di Can1eade, aveva con-
otto un'accurati9sima uisamina del mfl:xv~v tantu sul piano delia logil:a quanto
su 'JU~IIo_ della prassi. Carncadc scppc coglicre la paJla al balzo.
p 10 · Cir. COUI5!iJN. Le stoicism~ de la nouvclle Academi;,, pp. 264-7; DAL
11
"· Lo sccllicismo graco, pp. 277·9·

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220 CARSEADE

una maggiore quantita di prospettive favorevoli. Benche Carneade


non soggiacesse al matematicismo, che pur sempre circolava come
vcnto pitagorico nell'Accademia, il suo probabilismo non aveva come
categoria fondamentale la qualita intesa tanto come essenza quanto
come attribuzione, ma la quantita, il •• per lo piu •. il ripetersi delle
volte, il progressivo accostamento dallo zero all'unita, senza mai
rimanere zero e senza mai raggiungere l'unitâ 11•
Il probabilismo non ha, perei•\ molto in comune con la retorica.
Anche se qut'st'ultima puo sfruttare la probabilita per eseguire tutti
i suoi giochi, il probabilismo rimane un fatto speculativa nella sua
essenza. E Carneade, chc fu, peraltro, un oratore consumatissimo,
sul piano teoretico seguiva un orientamento diverso dall'Aristotele
delia Retorica, il quale aveva fondata la topica maior delle argomen-
tazioni oratorle sull'eliminazione delia sostanza-qualita e sulle pro-
spettive dischiuse da un approfondito studio delia quantită. 18•
Il carattere teoretico del probabilismo si evidenzia anche nella
fenomenologia cameadea delia rappresentazione probabile 18• Quasi
precartesianamente 20 qui il filosofo di Cirene insiste sulla chiarezza
e sulla regolarita che arricchiscono e rafforzano il probabile; e, nel
sottolineare il concorso delle varie circostanze 21 che rendono possi-
bile un accadimento, egli non fa altro se non spingere sempre pin
innanzi le probabilita dallo zero all'unita, senza mai, comunque,
trasformare magicamentc le probabilita stesse in certezza. Sono
numerosi, sia in Cicerone sia in Sesto Empirico, gli esempi di ordine

17. Girolarno Canlano, che formulb l'assioma fondamentale delia moderna


• teoria delia probabilita • sostcnendo che la probabilita di un evento e il rap-
porto tra il nnmero dei ca.si favorevoli a talc e'·ento e il numero totale dei
ca.~i possibili in cui tutti hanno uguale peso c vcrosirniglianza, dovette tener
presenti. ncllo scrÎ\'ere il suo Liber de Iudo aleae. almeno i vari passi cicero-
niani ili chiara ispirazione carneadca (cfr., tra l'altro. A. KoESTLER, A. HARDY,
R. HARVIE. La .<jida del casa, trad. it., Roma, 1974. pp. 117-Sl.
1!:!. Hinvio a quanto ho osservato in La filosofia dt:lla retotica in Aristotek,
pp. St·gr.
19. Cfr. SEXT. E)IP, Pyrrh. hyp. I, 227-229; Adv. log. 1, t66-t8g . .
20. Lo Hegel (Lez. s11lla St. delia Fii., II, p. 498) ,-edeva nei gradJ delia
rappresentazione probabile di Cameade • su per giu quei gradi che il Wolf
chiama rapprescntazione chiara, rlistinta c adcguata •·
~ r. Osserva acutamcnte la Stougb (Greek Skcpticism, pp. 5 7-8) : • Tbe
suitability of the criterion emploved depends on the circumstanccs of the
perceptual uttcrancc. As experieuce is subjcctcd to more tests, our statements
carry increasingly more weight; no lîmit is placed by Carnea.tles on ~e ~~;m­
mount of te5ting that ruay be necessary ... Sincc thcre is no absolute cntenon
of truth, the Academic will not give unqualiiied a..ssent to any pcrceptual
statement, though hc will give a qualificd asscnt [dr. Cre. Lucull. XVIII, 59;
XXXII. too~; SEXT. EMP. Pyrrh. hyp. l. 230; Adv.log. 1, I77-Ii8]. The st:rongec
the support, tbe stronger his conviction •. C'e. pero, di che rammaricarsi che
qucsti spunti quantitativistici delia Stough non abbiano avuto un adegua.ta
sviluppo al pari dî quclli psico-epistemologici.

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CAR~EADE 22I

t!uantitativistico addotti da Camcade nelle sue confutazioni non


solo delle dottrinc dommatiche ma anche delle mistificazioni divi-
natorie zz. Anzi nelle polemiche contro queste ultime Carneade sembra
annotare che gli indovini e gli altri mistificatori, dovendosi escludere
)a probabilita di una rivelazione soprannaturale, si servono artata-
rnrntc anch'essi di un calcolo delle probabilitâ per conseguire suc-
ce!'SO 28•
Secondo Carneade la probabilita estende il suo incerta dominio
in tutta la vita umana, in tutte le naturali combinazioni e in tutti
i ronati del pensiero. Nel coglieme ovunque la presenza, Cameade
ne divcnta l'autocoscienza. E appunto da cio ci sembra che tragga
origine quel certa interiorismo camcadeo che occupa quasi un posto
intermedia tra. Socrate e il pensiero cristiano 24• Propria la posizione
probabilistica, con tutte le sue riserve e i suoi imbarazzi, appare
come uno dei primi tentativi di ridurre la natura a pensiero.
Sarebbe non solo esagcrata, ma indubbiamente erronea la pre-
tesa di scoprire gia in Carneade la presenza del probabilismo scien-
t i li cu del nostro tempo che vede impegnati attualmente i pin grandi
matematici e fisici 2li. Ma se di questo nostro probabilismo facciamo

~~- Ci limitiamo a ricordare SEXT. E&IP. Adu. log. II, 171 segg., 181 segg.,
·1"9 se11g.; C1c. Da divin. Il, V, n segg.; VI, 15 segg.; XII, 28 segg.; XIII,
w: XV. 3.1: XVII, 3B; XXI, 48; XXII, 49: XXVII. 58; XXVIII. 61; XXXIX,
~r-.'3: XLV, 94; LVI, u6; LIX, 121; LX, 175; LXIII, 129; De fato VIJ, 13;
l.ucrtll. XXXI, 1oo.
'!:l· "Nous sommes tous probal.Jilistes. vous et moi. savants et ignorants;
nous le sommes en tout, exc:epte en mathematiques et en matiere de foi. Dans
lr,, autres sciences et dans la vie, nous uous conduisons en disciples inco-
sci~nls de Carneade •. annotava ~1. Martha (Le philosophe Car11eade a Rom~<)
in risposta alle severe critiche anticarneadee c:he erano in voga in eta di fede
pc>oiti,-istica gia prima cheM. B. Tbamin pubblicasse il suo scritto Un p~ob/eme
mMa/ daus f'antiquitl (Paris, 1884}. E il Brochard (T.es sceptiqlleS gucs, pp. 164,
r;f:i SC'gg.) era d'accordo col Martha.
2~- Lo Hegel (Le;:. sufla St. derla Fii., II. pp. 492-4), ricordando le antilogie
~ull:t ~iu~tizia, parla\'a di una • corruzionc inarrc.'ltabile del pensicro • c assc-
L:1l<l\·a al fLlosofo di Cirt'ne l'alto merita lilosofico di aver iniziato l'esame delia
'' n«tura delia coscien1.a •. esscnrlo di5posto a considerare l'intelletto • come
rapp(lrto ultimo e del tutto assoluto o eri a rivendicare 1'• cner~ia del soggetto
C!i~ci,•nt~ ·• nello sforzo di determinai"Si [Butimmtwe~dc11] al di fuori e al di
d(·ntr<r rli se. In cib Io Hegel era stato acutamcnte preceduto da ehi, tanti
stcnli prima, aveva fatto molta espericnza delta posizione neo-act"ademica,
<J~ A;:r.stino (dr .. in particolare, D~ 1'riu., X, capp. 5-9) e sarcbbe stato seguito,
pnr ~(' in chiave soprattutto psicologistica, dagli sturliosi moderni (dr. BRo-
CHMm. L,s su,f>liques grccs, pp. 137 segg.; PonLEXZ, La Stoa. I, p. 349; STOUGH,
Gr,·rk Shepticism, p. 4 i; Lo:sG, Hflfwislic phifosophy, pp. 97-S).
~5. Si ricordl'ra che, dopo lo scritto sul gioco dei dadi del Cardano. il
'llotlcrrw concctto di probabilita anrlo semprl' piu enucleandosi nel Ragiommlenlo
'"' gww ă'a:::ardo ddlo Huvgens. ncii'Ars conieclandi de! Bernoulli nclla
t~oria d~l buon senso ridott.; a calcolo rlel Laplacc. fino a quclla schrodin-
g.cnana dcll'orrline ncl disordinc e a quclla de! nesso • tra l'e\'cnto singolo ir-
n~rotlucibile e impre\'l'dibile e la prevedibilita e l'unifonnita degli cvcnti

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222 CARNEADE

la preistoria, se vogliamo trovare l'Adamo o il rudimentale esem-


plare delle caverne, non possiamo tacere dell'intonso Carneade e
non possiamo non restare ancora oggi attratti dalle sue sottilissime
argomentazioni dialettiche e dai gioco che in queste argomentazioni
esercitano il numero, la grandezza e il «per lo piu ».
La presenza delia probabilita si riscontra anche nel campo della
« fisica », ossia di quclla filosofia della natura che, soprattutto ad
opera degli Stoici, era diventata un'unita quasi indifferenziata di
naturalismo e di teologismo, di stimolanti intuizioni scientifiche e
di credenze ed errori popolari 20 • Carneade non mette in bilico U
concetto stesso di o:;;uat~. anche se tende a scalfirlo con le sue aporie.
Piu a fondo, invece, egli va ndle sue argomentazioni anti-teologiche
in polemica sia con gli Epicurei sia con gli Stoici, ed il suo anti-
teologismo, che pur non vuol essere ateismo, non puo non assumere
un carattere intrinsecamente anti-religioso. Pare, anzi, che la sorte
del divina sia giocata da lui su un grosso tavoliere dialettico, nel-
l'incertezza che csca il Venerio o il Cane, la Provvidenza o il Dieu
Trompeur e il Malin Gb1ie 27 • Sul tavolie:re del probabilismo eserci-
tano il loro gioco la Fortuna e il Caso, scnza esscre apertamente
accettati come principi cosmici, ma senza {'Ssere neppure respinti
nel novcro delle cose impossibili. Il diverso comportamente di Car-
neade nei riguardi dell'indiffcrentismo degli dei di Epicuro e del
provvidenzialismo degli Stoici si puo paragonare ad un insidioso
cambiamento di pesi sui piatti di una bilancia, e di qui lo scandalo
dcl carneadismo peri seb>Uaci sia del politeismo pagano sia del mono-
teismo cristiano. Anche se la tragedia teoretica si chiudeva, farse,
con impensate conciliazioni tra Carncade ela religiosită. tradizionale 211 ,
la scissione tra filosofia e rcligione non veniva sanata, ma si andava
profilando, tanti secoli prima di Averroe, quel principio della doppia
verita che, sulla bilancia del probabilismo, faceva oscillare anche
1'esistenza e l'essenza del soprannaturale tra Io zero e !'unita. Car-
neadEC", propria in virtil del suo probabilismo, era disposto alia scom-

multipli • (cfr. HARVIE, Probabi/ilă e ser.•ndipita in La sfida dd caso, cît., p. 122).


Per un quadro succinto e preciso de! probabilismo modemo vcdasi la voce
Probabilita in N. AnBAGXANO, Di:imtario di Filosofia. Torino. 1961. pp. 679-81.
26. Per i rapporti Carncadc·Stoa in sed" di filosofia delia natura vedasi
soprattutto A. SCHMRKE.L, Die posilive Plriloscoplrie in der geschicflllichen
E11twicklung, I. pp. 331 scgg .• 330 segg .• .HS scgg .• 464 segg.• 483 segg.
27. Cfr., tra l'altro, A. \'ERDAN, Le scepticisme philosopfliqlle. p. 25.
28. L'imprevista conclusione de! De nat11,.a deomm di Cicerone, il quale
si dichlara propenso ad accettarc le dottrine stoicbe, e l'attcnnarsi della pole-
mica del De Fato rimasto incompiuto (e carne mai poteva tro,·are una con•
clusione?) fanno pensare a quei tanti mutamenti di rotta con i quali proccdeV&
il discurso acuto e paradossale d.i Carneade (cfr. NUIIIE:-1. ap11d E11seb. Praep.
cv. XIV, 8, iJ7d = ir. 27, 24 segg. des Places).

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CARNEA DE 223

messa come Pascal enon alia dimostrazione come Tommaso d' Aquino;
ma la sua agguerrita dialettica, con l'uso e talora l'abuso del sorite,
l•) induceva piu a provare la via delle opposte dimostrazioni che non
quclla delia scommessa. Quest'ultima presuppone la fede, come in
p,1scal, mentre nella probabilita non si pua nutrire una fede. Il suo
~~il·1.'J6v non diventa mai 1tLa-rov 29, e percio il suo scetticismo, mentre
;:embrava limitarsi, in realta si estcndeva e si ramifi.cava.
Le antilogie fisiche, implicando concetti quali la Provvidenza e
il Fato, il determinismo e illibero arbitrio, sono gia intrinsccamente
;I!Jtilogie morali, anche in virtu di quella sistematicita dialettica che
ia da spinta sotterranea a tutto il pensiero di Cameade. Qui lo scan-
dalo g-ia per gli antir.hi diventava anche piu v:istoso e il fi.uto conta-
dinesco di Catone Censore sta a dimostrarlo con storica ccrtezza 90 •
L'antinomia di un'etica universalistica e di un'etica individualistica
si iclcntificava col dilemma di giustizia e ingiustizia, di moralita e
di ntilita, mentre il problema del sommo bene (TEÂo<;) si presentava
cnmt! una scelta tra il soddisfacimento delia natura e la rottura
rigoristica con quest'ultima, come aveva proposto il piu rigido
Stoicismo. Con una metodologia che rimontava pur sempre a Platane,
Carneade prospettava 31 una diairesis storico-speculativa delle varie
etiche possibili, avanzava anche - ma solo exempli causa - qualche
sua proposta, giacchc il probabilismo non puo rinunciare al suo
azzardo; ma anche in questo settore il positivo non poteva staccarsi
dal negativa. Attraverso l'accurato esame dell'etica stoica 32, Car-
nt·ade era conv:into dell'intema contraddittoricta di Ob'lli etica dom-
matica e normativa. Anche se l'opzione e indispensabile nella \;ta
ordinaria, qucst'opzione e tanto piu libera quanto mcno nasce dalla
convinzione e quanto piu viene assunta con queiJa duse di rischio
che deriva da] calcolo delle probabilita. Cosi la tragedia teoretica
non si r:isulve affatto in un primato delia ragion pratica, ma si ripre-
senta nella scclta stessa, sfidando quasi contemporaneamente da una
parte il destino e dall'altra il caso. Percio Carneade, che fu severo
critico dell'Epicurcismo, sentiva anch'egli, al pari di Epicuro, il bi-
sogno di salvare il libero arbitrio, ma si guardava scetticamente dai-

!9. La tragica antinomia era stata potentemente rh·issuta e rapprescn-


tata. da Sofode (cfr. )1. tl~TERSTEI:->ER, Sofoclc, I, Firenzc, 1935, soprattutto
pp. 57Z-96).
30. Sccoudo il Croi~sant (La morale d~ Camtade, • HC"I.'"UC des etudes
g:<=c<ţu;.s •. 1941, pp. 43-5;), l'impostazione antilogistica del problema delia
!:lUsbz1a era non aporctica, ma a.ddirittura cinica.
] I . Cfr. C1c. De fin. V, Y 1, 16 scgg.
XII.1 2 • Nel p~ospettare la •misera fel,ici~1l dei _filo~oli_• Ago~tino (De 1-Fin.
te I, 7) colpn·a, ancora una vulta, 1 ettca stmca ISplranclos•. attraverso le
shntonianze ciceroniane, a Carneade.

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224 CARNEADE

l'assegnare al libero arbitrio Wl ben preciso campo di azione. Di qui


nasceva l'imbarazzo nei suoi seguaci - da Clitomaco a Cicerone -,
i quali confessavano di non capir bene i punti piu dclicati del pen-
siero morale di Carneade :13 e si disponevano implicitamente a stac-
carsi dai maestro. Se il probabilismo fosse nato non da un'esigenza
teoretica, come e nostro avviso, ma da una semplice esigenza pratica,
la filosofia di Carneade non avrebbe avuto, fin dall'inizio, alcuna
prospcttiva di successo. Invece le perplessita e le oscuritâ. dell'etica
carneadea nascono dall'inappagabile bisogno di applicare il m&IXvov
alle normali vicende dell'umana esistenza tanto nel mondo dell'in-
dividuo quanto in quello delia ormai defunta 1t6/..t~ ellenica e del-
rormai irnperialistica ed universalistica ttrbs romana.
Che, poi, una siffatta etica - come, del resto, tutto il pensiero
di Carneade - suggerisse spunti per soluzioni di ordine retorico ~
anche storicamente innegabile, se si considera la qualitâ. dei suoi
continuatori fino a Cicerone. Ma tutto questo non implica affatto
che l'essenza dcl probabilismo debba necessariamente sconfinare nel
retoricismo, anche se il filosofa che ne fu il creatore ebbe l'impe-
tuosita oratoria di Demostene. Anzi, forse proprio la sua t'is oratoria
nasceva non tanto dai bisogno di travolgere le altrui posizioni, quanto
da quello di nascondere il propria umano disagio di pensatore.

Nella raccolta delle testimonianze ho preferito non spezzare il


discorso sulla bocca dcgli autori che ce le hanno trasmesse, pur·
essendo consapevole che, accanto a quello che con una certa sicu-
rezza si puo attribuire al filosofa di Cirene, ci sono tante altre cose
che gli autori hanno aggiunto di propria. Ne si sarebbe potuto fare
altrimenti per rendere leggibili le numerose testimonianze e per evi-
tare di operare una quasi totale distruzione del pensiero carneadeo Il,
Anzi gli stessi tagli che, per evitare Jungaggini, sono stato indotto
ad eseguire, mi sembrano talora irriguardosi e molesti.
Il ~(oc; carneadeo di Diogene Laerzio e, sotto il profilo dosso-
grafico, ancora piu insufficiente di quello arcesileo. Sebbene da esso
balzi molto viva la personalita e l'irruenza di Cameade, anche le
notizie biografiche lasciano molto a desiderare: basta rilevare che

33· Cfr. C1c. Lucu/1. XLV, IJ8·IJ9- L'origine delia concezionc occid~n­
tale tlella volonta e posta nella filosofia nco-accademica da E. Benz (Mart!"
l'iclnrinus rmd dit Entwicklrnrg des Abendliindisclrerr Will~11snlelapllysslf,
pp. 346 segg.) e da A. Weische (Cirrro und die Neue Akadtmie. pp. 47-5o).
3+· Cost purtroppo e av,·enuto nella raccolta di B. \Visniewski (KARSEADSS~
Fragmente, Te:J:/ und /(onmrentor, \Varzawa. 1970), ove pare. per altro, che l
numerosissimi errori. gia autorevolmente rilevati (cfr. l\1. GrGAl'iTI!;. in o La parola
dd passato •. 1971. pp. JllO·I), siano dovuti anche alle non liete condi;donl
di lavoro che r~ntlono comunqu~ apprezzabile lo sforzo dcllo studioso.

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CARNEADE 225

aiia celeberrima ambasceria romana del 155 a. C. non si fa il benche


minimo accenno 36•
Il ritratto che di Carneade ci ha lasciato Numenio e di straordi-
naria e quasi cupa efficacia 111• Oltre a biasimare il pensiero di Car-
neade per la sua estrema infedelta verso Platone, Numenio mette
in pessima luce la qu.asi diabolica abilitâ del tilosofo-retore nel con-
durre la sua lotta anti-domrnatica facendo ricorso ad ogni mezzo
)ecito o illecito. Carneade viene presentato sostanzialmente come
sofista ed erista ela sua trascinante eloquenza e l'espressione calliclea
tli una volontă. di potenza intellettuale. Ma tanta eloquenza, con
tntta la sua speciositâ ed i suoi trucchi, serve solo a nascondere una
Yera e propria nullita speculativa. Nurnenio, pero, sa anche esporre
con stringatezza i lati essenziali del pensiero eli Carneade enon viene
rneno, anche in questo caso, al suo solito acurne.
Ancora piu importanti sono le testimonianze carneadee di Sesto
Empirica che abbiamo desunte dalle Ipotiposi pi"oniane, da Contro
i lvgici e da Contra i fisici 37• Da questi passi si evince non solo l'ec-
crzionale potenza speculativa di Cameade, ma anche il delinearsi
netto di quella sistematicitâ dialettico-scettica che verra, pur con
impostazioni diverse, continuata, emendata ed arricchita da Ene-
::.idemo. Sesto non accetta la posizione probabilistica, ma non se ne
adonta affatto: degno emulo di Carneade per doti dialettiche, l'Em-
pirico, anche quando acutamente critica il filosofa delia Nuova
Accademia, ne ammira e ne riporta con vivacita. non solo le linee
essenziali del pensiero, ma anche la ricchezza dei particolari e degli
csempi. Sesto, insomma, sebbene miri a contrapporre un suo scet-
ticismu a quello di Cameade (come, del resto, anche a quello di Ene-
sirlemo). in realta, come abbiamo altrove notata 38, in certi momenti
cruciali si rifugia anche lui su posizioni difensive di ordine proba-
bilistico.
Per quanto concerne Plutarco 8 , ci siamo limita ti solo a qualche
brano ed a diverse citazioni di sostegno a testimonianze riportate

35· La notizia piu ampia. ci c stata conservata. da Plutarco (Calo maiur


f_:!·ZJ), cht> c stata qui tradotta rlal testo bek.kcriano (Lipsiae, J855-57) e uti-
tzzanclo l'edizioue de! Perrin (London-Cambridge 1\Iass., 1959).
3_6. La traduzionl' e stata cscguita sul testo del des Places (Paris. 19i3·
1r . .!h, IOJ-IIS e fr. 27). che non differisce da queUo de! Mras .
. 37- Per Pyrrh. hyp. mi sono attenuto, carne altrove, all'edizione teub-
ncnan~ de! :O.! au: di A du. log. ho riportato la mia traduzione laterziana del
1
975: • passi di Adt•. phys. sono stati eseguiti sul teste del Mutschmann (Lipsiae,
~9! q); di grande aiuto mi e stata l'ediziune del Bury (London-Cambridgc
ass., z9 Go).
JS. Cfr. SEsTo E::IIPtRICO, Co11tr-o i logici. pp. XLm-xuv.
t 39 .. Per le opere anti-stoiche <li Plutarco mi sono rifatto soprattutto al
esto cl1 Pohlcnz riveduto dal "'estmann (Lipsiae, 1969).

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CARNEADE

da altei autori, non perche ne sottovalutassimo l'importanza, ma


per non accrcsccrc la mole dcl volume.
Infine le testimonianze lasciatcci da Cicerone hanno quantita-
tivamente il sopravvento su tutte le altre. Con Carneade Marco
Tullio si sentiva a casa propria tanto comc filosofo quanto come
oratore! Se dalla fonte sestiana si coglie con acutezza la complcssa
ed originale sistcmaticit;\ del cameadismo, dalle abbondanti fonti
ciceroniane questa sistematicita viene toccata con mano in tutti
i mini mi dcttagli, come si riscontra soprattutto nel De natura deorum 40
e nel De divi"at.i01re 41 • Per quanto, pcro, si attiene alia logica di
Cameade, il L11cul!Jts 42 - come gia abbiamo notato a proposito di
Arcesilao - si estolle su tutto il resto e rivaleggia quasi, per certi
insospettabili slanci speculativi, con gli scritti di Sesto Empirico.
Ma anche dallo studio di questo scritto felicissimo sorgono le do-
mande: quanto c'e di Cameade? Quanto di Filone o di Antioco?
Quanto dello stesso Ciccrone non solo per J'immancabile ornalus,
ma anche nei contenuti? Presso a poco identiche sono le perplessită.
- anche nei tagli da noi chirurgicamcnte operati - che si presentano
sia nel De fato 13 sia nel De finibus b0110rmn el malorttm 44 (ricchissima
rapsodia di tutta !'etica ellenistica) sia nelle Tuscu/anae disputa-

40. La traduzione dei brani del Dl' nat. dco,. e stata estguita sul testo doi
Pla"bng (Lipsiae, 1930), ma di grande utilita mie stata l'edizione del Rackbam
con la t<plcndida traduzione inglese (London-Cambridge 1\lass., 1967).
41. 1 passi del libro secondo del De dit•in. sono stati tradotti dai testo
rlel 1\!i'lller (Lipsiae, 1903), ma d.i \"alido ausilio sono stati i suggerimenti di
V. E. llfarmorale (~lilano, I9-J61).
42. Per venire incontro al lellore elcnchiamo i passi dd Lucullus di pio
chiara ispirazione carneadea: X, 31-32; XV Il, 54 per la distinzione tra incom-
prensibilc c inccrto; XJll, ·12 per la metodologia adottata da Carncade nclla
polemica anti-stoica; XV . .17-48 per la fallacia delia rappresentazione ap·
prensiva; XXVII. 88 per le obiczioni stoiche alia critica carncadea e per le
contro-oltiezirmi di Carocadc; XXVIII. 89-90 peri soriti di (;uneade in merito
alia rappresentazione apprensiva; XXVIII-XXIX. 91-95 (per cui cfr. SEXT.
EMP. Pyl'rh. hyp. II, ZJ0-23j) per la pO\·erta, per l'incompet.,nza c per la ~on:
traddittorieta delia dialettica; XXIX-XXX, ')j-98 per l'uso di arf:omcntazJolll
eristichc c in particolarc per )o pMudo11wno11; XXXII, IOZ-103 per l'im:ono-
scibilita rlel falso; XXXVI, 116 per la critica alia dimostrazione; XXXVI-XL~,
IJ4-I2S per la critica delia cosmologia stoira; XXXVIII, IZ0-121 _per la~­
tica delia teologia stoica; XLV, 13S-139 per le ,-arie possibilita d1 conccp1re
il sommo hene; XL\'111. qs per il rapporlo tra asstonso e inconoscibilita.
Il concetto di ;-;dh~;v6•J in relaziune alia ,·ita umana e alia opinione-persoa-
siune e "'·olto in XXX. 1o4.
43· La trar.luzione e stata eseguita sul tc><to rli A. Yon (Paris, 19Hl· Pre--
~evolissima c l'ampîa introduzione ddlo stur.lioso francese anche sotto il pro-
:filo spcculativo.
H· La traduzionc dei passi del De fiu. i' stata cse::;uita sul testo mftUe-
riano (Lipsiae. 1904}. ma rli ,·alirlo ausilio e stata l'cdizione r.ld Rackbam
(Londc.n-Cambridgc l\lass., 1967).

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CARNEADE 227

tim 1rs ·'5 • ~rl riportare, infine, alcuni pasşi del frammcntario terzo
libro Jel De republica 4& con le pur discusse e ancora discutibili in-
serzioni lattanziane, abbiamo preferito rispettare la dispositio cice-
roniana ch<' antepone la difesa dell'ingiustizia a quella delia giustizia
per smussare, romanamente, la pericolosit~ della dispositio contraria,
,1uale, cioe, era stata fatta da Carneade durante il soggiorno romana.
Cii.) non per recar torta a Carneade, ma per accontentare il buon
pacil1catore Marca Tullio!
Dai notevole insicmc delle testimonianze, lette e meditate cum
gr 1n1n salis, si dovrebbe evincere tutta la complessita e tutta la
srraorrlinaria ricchezza del pensiero di Carneade sia nel discutere
i m~Lssimi problcmi delia filosofia sia nel far sentire la presenza di
questi problemi finanche nei momenti piu banali delia nostra esi-
stenza. Emulo anche qui di Crisippo, che scrisse oltre settecento
upPrt', Carneade, che non ne valle scrivere nemme-no una, mostra
rli vosseuerc le piu autcntiche doti di filosofa che, con aristotelica
circularit:l, medita su Dia e sui rifiuti, sull'imm<'nsamcntc grande e
sull'immensamente piccolo e, alla fine, staccandosi da Aristotele e
da Crisippo, non intende prospettare alcuna soluzione, ma soltanto
far presente che ogni soluzione e sempre approssimativa e si presta
ad es:>erc sottoposta a discussioni interminabili e appassionate.

Fila d,: Carneade (DIOGEXE LAERZIO, IV, 62-66)

Carneadc, figlio di Epicomo, o - come dice Alcssandro nelle 62


suc Succe.~sioni 1 - di Filocomo, era. nativa di Cirene.
Egli lcsst' accura.tamente i libri degli Stoici, (specialmente 2 )
qudli di Cri:;ippo, e li contraddiceva in modo cosi pertinente e
si esprimeva in maniera cosi briliante da giungere alia celebre

. ·\.1· Per i passi Llelle Tuse. disp. mi ~ono attcnuto all'<"dizionc di H. Drcxlcr
~'hlaun. 196~). ma di grande utilita e sta ta anche quclla di J. E. 1\ing (London-
ambn<J~c )!ass .. I<J7I).
-t&. 1 passi clei De rt"l'· scmo stati tradotti clall'cclîzîQne dello Zîegler (Leipzig,
1
9 6 o), ma. di gmncle utilila t: stata anche quclla <.lei Gîannclli (Fircnzc, l!J5-Il·
_ 1 · Fr. 30 Jacoi.Jy = lH Jllii!ler. Per Alcs<andro Polistnrc, fiorito nclla
pruna Ineta clei 1 ~"~- a. C .. vedasi DAI. PRA. La sl<>riogwtîll filo.wjlca antica,
pp, !39-')I. Secondo Plutarco (QII<It"S/. COl:ll. VIII. [, 2). cO:mcadc şarcbbc
nato lll·llo sle~so ~-:iorno di Platuw,, ossia durantc le festc carncc.
. ~-, I.'ag;:iunta c <.]()[ Cobt't. Seconrlo Ciccrone (Lucu/1. XXX. 98) Carneacle
llnpuu la dialcttica uallo stoica Diogene <.li Dabilonia.

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CARNEADE

conclusione: « Se Crisippo non ci fosse stato, non ci sarei


neanch'io n 3 •
Era un uomo che amava illavoro quant'altri mai, ma era
mena portato per gli studi di fisica e piu portato per quelli di
etica 4 • E per dedicare tutto il sua tempo alle indagini si la-
sciava crescere le chioma e non si tagliava neppure le unghie! li
Seppe imporsi con tanta forza nella sua attivita filosofica che
anche i retari se ne uscivano dalle loro scuole e si recavano
da lui per ascoltarlo.
63 Aveva anche una voce altisonante, talch~ il ginnasiarca lo
ammoniva di non gridare tanto forte; ma egli rispondeva:
ce Da tu, allora, una misura alla voce! »; e quello prese bene

la palla al balzo e ribatte dicendo: «Carne misura tu hai gli


ascoltatori! » 8
Quando biasimava, era tremendo, e nei dibattiti era im-
battibile. Per i motivi suddetti egli rifiutava gli inviti a pranzo.
Una voita :Mentore di Bitinia, che era sua allievo, si era
recato alla sua lezione dopo aver fatto la carte alia concubina
del maestro, carne narra Favorino nella sua Storia varia 7 •
Allora Carneade fece entrare nel mezzo del discorso i seguenti
versi e glieli spiattello in tono di parodia:
64 Va qui aggirandosi un vecchio marino che mai cade in fallo;
A Mentore egli e somigliante nel corpo e pcrsin nella voce 1 :
Costui dai nostro istituto che venga bandito io comandol 1

3. Carncadc modifica va in qucsto morlo il versa: • Se non ci fosse Cri-


sippo, ncppur ci sarcbbc la Stoa • (dr. DIOG. LAERT. VII, 183; PLUTARCH.
De Stoic. ,.rp. X. 4). Secondo Plutarco (De Stai&. f'ep. ro, 1636b) Carneade:
net muovere all'attaccu contra Crisippo, soleva ripctcre a si! stcsso e a ehi
volesse imitarlo, le parole di Andromaca ad Ettore (Il. V, 407): • O sventurato,
il tuo valore ti perd~rll •.
4· Dopo la svolta arcesilea c col ritomo al socratismo. 9Î acutizzava n
bisogno di po\cmizzarc contra i c fisici •: percio, piuttosto che di disinteresse
per le indagini fisiche, si trattava di opposi1.ionc arl esse. Cicl'rone ( Va,.,.o XII,
4G) ci assicura. che Cameade conosccva bcne ogni • parte • delia filu9ofia. La
• vis incredibilis illa rlicendi • del :filus<Jfo e celebrata in CIC. De Qf', 1, XI, 45·
49; II, XXXVIII, 1ti1; III, XV III, 68; XIX, 71; XXI, 8o; XXXVI 147;
Lwcu/1. XVIII. 6o.
5· Per la laboriosita di Camcadc cfr. VAL. ~L\x. VIH. 7, 5·
6. Cir. PLUT.\RCH. D~ ga,.,.,./. 21, 513c-d.
7· Fr. 67 Barigazzi.
8. HoM. Od. IV. 384; II, 268, 401.
9· Il versa e una parodia di SoPH. A 111. :~oJ.

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CARNEADE 229

E :Mentore si levo in piedi e soggiunse:


E gli uni davano annunzi e gli altri adunavansi in fretta tG_

Pare che egli si sia mostrato un po' troppo pavido di fronte


alia morte, dal momento che non si stancava di dire: «La
natura che ha composto sara anch'essa a dissolvere ». Venuto,
pero, a sapere che Antipatro 11 si era data la morte con un
vckno, si senti spronato a lasciare la vita con coraggio e disse:
"Ihtelo anche a me! "- Ma poiche quelli chiesero « Che cosa? »,
Carneade rispose: «Vino con miele! ''·
Si tramanda che, mentre egli stava morendo, ci fu un eclisse
di Iunal 2 : si sarebbe detto che il piu bell'astro del cielo dopo
il suie intendesse significare che stava soffrendo insieme con lui
Dice Apollodoro nelle Cronaclle 13 che Carneade si stacco 65
dagli uomini nel quarto anno delia r62a. Olimpiade u, dopo
esser \-"Îssuto ottantacinque anni lli_
Si tramandano di lui lettere ad Ariarate, re della Cappa-
docia 16 • Tutte le altre sue cose le hanno tramandate per iscritto i
suoi allievi : egli pcrsonalmen te non ha lascia to alcun' opera scritta.
(' e anche per lui un mio componimento in metro logaedico
e arc:hebuleo 17
Chc vuoi, chc vuoi, o Musa,
Che contra Carneade io dica?

10. HoM. 11. IT. 5~. 444; Od. II, 8.


11. Si tratta di Antipatro di Tarso, il quale continuo la polemica anti-
accatlcmica del suo maestro Crisippo (cfr. Stoic. vet. frag. III, 7 Arnim) e che
non sape'l.·a resistere all'doquenza terribile di Cameadc. A proposito della
b_attuta di qucst'ultimo, Stobeo (Fior. 119, 19) ci dice qualcosa di sostan-
Zialmente diverso c di piu conforme al wit di Camcade: • Quando Antipatro
5 ~ fu uc_ciso, Carncadc, ormai vecchio, mescolo duc coppe, l'una di cicuta c

l_"l~ra dt vino mielato, Dopo avl"r dctto di libare quella con la cicuta agli altri
Stotct, egli Len·e l'altra col vino mielato, scherzando sulla serietil. di quelli
chc si clanno la morte volontaria •. L'attaccamento di Carneade alia vita i:
confcm1ato in PLUT/o.RCH. De tra11q. tmim. 19.
1 2 .. La notizia e anche riportata in Suida (voce Ka.pve&Jh:;,:;) ove si paria
pure clt un oscuramento del suie.
1 3· Fr. 51 Jacoby.
14· Ossia nel 129-8 a. C.
(L 1 5· L~ notizia c confermata in Ps. LuciA:s. ,lfacrob. l8; invece Cicerone
f llcllll. vI, 16), Valerio 1\lassimo (VIII, 7, 5) e Censorino (De die nat. XV, 3)
anno morirc Carncade all'et~ di novant'anni.
l' 1 6. _I~ Credaro (Lo scetticismo dt-gli Accadmrici, I, p. 152) mette in dubbio
autenhcita di qucsta corrispondenza. Plutarco (De Al.::>·. fort. 4. 2, 328a)
~~ne Cameade con i piu celebri filosofi che non scrisscro nulla: Pitagora, So-
ate cd Arcesilau.
17. Anth. Plan. V, 39 •

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230 CARNE ADE

Ciuco c davver ehi ignora


La grossa paura ch'egli ebbc
Di marte. Egli soffriva
Il male di tutti pcggiorc.
La ti si! Ma tcmette
Di farla finita: udl poi
Che Antipatro un velcno
Bcvve e alla vita si spenst',
E • Date qualcosa - disse -
Da bere anche a mc •. q ~la che cosa? "
Chiese qualcuno; ed egli
"Vino col mie\e! •. Suo dctto:
«).latura mi kcc:
Sara pur t'ssa a disfarmi "·
Comunque egli ando sotto
La terra, quantunque potesse
I guai peggiori scansare
Facem\ o un bel salto ne li' Ade.

Si dice anche che di notte gli occhi gli si illanguidirono


nella cecita e che egli non se ne accorse, ma comando al gar·
zone di accostargli un lume. Quello glielo porto e disse: «Te
l'ho portato n, Allora Carneadc ribatte: « 1-.Iettiti a leggere tuln.
1\Iolti altri furono i suoi allicvi, ma Clitomaco fu il piu
famoso: di lui dobbiamo ancora parlare.
C'c stato, comunque, anche un altro Carneade, frigido com-
positore d.i elegie.

L'ambasccria a Roma (PLUTARCO, Cato Maior, 22-23)

22, r Quando Catone era ormai in eta avanzata 1, vennero a Roma


carne ambasciatori da Atene l'accademko Carneade e il filosofa

1. Nd 155 a. C. Catone era qua..~i ottantewre. Per piil ampi ,-agguagli su


questa missione <.Ii Carneade e ancor valido, pur col suo tono apologetico,
c. li.IARTHA, Le philosoplle Callllade a Romc. li PoliLE:S:Z (La Stoa, 1, p. 359)
sottolinea l'asscnza dcl rapprcscntante t.lella scuola epicurea. Una ricostru•
zione esaurieute tldl'episotlio storico-culturale c stata fatta t.lal Brandis. in
" RE"· 1, coli. 1 S3 S<'8S· Le altrc principali fonti antiche wno Acad. phil. Jrsd.
here., ~·Jl. XXII, 20-35; C1c. Dc• or. II, 37, 154 sc>gg.; 1'1/.<f., IV, III, 5; Lucull.
XLV. IJi: Pus. Nat. hisl. \'Il, .w: PAL'SA:S:. VII. u: Au/. uel/. VI, q, 8-tg;
XVII. 21, 46--lil; AF.t.IAS. l'ar. hisl. 111, 17, r4: MACROD. Salurrs. 1. 5. 13-
L'anno preciso era riportato anche neg li A turu/,·s di T. Pomponio Attico (c:fr.
C1c. Ad Alt. XII, 23, 2). Hicordi dell'aml>asceria riecheggiano ancora in Te-
mistio (D<' pri11c. 34. H6, 6 Schneidcr) c in Simmaco {Ad Tlwodos. X, 25).

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CARNEADE 2JI

stoica Diogene 2 per chiedere l'annullamento di un provvedi-


m<'nto giudiziario preso ai danni degli Ateniesi, i quali dove-
,-ano pagare in contumacia una multa di cinquanta talenti a
:::c-guito di un'accusa sollevata dagli Oropi e convalidata da una
cPndanna da parte dei Sicionii 3 .
In quell'occasione i giovani romani che maggiormente ama- 2
yano la cultura si precipitavano su quei due uomini e si accal-
ca\'ano pieni di ammirazione intomo a loro per ascoltarli. In
particolar moda la grazia di Carneade, che possedeva un gran-
dissimo potere e godeva di una iarna non inferiore a questo
potere, riusci a conquistare un vasta pubblico di ascoltatori
simpatizzanti e riempl la citta di fragore, carne una raffica di
n'ntu 4 • E si diffuse la voce che un uomo dell'Ellade, super- 3
dntato eli ingegno sbalorditivo, incantando e soggiogando ogni
cosa, avcva suscitato nei giovani un terribile fascina, a causa
dt>l qua1e essi avevano discrtato ogni altro piacere e diverti-
mcnto e, come invasati, si davano alia filosofia.
Di questo evento erano lieti gli altri Romani e vedevano
cnn piacere che i loro ragazzi acquisissero la cultura ellenica
t~ frcquentassero uomini tanto stupendi. Catone, invece, fin 4
dai primo momcnto si adonto che lo zelo per le dispute filoso-
ficlw si diffondesse per la citta carne un acquazzone: egli temeva
clie i giov:mi, volgendo le loro ambizioni in questo senso, amas-
scro la gloria dcllc parole piu di quella derivante dalle azioni e
dalla milizia. Quando, poi, la fama di questi filosofi avanzava
ndla citta e i loro primi discorsi in senato ebbero come inter-
prde addirittura Gaia Acilio, un uomo di specchiata reputa-
zirme, che si era personalmente premurato di chiedere qucsta
incnmbenza, Catonc decise di usare ogni pretesto per sfrattar
Yia dalla citta tutti quanti i filosofi. Si presento in senato ad 5
esprimcre il suo biasimo ai magistrati perche veniva trattenuta
~- St.•ic. ud. frog. I Il, 7 .-\mim. Si tratta di Diogene di Babilonia. Plu-
t~rco nc.n fa yui alcuna mcnzione del peripatetico Critolao {cfr. \\'EHRU, Die
Sdnrle fi,., .·hisfDfelcs, Ilt'ft. X, pp. 49· 51. 63-4).
3· Piu ampie uotizie sulla contorta vicenda. che ancora una voita sca-
luriva oa misere bl'gh~ municipalistiche, sono in PAI.'SAX. VII. 11 segg.
4· Per qucsti efietti «convolgenti delia ;;is dicmdi di Carneade cfr. Kt:MEN.
aprtd Eus,•b. fwaep. t'll. XIV. s; H/C = fr. 2/, 6-13 des Placcs . .-\nche Filo-
"~,~ato (l'ita.: soph. 1, -l). al pari di :Kumeuio. p~•nc Carncade trai Soflsti, ~iacche
e.~l "sehbene a,·esse dato al suo pcnsicro una prcparazione hlosofica. tutta,·ia
~P•ng~~-a la forza delle sue argomcntazioni ad un cccessi\·o grado di imtcn1.a
oratona •.

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232 CARNEADE

per lungo tempo una legazione inoperosa e composta da uomini


che facilmente potevano indurre la gente a qualunque cosa
volessero. Ela sua conclusione fu che bisognava prendere al piu
presto una decisione e mettere ai voti le proposte degli amba-
sciatori, affi.nche costoro potessero far ritorno alia loro scuola
e dialogare con i figli degli Elleni, mentre i giovani Romani
dessero ascolto alle leggi e ai magistrati, come facevano prima.
23, 1 Egli si comporto cosi non per risentimento personale nei
riguardi di Carneade, come pur credono alcuni, ma per una
totale avversione contro la filosofia e per quel disprezzo verso
tutta l'arte e la cultura ellenica che gli era suggerito dalla sua
fierezza. Affennava, del resto, che Socrate era un ciarlone e
un prepotente, che aveva tentato di tiranneggiare la citUL
nella maniera che gli era possibile, ossia dissolvendo i costumi
e subomando i cittadini e trascinandoli verso modi di pensare
che sono contrari alle leggi 5 •

L'ambiguita morale di Carneade (NuMEXIO, apud. Euseb. Praep.


ev., XIV, 7·8, 736 d - 739 a = fr. 26, 103 segg., fr. 27 des
Places)

736 d Dopo di loro 1 Cameade ottenne la successione delia scuola


e fondo la terza Accademia.
Egli si servi del medesimo procedimento discorsivo che
105 aveva praticato Arcesilao: difatti anche lui praticava le argo-
mentazioni ce in un senso e nell'altro" e sovvertiva tutte le altrui
affermazioni. Soltanto, pero, nel concetto di sospensione del

5· A proposito dell'>~.tteggiamento di Catone contro la penetrazione a


Roma della filosofia, lo Hegel (Ln. Sltlfa SI. delia Fii., 11. p. 493) osservava:
• Questa corruzione non si pub arrestare, corn<' in Paradiso non si pub far
tacere il desiderio delia conosccnza. La conoscenza, che e un momento nec~
sario nell'educazione dei popoli, si presenta in tai modo come una cadnta nel
peccato c comc una corruzionl'. Tali cpochc, in cui si verificano le svolte del
pensiero. vengono poi considerate come un malanno per la salde~za de.gll
antichi ordinamcnti. Ma questo malanno de] pcosicro non puo essere 1mpeddo
da leggi o provvedimenti consimili; esso puo e deve guarirsi soltanto da si!
stesso. quando per opera dcl pensicro stesso si sia veramente venuto a pro-
durre il pensiero •·
I. Dopo Evandro ed Egesino.

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CARNE ADE 233

giudizio si oppose ad Arcesilao, giaccM sosteneva l'impossibilitâ


che uno, in quanto essere umano, sospenda il giudizio su tutte
,_1uante le case: a sua avviso, infatti, c'e differenza tra il non-
rvidente e il non-camprensibile 1, e tutte le cose sano incom- no
prcnsibili, ma non tutte sano non-evidenti. Cameade non fu
ignaro anche delle dottrine stoiche 3 e, ponendasi a confronto 737 a
con queste in maniera eristica, vide accrescersi ancor piil la
sua reputazione, giacche mirava a conseguire cio che appare
" probabile)) ai piu, ma non la verita 4 • Per tutte queste ragioni
~gli procurava agli Stoici grave fastidio. 115
Orbene, e ancora Numenio a scrivere di lui quanto segue.
,1 Succeduto ad Egesino nella direzione delia scuola, Car- b
ncade, che pur avrebbe dovuto custodire sia quelle dattrine 5
che ancora rimanevano inconcusse sia quelle che avevano
subita certe modifiche, non ebbe affatto cura di cio e fece ri-
!'alire ad Arcesilaa sia quel che c'era di meglio sia quel che
c'era di peggio (nel suo pensiero), e cosi dopo lungo tempo, 5
riaccese la mischia" 8 •
E Numenio aggiunge di seguito:
" Anche lui fac eva il dai e il tieni, e con grande varieta immetteva
nella lotta argomentazioni contrarie e operava sottili muta-
mrnti di rotta, ed era pronto a negare e, nello stesso tempo,
ad affcrmare e - nell'un casa come nell'altro - praticava l'an-
tilogia. Se, pai, c'era bisogno anche di discorsi che suscitassero
stupore 7 , egli si levava impetuoso come un fiume in piena 8 , zo
[~coTTendo con veemenza] 11 , facendo allagare ogni cosa che si

"· La distinzione tende a salvare l'evidenza fenomenica senza ammetteme


la comprensibilita. (clr. Roan1, Py"hotJ llt le scepticisme erec, p. 92).
3· Cfr. DioG. LAF.RT. IV, 62.
4· .secondo Numenio. come aucbe secondo gran parte degli studiosi mo-
(lernJ, 11 proba.bilismo avrebbe un'origine non aflatto teoretica, ma pratica.
Chc. la verita, secondo Arcesilao e Cameade, {osse raggiungibile solo da Dio
c nou Jall'uomo e dctto in EPIPHAN. Adv. haer. III, 29-JO.
5. ~i Platone: si ricorderâ che il tema centrale dcll'opera di Numenio era
qr1ucllo d1 d1mostrare la. sempre piu grave infedcltâ. degli Accademici nei riguard.i
el loro fondatorc.
G. Contro gli Stoici.
7· In conlonnita wn qucll'aspetto psicagogico delia retorica che era
~ato b'ia in arnbiente pitagorico, aveva, poi, trovato il massimo csponente
111
Gorgia c, infine. dilagava con l'asianesimo in etâ alessandrina.
. 8. Cfr. PLliTARCH. Cato maior 2z, 2; D10o. LAERT. lV, 62·63. La metle-
~~ma similitudinc viene usata da Numenio per carattcrizzare la materia (fr. J,
1 des Places),

9. Evidente glossa da omcttere.

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234 CARNE:\ DE

parasse da una parte e dall'altra, e si lanciava sugli ascoltatori


e li trascinava qua e la con la sua voce turbolenta. E proprio
rnentre disguidava gli altri, egli stesso rimaneva immune dal-
15 l'inganno, cosa chc non era riuscita ad Arcesilao 10• Costui,
infatti. nel circuire con i suoi incantesimi colora che insieme
con lui si davano a deliri coribantici, non si accorgeva di in-
gannare anzitutto se mcdesimo con quel suo convincimento
che, ~cnza farnc alcuna esperienza sensibile, fosse vero quel
d che diceva, in quel suo generale e simultaneo massacro di tutte
quante le cose. Carne un male che venga a sovrapporsi a un
altro male, cosi Carncade veniva a clare man forte ad Arce-
20 silao. Egli non rallentava la tensione neppure un poco, finch~
i suoi ascoltatori non fossero sul punto di non sapcr piu cosa
fare, e questo cgli otteneva merce quel tipo di (( rappresenta-
zioni"- come egli le chiamava -11 che provengono dal probabile
e che sono in grado di afferrnare e di negare che, ad esempio,
questo particolare oggetto sia un animale o non sia un animale».
::\Ia, dopo aver rallentato in questo modo la presa, come le fiere
25 si ritraggono un poco e, quindi, si prccipitano con maggiore
violenza contra le punte dei dardi, cosi anche lui, dopo aver
concesso un po' di tregua, aggrediva con maggiore possanza.
In appresso, pero, quando aveva ben rctto ad ogni urto ed
avcva avuto successo, propria allora - a bella posta - non si
curava della precedente sua opinione e non se ne ricordava
738 a piit. Infatti, concedendo che nella realta delle case sono imma~
nenti il vero e il falsa, mostrava di cooperare alia ricerca, ma,
30 a guisa di un ahile lottatore, dava all'avversario la possibilita
di fare qualche mossa e poi, sapendola sfruttare, prendeva il
sopravvento. Difatti, dopo avcr prospettato la possibilita eli
un'alternativa qualsiasi sulla bilancia della probabilita, se ne
usciva col sostcnere che nessuna delle due case contrarie puo
essere compresa con sicurezza.
Egli fu, dunque, un predone e un ciurmatore piu abile di
Arcesilao. Infatti, assumendo accanto ad una casa vera una
casa falsa si mile alla prima e, altresl, accostando ad una 11 rap-
ro. Lo Scetticismo v<>rrebLe, co~i. a degradarsi. passando dalla pur sincera
ambignita o.l.i Arccşilao a quclla apertarncntc retorica o.l.i Carneade. Qualcosa
di simile era gia an·enuto. a proposito de! principio rli non-contraddizione,
duraute il pa~saggio daU'craclitismo al protagori5mo (cfr. ARISTOT. Metllph.
IV. 4-6).

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CARNE.-\DE 235

prc~entazione apprensiva 11 un oggetto apprendibile simile ad


l'SSil. e poi riportando le due cose su un piano eli parita u, non
l:lsciava sussistere ne il vero ne il falso, o l'uno (( non piu » 12 35
che l'altro o, infine, nel caso che l'uno sussistesse piil dell'altro, b
cir:, egli faceva dipendere dalla « probabilita" 13 • Si trattava,
in buona sostanza, eli sogni, che si sostituivano ad altri sogni
a cansa della somiglianza di rappresentazioni false con qudle
,-o:·rc. come un uovo eli eera non si distingue quando vien rnesso
acc~mto ad un uovo vero. Di qui, dunque, derivava tutta una 40
;;erif' di inconvenienti. Cosi Carneade, con le sue argomenta-
zinni, trascinava le anime e se le rendeva schiave. E sapeva
cs~r>re ladro nel buio e rapinatore a viso aperto nel prendere
- o ron inganno o con violenza - anche ehi avesse una prepa-
razionc solidissima. Cosi ogni punto di vîsta di Carneade aveva
la meglio, e mai quello di qualsiasi altro, giacche quelli con
cui polemizzava erano tutti meno abili parlatori di lui 14 • 45
Antipatro 15 , suo coetaneo, si mise a gareggiare con Car- c
nr:'ade per iscritto, ma a quelle eliscussioni che udiva essere
quutidianamente tenute da Carneade, egli non prese mai pub-
blicamcnte parte e non si espresse e non fece mai motto in
dibattiti scolastici o in passeggiate filosofiche, anzi nessuno so
ne ncli - come si dice - neanche un grugnito. Da lontano egli
stc-ndeva qualcosa sulla carta e, standosene nascosto in qualche
angolino, si limito a lasciare per iscritto ai posteri certi libri 16
chc neppure ai nostri giomi reggono, e tanto meno reggevano
a quci tempi, di fronte a un uomo della levatura di Carneade, d

II, Cir. SEXT. E~ll'. Adv, /,Jg. 1, 252, 401 scgg.


1 ~- Seconuo la terminologia de! piu an tico Pirroni~;mo.
I .1- Qlti .Kumcnio intentie il complesso con~elto carnead~.-'0 di m-&cx•JQV
in ~''nso irrazionalistico e pienamcnte casualistico.
LJ. Carueade appare qui somi~;liante al Callicle de! Gorgia platonica, ani-
~uato e<dusi\·amC'nte da una volonta di potcnza intcllettualc. Pur senza mettcre
~~-- ~u~~lo__ Ia hu:ma fecle tii Carnead~ .. Ermia (f"is: gt·ll~- plril. 15 = fr. 81
bnJt\\ >l-I) sost1ene ch~ qucsta pnslZIODe accaclemlca n<luce la filosofia a
cnmbatt.•re ormai con le omhre. avendo pcrduto la pos.sibilita eli conscguire
l a !i-ct~nza.
15. l;o_ Stoic? .-\ntipatro di Tarso (cfr. Sloic. t•d. fmg. III, 8 .-\mim).
l' lt:L :Su1 molt1 Yolumi scritti da Antipatro e cenno, tra l'altro, in Cxc. Acad.
t ~ 1 · liber p1·imus af>lfll Nmrium, p. 6I, 11. 1 ((l/ volumi11a di Antipatro trat-
0

a' a nu d1 questioni lo~iche, fisichc cd etichc, second o la tripartizioue ellcni-


~:~~~ clei! a filosofia (efi-. S~nk uri. fmg. Il l, pp. :q~-jS Arnim); cs_si ripor-
u· __ 110 sulla carta lu strep1to delia polemica chc Antlpatro neon era m grado
~~ ~ust~n.ere oralmente contra Camcade. Percio fu sopranno111inato ;-.:.).-XfJ-0-
,z;, c1ue urlatore con la penua (cir. PLt:TARCH. De gan11/. 23, 514cl).

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CARNEADE

55 che apparve tanto grande e tanto stupendo ai suoi contem-


poranei.
Eppure lo stesso Carneade, che - per rintuzzare gli Stoici -
sapeva impastare in pubblico ogni intruglio, quando, invece,
parlava con i suoi compagni in segreto, arnmetteva e riteneva
per vere e affermava le medesime cose che qualsivoglia altro
comune mortale 11 17 •
6o Poi Numenio aggiunge, di seguito:
'' Primo allievo di Carneade fu Mentore, che, pero, non estato
suo successore. Infatti Cameade, mentre era ancora in vita,
lo scopri in adulterio con la propria concubina 19, non certa
fondandosi su una .. rappresentazione probabile .. 19 ne com-
portandasi " carne se non avesse compreso " 20, ma, al con-
traria, riponendo la massima fiducia nella vista e, acciuffan-
65 dolo 21 , lo licenzio dalla sua scuola. E costui, staccatosi dal
maestro, si dava a formular sofismi contra quelli di lui e ad
opporre i suoi arti.fici a quelli di Carneade, confutando la teoria
dell'incomprensibilita che questi professava a parole ».
739 a E Numenio fa ancora questa aggiunta:
u Ma Carneade, propria con quel suo " far filosofia alia ro-
?O vescia ", si pavoneggiava delle sue menzagne e, al di satto di

queste, occultava il vero. Egli, dunque, faceva usa delle men-


zogne a guisa di paravento sa, ma, quando stava nascasto in
casa, diceva la verita, carne un venditare al minuto. E gli ca-
pitava la stessa casa che suol capitare ai legumi: quelli vacanti
salgono sull'orlo dell'acqua e rimangono a galleggiare, mentre
75 quelli che sono buoni restano sotto e non si fanno vedere» 28 •

17. Secondo il sarcastico discorso di Numenio il cosiddetto esoterismo


accademico di cui aveva parlato Diode di Cnido (cfr. fr. 25, 76 des Places)
si riduceva ad una volgare riconciliazione con la vita ordiuaria.
tS. Con qualche diversita c con anirnus ben piu tollerante l'episodio 1:
ricordato in DloG. LAERT. IV, 63-64 (cfr. FA\'ORINO fT. 67 Barigazzi). Pro- ·
babile fante fu qualche commediola ellenistica o qualche satira menippea,
aualoga allo scritto che mirava a schcmire Lacide.
19. Ossia sul principio fandamentalc della sua gnoseologia (cfr. SEXT.
EMP. Adu. log. 1, t59-189).
20. In basc alia riforma probabilistica dell'cb~«"t«AJ:lljl(«.
21. Ma comportandosi da buon praticonc c retare quale egli era. secondo
~umenio, che usa l'unico t~ine ~«~oti..cq.tj3civE'v per indicare sia • compren-
derc con la mente • sia • acciufiare con le mani •·
22. Per una simile espressione cfr. PLAT. Prol. 316c 6; Polii. 279d 3·.
23. Numenio, che respinge J'interpretazione esoterizzante dell'Accadelli..IB
Nuova prospcttata rla Diode di Cnido, qui pare disposto ad accettarla: Ill&
la sua accettazione csprimc una coudanna sdcgnosa di ordine morale.

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CARNEADE 237

Questo ci viene tramandato a proposito di Carneade. Suo


;;uccessore nella direzione delia scuola fu Clitomaco. Dopo
quest'ultirno si e avuto Filone, di cui Numenio menziona quanto
segue.

Il limitata scetticismo dell' Accademia Nuot•a (SESTO EMPIRICO,


Pyrrh. hyp. l, 226-23I)

I seguaci dell' Accademia N uova, anche se dicono che tutte 226


le case sana incomprensibili, si differenziana dagli Scettici
forse propria in quanto affermano che tutte le case sana incom-
prensibili (essi, infatti, tengono a ribadire questo punto, mentre
lo Scettica contempla anche l'eventualita che certe cose vengano
comprcse) 1 ; ma in maniera piu vis tasa differiscono da noi per
il moda con cui essi giudicano i beni e i mall. lnfatti gli Acca-
demici affennano che un qualcasa e bene o male non nel mado
in cui lo affcrmiamo noi: essi, infatti, hanno la convinziane che
11 probabilrnente }) e bene eia che essi considerano bene piuttosto

che il contraria, e, allo stesso modo, fanno anche a proposito


dd male; noi, invece, diciamo che un qualcosa e bene o male
senza aggiungere che e nostra credenza che sia probabile eia
che noi affenniamo, ma - senza formulare alcuna opinione 1 -
ci atteniamo aUa vita ordinaria al solo scopo di non rimanere
inoperosi.
A proposito, poi, delle rappresentazioni, noi sosteniamo che 227
esse - nei limiti del laro concetta - sona uguali rispetto a pro-
babilita o irnprobabilita 3 , mentre essi sostengono che alcune
sono probabili cd altre prive di probabilita. Anzi stabiliscano
P_ure certe distinzioni tra le rappresentazioni probabili: infatti
ntengono che alcune di queste sono « esclusivamente probabili »,
altre sono n probabili e regolate », altre, infi.nc, sono « probabili,
regulate e irreversibili l> '· Cosi, ad esempio, se in una camera

1. Altrimcnti egli ca!lrebbe in un dommatismo negatÎ\'O (cir. Py"''· hyp.


l, 1-4).
i. ~_. Ossia rispettando scrupolosamcntc l'.i8o;IXo-:!:~: de\ Pirronismo ori-
g >·<:lr!o (cfr. Pyrrh. hyp. I. I5. 23 segg.; Il, 13).
J. Cfr. Pyrrh. hyp. 1, 117.
lo l l'er qucsta feuomenologia delia rappresentazionc cir. SEXT. EMP. Ad11.
'K· • l8.t-rll9; C1c. Lucu/1. XI. 33-34· Per la dh·ersita che si riscontra nelle

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CARNEADE

oscura giace per terra una corda contorta, ehi entra d'un tratto
dall'estcrno ha di essa sempliccmente una rappresentazione
228 << probabile 11 come di una scrpe; ma a ehi osserva con diligenza
e ne esamina attentamentc le caratteristiche - ad esempio,
che quell'oggctto non si muove, che ha un certo colore, e ogni
altro particolare - quell'oggetto appare una corda secondo la
rappresentazione che e ((probabile e regolata )1, lnfine la rappre-
sentazione irreversibile Jl e suppcrgiu la seguente: si dice che
1(

Eracle riporto su dall' Ade Alcesti gia morta e la mostro ad


Admeto, il quale rccepi una rappresentazione (senz'altro ")
probabile e regolata di Alcesti; tuttavia, poiehe sapeva che ella
era morta, il suo pensicro riflesso veniva rimosso dall'assenso
229 c propendeva per l'incredulita. (... ) Pertanto i pensatori del-:-
1' Aecademia Nuova danno la prcferenza alla rappresenta.zione
probabile e regolata rispetto a quella che e meramente pro-
babile, ma ad entrambe queste rappresentazioni preferiscono
quella che e probabile, regolata e irreversibile.
Sebbene, dunque, gli Accademici e gli Scettid dicano di
l( prestar fede )) a certe cose, e abbastanza evidente la differenza

che passa tra questi dut.> gmppi di filosofi anche sotto questo
230 profila. Infatti il termine << prestar fcde 11 si usa con accezioni
diverse, ossia in un senso come «non opporre resistenza, ma
seguirc semplicemente senza una forte inclinazione e propen-
sione 11, come si dice chc il fanciullo u presta fede ,, al preeettore;
ma in un altro senso come "dare assenso a qualcosa in seguito
ad una scelta e, potremmo dire, ad una simpatia, derivanti
da una forte decisione" 8 , carne l'incontincnte u presta fede »
a ehi reputa che si debba vivere in modo dispcndioso.
Ecco perche, se teniamo presente che Carneade e Clitomaco
in tendono parlare di un '' prcstar fede in seguita ad una forte
inclinazione" e dell'esistenza di un qualcosa che c <<probabile»·

due opere sestiane veda.~i H. :O.lt·Tscmux:-;, Dic Stuf,·n dcr ll'a!trsrlrcimlicllkei#


d,·s 1\arneadfs, pp. I90·8. Il termine :i~e:;:.ta;<:UJ't'!.<; ~ reso da Ht-~d con• saldo,
wer!'nte e dctcrminato da ogni lato • (/.e:. sulla St. ddla Filus., 1 l. P· 498)
c il termine ~tE;wlle:•J(!E'J'Ii con • !1\'iluppata • (ivi). 1 duc termini sono resi dalla
Stough (Greek Sk,•pticism, pp. 56-7) con • consistent • c • tested •. .
5· L'aggiunta dcl )Jutschmann e sugscrita dalla traduzionc latma.
6. 1 t<>rmini scelta (:x!pe:crt;), simpatia ("'Ju.r.i&e:t:x), forte dccisione (-ro
cr>'68F:x 13o•)i..e:cr9(1t) sono chiaramcntc stoici c' stanno ad inuicare l'i_ntimo
rapporto cs.i~tcntt.' tra Carneadc cd i suoi principali anta~oni,;ti (cfr. Slote. vet.
frag. III, lj], 432, 438; Il, 53-f. 5~6. lOIJ, 12II Amim).

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C.\nNEADE 239

c che noi, al contraria, parliamo di un mero u credere senza


propensiune ale una " ~, allora, anc?e sotto quest? profil o, do-
vrcbbe risultare la clifferenza che mtercorre tra Il nostro pen-
.::ier(l e il loro.
- fila anche sullc questioni concernenti il fine suprema noi 231
differiamo dall'Accademia Nuova. Difatti gli uomini che asse-
riscono di uniformarsi a quest'ultima si servono del <<probabile))
per la collllotta della vita; noi, invece, ci atteniamo alle leggi
c ai costumi e alle naturali affezioni, vivendo senza formulare
akuna opinione 8•
E avrcmmo t::mte altre case da dire circa questa distin-
zione, sf' non avessimo di mira la concisione.

Il critc"rio di vcrilti c la rappresmtazione probabile (SEsTO E:u-


PIIUCO, Adl•. log. I, 159-189)

Carneade, invecc 1 , a proposito del criterio si schiero in una 159


posizione contraria non solo agli Stoici, ma anche a tutti i
filosofi che lo avcvano 1)receduto.
Infatti la sua principale argomentazione - rivolta, in ge-
neral<:, contra tutti gli altri pensatori - e
quclla secondo cui
egli \'Îene a stabilire chc nessuna casa e,
in senso assoluto 2,
criterio eli verita: ne ragione ne sensazione ne rappresentazione
nt! akun'altra dcllc cose t-sistenti, giacche tutte quante queste
case, singolarmente e nt'l loro insieme. ci ingannano.
La sua seconda argomentazione e, poi, quella con la quale r6o
('gli mo!,;tra che, anche a voler ammettcre l'esistcnza di un
qnalcJw criteriu, quest'ultimo non esiste affatto ove si pre-
scinda dall'affezione prodotta dall'cvidenza. Infatti l'esscre vi~
vente, poichc differisce dalie case inanimate in virtu della fa-
ccJlta scnsitiva, propria in grazia di questa facolta diventa,

7· Cfr. P~·rrlr. Tryp. I, 22, 27 s~gg.


li. Cfr. Pyrrlt, hyp. l, z2-23. z~6.

1. Ossia " a <.liff~renza di Arctsila<J •.


2
d · Currcj:!gc. la mia prcccdrnlc lraduzionl' latcniana per suggeriml'nto
1
"la ~tough (Gr.-,.k Skcplicism, p. jS): • Sincc lhe cril.cria do nut secure thc
cunr~Jt\O.ns o{ truth, hc [Carnl'adr:sJ hcld accor<.lingly that nothing is ab~ululdy
a cntenon of huth •.

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CARNE ADE

in ogni caso, capace di percepire tanto se stesso quanto le cose


esterne. Tuttavia il senso, quando sia immobile e impassibile e
non perturbato, non e piil senso ne ha capacita di percepir~
161 alcunche; quando, invece, e perturbato e, in Un Certa qual
modo, sottoposto ad un'affezione a causa del suo incontro con
le cose esistenti, proprio allora riesce ad indicare gli oggetti.
Ragion per cui bisogna ricercare il criterio in quell'affezione
psichica che deriva dall'evidenza 3 • E quest'affezione deve ri-
sultare capace di indicare sia se stessa sia l'apparenza che l'ha
prodotta, ed un'affezione siffatta non e diversa dalla rappre-
I62 sentazione. Onde bisogna anche affermare che la rappresenta-
zione e una certa affezione che concerne 1'essere vivente e che
sia in grado di presentare se stessa e cio che e altro da lei '·
Ad esempio noi -carne sostiene Antioco 6 - , quando abbiamo
volto lo sguardo ad un determinata oggetto, disponiamo la·
vîsta in un detenninato modo e non la conserviamo nella me-
desima disposizione in cui l'avevamo prima di guardare; co-
munque noi, merce siffatta alterazione, veniamo a percepire
due cose: l'una e 1' alterazione stessa, cioe la rappresentazione,
e la seconda e cio che ha prodotto l'alterazione, vale a dire
l'oggetto visibile. E la cosa sta, presso a poco, cosl anche per
163 gli altri sensi. Carne, dunque, la luce mostra se stessa e tutte
le cose che sono in essa, cosi anche la rappresentazione, essendo
la promotrice delia conoscenza per l'essere vivente, necessaria-
mente manifesta se medesima a guisa di luce, e risulta capace
di indicare l'oggetto evidente che l'ha prodotta. Poiche, pero,
non sempre essa mostra l'oggetto secondo veritâ, ma spesso
trae in inganno e, come fanno i messaggeri incapaci, si esprime
in disaccordo con quegli oggetti cbe l'hanno inviata, ne con-
segue, di necessita, che non si pua ammettere ogni rappresen-
tazione carne criterio di verita, ma soltanto quella vera, se.
pur vera ce n'e alcuna.
164 D'altra parte, poiche non c'e alcuna rappresentazione vera
che sia tale da non poter diventare falsa, ma si riscontra l'esi-
stenza eli una qualche rappresentazione falsa che corrisponde

3· In cio Carneade si riaccosta ai suoi compatrioti Cirenaici.


4· Ossia l'oggctto sensibile.
5· Fr. 65 Luck.

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CARNEADE

ad ogni rappresentazione che sembra vera, il criterio verra a


prodursi in una rappresentazione avente in comune il vero e
il fal~o. Ma la rappresentazione che ha in comune queste due
cosc non e apprensiva p 8 e, non essendo apprensiva, non sara
1(

ncppurc criterio. E non essendovi alcuna rappresentazione che 165


sia in grado di giudicare, non sara criterio neppure la ragione,
giacc!te quest'ultima dalla rappresentazione deriva. Ed e na-
turale: difatti deve prima apparire alia ragione l'oggetto che
\'it>ne giudicato; ma nulla puo apparire ove si prescinda dal-
l'irrazionale sensazione; eppero ne l'irrazionale sensazione ne
Ia ragione s'identificano col criterio.
Adducendo quest'argomentazione 7 contro gli altri filosofi, 166
Carnt:ade giungeva a provare la non-esistenza del criterio; ma,
d'altra parte, poiche anche lui va aUa ricerca di un certo criterio
per la condotta delia vita e per il conseguimento delia felicita,
virtualmente viene anch'egli sospinto a formularne una teoria,
assumendo sia la rappresentazione «probabile'' sia quella che
C, nellO StCSSO tempO, Il probabile, Îrreversibile e regolata Il 8 •
Quale differenza intercorra fra questi termini, bisogna spie- 167
garlo succintamente.
La rappresentazione, invero, e rappresentazione eli qualcosa,
ad est>mpio di cio-da-cui-essa-deriva e di cio-in-cui-essa-si-svolge;
e t,cio)-da-cui-essa-deriva e, ad esempio, l'oggetto sensibile che
trovasi all'esterno, mentre cio-in-cui-essa-si-svolge e, ad esem-
pio, l'uomo. Essendo tale, la rappresentazione puo avere due 168
modi di cssere: l'uno in relazione all'oggetto rappresentato,
l'altro in relazione al soggetto che formula la rappresentazione 11•
Secondo il suo moda di essere relativo all'oggetto rappresentato,
essa risulta vera o falsa, ed e vcra quando sia in accordo con
l'oggetto rappresentato, falsa quando sia in disaccordo con esso.
Secondo il suo modo di essere relativa al soggetto che la for- 169
mula, c'e una rappresentazione che appare vera e un'altra

6. Come pretendono gli Stoici. Analoghi rilicvi sono in C1c. Lucu/1. XV, 48.
p i· 1 §§ 166-189 sono un approfondimento e in parte una correzionc di
)'""· hyp. I, 226-:ZJI. Per l'esposizione ciceroniana del!c mcdcsime tl!orie
ca.rncad~c cfr. LtiCII/1. X, 31-32; XVII, 54; XXXI. 99-101; XXXIV, 109.
8. Da notare la diversa disposizionc dci termini rispctto a Pyrrll. hyp .
1• 229.
9., Per la distinzione stoica tra tpot'l':'otG':'ov (oggetto rappresentato) e 91Xv-
T:>Oa~o•JfL~vov (soggctto rappre!ientante) cfr. Stoic. vei. frag. Il, 54. 85, 91 Arnim.

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CARNEA DE

che non appare vcra 10 ; e, tra queste, quella che appare vera
e chiamata dagli Accadcmici n ri.fl.cssione congrua >> 11 e « pro-
babilita » e << rappresentazione probabile>>; quclla, invece, che
non appare vera viene chiamata << riflessione incongrua 11 e
« non-convincentc >> e « rappresentazione improbabile n, giacch6
sia cio che di per se appare falso, sia cio che, pur essendo vero.
non ci appare tale, non e, per sua natura, in grado di per-
I7o suaderci. E, tra queste rappresentazioni, quella che e eviden-
temcnte falsa o non evidentemente vera deve essere cancellata
e non e criteriu, tanto se essa (derivi da un oggetto non esi-
stente quanto se) 12 derivi da un oggetto esistente, ma, tuttavia,
risulti essere in disaccordo con questo e non si conformi all'esi-
stem~a di esso, quale era la rappresentazione che, partendo da
Elettra, veniva a colpire Oreste, il quale la opinava una delle
Erinni e gri da va:
Via, tu che sei delle mie Erinni una 13.

171 E nell'ambito delia rappresentazione-che-appare-vera biso-


gna distinguere quella che c opaca - quale, ad esernpio, e quella
che si riscontra in colora che perccpiscono un qualcosa in modo
confuso e indistinto per la piccolczza dell'oggetto visto o per
una distanza rilevante 1" o anche per la debolezza delia vîsta -
e quella che, oltre ad apparire vera, ha ben marcata il requi-
172 situ di siffatta sua apparenza. E, ancora una volta, tra queste
due specie di rappresentazioni, quella che e opaca e sbiadita
non pua essere criteriu, giacche essa, non riuscendo a indicare
con distinzione ne se stessa ne l'oggetto che l'ha prodotta,
non e, per sua natura, in grado di persuaderci ne di menarci
173 all'assenso. Quella, invece, che appare vera e sufficientemente
rilevata c, secondo i seguaci di Cameade, criteriu delia verita.

10. Non appena la rappresentazione viene considerata in rclazione al


soggetto, l'essere si muta in appan:nza fcnomcnica.
u. Il termine !(J.'?tlCJt.; ~ stoico-crisippeo e sta au indicare un'apparenz.a
o una riftcssione che e causata nella menle dall'oggetto estcrno e che com•
sponde a quest'ultimo (cfr_ DioG. LAERT. VII, 51 = Stoic;_ vei. jrag. II, 61
Arnim). Molto bene Ia Stough (Gruh Skcpticism. p. 52, n. 39) osserva: • We
sec lhe abject in the imprcssinn, just as wc sec somcthing in a mirror •·
12. L'integrazione e bekkeriana.
IJ. EURIP. Oresl. 264.
q. Ha scguito il convinccnte emendamento del }.;:ayscr; il Tescari, inve_ce~
si attencva al Bekker e trao.luce,·a • o della non conveniente distanza • (S,hlln
pirroniani, p. tq).

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CARNEA DE 243

Esscndo criterio, essa possiede una notevole estensione e, pro-


pria in virtu eli questa sua estensione, possiede anche una
capacita rappresentativa che, in moda specifica, e piu probabile
e piii cfficace eli quella posseduta da un'altra. E il termine
, almen0 Della presente CVCnienza, C USatQ Se- 174
15
el probabile li

condo tre accezioni : in un senso carne eia che e vero e che


appare vero, in un secondo senso carne eia che, pur essendo in
rcalta falsa, appare vero, e in un terzo senso come eia che e
comune ad entrambe queste case. Onde il criterio si identifichera
con la rappresentazione che appare vera, ossia con quella che
gli Accadcrnici chiamavano anche «probabile 11; ma si da pure 175
il caso che essa produca un'irnpressione falsa, talche diviene
necessario ricorrere talvolta alla rappresentazione che e comune
al VLcro c al falsa. Tuttavia, per il fatto che questo tipa di rap-
presentazione - intendo dire quello che imita il vero - si ri-
scontra raramente, noi non dobbiamo negare la fiducia a quella
chc ''per la piu » si attiene al vero. Difatti accade che i nostri
giudizi e le nostre opiniani trovino un canone nel << per lo piil H 18 •
Talc e, dunque, il criterio prima e comune secondo i seguaci
di Carncade. Poiche, pero, non esiste una rappresentazione che 176
sia uniforme, ma ciascuna di esse, a guisa di anello di una
catcna, dipende dall'altra, dovremo aggiungere, carne secondo
criterio, la rappresentazione che e probabile e, insieme, irre-
versibilc. Ad esempio, ehi recepisce la rappresentazione di un
uomo, necessariamente viene ad assumere la rappresentazione
sia dei connotati di quello sia di eia ehe a quello e esterno:
dei connotati di qucllo, (cioe) del calare, della statura, delia
figura, del moda di muoversi o di parlare o eli vestirsi o di cal-
zarsi; di eia che a quello e esterno, ad esempio dell'aria, della 177
luce, del giorno, del cielo, delia terra, degli amici e di tutto il
rcsto. Quando, dunque, nessuna di queste rappresentazioni ci
mena in giro con false apparenze, ma tutte quante esse, in co-
mune concento, appaiono vere, noi vi prestiamo maggionnente
fede. Difatti la nostra credenza che questo determinata uomo 178

1
~- Per un'analoga analisi terminolog:ica cfr. SEXT. EMI'. A dv. mafii. Il, 6j.
tin ~<:J •• Cosi il. pro_babilismo, fondand~si sul •. per Io piu •. _piega ~:erso il ~on­
ari~cntismo, d1 CUI non erano mancah 5punb anche ne! p•u cenumo pens1ero
totehco (cfr. ,Uctaph. VI. 1o2,5a 15-20. 10z6b JO, IDL]a 'll-25; De gcner.
el corr, li, 10; Pl1ys. II, 4-6).

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244 CARNEADE

sia Secrate e dovuta al fatte che si riscentrano in lui tutte le


abituali caratteristiche di Socrate, ossia colere, statura, figura,
modo eli conversare, pallio e la presenza di un luogo dove non
179 c'e nessuno che possa essere scambiato con lui. E come alcuni
medici 17 non deswnono un casa di febbre da un unica sintomo
{ad esempio dal ritmo accelerata del polso o dalla temperatura
alterata). ma da un concorso eli situazioni (ad esempio, oltre
che dalla temperatura o dal polso, anche dalla irritabilita del
tatto, dal rossore, dalla sete e da altri fattori simili), allo stesso
mode anche 1' Accademico formula il giudizio di veri ta in base
al concorso delle rappresentazioni e, quando nessuna delle rap-
presentazioni concorrenti gli fa sespettare che sia falsa, egli
I8o afferma che l'impressione e vera. E che la rappresentazione
irreversibile sia un cencorso di fatteri capaci di produrre cre-
denza risulta e"idente dal caso di !\fenelao 18• Questi, infatti,
dopo aver lasciato sulla nave il fantasma eli Elena, che egli
stava menando via da Troia perche lo identificava con Elena,
e dopo essere sbarcato nell'isela di Fara, vede !'autentica Elena;
ma, pur traendo da questa una rappresentazione verace, tuttavia
non presta fiducia a siffatta rappresentazione, perche e state
menato in giro da un'altra rappresentazione, secondo la quale
181 egli era convinto eli aver lasciato Elena sulla nave. Tale e,
dunque, la rappresentazione irreversibile; ed anch'essa sembra
avere un'estensione per il fatto che se ne riscontra una piu
irreversibile di un'altra 19 •
Ancora piu attendibile delia rapprescntazione irreversibile,
anzi massimamente perfetta, e quella che produce il giudizio:
182 essa, oltre ad essere irreversibile, risulta anche a regolata ll. Ma
bisogna subita chiarire quale sia il carattere anche di que-
st'ultima. Infatti, per quanto si riferisce alia rappresentazione
irreversibile, si richiede semplicemente che nessuna delle rap-_
presentazioni che vi concorrono ci prenda in giro cerne falsa e

1 7· Non ccrto ~letodici, che era..no abbastanza sbrigativi. ma o Empirici


o Razionalisti, che in quanto a sintomatologia andavano d'accordo (cir. G.U.l!:N.
De sectis. passim).
18. Cfr. EuRIP. Hde11. szS-596. Per analoghi cscmpi cfr. Cre. Luct~U.
XXVI II, 89-9o.
19. Si tcnga presente l'insistenza sul concetto di estensione (7ti.IZ-ro.;) che
non puo non dare al probabilismo un carattere quantitativistico-matematico.
comc nel moderna calc:olo dcllc probabilita.

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CARNEADE

che tutte appaiano carne vere e non-improbabili; per quanto,


invece, si riferisce al concorso dei fattori che vengono a costi-
tnire la rappresentazione regolata, noi esaminiamo con dili-
genza ciascuna delle rappresentazioni che vi partecipano, carne
accadc, in un certa senso, anche nelle assemblee, quando il
rl )polo indaga se ciascuno degli aspiranti a diventare capi
politici o giudici meriti che gli venga conferita una carica poli-
tica (o) giudiziaria. Cosi, ad esempio, considerando che nelluogo 183
del giudizio sono presenti il soggetto giudicante, l'oggetto
giudicato e cio-per-mezzo-di-cui il giudizio viene espresso, e,
inoltre, distanza, intervallo, luogo, tempo, moda, disposizione
e attivita, noi distinguiamo quale sia ciascuno di questi fattori;
ad csempio, per quanto concerne il giudicante, se la sua vista
sia offuscata (cM, in tal casa, essa non evalida per il giudizio);
per quanto concerne l'oggetto giudicato, se esso non sia eccessi-
vamcnte piccolo; per quanto concerne cio-per-mezzo-di-cui viene
espresso il giudizio, se l'aria non sia oscura; per la distanza,
se non ce ne sia troppa; per l'intervallo, se esso non sia molto
ridotto; per il luogo, se non sia imrnenso; per il tempo, se non
sia breve; per la disposizione, se non presenti segni di follia;
infine, per l'attivita, se valga la pena di esercitarla 20•
Tutti questi fattori, ridotti ad unita, costituiscono il criterio, 184
vale a dire sia la rappresentazione probabile sia quella che e
pwbabilc-e-insieme-irreversibile, sia, oltre a queste due, quella
che e, nello stesso tempo, probabile-irreversibile-e-regolata. Ed
appunto per questo motiva, carne nella vita pratica, quando
noi indaghiamo su un fatto di scarso rilievo, interroghiamo un
solo testimone, ma quando indaghiamo su un fatto piu impor-
tante, ne interroghiamo di piu, e, quando il fatto e ancora
piu importante, interroghiamo ciascun testimone mettendolo a
confronto con le testimonianze altrui, allo stesso modo - affer-
mano i seguaci di Carneade - in questioni ordinarie noi usiamo
quale crilerio soltanto la rappresentazione 1< probabile», in quelle
pin rilevanti ci serviamo delia rappresentazione « irreversibile »

~o. Carneade. sccondo Sesto, teneva conta di elementi quantitativ:i e


du~htativi (potre~ma dire • platonici • ed • aristotclici •), ma i primi pren-
1!! C\ ano se.n~'altro Il sopravvento. Nclla logica stessa delle case il probabilismo
. una revisione sccllica di quel matematicismo !li cui, dupa tutto, era ancora
Impregnata l'Accademia.

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CARNE ADE

e, infine, in quelle che concorrono alia felicita facciamo uso


185 della rappresentazione « regolata n. lnoltre essi dicono che, come
per cose tra loro differenti assumono una differente rappresen~
tazione, cosi anche, secondo la diversita delle circostanze, non
si attengono alla medesima rappresentazione. Essi, infatti, af-
ferrnano di badare solamente a qudla-che-e-di-per-se-probabile
in quelle questioni in cui la circostanza non ci offre l'opportu-
186 nita (per) una precisa contemplazione dell'oggetto. Cosi, ad
esempio, un uomo e inseguito dai nemici e, giunto in un fossato,
si lascia attrarre da una certa rappresentazione a supporre che
anche li ci siano nemici in agguato contro di lui; quindi, in-
dotto da questa rappresentazione che egli crede attendibile, si
scansa ed evita il fossato, seguendo la probabilita che gli e
suggerita dalla rappresentazione, senza prima essersi accertato
con precisione se davvero in quel luogo ci sia un'imboscata di
nemici o non ci sia affatto.
187 Essi seguono, invece, la rappresentazione «probabile e re-.
golata n in quei casi in cui hanno tempo sufficiente per usare
con delibera.zione e con ponderazione il giudizio sull'oggetto
che a loro si prescnta. Cosi, ad esempio 21, un uomo in una
camera oscura, vedendo una cordicella di giunco, in un primo
momento suppone chc si tratti di una vipera e fa un salto;
ma poi si volge indictro e indaga il vcro e, trovando l'oggetto
immobile, e portato a pensare che non si tratti di una vipera;
HlB tuttavia, rillettendo sul fatto che alcune volte anche le vipere
se ne stanno immobili, intirizzite dat freddo invernale, si ac-
costa con un bastone a qucll'oggetto attorcigliato e solo allora,
in questo modo, << regolando" la rappresentazione che lo ha
imprcssionato, egli viene ad assentire che e falso ritenere che
quel corpo a lui prescntatosi sia veramente una vipera. E an-
cora, come dicevo poc'anzi, noi, quando vediamo un qualcosa
in un modo molto evidente, assentiamo chc esso e vero, dopo
aver << regolarrnente ,, confermato che abbiamo sensi ben fun-
zionanti e che stiamo guardando in uno stato di vcglia e non di
assopimento e che, nello strsso tempo, l'aria e tranquilla, mo-
dt>rata e la distanza, e l'oggetto che ci ha impressionato e im-

21. La stcs~a cs~mplificazione c, in maniera piil succinta, in Pyrrh. hYf'·


J, 21.7.

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CARNE:\DE 247
JTiobile; di guisa che, in virtu di questi fattori, la rappresenta- 189
zione e attendibile, avendo noi avuto un tempo sufficiente 22
per provare regolannente quello che abbiamo osservato nell'am-
bito della rappresentazione. Lo stesso discorso vale anche per
la rappresentazione irreversibile, giaccM quei filosofi l'accettano,
qualora. non ci sia nulla che possa metterla in bilico, carne
sopra dicevamo 23 a proposito di 1\lenelao.

La u fantasia cata/etlica n degli Stoici, le sue tormentate definiziom:


r le crz#che accademico-scettiche (SEsTo EMPIRICO, Adv. log.
1, 227-260)

Cosi la pensano, in linea di massima, i seguaci del Peripato 1 ; 227


ma, poidu~ ci resta ancora da trattare delia dottrina degli Stoici,
scguitiamo, ora, discutendo di essa 2 •
Orbenc: costoro dicono che criterio della veri ta la c< rap- e
prcscntaziane apprensiva 1> 3 • Dell'essenza di questa noi ci ren-
diamo canto solo dopo aver conosciuto che cosa e mai, a parer
]oro, la rappresentazione e quali sono le sue differenze speci-
fiche. Rappresentazione e pertanto - secondo loro - u un'im- 228
prcssione nell'anima '' 4• :\Ia a proposito di essa gli Stoici vennero
ben presta in urto tra loro: infatti Cleante s in tese l'impressione
a guisa di •< sporgenza e rientranza '' 8 , propria come viene ri-
scontrata (l') irnpressione prodotta nella eera dai sigilii; ma 229

n .. Si tenga preseut" che auche il tempo e un fattore quantitativistico


da ag:;tunger" alia ricca serie tlegli altri elencati in § ISJ.
23. In §§ J8o-1S1.

. 1. .1 Pc:ripatc:tici, s<!condo Sesto (.-ldv. log. I. 217-H6), pone\"ano il cri-


teno d1 \'erita sia uei scnsi (come strnmcnto) sia ncll'intelletto (carne artista).
1
.1 r:n·scntc hra.no, che riportiamo P<"r intcro. t.."Sprime tutto il tonnento deg\i
StoKl l.lel dctt'rminarc il loro concetto lli l(:t~";ct<Tb: ~:t'\'XÎ.7p·=n~~ eli e tutto
un sap1ente intreccifl rli espo!<i7.ionc e di critica chc ci Yicta Ji sul.Înuzzarlo.
. 2 : Scsto tratta degli Stoici alia fine de! suo ampio e.r~IITSIIS storico sul
~r;llcno lli vcritâ. Egli riscn·a ai principali an·trsari delia Scetticismo il posta
onr.rc per colpirli ancora piu duramentc, come gia a\·eva fatto Carncarlc.
.3· Per qu~sto celebre ternune cfr. Stoic. vrt. fwg. I, 55·59 • .,~ti; Il. 52-101
Arn1m.
-1· Le aq;omt'ntazioni dei §§ zz:oi·ZJI si ritro\'ano anchc in Adu. log. I,
372·373.
5. Sif'ic. wl, frag. 1, 484 Aruim.
6. Cfr. Pyrr/1. JJyp. 11, 70.

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CARNE ADE

una cosa di tal genere era ritenuta assurda da Crisippo. a In


primo luogo - questi dice - quando il pensiero si rappresenta
in una sola e medesima voita un oggetto triangolare o uno
quadrangolare, il corpo stesso, nel medesirno tempo, dovrebbe
avere, come limiti, figure differenti e venire ad essere simul-
taneamente triangolare e quadrangolare e, magari, circolare,
il che e assurdo; in secondo luogo, poiche simultaneamente
sorgono dentro di noi molte rapprcsentazioni, anche l'anima
verrebbe a possedere una vasta pluralita di configurazioni, il
230 che e ancora piil. assurdo dell'assurdita precedente». Lo stesso
Crisippo, pertanto, supponeva che il termine « impressione »
fosse stato usato da Zenone 7 in luogo di u alterazione », sicche
la definizione sarebbe la seguente: « rappresentazione e altera-
zione dell'anima li, ormai non essendo assurdo (il fatto che)
il medesimo corpo riceva una pluralita di rappresentazioni,
perche queste coesistono in noi unitariamente [nello stesso
231 tempo] 8 ; difatti, carne l'aria, quando parlano simultaneamente
molte persone, ricevendo simultaneamente numerose e diverse
percussioni, subisce immediatamente anche una pluralita di
alterazioni, cosi anche la «parte egemonica 11 9 , ricevendo una
varieta di rappresentazioni, verra a subire un'affezione analoga.
232 Altri 10, pero, dicono che questa definizione non e corretta,
nonostante l'emendamento apportatovi da Crisippo. Se, infatti,
si riscontra una certa rappresentazione, questa risulta essere
impressione e alterazione dell'anima; ma, se si viene a riscon-
trare un'impressione dell'anima, quest'ultima non sernpre s'iden-
tifica con la rappresentazione. Quando, infatti, si avvertono
una contusione al dito o un prurito alia mano, si producono
senz'altro un'irnpressione e un'alterazione dcll'anima, ma non
si genera affatto una rappresentazione, dal momento che que-
st'ultima non si produce per accidente in una qualsiasi parte.
dell'anima, ma soltanto nel pensiero e nella n parte egemonica 1).
233 Per ovviare alle critiche di costoro, gli Stoici affermano che
nell'espressione (( impressione nell'anirna )) e implicitamente con-

7· Cfr. S/()ic. vct. Jrag. I. 58 Aruim.


8. L'esprcs.o;ione e atetizzata come glossa dal Mutschma.nn; il Bekker e
il Dury la considerano autentka.
9· Cfr. 5/()iC. vct. frag. 11. 59 Arnim.
to. Si tratta di Stoici che probabilmcnte subirono l'infiusso di Carneade.

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CARNE ADE 249

tcnuta l'aggiunta ce in quanto sia nell'anima », per cui l'intera


definizione sarebbe questa: (( rappresentazione e impressione
ncll'anima in quanto essa sia nell'anima D. Difatti come l'efelote
,:iene definita ce bianchezza nell'occhio ll, ossia in una deter-
minata parte dell'occhio - per non dire che tutti noi uomini
abhiamo l'efelote per il solo fatto che tutti abbiamo il bianco
nell'occhio -, allo stesso modo, quando affenniarno che la rap-
prcscntazione e un'impressione nell'anima, con cio veniamo
implicitamente a dire che essa si produce in una determinata
parte dell'anima - vale a dire in quella a egemonica » -, sicche
la definizione, formulata nel modo piit esplicito, viene ad essere
la scguente: (( rappresentazione e l'alterazione nella parte
egemonica ''·
Altri 11, pero, pur partendo dalie stesse argomentazioni, si 234
sono difesi con maggiore sottigliezza. Essi, infatti, a:ffermano
che il termine ce anima » e usato in due accezioni, perche esso
indica sia cio che comprende l'intera struttura dell'essere vi-
vente, sia in modo particolare la «parte egemonica >1. Difatti,
quando noi diciamo che l'uomo e composto di anima e di corpo
o che la mortc ela separazione dell'anima dal corpo, intendiarno
parlare, in modo peculiare, delia parte egemonica. E allo stesso 235
modo quando noi, classificando i beni, diciamo che alcuni di
questi concernono l'anima, altri il corpo e altri sono esterni,
non intendiamo riferirci all'anima nella sua interezza, ma solo
alia parte egemonica di essa, giacche a questa appartengono le
affezioni e i beni. Perei<), anche quando Zenone affenna che 236
rappresentazione e ( impressione nell'anima » 12, bisogna inten-
dere non <• anima " nella sua interezza, bensi quella determinata
parte di cssa, talche l'espressione possa suonare cosi: « rappre-
sentazione e imprcssione nell'egemonico 11,
Ma anche se le case stanno cosi - dicono alcuni 13 -, si e 237
sbagliato anc.ora una voita. Difatti pure l'appetito e l'assenso
c l'apprensione sono alterazioni dell'egernonico, ma di:fferiscono
daUa rappresentazione, giacche questa e una nostra passivită.
e una nostra disposizione, mentre quelli, senz'altro, sono nostre

1" hII. Si tratta ancora di Stoici chc forse riproponevano dottrine aristote-
ac c ada.ttandolc aUa terminologia deUa loro scuola.
12. Stoic. Vt!. frag. 1, 58 Amim.
13. Sono altri Stoici.

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250 CARNE ADE

attivita. Non e, pertanto, valida quclla definizione, perch~


238 include molte cose differenti u. E carne ehi, nel definire l'uomo,
affem1a che l'uomo e « essere vivente ragionevole ll 16 non for-
nisce una valida nozione dell'uomo per il semplice fatto che
anche il dio e un '' essere vivente ragionevole », cosi cade in
errore anche ehi indica la rappresentazione come « alterazione
dell'egemonico n, giacche in tal modo la nozione di rappresenta-
zione non viene fomita piu che quella di ciascuno clei movimenti
239 sopra enumerati. Ma, tenendo canto anche di questa obiezione,
gli Stoici ricorrono ancora una voita alle Iora « implicazioni » 18
e dicono che nella definizione delia rappresentazione si deve
intendere implicitamente presente anche l'espressione « secondo
passivita ''· Come, infatti, ehi definisce l'amore '' impulso di con-
quistare l'affetto 11 intende implicitamente aggiungere ''da parte
di giovani nel fiare dell'eta" anche se egli non riporta esplici-
tamente questa precisazione (cM nessuno s'innamora di ehi ~
vecchio e non possegga il fior di giovinezza), allo stesso moda,
quando noi affcrmiamo che la rappresentazione e alterazione
dell'egemonico, implicitamente intendiamo aggiungere - essi
asseriscono - che l'alterazione si produce « secondo passivita D
e non affatto secondo attivita.
240 Ma pare che neppure in questo moda essi siano sfuggiti
all'accusa 17• Quando, invero, la parte egemonica viene alimen-
tata e, per Zeus, viene anche accresciuta, essa viene, si, alterata
" secondo passivita ''• ma siffatta sua altcrazione, quantunque
si eserciti secondo passivita e disposizione, non s'identifica
affatto con la rappresentazione, a meno che essi non affermino,
ancora una voita, che la rappresentazione e una forma parti-
culare di passivita, forma che e differente da un tai genere di
2.p disposizioni, oppure non asseriscano questo: cbe, cioe, appar-
tenendo la rappresentazione o agli oggctti esterni o alle affe-
zirmi interne a noi (casa che essi, con un termine alquanto ap-

q. La dcfmizione. infatti, presuppnne unita generica e <lifferenze solo


specifiche (cfr. ARISTOT • .-!11. post. Il, 93b J<J; 1'op. Lo Jorb 38, IO]b 15; Metapll.
VII, 4. IOJOa 6.
r5. Cfr. Pyrrll. llyp. II. 26 se~;g.
16. li termine cru~Ef.t<;l:tO'L~ non si riscontra nella raccolta <lell' Amim.
Esso equh·ale- ad Ef.L9"'at:; (cir. DJo<:. LAERT. V II. 51).
17. Ovviamente da parte di Carneadc e seguaci.

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CARNEADE

propriato, chiamano u vuota attrazione ))) 18, in ogni caso, nella


definizione del termine rappresentazione, e implicita che la
passivita si genera o merce un'impressione dall'esterno o merce
le affezioni interne a noi, casa che non si puo riscontrare nel
caso dell'alterazione prodotta dai processi di accrescimento e
di nntrizione.
Cosi, pero, la rappresentazione e ardua a definirsi da parte
degli Stoici; tra le rappresentazioni, poi, si incontrano anche
nnmcrose e varie differenze, ma basteranno quelle che ora
illu;;treremo.
Alcune rappresentazioni 19, invero, sono probabili, altre non- 242
prnbabili, altre probabili-e-non-probabili, altre, infine, ne-pro-
b:l.bili-ne-non-probabili. Sono probabili quelle che producono
ncll'anima un moto pacato, come fanno, ad csempio, in questo
Îstante le CSpreSSÎOnÎ (( e giorno 1> C CI ÎO StO d.ÎSCUtendO Il C ognÎ
alu·a che partecipi di un'e..,idenza cosi scontata; sono, invece,
non-probabili quelle che non hanno siffatta caratteristica, ma
che ci distolgono dall'assenso, come fanno, ad esempio, le 243
esprcssioni C( se e giorno, non c'e sole sulla terra 11, (1 se e buio,
c giorno n; risultano, poi, probabili-e-non-probabili quelle che,
~ec:ondo lo stato in cui si trovano in relazione a qualcosa, sono
una voita tali e una volta talaltre, come, ad esempio, avviene
nei ragionamenti problematici 20 ; risultano, infine, ne-probabili-
IH~-non-probabili quelle che riguardano cose di tai genere: a le
stellc sono di numero pari; le stelle sono di numero dispari u 21 •
Dellc rappresentazioni probabili, poi, alcune sono vere, altre 244
false, altre vere-e-false, altre ne-vere-ne-false. Sono vere qnelle
su cui ~ possibile fonnulare un'affennazione vera, carne, in
questo momento, nel casa delle espressioni (( c giorno 11 oppurc
(( c'e luce n; sono false quelle su cui e possibile formulare un'af-
fermazione falsa, come nel caso dell'espressione ((il remo sotto
l'a~qna ~ spezzato )1 oppure (1 il porticato e di forma conica 1•:
sono verc-e-falge le espressioni, ad esempio, che partivano da

il x8_. Ossia rapl?resentazione pri-,;a !li oggl'tto rappresl'ntato e, quiudi, solo


lusona e sog~;:l'ttl\·a (cir. Stoic. t'"l. frag. II. 65, 6!) :\mim).
19. La pr..sente cliai1-rsis e di inLiubhia origine accademica.
. 2o. Ossia ncllc aporie. !li cui a\"t'\"a datn pron\ consirlcrevole Aristotele
10 .1Jctaţ•h. III.

:ZI. Cir. Pyrrh. hyp. l. 57; II. 90.

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CARNEADE

245 Elettra e colpivano Oreste durante la follia 22 (difatti, in quanto


egli provava l'impressione che avesse a che fare con qualcosa
di esistente, erano vere, giaccM Elettra esisteva; ma in quanto
egli provava l'impressione che si trattasse di un'Erinni, erano
false, giaccb~ l'Erinni non c'era affatto), e lo stesso avviene
anche, ad esempio, se un uomo, donnendo, subisce in sogno
una falsa e vana u attrazione '' nell'immaginare che gli stia ac-
246 canto Dione vivo. Sono, infine, ne-vere-ne-false le rappresen-
tazioni generiche: infatti i generi di quelle case le cui determi-
nazioni specifiche sono tali o talaltre, non sono ne tali ne talaltri,
come, ad esempio, tra gli uomini alcuni sono Elleni e altri sono
barbari, ma l'uomo come genere non e Elleno - altrimenti tutti
gli uomini particolari sarebbero Elleni - ne barbaro, per il
medesimo motiva.
247 Delle rappresentazioni vere, poi, alcune sono apprensive,
altre no. Non sono apprensive quelle c.he colpiscono alcuni
durante uno stato morboso: infatti innumerevoli persone, sofle-
renti di dclirio o di atrabile, ricevono una rappresentazione c.he,
pur essendo vera, non e apprensiva, ma ha uno stimolo esterno
e casuale, di guisa che quelle persone non possono dame una
248 conferma sicura ne danno loro l'assenso. Apprensiva e, invece,
11 quella rappresentazione che proviene da un oggetto esistente

e che e impressa e improntata nel soggetto in conformita con


lo stesso oggetto esistente, ed e tale da non poter derivare da
un oggetto che non esista » 23 ; e, invero, gli Stoici ci assicurano
che questa rapprescntazione riesce a recepire in alto grado gli
oggetti reali e che ne porta impresse in modo artistica tutte
le proprietâ., e affermano che essa ha in possesso le proprieta
249 degli oggetti. La prima di queste proprieta e il fatto che la
rappresentazione apprensiva proviene da un oggetto esistente:
difatti ci colpiscono molte rappresentazioni che provengono da
case non esistenti, come accade nei casi di follia, e queste non
possono essere apprensive. La seconda proprieta e il fatto che
la rappresentazione apprensiva non solo proviene da cio che e
esistente, ma e conforme a cio chc e esistente: infatti alcune
rappresentazioni, a loro volta, pur provencndo da un oggetto

22. Cfr. EuRIP. Orest. 264, comc in Adu. log. I, 170.


23. Stoic. uet. frag. 1, 59 Amim.

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CARNEADE 253

csistente, non gli assomigliano, come mostravamo poc'anzi u


nel caso delia follia di Oreste. Questi, infatti, traeva la rappre·
sentazione da un qualcosa di esistente, ossia da Elettra, ma
non in modo conforme aUa stessa cosa esistente, giacch6 sup·
pon<.>va che essa fosse una delle Erinni, e percio, quando quella
gli si appressa e si sforza di curarlo, egli la respinge dicendo 25 :
\'ia, tu chc sei delle mie Erinni una;

ed Eracle 26 da un qualcosa di esistente traeva l'impressione


di Tebe, ma non in modo conforme alia stessa cosa csistente:
dibtti la rappresentazione apprensiva deve prodursi in con·
fonnita con la cosa che esiste. Non solo, ma e indispensabile, zso
altrcs1, che essa sia (( impressa e improntata ,, 27 nel soggetto,
affinchc tutte le particolarita dell'oggetto rappresentato possano
vcnir riprodotte a regola d'arte. Come, infatti, gli incisori vanno 251
palp~ggiando tutte le parti delle opere che stanno compiendo,
e come i sigilii degli anelli imprimono sempre con precisione
Slllla eera tutti i loro contrassegni, allo stesso modo anche
quclli che cavano l'apprensione dagli oggetti devono recepire
tutt~ le proprieta di questi ultimi. E quei filosofi aggiunsero 252
la predsazione (( c la rappresentazione e tale da non poter de-
rivare da un oggetto che non esista ,, 28 , perche gli Accade-
mici 2 ~. al contrario degli Stoici, hanno supposto l'impossibilita
chc si riscontri una rappresentazione completamente simile
all'oggetto. Gli Stoici, infatti, asseriscono che ehi possiede la
rapprescntazione apprensiva discerne con tecnica precisione la
differenza che e al fondo delle cose, perche una siffatta rappre-
St'ntazione, paragonata alle altre, possiede una sua peculiarc
caratteristica, propria come l'hanno le ceraste, paragonate agli
altri scrpenti; gli Accadcmici, al contrario, asseriscono la possi-
bilita che si riscontri una rappresentazione falsa la quale sia
cmnpletamente simile a quclla apprensiva.
Gli Stoici piit antichi asseriscono che criterio delia verita 253

2.J. Iu § 245·
~5. El'RIP. Or.-st. 26-l .
. . ~G. Farse qui Scsto confonde Eracl~ col Penteo dclle Bacca>~li di Eu-
np!tlc, tia lui mcnzionato in Adv. Ing. 1, 192.
27. Comc ndla defi.nizione riprodotta nel § -z48.
~s. Cfr. § 2 4 8.
2 9· In particolare Arccsilao c, pai, con emendamcnti critici, Carneade.

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254 CARNEA DE

e questa rappresentazione apprensiva; quelli piu recenti, invece,


vi hanno aggiunto la precisazione « purche essa non presenti
254 alcun ostacolo ,, 30• Talvolta, invero, si riscontra una rappresen-
tazione che e, si, apprensiva, ma che e pure non-probabile a
causa di una qualche circostanza esterna. Cosi, ad esempio,
quando Eracle 31 si presento ad Admeto riconducendogli di
sotterra Alcesti, Admeto desumeva da parte di Alcesti una
255 rappresentazione apprensiva, ma non vi credeva; e Menelao se,
quando, ritornando da Troia. vedeva la sua Elena presso Proteo
dopo aver lasciato sulla nave il fantasma di lei per il quale si
era combattuta una guerra decennale, recepiva una rappresen-
tazione bene a impressa e improntata ,, da parte di una cosa
esistente e in maniera conforme aUa stessa cosa esistente, ma
256 non se ne impossessava (senza ostacolo} 33• Sicche, mentre la
rappresentazione apprensiva s'identifi.ca col criterio quando
non presenti alcun ostacolo, quelle erano indubbiamente ap-
prensive, ma presentavano ostacoli: difatti Admeto ragionava
cosi: ce Alcesti e morta, e ehi e morto non si alza in piedi, ma
talvolta vanno in giro certi esseri demoniaci! n; e Menelao,
da parte sua, rifletteva di aver lasciato sulla nave Elena ben
custoclita e pensava che molto probabilmente non fosse Elena
quclla che era stata trovata a Faro, bensi un fantasma o un
demone.
257 Di qui si cvince che la rapprescntazione apprensiva non
s'identifica in senso assoluto col criterio delia verita, ma s'iden-
tifica con esso solo quando non presenti alcun ostacolo. lnfatti,
in quest'ultima evenienza, essa, essendo evidente ed eccitante,
per poco non ci trascina, come essi clicono, per i capelli, indu-
cendoci all'assenso e non avendo bisogno di alcun'altra cosa
per imprimersi in cosiffatto modo o per evidenziare la propria
258 clistinzione rispetto agli altri tipi di rappresentazione. Percio
pare anche che ogni uomo, quando aspira ad apprendere con
precisione un qualcosa, insegua da se stesso una. rappresenta-
zione siffatta, come avviene, ad esempio, se si tratta di case

30. Cfr. Stoic. vet. jrag. II, :258 Amim.


31. Cfr. EURII'. Alcesl. wo8 scgg. L'episodio e menzionato anchc in PyrriJ.
hyp. 1. 228.
32. Cfr. EuRIP. Hrlen. 528-96, come in A dv. log. I, 180.
33· Cosi integra il 1\:ochal~ky in base alle linec 284, s-6. Il Bury, invece,
scguendo Lacbelier. traduce: • he did not accept it as valid •·

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CARNEADE 255

yisihili. allorche egli sta recependo ancora in modo opaco una


rapprescntazione dell'oggetto. Egli, infatti, aguzza lo sguardo
1, si accosta all'oggetto veduto per non cadere completamente

in erron•, e si sfrega gli occhi e, insomma, fa di tutto finche


non ricsce a trarre una rappresentazione penetrante e incisiva
dt'll'oggetto in questione, perche reputa che in questa risieda
l'attendibilita dell'apprensione. D'altronde, e impossibile affer- 259
mare il contraria. E necessariamente ehi si rifiuta di ritenerc
chc: la rappresentazione s'identifichi col critcrio, poiche egli e
indotto a cio dalla prescnza di un'altra rappresentazione, vienc
a consolidare l'identita di rappresentazione e criterio, dai mo-
mento che, per il riconoscimento delia verita, la natura 3" ci
h<~. llonato, quasi raggio di luce, la facolta di sentire e la rap-
prcsentazione, che per mezzo di questa si origina. E assurdo, 26o
pertanto, espungere una facolta cosi importante e privarcene
al pari della luce. Come, invero, cade senz'altro nell'assurdo
un uomo che da una parte ammette l'esistenza dei colori e dclle
Yarieta prescnti in essi e dall'altra elimina la vîsta come non
e:'.istcnte ed improbabile, e che da una parte ammette l'esistenza
dei suoni e dall'altra ritiene che non esista l'udito (che se non
ci sono gli organi per mezzo clei quali percepiamo colori e suoni,
noi non possiamo neppure avere a che fare con colori e suoni),
allo stesso modo ehi da una parte ammette l'esistenza degli
oggetti e dall'altra incrimina la rappresentazione sensibile per
m~zzo di cui egli stesso percepisce gli oggetti, e un individuo
completamcnte rimbambito, anzi si degrada allivello delle cose
inanimate as.

J,. .H· La 9'jO"t;-M-ro~-3o6; (pc.>r cui dr. Stoic. Vfl. jmg. I 1, 937, 945. 1024 etc.
; n~tm) vir:ne qui introdotta da Sesto quasi ex abmptv. con un'ironia che gli
1cn,·a da CarnE-ade-.
d' 35: Il brusco passaggio, tipicamente stoico-zenoniano. da cunsiderazioni
1
unhne teoretico a considerazioni e (recciate di ordine morale. c abilmentE'
nportato da Sesto con tutta l'apparcnza deUa f<!delta dosso~<:rafica, ma con
lu_tf:a l'acutezza di ehi intcndc dare all'intcro brano un implicita signilicato
cr,hca.

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CARNEA DE

Dissoluzz:one delta «fan/asia catalettica » (SESTO EMPIR1CO, A.tlv.


log. 1, 401-421)

401 Resta, allora, da ritenere alcune (rappresentazioni) atten-


dibili e altre non attendibili, carne hanno affennato gli Stoici e
gli Accademici: gli Stoici accettando le rappresentazioni « ap--
prensive ll, gli Accadem.ici quelle che sembrano essere «proba-
biti n 1 • Ma anche cio, se noi conduciamo una disamina accurata,
risulta somigliare piu ad un pio desiderio che ad una veritB.
402 Difatti una rappresentazione apprensiva - per cominciare da
qucsta - risulta essere « quella che proviene da un oggetto
esistente e che e impressa e improntata in conformita con l'og-
getto esistente ed e tale da non poter derivare da un oggetto
che non esista 11 2 • E Cameade dice di poter concedere agli Stoici
tutto il resta dell'espressione, ma che non si puo concedere
l'aggiunta «tale da non poter derivare da un oggetto che non
esista >l 3 • Difatti certe rappresentazioni, allo stesso moda che
403 da case esistenti, provengono anche da cose non-esistenti. Ed
e un indizio delia loro indistinguibilita il fatto che esse risultano
egualmente evidenti ed efficaci, e del fatto che esse sono ugual-
mente evidenti ed efficaci e un indizio il Iegarne che con esse
hanno le azioni che ne conseguono. Carne, infatti, durante la
veglia, ehi ha sete gode ad attingere una bevanda o ehi fugge
una belva o un altro essere spaventaso grida e urla, cosi anche,
nei sogni, gli assetati provano diletto e sembra loro di bere a
404 una fante, e in modo analogo quelli che sono spaventati pro-
vano paura:
Achille balzo iuorridito,
Batte palma a palma e promppe in queste dolcnti parole 4 •

E come nello stesso stato (di buona salute) noi crediamo e


diamo l'assenso alle cose cbe ci appaiono con la massima luci-
elita, e ci comportiamo con Diane in quanto qucsti e Diane e

r. Cfr. Adt•. log. 237 segg. per gli Stoici c I74 St'gg. per Carneade.
2. Seconda la definizione di Adu. log. !, 248.
]. Cfr. Adu. log. 1. 16-j.
4· Hor.t. Il. XVIII. 1ot-1o'!.

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CARNEADE 257

con Teone in quanto questi e Teone, cosi alcuni nello stato


di follia subiscono presso a poco le stesse affezioni. Cosi Eracle, 405
essendo impazzito e avendo desunta dai propri figli una rap-
presentazione come se questi fossero i :figli di Euristeo, la segui,
facendo corrispondere a questa rappresentazione l'azione 6•
L'azione corrispondente che ne segui era quella di sopprimere
i figli del nemico, ed egli la compi. Se, pertanto, sono appren-
sive certe rappresentazioni in quanto c'inducono a dare un
assmso e a seguirle facendo loro corrispondere un'azione, allora,
poiclu~ si manifestano nella stessa maniera anche rappresenta-
zioni false, bisogna dire che le rappresentazioni non apprensive
sono indistinguibili da quelle apprensive. E come l'eroe recepiva 4o6
una rappresentazione dai dardi (in quanto erano dardi) 8 ,
cosî anche la recepi dai propri figli, quasi che costoro fossero
i figli di Euristeo. lnfatti una soia e medesima era la rappre-
scntazione che si era precedentemente offerta ed era stata re-
cepita da ehi stava in quelle condizioni, ma quella prodotta
dai dardi era vera, mentre era falsa quella prodotta dai figli.
Poiche, pertanto, entrarnbe provocarono u.guali affezioni. bi- 407
sogna convenirc che non si possono distinguere l'una dall'altra;
c se quella prodotta dai dard.i si dice « apprensiva u perche
(1') 7 azione che la segui fu congiunta ai dardi di cui Eracle si
servi in quanto erano dardi, si dica che anche la rappresenta-
zione suscitata dai figli non differiva da quella, in quanto anche
ad essa fu congiunta l'azione corrispondente, vale a dire il do-
vtre di ucddere i :figli del nemico a.
Risulta cosi stabilita l'impossibilita di distinguere. in base 4o8
alle propricta dell'evidenza e dell'intensita 9 , le rappresenta-
zioni apprensive da quelle non apprensive.
Ma con non minore efficacia viene indicata dagli Accade-
mici ID anche l'impossibilita di distinguerle in base alle caratte-
5· O~sia uccidendo i suoi stessi figli (dr. EuRJP. H11rc. fllr. 969).
h. L opportuna integrazionc e
uello Heintz.
η L'agr,:iunta e
ancora hdntziana.
s. Cun granue acume critica Carneade lonrle la tragedia etica del!'antico
e~~e con la tragedia teoretica delia conosccnza. Per le obiezioni stoichc a questi
nXX:\" 1 clt Carneade e per le ulteriori risposle di qucst'ultimo cfr. CJC. Lucull.
· 'II. 88.
. 9. Qucsta critica d<"ll'evidenza (l:v-ipy~;L!l) c dell'intensita (zv•o:.vov l3l<·>f!«)
'~ te~uta prcscnte per sottolineare l'abbandono di un ccrto fenomenismo
PIITomano·timoniano da parte di Carnea.ic prima c di Sesto Empirica poi.
Io. Sopr;!.ttutto da Carneadc.

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258 CAR!-IEADE

ristiche o all'impressione. Essi, anzi, invitano gli Stoici a me-


409 ditare sulle case apparenti 11 • Difatti, quando si ha a che fare
con cose simili nella fonna ma differenti nella sostanza, e im.-
possibile discernere la rappresentazione apprensiva da quella
falsa e non-apprensiva. Ad esempio, (se) 12 di due uova che
sono tra loro completamente simili io presento allo Stoica ora
l'uno ora l'altro, quel sapiente, messo di fronte all'uovo, (non)
avra potere di asserire con assoluta certezza se l'uovo che gli
si fa vedere sia l'uno o l'altro o, magari, un altro ancora. Lo
410 stesso discorso vale anche per i gemelli. Difatti quel buon
uomo, quantunque ritenga che <<la rappresentazione proviene
da un oggetto esistente ed e impressa e improntata in con-
fonnita delia stessa cosa esistente " 13, recepira rma rappresen-
tazione falsa se accoglie quella che proviene da Castore come
se fosse quella proveniente da Polluce. Propria di qui, del resto,
ha tratto la sua fonnulazione il ragionamento del << velato 'Ou..
Supponiamo, ad esempio, che un serpente faccia spuntare il
suo capo dai nascondiglio: se noi vogliamo, in seguito, esa-
minare 1' oggetto reale, andremo a cascare in una grave diffi-
colta e non sapremo dire se il serpente sia propria quello che
precedcntemente ha fatto spuntare il capo o un altro, sup-
posto, ovviamente, che un grande numero di serpenti sia disse-
4 u minato ncllo stesso covo. Pertanto la rappresentazione appren-
siva non possiede alcuna peculiarita che la renda differente
dalie rapprescntazioni false e da quelle non-apprensive.
Inoltre, se c'e qualche altra cosa chc sia capace di appren-
dere alcunchc, questa e, appunto, la vista. Eppure, neanche
questa e in grado di apprendere alcunche, come preciseremo:
eppero non c'e niente che riesca ad apprendere alcunche.
412 La vîsta, infatti, sembra recepire colori e grandezze e figure

1 ]. 11 passo e fondamentale, perche r\imostra l'ingenuita delia tesi tradi-


zionale di un globale fenomenismo scettico.
12. Cost integra opportunamt'nte lo Heintz.
IJ. Cfr. A dv. log. 1, 248.
14. Questo tipo di argomentazione solistic:a risale ad Eubulide di Mileto
(dr. Droc. LAERT. II. 108; ARISTOT. Soph. el. 24. 179a 35: LuCJJI.:s'. l'it. auei:
22). Esso si esprime\'a cosi: • colui che dice di conoscere suo patlre c nega di
conoscerlo quando il padre gli sta vclato davanti, cade in contraddizione.•.
Sul « velato • scrisse un libro anche Crisippo (DlOG. LAERT. VII, 196 = SJflfG.
v<t. frag. II, 1.5 Arnim), che fu ricordato c criticata anchc da Plutarco (~"
prof. in virl. 1, 75d). Per piu ampie nolizie clr. K. PRA:STL, Geschichle dtr Loga/1
i11:1 Abendla11de, I, 490; l>oRI:<G, Die Jlegarilter, pp. 112-4.

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CARNE.\ DE 259

e Jll(Jvimenti, ma, in realta, non recepisce nulla eli tutto questo,


comc risultera immediatamente, se incominciamo dai colori.
Sr. invero, carne sostcngono gli Accademici, la vista apprende
ur~ 11ualche colore, essa apprendera anche quello dell'uomo:
nHt qnest'ultimo essa non Io apprende; dunque non apprendera
ncssun altro colore. E che non l'apprende e manifesta, giacche 413
J'uomo cangia colore secondo le stagioni, le attivita. le clisposi-
zioni naturali, le eta, le circostanze, le malattie, la salute, il
sonno. la veglia, di guisa che noi conosciamo questa varieta
di tinte, ma ignoriamo quale sia la vera essenza dcl colore
umano. E cosi, se questo non si puo apprendere, non potrâ
essere conosciuto neppure un qualchc altro colore. Ed anche 414
a proposito della figura troveremo lo stesso genere di diffi.colta.
Difatti. il medcsimo oggctto si presenta liscio e ruvido, carne
avviene nelle pitture, rotondo e quadrato, carne nel casa delle
torri, dritto o spezzato, come nel casa del remo che emerge o
c immerso nel mare, e, per quanto concerne il movimento, ci
si presenta in rnoto o in quiete, come quando si e seduti su una
nave o si sta a riva 110.
D'altrondc, se la rappresentazione non-apprensiva viene a 415
coincidcrc con quella apprensiva, quest'ultima non puo essere
criterio di verita. Come, infatti, cio che coincide con lo storto
non pnu essere criterio del dritto, cosi non puo essere criterio
la rnppresentazione apprensiva, se viene a coincidere con quelle
false e non-apprensive. Ma la rappresentazione non-apprensiva
viene appunto a coincidere con cose false e non-apprensive,
come preciseremo; dunque essa non e criterio delle cose vere
e di quelle false.
Infatti, nel caso del sorite 16, quando !'ultima rappresenta- 416
zione apprensiva viene a trovarsi accanto alia prima non-ap-

L ~-~- Per ']Ucste famosc cscm~lificazioni. chc gia Cicerone (soprattutto nel
11
cr.llus)desumeva tlalla tratllzlone carnt'atlea, cfr. Pyrrll. hyp. l, 92, 102,
1 1 8 . J 1<).

l6. 1 §§ ..p6-4zx concordano, in !inca di mas5ima, con C1c. Llfcrll/. XXIX,


~~-95. Non si tratta qui de! mucchio di sillogisrni (unione di soggetto c pre-
t •cat o nella conclusione median te mnlti tcm1ini mcrli, comc in ARISTOT. A"· p,-.
2
•• _3)._ bcnsi solo dî un accumularsi di rappresentazioni (dr. Pyrrlr. hyp. II.
2
-'3· C1c. Lrmt/1. XVI, 49 e, per piu ampic infonnazioni, E. \V. BETH, Le
t~rado.te rlu • Sa•·ile • d'J~r1bulidc de JUgare. '.La ''ic, la pcnscc •. Acte du
. le cun!(r. tlcs soc. de plulos. lle languc lrano;;a•sc •. 1954. pp. 237-41; PoRI:<G,
0 IC .1[rgarJkc,, pp. 111-.z).

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260 CARNEADE

prensiva e si puo, percio, difficilmente distinguere da questa,


Crisippa 17 afferma che, a proposito di quelle rappresentazioni
la cui differenza viene ad essere, in tai moda, piccala, il saggio
se ne stara quieto e zitto, ma per quelie la cui differenza risulta
maggiore, dara l'assenso ad una delle due, ritenendola vera.
417 Se, pertanto, noi veniamo a stabilire che molte rappresenta-
zioni false e non-apprensive si trovano accanto a quelle appren-
sive, avremo di gia avviamente sancita che non si deve dare
l'assenso alia rappresentazione apprensiva, per evitare che noi,
approvando quest'ultima, siamo indotti a dare l'assensa anche
a quelle non-apprensive e false a cagione delia lora evidenza,
persina nel casa che tra le rappresentazioni sembri esservi
418 differenza grandissima. E quello che stiamo dicendo risulteră.
chiaro con un esempio. Si assuma carne rappresentazione ap-
prensiva cinquanta e poco », che sembra di gran lrmga distinta
1(

dall'altra « diecimila e poco ,,_ Orbene, siccome intercorre una


enorme differenza tra « cinquanta e poco )) (che e rappresenta-
zione apprensiva) e (( diecimila e poco)) (che e non-apprensiva),
il buon uomo non sospendera. il giudizio, perch~ la differenza
che si riscantra e grassa, ma dara l'assenso alla rappresen-
tazione apprensiva (( cinquanta e poco )) e non dara l'assenso
419 a quella non apprensiva 11 diecimila e poco "· Ma se il saggio
non assentira all'espressione (( diecimila e poco "• in quanto
questa e di gran lunga diversa da quelia u cinquanta e poco »,
e avvio che egli vordt dare il beneplacito almena alla rappre-
sentaziane (( cinquant(uno) 18 e poco )), data che non c'e nulla
di mezzo tra questa rappresentazione e quella (( cinquanta e
poco ''· Se, pero, la rappresentazione « cinquanta e poco » fosse
l'ultima ad essere ammessa carne apprensiva, in tal casa la rap-
prcsentazione (( cinquantuno e poco 11 verrebbe ad essere la prima
non apprcnsi\·a. !\la allora il buon uoma verrebbe ad assentire.
ad una rappresentazione non-apprensiva, cioe a (( cinquantuno
e poco n; e se dara l'assenso a questa. in quanto essa non pre-
senta alcuna differcnza rispctto a cinquanta e poco n, verra
(l

a dare il suo beneplacito anche a quella dieci.mila e poco 11,


(!

.po che e non-apprensiva. Difatti ogni rappresentazione non-ap-

17. Cfr. Stoic. ut"l. frag. II, 276 Arnim e Pyrr!J. llyp. II, ;!53·
1!:1. L'indispcns:~.bile aggiunt:~. e dd 1\:ochalsky.

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CARNEADE

prensiva e uguale ad (ogni} 19 rappresentazione non-apprensiva.


PoicM, pero, la rappresentazione non-apprensiva a diecimila e
poco )) e uguale a quella tt cinquantuno epoco 11 e {quest'ultima} 20
per nulla e risultata differente e distinta da« cinquanta e poco »
(che c quella apprensiva), allora la rappresentazione appren-
siva (( cinquanta e poco » verra ad essere uguale a quella
,, diecimila e poco » (che e non-apprensiva). E cosi la rappre- 421
sentazionc apprensiva, non potendo essere distinta da quella
falsa c non-apprensiva, verra a coincidere con questa.

Soppressione della dimostrazione generica (SESTO EMPIRICO, Adv.


log. II, 337 a-347)

Poiche conviene condurre metodica.mente i nostri contrat- 337 a


tacchi. dobbiamo ricercare quale sia il tipo di dimostrazione
contra cui massimamente adduciamo le nostre istanze.
Orbcne: se noi pretendessimo di opporci a tutte le dimo-
strazioni particolari e a quelle che si riferiscono ad ogni arte,
faremmo un'obiezione carente di metoda, giacche dimostra-
zioni siffatte sono infinite 1 ; se, invece, sopprimiamo la dimo- 338
strazionc generica - la quale, appunto, sembra capace di con-
tenere in se tutte quellc spccifiche -, risulta chiaro che, in
questa, noi avremo soppresso tutte quante quelle. Come, infatti,
se non c'e animale, non c'e neppure uomo, e se non esiste uomo,
non viene ad esistere neppure Socrate - per il fatto che le specie
vengono eliminate insieme con i generi -, allo stesso modo,
se non esistc una dimostrazione generica, se ne va via ogni
dimostrazione specifica. Difatti con le specie non viene corn- 339
pletamente eliminata il genere, come l'uomo non se ne va via
insicme con Socrate, ma col genere viene cancellata anche la
specie. E indispensabile, allora, che anche quelle (argomenta-
I<J. L'aggiunta e dello Hcintz.
Adu·~o. L'ag~:iunt.a e _del Bury. L'argomcntaziol!~ carncarlco-scstiana (dr.
p~ · m~tll. I. 6tl) ~ d1 rcmota provemenza zenomano-eleatica (clr. ARISTOT.
l[•ys. \ 1, 250a 20) c fn abilmente utilizzata da Eubulide (dr. DIOG. LAERT,
• 10, I<Jll).

in ~- E dcll'infinito non c'c ne scienza 111! confutazione, sottintende Sesto


P•cno accordo col dommatico Arist<Jtele.

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CARNEADE

zioni) 2 che intendono mettere in bilico la dimostrazione, si


limitino a rimuovere la soia dimostrazione generica, giacch6
risulta che anche le altre tengono dietro a questa.
340 Pertanto la dimostrazione, poiche e - carne abbiamo argo-
mentato 3 - non-evidente, abbisogna di essere dimostrata,
perche ogni cosa non-evidente, se viene assunta senza dim.o-
strazione, risulta inattendibile. Allora l'esistenza di una qualche
dirnostrazione verra stabilita o da una dimostrazione generica
34 I o da una specifica. ~Ia non e affatto possibile da una specifica,
giacche non esiste ancora alcuna dimostrazione specifica, per
il fatto che non ancora ci si e mcssi d'accordo su quella ge-
nerica. Difatti come, quando non e ancora chiara l'esistenza
di animale, neppure risulta conoscibile l'esistenza di cavallo,
allo stesso moda, se non e stata ancora ammessa di comune
accordo l'esistenza di una dimostrazione generica, nessuna di-
342 mostrazione particolare potrebbe meritar credito; e cio anche
a voler prescindere dal fatto che caschiamo nel tropo del diallelo:
difatti, perche possa essere consolidata la dimostrazione generica,
noi dobbiamo possedere come attendibile quella specifica, e,
per ammettere concordemente quella specifica, dobbiamo posse-
dere ben consolidata quella generica, di guisa che ne possiamo
avere quella prima di questa ne questa prima di quella. Risulta,
quindi, impossibile provare la dimostrazione generica in base a
343 quella specifica. Ma neppure in base a quclla generica! Questa
e, infatti, l'oggetto dell'indagine ed cssendo non-evidente e
sotto inchiesta, non potrebbe esserc capace di stabilire se stessa,
essa che, certamente, e bisognosa di cose che la disvelino. A
mena che essa, assunta per ipotesi ~, non venga dichiarata
capace di stabilire qualcosa. 1\'la una voita che certe cose ven-
gano assunte per ipotesi e si considcrino attendibili, che bisogno
c'e di dimostrarle, dai momcnto che noi possiamo assumerle a.
nostro piacimento e ritenerle - in virtu dcll'ipotesi - rneritevoli
344 di fiducia senza proYa alcuna? Oltre a cio, se la dimostrazione
generica e in grado di stabilire la dimostrazione generica, essa
stessa vcrra ad essere sirnultaneamente manifesta e non-evi-

2.. L'integrazionc c rtdlo Heintz.


J· In Adu. h•g. II, 322 s.:-gg. .
-1· Cfr. Pyrrh. liyp. I, 1 73· Il concetto rli ipotesi \"iene discusso e demobto
in Adv. mafii. III. 6-17.

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CARNEADE

dcnte: li1 quanto dimostra, e manifesta; in quanto, invece,


yiene dimostrata e non-evidente. E sara, nello stesso moda,
meritevole e non-meritevole di credenza: meritevole, in quanto
e capace di disvelare un qualcosa; non-meritevole, in quanto
dene di~velata. Ma e del tutto assurdo affermare che la me-
desima casa e immediatamente evidente e, insieme, non-evi-
dente, meritevole e immeritevole di credita. Pertanto, anche il
rcputarc che la dimostrazione generica sia atta a stabilire se
mcdesima risulta assurdo 5 •
!\la non bas ta 6 : anche in un altro moda e possibile rilevare 345
chc ne una dimostrazione ne qualsivoglia delle altre case esi-
stcnti possa esscre stabilita per mezzo di una dimostrazione
g-enerica. Difatti la dimostrazione generica o possiede certe
~cterminate prcmesse e una certa determinata conclusione
(oppure non le possiede) 7 • Ma, se possiede queste detenninate
premesse e questa determinata conclusione, e gia diventata
una dellc dimostrazioni specifiche. Se, invece, non possiede
prcmcsse ne conclusione, poiche senza premesse e senza con-
clusione la dimostrazione non perviene alla deduzione, allora
la dimostrazione generica non verra a dedurre propria niente
e, non deducendo niente, non dedurra neppure la sua stessa
l:'sistenza.
Se, pertanto, si conviene che la prima dimostrazione deve 346
essere essa stcssa dimostrata, e se questa non pua essere di-
mostrata ne da una dimostrazione generica ne da una specifica,
c evidente che, non trovandosi alcun'altra cosa oltre queste,
noi dobbiamo tenere nclla custodia delia sospensione del giudizio
l'indagine concernente la dimostrazione a. E se pur la prima 347
dimostrazione vicne dimostrata, essa viene provata o da una
dimostrazione che c ancora discutibile o da una indiscutibile.

.1' 5· Qu~sto tipa di argomentazir.nc accademica chc qui sopprime !'auto-


1
llnostraZlonc e altro'"'-' l'aut<J-crit~rio o l'auto-mO\·imento risalc ad Aristotcle
(Phys. YII-Vlll).
Il 6 :~Questo paragrafo c paralldo a Adv. ldg. II. JSJ·JS-f e a Pyrrh. hyp .
• 1 1-·
7. L'integrazione e dcl )Jutschmann.
. S. Apparc qui con chiarczza che gli Scctlici pervengono all'er.:ozlj perche
'~ghono dare dimostra:r.ione di tutt<J. senza tencr conta del monit;:, di Ari-
~~ 0l~ei;.~-Uctaplt. Il 1. 997a 8; I.V. !oo6a 8; 101_1a J 3). Sel"ondo il Rabin (PyrrhQn
. · <•/'f. erec, p. 87) solo 1 ultima parte d1 questo passo sarebbe di prove·
11
u•nza carneadea. Per l'applica2ionc di questa critica alle dimostrazioni delia
mate,natica cfr. C1c. Lr4cull. XXXVI. n6.

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CARNEADE

Ma da una indiscutibile non si puo! Infatti ogni altra dimostra~


zione, una voita che la prima sia divenuta oggetto di contro-
versia, e discutibile. Ma neppure da una discuti bile! Infatti
quella, se e discutibile, ha bisogno, a sua voita, di essere sta~
bilita da un'altra dimostrazione, e la terza da una quarta, e
la quarta da una quinta, e cosi via all'infinito.
Eppero non e possibile che la dimostrazione si trovi in una
posizione stabile.

Critica della teologia epicurea (CICERONE, De nat. deor. I,


XXI-XLIV, 57-124, passim)

xXI, 57 Allora Cotta 1, con la sua salita affabilita, comincio a dire:


u Eppure, o Velleio, se tu non avessi fatto alcuna affermazione,
certamente nulla avresti potuto udire, di rimando, da parte
mia 2 • A me, infatti, il motivo per cui un qualcosa sia vero
non viene in mente con la stessa facilita con la quale viene
quello per cui una cosa sia falsa. Ed e, questo, un fatto che
mi suole capitare di frequente, ma che mi e soprattutto capitato
poc'anzi, mentre tu parlavi. 1\li chiederai quale, a mio avviso,
sia la natura degli dei: io, forse, non ti potrei dare risposta
alcuna. Tu mi potresti domandare se io pensi che essa abbia
le caratteristiche da te prospettate poco fa: io ti potrei rispon~
dere che nulla e piu lontano di essi dai mio modo di vedere .••
xxn, 6o Se tu volessi sapere da me quale sia l'essenza e quali siano
gli attributi delia divinita, io mi servirei delia testimonianza
di Simonide 3 • Egli, poiche il tiranno Ierone gli fece proprio

1. Ne! dialogo. chc Ciccronc colloca ne) 77 a. C., Aurelio Cotta sostieno le ,
tesi de~li Accademici. Caio Velleio quelle o.legli Epicurei e Lucilio Balbo quelle
dcgli Stoici. 1 passi anti-epicurei qui riportati sono stati ritenuti carneadei
dai Crcdaro (/.o scettir:ismo degl-i Accademici. 1. pp. 52-6). Hifacendosi invece
al Robin, )Jario Dai Pra (Lo sutJicismo g~eco, p. 202) sosticne che la font.:
sarebbe Posidonio o l'iloderno, mentre sarcbbcro accactcmici solo i rilievi fatti
o.la Velleio in D~ nat. deo~. I, 31J...p.
2. Corne Arcesilao, cosl anche Cotta segue l'adagio omerico graditissimo
agli Scettici: • Qualc il parlar chc faccsti. tale il responso chc udrai •·
3· Simonide di Ceo (556-468 a. C.). L'aneddoto qui riferito fa peogare ad
un'anticipaziooe del pensiero d.i Protagora (cfr. 8o B 4 Dicls-Kranz). Il passo
l! tenuto presente da Humc in Dialogues Cllncerning Natzcre of Religion. III
(cfr. DAL PRA, Hume e la scin1za delia natura umana•. p. 199),

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CARNE ADE

qnesta domanda, chiese un intero giomo per decidere. E poiche


)'indomani quello gli ripete la domanda, chiese due giorni.
E siccome ogni voita Simonide raddoppiava il numero dei
giorni e lerone gli chiedeva con meraviglia il motiva di questo
~no comportamento, rispose: << Perche piu ci rifletto e piu
oscura mi sembra la faccenda! ». Ma, a parer mio, Simonide
(1a tradizione vuole che egli sia stato non solo un soave poeta,
ma anche, peraltro, una persona c6lta e saggia), poiche gli
vcnivano in mente molte risposte acute e sottili, non sapeva
con certezza quale di esse fosse la piu veritiera e perdeva,
pcrcio, ogni speranza delia verita.
Il tuo Epicuro invece (preferisco, a dire il vero, pigliannela 61
con lui piuttosto che con te) non dice nulla che sia degno non
solo delia filosofia, ma neppure di una mediocre saggezza.
Nell'indagine concernente la natura degli dei si presenta
in primo luogo il dilemma se essi esistano o no. ct E difficile
dare una risposta negativa >>. E difficile darla, se si discute la
qucstione in un conscsso pubblico; ma in una conversazione
privata, come la nostra, e molto facile! Pertanto io stesso,
che pur sono pontefice e che penso vadano tutelati col massimo
scrupolo le cerirnonie e i pubblici riti, propria io, su questo
punto fondamentale - ossia sull'esistenza degli dei - vorrei
rimanere pienamente convinto non solo sulla base di una con-
gcttura, ma anche in relazione alia verita. Mi si presentano,
infatti, molti motivi di imbarazzo, fino al punto che talora
mi !lembra che gli dei non esistano affatto.
~Ia guarda come sono generoso con te! Quelle dottrine che, 62
come qucsta. voi avcte in comune con gli altri filosofi, io non
le voglio toccare: piace, infatti, quasi a tutti - e anzitutto a
me sksso - che gli dei csistano. Percio non mi oppongo. Cio,
pero. non toglic chc la prova addotta da te io non la consideri
sufficicntemente valida.
Tu hai affermato che e argomentazione abbastanza riie- x..xm
Yante per indurci ad ammcttere l'esistenza degli dei il fatto
che cosi la pensano gli uomini di tutti i popoli e di. tutte le razze.
)la si tratta di un'argomentazione chc di per se stessa e fatta
con leggerezza ed e, per giunta, anche falsa. Anzitutto, da dove
~ei venuto a conoscere le opinioni dei vari popoli? A dire il vero,
10
penso che ci sono molte popolazioni cosi abbrutite dalla

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266 CARXEAOE

barbarie che presso di loro non esiste neppure la piu pallida


63 idea delie divinita. Ebbene? Diagora "· soprannominato l'ateo,
e poi Teodoro 5 non eliminarono dichiaratamente la natura degli
dei? Del resto Protagora di Abdera, di cui tu poc'anzi hai fatto
cenno, il massimo sofista delia sua epoca, avendo scritto al-
l'inizio del suo libro 11 A proposito degli dei non avrei da dire
ne che esistano ne che non esistano 6 , fu scacciato per volere
)1

degli Ateniesi dalla citta e dal contado e i suoi libri furono


bruciati in una pubblica assemblea. E in seguito a questo fatto,
io credo, molti divennero piu guardinghi ad emettere un simile
pensicro, dai momento che neppure il dubbio avrebbe potuto
sottrarsi alia pumzwne. Casa diremo dei sacrileghi? Cosa degli
empi e degli spergiuri?
Se mai Tubo\o Lucio,
Se mai Lupo o Carbone, figlio di Nettuno,

carne dice Lucilio 7 , avessero creduto nell'esistenza degli dei,


64 sarebbero stati cosi spergiuri e cosi sozzi? Orbene: codesta
prova che voi adducete a conferma di quello che vi aggrada
non e tanto chiara quanto potrebbe sembrare. Ma, poiche
questa vostra argomentazione e comune anche ad altri :filosofi,
per il momento non la molestero. Preferisco, invece, venire a
quelle che sono espressamente vostre.
65 Ammetto l'esistenza degli dei: fammi sapere, allora, da dove
essi traggano origine, dove siano, quali siano le proprieta del
loro corpo, delia loro anima, delta loro vita. Ecco quanto bramo
sapere! Per spiegare qualsiasi cosa tu faî uso ed abuso del
capriccioso potere degli atomi. Di qui tu vai formulando ed
effettuando tutto quello che, come si dice, cade sulla faccia
delia terra. 1\Ia, anzitutto, codesti atomi non esistono affatto!
Difatti non esiste nulla che sia }Jrivo di corpo, anzi ogni luogo

-1· Diagora di Melo, poeta-filosofo seguace del matcrialismo atomistico,


fiori intorno al 465 a. C. Tanto lo Zcllcr (La Filf)softa dei Guci. Parte l, voi. V,
Firenze, 1968, p. 318) quanto l'A.I.6eri (Gii Atomisti, Hari, 1936, p. 61) av~n·
zano dubbi sui suoi rapporti con Democrito. Il Capizzi (dr. ZELLER, at.,
pp. 331 segg.) ribadiscc la storicita di tali rapporti.
5· Teodr.ro di Cirtcne (IV-III sec. a. C.), soprannominato l'atco, anticipb,
forse. I'Evemerismo (cfr. DmG. LAERT. Il, 97 e, per maggiori notizie, A. LEVI,
Le idee di Tec>doro l'Aico, • Rcnd. Ist. Lombardo •. 193 r).
6. Cfr. EosEB. Pmep. tv. :XIV, 3, 7; DloG. LAERT. IX, 51; So A z, 3· 12,
13 Diels-I<ranz.
7· LUCIL. :XVIII, 370-1 = fr, IIJ8-.p 'Varmington.

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CARNE.\DE

e picno di corpi: eppero nessun vuoto pua esistere e niente


pno esserc indivisibile.
Adesso io non faccio altro che diffondere gli « oracoli >> dei xxi\', 66
fisici s: siano essi veri o falsi, non lo sa; ma, comunque, sono
pii1 verosimili 11 dei vostri.
Codcste vostre enormita risalgono a Democrito oppure,
ancor prima di lui, a Leucippo: che esistono, cioe, certi cor-
pnscoli lisd, certi altri ruvidi, alcuni rotondi, altri anche ap-
pnntiti ed alcuni ricurvi e quasi uncinati; che da questi sono
stati prodotti il cielo e la terra, senza l'intervento di alcun
es;;l:'rc intelligente, ma per un concorso quasi fortuito; e questo
Jlltl(lo di opinare tu, o Velleio, lo hai protratto fino ai nostri
giorni, e ti si potrebbe staccare da ogni stato vitale prima che
da co:Jdesto dommatico convincimento! Difatti tu hai accettato
di essere epicureo prima di avere la cognizione di queste case.
Cn~1 e risultato inevitabile o tener serbate nel cuore codeste
enormita oppure screditare la dottrina filosofica per cui hai
optato. Quali vantaggi, infatti, trarresti, se smettessi di essere f.q
epicurco? '' Nessuno certamente - tu dici -, se abbandonassi
il metodo della vita beata e delia verita ». Ma allora e propria
codesta la verita? Nessuna obiezione io sollevo per la «vita
beata >1 che tu pcnsi non risieda neppure nel dio, qualora questi
non languisca del tutto nell'ozio. 1\Ia dov'e la verita? Nei mondi
innumercvoli, io credo, alcuni dei quali nascona ed altri cadono
ad ogni minima istante? Oppure nei corpuscoli indivisibili che
Yanno eseguendo un lavorio tanto egregio senza essere governati
da alcun essere ragioncvole?
)la mi sana scordato delia mia generosita che poc'anzi
avc,·o cominciato adusare nei tuoi riguardi e sto arnmucchiando
troppe questioni. Ti canccdcro, allora, che tutto il mondo c
fatto di atomi. Chc importa? Noi stiamo ricercando, dcl resta,
b natura degli dei. Ammettiamo pure che questi siano fatti 68
d~ atomi: allora essi non sono eterni. Infatti cio che e composto
ch atomi ha pure avuta nascimento una qualche volta; e se
ha aYuto nascimento, nessun dia e esistita prima di nascere;
e se gli dei hanna una nascita, necessariamente hanno anche

. _s. Ossia di quei filosoli delia natura che, cun Aristotclc in t~ta. hanno
cntl<:ato la dottrina atomistica.
<J. Carnc>ade a\"rcbbc detto, meno rcloricamcnte, • prouabili '·

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268 CARNEADE

una marte, carne poc'anzi 10 tu andavi dissertando a proposito


del mondo di Platane. Dove sta, allora, la vostra espressione
u beata ed eterna >>, ossia quei due tennini con cui intendete
significare il dio? Quando voi la volete mandare ad effetto,
andate a cascare in un ginepraio. Difatti tu ti esprimevi cosi:
ce In dio non c'e corpo, ma un quasi-corpo; non c'e sangue,
ma un corne-sangue ».
xxv, fi9 Molto spesso voi vi cornportate cosi: quando fate qualche
affermazione inverosimile e volete sottrarvi alla confutazione,
traete in ballo un qualcosa che e completamente assurdo.
Avreste fatto meglio, quindi, ad essere remissivi su cio su cui
si era in dubbio, anziche opporre una resistenza tanto spu-
dorata! Cosi, ad esempio, Epicuro, rendendosi conta che, se
gli atomi fossero spinti in basso dai loro stesso peso, noi non
avremmo avuto potere alcuno per il fatto che illoro movimento
sarebbe stato certo e necessario, escogito un modo per sottrarsi
alia necessita, il che era stato rnanifestamente evitata da De-
mocrito. Epicuro, infatti, asserisce che l'atomo fa un po' di de-
viazione, allorche e portato in moda rettilineo versa il basso
dal suo peso e dalla sua gravita.
70 Fare un'affermazione come questa e peggio che non riuscire
a difendere quel principio che egli pur avrebbe voluta. Allo
stesso moda si comporta contra i dialettici: poichC costoro
hanno insegnato che in ogni proposizione disgiuntiva in cui si
ponga ce o si o no )), una delle due cose e vera, egli ha paventato
che, se si fosse fatta una simile ammissione - ossia ce domani
Epicuro o vivra o non vivra » -. una delle due cose sarebbe
stata nccessaria, e, percio, ba sostenuto che tutto l'insieme
"o si o no » non e affatto necessario. Epicuro non avrebbe
potuto dire un'assurdita superiore a questa!
Arcesilao incalzava Zenone affennando che tutte le rappre-
sentazioni sensibili sono false; Zenone, dai canto suo, affer-
rnava che sono false solo talune rappresentazioni: Epicuro,
invece, pavento che, se una sola rappresentazione fosse falsa,
nessuna sarebbe vera, e cosi venne ad affermare chEC- i sensi sono
annunziatori delia verita. ~Ia nessuna di queste sue teorie e

10. In VIIT, 20.

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CARNEADE

sostenuta con troppa intelligenza, ed egli, quindi, subiva un


colpo piu grave per scansarne uno piu lieve.
Kel medesi.mo modo egli si comporta a proposito della 71
11 atura degli dei: mentre cerca di evitare l'aggregazione degli
atomi perche non ne derivino morte e disfacimento, sostiene
che gli dei non hanno un corpo, ma e « carne se » lo avessero,
e che non hanno sangue, ma e "carne se» lo avessero.
Scmbra strano che un aruspice non si metta a ridere quando xxvt
vede un altro aruspice: ma e ancora piu strano che voi riusciate
a trattenere il riso tra voi stessi. «Non esiste un corpo degli
dei, ma un quasi-corpo n. Il tenore di quest'affennazione io lo
capirci se si trattasse di oggetti di eera o di figure di creta.
:\Ia non riuscirei mai a capire in un dio che casa sia un« quasi
curpo ,) o un « quasi sangue ». E neppure tu, o Velleio, ma non 72
vuoi confessarlo. Difatti voi andate ripetendo come lezioni
scritte sotto dettato codesti vaneggiamenti che Epicuro emet-
leva tra uno sbadiglio e l'altro, mentre andava vantandosi,
comt: vediarno nei suoi scritti, di non aver avuto maestro al-
cuno 11 • Ed io non avrei difficolta a credergli in questo, anche
se cgli non lo andasse predicando, e cosi pure crederei al pa-
drone di una brutta casa che si andasse vantando di non essersi
servita di alcun architetto. In Epicuro, infatti, non si sente
il profumo ne dell'Accadcrnia ne del Liceo, e neanche di quelle
nozioni che anche i ragazzi sanno. Eppure egli avrebbe potuto
essere allicvo di un Senocrate - quale uomo, per gli dei im-
mortali! -. E c' e ehi crede che lo sia stato; ma egli si rifi.uta
di ammetterlo, ed io credo a lui piu che a qualunque altro!
Eg!i afferma di avere ascoltato a Samo un certo Panfilo u,
al!ievo di Platane: li, infatti, da giovane Epicuro abitava col
padre e con i fratelli, poiche vi era giunto, come colono, suo
padre N"eocle; ma, poiche il campicello non gli dava, credo,
un \"itto sufficiente, si mise a fare il maestro di scuola. Epicuro, 73
~ero, mostra un sovrano disprezzo per quel Platonica: tanta
e la sua paura di sembrare d'aver pur talvolta imparato qual-
cosa! Tuttavia si lascia cogliere in fallo nel caso di Nausifane

I r. Giacche l'a tomista Nausifane era, second o Epicuro, solo un • mol-


lusco" (dr. SEST. E}IP. Adv. 111<11". 1, 4).
u. Cir. DJOG, LAERT. X, q.

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270 CARNEADE

democriteo 13, che cgli non nega di aver avuto come rnaestro,
ma su cui riversa ogni sorta di improperi. Eppure, se non
avesse imparato queste dottrine di Democrito, non avrebbe
imparato propria nulla: difatti nella :fisica di Epicuro non c'e
niente che non derivi da Democrito. Che, quantunque si riscontri
qualche cambiamento - corne poc'anzi ho detto a proposito
dcll'inclinazione degli atomi -, tuttavia egli ne ripete il piu
delle volte le teorie, ossia quelle degli atomi e del vuoto, delle
imrnagini, dcll'infinita estensione dei luoghi e dell'infinito nu~
rnero dei mondi, del Ioro nascere e del loro perire e di tutte le
altre case che sono incluse in una « filosofia delia natura >~.
1\h, nel caso nostro, che casa intendi tu per 11 quasi corpo »
74 e per 11 quasi sangue 11? Che tu sappia codeste case meglio di me
non solo lo arnrnetto, ma lo concedo di buon grado: eppure,
una voita che siano state fatte codeste asserziani, che cosa c'e
che Velleio possa capire e Cotta no? Orbene: io capisco che
casa sia 11 corpo 11 e che cosa sia u sangue 11, ma non riesco a
capire in nessun modo che cosa sia " quasi corpo 11 e « quasi
sangue 11, E non sei tu a tenennelo nascosto, carne soleva fare
Pitagora con gli estranei, ne sei tu a parlare di proposito in
moda oscuro, al pari di Eraclito, ma - diciarnolo pure tra noi -·
non lo capisci nemmeno tu ...
xxxr, 88 ... Tu, o Velleio, non hai seguito le abitudini degli Epicurei,
ma quelle dei dialettici u (che la vostra genia non conosce af-
fatto !} nel trarre le conclusioni del tuo pensiero. Hai posto che
gli dei sono beati. Lo ammettiamo. E che nessuno puo essere
bcato senza virtu. Anche questo te Io concediamo, anzi volen-
xxXJr, 89 tieri. E che Ia virtu non puo sussistere senza ragione. Non si
puo non essere d'accordo anche su questo. Ma, poi, aggiungi
che la virtu non puo sussistere se non nella figura umana. Chi
pensi tu che lo concedera? Se, infatti, fosse cosi, che bisogno
c'era che a questa conclusione tu giungessi di grado in grado?
Avresti posta eia a tuo buon diritto. E che vuol dire codesto
11 procedere di grado in grado 11? Vedo, infatti, che gradatamente

tu sei giunto dai beati alla virtu, dalla virtu alla ragione. Ma.
carne fai ad accostarti dalla ragione alia 11 figura umana? D

13. Cfr. DIOG. LAERr. X, 7, 8, 13, 14.


14. Allusione agli Stoici soprattutto crisippei.

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CARNEADE 2]I

()ui si tratta di buttarsi in un burrone, non di fare una discesa l


~c. a dire il vero, riesco a capire perche Epicuro abbia pre~ 90
ferita dire gli dei simili agli uomini anz.iche gli uomini simili
agli dei. Potrai chiedermi quale differenza ci sia. It Se, infatti,
una data cosa e simile ad una seconda, anche quest'ultima
_ dirai tu - e simile alia prima,,, Lo vedo, ma io intendo dire
ben alt ro: che, cioe, le fattezz.e non sono pervenute agli dei
da parte degli uom.ini. Gli dei, infatti, sono esistiti da sempre,
non sono mai nati, se per davvero essi devono essere eterni;
ma gli uomini hanno avuto nascimcnto: dunque la forma
umana e anteriore agli uomini- quella forma, cioe, che avevano
di gia gli dei inunortali -. Eppero non bisogna chiamare
" umana " la forma di quelli, bensl divina la nostra.
Ma stia pure la faccenda come volete voi: io voglio sapere
quale fortuna sia stata cosi grande (dato che voi pretendete
nulla cssere stato fatto nella natura dell'universo dalla ragione)
o, almeno, quale sia stato codesto «casa,, cosi grande. Da dove
e ~caturito un cosi felice concorso di atomi, talche all'improv-
viso sono \'cnuti a nascere uomini in forma di divinita? Dobbiamo 91
credere che i semi degli clei siano cascati dal cielo in terra e
che gli uornini siano venuti fuori simili ai loro padri? Vorrei
chc me lo diceste: molto volentieri riconoscerei la mia parentela
con gli dei! Voi, pero, non dite nulla di simile, ma sostenete
chc e accaduto <• per caso )) che noi fossimo simili agli dei. E
c'e pure da riccrcarc argomentazioni per confutare codesto?
l\lagari potessi io cosi agcvolmente scoprire il vero come riesco
a confutare il falso! IS
Tu hai passato in rassegna 16 con fedelta ed ampiezza (e xxxm
mi dcbbo volcntieri cong:ratulare che un Romana abbia tanta
competenza!), a partire da Talete d.i Mileto, le opinioni dci fi-
~osofi in merita alia natura degli dei. Ti sono, farse, scmbrati 9z
In preda a delirio tutti quelli che hanno stabilita che un dio
puo esistcre scnza avere ne mani ne piedi? E non siete mossi
neppure dalta considerazione dell'utilita e dell'opportunita delle
~embra nell'uomo per giudicare che gli dci non hanno bisogno
di membra umane? Che bisogno, infatti, c'e di pied.i, se non si

_ 1 5· Qui Carneade-Ciceronc csprimc molto eflicacemente l'augusda teo-


rchca ddlo Scetticismo.
t6, Nei capp. X-XV.

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272 C:\RNEADE

deve camminare? Di mani, se non si deve afferrare nulla? N~


e il caso di passare in rivista tutte le altre parti del corpo in
cui non c'e nulla di inutile, nulla senza una cagione, nulla di
superfiuo. Non c'e alcun'arte che riesca ad imitare la laboriositâ
della natura! Dunque il dio avra una lingua e non parlera;
avra denti, palato e gola, ma per nessuna funzione; e quegli
organi che Ia natura ha aggiunto al nostro corpo per la pro-
creazione, il dio li a-..rra invano, e gli organi esterni non piu
che quelli interni, come cuore, polmoni, fegato e tutti gli altri
che, se si prescinde dalla loro utilita, non hanno nulla di at-
traente. Eppure voi pretendete che il dio li abbia << per bel-
lezza )d ...
xxvn, to.z Eppure persino i fanciulli, quando si riposano, si danno a
qualche piacevole occupazione; noi, invece, pretendiamo che
il dio intorpidisca nell'incrzia, fino al punto da temere che egli
non possa essere beato qualora esegua un movimento. Questo
discorso non solo priva gli dei di moto e di attivita divina, ma
rendc inerti anche gli uomini, dai momento che neppure un dio,
qualora compia una qualche azione, puo essere beato ...
xL, no ... Vediamo, ora, se gli dei siano beati. Senza virtu, ovvia-
mente, non lo sono affatto. Ma la virtu e operosa, e il vostro
dio non fa nulla; quindi e privo di virtu: eppero non e neppure
III beato. Qual e, allora, la sua vita? (( Sovrabbondanza di beni
- tu dici - senza l'intntsione di alcun male n. 'Ma di quali beni,
alia fine? Dei piaceri, io credo, e certamente di quelli corporali:
difatti voi non conoscete alcun piacere spirituale che non parta
dal corp o e al corp o non {aceia ritomo ...
xu, 114 ... <t l\·Ia gli dei sono privi di dolore! )) E basta cio per quella
vita beatissima ricolma di bcni? a II dio pensa - essi dicono -
continuamente alla propria beatitudine: infatti non ha niente
altro da pensare n. Immagina, allora, e poniti dinanzi agli occbi
un dio che per tutta l'eternita non pensa altro se non «per me
va bene u c « io sono beato )), D'altra parte, pero, io non vedo
come codesto dio beato non abbia paura di morire, dai momento
che e colpito e scosso senza posa dall'eterno incontro degli atomi
e dal momento che da lui le irnmagini affiuiscono incessante-
mentc verso di noi. Cosi il vostro dio non e ne beato ne etemo.
us Ma Epicuro ha scritto anche libri sulla santita e sulla pieta
verso gli dei. E come ne parla! In guisa tale che tu diresti di

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Esordio del De tullura deorum di Cicerone
(Leida, Ulliversiteitsbibliotbrek, cod. BPL. u8, foi. u).

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CARNE ADE 273

stare ascoltando i pontefici massimi Coruncanio e Scevola e


non gia uno che ha soppresso dalle fondamenta ogni religiosita
ed ha abbattuto i templi e gli altari degli dei immortali non
con le mani, come fece Serse, ma con le sue argomentazioni.
Infatti non si ha alcun motivo per dire che gli dei debbano
cssere onorati dagli uomini, dal momento che gli dei non solo
non hanno rispetto per gli uomini, ma assolutamente non si
curano di nulla e non fanno nulla.
,, 1\la essi hanno tuttavia una natura esimia e superiore, 116
la quale, di per se soia, deve attrarre il saggio a professarne
il culto 11. Ma ci puo essere nulla di esimio in una natura siffatta
che. paga delia propria volutta, non fara ne ha fatto mai niente?
Qualc religioso sentimente si deve nutrire per uno che non ci
ha mai dato nulla? O quale obbligazione si puo avere mai per
ehi non ha alcun merita? La pieta, infatti, e un atto di giustizia
verso gli dei; ma con costoro quale rapporto giuridico noi
possiamo avere, dal momento che tra l'uomo e la divinita non
c'e comunanza alcuna? La santita, dal canto suo, e la scienza
di onorare gli dei; ma io non capisco perche mai essi debbano
cssere onorati, dal momento che da parte loro non abbiamo
ricevuto ne sperato bene alcuno ...
A dire il vero, anche qucl grandissimo uomo che fu Demo- xLm, Izo
crito, con le cui acque Epicuro ha irrigato i suoi orticelli, mi
scmbra imbarazzato in merito alia natura degli dei. Difatti
talora cgli pensa che in tutto l'universo siano presenti "imma-
gini " fornite di divinita, talora chiama dei i princlpi razionali
immanenti allo stesso univcrso, talora paria di "effigi animate •1
che lli solito ci sono di giovamento o di danno, talora di certe
immagini gigantesche e tanto grandi da abhracciare dall'esterno
il mondo nella sua totalitâ. 17 • Tutte cose pin degne del paese
di Democrito 18 che di Democrito stesso! Chi, infatti, potrebbe 121
col proprio pensicro abbracciare codeste immagini? Citi potrebbe
ammirarle o giudicarle meritcvoli di religiosa venerazione?
Epicuro, invece, ha strappato radicalmentc la religiosita dal
cuore dell'uomo, quando ha tolto agli dei immortali il potcre
oi succorrerci e di favorirci. Infatti, benche cgli sostenga che

1 i· Cir. 68A 74 Dicls-Kra.n~.


rS. Abu~ra. era ritenuta una citta ui stupidi (cfr. PmLOSTR. Apv/1. vila
YIII, 7).

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274 CARNEADE

la natura del dio e ottima ed eccellentissima, nega, nello stesso


tempo, in dia la presenza delia grazia: egli elimina propria
quella che e la principale peculiarita di una natura ottima ed
eccellentissima. Difatti nulla e migliore e piil eccellente della
bonta e della beneficenza. E quando pretendete che il dio ne
sia priva, voi pretendete che nessuno - ne dia ne uomo - sia
caro al dio, che nessuno sia amato da lui, nessuno da lui pre-
diletto. E il risultato e che non solo gli uomini vengano negletti
dagli dei, ma anche gli dei stessi si trascurano vicendevolmente
tra loro ...
XLIV, 124 ••. Epicuro elimina in realta gli dei e li lascia sussistere solo
a chiacchiere. Del resta, se, alla fine dei conti, un dia e tale da
non essere legata agli uomini da nessuna grazia e da alcun amare,
se ne vada peri fatti suoi: perche, infatti, dovrei dire « Egli sia
propizio? n Egli non pua essere propizio a nessuno, dal rnomento
che - carne voi asserite - ogni grazia c ogni amare sono segni
di debolezza 19 •

Critica della teologia stoica


{SESTO EMPIRICO, Adv. phys. 1, 137-r9a}
137 I ragionamenti addotti dagli Stoici e dai seguaci delle altre
sette filosofiche in merita all'esistenza degli dei hanno, in linea
di massima, questo tenore 1 • l\Ia dobbiama similmente sotto-
lincare che anche quanti sostengono la non-esistenza degli dei
non sono da mena rispetto a quei filosofi, merce l'equipollenza
dell'efficacia persuasiva 2 •
138 Orbene: se davvero gli dei esistono, essi sono esseri viventi;
e, facendo usa dello stesso ragionamento addotto dagli Stoici
- che, cioc, il mondo e un essere vivente 3 -, si potrâ. sostenere
19. L'accademico Cotta, sulla. scia di Carneade, non ba rinunciato piu
volte a far ricorso ad argomentazioni anche di provenienza stoica: ov ....ia-
mentc, nella polemica anti-stoica. non rifmtera l'ausilio anchc ili teorie epi:
cmee. Del resta, gli Sccttici sfrutlano abilmente la discordia ncl campo d1
Agramantc.
1. Sulle varic dottrine b:ologiche dci filosofi Sesto discute in Adu. phys.
1, 49·Ij6. ,
2. Per ana]oga applicazione dell't<:Jc..aiHvE~:t cfr. Pyrrll.l•yf>. 1 II :1 segg., 104.
3· Cfr. Adt•- pllys. 1. Io6-1o7. ove la dtJttrina zenoniana de! cosmo carne
"csscrc-vivente animata. intclligcnte. razionale • vienc considerata come vir-
tualmcntc identica a quella platonica di Tim. 29d ~egg.

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CARNEADE 275

che anche Dio e un vivente qualsiasi '· << Infatti il vivente e


snpcriore al non-vivente; ma nulla e superiore a Dio: eppero
Dio c un viventc »; e a questo ragionamento fa da supporto
:lllclle la comune nozione che gli uomini hanna di Dia, dal
111 ornento che vuoi la gente ardinaria vuoi i poeti vuai la grande
maggioranza dei migliori filosofi attestano il fatta che Dio e
un \'ivente. Sicche vengano rispettate le risultanze dell'argo- 139
nlf'ntazione. Se, infatti, esistano dei, costoro sono viventi; ma,
S!~ sono viventi, hanno sensibilitâ., giacche ogni essere vivente
vienc concepito come vivente in quanto partecipa di sensa-
zionc; ma, se essi hanno sensibilita, subiscono l'amaro e il doke,
giacche essi non percepiscono gli oggetti sensibili mediante un
~1ualchc altro senso, e non gia rnediante il gusta. Quindi e del
tutto " improbabile)) 5 che Dio venga a mancare di questo o
\li qualchc altro senso; difatti, quanto piu copiasa sara la fa- 140
colta scnsitiva, tanto piu l'uorno, avendo piu copiosa facolta
sensitiva, verra a superare Dio 6 , mentre piuttosto - come eli-
ceva Carneade - si dovrebbe palesemente assegnare a que-
st'ultimo un numero anche rnaggiore di sensi oltre a quei cinque
chc sono presenti in tutti noi, affinche egli abbia la possibilita
eli pcrccpire un maggior nurnero di case, invece di sottrargli
anche quci cinque. Bisogna, pertanto, affermare che Dia e
fornito di gusta e che per mezzo di questo percepisce i sapori.
Ma se li percepisce per rnezzo di un gusta, egli subisce (il dolce) 7 I.p
e l'amaro. E se subisce il dolce e l'amaro, provera piacere di
alcunc cosc e dispiacere di altre. Ma se e.gli prova dispiacere di
akune COSt', cgli verra anche a ricevere fastidio e sara SUSCetti-
bi]c di mutamento verso il peggio. Ma se le case stanno cosi,
egli e con-ut tibile. Di conseguem:a, se davvera esistono dei,
questi sono corruttibili. Eppero gli dei non esistono.
Comunque, se Dio esiste, c un csscre vivente. Se e un essere I-tz

"._ 4· Da riJe,·arc l'acume eristico di Sesto-Carneade nell'uso del termine


~'J•'lv ( ':"" animal<" e ,-i,•cntl.') per mcttcre in crisi il confuso e variopinto im-
maneniJsmo stoice.
5· Il termin" ha qui un'accczione tecnica, in conformita con la riforma
gnl)seologica <li Carneade.
cod;~: Ho pre!e~to, c.ol :.\lutschmann, lcggerc ~u-:-oij .al posto dell'~·:i-:-ou dci
.1:1. Sembra, mfaUt, assunlo mten<ll're, • altnmenh l'uomo verrcbbe a su-
f~rart se !'.tesso • c arzigogc.lato tradurrc col Bury • for thc more numuous
e stnses hc bas, the bcttcr hc wîll bc •·
7· L'aggiunta risale al Fabricius.

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CARNEADE

vivente ha anche sensibilita: difatti l'essere vivente non difle-


risce da quello non-vivente per nessun'altra casa se non per
la capacita eli sentire. E, se egli ha sensibilita, egli ode e vede
143 e adora e tocea. Ma se e cosi, ci sono certe cose che, in relaziane
a ciascun senso particolare, gli appartengono intima.mente op~
pure gli sono estranee: ad esempio, per quanto concerne Ia vista,
quelle che sono in una posizione simmetrica e non gia quelle
che si trovano in una posizione diversa, e, per quanto con-
cerne l'udito, i suoni annoniosi e non gia quelli che non hanno
questa prerogativa, e lo stesso dicasi anche a proposita degli
altri sensi. Ma, se e cosi, ci sono certe cose che danno fasticlio
a Dio; e se d sono certe cosc a Dio fastidiose, Dio viene ad
essere suscettibile del cangiamento versa il peggio e, quindi,
anche di corruzione. Eppero Dio e corruttibile. Ma cio viene
ad essere un attributa contrastante con la nozione comune che
si ha di lui: eppero non esiste il divina.
144 Ma e possibilc fondare il discorso in maniera piu concisa
anche su un solo senso, ad esempio la vista. Se, infatti, Dio
esiste, egli e un essere vivente. Ma se e un essere vivente, egli
[tutto intero] 8 vede:
Vecie egli intero, ed intero egli pcnsa. ed intero egli ascolta 8•

145 E, se egli vede, vede sia il bianco che il nero. Ma poich~ ~


bianco quello che distcnde la pupilla ed e nero quello che la
comprime 10 , Dio possiede un organo visivo che si distende e
si comprime. .1\Ia se egli e suscettibile di distensione e di com-
pressionc, sara anche suscettibile di corruzione. Pertanto, se
esiste il divino, esso e corruttibile. :Ma, certamente, corruttibile
esso non e: eppero non csiste.
q6 Inaltre: la sensazione e una certa alterazione: infatti e
impossibile che cio-che-percepisce per mezzo di un senso, non·
venga alterata, ma pennanga in quello stata ncl quale si tro-
vava prima delia percezione. Se, pcrtanta, Dia prova una sen-
sazione, vicne anche alterata; ma, se viene alterata, egli e
147 suscettibile di alterazione e cangiamento. )fa, essendo suscetti-

R. L'c~punzion!" ~ uello Heintz.


9· XE:<OPHA:>:. B.!.J. Diels-1\:ranz.
10. Per qncsta teoria dd colori, accettata probabilml"ntc dalla Stoa, clr.
PLAT. Tim. 6ili.'.

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CARNEADE 277

bile di cangiamento, egli sara certamente suscettibile anche di


cangiamento verso il peggio. E, se e cosi, egli e anche corrut-
tibilc. l\Ja e certamente un'assurdita dire che Dio e corruttibile:
eppcro e anche assurdo ritenere ch'esista.
Oltrc a cio, se esiste una qualche divinită., essa e o finita 148
0 infmita. 1\-la infinita non potrâ. essere, giacch~, in tal caso,
:,;arcbbc anche immobile e inanimata 11• Se, infatti, l'in:finito
si muove, passa di luogo in luogo; ma, nel passare di luogo
in luogo, e in un luogo, ed essendo in un luogo, viene ad essere
finito. Se, dunque, c'e qualcosa di infinito, questo qualcosa e
immobilc; oppure, se davvero si muove, non e in:finito. Allo 149
~tesso mod o esso e anche inanimato: se, infatti, e tenuto in-
sicme da un'anima, in ogni caso sară.. tenuto insieme merce
uno spostamento dai centro alle estremita e dalie estremita
al ccntTo 12 • ~Ia nell'infinito non c'e ne centro ne estremită..:
di conseguenza l'infinito non e neanche animata. E percio, se
la divinita e infinita, essa ne si muove ne e animata. Ma la di-
vinita si muove e viene stimata partecipe di animazione: eppero
la divinita non e infinita.
l\la non e neppure finita l Poiche, infatti, il finito e una 150

parte dell'infinito, e il tutto e superiore alia parte, e evidente


che l'infinito sara superiore alia divinita e avra. in suo dominio
la divina natura. :Ma e assurdo asserire che un qualcosa sia
superiore a Dio: pertanto la divinita non e neppure finita.
1\Ia se essa non e ne infinita ne finita, e se oltre a queste
eventnalita non ne e concepibile una terza, allora la divinita
non esistera affatto.
Inoltre, se la divinita e qualcosa, essa e o corpo o incor- 151
porea; ma non e incorporea, perche l'incorporeo e inanimato
c insensibile e incapace di alcuna attivita; ne e corpo, perche
ogni corpo e mutevole e corruttibile, mentre la divinita e m-
corruttibile. Pertanto la divinita non ha esistenza.
Cornunque, se la divinita esiste, essa e, ad ogni modo, un 152

esserc: Yivente. E se e un vivente, e certamente virtuosissima

. 1 I · In quesh. argomentazione di Sesto-Cam<'adc, in cui vcngono scm-


P.1tfi.cate le critiche al concctto d'infinilo fatle da Aristotele (Phys. III, 4-8),
n•ultano implicitamcnte respinte le concezioni rlclla immobilita di Dio (Ari-
stotele) e delia sua mancanza di atti,·ita psichiche (Epicuro).
• I~. Allusione all'equivoco conceHo crisippeo t.li spirito-vento (;;v~ti!J.II.-
CCVEI-'0~). per cui cfr. Stnic. vet. frog. II, 4 71, 703, 704 Arnim.

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CARNE ADE

c felice (che felicita senza virtu non puâ sussistere) 13 • E se e


virtuosissima, possiede anche tutte le virti1. :\'la, in realta, essa
non possiede tutte le virtu, a meno che non possegga anche
continenza e fortezza. Ed essa non possiede qneste virtu, a
mena che non si presentino a Dio certe cose da cui egli possa
153 difficilmente astenersi e che possa difficilmente sopportare. Con-
tinenza e, infatti, una u disposizione incapace di trasgredire le
norme delia retta ragione" u. Oppure ce una virtu che ci pone
al di sopra dellc cose da cui ci scmbra che di:fficilmente ci aste-
niamo )) : e continente, infatti, come si dice, non ehi si astiene
da una vecchia morihonda, ma ehi, pur potendo godere di Laide
o di Frine o di un'altra simile bellezza, in realta se ne astiene.
154 Fortezza, poi, e « scienza delle cose sopportabili e di quelle
insopportabili 11 oppure « virtu che ci rende superiori alle case
che scmbrano difficili a sopportarsi l>: esercita, infatti, la for-
tezza ehi sa tener dura mentre viene tagliato e bruciato, e non
rss gia ehi si mette a bere vino con micle. Si presenteranno, allora,
a Dio cose da cui egli difficilmente si astiene e che difficilmente
sopporta. Se, difatti, queste mancano, egli non avra affatto le
156 suddette virtit, vale a dire la eontinenza e la fortezza. Ma se
egli non ha queste virtit, poiche tra virtu e vizio non c'e nulla
di intermedia 15, egli verrâ a possedere i vizi opposti a queste
virtix, vale a dire la rilassatezza e l'incontinenza: come, invero,
ehi non ha la salute ha la malattia, cosi ehi non ha temperanza
e fortezza viene a trovarsi nei vizi opposti: il che e assurdo
157 affermare a proposito di Dio. E se ci sono delle cose da cui
Dio difficilmente puâ astenersi e che difficilmente riesce a sop-
portare, ci sono anche certe cose che sono capaci di farlo can-
giare verso il pcggio e di procurargli fastidio. Ma, se e cos},
Dio e susccttibile di fasticlio e del cambiamento vcrso il peggio
e, quindi, anche di corruzione. Ne consegue che, se Dio esiste 1

IJ. Sccondo l'eudemonismo socrntico, al quale gli Stoici, sull'esempio


dci Cinici, a,•e,·ano data un'interpretazionc rigoristica (dr. Stcoic. 11el. frag.
1, 18·2, 187·189; III, 53. :zS-l Amim).
14. Per questa detinizionc c per le altrc che seguono ricordiamo quaoto
a.nnota 1' Arnim ( Stoic. t·ct. frag. I [ 1. p. 67): • Carneadcs Stoicis virtutum
dcfinitionibus utitur •. Un'ampia rassegna di siffatte dl'finizioni, per grao parte
crisippee, e in STOD. Ecl. II. 69. 9\V c in DIOG. LAERT. vn. 92. • •
15. L'interm('dio, infatti, e moralmente indific:-rcnte (;l/h<ilji(Jpov) e, qutndi,
non ricntra nt! neluovero dcllc virtu ne in qucllo clei vizi (cir. Stoic. vct. jrag.
111. 118, 122, 181 Arnim).

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CARNEADE 279

e corruttibile; ma la seconda proposizione non e vera: eppero


nl.'anchc la prima.
E - in aggiunta alle precedenti argomentazioni - se la 158
divinita e virtuosissima, essa possiede anche coraggio. E se
possiede coraggio, possiede « scienza di cose tremende e non
trcmende e di cose intennedie "; e, se e cosi, per Dio c'e qual~
casa di tremendo. Infatti l'uomo coraggioso e coraggioso, ov~ 159
\"iamente, per la conoscenza che egli possiede non gia di quali
siano le cose tremende per il suo vicino di casa, ma di quelle
cl1c lo sono per lui stesso; e queste ultime non somigliano af-
fatto a quelle del vicino di casa. Di conseguenza, se Dia e co-
raggioso. c'e per lui qualcosa di tremendo. ~Ia. se per Dio c'e r6o
qualcosa di tremendo, esiste qualcosa che e capace di procurare
fasticlio a Dio. Ma, se e cosi, Dia e suscettibile di fastidio e,
ptrcio, anche eli corruzione. Onde, se la divinita esiste, e corrutti-
bile. Jia essa non e corruttibile: eppero non esiste.
Ancora: se la divinita e virtuosissima, possiede anche la I6I
magnanimita. E se ha la magnanimita, possiede "scienza che
fa elevare al di sopra degli accidenti ''· E se e cosi, ci sono per
Dio degli accidenti al di sopra dei quali si aderge. Ma, se e cosl,
~sistono anche certi accidenti che gli sono fastidiosi, e, in tai
modo, cgli risultera corruttibile. Ma ovviamente questo non e
VeTO: dunque neppure e vera la proposÎzÎone ÎnÎzÎale.
Oltre a eia, se la divinita possiede tutte le virtu, ha anche 162
la prndenza. Se ha prudenza, (essa ha) I6 ''la scienza dei beni
e dei mall e delle case indifferenti n. I\la se ha la scienza di queste
cose, sa quali sono i beni e i mali e le cose indifferenti. Poich6, 163
allora, anche la sofferenza fa parte delle cose indifferenti 17 ,
conosce anche la soffercnza e quale natura essa abbia. E se
e cosi, la didnita ne ha fatto anche esperienza: se, infatti, non
ne aYesse fatto espcrienza. non ne possiederebbe il concetto,
ma, come ehi non ha avuto a che fare con un calare bianco
0 nero, per il fatto che e cieco dalla nascita, non pua avere

~n concetto del colore, cosi neppure Dio, se non e incappato


In una soffercnza, non puo averne un concetto. Infatti se noi, 164

16. L'agginnzionc c del Ikkker.


di ?: Su cio eran~ d'accorrlo tutti gli Stoici, da Zcn~me agli ultimi scguaci
Cnstppu (dr. Storc. ve/. frag. 1, 190: III, ;o. 119; Dtog. Babyl. JIJ: Apollod.
1 4 Anu111).

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280 CARNEADE

che pur ne abbiamo fatto spesso esperienza, non s1amo in


grado di riconoscere la peculiarita del dolore chc colpisce i
podagrosi ne di comprenderla quando ce la descrivono ne di
ascoltare coerenti resoconti da parte degli stessi pazienti, perche
ciascuno la spiega in un modo diversa - e alcuni dicono che si
riscontra in loro qualcosa di simile a una contorsione, altri ad
una frattura, altri ad una puntura -, allora Dio, dai momento
che non ha avuto assolutamente a che farc con la sofferenza,
ros (non) 18 puo certamente averne concctto. <<Per Zeus! - essi le
dicono - con la sofferenza Dio non ha avuto a che fare, ma col
piacere si, e in base a qucsto egli si e fatto un concetto anche
di quella ». Ma cio e semplicistico. In primo Iuogo, infatti, e
impossibile che uno si sia fatto un concetto del piacere senza
aver fatto esperienza del dolore, giacche il piacere puo natural-
mente sussistere solo merce Ia soppressione di tutto cio che
1r,fî procura dolore. In secondo luogo, pur concesso cio, ne con-
segue ancora una voita che Dio e corruttibile. Se, infatti, egli
e in grado di recepire una siffatta effusione, e suscettibile anche
del mutamento verso il peggio ed e corruttibile. Ma quest'ultima
cosa non e vera; quindi neppure la prima.
167 Se, inoltre, la divinita e davvero virtuosissima e possiede
la prudenza, essa possiede anche il buon consiglio, in quanto
il buon consiglio e ( prudenza in relazione alle cose da deli-
J68 berare n. E se possiede il buon consiglio, essa prende anche
una delibcrazione. E se de libera, c' e qualcosa che non le ~
manifesta. Se, infatti, per lei non c'e nulla che non sia mani-
festa, essa non delibera ne possiede il buon consiglio, per il
fatto che la deliberazione e legata a un qualcosa di non ma-
nifesta, essendo essa u una ricerca sul modo di comportarsi
rettamente nelle circostanze p<esenti ». Ma e ovviamente as-
surda ritenere che Dio non deliberi ne abbia buon consiglio.
Pertanto egli I'ha e, quindi, c'e un qualcosa che non gli e ma-
J6g nifesto. Ma, se c' e qualcosa di non rnanifesto a Dia, certamente
gli e manifesto pur qualcosa, anzi soprattutto la cosa seguente.
cioe se esistano nell'infinita certe cose che siano capaci di di-
struggerlo. Ma, se questo gli e manifesto, egli indubbiamente

18. L'aggiunta indisp.,nsabil" e del Mutschmann.


19. Gli :Stoici. in qucsto caso d'accordo anche con gli Epicurel.

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CARNEADE 28I

clovn\ provare paura a causa dell'aspettazione di queste case


chc sono capaci di corromperlo ea cagione delle quali egli verni
a trovarsi in uno stato di perplessita e di eccitazione. Ma, se
co-li viene a trovarsi in siffatta eccitazione, sara suscettibile 170
a~~che dd cangiamento versa il peggio, e percio sara pure cor-
ruttibile. Dai che consegue che egli non esiste affatto.
D'altroncle, se non c'e nulla che non sia manifesta a Dio, 171
ma egli e pure capace di apprendere di per se tutte le case,
allora egli non possiede arte, ma, carne noi non oseremmo dire,
a proposito delia rana e del delfino, che questi animali, essendo
per natura capaci di nuotare, posseggono l"arte natatoria, alia
stesso modo, ncppure per quanto concerne Dio, poiche egli
comprendc ogni casa di sua natura, noi potremmo dire che
ha un'arte, giacclu! l"arte si addice a un qualcosa che non e
manifesta e [a do] 20 che non si apprende di per se immediata-
mente. l\[a, se non csiste arte alcuna che appartenga a Dio, 172
non gli apparterra. ncppure 1'<< arte delia vita li 81 , e se le case
stanno cosi, neanche la virtu. Ma, non possedendo virtu, Dio
e inconsistentc. D'altra parte, Dio, essendo fornito di ragione,
se non possicdc la virtu, possiede ad ogni moda l'opposto, ossia
il vizio. ~Ia certamente egli non possiede l'opposto - che e il 173
vizio -; adunque Dio possiede l'arte, e c'e un qualcosa di non
manifesta per lui. Dal che consegue che egli e corruttibile,
come prccedentemente 22 abbiamo desunto. Ma certamente egli
non e corruttibile : eppcro non esiste.
Ma ancora: se davvero egli non ha prudenza, carne abbiamo 174
mentovato 23 , non ha neppure temperanza: difatti la tempe-
ranza e t< uno stato che nelle scelte e nelle ripulse rispetta le
norme delia prudenza D'altronde, se non c'e nulla che ecciti 175
J).

gli impulsi di Dio e se non c'e nulla chc l'attragga, come faremo
ad asserirc che egli e temperante, dal momento che concepiamo
la trmperanza nel moda sopra indicata? Come, infatti, non
oserenuno dire che la colunna e temperante, allo stesso moda
saremmo costretti a negare che Dia si trovi ad essere tempe-

zo. I:espunzione e di Hcinlz·Riistow.


, 2 L Per la <lemolizione scettica dclla concczionc stoico-dommatica dcl-
1 art~ rldla vita cfr. SEXT. El11'. Pyrrll. hyp. III, 1So segg. e Adu. ~th. IoB s~gg.
22. In § 169 .
2 3· In §§ 162, r67 etc.

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CARNEADE

rante. E se gli si tolgono queste virtu, gli si vengono a togliere


anche tutte le altre. Ma, se Dio non possiede alcuna virtu,
e insussistente. L'anteccdente e vero; dunque lo e anche il
conseguente.
176 Ancora: se il divino esiste, o possiede virtu o non ne pos-
siede. E se non ne possiede, Dio e ignobile e infelice: il che e
assurdo. Se, invece, possiede virtu, ci sară. qualcosa che e su-
periore a lui: come, infatti, la virtu del cavallo e superiore allo
stesso cavallo, e come la virtu dell'uomo e superiore a colui
che la possiede, allo stesso modo anche la virtu di Dio risulted.
rn essere migliore anche dello stesso Dio 24 • E se quclla e migliore
di Dio, e evidente che quest'ultimo, trovandosi in difetto, sad.
in uno stato ignobile e risultera corruttibile. :\Ia, se non c'e
nulla che sia intermedia tra gli opposti 25 , e se si osserva che
Dio non viene a trovarsi in nessuno dci due opposti, si deve
affermare che Dio non esiste.
178 Inoltre, se egli esiste. o e fornito di voce o ne e privo. Ma
affermare chc Dio e privo di voce e completamente assurdo e
contrastante con le comuni nostre nozioni. Se, invece, e fornito
di voce, egli usa la voce ed ha gli organi fonetici, come polmoni
c trachea, lingua e bocca. l\'Ia questo e assurdo e si accosta al
favoleggiare di Epicuro 26 . Pcrtanto bisogna affcrmare che Dio
179 non esiste. E. invero, se egli usa la voce, paria. E se paria,
parla certamentc in un qualchc dialetto. l\Ia, se le cose stanno
cosl, perche mai egli usa la lingua ellenica piuttosto che quella
dei barbari? E se usa la lingua ellenica, percM la ionica o l'eolica
o qualche altra? E neppure, ovviamentc, si mette a parlarle
tutte quante: dunque non ne paria alcuna. Difatti, se egli usa
la lingua ellenica, carne mai usera quella dei barbari, senza
che qualcuno gliel'abbia insegnata? (E se egli usa la lingua
dei barbari. come fa a conversare con noi} 27 , a mcno che egli .
non si serva di interpreti simili a que.-lli che presso di noi sono
capaci di interpretare? Bisogna pertanto affcrmare che Dio non

24. Qui CarnP.ade sfrutta ahilmcntc (]Uel!e argomentazioni ontologiche


clle avcvano portato I'latonc alia conc.,ziunc dclle idee. .
25. Cir. ARI5TOT. Cat. Io·II. ela cui era scaturita la teoria stoica clegli
<in~ă:<;~'Jpx.
26. Ossia all'a..~surda teoria de! • quasi CO!"po • di Dio (cir. Ctc. D~ nelt.
defJr. 1. X\'1, 46 segg.; XXVII. 76; XXXI, 87).
27. L'aurlace intt,grazione c del i\!utschmann.

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CARNEADE

osa VOCE' alcuna e che, almenO SOttO queStO profila, eglÎ e me-
,;is tente.
e
Inoltre, se il divino esiste, o corpo o incorporeo. Ma non tSo
potra essere incorporeo per le cagioni da noi precedentemente
cnunciate 28 . Se, poi, e corpo, e o un cornposto dcgli elernenti
scmplici oppure e un corpo semplice ed elementare. Ma, se e
tm composto, e corruttibile, giacche tutto cio che viene com-
posto merce il concorso di alcune cose, massimarnente si dis-
e
salve e corrompe. Se, invece, un corpo semplice, egli fuoco ISI e
0 aria o acqua o terra. Ma con qualunque di queste cose s'iden-
tifrchi, risulta priva di anima e di ragione: il che assurdo.e
Sl'. allora, Dio non eun corpo ne composto ne semplice, e se
al eli fuori di queste alternative non se ne da alcun'altra, bisogna
affermare chc Dio e nulla.
Tale e, suppergiu, il tenore di questi ragionarnenti. E alcuni 18z
di cssi sono stati proposti anche in forma di sorite 2!1 da Car-
IKJ.de, e il suo compagno Clitomaco li ha citati come malta
impegnativi ed efficaci. Essi si presentano nel modo seguente:
,, Se Zeus e un dio, e un dia anche Poscidon:
Xascemmo in tre noi fratclli da Crono e ci partorl Rea:
Zeus ed io e, per terzo, Ade che ai morti comanda.
Tutto in trc parti c diviso, e ciascuno ha porzione di onore 30

SicdtL\ se Zeus e dio, anche Poseidon, essendogli fratello, ri-


e
snltcr;\ cssere dio. E se Poscidon dio, sara dio anche l'Acheloo; IBJ
e ,;;e l'Acheloo, anchc il Nilo; e se il Nilo, anche ogni altro fiume.
E se ogni fiume, anche i ruscelli dovranno essere dei; c se i
ntscdli, anche i torrenti. l\-la i ruscelli non lo sono affatto;
epper.) ntppure Zeus e un dio. Se, invece, essi fossero stati
dei, sarebbe stato dio anchc Zeus. Eppero gli dei non esistono.
Inoltre, se il Sole e un dio, sara dio anche il giorno, giacche 184
il Riorno non e altro che il sole sulla terra. ~Ia se un solo giorno
e dia, sara dio anche il mese, giacche csso c un insieme di giorni.
E se il mese e dio, sara dio anche l'anno, giacche l'anno e un

~:'! . .In § 151.


i . ~·). O;;sia come un mucchio di ~illogismi (cir. Pyrrlo, loyp. 11, 253). Per
sur1t1 np<•rlati tanto da Seslo <)Uanlo da Ci•:erone (De ual. tleor. lll, XVlll,
4.l scg~.) \•edasi P. Courssrx, Les soril.ts de Car11eade co11lre le polylh.fisme,
pp. 4.1•57·
Jo. Cos\ paria Poscidon in Ho~!. 11. XV, I!ij-9-

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CARNE ADE

insieme di mesi. Ma eia non e affatto vero: dunque non lo e


neanche la prima proposizione. E questo si accompagnerebbe
anche - essi 31 dicono - all'assurdita che, rnentre il giorno e
un dio, }'aurora e il mezzodi e il tramonto non lo sono affatto.
185 Se, poi, Artemide e una dea, anche Enodia az sara una
qualche dea, giacch~ si e reputato che anche questa sia dea
al pari di quella: (ma se e dea) 33 Enoclia. lo saranno anche
Protiridia 3 ' ed Epimilio 35 ed Epiclibanio 38 ; ma - almeno
qucsto! - non e vero; dunque non lo e neppure la prima pro-
posizione.
186 Se, poi, noi affcrmiamo che Afrodite e
una dea, sara dio
187 anche Eros, che e figlio eli Afrodite. :Ma, se e dio Eros, anche
Eleos sara dio 37 : in entrarnbi i casi, infatti, si tratta di un'affe-
zione dell'anima, ed Eleos e stato consacrata allo stesso moda
di Eros; del rest o, presso gli Ateniesi ci sono certi al tari di
I88 Eleos. E se Eleos e dio, lo sara anche Phobos 38 :

Molto informe a vedersi, io sono Phobos,


Dio men che gli altri di bclta partccipc 3 1 •

E se Phobos, anche tutte le altre affezioni dell'anima. Ma queste,


certamente, divinita non sono: eppero neanche Afroclite lo e.
Se, invece, esse fossero state divinita, anche Afrodite lo sa-
rebbe stata: eppero non esistono dei.
189 Ma ancora: se Dernetra e una dea, e dea anche Gea, giacch~
Demetra - essi affermano - non c altro che Gea-madre. E se
Gea e dio, saranno divinita anche i monti e le vette e ogni roccia.
Ma cio, ovviamente, non e vero: pertanto neppure la prima
proposizione e vera.
190 Anche altri tipi di sorite delia stesso tcnore formula Car-
neade per provare la non-esistcnza degli dei: ma illoro carattere

31. Carncade e Clitomaco.


"2. Ossia. Trivia, ipostasi delia stessa Artemide.
33· L'integraziom• e dello Heintz.
34· La dea dclle parte.
35· La di vini ta dti ca tenacei.
J6. La divinita clei chia.,·istelli.
37· Ossia la compassione, tanto poco apprczzata. dagli Stoici.
38. Ossia la pa.ura, dialetticamtnte congiunta con la compa.ssione (cfr,
ARIST. Poet. I449b 2.6-27).
39· Frag. com. adrsp. 1 !H Kock.

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CARNEADE

generale c risultato sufficientemente manifesta dagli esempi


preced cn t t. 40.

(CICERO:-E, De nat. deor. III, XII-XX, 29-52)

:\la, poi u, carne riuscite a demolire le celebri argomenta- xn, 29


zioni addotte da Carneade?
Sccondo queste, se nessun corpo e immortale, nessun corpo
e et.crno; ma non c' e nessun corpo che sia immortale o indivi-
sihile o talc da non poter essere ridotto a pezzi e a brandelli;
e puiche ogni essere vivente ha una sua natura che e soggetta
a pa tire, non c' e nessuno di essi che si sottragga alia necessitâ.
di subire qualcosa dall'esterno, ossia di sopportare e di patire:
e se ogni essere vivente ha siffatte caratteristiche, nessuno di
essi t- immortale. Quindi, allo stesso modo, se ogni essere vi-
wnte pua cssere tagliato e diviso, nessuno di essi e indivisi-
bilc-, ncssuno eterna, ma ogni essere vivente e disposto a re-
cepire e a sopportare una forza esterna; dunque ogni essere
vivente e necessariamente mortale e dic;solubile e divisibile.
Cmne, infatti, se ogni sorta di eera fosse soggctta a mutamento, 30
non Yi sarebbe alcun oggetto di eera che sarebbe immutabile,
nt~ sarcbbe paTimenti immutabile nessun oggctto di argento o
di bronza nel caso che la natura dell'argento o del bronza fosse
soggetta a mutamento, allo stesso moda allora, se tutte le case
esistenti t sono mutevoli 42 î e se sono soggetti a mutamento
gli elcmenti di cui sono compostc tutte le cose, nessun corpo
put) esscre non-mutevole; ma sono mutevoli gli elementi di cui
tutte le cose risultano composte, carne a voi appare: dunque
ogni curpo e mutevole.
:Ola se csistesse un qualche corpo immortale, non ogni cosa

4°· .-\ differr-nza di Carneade, Sesto conclude (§ 192) la sua demolizionc


ilccu~an<lo - su\le orme di Scnofane e, ancor pili, di Timone - , l'estm in-
ventlvo <!_ei lec.logi e rlci pot'ti, il qualc. a dire il wro, e colmo tii og-ni ~mpieta '·
·P·. !:'ita parlando l'accademico Cotta rivulgendosi în particolar modo
".llu stmco Ralho. Per le varie interpretazioni dcl terzo \ibro de\ De 11al. deor.
'eclans! L, h:Rt.:~UIE, Die kritik rlrr Sloischm Thcologic in Cic. Schrift De
1101
• <l<'or., Diss. Gottingcn, Ig.p e A. ""EiscuE, Cicero •md dit• 1\'eue A lrademic,
pp. 31i·45-
4~- Co~i viene di solito integrata la lacuna dei codid.

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286 C:\RNEADE

sarebbe mutevole: si ha, cosi, di conseguenza che ogni corpo


e mortale. Infatti ogni corpo e o acqua o aria o fuoco o terra
o do che e composto da tutte queste case o da qualche parte
3 • di esse. Ma di esse non c' e nulla che non perisca: difatti tutto
cio chc e fatto di terra viene div:iso, e l'elcmcnto umido e cosi
molie che puo ricevere facilmente compressioni e urti, e, a loro
voita, il fuoco e l'aria molto agevolmente vengono rimossi da
un colpo qnalsiasi e per loro natura sono massimamente cedevoli
e pronti a disperdersi. Ed inoltrc tutte queste cose muoiono
allorche trapassano in un'altra esscnza; il che avviene quando
la terra si muta in acqua e quando da acqua nasce aria, e da
aria eterc 43 , e quando queste medesime case attuano lo stesso
processo in senso inversa. Che se e vero che le componenti
di ogni esserc vivente muoiono, allora nessun essere vivente
e eterna.
xm, 32 Tuttav:ia, anchc a non voler tener conta di questi rilievi,
non si puo trovarc ncssun essere vivente che non abbia mai
avuto una nascita e chc csistera sempre. Ogni essere vivente,
infatti, ha sensibilita: sente, dunque, il calda e il freddo, il dolce
e l'amaro 44, ne vi e in esso alcun senso col quale possa recepire
case piacevoli e non recepire quelle contrarie; se, dunque, ac-
coglie la sensazione del piacere, accoglie anche quella del dolore;
ma cio che recepisce dolore, reccpiscc necessariamente anche la
marte: dunque bisogna ammettere cbe ogni essere vivente e
mortale.
33 Inoltre 45 , se esiste un qualcosa che non prova ne piacere
ne dolore, questo qualcosa non puo essere un vivente; se, in-
vece, e un qualcosa che e vivente, esso necessariamcnte prova
queste scnsazioni, e cio che prova queste sensazioni non pua
essere eterno; ma ogni essere vivente le prova: dunque nessun
essere vivente e eterno.
Inoltrc, non vi puo essere nessun vivente che non abbia
la naturale facolta del desiderio e delia ripulsa. Si desiderano,
poi, le cosc che sono conformi a natura, si rifiutano quelle con-

43· Ci aspettercmmo • fuoco ~ in conformita con le teorie ari,;totclich~


di De gonu. ct eorr. Il, 4· L'etere. infatti, non ricntra.va nel n1etabolismo degh
elementi . .\la Cutta accctta l'identificazione stoica di fuoco con etere (cfr.
Stoic. vei. jrag., Il. 58o, 6o1, 1067 Arnim).
44· Cfr. C1c. Tuse. 1. XXXII. 79·
45· Cfr. SF.XT. EMP. Adv. phys. I, 142.

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CARNEADE

trarie, cd ogni essere vivente appetisce certe cose e fugge da


certe altre, c do da cui rifugge c contra natura. e cio che e
contro natura ha una forza distruttiva. Dunque e inevitabile
che ogni essere vivente muoia.
Innumerevoli sono le argomentazioni in base alle quali si 34
pua provare in maniera incontrovertibile che non csiste nulla
che. csscndo dotata di sensibilita. non vada soggetto alla morte:
infatti quclle stessc cose che vengono percepite con i scnsi
_ quali il freddo e il calda, il piacere e il dolore e tutto il resta -
diventano Jetali quando la loro intensita viene accresciuta; ma
non esiste alcun essere vivente che sia priva di sensibili ta:
dunque nessun essere vivente e eterna.
Infatti la natura dell'essere animata o e semplice- e, quindi. XlV
c di terra o di fuoco o di aria o d'acqua (ma un essere vivente
che abbia siffatta caratteristica non si puo neppure concepire) -
oppure e un composto di piit elementi naturali, ciascuno dei quali
occupa il propria luogo verso cui e portato dalla forza naturale
ehi in alto, ehi in basso. ehi nel mezzo 46• Questo tipo di corpi
pub avere una propria coesione per un certa periodo di tempo,
ma in nessun moda puo averla per sempre, giacche e inevitabile
che ciascun elemento naturale venga sospinto versa il propria
luogo. Dunque nessun essere vivente e eterna.
:\Ia i vostri amici 47 , o Balbo, sogliono ricondurre tutte le 35
cose al potere del fuoco, attenendosi. come credo, ad Eraclito.
che, per giunta. non interpretano tutti in un unica modo t e
che, siccomc non voile far capire cosa dicesse '18, t dobbiamo
mettere da parte. Voi, pero, fa te queste affermazioni: chc,
cioe, ogni potere s'identifica col fuoco e che. pertanto, gli esseri
animati muoiono allorche il calare sia venuto meno, e che in
tutta la natura dell'universo ha vita e vigore solo do che e
calda. :VIa io non riesco a capire come mai, con lo spegnersi
d~l calore, i corpi muoiono, e non muoiono, invece, per la per-
d.Jt~ dt'll'demento umido o di quello acre1l, specialmentc se
SI bem: presente che i corpi muoiono ancht:> per cccegso di calare .

. 46. Per l'argom!'ntazione in generale dr. SEXT. E~JP, .-lt/11. pllvs. 1, Jllo,
Qut Ca:neadc utilizza a scopo elenchislico la teoria aristotelica ·dei luuuhi
naturah. "
r 47· Gli Stoici (per il fuoco come dcmento per eccellenza dr. Stoic. vl'l.
.f, ag. I, 98, 102; II, 413 Arnim).
48. Per l'oscurit.a di Eraclito dr. .zz .-\ Ia, 3a; R 10 Diels-Kranz.

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288 CARNEA DE

Anzi, per questo motivo c' e una comunanza di proprieta nel


caldo e negli altri elementi 411 •
36 Ma, comunque sia, stiamo a guardare dove si va a finirel
Voi pretendete, a mio avviso, che nella natura e nel mondo
non ci sia nessun essere vivente ad avere una sua esistenza
trascendente eccettuato il fuoco 50 : ma perche non piuttosto
eccettuata l'aria [anima], di cui consta anche l'anima [animus] 111
degli esseri animati, dai che deriva anche il termine« animale u?
Cosi voi - quasi come se ne aveste avuto il permesso - soste~
nete che l'anima non e niente altro che fuoco; ma, in realta,
sembra << piu probabile» 52 che l'anima sia un composto di fuoco
e di aria.<< Chc, se il fuoco, di per se solo, s'identifica con l'essere
vivente senza che vi si mescoli alcun altro elemento naturale,
allora esso medesimo, dai momento che ci fa provare le sensa-
zioni merce la sua presenza nei nostri corpi, non puo essere
privo di sensibilita ,•. Ma, in questo caso, e possibile ribadire
le stesse argomentazioni di prima: infatti qualunque cosa esi-
stente, che sia fornita di sensibilita, necessariamente prova
piacere e dolore; ma a ehi giunge dolore, giunge anche morte.
E la conseguenza e che voi non potete rendere eterna neppure
il fuoco!
37 Ebbene, non siete anche voi pronti ad ammettere che ogni
fuoco ha bisogno di alimento e che non puo persistere in alcun
modo senza essere nutrita. e che vengono, altresi, alimentati
il sole, la Juna e le altre stelle dall'acque, ehi da quelle dolci e
ehi da quelle marine? E, anzi, questo il motivo per cui, secondo
Cleante 53 , il sole si volge indietro e non avanza oltre nel pe-
riodo del solstizio estivo e, parimenti, di quello invernale, ossia
perche non si allontani molto dai proprio nutrimento. Che
cosa voglia dire tutto questo, lo vedremo dopo: per ora, invece,
si giunga a questa conclusione: che, cioe, do chc puo morir~

49· Il fuoco, infatti, c caldo come l'aria crl e !lt'cco comc la terra, alrneno
secondo Ia fisica pcripatetica (cfr. ARISTOT. De gmer. t!l corr. 11. 3).
50, Sccondo gli Stoici solo il fuoco e utrin~ecus e anc.hc VOlJPOY in quanto
,;'identifica con Dio (cfr. Stoic. vet. Jrag. J, 157; II, 423. 443· 8o6 Amim).
51. Su questa distinzionc insistevano anchc gli Epicurci (cfr. LucRET·
II 1. 136 scgg.).
52. II termine e qui usato in senso tccnico. Altro,·e (ad es. § 47) Cicerone
usa indif!erentemente • ,·crosimilc •.
53· Cfr. Stoic. Vt't. frag. l, 501 Arnim.

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CAHI\EADE

nun e eterno per natura; ma il fuoco rnorra, se non viene ali-


mentata: dunquc il fuoco, per natura, non e sempiterno.
Oltre a cio, quale dio noi possiamo concepire che non sia xv, 38
dotata di nessuna virtu? 5" Ebbene? Attribuiremo al dio la
prudcnza, che s'identifica con «la scienza delle cose buone e
di qucllc cattive e di quelle ne-buone-ne-cattive »? Ma ehi
non possicde ne pua possedere alcun male, quale bisogno ha
di scegliere tra i beni e i mali, quale bisogno ha delia ragione,
quale dell'intelletto? Noi facciamo uso di queste facolta allo
scopo eli scoprire le cose oscure per mezzo di quelle manifeste;
ma niente puo essere oscuro a un dio. E la giustizia, che as-
segna a ciascuno il suo, quale rapporto puo avere con gli dei?
Essa fn creata dalla societa e dalla comunanza degli uomini,
come voi dite. La temperanza, poi, consiste nel non far conto
dei piaceri del corpo: ma se essa ha un posto in cielo, lo hanno
anche i piaceri! Come mai, inoltre, si puo concepire un dio
che sia forte? Sara forte nel dolore o nella fatica o nel rischio?
~Ia nessuna di queste cosc ha a che vedere con un dia. E carne
possiamo, d'altra parte, concepire un dio che non faccia uso
delia ragione e che non sia dotata di alcuna virtu?
A dire il vero, io non mi sento di spregiare l'inconsape- 39
volezza dcl volgo ignaro, quando mi metto a considerare le as-
serzioni degli Stoici.
Sono queste, infatti, le posizioni che assumono gli ignoranti:
i Siri veneravano un pesce 55 ; gli Egiziani hanno reputato sacro
ogni animale; ormai in Grecia ci sono molte d.ivinita di pro-
vcnicnza umana ss: gli Alabandesi onorano Alabando, i Tenedi
Tenc, e tutti i Greci Leucotea S7, che fece Ino, e il figlio di
costei Palcmnne, cd Ercole, Esculapio, i Tindaridi, il nostro
Romolo, che si reputa siano stati accolti in cielo quasi come
cittadini appena appena blasonati e inseriti nella quinta classe 58 •
Ecco le credenzc dcgli incolti: ma quali sono quelle dei XVI, 40
filosofi? Le \"Orrei tralasciare, perche sono ben note.
54· Per il difficil~ rapporto trn diYinita e Yirtu cir. SEXT. EMP. Adv. phy~.
1t 15~ sc·gg.
55· In fflrma ittiea era \'Cllerata .\tarnatis (cir. D10u "'c II • · LUci•"
D ~ dt·a Syra 1 ~). <> • ' • '... -~···
56. Ci_o. suggcriva molti spunti all'Evemerismo.
57- D11·~n1ta marina, identificata dai Romani con .lfatrr Ma/ula.
58 Oss1a t•·lnuma
.o o (1c1· nullatenent1,· secondo la costituzione serviana
(el r. L.IV.· 1,
·
U).

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C:\H!\'E.-\Dt:

Ammettiamo pure l'identita del mondo con Dia 09 • Anzi


sono propenso a credere che sia « una casa sublime, luminosa
quella che tutti chiamano Giove n 60• Perche, allora, dovremmo
aggiungervi una pluralita di dei? E che gran numero e illorol
A me, in verita, sembrano fin troppi! Tu, infatti, ti metti a
contare carne divinita le stelle ad una ad una e le chiami o col
nome di bestie, carne Capra, Scorpione, Toro e Leone, o persino
con quello di oggetti inanimati, come Argo, Ara e Corona.
41 Ma, anche a voler ammettere questo, carne si puo non dico
concedere, ma addirittura capire tutto il resta? Quando noi
identifichiamo le messi con Cerere e il vino con Libcro, ci serM
viamo di un comune moda di dire; ma ehi credete che sia tanto
stupida da reputare dio cio di cui ci cibiamo? Per quanto,
pai, concerne gli dei chc si dice siano di provenienza umana,
tu mi dovrai spiegarc carne un tai fatto sia stato possibile o
carne una siffatta possibilita si sia ormai esaurita. Ma, almeno
per il mornento, io non riesco a vedere carne mai colui al quale
Sul monte Eteo furon portate fiaccolc,

come dicc Aceia 61, si sia levato da quelle fiamme 11 verso !'eterna
dirnora dcl padrc 11: eppure si tratta di quel rnedesimo che
Omero 611 fa convocare da Ulisse presso gli Inferi, al pari di tutti
gli altri che erano usciti orrnai fuori dalla vita.
42 Comunque, sarei desideroso di sapcre a quale Ercole dob-
biamo tributare un culta tutto speciale: difatti ce ne vengono
tramandati molti da quelli che vanno rovistando i piu riposti
misteri delle scritture! 63 Il piu antico e quello nato da Giove
nclle scritture greche arcaiche: dunque da quel Giove e da
Lisitoe 84· proviene quell'Ercole che, secondo la tradi:.done, venne
in urto con Apollo per il tripode 65. !\Ja se ne trarnanda anche

59. Come sembrava sostcnesscro acriticamcntc gli Stoici; ma in realta


la questionc era molto piu complessa (cfr. PonLF.NZ, La Stoa, l. pp. ISJ-221,
479-82; II, pp. 91-94. 126-31, z8o-z etc.).
(>O, EsN. Thyfst. 3.51 Warmington, cit. in PRoB. Ad Virgil. ecl. VI, 31.
61. Secondo il Ribbeck i versi appartengono agli Hrrar-lides di Accio,
il quale si ispiro alle Trachitaie di Sofocle e, indirettamente. ad HaM. Il. XVIII,
II7.
6z. HoM. Od. XI. 6o1-2.
63. ;\.llu~ione ironica ai ~;rammatici alessandrini contra cui aveva aspra•
mente polcmizzato gia Timone. .
64. Figlia di O.:eano e, secondo alcune credenze, madrc anche di DiolllSO•
65. Per questa lite cfr. APOLLOD. Bibl. Il, 6, 2.

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CARNEADE 291

un altro, egtztano, figlio del Nilo, che si dice abbia scritto le


lettere frigie 68 • Un terzo e annoverato tra i Dattili dell'Ida 87 ,
e a lui tributano funebri offerte. Vn quarto 69 e figlio di Giove
c di Asterie, sorella di Latona, e a lui assegnano carne figliuola
Cartaginc. Un quinto nacque in India, e vien chiamato Bcl 68 •
Un sesto e questo nostro, nato da Alcmena, generata da Giove,
ma da un terw Giove, giacche- come onnai vi sapro insegnare-
la tradizione ci fornisce anche una pluralita di Giovi.
Dal momente che il discorso mi ha portato a questo punto, xvu, 43
yj mo;;trc:ro che. per quanto concerne il culta degli dei im-
mortali. hu ricevuto insegnamenti migliori - secondo il diritto
pontificale e le patrie costumanze ;o - da quelle piccole coppe
per i sacrifici che Numa ci trasmise e di cui paria Lelio nella
sua famosa cd aurea orazioncella 71 , che non dai ragionamenti
degli Stoici. Se, infatti, mi atterro a voi altri, dimmi tu che
casa mai potrei rispondere aduna che mi ponesse questi interro-
ga tivi: 11 Se gli dei esistono t, sono anche dee le Nin fe? E se le
Ninfe. anche i piccoli Pan e i Satiri? Ma questi ultimi no:
dunq ue neppure le Ninfe sono dee. Ma esistono templi pubbli-
camcntc votati c consacrati in loro onore. Suvvia: tu annoveri
came divinita Giove e Nettuno: allora anche l'Orco, loro fra-
tdlo, e un dia; e cosi pure si devono reputare divinita i fiumi
che, secando la tradizione, scorrono presso gli Inferi, ossia
Acheruntc, Cocito, Pirifl.egetonte, e quindi Carente, e quindi
Cerbero. ?\Ia quest'ultima casa e da respingere: dunque ncp- 44
pure l'Orco e un dio. Ma che dite, allora, dei suoi fratelli?
Questc cose diccva Carneade, non per eliminare gli dei
- nulla infatti si addice ad un filosofa mena di questo! - ma
per creare il canvincimento chc gli Stoici, in merita agli dei,

65. Per questa divinila egiziana cfr. HEJtOlloT. Il, IIJ. Le Pllrygiae lit-
l,raf _erano o un'op~ra ch<> trattava di magia o una teogonia o sem plici amuleti.
1.>7. Sacerdoti di Cibele.
68. Ercolc Tiria, deUo l\Id.kart.
69. Divinita non indiana, ma assiru-babilonesc.
_7°· Cotta, da buon romano c da conformista scettico. professa rispetto
per 11 mos maiorum chc non ha nulla a che vedere con le prelese razionalistiche
delia ieolog·a · · a farc amp1o
· · d.1 cm· qm· Camea d e commcta
1 . p er 1· numerosi· sont1 ·
115
'J ':edasi P. Conssi~. /_rs suri les de Cartr.!ad·· co11/re le f'olyllrbsme, pp ..t]-57·
~~-c 1 pa..ssi ciceroniani sono confruntati con qudli aualogbi di Scsto (A dv.
t I_\"S. 1, 18~ segg.).
. 7 1 • Allusione all'orazione De Cullrciis o De rrligiu11e (cfr. Oral. Rom. fra".,
r~c. H. Malcovati, Augustae Taurinorum, 1955. pp. 117-!i). "

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CARSE.\DE

non danno nessuna spiegazione. Ed egli incalzava nel modo


seguentc: a Ebbene? - diceva- Se questi fratelli sono nel novero
degli dei, si puo mai dire che non ci sia il Iora padre Satumo
che generalmente e tanto venerato nei paesi dell'ovest? 7:a. E
se egli e un dio, bisogna ammettere che e un dio anche suo
padre Cielo. E se le cose stanno cosi, bisogna ritenere divinita
anche i genitori del Cielo, vale a dire Etere e Die, e i fratelli
e le sorelle di costoro, che dagli antichi autori di genealogie
eran o chiamati con i nomi seguenti: Amare, Inganno, t Mi-
sura t. Fatica, Invidia, Fato, Vecchiezza, Marte, Tenebre,
Miseria, Lamenta, Grazia, Frode, Pertinacia, Parche, Esperidi,
Sogni: i quali tutti, secondo le leggende, nacquero dall'Erebo
e dalla Notte 7a.
Ma allora: o bisogna accettare questi esseri mostruosi op-
pure bisogna eliminare anche quegli altri.
xvm, 45 E perche mai tu affermerai che Apollo, Vulcano, Mercurio
e gli altri sono dei e metterai, invece, in bilico le divinita eli
Ercole, di Esculapio, di Libera, di Castore, di Polluce? Anche
questi ultimi, non v'ha dubbio, sono venerati al pari di quelli,
anzi presso certuni anche molto di piu. Dunque bisogna rite-
nere dei costoro, che pur nacquero da madri mortali. E Aristeo,
che e detto inventare dell'oliva e figlio di Apollo, e Teseo, che
e figlio di Ncttuno, e gli altri, i cui padri sono dei, non entre-
ranno nel novero delle divinita? E che dire eli quelli le cui madri
sono dee? Credo anche a maggior ragione: carne, infatti, secondo
il diritto civile 74 e libera ehi e nato da madre libera, cosi, se-
condo il diritto naturale 76, ehi e nato da una madre dea non
puo non essere dio. Cosi gli abitanti dell'isola di Astipalea con
grande religiosita venerano Achille; e se questi e un dio, sono
dei Orfco e Re5o, nati dalla madre Musa 76 : a meno che non
vengano preferi te nozze marine a nozze terrestri! E se questi.
ultimi non sono dei per il fatto che non vcngono venerati in
nessun luogo, come mai lo sono quelli?
72. Per questo Drang nacll ll'cslen di Saturno cfr. Dw:-:vs. Auc • ••htiq.
R""'· I, 3'~·
i3· Cir. HESIOD. Thcog. UJ sc!:f:·
74· Cfr, ltJSTI:OOIAN. J, 4•
75· Il diritto natural" (c;>•i<7L!;). secondo l'antico giusnaturalismo dei ~
Jisti, e piu valida di quello scritto o storico (v<:l~to;). Per questo lata gli StOICI
si riface,·ano ai Sofisti (cfr. PoHLEXZ, La Stoa, l, pp. 267-9. 415-6, 545-9).
]6. Os!;ia di Calliope.

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CAR:-lEADE 293

Sta attento, allora, che questi onori vengano tributati a 46


virtu umane, non ad origini immortali: cosa che ci e sembrata
chc anche tu, o Balbo, volessi affcrmare 77 •
Come mai, poi, se tu ritieni dea Latona, non riesci a ritenere
dc;t Ecatc, che e figlia eli Asterie, sorella eli Latona? Non e,
forse. dea anche lei? In Grecia, infatti, abbiamo visto are e
sacelli in suo onore. Se, poi, costei e dea, perch~ non lo sono le
Eumenidi? E se sono dee queste ultime- di cui esistono un san-
tmrio in Atcne e il bosco sacra di Furino 78, come io penso,
presso di noi -, sono dee le Furie, osservatrici, a mio avv1so,
c ycndicatrici degli atti delittuosi.
CM se esistono divinita che prendono parte alle umane 47
vicende, bisogna divinizzare anche Nascita, alia quale siamo
~oliti far sacrificio quando andiamo a visitare i santuari nel-
l':tgro di Ardea; ed essa estata chiamata Nascita dai nome di
(( nascenti 1), perche protegge i parti delle matrone. E se essa
c una dea, sono dei tutti quanti quelli che menzionavi, ossia
Orror~. Fede, Mente, Concordia, quindi anche Speranza, Mo-
m·ta 70 , e quante altre cose noi stessi possiamo creare col nostro
pensicro.
1\ia, se cio non e verosimile 80, non lo e neppure quello di
prima, da cui queste ultime cose sono scaturite.
Chc ne dici allora? Se sono dei quelli venerati e accolti x1x
da noi, perche non mettere nel medesimo novero Serapide ed
Isi de? 81 E se facciamo questo, perche dovremmo respingere
gli dei dei barbari? Allora buoi e cavalli, ibis e sparvieri, aspidi
e coccodrilli, pesci e cani, lupi e gatti e molte altre bestie ci
metteremo a divinizzarc? Se, invece, respingiamo questi ultimi,
respingeremo anche quelli, da cui questi sono nati.

77· ln De uat. deor. Il, XXIV, 62. Per le oscurita dei sariti seguenti
cfr. Cot·Jssi~. Les sorites de Carueade, p. 53 c DAL PRA, Lo scellicismo grrco,
p. 199.
\' 7l> .. P~r il flam•n furi"alis e per i Fu rina/ia cfr. VARR. Dt li>lg. lat. V, tl4;
!, 19, 'V li. 45·
li! 79- _Con. questo appc\lativo erano onorate sia ~lnemosine, madre t.lelle
v:1 '~. ~~~ _GJunone uispensatrice di mnniti (cir. Cre. De divill. 1, JOI; LIV.
1, XXVIII. 4; Ovm. Fasl. I, 63~).
•'" 8o: I_n § 36 Ciceronl' ha usato il tcm1ine • probabile •. mentre qui usa
er?s1nu!e •. contribuenuo a darei una visione confus.a. dd pcnsiero cameadeo.
81
1, d. · 1_1 culta di questc divinita cgiziane era gia diffuso nell'eta ciceroniana:
cPJficaza~ne de) Serapeion di Pozzuoli risalc al 105 a. C. e un tcmpio di Isidc
a ompe1 lu distrutto ne! 6J a. C. e pai subita ricostruito.

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2()4 CARSE.-\DE

48 Ebbene? Sara ritenuta una dea Ino - e sara chiamata


Leucotca dai Greci e Matuta da noi - pur esscndo figlia di
Cadmo, mentre Circe e Pasife cd Eeta, nate da Perseide, figlia
di Oceano, e dal padre Solc, non avranno stanza tra gli dei?
Eppure anche i nostri coloni di Circei venerano Circe con reli-
giosita! Tu, allora, riterrai dea costci? E qnale corrispondenza
stabilirai con )Icdea, che ehbe per nonni due divinita, vale a
dire il Sole e l'Oceano, ed ebbc per padre Eeta e per madre
ldia? E carne ti comporterai con suo fratello Absirto (Pa-
cuvio 82 lo chiama Egialeo, ma quell'altro nome e piu frequente
nelle scritture degli antichi)? E se costoro non sono dei, ho
paura che per Ino non ci sia niente da fare, dai momento che
tutti questi fatti sono scaturiti dalla medesima sorgente.
49 E non saranno dei Anfiarao e Trofonio? A dire il vero, i
nostri pubblicani, poiche in Beozia i campi degli dei immortali
godevano l'esenzione dalie gabelle, affermavano che non erano
immortali colora che una volta erano stati esseri umani. Se,
pero, quelli sono dei, e indubbiamente dio Eretteo, di cui ab-
biamo vîsta in Atene vuoi un tempio vuoi un sacerdote. E se
divinizziamo lui, quale remora avremo per Codro e per tutti
gli altri che caddero combattendo per la libertă. delia patria?
Ma se quest'ultima casa non e ce probabile 11 83 , non si dovrebbero
approvare neanche quelle altre, da cui queste derivano.
so Si puo pure capire che nella maggior parte delle cittâ., per
incrementare gli atti di valore, aflinche tutti i migliori si espo--
nessero ai pericoli per lo Stato, la memoria degli eroi venne
consacrata col tributare ad essi gli onori di dei immortali. E
appunto per questo motivo, in Atene, Eretteo e le sue :figlie
sono diYinizzati, e cosi, pure ad Atcne, c'e il sacello Leonatico,
che e chiamato Leocarion 111• E gli Alabandesi venerano
Alabando, fondatore di quella citta, con maggiore scrupolo .
religioso di qualsivoglia alt ro dio piu notorio; e presso di loro
Stratonico, poiche un tale a lui fastidioso affennava che Ala-
banda era un dio ed Ercole no, obietto con la sua salita finezza:
•c Allora con me se la pigli Alabando, con te Ercole!"

82. Nella sua tragedia Mtdt•a. Cn paragone tra Ino e ;\!edea ~ in EtJRIP.
,l[ed. IZo6 segg. (cfr. COUISSI:S, Lrs sorites de Camladr, p. 55).
~3· Cfr. § 36.
84. ln onorc dellc tre liglic di Leonte, che durante una pestilenza si erano
imm~·Iate- in un rito <~potropaico (cfr. AELIAX. l'ar. llist. XII, 18).

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CARNEADE 295

~on vcdi poi, o Balbo, quanto siano tortuose quelle argo· xx, 51
mcntazioni che tu andavi cavando dal cielo e dagli astri 86,
secondo cui, cioe, sono divinita il sole e la luna, l'uno dei quali
i Greci reputano Apollo, l'altra Diana? Che se la luna e una dea,
allora anche Lucifero e gli altri pianeti otterranno il ruolo di
divinita e, quindi, anche le stelle :fisse. Ma percht. poi, non si
donebbe annoverare tra gli dei anche il ben vistoso arcobaleno?
E~~o e bello, e per questo motiva - ossia percht ha un aspetto
meraviglioso - lo si identifica con Iride, la figlia di Taumante.
E se Ia natura e di";na, come la mettcrai con le nubi? Lo stesso
arcohaleno, infatti, vien prodotto da nubi che hanno acquistato
certi colori: anzi si dice che una di esse partorl anche i Centauri!
Che, se tu ti metti ad inserire le nubi tra gli dei, vi si dovranno
ccnarnentc inserire le tempeste, che hanno ricevuto consacra-
ziont' dai riti del popolo romana. Ma, allora, bisogna divinizzare
pioggia, nembi, procelle e turbini: e, per la veritâ, i nostri piloti,
quando entravano in mare, avevano usanza di immolare vittime
ai flutti ss.
E ~e il nomc di Cerere deriva dau gerere ,, (fare] -cosi, infatti, 52
tu diced ll 7 - anche la terra e una dea, e tale essa viene ritenuta,
giacche, per un altro aspetto, s'identifica con Tellus. Ma, se e
dea la terra, lo e anche il mare, che tu dicevi 88 essere Nettuno;
quindi anche i fiumi e le sorgenti. Pertanto Massone, di ritomo
dalla Corsica, consacro anche il sacello delia Fante 89, e nelle
litanic degli auguri noi vediamo Tiberino, Spinone, Anemone,
Xodino e altri nomi di fiumi vicini. Ma. allora, questa proces·
sirme o se ne va serpeggiando all'infinito oppure non accette-
remo proprio niente di tutto questo; ma quell'in:finito conteggio
di supcrstizioni non vcrra provato; dunque non bisogna dare
approyazione a nessuna di queste divinita 90•

Sj. In De lli.ll. dEor. II. XX 1.


S6. Come feccro Scipinne (cfr. LI\', XXXIX, XXVII) cd Augusto (cfr.
APF-IA~. De beii. civ. \', 98).
~~. ln De 11at. dco•·· 11, XXYI. f•7·
Sl:l. In De nat. dt·or. II, XXV 1, 66.
f ~?· l'er cdcbrare la sua vittoria sui Corsi ncl 231 a. C. Per i Fontanalia
c r. ,. ARR. De l111g. lat. VI, :z:.:.
A 'JO. II tropo dcl regTt:sslls ad i>ljillitum. che ,·err~ istituzionalizzato _da
• gnppa (cfr. SF.xT. E~rP. l'yrrh. hyp. 1, I66). da un he\"e tocco speculati,·o
alla troppo lunga escmplificazione carnl."adca romanizzata da Cicerone.

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zg6 CARNE:\ DE

Critica dellc provc stoiche dell'esistenza di Dio (CtCERONE, De


nat. deor. III, IX-X, 21-26)

rx. 21 (( Nella natura univer~ale non c'e nulla che sia migliore del

mondo ,,t, Neppure sulla terra c'e nulla di meglio delia nostra
citta 2 : farse tu, soltanto per questo motiva, credi che questa
citta possegga una ragione, un pensiero, un intelletto oppure,
poiche essa non li possiede, stirni che una formica sia prefe-
ribile a questa bcllissima citta per il semplice fatto che una
citta non ha alcuna facolta di sentire, mentre una fonnica ha
non solo questa facolta, ma anche un'intelligenza, una ragione,
una memoria? Tu, o Balbo, devi attenerti alle conccssioni che
ti si fanno, senza prenderti da te stesso quello che vuoî.
22 In verita tutto codesto settore della discussione 3 e stato
allargato da quella vecchia argomentazione di Zenone, la quale
pur e stringata e, a tuo avviso, acuta. Zenone, infatti, argo-
menta cosi: '' Cio che ha uso di ragione e migliore di cio che
non l'ha; ma nulla e migliore del mondo: dunque il mondo
23 ha uso di ragione ,,, Se, pero, questo viene accettato, tu farai
subito notare che il mondo legge ottimamente un libro! Difatti,
sulle orme di Zenone, potrai articolare il sillogismo nel modo
seguente: '' Cio che e grammatico e migliore di cio che non ~
grarnmatico; ma nulla e migliore del mondo : dunque il mondo
e grammatico ,, 4• In questa maniera, pero, il mondo e anche
aratare e, inoltre, matematica 5 , musico e, per giunta, fornito di
ogni cultura e, infine, filosofa.
1. Stoic. ve/. jrag. 1, 11 r Amim. Da notare il parallt>lismo con SEXT. EMP.
Adv. pl1ys. 1, !Of, 140; PoRPH\'R. De abst. J II, 20. Nclla sua confutazione delle
prove stoiche dell'esistcnza <li Dio (o dcgli dd} Camcade ha fadle gioco sugli
avvcrsari anche a cau~ delia loro confusa teologia che talvolta identiflcava.
Dio con la natura. tah•olt.a propend.o:,·a pn la trasccndenza. Le prove qui ·
sommariamcntc criticate sono qudla telcologica e quella per gradus, ossia.
le meno consistenti.
z. Cicerone usa scaltramcntc llrbs, non civif,JS, ad indicarc la parte in.a•
nimata o tecnica di Roma.
3· In merita non alia semplicc csistenza dc~;li dei (di cui si e discus.'IO in
n~ nat. d~or. IJI. lll-Vlll. 7-19}, bensi alia loro cssenza. Per questo p~­
grafo c per il suo parallclismo con SEXT. E:\IP. Adv. log. l, 111 e 85 cfr. SlotG.
'"t. frac. l. tf2-II.J Arnim. •
4· SESTO (A dv. phys. 1, roS) attribuiscc questo sillogismo con{utatono
ad Alcs..~ino.
5· Il termine va intcso con1e a profcssore di scienze ed arti • (~yx•jxÂI4
l':l&~J.l!ZTot.) c in particolare come astronomo-astrologo (cfr. AuL. GELL. I, 9)•

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CARNE:\DE 297

Sovente tu hai affermato che nulla pua essere fatto senza


Dio e che la natura non ha una capacita tale da poter creare
cosc dissimili da lei 6 • Ma, in tal caso, dovro concederti che il
mondo e non solo animata e sapiente, ma anche suonatore eli
cetra e di flauto, dai momento che in esso sono presenti uomini
che praticano anche queste arti?
Adnnque codesto padre degli Stoici non arrcca alcuna prova
in base alla quale noi dobbiamo reputare che il mondo abbia
uso di ragione e neppure che esso sia animato 7•
Il mondo, dunque, non s'identifica con Dio, ma, eia nono·
:'rantr, non c'e niente che sia migliore di esso: difatti non c'e
nulla che sia piu bello, piit salutare per noi, piu attraente a
mirarsi, piu regolare nei moti suoi. Cht<., se il mondo nella sua
totalita non e Dio, non lo sono neanche le stelle che tu, nel-
l'infinita delloro numero, annoveravi tra gli dei. Le loro traiet-
torie costanti ed eterne ti procuravano d.iletto - e bene a ra-
gione, per Ercole! -, tanto ammirevole ed incredibile e la loro
rrgolarita. 1\.Ja, o Balbo, non tutte quelle cose che banno traiet- 24
torie certe e costanti si devono far risalire a Dio piuttosto che
alia natura.
Che cosa credi tu che, nell'equilibrato altemarsi del flusso x
c del riflusso, possa riscontrarsi di piu costante dello stretto
dell'Euripo o di quello delia Sicilia o del ribollire dell'oceano
in quei luoghi dove
L'onda divid(' rapace 1(' coste dell'Europa e di Libia 8 ?

Ebbene? Le maree delia Spagna e della Britannia e il loro


cresccre e il loro decrescere secondo tempi ben fissi non sono,
forse, possibili senza Dia? Bada - ti prego - che, se noi consi-
dcriamo divini tutti quei moti e tutti quei fenomeni che con~
srn•ano un loro ordine in tempi ben fissi, non siamo costretti
a dire chc sono divine anche le febbri terzane e quartane, delia
cui ricorrenza non ci pua essere nulla di piu costante. Di tutti 25
questi fenomeni si deve dare spiegazione, mentre voi non riu-

6 - _Era questo lo scotto che il • Dcus sive natura • pagava al rlctcnninismo


d t Il a Stoa.
C . ?· Per questa concezione stoica di Zenone, che vcnne appofonllita da
Tlslppo, cfr. Stoic. vei. frag. I, uo-1 14: Il, 528, 6.F-6H Amim.
11 · Ex~. Aun. 5~6 \Varmington, citata anchc in Tu$c. 1. XX, 45·

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298 C:\R~E:\DE

scite a farla, ma vi rifugiate in Dia, come un supplice presso


l'altare 9 •
Eppure ti sernbrava che dicesse case acute Crisippo 10,
uomo indubbiamente versatile e callido (versatile ia chiamo
quelle persane il cui pensiero si riversa celerrnente di qua e di
la; callidi, invece, quelli la cui anima si e incallita nella pratica,
carne le mani s'incalliscano per Ia fatica). Costui, dunque,
asserisce: rr Se esistono certe case che l'uarno non e in grado di
effettuare, colui che riesce ad effettuarle e migliore dell'uomo;
ma l'uorno non e in grado di effettuare quelle case che esistono
ncl monda: dunque ehi vi e riuscito e superiore all'uorno: ma
ehi potrebbe essere superiore all'uorno se non Dio? " 11•
Tutte queste parole vanno a cascare nel medesimo errore
26 in cui cadevano quelle di Zenane. Noi, infatti, non riusciamo
a determinare con esattezza il significato di « meglio ''• di « pre-
feri bile 11, di « differenza tra natura e ragione >> 12.
Inoltre Crisippo 13 sostiene che, se non esistono gli dei, in
tutta la natura non c'e niente che sia rnigliore dell'uomo; ma
egli pensa che sia manifestazione di somma arroganza il fatto
che un uomo reputi che non ci sia nulla di meglio dell'uomo.
Ammettiamo pure che sia manifcstazione di somma arroganza
stimare se stessi piu del mondo: cio nonostante, non solo non e
arroganza, ma e piuttosto prudenza capire di passedere senso
e ragione, mentre Orione e Ia Canicoia 14 non li posseggono
affatto.
E Crisippo aggiunge: •r Se una casa e bclla, noi ci possiamo
rendere canto che essa e stata costruita per i padron.i, non per
i topi: allo stesso modo, dunque, dobbiamo stimare il rnondo
come la casa degli dci "·
Cosi, certamente, la penserei anch'io, purche credessi che

9· Per sCJlo scopo polemica CamcadE' sembra qui es!<ere d'accordo con
gli Epicurei.
10. Stoic. l't·l. fmg. II. 1ou .\mim.
I I . Il ra.gionaml.'nto per grad11s era gia stato impostato <la Cleante (cft.
SEXT. E~!l'. Adv. phys. I. SS-9I = Stoic. L'el. frag. I, 529 Arnim).
12. Secondo Carneade c'e anzitutto bisogno di una nnc11datio logico-lin-
guistica per poter passarc a discutere il problema tC<Jlogico.
IJ. La tesi crisippl'a. e stata espo~ta da Balbo in De 710/. de(>r. II. VI,
16 = Stoic. vet. frag., II. 1012 Arnîm.
14. Sulle inftu~;uze di qucştc costellazioni ha parlato Balbo in De nal. deur.
II. XLI\', IIJ·Il4.

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C.\I<XE.-\DE 299

il mondo sia stato << costruito ll non gia " fonnato " 15 dalla na-
tura, come vi dimostero tG.

Critica della concezione stoica delta provvidenza (CICERONE, De


nat. dcor. III, XXV-XXXIX, 65-93 passim)

Vcdiamo ora il seguito 1 : anzitutto se il mondo sia retto xxv, 65


.-\al divina accorgimento e in secondo luogo se gli dei provve-
dano alle cose umane. Difatti, dalla divisione degli argomenti
fa tta da te 2 , mi rimangono questi due problemi. l\fa di essi,
se a voi sembra opportuno, credo che si debba discutere con
accuratezza tutta particolare [...].
In prima luogo, dunque, non e probabile 3 che quella ma-
tPria da cui sono nate tutte le cose sia stata prodotta dalla di-
Yina provvidenza, ma e probabile, invece, che essa abbia adesso
"' abbia avuto in passato una sua propria forza naturale'·
Come, dunque, il fabbro, quando si accinge a confezionare
quakhe suo lavoro, non produce egli stesso il materiale, ma si
e
scrvc di qucllo che gHt pronto, e parimenti lo scultore si serve
drlla eera. cosi a codesta divina provvidenza fu indispensabile
a ver~ a propria d.isposizione una materia che non venisse essa
stessa creata da lei, ma che essa trovasse gia bella e pronta.
Che se la materia non e stata fatta da Dio, Dio non ha creato
neppure )a terra, l'acqua, l'aria e il fuoco [...].
Perche mai 5 , se Dio ha creata tutte le case per l'uomo, si
. 15. Su questa diiierenza aveva insistito il Jisico peripatetico Stratone
dt Lampsaco, il quale, accostandosi al meccanicismo atomistico, ave,·a negata
ch<' fosse ncccssario far ricorso agli dci per spiegare la {onnazione dcl ruondo
(rfr. WEHRLI, Die Se/ude des Aristoldt·s, Heft V, frr. 32-39; DAL PR ... , Lo scet-
ltclsm., {!.l"fC<•. p. 1<)1).
t6. La dimostrazione lli Cotta-Carncalle non ci e pen·enuta.
1. L'accademico Cntta ha enumerata tulta una serie eli divinita venerate
<la~ li Stoici: tra di esse. accanto a quelle tradizionali. ci sono anche di\;nitâ.
astratte e persino malcfiche, in picno contrasta con la concczione del dio come
'Wente ~ come fornito di ogni virtu. Il prl"::scntc capitolo ci c pervcnuto in
mant~:ra. frammentaria. Una parziale ricostruzione dclle parti perdute si puo
f:tre UtlhZ7.ando Arnohio (Adv. nal. Il[. 6) e Lattanzio (/11st. dit•. II, 3, z\.
~- ~er questa llh•isione cfr. De nal. deor. Iti, J, 6.
J. (fL LACT.~~T. Ins/. div. Il. S; l\11:.. FEL. Octnv. Y, i·9·
-t· In !Jase al principio dcl 11ihil cx >~ihilo fteri.
5- Ur. PORPH\'R. De 11bst. III. zo; L.'I.CTAXT. De ira Dei, XIII, 9-12,
noncht' C1c. L11ntl/. X.XX.VIII. uo.

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300 CARNEADE

trovano sia nel mare che sulla terra anche multe cose che ci
sono contrarie, ostili, micidiali?
Questa obiezionc gli Stoici, senza indagare accuratamente
la verita, l'hanno respinta nel moda piu scorretto. Essi, infatti,
asstriscono che ci sono molte case nei generanti e nel numero
degli animali la cui utilita e ancora nascosta, ma non tarded.
ad essere scoperta col passare del tempo, come gia molte case,
sconosciute nei secoli passati, sono state scoperte dai bisogno
e dall'esperienza.
l\Ia quale utilita, alla fine clei conti, si puo rinvenire nei
topi, nelle blatte, nei serpenti, che sono per l'uomo molesti e
perniciosi? Forse si cela in loro qualche medicina? Ma se ce n'e
qualcuna, allora venga scoperta una buona voita, ovviamente
contro i mali, dato che gli uomini si lamentano propria di questo,
ossia che il male esiste, si voglia o meno. Essi van dicendo che
la vipera, bruciata e incenerita, fa da medicina al morso inferto
da quella bestia medesima: ma quanto meglio sarebbe che essa
non esistesse affatto, piuttosto che essere noi costretti a desi-
derare da lei stessa un rimedio contra di lei! [...].
Dio 8 o vuole eliminare i mali e non puo, oppure puo e non
vuole, o ne vuole ne puo o, infine, vuole e puo.
Se egli vuole e non puo, e impotente: cosa che a Dio non
puo capitare. Se puo e non vuole, e malvagio, cosa che e ugual-
mente estranea a Dio. Se ne vuole ne puo, e malvagio e, insieme,
impotente, e percio non e Dio. Se, infine, vuole e puo - cosa
che, essa sola, si addice a Dio -da dove, allora, nascono i mall
e perche egli non li elimina? ...
XXVII, 6g ••• Ne solo la scena 7 e piena di queste scelleratezze, ma
di fatti molto piu gravi e quasi piena la vita ordinaria. Se ne
a vvede la casa di ogni singola persona, se ne avvedono la curia
del senato, il campo di ~farte, gli alleati, le province: che, cio~.
carne con la ragione si agisce secondo rettitudine, cosi con la
ragione si commettono colpe, e che la prima delle due case e
fatta da pochi e di rado, mentre la secunda e fatta sempre
e dalla stragrande maggioranza; di guisa che sarebbe stato
preferibile che dagli dei immortali la ragione non ci fossc stata

6. Cfr. LACTANT. De ira Dâ, XIII. 2o-H,


7· Cotta ha esaminato alcuni passi delia .UeJ~a Ji Ennio e deli'Atreus
ui Accio.

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CARNE ADE JOI

clargita affatto, anziche esserci data con tanta rovina. Carne


~ preferibile non somministrare affatto il vino agli infermi,
perche y-aramcnte esso giova e molto spesso e nocivo, piuttosto
rhe incorrere in una rovina palese con la speranza aleatoria
dclla salute, cosi io non so se questo veloce movimento del
po'n-;iero 8 , quest'acutezza, quest'ingegnosita che noi chiamiamo
ragione, non sarebbe stato meglio non darla affatto al genere
umano, anziche donarla con tanta prodigalita e tanta larghezza,
dal momento che essa ~ pestifera a molti ed e salutare sola-
mtnte a pochi.
Ecco perche, se la mente e la volonta divina ha creduto 70
di provvedcre a favore degli uornini facendo loro il regalo delia
ragione, ha badato esclusivamente a quclli da lei dotati di una
ragione buona, che noi vediamo essere in numero molto scarso,
se pur ce ne sono. Ma non e ammissibile che gli dei immortali
abbiano badato solo a pochi: ne consegue, allora, che essi non
hanno badato a nessuno.
A quest'ultima argomentazione siete soliti fare l'obiezione xxvm
seguente: (( Tutto eia non vuol dire che gli dei hanno provve-
duto a noi in moda inopportuno per il semplice fatto che molti
fanno uso perversa del beneficia ricevuto: anche dei beni patri-
moniali molti fanna cattivo usa, ma eia non vuol dire che
costoro non ricevano dai padri nessun beneficia)). E ehi lo nega?
Pero il paragone da voi addotto e completamente sballato!
A dire il vcro, Dcianira non aveva affatto intenzione di
nuucere ad Ercole, quando gli diede la tunica intinta nel sangue
del Centauro 9 , ne quel tale che aperse a Giasone di Fere 10
il tnmore che i medici non erano riusciti a guarire, intendeva
arn:cargli giovamento. Molti, infatti, con l'intento eli danneg-
giare, hanno arrecato vantaggio e, con l'intento eli arrecar
vantaggio, hanno danneggiato: ma cio non vuol dire che dal-
l'oggetto che viene offerto si palesi la volonta del donatore, e
se ehi lo ricevc ne fa buon uso, non per questo ehi glielo ha data
glielo ha data con intenzione amichevole.

8. La foutc di qucsta cspressione e in PLAT. Lcgg. X, :!glia.


9· Cume e rapprcscntato ndle Traclli>~ie di Sofocle, ampiamt."nte utiliz·
zatc dai tragtdiografi latini.
:'II to. Per questo fallito tirannicidio cfr. PLIS. ~"'>:J.t. llist. VII. 51 c \' .I.L.
• Al<. I. );. 6.

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302 CAR!'E:\DE

71 A dire il vero, quale atto di libidine, quale azione avara,


quale delitto viene intrapreso senza che si sia operata alcuna
scelta, o v:icne cseguito senza alcun moto dell'anima, senza ri-
flessione o, in ultima analisi, senza la ragione? Infatti ogni
opinione s'identifica con la ragione: con la ragione « buona »,
se l'opinione e vera; con queUa cc cattiva >', se l'opinione e
falsa 11 • 1\Ia da Dio noi abbiamo ricevuto soltanto la semplice
facolta razionalc, se pur l'abbiamo ricevuta; invece da noi
abbiamo la ragionc buona o quella non buona. Dunque la
ragione non e stata data dagli dei a beneficia degli uomini,
come, invece, viene lasciato un patrimonio: infatti, se gli dei
avessero voluta far male agli uomini, non avrebbero potuto
offrir loro un regalo peggiorc, ne l'ingiustizia, l'intemperanza e
la vilta avrebbero avuto modo di genninare, se al di sotto di
qucsti vizi non stesse come fondamento la ragione ...
xxx1. 76 }la voi 12 non desistete dal ribadire che la responsabilita
delia colpa ricade sugli uomini e non sugli dei. .Ma e carne se
un medico accusasse la gravita delia malattia o un pilota l'im-.
peto dell'uragano: quantunque costoro siano dei poveri omi-
ciattoli, tuttavia cadono nel ridicola. cc Chi ti avrebbe chiamato
- si patra obicttare -, se codesti guai non ci fossero stati? D,
Contra Dio, poi, si puo discutere con libcrtâ. ancora maggiore:
ce Tu dici che la colpa risiede nei vizi umani; ma allora avresti
dovuto dare agli uomini una ragione tale che escludesse i vizi
e la colpa 11. Ma allora si dovrâ. assegnare un ruolo all'errore
degli dei? Infatti noi lasciamo i beni patrimoniali con la spe-
ranza di affidarli in buone mani, e questa speranza puo pure
ingannare noi altri: ma come mai Dio puo lasciarsi trarre in
inganno? Farse come il Sale sul carro, quando vi innalzo suo
figlio Fetonte, o come Nettuno, quando Teseo perdette il figlio
Ippolito dopo aver ottenuto dai padre Nettuno il pennesso di
77 fare tre richieste: ma codcste sono poet iche fole; noi, invece,
vogliamo essere filosofi, vogliamo attestare fatti, non leggcndel
Eppure questi stessi dci delia poesia verrebbero stimati respon-

II. La distinzionc di 861;:t. ).oyo; e opOo; Myo~. qui dialetticamente uti·


lizzata di Carncade-Colta, e tipicamente stoica.
12. Cotta ha esaminato episodi drammatici iu cui la responsabilit~ dcll~
colpe umane viene fatta risalirc alia divinita. Ma sli Stoici, in qucstl c:aSl,
nun suno cl'accordo coi poeti.

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CARNEADE 303

sabili dell'crronea concessione di un beneficia, se avessero saputo


chc quellc concessioni sarebbero state esiziali per i figli. E se
e vcro quello che Aristone di Chio 13 soleva dire - che, cioe,
i filosofi sono nocivi a quegli uditori cbe danno cattiva inter-
pretazione ad affennazioni esatte, e difatti dalla scuola eli Ari-
stippo possono uscire individui sregolati e da quella di Zenone
individui aspri -, allora certamente, se era inevitabile che dalie
scuole uscissero allievi pieni di vizi per l'erronea interpretazione
data da loro alle dispute filosofichc, sarebbe stato preferibile
chc i filosofi stessero zitti anziche danneggiare quelli che li
::tvessero ascoltati. Cosi, se gli uomini convertono in frode e 78
malizia la ragione, che e stata data a loro dagli dei con buona
inlcm:ione, sarebbe stato meglio non darla al genere umano
anziche dargliela. E come sara gravemente responsabile il me-
dico, qualora sappia che quell'ammalato al quale e stato ordi-
nato di bere vino morra tanto piu presto quanto piu ne berra,
cosi bisognera rimproverare codesta vostra divina provvidenza
per avere essa conferita la ragione a quelli che essa sapeva
ne avrebbero fatto uso perversa e malvagio.
A meno che non vogliate dire che essa non lo sapeva. E
magari lo diceste! ::\fa non ne avrete I'ardire: non ignoro, infatti,
la gran<.le stima in cui avete il nome suo.
Ma questo lato del problema puo onnai considerarsi con- xxxu,
cluso. Infatti, se la stoltezza- per concorde amm.issione di tutti
i filosofi - e un male piu grave anche nel caso che sull'altro
piatto della bilancia vengano posti tutti i mali delia sorte e
del corpo, e se, d'altra parte, nessuno ricsce a conseguire la
sapienza u, noi tutti ci troviamo nei pcggiori dei mali, noi,
cui voi asseverate che gli dei imruortali hanno provveduto nel
migliore dei modi. Infatti, come non c'e alcuna difierenza se
nessuno stia bene di salute o nessuno possa star bene di salute,
cosi io non capisco quale diffcrenza possa intcrcorrere tra il
fatto che ncssuno sia sapiente e il fatto che nessuno possa
c:sscrlo la.

lJ, C!r. Sloic. 11.-1. fmg. 1. z.p. 3~S .-\rnim.


St . J.t. Su~ tema dcl sapicntc • intro,·abile • ave,-a insistito Crisippo (dr.
<>le. ''"'· ]rog. III. 662. 668 " SEXT. E!\IP. Adu. plrys. 1. lJJ)-
15· ,Qucsta. pro>cisazionc tipicamente cameadca ci scmbra. fondamcntalc
per cap1re la distinzione tra probabilismo c possibilismo, il primo esscndo

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CAR!IIE:\DE

Ma noi abbiamo parlato fin troppo di una questione ah-.


bastanza chiara. Telamone 16, invece, con un solo versa da
una risposta esauriente all'intero interrogativo sui motivi per
cui gli dei trascurano gli uomini:
Se si curasscr di noi, il bene ai buoni, ai cattivi
Il male accadrebbe: ma questo e ora ben lungi da noi 17 •

Essi avrebbero dovuto creare tutti buoni, se davvero badavano


al genere umana; o, se cio non era propria possibile, almeno
a favore dei buoni avrebbero dovuto prendere provvedimenti ..•
xxxvm, 90 A favore di ehi voi 18 intendete fare una chiara difesa quando
dite che il potere degli dei e tale che, se pur qualcuno sia riuscito
a sottrarsi con la morte alle pene del suo delitto, quelle pene
sono fatte pagare dai figli, dai nipoti e dalie generazioni future?
O meravigliosa equita degli dei! E ci sarebbe, farse, una qualche
citta disposta a tollerare il promotore di una legge siffatta, in
base alia quale venisse condannato il figlio o il nipote, se il
padre o il nonno avessero commesso un reato? '' Quale limite
si porrebbe alla strage clei Tantalidi » 19 o con quale supplizio
soddisfacente si pagherebbero le pene per la marte di Mirtilo? •
91 Io non saprei dirvi facilmente se sono stati i poeti a cor-
rompere gli Stoici oppure sono stati gli Stoici a fidarsi troppo
delle attestazioni dei poeti 21 • Dagli uni e dagli altri, infatti,
vengono celebra ti portenti e delitti. N ~. a dire il vero, ehi fosse
stato colpito dal giambo di Ipponatte o ehi fosse stato _ferito
dai versa di Archiloco subiva un dolore infertogli da un dio e
non gia provocata da se stesso, e quando noi osserviamo la
libidine di Egisto o quella di Paride, non ne facciamo risalire
la causa alia divinita, giacche ascoltiamo quasi la dichiarazione
delia loro colpevolczza; ed io ritengo che la salute di molti in-

suscettibile di interprctazione matematicistica. il sec:ondo di svolte • esisten-


zialistichc • non bene intra,·iste dagli anticbi.
16. Padre eli Aiace e protagonista di una tragedia enniana.
17. E:<:<. Trag. fr. 3.10 \\'annington.
1 S, Cntta ~i ri,·ulge agli Stoici sostenitori delia contraddittoria conce-
zione olella nemesi storica (cfr. Al.Ex . .-\I'HROD. De Jtllo, cap . .15 p. 207 Bruns._),
csscndn la nemesi un -.:li&o.; e, quindi. inc:onciliabilc con l'essenza del dio
(clr. Stoic. vet. frag. III, 4l.t Arnim).
19. Furse viene ripc.rtato qui un verso dcl Tkyestes di Accio.
20. L'anriga di Enomao. tragicamcnte ingannato da Pelope.
21. In questa critica delia pocsia Carncade-Cotta scgue le orme di Platone.

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CARNE:\ DE

fermi fu recuperata da lppocrate piuttosto che da Esculapio,


e non affermero che gli ordinamenti dei Lacedemoni furono
dati, una voita per tutte, a Sparta da Apollo piuttosto che da
Licurgo. E fu Critolao, in fin dei conti, a provocare Ia distru-
zionc di Corinto, e Asdrubale quella eli Cartagine: furono co-
sloro a distruggere dalie fondamenta quelle due perle del mare,
non un qualche dio adirato, che, per giunta, voi dite che non
~i puo adi rare affatto! 2z
:\Ia certamente questo dio avrebbe potuto soccorrere e sal- XXXIX, 92
va re citta cosi grandi e cosi belle: voi stessi, infatti, siete soliti
dire che non c'e niente che un dio non possa fare e, per giunta,
senza fatica alcuna: carne, invero, le membra degli uomini,
scnza alcuno sforzo, si muovono ad opera delia mente e delia
yoJonta, cosi dalla potenza degli dei - a vostro avviso - tutte
le wse possono essere create e mosse e subir mutamento. Ne
voi fate queste affermazioni per superstizione o a guisa di vec-
chicrelle, ma fondandovi su una costante e razionale legge di
natura: infatti la sostanza materiale del mondo, da cui derivano
c in cui sono tutte quante le cose, a parer vostro e, nella sua
interezza, flessibile e mutevole, fina al punto che non esiste
nulla che da essa non possa, anche immediatamente, essere
plasmato c trasformato; invece essa, nella sua totalita, e fog-
giata c moderata dalla divina provvidenza: questa dunque, in
qualsivoglia direzione si muova, puo effettuare tutto quello
che vuole.
~Ia allora essa o non sa quale sia il propria potere o tra-
scura le cose umane o non riesce a distinguere cio che e il meglio.
(( Ma essa non si cura degli uomini singoli » dite voi. E non e 93
strano! N cp})Ure delle citta essa si preoccupa affatto, neppure
dei popoli e delle genti. Che, se essa tiene in dispregio anche
queste, non c'e da stupirsi che da lei sia stato disprezzato tutto
quanto il genere umano.
:;\la corne mai propria voi dite che gli dei non si curano di
tutte le singole cose, se voi stessi pretendete che dagli dei im-
mortali siano minuziosamente distribuiti i sogni agli uomini
(su questo argomento io intendo parlare appunto con te, perche

D. _u.. Antipatro di Tarso, antagonista di Carneade. a\"e\·a scritto un trattato


' rra (cfr. Slc'ÎC. uct. jrag. 67 Amim).

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CARNEADE

e V05tro il parere favorevole circa la veracita dei sogni) 113, e


se voi stessi affermate d1e anche i nostri voti devono ricevere
divine accaglienze? Indubbiamente sona uomini singoli a far
voti: dunque la mente divina porge ascolto anche ai singolil
Vedete, quindi, che essa non e poi tanto indaffarata, carne pen-
savate voi altri! 1\Ia pennettetele di dilatarsi, di far girare il
cielo, di proteggere la terra, di placare il mare: perche essa
lascia che tanti dei non facciano nulla e se ne stiano a riposo?
Perche non ha messo a capo dclle cose umane qualcuna di quelle
divinita oziose 2 ~ c:he - in numero straordinariamente grande -
tu, o Balbo, hai passata in rassegna?
Queste cose, suppergiu, avevo da dire sulla natura degli dei,
non per toglierla di mczzo, ma perche vi rcndeste canto quanto
essa sia oscura e con quanta difficalta se ne possano dare schla-
rimenti 25 •

Argomentazioni contro la divinazione in generale (CICERONE, De


divin. II, III-X, 8-25)

m, 8 Orbene 1 : io devo rispondere a cio che tu hai affennato,


ma dcvo rispondere in modo tale da non fare alcuna afferma-
zionc, da indagare su agni qucstione, sollevando per lo piu
dubbi e senza nutrir fiducia in me stesso 2. Se, infatti, avessi
da fare con certezza qualche asserzione, finirei col fare l'indo-
vino propria ia, che pur nego l'esistenza delia divinazionel
9 A dire il vero, mi induce a parlare quella che soleva essere
l'istanza fondamentale di Carneadc, ossia quali cose fossero
oggetto delia divinazione e se la fossero quelle che vengono
percepite per mezzo dei scnsi. l\la appunto queste ultime noi

23. Si preannuncia qui la critica all'arte di\'inatoria, che vcrr!L sviluppata


soprattutto ncl secunda libro dcl Dt: divinatiotu.
24. Qui la critica anti-stoica ili Cotla-Cameatle coincide con quella mossa
all'epicureo Velleio in De nal. deur. 1. XXIII, 63.
25. La conclusione non intcnde c:ssere atcistica, ma anti-teologica. Sarl,
qucsto, anche l'atteggiamentu dei Nco-pirroniani.
1. Ciccrone sta replicanrlo alle argomcntaziuni chc suo fratello Quinto
ha addottc. ncl primo libro dcl De divin., a favorc dell'arte divinatoria.
2. Insomma: in piena conformita con le posizioni critico-sospensive del·
l'Accademia Nuo\•a.

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CAR:-<EADE 307

le vediamo, le udiamo, le gustiamo, le odoriamo, le tocchiamo.


~on ci pua essere, allora, tra esse alcuna cosa che noi avver-
tiamo per mczw di un istinto di preveggenza delia nostra mt'nte
pi1t che per ~1ezzo de~a stessa .natur~. O fo~se. u~ q~alche indo-
vino, se e pnvo della VIsta degh occht al pan di T1reSia, potrebbe
dire quali cose siano bianche e quali nere, oppure, se e sordo,
potrebbc riconoscerc la varieta delle voci e dei ritrni? Pertanto
la divinazione non puo essere applicata a nessuna di quelle case
che sono reccpite dai senso.
:\Ia ncppme in quelle case di cui si occupa l'arte c'e bisogno
di diYinazione! 3 Infatti noi siamo soli ti condurre al capezzale
dcg-li ammalati non vati e indovini, ma medici, e quelli che
vo~liono imparare a suonare cetre e flauti non imparano il
modo di usarli dagli aruspici, ma dai musici. E lo stesso ragio- 10

namcnto vale anche per le lettere e per tutte le altre case di


cui si da insegnamento. Pensi farse tu che i cosiddetti indovini
siano in grado di dire se il sole sia piu grande delia terra oppure
sia tanto grande quanto appare? E se la luna splenda di luce
propria oppure utilizzi quella del sole? E quali siano i movi-
menti del sale e delia luna? E quelli delle cinque stelle che
sono dette tr erranti 11? Quelli che sono ritenuti indovini non
professano di saper dare una risposta a questi interrogativi
ne di sapcr precisare quali teoremi di geometria siano veri e
quali falsi: queste, infatti, sono spettanze dei matematici e
non degli indovini.
Di quelle questioni, poi, che hanno a che fare con la fi.lo- IV
sofia ce n' e farse alcuna alla quale un qualche indovino sia
solito dat·c risposta o su cui di solito venga consultata? Che
casa sia il bene, che cosa il male, che cosa cio-che-non-e-ne-
l'uno-ne-l'altro? 4 Queste son cose che spettano ai filosofi!
Ebbene? A proposito del dovere, c'e forse qualcuno che con- 11

~uiti l'aruspice circa il modo in cui ci si dcbba comportare con


1
genitori, con i fratelli, con gli amici? Su carne si debbano
gestire il danaro, una carica pubblica, un comando militare?
Su queste case si sogliono consultare i sapienti. non gli indovini.

3. Carneade utilizza a scopo dialcttico la conceziouc sucratica dd • sa-


pere competente • (cfr . .\1.\JER. So"ole. tr01J. it .• 1. pp. 185-S).
tava-4· Ussta l"illd9''e"~ dcll"ctica stoica. ~ pr_oposito di cui c:era. _c':'m" nt;·
Seneca (Ep. LXXI 1. 15). • grandc dtscnmcn • presso gh St01~1 stesSI.

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CAR!IIEADE

Ebbene? Certe questioni di dialettica o di fisica possono essere


risolte con la divinazione? I problem.i circa l'unita o la plu-
ralita dei mondi e circa gli elementi primordiali da cui nascono
tutte quante le cose sono riservati ai fisici. In che modo, poi,
si possa risolvere il sofisma del « mentitore "· che i Greci chia-
mano ~e:u86!J.e:vov 5 , o come ci si possa opporre al sorite 8 (che,
se fosse necessario, si potrebbe chiamare << acervalis » con ter-
mine latina; ma non ce n'e bisogno, giacche, come il termine
<• filosofia >> e molti altri vocaboli greci, cosl anche il termine
(( sorite li e di uso abbastanza comune nella lingua latina), anche
queste case, insomma, ce le d.iranno i dialettici, non gli in-
dovini. Ebbene? Quando si cerca quale sia la forma migliore
di govemo o quali leggi e quali costumi siano utili o inutili,
si manderanno a chiamare gli aruspici dall'Etruria oppure lo
stabiliranno quei cittadini piu ragguardcvoli ed eletti che sono
gli esperti del diritto pubblico?
12 In conclusione: se non c'e alcuna divinazione ne di quelle
cose che sono soggette ai sensi ne di quelle che sono incluse
nelle arti ne di quelle che sono dibattute in filosofia nt§ di
quelle che hanno a che vedere con l'attivita pubblica, io non
capisco affatto di che diamine essa si occupi: la divinazione,
infatti, o dovrebbe riguardare tutte le case oppure bisogna
assegnarle un qualche scttore di cui essa si occupi. Ma n6 la
divinazione riguarda tutte le cose, come ha mostrato il nostro
ragionamento, ne si trova un campo o un settore particolare
di cui noi possiamo darle la prerogativa 7 •
v Sta attento, allora, che la divinazione non esiste affattol
A questo proposito c'e un verso greco che e divenuto popolare:

Chi ben pensa io lo chiamo ottimo vate 8 •

E farse che il vate sapra congetturare meglio di un pilota.

5· p.,r questo sofisma attribuito ad Eubulidc di ;\Iileto cfr. test. 64 DOring


e relati\·o commento.
6. II so.fisma dcl mucchio. dî origine zenoniano-ele-atica (cfr. AJUSTOT•
Phys. VII. 5. ~50a, 20·l4). sfruttato dalla dialcttica megarica (cfr. C1c. L~ll.
XVI. 49; D6Rif';C. Die Jlegariktr. pp. 111-2 e G. SILLITTI, Alcmre coNSidnll-
ziolli sull"aporia drl surilt in Srrwle sucratid1e min,•ri e ftlos(Jjill ell~ni;lica, a cura
di G. Giannantoni. Bologna. 1977. pp. 75-92). •
7· Carncade-Ciceronc. anticipanuo la disamina dei particulari tipi di di·
,·inazione. applica il metorlo analitico-diairetico fondato da Platone.
s. Il \'Cr'SO e prubabilmt"ntc di Euripiue.

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CARNEADE 309

qnale tempo fara., o c.on maggiore perspicacia di un medico


quale sia la natura di una malattia, oppure egli, fondandosi
sulle congetture, sapra gestire la condotta di una guerra con
maggior prudenza di un generale?
Ma mi sono accorta, o Quinto, che tu con cautela vieni a 13
separare la divinaziane da quelle congetture che postulano
arte c competenza e da quelle case che vengono apprese per
mezzo dei sensi o di attivita tecniche, e che tu dai la seguente
dcfinizionc: (( divinazione e predizione e presentimento di quelle
cosc che sona dovute al casa» 11• Anche cosi, pero, sono riso-
spinto anzitutta allo stesso punto di prima. Infatti il medico
c il pilota e il generale hanno un presentimento delle cose for-
tuite. E allara, un aruspice o un augure o un qualche vate
qualsiasi o una che sta sognando san\ farse in grada di con-
getturare che un malato si riscattera dal morbo o una nave
dai pericolo o un esercito dall'imboscata, meglio di un medico,
di un pilota o di un generale? Anzi tu dicevi 10 che l'indovina 14
non ha ncppure la spettanza di certe case, come, ad esempio,
la facolta di presentire per mezzo di certi segni l'imminenza
di venti o di piogge (e in quell'occasione tu hai recitato a me-
moria la mia traduzione di certi versi di Arata), quantunque
anche questi fenomeni siano dovuti al casa: essi, infatti, acea-
dona per lo riil, non sempre. Qual e, allora, e su che casa verte
quel presentimento delle case fortuite che tu chiami divina-
zione? Difatti eia che si pua presentire per mezzo dell'arte o
delia raginnc o dell' esperienza o dclla congettura tu non pensi
cht vada assegnato agli indovini, bcnsi agli esperti. Resta quindi
la possibilita di riservare alia divinazione solo quelle cose far-
tuitc che non possono essere previste per mezzo di nessun'arte
e eli nessuna sapienza: sicche, ad esempio, se qualcuno avesse
detto, molti anni prima. chc il famaso Marca Marcella 11, tre
:'olte console, sarebbe pcrito in un naufragio, certamcnte avrebbe
Indovinato: che egli non avrebbe potuto saperla per mezzo di
nessun'altra arte o sapienza.

9. Cfr. De di~i11. I, V. 9.
Ia. In lJc dit•i•l. J. V, 7 segg.
m I r · ~ipotc di M. Marcello, vincitore di Siracusa; mori in un naufragio.
entre ~~ recava in Kutnidia presso !llassinissa (cfr. C1c. De fato XVII, JJ).

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310 CARXEADE

Dunque, c divinazione il presentimento di siffatte cose che


sono riposte nella fortuna 12 •
VI, 15 Ma ci puo essere mai tm qualche prcsentimento di quelle
cose per le quali non c'e alcuna ragione che debbano accadere?
Che altro c, infatti, la sorte, che altro la fort una o il « caso"
o 1'1< evento » se non il fatto che un qualcosa u accade )1 o u av~
viene n anche in un modo diverso? 13 E carne mai, allora, si
puo presentire o predire quello che accade scnza alcun motiva,
per cieco caso o secondo la volubilita delia fortuna?
16 Il medico prevede con la ragione l'aggravarsi delia malattia,
il generale le imboscate, il pilota le tempeste; e tuttavia so~
vente si ingannano anche loro, che pur non opinano nulla senza
un certo fondamento razionale: cosi, ad esempio, I'agricoltore,
quando vede spuntare il fiore dell'ulivo, pensa che vedra anche
la bacca, e non lo pensa, ovviamente, senza ragione, ma tuttavia
qualche voita s'inganna. Ma se s'ingannano quclli che non fanno
alcuna affermazione senza fondarsi su una certa razionale con~
gettura, quale stima bisogna farc delia congettura di quelli
che presentono il futuro in base a viscere o ad uccelli o a
prodigi o ad oracoli o a sogni?
Non intcndo ancora mcttere in rilievo la nullita di certi
segni, quali l'incisione del fegato, il gracchiare del corvo, il
volo di un'aquila, la traiettoria di una stella, le voci degli in~
vasati, le sorti e i sogni: su ciascuna di queste cose parlero
a tempo debito: H ora ne tratto in linea generale.
17 Come mai si potrebbe prevedere che accadra un qualcosa
che non presenta alcuna causa o alcun indizio per cui debba
accaderc? Le eclissi del sole e, cosl pure, quelle delia luna sono
previste rnolti anni prima da colora che studiano con calcoli
matematici i moti degli astri: costoro, infatti, predicono certi
fenomeni che si verifichcranno precisamente merce una ne-.
cessita naturale, Dalla traslazione assolutamente costante delia
luna essi vedono quando quest'ultima, t allontanata 16 t dalla

12. Ricunducendo l'oggetto deUa divinazionc nell'ambito delia fortunll


c dcl caso. Carncadc-Ciccronc s,·uota J'artc divinatoria di ogni certezza e l'a.c-
costa al probabilismo.
lJ. Per analoghi rilic,·i ch. ,\RISTOT. Phys. 11, 5, I')6b 29 scgg.
'4· In De divin. 11. XII segg.
15. Cosl il :"llarmorale, proponendo di sostituire il jacta dci codici con
act a o iael a.

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CARNEA DE ]II

regimle del sale, va ad incappare nell'ombra che e proiettata


dalla terra e che segna il limite delia notte, e quando la me-
de~ima luna, passando al di qua del sole ed opponendosi ad
esso. ne offusca la luce al nostro sguardo, e nell'ambito di quale
costellazione vcrra a trovarsi ciascuno dei pianeti in ogni sta-
gione dcll'anno, e quale sia il loro sorgere quotidiano. Ed e
bl'n evidente il metoda praticato da quanti fanno queste pre-
dizinni!
~Ia guanti dicono che troveremo un tesoro o che ci arrivera YU, 18
un 'credita, quale metoda seguono? O in quale successiane na-
turJ.le di case e implicita cio che accadra? Che, se queste cose
ele altre che rientrano nel medesimo genere hanna una qualche
nccessita naturale simile alle precedenti, che motiva c'e - alia
fin dei conti - per cui noi dobbiamo credere che accadranno
per c:aso o fortuitamente per sorte? Niente e, infatti, tanto
contraria alle costanti norme delia ragione quanto la fortuna,
sicchc mi sembra che neppure a un dia possa capitare di sapere
che cosa accadrâ per casa o fortuitamente. Se, infatti, egli lo
sa, quella tal casa avverra con certczza; se avverrâ con certezza,
non ci sara fortuna alcuna; ma la fortuna c' e: eppero non c' e
alcun prcscntimento delle cose fortuite.
D'altro canto, se tu neghi l'esistenza della furtuna e afferrni 19
che tutti gli accadimenti presenti e futuri sono stati fatalmente
detenninati da tutta l'eternita, devi cambiare la .defi.nizione di
divinaz.ione che tu dicevi essere « presentimenta delle cose
fortuite l>. Se, infatti, nulla puo effettuarsi. nulla puo u acca-
dere n, nulla puo n avvenire ''se non quello che da tutta l'eternita
e stato decretata che si verifichi in un tempo stabilita, quale
fortuna ci puo essere? E, tolta di mezza quest'ultima, qualc
posto rimane riservato alia divinazione che da te e stata de-
finita 11 presentimento della cose {ortuite 11? Eppure tu dicevi
che tutti gli accadimenti presenti e futuri sona contenuti dal
fato. Senza dubbio il nome stesso di 11 fato ,, e roba da vccchierelle
ed i_mplica tante superstizioni! :\Ia, eia nonostante, da parte
degli Stoici se ne dicono tante a proposito di codesto fato.
. Di es::>o, pero, un'altra volta 16 : ora mi atterro allo stretto
Indispensabile.

I6. Allusione al trattato De fatr>, composto ncllo stesso periouo de! De


natura d<'orum e de! De divi>~atir>!le.

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312 CARNE.\ DE

vm, 20 Dunque: se tutto avviene per opera del fato, quale van-
taggio mi reca la divinazione? lnfatti cio che l'indovino predice
si verifichera comunque, sicche io non saprei qualc rilievo abbia
il fatto che un'aquila abbia indotto il mio amico Deiotaro 17
a rinunciare al viaggio: egli, se non fosse tornato indietro,
avrebbc dovuto dormire in quella camera che la notte seguente
sarebbe crollata; dunque egli sarebbe rimasto schiacciato dalie
macerie. )la, se questo era destinata, per lui non ci sarebbe
stata via di scampo; e se non era destinata, non vi sarebbe
incappato lo stesso.
A che giova, allora, la divinazione? E a che scopo mi ven-
gono i moniti dalle sorti e dalie viscere e da qualsivoglia pre-
dizione? Se, infatti, era destina che nella prima guerra punic:lt
sotto il consolato di L. Giunio e di P. Claudia, una flotta del
popolo romana ven.isse distrutta da un naufragio e un'altra
dall'affondamento provocata dai Cartaginesi, anche se i polli
sacri avevano faustamente fatto ribattere a terra il cibo in-
gozzato 18, quelle flotte sarebbero andate distrutte ugualmente.
Se, poi, quelle flotte non avrebbero corso pericolo di distru-
zione nel casa esclusivo che si fosse ottemperato agli auspici,
allora non fu il fato a distruggerle; volete, invece, che tutto
acea da fatalmente: altora non c' e divinazione che tenga 1
21 Se, poi, fu destina che nella seconda guerra punica l'esercito
del popolo romana andasse distrutto al lago Trasimeno, si sa-
rebbe farse potuto evitare quel disastro ncl casa che il console
Flarninio avesse obbedito a quei segni e a quegli auspici che
gli vietavano d'ingaggiar battaglia? 111 Orbene: o l'esercito peri
non per opera del fato oppure, se per fato peri (casa che, ovvia-
mente, voi avete J'obbligo di asscvcrare), anche se il console
avesse obbed.ito agli auspici, sarebbe accaduta la stessa cosa,
giacche i fati non possono essere mutati.
Ov'e, allora, codcsta divinazione dcgli Stoici? Se tutto av·
viene per destino, essa non puo darei alcun monito ad essere
piu cauti, giacche, qualunque sara il nostro comportamento,

17. Per l'episodio qui riferito cfr. De dit•i11. 1, XV, 26.


18. Cfr. De divin. 1, X\', 27-zB, ove si ricorda. chc il consolc Claudia, ir-
ritato de-1 fatto chc i polii non aYevano mangiato e subita rigettato il ci"bo
(tripudi wn solistum11m), fece gettarc in mare i poveri animali dicendo: • Che
bevano nlloral •.
19. Cir. De divin. 1, XXXV, 77; L1v. XXIl, 3; VAL. ~iAX. 1, 6.

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CARNEADE 313

accadra quello che dovra accadere: se, invece, eia puo essere
d<'viato, non c'e fato alcuno: quindi neppure divinazione, dai
momcnto che essa riguarda propria le cose che accadranno.
Infatti non c'e nulla che accadra con certezza, se, mediante
un determinata atto cautelativo, puo anche accadere che un
fatto non avvenga.
}fJ. io personalrnente reputo che la conoscenza dcl futuro L...:, 22
non sia neanche vantaggiosa! Quale vita, infatti, avrebbe
mcn;:tto Priamo, se fin da giovane avesse saputo quali accidenti
~li sarebbero capitati nella vecchiaia? 1\la lasciamo stare le
kggendt: e guardiamo i fatti piu vicini a noi.
:\elia Con.~olazione 20 ho fatto una rassegna delia miserevole
fine degli uomini piu illustri delia nostra ciW1.. Ebbene? Per
11011 parlare dei piu antichi, credi tu che sarebbe stato utile a
l\Ian.:o Crasso 21, nel tempo in cui era all'apice delia potenza e
cldla ricchezza, sapere che gli sarebbe stato ucciso il figlio
Publio, che il propria esercito sarebbe andato distrutto e che,
infine, egli stesso sarebbe dovuto perire al di la dell'Eufrate
con scorno e disonore? E pensi tu che Pompeo si sarebbe ralle-
f,'Tato dei suoi tre consolati, dei suoi tre trionfi, delia gloria
dovuta alle piu smaglianti imprese, se avesse saputo che sa-
rebbe siato trucidato nel deserto dell'Egitto dopo aver perduto
l'csercito e che dopo la sua marte si sarebbero verificati quei
fatti di cui non riusciamo a parlare senza pianto? E con quale 23
affiizione spirituale pensiamo che avrebbe menato la vita Cesare,
se avesse divinato che in quel senato, che nclla sua maggioranza
era stato da lui stesso scelto, nella curia Pompeia, davanti alia
statua dello stesso Pompeo, sotto lo sguardo di tanti suoi cen-
turioni, sarebbe stato trafitto dai piu nobili cittadini, ai quali
e~li stcsso, in parte, aveva tributato ogni onore, e che sarebbe
rimasto li a giacere in modo tale che non aveva l'ardire di
accostarsi al suo cadavere non solo nessuno dei suoi amici, ma
finanche nessuno dei suoi schiavi?
Indubbiamente, dunque, l'ignoranza dei mali futuri e pit1
utile dclla loro conoscenza!
A dire il vero, in nessun modo - specialmente da parte 24

~o. A que"t'opera perduta Cicerone fa riferimento in De divi·11. 1, III.


XV ~ 1. Delia marte de] triumviro ha fattQ mcnzionc Quinto in De divi11. l,
1, 29- jO,

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314 CARNEA DE

degli Stoici- si potrebbe fare il seguente discorso: 11 Se l'avessero


saputo prima, Pompeo non sarebbe andato in guerra, Crasso
non avrebbe oltrcpassato l'Eufrate, Cesare non avrebbe intra-
preso la guerra civile n. Cio equivarrebbe a dire che essi non
ebbero una fine voluta dal fato; ma voi pretendete che tutto
avvenga fatalmente: eppero a nulla sarebbe loro giovata la
divinazione. Anzi, essi avrebbero perduto anche tutti i van-
taggi delia vita precedente: quale gioia, infatti, essi avrebbero
potuto provare nella vita, se si fossero messi a pensare alia
loro fine? Percio, a qualunque appiglio si volgano gli Stoici,
e inevitabile che tntta la loro ingegnosiHt rimanga atterrata.
Se, infatti, cio-che-avverra puo avvenire in un modo o nell'altro,
la fortuna ha il pieno sopravvento; ma le cose che son soggette
alia fortuna non possono essere certe. Se, invece, e certo quello
che deve acc:adere a proposito di ciascuna casa e in ciascun
momento, quale aiuto mi potranno dare gli aruspici?
x, 25 Costoro, dopo aver affermato che le case piu tristi si ma-
nifestano per mezzo eli segni, aggiungono, aUa :line, che tutto
andra rneglio se si compiono i riti espiatori: ma non si puo
trarre alcun sollievo da un rito di espiazione, se nulla accade
al di fuori delia volonta del fato. Se ne avvede Omero zz, quando
raffigura Giove in lamenti per non essere capace di strappare
alia morte, contra il destina, suo figlio Sarpedone. E proprio
questo vual dire il celebre versa greco a conferma di siffatta
opinione:
Quello che ad essere e pronto, del sommo Giove e al di sopra 13 •

E l'intero concetto di fato mi sembra che sia stato, a buon


diritto, messo in ridicola anche dai versa di un'Atcllana. Ma
in cose cosi serie non e il caso di scherzare!
Si concluda, dunque, il ragionamento cosi: se non si puo
prevedere che accada alcuna di quelle cose che accadono a
caso per il solo fatto che esse non possono essere certe, non
c. e divinazione alcuna; se, invece, esse possono essere previste
proprio in virtu del fatto che sono certe e fatali, ancora una
voita non c'e divinazione alcuna: tu, infatti, affennavi che
qucst'ultima si riferisce agli eventi fortuiti.

22. HoM. Il. XVI, 401 segg.


23. Qucsto ''erso, al pari di quello citato in V, u. l:, forsc, di Euripide.

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CARNEA DE 315

Questa prima schermaglia oratoria sia per noi quasi un'azione


di pattuglia; ma adesso veniamo ai ferri corti e proviamo la
possibilita di far battere in ritirata i grossi schieramenti delia
t.na dissertazione!

:! rgomentazioni contro la divi1razione arltjiciale (CICERONE, De


divin. II, XII-XL VII, 28-gg passim)

a) Contra l'aruspicina.

Cominciama con l'esame dell'aruspicina, che io credo debba xn, 28


esscre pur coltivata per le pubbliche istituziani e per rispetto
delia religiosita popolare 1 . Ora, pero, siamo in un convegno
riservato ed e permesso indagare la verita senza suscitare contra
di noi alcuna recriminazione, specialmente nel caso mio, che
nutra dubbi sulla maggior parte delle cose 2 •
Facciarna in prima luogo, se lo consentite, un'ispezione
delle viscere. Ci si pua mai convincere che gli aruspici, fan-
dandosi su una continua osservazione, posseggano in anticipa
la conoscenza di cio che si dice venga indicata dalie viscere?
Quale continuita ba potuto avere codesta osservazione? O quale
e stata la durata del tempo in cui si e potuto « osservare »?
O in chc maniera hanno potuto accordarsi tra Iora e stabilire
qnale parte delle viscere rispecchi presagi ostili e quale ne
rispc-cchi di favorevoli, e quali perigli o quale sorta di van-
taggi vcngano indicati dall'incisione dcl fegato? E possibile
mai che su qucsti punti si siano messi d'accordo aruspici del-
l'Etruria e di Elide, dell'Egitto e di Cartagine? Un accordo
siffatto, oltre a non esscre possibile, non e neanche immagi-
nabile, giacche noi vediarno che le viscere vcngono interpretate
da uno secondo una consuetudine e da un altro secondo un'altra
e chc il metoda interpretativo non e unico per tutti.
lndubbiamente, se ncllc viscere e presente un qualche po- 29
tere che sia capace di disvelare il futuro, esso di necessita o e

X , r_. l! confm:mismo sccttico (che e analogo a quello di De flaf. deor. III,


XX 1X. 9_,) assume qui qna.si il carattere di doppia ~"crita.
~- Gia l·.arneade aveva attcnuata l'en-ox_l] di Arccsilao; Cicerone attcnua
anche quc\la rli Cameade.

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316 CARNEA DE

congimtto alia natura universale oppure si conforma, in un


certo qual modo, alia volonHt. dcgli dei e alia dhdna potenza.
:!\Ia con la natura universale, che con tanta grandiosiU!. e lim-
pidezza e diffusa in tutte le sue parti e in tutti i moti suoi,
quale comunanza puo avere non din) il fiele di un pollo (ci
sono, per la verita, alcuni pronti ad asseverare che le viscere
di questi animali sono le piu sensibili), ma persino il fegato
di un toro ben impinguato, ovvero quale potcnza naturale si
riscontra in un cuore o in un polmone, fina al punto di poter
manifestare i futuri accadimenti?
XIII, 30 Eppure Democrito s, da :fisico quale egli e - e non c'e nulla
di piu impertinente di questo genere di studiosi -, con bella
arguzia si mette a motteggiare:
Quel ch'~ davanti al pie nessuno guarda,
l\1a le celesti plaghe yan scrutando!

Anche lui, tuttavia, pensa che dal tenore e dai calare delle
viscere vengano rese manifeste almeno queste cose, ossia il
tipo di pascolo e l'ubertosita o la scarsita dei prodotti agricoli,
anzi egli e del parere che le viscere fomiscano indicazioni anche
sulle stagioni salubri e su quelle pestilenziali. Beata mortale
lui, che pure - lo so bene - non si lascio mai scappare l'occa-
sione di prendere in giro! E come mai propria un uomo come
lui si e pasciuto di cosi grosse corbellerie da non avvedersi che
una coincidenza simile sarebbe stata «verosimile,, esclusiva-
mente nel casa che le viscere di tutto il bestiame del mondo
avessero assunto simultaneamente lo stesso tenore e lo stesso
calare? 1\la, se nella medesima ora il fegato di una bestia si
presenta liscio e pieno e quello di un'altra ruvido e striminzito,
non c' e un bel niente che possa essere disvclato dai tenore e
dal colore delle viscere!
31 Oppure tutto questo ha una certa affinita con l'aneddoto
da te riferito" a proposito di Ferccide? Questi vide dell'acqua
che era stata attinta da un pozzo e subita dichiaro che si sarebbe
verifi.catv un terremoto. ~Ia Ferecide fu rnolto modesto, a mio
avviso, se si tiene conto che costoro, quando si e verificata un
terremoto, hanno la faccia tasta di specificare la potenza che

3· 68 A IJA Diels-Kranz.
4· In De divit1. 1. L, 112. Cfr. 7 A 6 Diels-Kranz.

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CARNEADE 317

l'h::t prodatta. Farse anche in base al colore dell'acqua montana


hanno il presentimento di un siflatto fenomeno? Nelle scuole
:;i ,·an dicendo tante stupidaggini come queste; ma vedi tu se
o;iJ. il caso di accordare la fiducia a tutte!
:\Ia ammettiamo pure che le corbellerie di Democrito siano 32
n~re: quando mai noi, a proposito di questi fenomeni, ci met·
tiarno a scrutare le viscere? O quando mai abbiamo ascoltato
dalla bocca dell'aruspice previsioni siffatte, dopo che costui ha
scruta ta le viscere? Costoro ci avvertono dei pericoli in base
all"esame dell'acqua e del fuoco; talora preannunciano arrivi
eli t>redita, talora di guai; s'impegnano a meditare con la mas-
sim::l scrupolosita sull'apice del fegato a pczzettino a pezzettino;
e. se non riescono propria a scovarlo, pensano che un guaio
pili funesta non poteva accadere!
Come sopra ho dimostrato, e senz'altro impossibile una XIY, 33
metodica osservazione di queste cose. Si tratta, allora, di un'in·
nnzione dovuta all'arte e non a tutta una vetusta tradizione,
se pure esiste una qualche arte di cose che non si conoscono:
quale affinita esse hanno, d'altra parte, con la natura? E am·
mf'~:;o pure che quest'ultima sia tenuta unita da un solo con·
cento e lo contenga in se - carne io vedo essere piaciuto ai
" fisici l>, specialmente a quelli che hanno ribadito l'unita di tutto
cii1-che-esiste 5 - quale stretto rapporto ci potrebbe esscre tra
il mondo tutto e la scoperta di un tesoro? Se, infatti, le viscere
mi sanno indicare un maggiore accumulo del mio denaro e se
questu avdene « per natura n, allora, in prima luogo, le viscere
hanno stretto rapporto col mondo tutto e, in secondo luogo,
il mio profitto personale e contemplato dalla universal natura.
l\Ia non si vergognano i fisici di affermare queste sciocchezze?
Ammettiamo pure che nella natura dell'universo sussista
una qualche affinita. che anch'io concedo (gli Stoici, invero,
creano un legame tra tante cose! 6 ). Si dice che il fegatuccio
dei topolini subisca una dilatazione durante la bruma 7 e che
la nepitdla selvatica emetta fiorescenza propria nel giorno del

5- Allu~ion" a Senofanc o. anche. al monismo dcgli Stoici.


o . .\Jlusionc alia concezione stoica delia OU!lotilh;Lcr. (cfr. Stoi,. v~t. frag.,
~ 1 · ~75. 53~. 546, IOTJ. 1212 Arnim), su cui insiste,·a :soprattutto Posidonio
c~r. 1-'•)HLE:-:z. La Stoa, I. 441-3; K. REJSKAitDT. 1\osmos •md Sympatllie,
Munchen, 1gz6, pp. 91 segg.. Poseidonios, in • RE •. XXII. coli. 558 segg.).
7· Cfr. Pu:-;. Nat. laist. XI, 76.

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318 CARNEADE

solstizio d'inverno 8 e che le sue piccole membrane, ormai


rigonfie, si rompano e che i semi delle mele, prima racchiusi
nel centro eli questo frutto, si spingano in direzioni contrarie
e chc nelle lire, quando si percuotono alcune corde, ne risuonino
altre e che a tutte le ostriche e a tutte le conchiglie capiti di
crescere o di decrescere a seconda deHa luna crescente o ca-
lante 9 , e si crede che il taglio degli alberi sia opportuno nel
pcriodo invernale, non appena la luna comincia a calare, perch~
34 propria allora gli alberi sono ben secchi 10• E non e il caso di
dilungarsi sulle acque marine e sullc maree, il cui flusso e ri-
flusso e retto dai moto lunare. E si potrebbero citarea centinaia
altri simili fenomeni per rilevare una naturale parentela tra
case che pur sono separate da distanze grandissime. Si, conce-
diamolo pure, giacche nessuna obiezione noi facciamo a siffatti
argomenti: ma, aUa fine clei conti, se si pratica nel fegato di
un animale un certa tipo di incisione, si viene ad acclarare, farse,
l'imminenza di un lucro personale? In base a quale naturale
congiunzione e, potremmo dire, " conscnso annonico » - che i
Greci chiamano simpatia - puo essere in rapporto l'incisione
del fegato col mio piccolo tornaconto economica? O il mio
profittuccio insign.ificante con cielo e terra ed universal natura?
xv Anche se procurero grave danno alia mia tesi, ti concederb.
se vuoi, persino la sussistenza di un qualche rapporto tra Ia
35 natura e le viscere eli un animale. 1\Ia, tuttavia, anche a voler
fare questa concessione, come mai avviene che ehi voglia otte-
nere buoni presagi immoli una vittima adatta ai suoi scopi?
Era questo il punto che io ritenevo insolubile. Ma con quanta
briosita esso vien risolto! Non provo vergogna certamente per
te, di cui ammiro la precisione con la quale ricordi le case, ma
per Crisippo, per Antipatro, per Posidonio n, i quali fanno le
medesime osscrvazioni riferite da te, ossia che nella scelta.
delia vittima ci fa da guida una certa facolta sensitiva e divi-
natrice che si effonde attraverso il mondo intero. Anzi e molto
migliore anche l'altro argomento, frequentemente utilizzato da

S. Cfr. ibitl. II, -1·


9· Cfr. ibid. Il, -1 r.
ro. Cfr. ibid. XVI, 74·
u. Stoic. uct. j~11g. II. 1209 Arnim.

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CARNEADE

te e proclamata da loro, assia che, nell'atto in cui qualcuno


intt"nda compiere un sacrificio, propria allora si verifica un
111 utamento nelle viscere, ncl senso che un qualcosa o va via
d:-i queste o a queste si aggiunge, dai momento che tutte le
co-.:c obbediscono al volere degli dei.
Ma - credi a me! - a cadeste sciocchezze non prestan fede 36
neanche le vecchierelle! Pensi tu che la stesso vitello, se lo
~ceglie uno, lo trovera col fegato priva eli apice, e se lo sceglie
1m altro, la trovera con l'apice? Ed e mai possibile che si verifichi
all'improvviso questa sottrazione o questa aggiunzione del-
!'apice, affinche le viscere si adeguino alia fortuna del sacri-
ficante? Non v'accorgete - soprattutto in base alle indicazioni
della vostra esperienza - che la scelta delle vittime implica
tutto un gioco d'azzardo? 12 Difatti, dopo che si siano riscon-
trate viscere prive di apice - casa di cui nulla sembra essere
pili funesta! -, la prossima vittima viene immolata dando le
pitt f::mste indicazioni. Dove sono, allora, le tremende minacce
dclle viscere ])recedenti? E carne mai, tutto d'un tratto, gli dei
si sono placati fino a tal segna?
Tu, pero, hai citato ta il caso delia mancanza del cuore in xvx
un grosso tora quanda Cesare fece un sacrificio; e poiche quella
,·ittima prcccdcntemente non avrebbe potuto vivere senza avere
il cuore, qucst'organa dovette necessariamente essere eliminata
nel momento stessa dell'immolazione. Ma come mai avviene 37
che tu una cosa la capisci, ossia l'impossibilita che il bue vi-
wsse senza cuore, e un'altra non riesci a scorgerla, ossia l'im-
possibilita che il cuore, tutto d'un tratta, se ne volasse via non
~o do ve? Da parte mia, potrei anche ignorare l'importanza che
il cuore ha per la sopravvivenza oppure saspettare che il cuore
di un bue, gia di formata alquanto ridotto, sia stato ancor piu
rimpicciolito da una malattia e si sia inflaccidito ed abbia per-
<luto ormai ogni somiglianza con un vero e propria cuore; ma
tu quale motiva hai per credere che, mentre poco prima un
tora grasso e grosso aveva il cuore, subito dopo, nell'atto del
sacrificio, quest'organo sia scomparso? O farse, siccome vide

. 1 ~- Quest'al<!a ~ strettamente legata al calcolo ddl" probabilita e si in·


s~nsc:e speculativamente nt-1 pensiero piu autcntîco dî Cameade.
IJ. lu De diviu. 1. LII, 119.

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320 CARNEA DE

Cesare u senza cuore 11 [excors] 14 in abbigliamento porporino.


rima se anche lui orbo del cuore?
Credi a me: l'intera cittadella delia filosofia voi 16 conse-
gnate al nemico, mentre cercate eli clifendere certi fortinil
Difatti, con Ia vostra pretesa in merito aiia veracita dell'aru-
spicina, voi scombussolate l'intera scienza delia natura.
L'apice c'e ncl fegato, il cuore c'e nelle interiora: ma ecco
qui, non appena vi si verseranno sopra farro e vino, essi si
dilegueranno di botto: un dio se li trascinera con se, un occulto
potere li consumera e li divorera. r-.ra, allora, non sara piu Ia
natura a causare la nascita e la morte di tutte quante le cose,
ed csistera qualcosa che o nasce dai nulla oppure nel nulla
repentinamente si dilegua 18 • E quale fisico ha fatto mai una
simile affermazione? La fo.nno gli aruspici: e, alia fine dei conti,
tu credi che a costoro e non ai fisici si debba prestar fede?
xvn, 38 E non basta! Quando si fa un sacrificio in onore di piu
divinit~. carne avviene, alia fine, che per alcune di esse il rito
e propizio e per altre no? E quale incoerenza da parte degli dei
e codesta, ossia minacciar guai con le viscere che vengono prima
c far buone promesse con quelle che vengono poi? Ovvero tra
loro, spesso anche tra i piu stretti congiunti, regna tanta di-
scordia, fino al punto che le viscere riservate ad Apollo sono
buone e quclle riservate a Diana non sono buone? Eppure il
fatto piu lampante e che le vittime addotte sono prese a caso.
e quelle riserYate a ciascuna divinitâ sono venute fuori quasi
da un sorteggio li.
uMa appunto questo - obiettate voi- ha in se un qualcosa
di divina, ossia il fatto che, carne accadc ncll'cstrazione a sorte,
a cia!;cuno la contingenza assegna quella vittima che gli v:iene
poi effettivamente arrecata 11.
Delle 11 sorti " parleremo tra poco 18, quantunque tu, col
paragone del sorteggio, non confermi la causa delle vittime,
ma infirmi quella delle sorti, mettendole a contatto con le bestie.

q. Il t~rmine latino val" anche • insensato >.


Ij. Voi Stoici, che pur proftssate tanto razionalismo e tanta dialettica.
16. Si avra. cosi. una sorta di creazionismo che ogni !ilosufo antico re-
spinf'e"'bbe.
17. Ossia con criterio • probabilistico •·
rs. In XLVI, S5 se~g.

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Rusto di Carneadc
(Parigi. Lonn~) .

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CAR:-IEADE J2I

O, farse, all'Equimelio 19, quando mandiamo qualcuno a pre- 39


levare un agnello, sara prclevato per me quell'agnello che avra
k viscere adatte alla bisogna, se il mio garzone viene me-
nato presso quell'agnello non dal caso, ma dalla guida di un dio?
Chc se tu affenni, anche in eia, una certa presenza delia sorte
congiunta con la volonta degli dci, io mi rammarico chei nostri
Stoici abbiano offerto una buona occasione per farsi prendere
in giro dagli Epicurei. E costoro si divertiranno un bel po', 4o
giacche gli stessi dei furono introdotti da Epicuro 20 , per ischerzo,
cnme translucidi, percorribili dai venti e abitanti tra due mondi
come tra due sacri recinti per timore di crollare, ed egli reputa
che abbiano le stesse membra che abbiamo noi, senza farne,
l't'ro, alc:un uso. Costui, dunque, sbarazzandosi degli dei con
un raggiro, giustamente non esita a sbarazzarsi anche della
divinazione: ma gli Stoici non hanno la stessa coerenza che
ha lui. Il dia di Epicuro non ha nulla da fare n~ per se ne per
gli altri e, quindi, non pua concedere agli uomini la divinazione;
il vostro dio, al contraria, potrebbe anche fare a mena di con-
cederla, senza, per questo, smettere di reggere il mondo e di
badare agli uomini. Perche, allora, vi andate impigliando in 41
quei ragionamenti capziosi da cui non riuscite mai a districarvi?
Quando gli Stoici vogliono essere sbrigativi, fanno di solito
q uest o sillogismo 21 : « Se gli dei esistono, c' e divinazione; ma
gli dei esistono: dunque divinazione c'e "_ Ma molto piu e
11 probabile 11 il procedimento seguente: u ma non c' e
divinazione:
dunque gli dei non esistono 11 22.
Vedi carne parlano a vanvera: giungono persino alla conse-
guenza che, se non c'e divinazione, gli dei non esistono affatto.
La verita e pero un'altra: la divinazione si elimina con un
discorso chiarissimo; invece nell' csistenza degli dei bisogna
credere 2a.

19. l.'n quartiere romano adibito al mercato de\ bestiame.


w. Cir. De nat. dMr. I, III, 5·
li.Il sillogismo e stato enunciato da Quinto in De divi11. I, V, 9·
. u. La premcssa maggiore, in tai ca.so, andrebbe mutata: • Se c'll d.ivina-
Zlone, ,E:Ii dei csistono •. Ma Carneade-Cicerone hanno preferito l'entimema. per
ef!icacta oratoria (cfr. A. Russo, La filosofia delia ri'lorica i11 Arislolele pp. 102-
Io). '
23 .. Cosi \o Scetticismo e, forse, il primo ad introdurre quello che, nella
Scc.lasbca medioe,·ale, si chiamera • argumenturu fidei •·

~~ . .S~tllid anJiclli.

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322 CARNEADE

b) Contro la divinazione fulguraJe.


xvm, 42 Una voita eliminata codesta divinazione operata dagli
"ispettori di viscere», se ne salta via tutta l'aruspicina.
l\'la vcngono, poi, prodigi e fulrnini!
Per i fulmini, pero, vale l'osservazione continua, mentre,
nel caso dei prodigi, il piu delle volte si tirana in ballo ragio-
namento e congettura.
Orbcne: casa c' e in un fulmine che si pres ti all'osservazione
metodica? Gli Etruschi divisero il cielo in sediei zone. Fu un'ope-
razione facile, questa: raddoppiare quelle che consideriamo anche
noi, poi raddoppiare ancora una voita, allo scopo di imparare,
in seguito a questa suddivisione, da quale parte sia venuto il
fulmine.
Ma, anzitutto, quale importanza ha tutto cio? E, in secondo
luogo, quale ne e il significato? Non risulta, farse, lampante
che, in base al prima sbigottimcnto degli uomini - dovuto
allo spavento che essi provavano per i tuoni e il guizzar dei
lampi -, sorse la credenza che qucsti fenomeni venissero pro-
dotti da Giove, onnipotente signore di tutte le cose? u Ecco
perche e scritto nei nostri Annali Sacri: '' Quando Giove tuona
43 e folgora, e empio tenere i comizi popolari 11. Ma questo fu,
farse, decretata per opportunismo politica, giacche (gli otti~
mati) 25 andavano a caccia di un pretesto per scansare i comizi.
E cosi il fulmine rimase un impaccio esclusivamente per i co-
mizi, mentre per tutti gli altri affari lo riteniamo di ottimo
auspicio, se scoppia a sinistra.
:!\Ia degli auspici parlercmo altrove 26 : ora trattiamo fulmini.
xtx Un'affermazione che i fisici non dovrcbbero fare mai il
questa: nUn qualcosa di certo viene significato da cose incerte » 117 •
Per la verita, io non credo che tu giunga fino al punto di
credcre che i Ciclopi fabbricarono per Giove il fulmine nel-·
H l'Etna: sarebbe, infatti, strano comc mai Giove lo lanciasse
tante volte, pur avendone uno solo; ne egli potrebbe far ricorso

24. Cfr. HoR. Cam1. III, 5, 1-l. •


25. Su ttucsla strumt>nt.alizzazione aristocratica ddle crcdcnzc popolan
cfr. LIV. l, 16.
lfi. In capp. XXXVIII. 8o scgg.
27. Il discorsc. di Carn.,adc-Cict:ronc si înserisce nc~lla complessa proble-
matica scettica del scgno (cfr. SEXT. EMP. Adv. Ing. Il, 144-155 e mie osser·
vazioni di pp. X.'(XJI-XXX\'11 delia traduzione italiana).

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C:\RNF:ADE 323

ai fuhnini per avv1sare gli uomini su quello chc si debba fare


0 scansare.
Credono, invero, gli Stoici che quclle esalazioni terrestri
che sono fredde, non appena cominciano a fluire, divengano
wnti, mcntre, allorche si infiltrana in una nube e ne comin-
ciano a staccare e a far cascare giu con se ogni parte meno
compatta c: a ripetere questa Iora azione con maggiare fre-
qucnza e intensită., propria allara si verifichino lampi e tuoni;
se, infine, il fuoco sprizzante dall'attrito dclle nubi cade in
basso. ecco chc si ha il fulmine. Ma, allora, noi andiamo ccr-
cando un'interpretazione del futuro fondandoci su un feno-
nwno chc si produce per forza naturale e scnza akuna regola
costantc e ad intervalli non fissi? Ovviamente Giove, se si
esprimesse con siffatti segni, quanti fulmini scaglierebbe a
yuoto! Qualc vantaggia se ne trae, infatti, quanda li scaglia 45
in mezzo al mare? E quale, quando li vibra sui piu alti monti,
cosa che avviene il piu delle volte? Cosa, quanda nel cuore dei
descrti? Cosa, quando in contrade dove sona popolaziani presso
cui l'osservazione di questi fenomeni non viene praticata af-
fatto!' ...

c) Contra l'interpretazionc dei prodigi.


~on ho pcrduto campletamente la speranza che cadeste XXI, 48
cose sianu vere; ma non so, e vorrei imparare da te.
Poicht\ infatti, mi sembrava che ccrti fenomeni si verifi-
casscro per mera coinddenza in mada conforme allc prediziani
dh·inatorie, tu hai parlata a lunga a proposito del caso 28 ,
facendo notare, ad esempia, che il Veneria 2 !1 pua uscirc per
casa se si gettano quattro cladi; ma che se si gettano quattro-
cento dadi, non si puo attrihuire al casa l'uscita di cento Veneri.
Anzitutto io non saprci perche questa non sia possibile,
ancorche non ho voglia di contrastarti. ~la di simili argamenti
tu _fai uso e abuso 1 )Ietti a tua disposizione quello dell'aspersione
de1 colori 30 , qucllo del grifo della scrofa 31 e tantissimi altri.

.!8. Il c.aso e strettamcnt<> lcgato al nostrn calcolo dcllc probabilita.


:!<J. N!?ll'antic:o gioco dei dadi si ave\"a il Yenerio - ossia il punto migliorc -
quanrlu ciascuno dei quattro dadi mostra~·a un numero diverso dall'altro .
.w. Cfr. Dr: divin. 1, XIII, zz.
JI. crr. ibidclll, 2j.

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CARNEADE

Dici che Carneade imrnagina la stessa cosa a proposito della


testa di Pan 3 2, quasi che cio non sia potuto accadere fortuita~
mente e che all'intemo di ogni blocco di manno non possano
celarsi necessariamente teste degne persino di Prassitele. Di-
fatti, anche quelle di Prassitele vengono prodotte per detra~
zione dal blocco, e Prassitele non vi aggiunge nulla; ma, quando
si e tolta molta quantita. di marmo e si e arrivati ai lineamenti
del volto, allora si puo capire che stava gia al di dentro del
49 marmo quell'immagine scultorea che e onnai levigata. Un
qualcosa di simile, dunque, puo essere uscito fuori spontanea~
mcnte anche dalie cave di Chio.
Ammettiarnolo pure! Ma che cosa se ne conclude? Non bai
mai osservato nelle nuvole la fonna di un leone o di un ippo-
centauro? E possibile, dunque, ammettere- cosa che ti rifiutavi
di fare - che il caso imiti la realta.
xxn E siccome abbiamo discusso abbastanza di viscere e di
fulmini, ci resta da parlare dei prodigi per esaurire la tratta~
zione di tutta quanta l'aruspicina.
Tu hai citato 33 , ad esempio, il parto delia mula. Fatto
miracoloso, perch~ non si riscontra sovente! Ma se non c'era
possibilita che accadesse, non sarebbe accaduto. E contra tutti
i prodigi valga questo: che non e mai avvenuto quello che non
sarebbe potuto avvenire; se, invece, poteva avvenire, non si
tratta di miracolo.
L'ignoranza delle cause produce meraviglia per un accadi-
mento che non si era mai riscontrato prima; se, perii, la me-
desima ignoranza sussiste per accadimenti di frequente riscontro,
non proviamo meraviglia. Infatti ehi si stupisce che una mula
abbia partorito, ignora carne possa partorire una cavalla o,
in linea generale, quale forza naturale causi il parto di un
animale. Ma costui non si meraviglia di cio che vede frequente-:
mente, ancorche non sappia il perche del suo accadere; se,
invece, avviene cio che egli non ha mai visto prima, pensa
che si tratti di un prodigio. :Ma, allora, il vero prodigio risiede

32. L'episodio de! Panisco rli Chio, ricordato da Qninto in De diui'!· I~


XIII, 23. si trova riportato anche in PuN. Nat. llist. XXXVII, 4, da cn1 gli
scultori de! Rinascimcnto - e in particolare Mîchelangelo - trassero la con-
ce:zione della • oesati,·itâ • dd loro lavoro.
33· In De di11in. 1, XVIII, 36.

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CARNEA DE 325

ncll'atto in cui la mula concepisce o in quello in cui partorisce?


Forse e contra natura il concepimento, ma il parto e quasi
:;conta ta! ...
A dire il vero, ogni congettura su cui la divinazione si fonda, xxVI, 55
virne spinta - a seconda delle naturali facolta degli uomini -
in molte c diverse e finanche contrastantă direzioni particolari.
Come, infatti, nei processi giudiziari una e la congettura del-
l'accusa. un'altra e quella delia difesa e, tuttavia, sono plausi-
bili quelle di entrambe, cosi, a prapasito di tutti quei fenameni
chc vengono indagati per via cangetturale, si paria in maniera
ancipite. Ma, per quei fatti che ci vengono offerti ora dalla
natura e ora dal caso (qualche voita !'analogia e anche motiva
di errore) 3~. e segno di grave stoltezza ritenere promotori gli
dei, senza ricercame le cause reali 35•
Tu credi che i vati dclla Beozia riuscissero a prefigurare a 56
Lebadia 36 la vittoria dei Tebani dal canto dei galli, perche
qucsti animali se ne stanno zitti quando perdono e si mettono
a cantare quando vincono. 1\la, allora, Giove aduna citta tanto
importante si mise a dar segnale per mezzo di pollastril Ed
e poi vero che quei pennuti non sogliona cantare se non vittoria?
).la allora essi cantinuarono a cantare, eppure non avevano vinto.
11 Ecco il prodigio ,, - dirai tu. Straordinario davverol Carne se

avessero cantato pesci, e non galli! Ma quale momento c'e in


cui essi non cantina, vuoi di notte, vuoi di giarno? Che se,
quando sona vincenti, vengono stimalati a cantare quasi da
una gioia ardente, fu passibile che ci fasse anche un qualche
altro gioioso motiva ad indurli al canto.
Democrito 37 , almeno, spiega ottimamente la causa per cui 57
i galli cantano prima dell'alba: dopo aver sgombrato il cibo
dallo stomaco e dopo averlo distribuita con la digestione in

~4· SecondQ la logica dassica, quando !'analogia si fonda su una qualernio


1
~,.1111 llor"m i cui elcmenti non siano pienamente omogcnci ma soltanto simili.
51 ha la (LE:-:-&:~'1GL::; d~ &>.).o ye . . oc; e, quindi, J"errore.
t· 35. La difesa carneadeo-cicemniana di nn'aitiologia naturalistico-scicn-
D~ca c qui condotta solo pe.r moti_vo polemica cuntro l'aitio_logia teolo?i~a .
. altra parte essa preannunc1a la d1fesa dcllc causc procatart1chc, su cm m-
!liStera la lllcdicina Empirica.
d . 36 •.Cfr. De dil'ill. I, XXXIV, 74. ove Quinto paria dd continua cautare
CI galh ntcntre si eseguivano sacriiici a Trofunio.
37- 68 A 158 Diels-Kranz.

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CARXE.-\DE

ogni parte del corpo, essi sogliono cantare, soddisfatti delloro


riposo: essi, che comc dice Ennio:
:-.:el notturnu silenzio
Danno I'appoggio con le fauci rosse,
Cantando, e con un plauso bal ton !'ali 38 ,

)la allora: dal momento che quest'animale e spontaneamente


tanto disposto al canto. perche mai e saltato in mente a Cal.li-
stene 39 di asserire che gli dei hanno attribuito ai galli u il segno
dcl canto 11, quando era ben possibilc che si trattasse solo di
un cffetto della natura o del casa?
xxvn, 5!:i Si diede in senato l'annuncio 40 che c'era stata una pioggia
di sangue, e che anche il rio Atrato scorrcva sangue e che le
statue dcgli dei avevano trasudato. Ma non pcnsare che ad una
siffatta notizia avrebbero prcstato fede un Talete o un Anassa-
gora o qualche altro filosofa della natura. Sangue e sudore,
infatti, non emanano se non da corpo vivo. Ma una certa tra-
scolorazione, dovuta a contatto di zolle diverse, puo somigliare
moltissimo al sangue, e l'umiditâ sopraggiunta dall'esterno
sembra imitare il sudore, come si riscontra nell'intonaco delle
nostre case. In tempo eli guerra, poi, questi fenomeni si mol-
tiplicano e si ingigantiscono a causa dclle nostre paure, mentre
non vengono avvertiti in tempo di pace; eppure sono i rnede~
simi. A cio si aggiunge anche il fatto che nella paura e nel peri-
colo vi si crede piu facilmente e li si crea piil impunemente 41•
59 E noi sarcmo cosi leggeri e sconsiderati da credcre al miracolo,
se un qualche oggetto e stato rosicchiato dai topi, che non
fanno altro se non questo per natural bisogno? Il fatto che
prima della guerra marsica i topi avcssero rosicchiato - come
hai dctto tu 42 - gli scudi a Lanuvio, fu proclamata dagli aru-
spici portcnto funestissimo: come se ci fosse una differenza se
i topi, che stanno sempre a rodere qualcosa giorno e notte, ·
avessero corroso scudi o stacci! Se stiamo dietro a queste stu-
pidaggini, allora, poicbe poco fa a casa mia i topi hanno ro-

:lS. Sono vcr5Î dell'/ phignria (frr. zzu·S \\'armington).


_19. Lo storicu Callistcne di Olinto (IV sec. a. C.). cugino di Aristotelu,
[u au ture di EllmiclJ~ c di Falli di Alt'ssa11dro (dr. Frag. lrist. gr.uc., 124 Jaroby) •
.ţo. Cfr. D<' dit•i11. l, XLII 1. 9~ .
.p. Cir.. ati esempio, LI\', XXIV, 8, 6, peri procligi delia l.oattaglia di Canne.
-!-!· ln Dt: dit·i11. 1, XL IV, 99.

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CARNEADE

sicchiato la Repubblica di Platone, avrei dovuto nutrir timori


per la sorte del nostro Stato, oppure, se fosse stato rosicchiato
il Hbro di Epicuro Sul piacere, avrei dovuto credere ad un im-
mcdiato rincaro dei generi alimentari sul mercato!
O intendi dire che noi restiamo sbigottiti solo quando ci xxvm, 6o
ycngono a parlare di nascite portentose di animali o di uomini?
}'d non dilungarmi, ogni spiegazione razionale eli questi fcno-
mcni e una soia: tutto quello che nasce, eli qualsivoglia sorta
cssu sia, ha necessariamente una causa naturale 43 ; quineli,
anche se e venuto fuori scavalcando la consuetudine, non puo
tuttavia venir fuori scavalcando la natura. Se ti e possibile,
dnnque, mettiti ad indagare la causa di un fatto che tu riscontri
per la prima voita e per il quale tu provi meraviglia; e se non
ne trovcrai alcuna, riticni tuttavia per acclarato questo, ossia
che nicnte sarebbe potuto accadere senza una causa, e scaccia
con un ragionamcnto adeguato alla natura quello spavento
t:hc c stato prodotto in te dalla novita del fatto. Cosi tu non
n:rrai terrorizzato ne da sussulti delia terra ne dallo squar-
ciarsi del cielo ne da piogge di pietre o eli sangue ne da una
stclla che cade ne dall'apparizione eli celesti facelle 44 •
Se eli tutti questi fenomeni io chiedessi la causa a Crisippo 45, 61
anche lui. che pur difende la divinazione, non asserira mai che
essi sono accaduti fortuitamente, anzi mi dara una spiegazione
naturale di ciascuno di essi: nulla, infatti, puo accadere senza
causa, e non accade cosa alcuna che non abbia possibilita di
ac cadere; e se e accaduto quello che era possibile che acca-
desse, non deve sembrare un portento: eppero non esiste por-
tf:'nto alcuno. Difatti, se si deve stimare portento qucllo che
avviene di rado, il vero portento e, allora, l'esistenza del sa-
piente '16 , giacch~. a mio avviso, si e riscontrato piu di fre-
quc-nte il parto di una mula che l'esistenza di un sapiente.
A questo punto tutto il ragionamento di prima trova la sua

43· Comc in XXVI, 55 bisogna ritcncrc sc>lo polt'mico l'appcllo di Car-


neacle-C!ccrone alia. causa naturale, quantunque un attacco a fondo contro
"!u.,st'ultima sia stat.o c;ondotto non da Camcadc, ma da Enesidemo (cfr.
SEXT. E~tP. Adv. ph:ys. 1. 218-264).
H· Di tutti questi prudigi ha parlato Quinto in D..: divi11. 1. XLlll.
45· Cir. De divi11. I. XV, 35·
. . 46. Su qucsta intwvabilita del sapientc, sostenuta dagli stessi Stoici.
•ns•stono sovente gli Scettici (cfr. SEXT. E~1P. Adv. pllys. 1, 133).

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328 CARNEADE

conclusione: ne cio che non sarebbe potuto accadere e mai


accaduto, ne cio che sarebbe potuto accadere e un fatto pro-
digioso: pertanto non esiste assolutamente alcun prodigio. E
propria questa si dice che sia stata l'arguta risposta data da un
congetturatore e interprete di sogni a ehi una voita gli riferl,
come fatto prodigioso, che un serpente si era attorcigliato in-
tomo alia sbarra dell'uscio. "Prodigio sarebbe stato - disse
l'interprete -, se fosse stata la sbarra ad attorcigliarsi attomo
al serpente )), Con questo « responso )) egli intese dichiarare, con
la massima franchezza, che nessuna cosa la quale abbia la possi-
bilita di accadere e un prodigio ...

tl) Contra gli auspici.


vm, So Lascia da parte il bastone augurale di Romolo 47, che tu
dici non sarebbe potuto andare in fumo neanche nel piu grosso
incendia, e non tenere in nessun canto la cote di Atto Naviol"
In sede filosofica non si deve riservare nessun posta all'inven-
zione di storielle: sarebbe stat o compito di un filosofa esami-
nare in prima luogo la stessa natura delia divinazione augurale
in genere, poi la sua invenzione e, infine, la sua struttura.
Qual e, dunque, quella legge di natura che permette ai
pennuti, che svolazzano saltuariamente qua e Ia, di esprimere
qualche segno e talora di vietare l'esecuzione di un'azione,
talora di comandarla, a seconda delia maniera di volare o di
cantare? E perche, poi, e stata accordata Ia possibilita di fare
un auspicio sicuro ad alcuni da destra e ad altri da sinistra?
In che modo o in quale epoca o da ehi diremo che sono state
inventate queste corbellerie? Gli Etruschi, almeno, ritengono
inventare delia loro attivita un fanciullo nato dall'aratro .. :
ma ehi riterremo noi? Atto Navio? 1\Ia piu antichi di lui di
parecchi anni furono Romolo e Remo, auguri entrambi, come
vuole la tradizione. Oppure diremo che queste sono invenzioni
dei Pisidi o dei Cilici o dei Frigi? l\la, allora, daremo l'assenso

47· Per questo litrms che gli auguri portavano conle insegna delia loro
carica cfr. De divin. 1, XIII, JO.
48. Per Ia leggenda di Atto Navio che, sotto il regno di Tarquinio Prisco,
avre!Jbe tagliato la cote col rasoio, dr. De divifl. J, XVII, 32: Lrv. I, 36;
V AL. MAX. 1, 4, I; Dmsrs. Auc. 111, 70; LACTA:ST. Div. i11st. II, 7•
49· Questo fanciullo e Tagete, figlio di Genio e nipote di Giove. menzio·
nato iu De divin. Il. XXIII, 50 e, tra l'altro, in OvJD . •lletam. XV, 558-g.

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CARNEADE 329

ad una credenza secondo cui uomini incivili siano gli inventori


eli. un'arte divina?
").fa - tu obietti - tutti i re, i popoli e le nazioni praticano xxxrx, 81
g}i auspicii 11 Come se non ci fosse un qualcosa tanto largamente
~li,·ulgato quanto l'insipienza, o come se, propria tu, ncl dare
un giudizio, tenessi conto delia massa! 50 E cosi piccolo il nu-
mero di colora che affermano che il piacere non e un bene:
anzi i piu affennano che esso e il bene suprema! Ma farse che,
per il grande numero di costoro, gli Stoici recedono dai loro
punto di vîsta? O forse, nella maggior parte dei casi, la massa
~i attiene alia loro autoriHt? Che c'e di strano, allora, se in
ogni ramo della divinazione le coscienze deboli accolgono co-
deste superstizioni senza saper discernere la verita?
Quale compatta e stabile coerenza, poi, sussiste tra gli 82
auguri? Secondo l'usanza nostrana di intendere l'augurio,
Ennio disse 51
.\11ora a sinistra tonb, a cielo sereno: e fu bene!

L'Aiace omerico, invece, esprime non so quale sua lagnanza


per l'intraprendenza dei Troiani, annunciandola nel modo
seguente 52 :
Prosperi segni dic Giove per loro con folgori a destra.

Cosi per noi paiono migliori gli auspici a sinistra, per Greci e
barbari quelli a destra. Eppure io so che, quando gli affari
\"anno bene, voi li chiamate « sinistri anche se si fanno a
1)

destra; ma e indubitabile chei nostri hanno chiamato l'auspicio


'' sinistra e gli stranieri lo hanno chiamato •c destro » perche
1)

cosi sembrava meglio nella maggior parte dei casi.


Che grave disaccordo e mai questol E allora? Visto che 83
~'{li auguri si servono di uccelli diversi e di segni diversi, ed
rseguono in modo diverso le loro osservazioni e danno responsi
diversi, non si deve necessariamente reputare che una parte
di queste cose e stata assunta erroneamente, una parte per
superstizione e una buona parte allo scopo di ingannare? ...

50. Tanto gli Stoici quanto gli Scettici non tcnevano in gran conlo la
E~<P. Adv.log. J, 327-335).
massa (dr. Sloi&. uet.frag. Diog., III, 86 Arnim; SEXT.
51. Arm. 4.54 'Varmington.
52. HoM. Il. IX. 236.

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330 CAR~EADE

e) Contra le sorti.

xu, 85 Ci restano le sorti e i Caldei e poi giungercmo presso i pro-


feti ed i sogni.
:\;la pensi tu che valga la pena di parlare dclle sorti? E
che cos'e una sorte? E quasi la medesima cosa che giocare alia
morra o a dadi o a dama, ossia far cose in cui prevalgono l'az-
zardo e il caso, non la ragione e il senno. Tutta questa inven-
zione si basa su una serie di inganni e mira al guadagno o aUa
supcrstizione o all'errore.
Ma, carne abbiamo fatto nel caso dell'aruspicina, cosi ve-
diamo anchc adesso cosa ci elice la tradizione a proposito delle
sorti piu note.
Le Cronache di Preneste riportano che Numerio Suffustio,
uomo onorcvole e ben noto, avendo ricevuto da sogni frequenti
e alia fine anche minacciosi l'ordine di togliere la roccia da una
localita stabilita, sotto lo spavento di quelle visioni comincio
ad cseguire quell'ordine tra la derisione dei suoi concittadini;
pertanto, dalla frattura di un macigno balzarono fuori le sorti
scolpite su legno di rovere in lettere arcaiche. Oggigiorno questa
localita e recintata con venerazione presso il tempio di Giove
Fanciullo, che, da lattante, sedendo con Giunone in grembo
alla Fortuna, proteso versa la mammella, viene adorato col
86 massimo scrupolo dalie matrone. E si tramanda che, aUa stessa
epoca, in quel luogo ove e ora il tempio delia Fortuna. sgorgo
miele da un ulivo e gli aruspici affermarono che quelle sorti
sarebbero divenute famosissime, e per Iora ordine da quell'ulivo
fu fatta un'urna e in questa vennero nascoste le sorti di cui ai
nostri giorni si fa l'estrazione, solo quando la Fortuna lo consiglia.
Ma, allora, quale sicurezza ci puo essere in queste sorti che,
per consiglio della Fortuna, vengono mcscolate ed estratte dalta
mana di un fanciullo? E in che moda, pai, esse furono paste
in quelluogo? E ehi taglio, piallo ed incise quellegno di rovere?
«Non c' e nulla - essi suggeriscono - che un dio non possa
fare n. Oh, se avesse fatto meno stupidi gli Stoici, perche costoro
non prestasscro fede a tutto con superstizione scrupolosa e
m.iserevole!
Questo tipa eli superstizione e stato estromesso dalla vita
ordinaria: la bellezza e la vetusta del tempio conservano, an·

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CAR~E.>.n~; 331

cora oggi, il nome dellc ce sorti prenestine ••. anche se soltanto


tra il popolino. Quale magistrato, infatti, quale uomo di un 87
cert o rilievo ricorrc alle sorti?
Ndle altre localita, comunque, le sorti si sono completamente
congelatc. E Clitomaco riferisce che Carneade soleva usarc la
scgut>ntc espressione: «In nessuna localită. al eli fuori di Pre-
ne~te ho visto una Fortuna piu fortunata •• 53•
Percio qnesto tipo di divinazione saltiamolo a pit'~ pari.

f) Contro l'astrologia.
\' cniamo ai prodigi dci Caldei! XLII
A proposito di questi prodigi, Eudosso 54 , allievo di Platane
e senz'altro il prima degli astronomi a giudizio uei piu com-
petenti, e dcl parere - come ha lasciato per iscritto - che ai
Caldf'i non bisogna accordare la benche minima fiducia per
quanto concerne la predizione e l'annotazione delia vita di
ciascuno in base al genetliaco. Anche Panezio 5", che fu l'unico 88
tra gli Stoici a respingere le predizioni astrologiche, menziona
che Anchialo e Cassandro, sornmi astronomi a lui contempo-
ranci, cccellevano negli altri settori delia scienza degli astri,
ma non praticavano questo tipo di predizione. E Scilace di Ali-
carnasso, intima di Panezio, eccellente nell'astronomia e, per
giunta, capo dcl governo delia sua citta, respinse in blocco
questo genere di predizione praticato dai Caldei.
Ma mettiamo qui da parte ogni altra testimonianza e ser· 89
,·iamoci esclusivamcnte delia ragione.
I sostenitori di queste predizioni caldaiche fondate sul
genttliaco seguono le teorie seguenti. Essi affern1ano la pre-
scnza di un certo inftusso nel cerchio delle costellazioni che
ha il norne grcco di zodiaco; e, a loro avviso, quest'influsso e
talc ch~ ciascuna zona di qucl cerchio mctte in moto le altre
c~se qnale in un modo e quale in un altro e cangia il suo punto
dJ partenza a seconda delia presenza di ciascuna costellazione
53. :-<ci senso chc Prcncstc era l"unic.a localila th<' ancora conscrva,-a il
cultn <itclla Fortuna.
, 5-t. Eu<losso <li Cnido, dr.llc cui dottrine si ser\'i spcsso Aristotele (.lll"laph.
?'Ha '?· IO]jh 17. 1079\J 21). sostilui\'a allc fanfaluche astrologichc Iu studio
· Clen_t~fico degli .astri (cfr. SEXT. EltP. A.dv. mui!J. \". 1).
<:[ :~: Per la smgolare posizionc di Panezio in contrasto con gli altri Stuici
r. l.sro EMPIRICO, Con/ro i lll<llflllatici, trat.l. it., pp. XX...X·XXX\".

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332 CARNEADE

in queste zone dello zodiaco c in quelle vicine in ciascun tempo


dell'anno, e quell'influsso verrebbe variamente esercitato dagli
astri erranti. Quando, poi, gli astrologi pervengono a quella
parte del cerchio zodiacale in cui e il punto di levata del nasci-
turo o in quella parte che presenta un punto di congiunzione
o di simpatia, essi ricorrono ai nomi di triangoli e di quadrati 68,
Infatti, poiche secondo ciascuna stagione o periodo dell'anno
si verificano tanti rivolgimenti e mutamenti del cielo a causa
dell'accostarsi delle costellazioni o delloro allontanarsi, e poiche
le case che noi vediamo sono effettuate dall'in.flusso solare, essi
ritengono non solo 11 verosimile» 67, ma addirittura vero che i
neonati ricevano anima e forma a seconda delle modificazioni
dell'aria e che da tutto cio vengano plasmati i caratteri, i co-
stumi, l'anima, il corpo, il comportamento nella vita, gli acci-
denti e gli eventi di ciascuno.
nm, go Incredibili deliri! Non ogni errore arriva a questa follial
Ai Caldei anche lo stoica Diogene 58 ha fatto la concessione
di predire esclusivamente il naturale carattere e la principale
attitudine futura di ciascuno; non ha ammesso, invece, la
possibilita di sapere in alcun modo tutte le altre cose che costoro
vanno sbandierando di sapere. Difatti, a parere di Diogene,
le posizion.i di due gemelli sono simili, ma la vita e la fortuna
91 di ciascuno dei due sono, il piu delle volte, differenti. Cos},
ad esempio, Procle ed Euristene 58 , re di Sparta, erano gemelli;
ma la loro vita non ebbe la stessa durata, giacche quella di
Procle duro un anno in rneno, ma la gloria delle sue imprese
fu molto superiore a quella del fratello.
Eppure, persino cio che quel gentiluomo di Diogene con-
cerle ai Caldei con una certa indulgenza, io sostengo che non ~
possibile comprendere. Infatti i Caldei asseriscono che la luna
regola il momento delle nascite e osservano e considerano carne
costellazioni genetliache tutte quelle che appaiono in congiun-
zionc con la luna; ma, in rea!Ut, essi fondano i loro prodigi

.;6. Ossia all'aspetto trigono e..I a quello quadrigono (cfr. BoucH~-LE­


CLERCQ, His/,)ire de la diui11utio11 datrs l"untiquite. I, pp. Z05-5i)·
51· Carnearlc a\"Tebbe detto • probabile •-
58. Diogene di Babilonia, allievo di Crisippo (cir. Stoic. v~t. Jrag. III,
36 Arnim).
59· Cfr. HERODOT. VI, sz.

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CARNEADE 333

snl SCO!'.O delia vista, che e molto Îngannevole 60, CÎO che avreb-
bero dovuto scorgere con razionale attivita dell'anima. Infatti
il metoda matematica, che a costoro sarebbe dovuto essere
noto, mostra carne sia bassa l'orbita lunare, che rasenta quasi
la terra, e quanto grande sia la distanza della luna dall'astro
rli Mercurio, che pure e il piu vicino, e quanto sia ancora mag-
giorc la distanza da Venere, e carne sia ancora diversa quella
cht separa la luna dal Sole, dalla cui luce si ritiene che essa
venga illuminata, e sono infinite e incommensurabili le altre
distanze, ossia quella che passa tra il Sole e Marte o tra il me-
d~simo e Giove o, ancora, tra il medesimo e l'astro di Saturno
o. infine, tra il Sole e il cielo stesso, che e il piu esterno e ultima
limite del mondo.
Ma allora: quale influenza puo giungere da una infinita 92
distanza alia luna o piuttosto alia terra?
Ebbene? Quando gli astrologi dicono cio che devono ne- xuv
ccssariamente dire, ossia che sono identici tutti gli influssi
astrali su tutte le persone che nascono nel medesimo istante
su tutta quanta la terra abitata e che di necessita su tutti quelli
chc sono nati sotto la medesima posizione del cielo e delle stelle
accadono le medesime case, il loro moda di comportarsi fa
venire a galla il fatto che codesti interpreti celesti non cono-
scrmo neppure la natura del cielo.
Infatti, poiche quei cerchi che dividono quasi il cielo a meta
e delimitano la nostra visuale - i Greci li chiamano " oriz-
zonti u, ma noi potremmo chiamarli molto appropriatamente
"limitanti ,, - presentano la piu grande varieta e sono diversi
secondo la diversita dei luoghi, necessariamente il sorgere e il
tramonto degli astri non avvengono simultaneamente presso
tutti gli uomini. Che, se per inHusso di quei cerchi il cielo viene 93
regolato ora in un modo e ora in un altro, il loro in.flusso non
puo mai essere identico sui neonati, essendo cosi grande la
differenza tra le variazioni celesti. In queste regioni abitate
da noi, dopo il solstizio d'estate sorge la Canicola, e per giunta
devono passare parecchi giorni; invece presso i Trogloditi 81,
come troviamo scritto, essa si leva prima del solstizio. Di con-

6o, Per analoghi rilievi cir. SExT. El!P. Adv. malh. V, Br.
N 6J .. Per questa popolazione abitante tra l"Egitto e !"Etiopia cfr. Pux.
at. h1st. VI, 3 4 .

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334 C.\R~EADE

scgucnza, se noi ammettiamo senz'altro che qualche celeste


influenza si esercita su quanti nascono sulla terra, gli astrologi
dovranno ammettere, anche loro, che a quanti nascono nel
medesimo tempo, possano venire assegnati caratteri naturali
diffcrenti a causa della diversita del cielo: casa che essi si guar-
dano bene dall'accettare per la Iora pretesa che a quanti sono
venuti alia luce nel medesimo tempo sono riservate le mede-
sime condizioni di vita, qualunque sia il paese in cui sono nati.
xLv, 94 Ma la piu grossa sciocchezza degli astrologi sta nel non
tener conto, nei piu grandi moti e cangiamenti celesti, di quali
siano i venti, le piogge e la situazione generale.
Quanti fenomeni presentano spesso notevolissime differenze
in localita tra Iora molto vicine, fino al punto che le condizioni
meteorologiche di Tuscolo sono differenti da quelle di Roma!
Di cio si accorgono soprattutto i naviganti, quando, nel dop-
piare i promontori, avvertono spesso i massimi mutamenti dei
venti. Poiche. dunque, in cielo ora c'e serenita ed ora pertur-
bazione. non si comporta da sano di mente ehi nega che tutto
questo abbia a che fare con le nascite e sostiene, invece, che
eserciti un influsso sulle nascite quel non so che di evanescente,
di assolutamente impercettibile e di stentatamente intellegibile
che sarebbe l'inftuenza celeste proveniente dalla luna e dagli
altri astri u2.
?\.Ia non basta: non e un errore sccondario il non rendersi
canto che, da parte degli astrologi, viene totalmente eliminata
l'inftusso dei semi genitali, che pur dovrebbe avere la massima
importanza per la generazione e la procreazione. Chi, infatti,
non vede che proprio dai gcnitori i figli riproducono figura e
comportamento e, in genere, la maniera di star fermi e di cam-
mioare? Questo non si verificherebbe, se fosse causato non dal
naturale potere esercitato dai genitori, ma da influenza lunare
e da disposizionc generale del cielo.
95 Ebbene? Il fatto che pcrsone nate in un solo e medesimo
istante abbiano caratteri e rnodi di vivere e accidenti clissimili
non basta a significare chc il tempo delia nascita non vale ad
esercitare alcun inftusso sulla nostra esistenza? A meno che,

62. Sull'importanza dei fattori clirnatolosici per i vari caratteri degli


uomini insistevano, sulle orme uel Peripato, anche Stoici come Panczio (dr.
POHLE~z. La Sloa, 1. pp. 451·3).

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CARNEADE 335

per assurdo, non siamo disposti a credere che nessuno fu con-


cepito e partorito nel medesimo istante dell' Africano! &3 Eppure
non ci fu nessuno che fu grande al pari di lui.
:\Ia allora? Si puo, farse, mettere in dubbio che molte per- XLVI, 96
!'one, pur essendo nate con certe imperfezioni contrastanti con
la normalitâ delia natura, furono riassestate ed emendate o
dalla stessa natura ritornata nel picno dominio di se o da un'arte
o dalla medicina? Cosi certe linguc che erano attaccatc al palato
fmo all'impossibilita di parlare, furono tagliate dai bisturi e
affrancate. Molte persone hanno eliminata un difetto naturale
con csercitazioni ben calibrate, come Falereo 6-' scrive a pro-
po~ito di Dernostene, che, esscndo incapace di pronunciare la
lcttcra rho, a furia di esercizi riusci poi a pronunciarla con la
massima facilita. Che se questi difetti fossero stati congeniti
e assegnati dall'infl.usso astrale, nulla li avrebbe potuto mutare.
E non basta: la diversi ta dei luoghi non ca usa, farse, diver-
sit:i. ncll'umana procreazione? Ed e ben facile rilevare con un
rapida discorso la diffcrenza fisica e spirituale che passa tra
lndiani e Persiani, Etiopi e Siri, fino altlunto chc ne vien fuori
un 'incredibile varieta e dissomiglianza. Dai che si viene a capire 97
che per la na.scita hanno maggiore importanza le situazioni
g-eografiche che non i contatti lunari.
E sbagliano senza rimedio quanti asseriscono che i Babi-
lonesi dedicarono quattrocentosettantamila anni allo studio e
all'csperirnento di tutti quanti i bambini che fosscro mai nati.
Se si fossero rnessi a fare questo, non avrebbero ancora smesso:
d'altra parte non abbiamo nessun valida testimone che ci dica
che qursto avviene oggi o che sappia che e avvenuto in passato.
~on vedi che le mie affennazioni non coincidono con quelle XLVIl
di Carncade, bensi con qucllc di Panezio, uno degli Stoici piu
ragguardeYoli?
Per quel che mi concerne, vorrei sapere anche questo, se,
cioe, i caduti delia battaglia di Canne nacquero tutti sotto la
stessa costellazione 65 , dai momento che una soia e.d identica
fu la fine di loro tutti. E poi? Quelli che si sono distinti per
doti naturali e spirituali nacquero forse sotto la stessa costella-

6J. Ana!oga argomentazione l! in SEXT. E~IP. Adu. ma/11. V, 88-Bg.


6+. Fr. I6H Wehrli. Cir. C1c. De pel. co11s. I. 3; .PLUTAI<CH. lJemosth. XI.
65. P~r analoghi esempi cfr_ SEXT. EMP. Adv. matlr. V, 92-95.

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CARNE:\ DE

zione? Qual e, poi, quel tempo in cui non nascono innumerevoli.


persone? Eppure nessuna di esse fu simile ad Omerol E se,
per la nostra attuale discussione, importa conoscere sotto quale
disposizione celeste e sotto quale congiunzione astrale avvenga
Ia nascita di ciascheduno, necessariamente una siffatta condi-
zione dovrebbe essere valida non solo per gli uomini, ma anche
per le bestie: ma non esiste un'assurdita piu colossale di questal
Eppure il nostro amico Ludo Taruzio di Fenno, uno dei
piu provetti nei calcoli caldaici, faceva anche ascendere il
natale della nostra Roma a quelle feste Parili, nelle quali, se-
condo la tradizione, la citH1. fu fondata 66 , e diceva che Roma
era nata sotto la costellazione delia Libra, e non aveva alcuna
esitazione a predirne i destini.
99 Quanto e grande la forza dell'errore! Forse :finanche il
natale di Roma dipendeva dall'influenza delle stelle e della
luna? Ammettiamo pure che, nel caso di un ragazzino, importi
sotto quale celeste disposizione egli abbia tratto il prima re-
spira: non certa la mcdesima cosa sarebbe potuta essere valida
per i mattoni e le pietre di cui la citta fu costruita!
Ma non servono altre parole. Quotidianamente gli astrologi
vengono smentiti. Ricordo personalmente tutta una serie di
predizioni fatte dai Caldei per Pompeo, per Crasso, persino per
Giulio Cesare: nessuno di costoro sarebbe marto se non nella
vecchiaia, se non a casa sua e nel massimo splendore. Sicche
mi sernbrerebbe molto strana l'esistenza di qualcheduno che,
ancora oggi, prestasse fede ad ind.ividui le cui predizioni egli
vede, giorno dopo giorno, essere confutate dalla realta dei
fatti 87 •

66. Cir. Ovm. Fa$/. IV, 809 segg.


67. L'origine sicuramente carnea<lea. di tutto il passo ciceroniano contro
gli astrologi puo trova.rc notcvolc conferma nella. rllesis Iavoriniana riportata
da Gellio (XIV, I) e inserita nella sezione delia prescnte raccolta dedicata a
Fa.vorino. Anchc Sesto Empirica. chc pur moveva pesanti critiche al t domma-
tismo rovesciato • dei Neo·accademici, utilizza parecchie argomcntazioni car·
ncadec in Adu. n~ath. V.

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CARNEA DE 337

A rgomentazioni contra la divinazione naturale (CICERO NE, De


dit1in. LVI-LXXI, II5-I47 passim)

a) Contra l'invasamento e l'eccitazione.


Ma ora vengo a te, LV1,II5

n santo Apollo cbe domini


J1 n·rto ombelico del mondo,
1)a dove eruppe prcsaga
Papprima voce aspra e selvaggia 1 •
Crisippo 2, invero, ha riempito un intero volume con i tuoi
oracoli in parte falsi, a mio avviso, in parte accidentalmente
\'eri, come avviene molto sovente in ogni nostro discorso, in
parte di significato flessibile ed oscuro, talche lo stesso inter-
pretc ha bisogno di un altro interprete e la sorte deve ricevere
un responso da altre sorti. Quando, infatti, al piil opulento
re dell'Asia fu fatta conoscere la celebre « sorte n
Crl·so una grande potenza distruggera, 1' Ali passando 9,

Creso credette che avrebbe abbattuto la potenza dei nemici


e, invece, abbatte la propria. Ebbene, qualsivoglia dei due n6
accadimenti si fosse verificata, l'oracolo sarebbe risultato veri-
tiero ~. 1\la perch~ dovrei credere che questo responso fu mai
dato a Creso? O p~"rch~ dovrei ritenere Erodoto piil veritiero
di Ennio? Farse quello ebbe minore disposizione ad inventare
a proposito di Creso, rispetto a quella del nostro Ennio a pro-
posito di Pirro? Difatti non si trova nessuno che sia pronto a
crcdere che dall'oracolo di Apollo fu dato a Pirro il seguente
responso 5 :
Afie-m1o te, o Eacidc, sconfigger potere i Romani.

r. Trag. ,."'"· frag. i11c. 19-20 Ribbeck (i versi sono attribuiti con riserva
ad Ennio dal \Varmington (Roman 0/d Remains, II, London-Cambridge Mass .•
1961, pp. fio~-3). Cir. VARR. De ling. lat. VII, 17•
. . 2. Sioic. 111:1. frag. II. 121-f Arnim. Sappiamo dallo stesso Cicerone (De
<111'<11. 1, III. 6) che Crisippo scrisse un De diuinatio11~ in duc !ibri, nel prima
d~ 1 quali si paria va dcgli oracoli, ncl sccondo dci sogni (cfr. anche DmG. LAERT.
\ 11, 149).
3· Cfr. HERODOT, J, 91.
4· L'oracolo si attiene al calcolo delle probabilita al pari di Carncade:
la. d1ffc~enz~, pero, sta nel fatto che Carneade usa questo calcolo per ragioni
Ctlco-scu:nhfichc, mentre l'oracolo !'usa in maia fedc per mascherare la propria
lgnoranza.
5· A tm. VI, lif \Varmington.

=~. Scttlici OIJii.chi.

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CARNEADE

Anzitutto Apollo non ha mai parlato latino; in secondo luogo


di questa 11 sorte " non senti mai parlare la Grecia; inoltre, ai
tempi di Pirro, Apollo aveva b.;a. smesso di esprimersi in versi;
infine, sebbene - come si trova in Ennio - sia sta ta sempre a
Stupilla d'Eaco la razza,
In guerra posst>nte, piuttosto che avere poter di saggezza,

tuttavia essa sarebbe stata in grado di capire il doppio senso


dell'espressione 11 te sconfiggere i Romani " che si poteva inter~
prctare tanto in suo favore quanto a favore dei Romani.
Ma, a dire in vero, qucl doppio scnso che trasse in inganno
Pirro e che avrebbe potuto gabbare Crisippo, non ce l'avrebbe
spuntata nemmeno con un Epicuro! 7
LVU, 117 Ma Ia nostra principale obiezione e questa: perch~ ormai
a Delfi gli oracoli non vengono emessi piu in codesta maniera
non solo ai tempi nostri, ma gia da parecchio, talche non e
possibile trovar nulla di pii:t spregiato di quell'oracolo? 8
Quando i nostri avversari vengono rintuzzati da quest'argo~
mcntazione, sostengono che orama.i, a causa del lunga volgere
del tempo, si e esaurito il potere di quelluogo da cui si diffon-
deva qucll'affiato divina che eccitava la mente delia Pizia e le
faceva emcttcre oracoli. Di vino e di salami tu potresti credere
che si stia chiacchierando! 11 Ma qui stiam o discutendo delia
potenza di quel luogo, di una potenza non solo naturale, ma
addirittura divina. E come mai questa ha potuto esaurirsi?
11 Per il lungo volger del tempo" dirai tu. Ma quale volger di

tempo esiste che possa distruggere un divina potere? E cosa


c'e, poi, di tanto divina quanto un'esalazione che si effonde
dalla terra ed eccita la mente fina al punto da renderla presaga
del futuro, da farglielo non solo scorgere molto tempo prima,
ma da spronarla ad esprimersi nel ritma dei versi? Ma quando.
codesto potere si e dileguato? Farse dopo che gli uomini co-
minciarono ad essere meno creduloni?

6. A1111. VI, 175-6 Warmington.


7· Chc tanto gli Stoici quanto gli Accademici considera,·ano erroneamente
rozzo e poco intdligenk (cfr. De dit•iu. II. L, JoJ).
8. Il tema sara ampiamente sviluppato da Plutarco in De dejectn or~­
culoYrtJn.
9. Hen diversamente - e non affatto con simili volgarita - paria Plu-.
tarco delia morte di Pan (Dt: d.j. omc. I7, -419b·e).

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C:\RNEADE 339

Anche Demostcne, che visse circa trecento anni fa, gia ai 118
stwi tempi diceva che la Pizia u filippeggiava ''• ossia che essa
agiva quasi in combutta con Filippo 10 • E lo scopo eli questa
sua insinuazione era quello di far capire che Filippo l'aveva
corrotta. Dal che si puo evincere che anche in altri rcsponsi
delîici ci sia stato qualcosa di poco pulito.
l\la - io non so carne - codesti filosofi superstiziosi e quasi
fanati7-zati sembrano anteporre qualsivoglia assurelita alta libe-
razione dalla propria stupidita. Voi preferite il dileguarsi e
J'esaurirsi eli una cosa che, se fosse mai esistita, sarebbe stata
certamcnte eterna, e non intendete, invece, rifiutare la fiducia
a case che non la meritano.

b) Contro l'interpretazione dei sogni.


In simili crrori si cade anche a proposito dei sogni, la cui LVIII, 119
dife,.;a rimonta al tempo dei tempi.
Codesti pensatori 11 rcputano che le nostre <<anime '' siano
divine e ci giungano dall'estemo e il mondo sia pieno zeppo
di anime avcnti una sensibilita sirnile alla nostra; pertanto,
in base a questa origine divina del nostro u intelletto '' 12 e in
base agli stretti rapporti che intercorrono tra quest'ultimo e
gli intelletti che esistono al di fuori eli noi, sarebbe possibile
disccrnere gli eventi del futuro. E gia Pitagora c Platane 13,
autorita molto degnc di rispetto, ci hanno consigliato di andarc
a dormire preclisposti da una dieta tutta particolare perche
si possano avere in sogno rappresentazioni piu attendibili. E
i Pitagorici suggeriscono Ia piu completa astensione dalie fave,
ritenendo che quel cibo gonfia la rnente e non la pancia sol-
tanto 14 •
l\Ia - io non so come - non c' e ncssuna assunlita che non
po~sa cssere sostenuta da un filosofa 1
E allora? Pensiamo noi che ]'anima eli ehi donne venga 1zo

l(). Cfr. .~Escm:-:. Con/ro Ctcsiplr. IJO.


II. Gli Stoici, in parlicolare Crisippo (dr. JJ,· diL"i". I. XXXII, 70).
12. Kdla traduzionc ho inteso sottolin.,are Ia di!l.,renza tra a>~imus e
1
.:::~~s, lenendo pr.,scnte I'immensita dt>lk qu~stioni postc dagli antichi - da
• htotel(' ad Agostino - in merito ai due termini.
X . 1 .!; Sull'opinionc rli questi filosofi ha dissertato Quinlo in De dh•î11. 1,
• XlX, fio-61; XXX, (u.
I.t. Cir. Pu:-:. Ntfl. hist. X\'111, 30.

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340 C.\RNEADE

eccitata nel sogno di per se stessa o, carne vuole Democrito 11


sia scossa da una visione di provenienza esterna? In un modo'
o nell'altro, comunque sia, a ehi dorme e possibile il presentarsi
di moltissime apparizioni false al posto di quelle vere. Infatti
anche ai naviganti sembra che si muovano quelle cose che
stanno ferme e, per una certa disposizione della nostra pupilla,
il lume di una soia lucerna ci appare sdoppiato. Ed e inutile
menzionare quante false apparizioni si presentano a pazzi e
ad ubriachi. Che se non bisogna prestar fede ad apparizioni
siffatte, non saprei perche la si debba accordare ai sogni. Se
me lo consenti, gli errori sopra indicati sono interpretabili al
pari dei sogni; e quindi, se appaiono in movimento le cose che
stanno ferme, si potra dire che queste stiano dando segni di
un terremoto o di un improvviso fuggifuggi, mentre lo sdop-
piamento del lume di una lucerna sta a significare discordia
e sedizione.
ux, 12 r Anche dalie rappresentazioni che si presentano a pazzi e
ad ubriachi e possibile cavar fuori, per congettura, innume-
revoli presagi che sembrano potersi avverare [...]
A dire il vero, non c'e nessuno che, esercitandosi al tiro a
segno per un'intera giornata, non faccia centro una buona
voita! 18
Per notti in tere noi stiam o a sognare, e non ce n' e ale una
in cui il sonno non ce ne offra l'occasione: ci vogliamo stupire
che una qualchc voita si verifica cio che abbiamo sognato?
Non c'e nulla che sia tanto insicuro quanto il gettito dei
dadi: eppure non c'e nessuno che, gettandoli spesso, non faccia
qualche voita il Venerio 17 , e talora anche due e tre volte l'una
dopo l'altra. Ma, allora, al pari degli stupidi preferiamo dire
che questo avviene per influsso di Venere piuttosto che a caso?
Che, se nelle altre evenienze non si deve prestare fede alle cose
false, io non vcdo che cosa il sogno abbia di tanto speciale
perche - durante il suo corso - le cose false siano valide al
posta delle vere.

•.~· 6S A 137 Dicls-J.;ranz. Cfr. D" divin. 1. Xlll, 23.


16. L'oncimmantica, quindi. gioca in ruala fede su qucl calcolo delle pro-
bahilita chc c. inv.,ce, un procedimento autcnticamente fllosolico secondo
Carncadc (cfr. LVI. 116).
17. Cir. De .iivîn. Il. XXI, -aS.

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CARNEADE 341

Se, poi, per assurdo, la natura avesse predisposto che ehi 122

dorme compia davvero quelle azioni che sta sognando, allora


tutti quelli che vanno a letto si dovrebbero legare: clifatti in
;;ogno essi compirebbero reahnente azioni piu anormali di
qualsivoglia demente 18 • Se, d'altra parte, non si deve accordare
la fiducia alle rappresentazioni dei pazzi per il fatto che esse
sono false, non capisco perche la si debba accordare a quelle
dei ~ognanti, le quali sono anche piu confusionarie. Forse perche
i pazzi non sanno esporre all'interprete le loro rappresentazioni,
mcntre le sa esporre ehi ha fatto il sogno?
Vorrei sapere inoltre - nel caso che io intenda scrivere
qualcosa o eseguire una lettura o cantare o suonare la cetra
o risolvere un problema di geometria o una questione di :fisica
o di logica - se io mi devo mettere ad aspettare il sogno oppure
far ricorso all'arte senza la quale nessuna eli queste faccende si
pno effettuare o svolgere. E se volessi mettermi a navigare,
i1.1 non reggerei il timone eli una nave in base al sogno che ho

fa tto: ne pagherci il fio all'istante 1


Carne mai, allora, si puo ritenere conveniente che gli infenni 123

chiedano la medicina all'interprete di sogni piuttosto che al


mcdico? Farse che Esculapio e Serapide ci possono consegnare
in sogno la ricetta per la malattia, mentrc Nettuno non puo
dare una ricetta ai piloti? E se Minerva ci dara la medicina
senza il mcdico, la 1\Iuse non daranno, a ehi sta sognando, la
scienza del leggere e de Ilo scrivere e la perizia delle altre arti?
Ma se si desse in sogno la ricctta per le malattie, si darebbero
nnc he queste altre cose suddette; poiche, pero, queste ultime
non vengono date in sogno, neppure la medicina viene data;
e:d eliminata. quest'ultima, viene tolto ai sogni ogni valido
attestato.
Consideriamo come risolta la questione sotto questo profilo LX, 124
e vediamone. adesso, i )ati piit riposti.
. A dire il vero, o una divina potenza, nel provvedere a noi,
Sl esprime per mezzo di sogni, o gli interpreti - in base ad una
corresponsione e ad una concordanza immanente alla natura,
da loro dctta « simpatia ,, - comprcndono quello che conviene

I8. Queste azioni anormali c dclittuose sono elencate in De divin. (,


XXIX. 6o.

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342 CARN'EADE

a ciascuna cosa, oppure nessuna di queste due eventualita ~


vera, ma basta solo osservare con continuita e per un lunga
periodo di tempo che casa, di solito, avvenga o segua, quando
si sia avuta un'apparizione onirica.
Orbene: in prima luogo bisogna rendcrsi cont o che non
esiste alcun divina influsso che produca i sogni. Ed e casa ben
palesc che nessuna apparizione onirica parte dalla volonta
degli dci, dato che essi lo farebbem a nostro vantaggio per
I 25 fa rei possibilrnente prevedere il futuro. Ma carne sono scarsi
di numero quclli che obbediscono ai sogni, che li comprendono,
che se ne ricordano, e quanto numerosi sono, invece, quelli
che non li tengono in nessun canto e li considerano carne una
superstizione di anime stupide e di povere vecchiette! E qual
motivo c'e, allora, per cui una divinita che abbia cura degli
uomini si metta ad ammonire con codesti sogni quelli che non
li reputano degni non solo di essere diligentemente esarninati,
ma neanche ricordati? Un dio, invero, non puo ignorare l'intirno
pensiero di ciascuno, e non e casa degna di una divinită. compiere
una qualchc azione invano e senza motiva, cosa che non si ri-
scontra neppure in un uomo di carattere.
Cosi, se la maggior parte dci sogni viene o ignorata o traseu-
rata, allora il dio, esprimendosi per mezzo dei sogni, non lo sa
oppure agisce invano; ma un dio non va a cascare in nessuna
di queste due eventualita: eppero si deve proclamare che un
dio non si esprime affatto per mezzo dei sogni.
Lxz, 1:::6 Vorrei sapere anche questo: perche mai la divinita, qualora
ci offra queste rappresentazioni in via provvidenziale, non ce
le presenta quando siamo svegli piuttosto che quando dor-
miamo? Difatti, tanto se !'anima del dormicnte venga scossa
da un moto proveniente dall'estemo, quanto se si scuota di
per se stessa, quanto, ancora, se ci sia un'altra causa che susciti ·
in noi l'irnpressione di vedere o di udire qualcosa o di compiere
qualche azione durante il riposo, la medesirna causa sarebbe
potuta sussistere mentre siamo svegli; e se gli dei facessero
cio a nostro vantaggio durante il riposo, avrebbero potuto farlo
lo stcsso mentre siamo svegli, soprattutto perch~ Crisippo
- nel confutare gli Accademici u - asserisce che sono di gran
19. In particulare Arccsilao, cbe aveva demolito la concezione stoica
della rapprcsentazionc apprcnsiva (clr. Stoic. vd. f•·ag. 11 fiz Arnim).

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CARNE ADE 343

lunga piu chiare e sicure le rappresentazioni che si presentano


a ehi e sveglio che non quelle che si presentano a ehi sta dor-
mendo.
Sarcbbe stata, dunque, una cosa piu degna deHa divina
provvidenza - dai rnomento che gli dei si occupano di noi -
offrire rappresentazioni piu chiare durante la veglia anziche
pii1 oscurc durante il sonno. Ma poiche questo non avvitne, i
~ogni non devono essere ritenuti opera degli clei.
:\Ia, aUa fine dei conti, quale bisogno ci sarebbe di andi- 127
rivieni e ghirigori, tanto che siamo costretti a ricorrere ad un
ont'iromante, dal momento che il dio - se davvero ci aveva
in sua cura- avrebbe potuto dirci chiaro e tondo: ce Fai questo
c non fare quest'altro n e offrire quclla rappresentazione a un
uomo desto e non ad uno addormentato?
D'altronde, ehi oserebbe dire che tutti i sogni sono veraci? LXII
Parec[hi sogni son veri, ma tutti non e necessario ~ , 0

elice Ennio. E che vuol dire, alia fine, questa discriminazione?


Qualc parte clei suoi termini offre sogni veri e quale falsi? E
se quelli veri sono mandati da un dio, di do ve sbucano i falsi?
Che, se anche questi ultimi hanno origine divina, non c'e nulla
di pii• incoerente di un dio, anzi non c'e nulla di piu stupida
chc incitare le menti dei rnortali con rappresentazioni false e
bugiardc. Se, poi, le apparizioni vere sono divine e quclle false
e vane sono. invece, umane, che cosa vuol dire codesto vostro
arbitrio di designare che qucsto l'abbia fatto un dio e que-
st"altro la natura, piuttosto che ammettere che o tutti i sogni
li manda un dia - cosa che voi vi rifiutate di fare - o tutti li
manda la natura? Che, se voi negate la prima eventualita,
non potete non ammcttere la seconda.
lo, inoltrc, considera natura qudla merce la quale !'anima, 128
in perenne agitazione e moto, non puo essere mai inattiva.
L'anima, quando per il rilassamento del corpo non e in grado
di servirsi delle membra e dci sensi, \'a ad imbattersi in rap-
presentazioni che sono svariate ed insieme - carne sostiene
Aristotele 21 - inerenti allc azioni e alle riflessioni fatte durante
2 0. Fr. ·P7 \Yarmington, da una commedia incerta.

2 1 · _J~e so11111. III. Cameade si scn·c dc-lle tesi a.ristotclichc non perche
1e conchvula, ma a p<'r mostrare l'inc<~pacita delia tesi stoica di presentarsi
comc unica valida • (DAL PRA, Lo salliâsmo gruo, p. 229).

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CARNEADE

lo stato di veglia: dal coacervo di queste si levano talvolta sogni


di meravigliosa apparenza. Ma, se alcuni di questi sogni sono
falsi ed altri sono veri, vorrei sapcre con certezza quale sia Ia
loro nota di riconoscimento. Se, pero, questa nota non esiste,
perch~ dovremmo prestare ascolto a codesti interpreti? Se,
invece, ne esiste qualcuna, vorrei sapere quale sia. Ma quei
signori staranno zitti.
1.xm. 129 Ma e venuto ormai il momento di mettere a tema se sia
piu probabile che gli dei immortali - esseri la cui perfezione
si aderge su tutte le cose - se ne vadano a fare il girotondo
presso i letti e presso i pagliericci di tutti i mortali esistenti
in ogni luogo e, non appena abbiano scorto qualcuno che sta
russando, gli lancino certe apparizioni tortuose ed oscure che
poi quei poveretti, balzati su dai sonno, la mattina appresso
vanno a riferire all'interprete, oppure sia un fatto naturale che
l'anima, tenuta in agitazione dagli stessi moti suoi, abbia l'im-
pressione di vedere in sogno cio che ha visto durante la veglia •:
se sia, insomma, piu degno delia filosofia dare un'interpreta·
zione a questi fatti con la superstizione delle fattucchiere oppure
con una spiegazione naturale, in vista delia quale, pur ammessa
la possibilita di un'esatta congettura dei sogni, si tolga a codesti
interpreti di profcssione la possibilita di congetturare. Codesti
interpreti, infatti, sono una risma eli gente molto superficiale
e rozza; i tuoi Stoici, invece, sostengono che nessuno puo essere
indovino tranne il sapiente 23•
130 Crisippo z~. a dire il vero, dcfinisce la didnazione con queste
parole: (( e facolta di riconoscere, osservare e spiegare quei segni
che gli dei inviano agli uomini n: il suo compito sarebbe, quindi,
quello di preconoscere quale intenzione abbiano gli dei verso
gli uomini e quali scgni essi diano loro e in che modo ci si debba
occupare di questi segni e trovare un'espiazione. E lo stesso Cri·
sippo definisce l'interpretazione congetturale nel modo seguente:
( e la facoWt di discernere e spiegare quali segni gli dei diano
agli uomini in sogno u. Ebbene? A questo basta un po' d'ac·

22. In tai caso il sogno verra spiE'gato. prefrcudianamcnte, non col fu•
turo, ma col passato, comc scmbra prospettato da Aristotele in De somn. II,
456a z:;-29.
Z]. Cir. St"ir;. vei. frag. III, 6o4-61o Arnim.
z4. Stotr;. ruJ, f'ag. Il, 1189 Arnim.

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CARNEADE 345

cortezza o non sono indispensabili, piuttosto, eccellenti doti


naturali e perfetta preparazione culturale?
Ma di interpreti forniti di siffatte qualita non ne ho visto
neppure uno.
Bada bene, allora, che, se anche ti concedero l'csistenza ux, IJI
delia divinazione - casa che non fan) mai 1 -, cio nonostante
non riusciamo a trovare neppure un indovino.
A che casa viene, quindi, a ridursi codesta intelligenza dcgli
1\ei, se essi non sona capaci di darei ne quei segni onirici che
noi stcssi possiamo capire ne quelli di cui riusciama a trovare
interpreti? Difatti, se gli dei ci buttano innanzi certe cose di
cui non c'e per noi ne scienza ne spiegazione, vengono ad essere
simili a Cartaginesi ed a Spagnoli che si mettano a parlare nel
nostro senata senza interprete.
Del rcsto, a che mirano le oscurita e gli enigmi dei sogni? 13~
A dire il vera, gli dei avrebbero dovuto volere che fossero per
noi cornprensibili quei moniti che essi ci danno a nostra
vantaggio.
« Ebbene? - dirai tu - Nessun poeta, nessun fisico si esprime
in moda oscura? n Certamente, il celebre Euforione 26 fin troppo, 133
ma non Omeral Chi dei due e migliore? Eraclito e senz'altro
OSCUTO, ma Democrito non la e affatta! Si deve, allora, fare un
confronto tra costoro? Tu, a mio vantaggia, intendi darmi un
monito chc ia non riesco a capire ...
Ebbcne? Le stesse congetture degli interpreti mettono forse LXX, 144
in luce le risorse inventive di costoro piuttosto che l'influenza
c la corrispondenza dei sogni alla realta?
Un corridore che meditava di partire per le Olimpiadi ebbe
in sogno l'irnpressione di essere trasportato da una quadriga.
La mattina seguente ricorse all'interprete. E costui: « Vincerai
- disse - giacche cosi e indicata dalla velocita e dalla potenza
dei Ca\"alli "· Poi il corridorc ando da Antifonte 26 • a Sarai scon-
fitto - disse questi - e non c'e niente da fare: non capisci che
quattro esseri viventi sono corsi davanti a te? ,,

25. Euforione di Ca.lcidc (III S<'C. a.. C.). autore di Epilli. porto alle estrcme
cor.scgucnze i prindpi poetici di Callimaco ed escrcito una forte inftuenza sui
Portae novi. che Ciccrone (T•~c. III. 45) chiamo ironicamente ca••tcwes Eu·
Phorionis.
26. 1!7 B 8o Diels-Kranz.

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C..\RSE.-\DE

Ecco un altro corridore (di questi e consimili sogni e pieno


tanto il libro di Crisippo 27 quanto quello di Antipatro 2a, ma
io non voglio andare per le lunghe) che riferi all'interprete che
gli era parso in sogno di essere diventato aquila. E l'interprete:
u Hai bello e vinto 1 Infatti nessun uccello ha un volo piu forte
di quella ». Ma alla stessa persona Antifonte rispose: u Babbeol
Non vcdi che sei bello e sconfitto? Infatti codesto uccello,
nell'inseguire e cacciare gli altri, va sempre dopo di loro »,
145 Una matrona che desiderava partorire, ma che non sapeva
se fosse incinta o meno, ebbe l'impressione in sogno di avere
l'organo genitale chiuso a sigillo. Corse a riferirlo. L'interprete
disse che elia non avrebbe potuto concepire, perche era stata
sigillata. 1\:la un secondo oneiromante dichiaro che elia era
incinta, perche non si chiude con sigilli un qualcosa che e vuoto.
Non si tratta, allora, per gli interpreti di vera e propria arte,
ma solo di giochi d'ingegno. Farse quei sogni di cui io ha parlato
e di cui gli Stoici hanno fatto una raccolta, stanno a signi.ficare
altro se non l'acume mentale di uomini che cavano congetture
ora in un senso ora in un altro, basandosi su qualche somi-
glianza? 29 1 medici ricevono certe indicazioni dalie vene e dal
respira dell'infermo, e in base a molti altri sintorni hanno il
prescntimento dcl futuro; i piloti, quando vedono guizzare i
totani e filare in porto i delfini, reputano che sia segno di tem-
pesta 30 • E possibile dare una spiegazione razionale a questi
fenomcni e facilmcnte rapportarli alla natura: gli altri, invece,
da me poc'anzi mcntovati, niente affatto.
q6 « l\la in realta - dirai tu, ed e questo l'unico lato delia que-
stione che ci resta ancora da trattare - una lunga osservazione
ha creata l'arte mediante la registrazione dei fatti n 31 • Lo af-
fermi propria? E si puo fa re una metodica osservazione dei
sogni? E come mai, dato che le loro diversificazioni sono senza

27. Stoic. t•ct. frag. II, no6 Arnim.


28. Stoir. t•el. frag. 111. A111. 42, An1im. .
zg. Hitoma qui in campo. como in LVI. 116 e in LI X, 121 il Leit-motiV
dc!l pmhabilismo che, con una forza analoga a quclla delia stcssa vcrita, tra-
~cina cou se anche gli oppo~itori di Carnea<.le e persino gli interpreti dei sogni.
30. Cfr. Pu:s. Nat. hist. XVIII, 87.
JT. Sull'osservazione ~mpirica come fondamento <.lell'arte avo>va gia in-
sistito Aristotcle (Jletaph. 1, T. 9Sob 35·981b 6) c avrcbbc ancor piu insistito
la medicina empirica (cfr. DEICIIGRĂDER, Die &riuhische Empirikel'selwle,
pp. Io6, 107, Il5. zoll, :.!lJ).

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C.\RNEADE 347
numcro? Non e possibile irnmaginare nulla con tanto disordine,
con tanta confusione ed irregolarita che non si possa vedere in
sogno: allora come mai queste apparizioni infinite e sempre
soggette a rinnovarsi possono essere abbracciate dalla nostra
memoria e annotate dalla nostra osservazione?
Gli astronomi presero nota delia traslazione dei pianeti; fu
scopcrta, cosi, nelle stelle la presenza di un ordine prima inso-
spettato. Ma dimmi tu, una buona voita, quale sia l'ordine o
la rcgolare coincidenza dei sogni e come mai, inoltre, si possano
distinguere quelli veri dai falsi, dal rnomcnto che gli stessi
sogni si avverano per ehi in una maniera e per ehi in un'altra,
anzi non scmpre nella stessa guisa finanche per la medesima
persona. Di conscguenza mi scrnbra una stranezza il fatto che,
mcntre eli solito non prestiamo fede al bugiardo neppure se dice
la vcrita, costoro invece, se un qualche sogno e risultato verace,
diana la fiducia ad uno solo tra molti falsi, invece di confennare
la falsita di innumerevoli sogni in base alia veracita di uno
solo 32•
In conclusione: se non e un dia a produrre i sogni e se non 147
esiste alcnna alleanza tra i sogni e la natura e se e impossibile
creare una scienza onirica fondata su un metoda osservativo,
viene a risultare oramai che nessuna fiducia si deve assoluta-
nwnte accordare ai sogni, spccialmcnte perche quelli stessi che
li "osservano n non sanno indovinare un bel niente, e quelli che
li interpretano fanno ricorso ad una congettura e non gia alla
natura reale (e la natura - nel corso di innumerevoli secati -
ha prodotto in tutte le cose un maggior numero di rnera'<iglie
che non nelle apparizioni oniriche} e infine perche non c'e
nulla di piu dubbioso dclla congettura, la quale si puo spingere
in varie direzioni e talora anche in direzioni contrarie 33.

3~. Sccondo Carneade-Ciceronc gli ontiromanti seguono il calcCJlo dclle


probabilita, ma aUa rovescia.
. 33 . .L:Ii8o;11a·da: professata tanto dagli Stuici quanto dagli Sccttico-
accademlcl dO\TE'bbe indurre a rigettare J'onciromanzia. )la, secondo Car-
~cade, gli Stoici, in qucsta caso e in tanti altri, cadono in contraddizione con
1 Iora stessi principi.

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CARNEADE

Smantellamento di siUogismi crisippci in merilo al rapporto


divinita-provvidenza-dt'vinazione (CICERONE, De divin. II,
XLIX-LI, IOI-!06}

ux, 1or ..• Tu hai detto 1 che Crisippo e Diogene e Antipatro sillo-
gizzano nel modo seguente 2 : ((Se gli dei esistono e se non ma-
nifestano precedentemente agli uomini gli avvenimenti futuri,
essi o non amano gli uomini o ignorano quello che accadra o
reputano che per gli uomini non abbia alcuna importanza sapere
quale sara il futuro o pensano che sconvenga alia loro maesta
presagire il futuro agli uomini oppure, infine, non possono,
roz neppure essendo dei, presagirlo; ma ne essi non ci amano (essi,
infatti, sono benefici amici del genere umana), ne ignorano cio
che essi stessi hanno stabilita e determinata, ne per noi non e
importante sapere quello che avverra (se, infatti, lo sapremo,
staremo piu accorti), n~ ritengono cio estraneo alia loro maesta
(infatti nulla e superiore alia beneficenza), ne sono incapaci
di avere una prenozione del futuro; orbene, {se) non esistono
dei, non ci danno segni del futuro; ma gli dei esistono: eppero
ci danno segni, ed eerrato pensare che, se danno segni del futuro,
non ci danno alcuna via per il riconoscimento dei segni (in tal
caso essi li darebbero invano) e non e esatto che, se ci danno
la via. non ci sia divinazione: eppero la divinazione esiste ».
1o 3 U omini geniali ! Con queste poche chiacchiere credono eli
aver concluso l'affare!
Per giungere alia conclusione, essi assumono premesse eli
cui nessuna viene a loro concessa. Bisogna, invece. approvare
quella conclusione del ragionamento in cui, in base a premesse
non dubbie, si da la soluzione a cio che e dubbio 3 •
L Non vedi come Epicuro - che gli Stoici sogliono chiamare
sciocco e rozzo 4 - dimostro l'infinita di tutto cio che esiste nella

I. In De divi11, 1, XXXVIII, 82 (Stoic. v~t. frag. II, 1192 Arnim).


2. Alia mani.,ra stoica, il sillogismo e un soritc ipotctico.
3· Quasi inronsapevolmcnte Ciceronc (ma forse con piena consapevolezza
Carneade) fa una buona critica de\ sillogismo ipotetico degli Stoici ispirandosi
al sillogismo catcgori.:o di Aristotelc (per la continuitA di quc$ta critica. nel
cor!l'o dello Scetticismo cfr. SESTo E~IPIRICO, Cofllro i logici, trad. it., pagine
XXXVIII·XLII).
4· Cfr. De di1•itt. II, XXIII, 51.

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CARNEADE 349

natura? « Cio che e finita - egli dice - ha un'estremita ». Chi


non glielo concederebbe? «Ma cio che ha un'estremita e separata
da altro che e fuori di esso 11, Anche questo si deve ammettere.
('~Ia l'intero mondo esistente non e separata da altro che sia
::~.1 di fuori di esso 11, Neanche qucsto si puo negare. ce Dunque,
nnlla che abbia un'estrernita e necessariamente infinito 11.
Non vedi carne egli, partendo da premesse accettate, e giunto 104

ad una casa che era dubbia? Ma questo voi, che pur siete dia-
lcttid, non lo fate. E non solo non assumete, per la conclusione,
prcntesse accettate da tutti, ma ne assumete di tali che, anche
quando siano state accettate, non vi farebbero giungere piu
facilmente alla conclusione da voi voluta.
A dire il vero, in prima luogo voi osservate questo: u Se
l'~istono gli dei, essi sono benefici versa gli uomini o. Ma ehi ve
In concedera? Epicuro farse? Egli ha, invece, afferrnato che gli
clei non hanno cura eli nulla che riguardi sia gli altri sia loro
stessi. E il nostro Ennio? Con grande plauso e consenso di pa-
polo si esprirne cosi 6 :
lo sempre dissi e dirb che c'e dei celesti la stirpe,
1\h. penso ch'cssi non curino che faccia la stirpe dE"gli uomini:

E, a dire il vero, egli espose anche il motiva di questo suo rnodo


eli pcn,.are; ma non e indispensabile dire il seguito. Basta capire
solo qucsto: che, cioe, codesti Stoici assumono carne certa quello
che e dubbio e controversa.
Il seguito del sillogismo e che gli dei non ignorano nulla, u, 105
perche da loro tutte le case sono state formate. Ma, su questo
pnnto, quanto e grave il contrasta che regna tra uornini di alta
cultura 6 , i quali negano che il mondo sia stato fom1ato dagli
dri.
11 :\Ia a noi importa sapere gli avvenirnenti futuri ». C'e un

grosso libro di Dicearco 7 in cui si sostiene che e mcglio igno-


rarii che saperli.
Dicono quegli Stoici che cio non e in contrasta con la maesta

5· Sono wrsi uella tragedia Tela"'co (fr. 328-<J Wannington).


6. Scatta qui il tropo scettico delia OL<%<;1(1)V[<%, che \'crra approfondito
ua. A;::rippa (cfr. SeXT. E)ll'. Pyrrh. h;vf>. I. I6.J·I65).
7· Fr. 17 Wehrli. Ciccrone allude, farse, alh.> scritto dicearcheo EL; Tpo-
Cfl·•vlo1J l!~Tcl~Clat:; (dr. Ad Ali. VI, 2, 3; Anms. XIII, 594d; XIV, &4re).

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350 CARNEA DE

degli dei. Certarnente si tratta di fiecare il nasa nelle faccende


di tutti per vedere cosa sia utile a ciascuno.
106 11 Ne es~i non possono avere la prenozione del futuro ».

Quei pensatori, pero, che sostengono l'incertezza del futuro,


dicono che essi non possono avere quella prenozione.
Non ti accorgi, allora, che vengono assunte carne certe e
concesse quelle case che sono dubbie?
Poi fanno un aggiramento e siUogizzano cosi: cc Ma allora
non esistono gli clei e non danno segni del futuro 11 credendo
ormai che la faccenda sia condusa.
Poi asseriscono: ce 1\la gli dei esistono" (cd anche cio non e
arnrnesso da tutti) cc Dunque danno segni "· l\Ia questa conse-
gucnza non e necessaria: infatti gli dei possono non dare segni
e, tuttavia, esistcre 8 •
uN e, se essi danno segni, non danno certi metodi per la
conosccnza clei segni n. Ma e possibile anche che non li diana
agli uomini e se li tengano per Iora: perche, infatti, avrebbero
dovuto darii agli Etruschi e non ai Romani?
crE se essi danno i metodi, la divinazione c'e n. Ammettiamo
pure chc li diana - il che e assurdo -; che importa, se non
pos~iarno recepirli? 9
L'ultirna conclusionc e ce Dunque la divinazione c'e "· Am-
rnettiamo pure che sia l'ultima: tuttavia non c'e dimostrazione
valida: infatti da prerncssc false - lo abbiarno appreso da loro
stessi! - non si puo dirnostrare il vero.
L'intero sillogismo e, allora, venuto a crollare!

opposizione al fatalismo (CICERONE, De fato VI-XIV, II-33)

v1, 11 A dire il vero, se l::t di\·inazione esiste, da quali regole scien-


ti:fiche essa procede? Traduca con «regale scienti:fichc" 1 il
termine greco -3-:;:wp~!J-CI-:7..
Io non sono affatto del parere che tutti gli altri praticanti
8. Come sostenevano gli Epicurd.
g. Entra qui in campo l'i;,.x-:-xi.1j·~b: sostenuta soprattutto <.la Arcesilao.
1. Praeupla arlis (• veritc d'Pxperience • Yon). Una scep~i piil radicale
di quella di Carneade mctte in bilico, pcro, anchl:' questi prutcepta, come dirt.
Sesto Empirica nci suoi trattati Co111rn i matematici. Il passo ciceroniano n-13
i! in Sloic. vei. frag. 11, 954 Arnim.

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CARNEADE 351

tii un'arte eseguano illoro compito senza alcuna base scientifica,


come invece fanno quelli che predicono il futuro praticando la
divinazione.
Ammettiamo, allora, che regole scientifiche degli astrologi 12
siano suppergiu le seguenti: '' Se qualcuno, ad esempio, e nato
al sorgere delia Canicola, non morra in mare 11, Bada, o Crisippo,
a non disertare la tua causa che ti trascina, adesso, ad un'aspra
lotta con quel valente dialettico che e Diodoro! a
Difatti, se e vero il nesso ipotetico u Se qualcuno e nato al
~orgcre delia Canicola, non morra in mare D, e anche vero il
ne~so seguente: u Se Fabio e nato al sorgere della Canicola,
non morra in mare ''· Allora c' e una contraddizione tra le due
proposir.ioni seguenti: (( Fabio e nato al sorgere delia Canicola Il
c " Fabio morra in mare il, giacch6, nel caso di Fabio, si pone
come certa la sua nascita al sorgere delia Canicola; e c' e, al tresi,
una contradclizione tra queste altre due espressioni: '' Fabio
esiste '' c "Fabio morra in mare». Risulta, quindi, composto
di termini contraddittori il nesso seguente: << Fabio esiste e Fabio
morra in mare "• cosa chc, in base alia prcmessa dcll'ipotcsi,
non e possibilc affatto. Eppero la proposizione '' Fabio morra.
in mare'' fa parte degli impossibili. Eppero ogni affcnnazione
falsa che si riferisca al futuro esprime un'impossibilita s.
l\la propria questo tu, o Crisippo, non lo vuoi; anzi il noe- vn, 13
ciolo delia tua polemica con Diodoro sta appunto qui. Egli,
infatti, affemla che e possibile esclusivamente quello che o e
vero o sara '•ero, e sostiene che qualsivoglia cosa si verifichera
e necessario che avvcnga, e non ammette che sia possibile che
avvenga qualsivoglia cosa non si verifichcra. Tu, invece, ritieni
come possibili anche quelle cose che non si verificheranno, ad
esempio la rottura di questo gioiello, ancorche tale rottura
non abbia mai a verificarsi; e non era, altresi, necessario che
Cipselo 4 regnasse a Corinto, quantunque l'oracolo di Apollo lo
avesse pur dichiarato un millt:nnio prima.
2. Test. I32 A Doring.
3· L'ol.Jiezionc di Diorioro Cruno sottc•linca la riiffcrenza tra necessita
logica e- ncc(.>ssita reale (dr. l'annotazionc di Yon nelle pp. 3·1-5 rlella sua edi-
Zlonc uel De fato. Per una recente ampia discu~sionc sulla concezione riiodurea
d,cl possibilc e per i suoi rapporti cun teorie ;uistotclichc c crisippee vcclasi
': C~;LLUI'RICA, L'argomc11JrJ dotni"atore tii Diodoro Cr01ru .: il com:ettco di possi-
br!a di C~isippo in Scuolc socraliche tnil! •.>ri ~ filoscofia ellct~islim, cit .. pp. 55-73).
4· T1ranno di Corinto durante la seconda mctâ del \'1 sec. a. C.

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352 CARNEADE

Se, pero, accetterai codeste predizioni divinatrici, allora


anche tutte quelie false che concernono il futuro tu sarai co.
stretto ad annoverarle tra le cose impossibili [come se si dicesse

ad esempio, che l'Africano s'impadronira di Cartagine) &; se,
invece, il futuro verni predetto in modo veritiero e l'accadimento
risultera conforme alla predizione, tu lo dovrai dichiarare un
fatto necessario: pero questo pensiero di Diodoro e, in tutta
la sua interezza, contraria al vostro 8 •
q. Difatti, se risponde a verita il ncsso ipotetice sopra indicata
rr Se tu sei nato al sorgere delia. Canicola, non morrai in mare,
e se e vero il prima termine del nesso «Tu sei nato al sorgere
delia Canicola " - nel passato, infatti. tutte le cose vere sono
necessarie, come vuole Crisippo in contrasta col maestro Cleante '•
giacche esse sono immutabili e cio che e ormai nel dominio
del passato non puo piu convertirsi da vero in falso -, se, ripe-
tiamo, il primo termine del nesso e necessario, diventa neces-
sario anche quello seguente. Eppure Crisippo non e del parere
che eia sia valida in ogni caso; ma, tuttavia, se e stata fissata
dalla natura la causa per cui Fabio non debba marire in mare,
c impossibile che in mare Fabio muoia.
xm, 15 A questo punto Crisippo, grondantc di sudore, si augura
che i Caldei e gli altri indovini si lascino aggirare da lui e, senza
piu far ricorso alle congiunzioni astrali, la smettano di enunciare
le proprie << regale scientifiche » nel modo anzidetto, ossia • Se
qualcuno e nato al sorgere delia Canicola, non morra in mare »,
ma dicano piuttosto cosi: rr Non c'e nessuno che sia nato al sor-
gere delia Canicola e che, quindi, debba marire in mare, •.
Ma questo vuol dire mettersi a scherzare! Per non cascare
nelle braccia di Diodoro, Crisippo ha la pretesa d'insegnare ai
Caldei la maniera opportuna di esporre i fondamenti " scienti-
fici >1 del loro mestiere. Io vorrei sapere pero - nel caso che i .
Caldei usassero un linguaggio risultante dalla connessione di

5· L'espunzione e deii'Yon, che considera l'esempio come una glossa


fuorviante,
6. Giacche Diodoro fa una mera questione di corrcttezza logica, mentre
~li Stoici fanno illazioni di ordine etico e mctafisico.
· 7· Per qucsta posizionc di Clcante, di cui ignoriamo le argomentazionl,
cfr. EI'ICTET. Diatr. II. 19, 12.
8. La negazione delia prem.,ssa minore verrebbe a neutraliz:z:are la IJl&g•
giore e ad annullare l'intero sillogismo ipotetice.

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CARNEADE 353

un'infinita serie eli negazioni invece che di un'infinita serie di


ncssi ipotetici affennativi - perche mai non si conceda la stessa
possibilita di agire a medici, a geometri e a tutto il resta.
In prima luogo il medico non si mettera ad esparre le espe-
rienze delia sua attivita nel modo seguente: a Se le vene di costui
hanno queste pulsazioni, costui ha la febbre », ma piuttosto in
quest'altro modo: «Non c'e nessuno le cui vene abbiano queste
pulsazioni e che, quindi, abbia la febbre n, Parirnenti il geometra
non dira: « I cerchi massimi di una sfera si intersecano alla loro
meta )), ma piuttosto dira cosi: «Non esistano i cerchi massimi
della sfera che si intersechino aUa loro meta ».
Ma, se si puo procedere in questa maniera, non c' e niente 16
che non possa passare da un nesso ipotetico alla negazione
di ogni nesso.
A dire il vero, ci e permesso fare le medesime enunciazioni
anche in altre guise. Ho detto poc'anzi: « 1 cerchi massimi di
una sfera s'intersecano alia loro meta », ma potrei anche dire:
,, Se la sfera ha cerchi rnassimi etc. » e potrci dire ancora:
u Poiche la sfera ha cerchi massimi, etc. ».
Ci sono tanti tipi di enunciazione, ma nessuno e piil distorto
di questo con cui Crisippo nutre la speranza di appagare i Caldei
per tirarli dalla parte degli Stoici! 9
Comunquc, tra Iora non c'e nessuno che parii cosi; e, a dire 1x, 17
il vero, ha maggiore rilievo l'imparare questi raggiri Iinguistici
chc non il sorgere e il tramontare delle costellazioni.
l\Ia ritorniamo alla celebre dissertazione di Diodaro alia
quale, di solito, si da il titolo lntarno ai passibili 10 e nella
qualc il tema dell'indagine e il cancetto stessa di possibile.
Orbene: Diodoro e dell'avviso che « e possibile soltanto
quello che e vero o che sara vero ll. Questa cancezione e stretta-

_'). In sostanza il rapporto Crisippo-astrologi ~ !ondato su due errori o


adrhrittura uue tipi di ciurmeria: qucllo d~>gli astrologi chc professano un
t•..talc detcrrninismo per fare sopravvivcrc la Ioro arte e quello di Crisippo
chc sostteue un parziale înclctern1inismo con artitici eristici per rintuzzare
le acute obiczioni di Diodoro.
. I o. Per qucsta modernissima te si dei 1\legarici sul concetto di possibilit11.
1
~ Opposizîone aiia concezione aristotelica rli potenza-atto cfr. DoRISG, Die
tfrr;anker, pp. 133-6. Per Diodoro Crono in particolarc vedasi O. BECKER,
·ber den l<U@IEU(I)V :h6yo~ dts Diod. J(rorJos • Rheinis.:he Mus. •. lC, rg56,
pp. 281)-JD-!. Si tenga, comunquc. presentc che il • possibile • di Diodoro ha
solo qu~Iche tratto in comune col • probabile • di Carneade-Ciccrone.

>.). Scrltici tUIIichi.

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354 CAIDIE:\DE

mente connessa al seguente punto di vista, ossia che non avviene


nulla che non sia stato necessario e che ogni cosa possibile o e
di giâ o sara e che il futuro non puo mutarsi da vero in falso
piu di quanto non possa mutarsi il pas:;ato; ma nei fatti gia
avvenuti l'immutabilita c manifesta, mentre in quclli futuri,
poiche essa non e manifesta, sembra che non ci sia. Cosi, ad
esempio, nel caso di una persona co1pita da malattia mortale,
risponde a verita la proposizione (( Costui morra per questa
malattia ''; ma questa stessa proposizione, qualora venga pro-
nunciata in moda veritiero a proposito di una persona in cui
la violenza della maJattia non sembra tanto manifesta, non
sara meno conforme alia vcrita. In questo modo viene a risultare
che nessun mutamcnto dai vero nel falsa e possibile anche nel
futuro. Difatti l'enunciazione (( Scipione morrâ Il e tanto valida
che, sebbcne si riferisca al futuro, non puo, tuttavia, convertirsi
in falsa, giacche si rifcrisce ad un uomo che non puo non marire.
18 Allo stesso modo, se si dicesse: a Scipione morra di morte vio-
lenta nottetcmpo in camera sua "• si direbbe il vero, giacche
si afferrnerebbe che accadra quello che realmente accadra, ma
si deve capire che cio sarebbe accaduto in base al fatto che
esso e realmente accaduto n. E l'ennnciazione u Scipione morra »
non sara piu vcra di quella (( l\lorra in questo determinata modo »,
e l'espressione « Scipionc e stato ucciso )1 non ha minor possi-
bilita di mutare da vera in falsa a paragone dell'espressione
<( Scipione sara ucciso ''·

Stando cosi la faccenda, non c' e ale un motiva per cui Epicuro
debba aver paura del fato e debba ricorrere agli atomi e farli
uscire fuori dalla loro normale inclinazione 12 e impigliarsi, nello
stcsso tempo, in due nodi insolubili: l'uno, che senza causa
alcuna abbia a verificarsi un accadimento, dai chc viene a ri-
sultare la derivazione di un qualcosa dal nulla - casa che non
e ammcssa ne da lui ne da qualsivoglia (( fisico n -; l'altro, che,'
mentre due enti indivisibili si spostano attraverso il vuoto,
l'uno continui a seguire la propria caduta e l'altro se ne vada
scantonando per i fatti suoi.
II. L'identita di possibile c nccessario {entrambi posti come veri) annulla.
ogni distin:r.ione tra un fatto generica (la morte) e un fatto specifica (l'essere
assa$~inato lli notte nP] propria letto, come capita a Scipione Emiliano). .
12. Ricorrendo al diuameu (dr. LUCRET. ti, 216 segg. e, per piu ample
noti:l:ie, EPICURO, Of'ere, a cura ili ~1. lsnarili-Parente. pp. 18 St'gg.).

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CANNEADE 355

In realta Epicuro, nell'ammettere chc agni enunciazione e 19


o-Ycra-a-falsa, si puo sbarazzare dai timore che tutte le case
:l\·vengano necessariamente ad opera del fato: infatti non e
tlon1ta a cause insite in una neccssita naturale la veracita del
•~eLTuente
t> enunciato: « Carneade scendera ncll'Accadcmia •• ne,
tuttavia, questo fatto avviene senza una causa. l\Ia intercorre
una diffcrenza tra le cause che si sono presentate accidental-
nwnte e quelle che racchiudono in se stesse la natura dell'effetto.
Cosl. senz'altro, e stata vera da sempre l'enunciazione u Epicuro
morrft all'eta di scttantadue anni sotto l'arcontato di Pitarato '' 13 ;
tnitavia, peru, non ci sono state cause fatali di questo avveni-
mcnto nei suoi modi particolari, ma, propria perche l'accadi-
mcnto si c verificata in questi modi, e una cosa certa che essa
si sarebbe verificata nei modi in cui si e verificata. E quanti 2o
affrrmano l'immutabilita degli accadhnenti futuri e l'impossi-
bilita che una verita dcl futuro si converta in falsa, non contri-
buiscono a convalidare la necessită. del fato, ma si limitano
solo a farc una precisazione di parole. Pero quanti tirana in
ballo una serie eterna di cause, non fanno altro che dispogliare
l'uomo del libera arbitrio e gettarlo nei ceppi delia fatale nc-
cessita H.
~Ia su questo lato del problema basta ts. Esaminiamone, x
invecc, altri lati.
Il ragionamento di Crisippo e del scguente tenore: ce Se c' e
un movimento senza causa, non ogni enunciazione - che i dia-
Iettici chiamano " as si ama " - sa~ă. o vera o falsa: difat ti ci o
che san't privo-di-cause-efficienti non sara ne vero ne falso;
ma ogni ennnciazione e o vera o falsa: quindi non c'e alcun
movimento senza causa. E se k case stanna cosi, ogni acea- 21
dimento si verifica per cause che si sono gia precedcntemente
presentate; ma, se tutta la faccenda sta in questo moda, ogni
accadimento e dovuto al fato: il risultato e, in conclusione, che
tutto qucllo-che-accade accade fatalmente>>.
A questo punto, se io prefcrissi accordanni con Epicuro e
negare che ogni enunciazione sia vera-o-falsa, accetterci piu

13. Cfr. DwG. LA'ERT. X, 15 .


• . 1 4·
Come fanno gli Stoici piu conscqucnziali dd sotlile c imbarazzato
Cns1ppo.
15. Sulla questionc si ritorna in De fato XII, 28 (cfr. Yon. p. XXII, o. 2).

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CARNEADE

volenticri questo colpo anziche approvare la fatalita di tutti


gli accadimenti: difatti il modo epicureo di pensare si presta
pur sempre ad un certa dibattito, mentre quello crisippeo riesce
insopportabile.
Cosi Crisippo ha tutti i nervi protesi a dimostrarci che ogni
<< assioma n e o vero o falso. Difatti, carne Epicuro teme che,

una voita fatta questa concessione, sia costretto a concedere


che ogni accadirnento dipende dal fato - se, infatti, l'una o
l'altra dellc due cose e conforme al vero fin dall'eternita, essa
e anche certa, e, se e certa, e altresi necessaria; ma in questa
maniera, come egli pensa, trovano conferma necessita e fato -,
cosi Crisippo teme che, se non gli riesce di ottenere l'ammis-
sione che ogni enunciazione sia vera o falsa, non possa mante-
nere per ferma che tutte le cose avvengano fatalmente e derivino
da cause detenninatrici del futuro fin dall'eternita.
22 Ma Epicuro crede che la declinazione dell'atomo gli faccia
evitare il fatalismo. Cosi viene fuori una terza sorta di movi-
mento, che prescinde dal peso e dall'impulso, allorch~ l'atomo
devia dalla distanza minima - egli la chiama eAct;(Ltn'0\1 -,
e si tratta di una deviazione non dipendente da alcuna causa,
carne egli e indotto ad ammettere se non esplicitamente, almeno
oggettivamente. In realta. un atomo non devia per la spinta
che subisca da un altro atomo. Difatti e impossibile che questi
corpi si spingano rcciprocamente, dai momento che e il loro
stesso peso a spostare i corpi indivisibili in senso verticale
secondo linee rette, carne vuole Epicuro. E la conseguenza e
che, se gli atomi non vengono mai spiazzati per urto reciproca.
non hanno neppure contatto tra di Ioro. Da cio deriva che,
pur ammessa I'esistenza dell'atomo e la sua declinazione, que-
st'ultima si attua senza una causa.
23 Questo ragionamento fu tirato in ballo da Epicuro esclusi-
vamente per il suo timore che, se la traslazione dell'atomo
fosse fatta risalire al suo peso naturale e necessario, a noi non
sarebbe riservata liberta alcuna, dal momento che i moti del-
l'anima verrebbero a dipendere inevitabilmente da quelli degli
atomi. E Democrito, che gli atomi invento, preferi accettare
quest'ultima conseguenza - ossia che tutto avviene per ne-
cessita - piuttosto che staccare dai corpi indivisibili i movi-
menti naturali.

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CARNEADE 357

Con maggiore acume si e


espresso Carneade 16, il quale di- XI
mostrava che gli Epicurei avrebbero potuto difendere il loro
punto di vista senza la messa in scena di questa « declinazione »,
Difatti, poicbe gli Epicurei insegnavano che e possibile
l'e~istenza di un movimento volontario dell'anima, sarebbe
stato meglio insistere a favore di questo punto di vista anziche
mettcre in mezzo la declinazione, soprattutto perche essi stessi
nun riescono a scoprirne la causa; perseverando, invece, su quel
punto, la Iora resistenza contra Crisippo sarebbe stata agevole.
Infatli, pur avendo ammesso che non esiste alcun movimento
st"nza una causa, non avrebbero dovuto anche ammettere che
ogni accaclimento avviene per cause anteriori, giacche la nostra
yolonta non ha cause che siano al di fuori di lei e che la
prccedano.
Orbcne: noi facciamo abuso di un luogo comune quando 24
affcrmiamo che qualcuno vuole o non vuole qualcosa senza
una ca usa: usiamo l'espressione « senza una ca usa,, per dire
"senza una causa esterna e anteriore » e non gia « senza una
causa in senso assoluto ». Cosi, quando usiamo l'espressione
" vaso vuoto Il, noi non intendiamo darle il significato che le
dannu i fisici 17, i quali non ammettono l'esistenza del vuoto,
ma per indicare, ad esempio, che il vaso e senza acqua o senza
vino o senz'olio; allo stesso moda, quando noi affermiamo che
!'anima si muove senza causa, intendiamo clire che essa si muove
senza una causa anteriore ed esterna, ma non senza una causa
in senso assoluto. Finanche a proposito dell'atomo si pua dire
che, quando esso si muove attraverso il vuoto merce la sua
gravita e il suo peso, si muove senza una causa, perche non
viene ad aggiungersi ad esso nessuna causa dal di fuori.
Oltre a eia, per evitare di essere presi in giro da tutti i fisici :15
qualcJra dicessimo che un qualche accadimento e priva di causa,
dobbiamo fare una distinzione e una precisazione: ossia che la

16. La posizione carneadca e quclla di un difficilc equilibrio critica che


ras~nta ]'.,clt>Uismo: Carneade ~ d'acconlo con Epicuro cont ro il determinismo
eu " d'accordo con Crisippo in favorc delia cau>alita in scnso assnluto; nello
st.'~so tempo e in disaccordo con Epicuro in merita al cli11amcn ed e in disac-
cordo con Crisippo in merita alia causalita esterna. Da notare che anche qui,
cume altrove (C1c. De di11itt. Il. 55), Carneadc lancia solo un timida straie
~ontro ']uel principio di causalita che sara messo in bilico da F.nesidemo (SF.XT.
~!P, A dv. pllys. 1, 218-.zo4).
17. Cfr., in particolare, ARISTOT. Pllys. 1\', 7•

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CARNE ADE

natura del corpo indivisibile e


di per se tale da muoversi in
virtit del suo peso e delia sua gravita, e che appunto questa
ela causa delia sua traslazione. Similmente peri moti dell'anima
non bisogna mettersi aUa ricerca di una causa esterna, giacche
il moto volontario possiede in se medesimo una siffatta natura
da essere in nostro poterc e da prestarci obbedienza; ne cio e
senza causa, giacche la causa di questo fatto s'identifica con
la natura stessa.
26 e
Stando cosi le cose, non c' alcun motivo per cui non ogni
enunciazione dovrebbe essere vera o falsa qualora ci rifiutassimo
di ammettere che ogni accadimcnto sia dovuto al fato ts.
:Ma Crisippo osserva: 11 I veri accadimenti futuri non possono
identificarsi con quclle cose che non hanno certe cause per cui
dcbbano accadcre; dunque e inevitabile che gli accadimenti
che sono veri abbiano certe cause: cosi essi, quando saranno
avvenuti, saranno avvenuti fatalmente».
xu L'affare e fatto, se non si puo fare a meno di concederti
o che tutte le cose accadono per fato o che e impossibile che
qualcosa accada senza una causa!
27 Ma non si da, forse, anche la possibilita che l'enunciazione
n Scipione prendera Numanzia "·sia vera, scnza che un intreccio
di cause debba produrre quest'cffctto :fin dall'etemita? O forse
quest'enunciato sarebbe potuto essere falso, se lo si fosse prof·
ferito seicento secoli prima? E se allora la proposizione « Sci·
pione prendcra Numanzia '' non fosse vera, non sarebbe vera
nea.nche quella 11 Scipione ha preso Numanzia >> [questa propo·
sizione e vera] 19 • E possibile, allora, che sia accaduto nel pas--
sato un qualcosa che non fosse stato vero che sarebbe accaduto?
Infatti, come diciamo veri quegli accadimenti passati i cui pre--
supposti erano stati veri in un tempo ancora precedente, cosi
diremo veri quegli accadimenti fut uri il cui presentarsi sara.
vero in un tempo ancora posteriore.
-z8 E se ogni enunciazione e o-vera-o-falsa, non se ne trae im·
mediatamcnte la conseguenza chc esistono cause immutabili e,

1 S. Crisippo fon<lava îl suo fatalismo (ancorche modcrato) sul classi~


principiu di non-contraddizione: sul medcsimo principio - che gli Scetti~
non hanno mai nsatn discutere ex professo - Carneadc si fonda per negare il
fatalismo.
19. E\•io.ll'nle glo•sa cspunta rlaii"Yr.m.

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CARNEADE 359

per giunta, eterne le quali impediscono che un qualcosa accada


in modo diversa da come dovrebbe accadere 20• Ci sono cause
fortuitc le quali fanno in modo che sia una enunciazione vera
quella che viene profferita nel moda seguente: K Catone verra.
in senato )>; e si tratta di cause non racchiuse nella natura
universale e nell'ordine delle cose; tuttavia l'espressione « verra »,
quando corrisponde a verita, e altrettanto immutabile quanto
I'espressione (( e venuto )1, ne! per questo motiva bisogna aver
paura del fato o delia necessita. lnfatti siamo costretti ad
ammettere che, se la proposizione « Ortensio verra nella villa
di Tuscolo 1> non e vera, si ha, di conseguenza, che essa e falsa.
Ma gli Epicurei non accettano nessuna eli queste due cose;
il che e contraria ad ogni possibilita.
N"eppure ci sara d'impaccio il cosidetto "ragionamento
pigro n 21 : invero i filosofi chiamano clpyoc:; Myoc:; quel ragiona-
mento che, se gli prestiamo obbedienza, ci causa una inerzia
assoluta nella condotta delia vita 22• Essi pongono la questione
nei tem1ini seguenti: 11 Se e tuo destina che tu guarisca da
questa malattia, tu guarirai, tanto se avrai fatto venire il me-
dico quanto se non l'avrai fatto venire; allo stesso modo, se e
tuo destina che tu non guarisca da questa malattia, tu non 29
guarirai, tanto se avrai fatto venire il medico quanto se non
l'auai fatto venire; ma e tuo destina l'una o l'altra delle due
eventualita: eppero far venire il medico non serve a nulla n.
Qnesto modo di porre la questione ha tutti i titoli per essere XJU
accnsato di pigrizia e di inerzia, giacche con un si:ffatto ragiona-
mento verra eliminata dalla vita ogni attivita.
Si pua anche arrccare una modifica all'espressione, senza
aggiungervi il termine n fato'' e, tuttavia, conservarle il mede-
simo significato, d.icendo nel moda seguente 23: " Se fin dal-
l'eternita fu vera la proposizione " tu guarirai da questa ma-
lattia ", tu guarirai, tanto se avrai fatto venire il medico quanto
se non l'avrai fatto venire; allo stesso moda, se fin dall'eternita

~o. C(r. De fato IX, 19.


~·- Cfr. Stoic. vei. frag. II, 956-958 Arnim.
22. Era, questa, l'accusa chc si soleva (are agli Scettici in generale (cfr.
SE:n. E~1P. Pyrrh. hyp. l, 21·24).
, 2 3· Il principio !li non-contraudizionc viene, insomma, rispettato tanto
(~allenunciazione di una realta quauto da quella di una mera esprcssione
\ erbale, m conformita con la logica proposizionale degli Stoici.

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CARNEADE

fu falsa la proposizione " tu guarirai da questa malattia ", tu


non guarirai, tanto se avrai fatto venire il medico quanto se
non l'avrai fatto venire», con quello che segue.
30 Questo tipo di ragionamento viene rintuzzato da Crisippo.
Ne11a realta delle cose - egli osserva - ci sono certi fatti sem-
plici e certi fatti complicati 24• Un fatto semplice viene enun-
ciato dalla proposizione: « In quel tale giorno Socrate momi •:
per Socrate, sia che egli faccia qualcosa sia che non la faccia, .
il giorno fissato per la marte e quello li. Ma se esprime una fa-
talita l'enunciazione '' Edipo nascera da Laio 11, non vi si potra
aggiungere « tanto se Laio sia stato con una donna quanto se
non sia stato », giacche, in questo caso, si tratta di un fatto
complicato e « confatale n; e Crisippo usa questo termine perch6
e fatale sia che Laio vada a letto con la moglie sia che generi
Edipo da costei. Allo stesso modo, se fosse stato enunciato
« Milone lottera alle Olimpiadi 11 e si volesse precisare « Dunque
egli lottera, tanto se avra un avversario quanto se non l'avra »1
si cadrebbe in errore: difatti l'espressione « lottera » presuppone
una complicazione, non essendo possibile alcuna lotta ove mancbi
l'avversario.
Orbene, tutti i ragionamenti capziosi di questo genere ven-
gono confutati allo stesso moda. Ed e un ragionamento capzioso
'' tanto se avrai fatto venire il medico quanto se non l'avrai
fattO Venire Il, giaCChe 11 faf Venire il ffiedÎCO )1 e altrettanto fatale
che '' guarire 11. E sono appunto questi fatti che, come ho detto,
Crisippo chiama « confatali ».
x1v, 31 Carneade respingeva in tutta la sua interezza questo tipo
di ragionamenti e sosteneva che una siffatta argomentazione si
articola in maniera troppo superficiale. Egli incalzava contro
Crisippo in un'altra maniera, senza far ricorso ad un ragiona-
mento cavilloso 2s. Ecco come si articolava la sua argomenta·.
zione: «Se tutte le cose accadono merce cause anteriori, tutte
le cose accadono secondo un intreccio e un contesta di collega-
menti naturali; ma se la faccenda sta in questo moda, ogni
cosa e prodotta dalla necessita; e se questo e vero, nulla e in
nostro potere; ma esiste pur qualche cosa che e in nostro potere;

24. Cfr. SEsRc, Nat. qlltu:sl. II. 32 scgg.


25. Ossia ad una calumtJia come quella di Crisippo.

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CARNEADE

invece, se tutte le case accadono ad opera del fato, accadono


tutte mere~ cause anteriori: eppero non tutti gli accadimenti
accadono ad opera del fato )),
Non ci potrebbe essere un ragionamento pin stringato di 32
questo! Infatti, se lo si volesse ritorcere dicendo <<Se ogni acca-
dimento futuro e vero fin dall'eternita, di guisa che esso si
verifichi con certezza nella maniera in cui dovra verificarsi,
::~Hora e necessario che tutte le cose accadano secondo un in-
trcccio e un contesta di collegamenti naturali », questa ritor-
sionc non significherebbe propria niente. Intercorre, invero,
una grande differenza tra il fatto che una causa naturale pro-
duca fin dall'eternitâ futuri accaclimenti veri e il fatto che,
anche senza un'eternita naturale della causa, si possano con-
ccpirc come veri quegli accadimenti che si verificheranno nel
fnturo 28 • Pertanto Carneade dichiarava che persino Apollo non
potrebbc prevedere le future cose, tranne quelle le cui cause
sono contenute dalla natura in maniera tale che illoro accadere
c necessario. In base a quali considerazioni, infatti, finanche 33
il dio a\-Tebbe potuto dire che quel Marcello che fu tre volte
console sarebbe dovuto perire in un naufragio? Questo accadi-
mento era, senza dubbio, vero fin dall'eternita., ma non aveva
cause che lo effettuassero.
Allo stesso moda Carneade era del parere che ad Apollo
non fossero noti neppure quegli accadimenti del passato che
non avessero lasciato l'orma eli alcun segno: figuratevi quelli
fut uri! Difatti solo la conoscenza delle cause efficienti di qual-
siasi cosa ci offre, alia fin dei conti, la possibilita di sapere che
cosa accadra. Dunque Apollo non avrebbe potuto far predi-
zioni ncppure nel caso di Edipo, qualora nell'ordine naturale
delle case non fosse stata predisposta alcuna serie di cause per
cui fossc inevitabile che egli uccidesse suo padre, ne altre pre-
dizioni siffatte 27.

!6. L'attuale argomentazionc corrisponde a quclla di De fato IX, 17.


lo . ~ 7· Qui an_cora una v?lta viene. ri~rospcttata ~a distinzione tra necessita
. gica e n4:-cess1ta reale. S1 apre, qumd1, la dJscussJonc suUc causc • procatar-
hche • con argomcntazioni accademiche (forsc ancora di marca carneadea)
allo scopo di rivalutare sotto lucc diversa il principio di causalita (dr. PLU-
TARCH. De Sloic. rep. 47. 4). l\la alta fine Cicerone, abbandonando Carneade
P.er seb'1.1Îrc Antioco (cfr. Yos, Iutrod., pp. XL-XLII), si ;wvia ad una condu-
>lone. che doveva essere alquanto deludente c conciliati~·a in rapporto alle
dottrme stoichc.

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CARNEADE

La dottrina Jel bene

a) La divisione carneadea.
(CICERONE, De fin. V, VI-VIII. 16-23)
vr, 16 Poiche a ])TOposito del sommo bene e aperta una grande
controversia di opinioni, dobbiamo fare uso delia u divisione
carneadea u 1 , che volentieri il nostro Antioco 2 suole tener
presente.
Orbene: Carocade riusci ad individuare non solo quanti
fossero stati finora i punti di vista dei filosofi sul sommo bene,
ma tutti i punti eli vista possibili.
Egli negava l'esistenza di una qualche arte che abbia se me-
desima come punto di partenza, giacche l'oggetto di cui l'arle
si occupa e sempre estcrno ad essa. Non c'e bisogno che ci
dilunghiamo su cio facendo ricorso ad esempi, data l'evidenza
del fatto che nessun'arte si occupa di se stessa, ma una casa
e l'arte in se e un'altra casa e cio con cui essa ha a che fare.
Come la medicina e l'arte delia buona salute e il pilotaggio e
l'arte della navigazione, alia stesso mode la saggezza e l'arte
delia vita 3 ; percio necessariamente anche la saggezza e fondata
su una qualche cosa e da quest'ultima prende il sua avvio.

J. ~Ictodologicatnentc la pcesente divisione si atticne ai criteri diairetic:i


gia seguiti nell' Accauemia Antica e da.llo stesso Platone. Una diairesis di-
versa, eli probabile origine crisippea, ilo in C1c. Lucu/!. XLV, 138-t39· Per
quanto conc:emc l'incitlenza delle critiche camcadee sulla ,·ariazione cbe il
concetto U.i t~l"s subl nell'ambito delia Staa da Crisippo a Diogene di Babi-
lonia. ad Antipatro c ad Archedem0. gli studiosi modcmi sono abbastanza
in disaccordo tra Ioro. avendo alcuni esagcrata la portata di talc incidenza
eli altei avcndola troppo ridimcnsionata. Pr.r la comples.sa faccenda si rinvia
a BnocHARD. Les scrj>lîquu grus. pp. 16o-2; PoiiLEXZ, Gmrtdfragen der stoischen
Philusophie, pp. 15 şcgg.; La Stoa, r. pp. 356, 376·82; Loxa. Carncades a11d
thc Stoic Ttlos, « Phronesis •. XII, 191>7. pp. 59-90; H. REIX:ER, Dit etisc/JI
Wcishcit dcr Stoikel' hl'llll', • Gymnasium •. LXXVI, 1969. pp. 342 segg.; DAL
PnA. LtJ uc/licism(l grrco. pp. 247-51. Per le interpretazioni dei passi plutat:
c:hiani di De romm. noi. 23-24. z6·27 circa il rapporto o!:..:d<U<J!<; e TtÎ.o.; vcdansl
PoHLE~z. Pl11larclrs Scllriften gegc" die Stoiker, • Hermes •. LXXXV, 1939.
pp. 25 scgg.; D. BABUT, Plrflarqllt ti le Stvicis011c, Paris 1969, pp. 213 scgg.,
338. Un ~samc dcl passo ciceroniano in chiave antiochea e. in LucK. Der Aka-
dt•ttrilter Atlliocilos, pp. 59-61.
2. Cfr. LucN, op. cit .. pp. 56 segg.
3· Pe-r Ia concczione dommatica. c per la eri ti ca sccttica dcll'arte deUa
vita cfr. SEXT. EYP. Pyrrh. l•yp. Ill, 188 segg.; Ad~·. rth. 168 segg.

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CARNEADE

Quasi tutti i pensatori, pere'>, sono riusciti ad accordarsi 17


sul fatto che cio eli cui si occupa la saggezza e che questa in-
tende conscguire, deve essere adatto e conforme alia natura e
tak da invitare ed attrarre di per se quell'appetito dell'anima
cllc i Greci chiamano bpf.L~ '· Non riescono, invece, a mettersi
<i'accordo circa l'essenza di cio che provoca questo movirnento
L' stt.~cita immediatamente nella nostra natura quest'appetito,
anzi proprio su questo punto verte ogni dissenso tra i filosofi
nella ricerca del sommo bene. Difatti l'intera questione con-
cerncntc gli ultimi tennini dei beni e dei mali - ossia, quando
si Ylwlc sapere quale sia tra essi l'estremo fine - deve trovare
il ~un bandolo nella scoperta degli istinti naturali originari;
una volta fatta questa scoperta, da essa, come da una sorgente,
yicne condotto l'intero dibattito sul sommo bene e sul sommo
male.
Alcuni.; ritengono che l'appetito originario e quello del VJJ, IS
piaccre e la repulsione originaria e quella che ci rimuove dal
dnlore; altri pensano che l' oggetto primario del nostro desi-
dcrio e l'affrancamento dal dolore e che il dolore e la prima
cosa da noi rifiutata; altri pongono come punto di partenza
qndle cosc che essi chiamano «primarie secondo natura,., e
tra cssc annoverano l'incolwnita e la conservazione di tutte le
JMrti del corpo, la buona salute, l'integrita dei sensi, l'affran-
camento dalla soffcrenza, il vigore fisico, la bellczza e tutti gli
altri requisiti di questo genere.
l'no di questi tre gruppi di cose deve essere quello che
mctte in movirnento la nostra natura inducendola a provare
de~iderio e repulsione, e non ce ne puo essere alcun altro al di
fuori di questi tre: pcrcio necessariamente si deve far risalire
ad UIJIJ di qucsti ogni nostra corretta azione morale che sia o
cvasiva o impegnativa; di conseguenza, quella saggezza che
noi ahbiamo identificata con t~l'arte delia '\-;ta» ha corne suo
oggctto uno di questi tre generi di cose e da csso desume la
spinta iniziale dcll'intera condotta umana.
Adunque, a seconda di cio che la saggezza abbia fissato I9
come impulso naturale originario, vcrra fuori anche una conce-

4· Cir. SEXT. EMP. Adu. rtlt. 59-60.


5· La diaire~i~ non si alticnc a verc c pruprie posizioni storica.mcntc as-
suntc dai .6Jusofi., anchc se tli voita in voita si accosta ad alcune di cs~c.

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CARNEADE

zione delia rettitudinc e delia dignita morale [honestum]. che,


nei limiti del possibile 0 , corrisponda ad uno dei tre gruppi
sopra indicati; e ne consegue che la dignitâ morale s'identifica
col compiere ogni azione avendo come fine o il piacere, anche
se quest'ultimo non venga raggiunto, o la privazione del dolore,
anche se questa non si riesce a conseguire, o, infine, l'acquisi-
zione di quelle cose che sono a secondo natura », anche se nessuna
di esse venga da noi ottenuta.
Ne consegue, aliora, che la diversa concezione dei fini dei
beni e dei mali e dircttamentc proporzionata al diversa modo
di porre i prindpi naturali.
Altri, a loro voita, partendo dai medesimi principi, faranno
risalire rispettivamente ogni azione morale al conseguimento o
del piacere o delia privazione del dolore oppure di quelle cose
che sono primarie-secondo-natura.
20 In base alia classificazione di questi sei modi di concepire
il sommo bene i principali sostenitori degli ultimi tre sono i
seguenti: Aristippo 7 del piacere, leronimo 8 della privazione
del dolore, Carneade 11 del godimento di quelle case che abbiamo
detto essere primarie-secondo-natura, purche si precisi che egli
non la pensa propria cosi, ma si professa sostenitore di questo
punto di vîsta per poter condurre un dibattito dialettico.
Ci restano da esaminare le tre concezioni possibili da noi
esposte per prima 10, ma una soia di esse e stata patrocinata,
e per giunta con accanimento. Nessuno, infatti, ha osato soste-
nere che ogni nostra azione mira al piacere nel senso che, anche
se non lo conseguiamo affatto, cio nonostante, questa nostra
stessa deliberazione di comportarei cosi sia di per se una cosa
desiderabile e onesta ed unicamente buona. Ne, d'aJtra parte,
il mero sforzo di evitare il dolore e stato riposta da alcuno tra
le cose desiderabili, anche nel caso che sia impossibile evitare

6. La corresponsione e sempre appros..•imata, in coniormita col proba-


uilismo.
7· Fondatore delia scuola cirl:'naica.
l4. Seguacc dl"l Peripatg (cfr. fr. goc Wehrli; C1c. Luculf. XLII. 131;
CLE)I. St~om. Il, •P5 C). .
g. Carneadc cita se stcsso solo excmpli ca11sa, quantunquc non manchmo
indizi di qualche positivitll dottrinale che farcbbc pensare a una caduta nel
dommatismo (dr. C1c. L~tcu./1. XLII, 131; DAL PRA. Lo scctticismo C"rco,
p. 250).
to. In De fi11. V, VII, 18.

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CARNEADE

effdtivamente il dolore. Secondo gli Stoici 11 , invece, fare di


tutto per ottenere quelle cose che sono secondo natura, anche
se non si riesce a conseguirle, viene identificata con l'azione
morale e con la sola casa che sia desiderabile di per se e con
l'unico bene.
Questi sono, adunque, i sei modi semplici di concepire i vru, 21

Il ni (lei bcni e dei mali: due non hanno sostenitori, quattro si.
Invece le definizioni composte e doppie del sommo bene
sono state tre in tutto, e non sarebbe stato possibile che fossero
di pii1, se si guarda in profondita l'essenza del problema. Difatti
aiia dignita morale si puo aggiungere il piacere, carne fecero
Callifonte 12 e Dinornaco 13 , oppure l'affrancamento dal dolore,
rome ha fatto Diodoro 14, oppure le cose primarie delia natura,
come sostennero quegli antichi pensatori che noi chiarniamo
indifferentemente Accademici e Peripatetici •6 •
)la poiche e impossibile dichiarare tutto d'un tratto il
nostro pcnsiero, dovrâ bastare per il momento sottolineare
quanto segue: che, cioe, bisogna accantonare il piacere, dal
momcnto che noi siamo nati per fini piu alti, carne ben presto
risaltera chiaro. Per quanto concerne l'affrancamento dal do-
lore, di solito vengono addotte le medesime considerazioni che
si fanno a proposito del piacere. Ne c'e bisogno di mettersi alia 22
ricerca di altre argomentazioni che siano in contrasta con il
punto di vista di Carneade, giacch~ qualsiasi definizione del
snmmo bcne che spogli quest'ultimo delia dignitâ morale non
puu ragionevolmente riservare un posta ne ai doveri n~ alle
virtii ne alle amicizie. lnvece l'accoppiamento del piacere o
delia privazione del dolore con la dignita morale rende turpe
quclla stessa dignita che vorrebbe abbracciare in se. Far risalire,
infatti, le proprie azioni a due punti di vista, l'uno dei quali
considera essere in uno stato di sommo bene quell'uomo che

_,TI. Sl"ic. V<·l. frag. III, 44 Arnim; DtoG. LAERT. VII, 87. Per le obiezioni
<h Caruca.de a. qucsta posizionc assunta soprattutto da Antipatro cfr. PI.uTAllCH.
D~ comm. 1101. 26, IDJIC. L'origine aristotelica ddl'argom~ntazione carneadca
e ben sottulinea.ta dai Dai Pra (Lo SC<'IIicismo gri'CO, pp. 25]-9)-
ll. Fu probabilmcnte un seguace critico dell'Epicureismo (cfr. Ctc. De
fi>~. Il, XI. Jo~).
•J. Fu, forse, anch"cgli un Epicureo (cfr. Ctc. Tuse. V. XXX, 85).
F . q. Si tratta, probabilmente, di Diodoro di Tiro, seguace di Critolao (cfr.
\ni. fr. 16 \Vehrli; CLEM. Strom. I, JOI B).
15. Ciceronc, soprattutto sulle orme di Antioco, unifica i due indirizzi.

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]66 CARNEADE

e libero dai male, mentrc l'altro dâ. rilievo alia parte piu frivola
della natura, significa oscurare - per non dire contaminare -
tutto lo splendorc delia dignita morale. Non restano, aliora.
se non gli Stoici, i quali, avendo desunto ogni Iora teoria dai
Pcripatctici o dagli Accademici, si attengono alle medesime
concezioni di costoro, cambiando solo la terminologia 16.
23 La sicurezza - o tranquillita - dell'anima, di cui parla
Dcmocrito 17 e a cui egli diede il nome di tu~'Jf:LtCL, ci siamo
sentiti costretti ad escluderla da questa discussione, perche e
per l'appunto siffatta tranquillitâ.-dell'-anima ad identificarsi
con la vita beata. Noi, infatti, stiamo cercando non quale essa
sia, ma donde essa derivi. E le onnai screditate e dismesse
opinioni eli Pirrone, di Aristone e di Erillo 18 noi le abbiamo
dovuto ritenere del tutto inutilizzabili, perche non possono
essere inserite nelle questioni di cui abbiamo tracciato i limiti.
Difatti tutta questa nostra attuale indagine sui fini e, per cosi
dire, sui limiti estremi dei beni e dei mall ha come punto di
partenza cio che e adatto e conforme alia natura e cio che eli
per se stesso e l'oggetto primaria delia nostra appetizione:
invece propria questo viene interamcnte eliminata da quei
filosofi i quali sostengono che, nell'ambito di quelle cose in cui
non e inclusa nulia che sia onesta o turpe, non c'e alcun motivo
perche si debba dare la preferenza ad una piuttosto che a
un'altra, e ritengono che, cntro quelle case, non sussista diffe-
renza alcuna; ed anche Erillo, se e stat o effettivamente del
parere che non esista alcun bcne tranne la scienza, ha tolto
ogni ragione di cssere alia nostra facoltâ. deliberativa ed ogni
possibilita di scoprire il nostro dovere morale.
Estromessi, cosi, i punti di vîsta degli altri e non essendone
possibile alcun altro al di fuori di quelli, risulta necessariamente
valida la concezione degli antichi 19 •

r6. Questa crronca valulazioue dclla Staa e frequente in Cicerone c risa.le


ad Antioco.
17. 68 A 169 Diels-Kranz.
r8. Per l'accostamento ili questi trc filosofi vedasi la sc·zione di questa
raccolta. riscrvata al pensiero etica di Pirrone.
19. Ossia dei primi Accademici e Peripatctici.

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CARNE ADE

/;) Il godirnento delle u case primarie secondo natura 11 carne


ipotesi etica.

(CrcEROXE, De fin. II, XI, 35)


Cosi ci sono tre fini che non hanno nulla a che vedere con
e
la dignita morale: il prima quello di Aristippo e di Epicuro,
il secondo e quello di Ieronirno, il terzo e quello di Carneade;
cf' ne sono altri tre in cui la dignita morale e presente, ma
con l"aggiunta di qualche altra componente, carne si riscontra
in Polemone, in Callifonte e in Diodoro ; c' e, infi ne, una teoria
assolutizzante, che e sostenuta da Zcnone 20 e che e intera-
mente fondata sul decora, vale a dire sulla dignita morale
(difatti Pirrone, Aristone ed Erillo sono stati gia da rnolto
tempo buttati via).
(Fatta eccezione di Epicuro), tutti gli altri sono stati coe-
renti con i loro principi, sicch~ con questi il sornrno bene poteva
andare d'accordo, data che csso e per Aristippo il piacere, per
leronimo l'affrancamento dal dolore, per Cameade il godimento
clei prindpi naturali.

(CrcEROXE, De fin. II, XIII, 42)


Questi stessi rilievi 21 si possono fare contra il celebre
'' somrno bene n di Cameade, che questo filosofa prospettc) non
tanto perche gli desse la sua piena approvazione, quanto per
opporlo alle dottrine dcgli Stoici con i quali soleva polemiz-
zare 22 . Tuttavia csso e di tai fatta che, se fosse stato aggiunto
alla virti:.t, avrebbe evidentemente acquisito un alto prestigio
c avrcbbe conferita la piu piena completezza alia vita beata,
che e, appunto, l'argomento di tutta la nostra presente inda-
gine. Difatti quelli che alla virtu aggiungono o il piacere- che
c 1\mica casa a non riscuotere la pur minima stima da parte
2u. Stoic. urf. fmg. I, 363 :\rnim. Yarrone (Rcliq. Sfsqucr~lizes fr. XXIV,
VIII. ~~~ Rie~c) ossen·ava: • Vna ,·ia fu percorsa <la Crisippo sotto la guida
ddla "irtu, e questa era nobile; un"altra la passq;gio Carncade, segucndo i
bcnt del corpiJ; ... essa guasto Carneade •-
21. Gia ruossi contm il cirenaico Aristippo e il peripatctico Icronimn.
n. Carne c detto nella divi~ionc carneadca (D~ fiii. Y, XII, 20). Il Long
(Cllrl!ca<ies a11d thc Sloic Te/os, p. ;~). identifica questa pusizione di Cameade
con quella <li Callifonte; l'errore de! Long ;, giustamente rilcvato dai Dal Pra
(L~ •rctticist>JO grtc<J, p. 251 n.).

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CARNEA DE

delia virtu - o la liberazione dai dolore - la quale, pur non


avendo in se niente di male, tuttavia non s'identifica col sommo
bene -, producono una combinaz.ione che non e, poi, gran cbe
accettabile, ed io non mi rendo conto, comunque, perche essi
lo facciano con tanta parsimonia e tante limitazioni.

(CICERONE, De fm. III, XII, 41)

Aliora Catone 23 osservo: « Fissati cosi questi princtpt, ne


segue un ampio dibattito. I Peripatetici lo affrontano con
troppa fiacchezza (costoro, infatti, sogliono fare affermazioni non
abbastanza acute a causa delia Iora ignoranza delia dialettica) "·
Il tuo Carncade, invece, mcrce quelia sua straordinaria com-
petenza nel campo delia dialettica e quella sua eccelsa abilita
oratoria, lo porto al sua piii alta vertice. Egli non la smise
mai di affennare, con tono polemica, che, in tutta questo co-
siddetto problema dei beni e dei mali, tra Stoici e Peripatetici
non sussiste contrasta reale, ma soltanto verbale 211• A me,
invece, nulia appare con tanta eviclenza quanto il fatto che le
concezioni di quei due indirizzi filosofiei siano in contrasta fra
loro peri reali contenuti piuttosto che per le espressioni verbali
Anzi io affermo che tra Stoici e Peripatetici la divergenza sui
contenuti e molto piu accentuata di quella sulle parole, dal
momenta che i Peripatetici sostengono essere indispensabili al
conseguimento della vita beata tutte quelle cose che essi chia-
mano « beni )), mentre i nostri non reputana cbe la beatitudine
riceva un completamenta da tutto quello che e pur meritevole
di una qualche valutazione positiva.

(CICERONE, Tuse. V, XLI, ng-120)


119 Se quei filosofi. 2 8 che dai loro modo di pensare sono indotti
a togliere ogni valore alia virtii di per s6 considerata e a rite-
nere insussistente o solo addobbato dai vano suono delia voce

:ZJ. E Catone Uticense, cl1e ne! De ji11ibus patrocina la causa delia StDa:
24. L'eredita dialettica di Aristotclc era stata raccolta piuttosto da.gli
Stoici (soprattutto da Crisippo) che dai Peripatetici post-teoirastei.
25. Nonostante la recisa affcrmazionc di Catone, e probabile che questa
insistenza sia stata fatta piuttosto dai seguaci di Antioco che da Cameade.
Questi si limitava solo a scovarc le contraddizioui dell"etica stoica, la quale
avrebbc dovuto o attenersi al rigorismo di Aristonc oppure piegarsi all"etica
piu mondana del Peripato (cfr. PLUTARCH. De comm. Not. Jl, l064 lH:).
z6. Cirenaici. Epicurei e Ieronimo.

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CARNEADE

quanto noi affenniamo essere onesta e lodevole, stimano, alia


fine dei conti, che il sapiente e ognora beato, cosa pensi tu che
debbano fare quei filosofi 27 che hanno preso pur sempre le
mosse iniziali da Socrate e da Platane? Alcuni 28 di costoro
:1ffermano che i beni dell'anima hanno tanta eccellenza da
oscurare quelli del corpo e quelli provenienti dall'esterno;
altri 29, invece, non annoverano neppure trai beni questi ultimi
duP gruppi, ma ripongono ogni bene nell'anima. E sul con- no
t.rasto che regnava tra loro esprimeva, di solito, il suo giudizio
Carneade, quasi fosse arbitra onorario. Quelle medesime cose
che ai Pcripatetici sembravano beni, sembravano agli Stoici
solo y;mtaggi materiali, ma, cio nonostante, i Peripatetici non
attribuiYano alle ricchezze, alia buona salute e ad altre simili
cos~ un molo maggiore di quanto facessero gli Stoici: ecco perche
Carncade sosteneva che non sussisteva motiva di polemica,
qualora quci filosofi meditassero sulla questione attenendosi
al1a realta delle cose e non alle chiacchiere.
Vedano, percio, i filosofi degli altri indirizzi come possano
difendere le loro posizioni. :Mi e, comunque, di gradimento il
fatto che: essi professano una qualche dottrina che sia degna
dcl linguaggio dei filosofi, allorcbe discutono delia perpetua
facolH1. di Yivere bene carne di una peculiarita dei sapienti.

(CICERONE TltSC. V, IV, IO-II)

Socrate 30 fu il prima a fare scendere la filosofia dai cielo 10


in terra e a porla nella vita associata degli uomini; egli la fece
entrare anche nclle case e la indusse a indagare sulla condotta
delia vita e sulla morale, sui beni e sui mali. Il suo complesso
metoda di discussione, la varieta dei suoi temi, la grandezza n
dd suo ingegno - consacrata, del resto, dal ricordo che Platane
ce ne ha lasciato nei suoi scritti - hanno dato lo spunto a molti
~ndirizzi filosofiei tra loro contrastanti; tra essi io ho seguito
lll modo preminente quello che, a mio parere, era stato adottato
~a Socrate, vale a dire quello che ci pennette di tenere coperta
J] nostro personale punto di vista, di sollevare gli altri dall'errore

"!j.Accaclemici. Pcripatetici e Stoici.


28. Accademici e Peripatetici.
29. Stoici.
Jo. In contraste con i • fisici • (cfr. XE:-:OI'Ho:; • .l!em. I, I, 6).

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370 CARNEADE

e di ricercare, in ogni questione, cio che e molto simile al vero 11.


E poiche a questo costume si attenne Carneade con grande
intelligenza e nella maniera piu doviziosa, ho impostato la di-
scussione - sovente altrove ed anche poc'anzi nella mia villa
di Tuscolo - secondo siffatta consuetudine.

{CICERONE, Tuse. V, XXIX, 83)


Facciamo uso, allora, di quella libcrta chc in campo filo-
sofica e permesso a noi soli di usare, dai momento che il nostro
discorso non esprime di per se alcun giudizio 32, ma sa con-
tenersi relativamente ad ogni ramo del pensiero, di guisa che la
questione stessa possa essere giudicata dagli altri senza appog-
giarsi all'autorita di nessuno. E poiche la tua intenzione sembra
essere quella di stabilir~ che, qualunque parere in merito ai
limiti clei beni e dei mali abbiano i filosofi tra loro in contrasta,
cio non pertanto la 'virtu posscgga sufficiente sicurezza per il
conseguimento della vita beata - cosa che, come ci e stato
tramandato, Carneade soleva mettere in discussione 33 ; ma egli
si comportava cosi per opporsi agli Stoici, che in ogni occa-
sione redarguiva con il massimo zelo e contro la cui dottrina
il suo ingegno si lanciava con ardore -. affronteremo il pro-
blema con pacatezza d'animo.

{CICEROXE, Tuse. III, XXII, 54)


Ho letto il libro che Clitomaco 34 mando ai suoi concittadini
prigionieri per confortarli dopo la distruzione di Cartagine: in
quellibro e riportata per iscritto una dissertazione di Carneade,
dalla quale Clitomaco afferma di aver preso appunti. Poich~
il tema messo in discussione era che evidentemente il sapiente
si sarebbe afftitto nel caso che la sua patria fosse conquistata
dai nemico, Clitomaco trascrisse le controargomentazioni di .
Carneade. Orbene, il rimedio proposto dai filosofa contro un
disastro ancora attuale e tanto scarso che non se ne sentirebbe
la mancanza neppure in una disgrazia ormai avvenuta da

31. O;;sia rindirizzo neo-accademico.


32. In basc all'b:C"Jz"Îl introdotta da Arcesilao.
33- Cfr. C1c. D~ fin. 111, XVI, 54; PLUT!\RCH. Do! comm. 11ot. XXVII, 8.
34· Si tratta,·a di una Consolatio (r..,.pa!J-U31}-.LY..6<;) forse sullo stile del
Dr dolort: di Crantore.

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CARNE.-\.DE 371

1110Ito tempo, e se quel libro fosse stato spedito ai pngtoruen


parecchi anni dopo, non sarebbe valso a medicare le ferite, ma
le cicatrici. Infatti il dolore, a mano a mano che procede, si va
progrcssivamente riducendo, non perche le condizioni reali di
solito mutino o possano mutare, ma perche l'esperienza da
qut>ll'inscgnamento che avrebbe dovuto dare Ia ragione, vale
a Llirc che le case sono piil piccole di quanto siano sembrate
csserc.

(CICERONE, Tuse. III, XXV, sg-6o)


Pcrcio Carneade, comc vedo che ne scrive il nostro Antioco 35, 59
soleva biasimare l'elogio che Crisippo faceva dei celebri versi
di Euripide 36 :
c'c nessun mortale cui non toccbino
:1\011
Dolore e malattia: s'impone a molti
Seppc llir f1gli e farnc nascere altri:
E Ia murtc e segnata ad ogni casa
Che inutilmentc al genere degli uomini
Apporta sofferenza: terra a terra
Rîdar si dcvc: a llora, carne messe,
Va fakiata di tutti l'esistenza.
Questo comanda la necessitâ.!

Carncade sosteneva, invece, che questa maniera di parlare non 6o


riesce affatto ad alleviare l'angoscia. Anzi egli affennava che
questa stessa nostra caduta in una necessita tanto crudcle non
pua non essere per noi motiva eli sofferenza: del resta, egli
agf,riungeva. lo stesso discorso di Euripide, con la rievocazione
dei mali capitati agli altri, vale solo a confortare i malvagi.

(CrcEROKE, De fin. III, XVII, 57)


Per quanto, poi 37 , concerne la buona reputazione (e pre-
feribile tradurre qui il termine greco tMo~t~ con « buona re-
putazione ,, anziche con «'-gloria»), Crisippo c Diogene solcvano
~re chc, ove si prClScinda dall'utile pratico che ne deriva, non
hisogna per essa alznrc neppure un dito. Con loro io sono piena-
mente d'accordo. Ma quelli che vennero dopo di costoro as,
3~· Stoic. vei. frag. 11, 487 Arnim.
Jl:l. Son_o \"ersi d~IJ.'Hypsipyle (fr. 757 Nauck).
37- Storc. vet. jrag. 111, I.~9: Diog. 42 Arnim.
)8. Probabile allusione a Panezio ed a Posidonio.

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372 CARNE ADE

non essendo in grado di resistere agli attacchi di Carneade



affem1arono che questa stessa buona reputazione » e di per
1(

se preferibile e desiderabile e che e propria di un uomo di liberi


natali e fornito di educazione liberale voler sentire parlare bene
di se da parte dei genitori, dei parenti, degli amici e anche
degli uomini buoni, e cio per la cosa stessa e non per il vantaggio
pratico che ne dcrivi; e aggiungnno 1
che, come noi desideriamo
il benessere dci nostri figli, anche se essi nascano dopo la nostra
morte, per loro stessi, cosi dobbiamo aspirare alia buona repu-
tazione, che pur ci verra dopo la marte, per la cosa stessa,
prescindendo dall'utilita pratica che ce ne derivi 39 •

L' antilogia delia g1:ustizia

a) Dal discorso di Furio Filo a favore dell'ingiustizia


(CICERO:>:E, De rep. III. V-XX, 8-30, passim)
V, 8 E Filo 1 osservo: «'Una ca usa davvero molto nobile mi estata
accollata! Mi volete far prendere le difese dell'ingiustizial • 1
11 Ma dovrei paventare - ribatte Lelio - una soia cosa: che

tu, nell'esporre quelle obiezioni che si sogliono addurre contro


la giustizia, sembri pensarla davvero cosi, pur essendo- proprio
tu - quasi l'unico modello dcll'antica probita e dell'antica lealta
e pur essendo ben nota la tua consuetudine di discutere il pro
e il contro di ogni questione, perche tu reputi che con questo
metoda si scopra la verita n 3 •
39. Cosi Ciccrone, con qualche forzatura che forsc e da attribuire ad
Antioco di Ascaluna. fa quasi conciliare pienamcnte Carneade con gli ideali
rlel ~1J~O ptY..O~ !)io;.
1. Come Glaucone in PLAT. Rl'sp. II, 361 {, cosi qui Furio Filo. uomo di
specchiata integritâ morale sccondo Cicerone. deve patrocinare una caus~ ch~
egli stesso non condivide e che costituiscc la seconda parte dcll'antilog1a di
cui Carnearlc discusse durante la sua ambasceria a Roma nel 155 a. C. (ck.
PLUTARCII. Cato maior 23). Le antilogie carneadcc intendevano anche. forse,
opporsi a confcrcnzc che contemporancamente veoivano tcnute dallo st.o~co
Diogene di llabilonia in Roma per propagandare l'idealismo cosmopolitiCO
di qut"Jia scuola (DAL PRA, Lco scellicismo grew. pp. 26o-1; CREOARO, Lo SGtl-
tir.ismo dq;li Accadn11ici. II. pp. 156 segg.).
2. La tesi era la seguente: • Lo Stato non puo essere go,•ernato senza
l'ingiustizia •.
J. Filo. che era se~;uace delle dottrine stoiche. accetta,·a il metodo acca-
detnico dell'antilogia per mero scopo dialettico.

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CAR!'! EA DE 373

Allora Filo: '' Suvvia - disse - faro la vostra volonta e con


piena consapevolezza mi insudicero! E poiche i cercatori d'oro
pensano di non dover evitare di infangarsi, anche noi non dob-
biamo, ovviamcnte, scansare alcun fastidio nelia ricerca delia
giustizia, che e piu cara deli'oro '-. E volesse il cielo che, carne mi
accingo ad utilizzare il discorso di un altro 6 , cosi mi fosse lecito
servirmi delia bocca di un altro! Adesso Furio Filo deve esporre
qncllc argomentazioni che Carneade, uomo greco e bene avvezzo
,;a closare adeguatamente) 6 le parole a favore delia sua tesi,
;pur parlando con la massima profusione, non riusci affatto a
rendere accette ai nostri gentiluomini di un tempo. Voi ricordate,
io credo. che Carneade, mandato dagli Ateniesi a Roma carne
amhasciatore sotto il consolato di Pubblio Cornelio e di Marco
Marcello, mentre crano ad ascoltarlo Galba e Catone ed eravate
presenti con mc anche voi, Scipione e Lelio, apri un dibattito
sulla giustizia) !) 7 •
. . . "perche possiate dare una risposta a Cameade, che 31
sonnte ha il vezzo di prendersi giuoco delle cause migliori
con ingcgnosi cavilli 11 a.
Carneade 9 , filosofa delia setta accademica, la cui incisivita vi
ndle discussioni, la cui eloquenza, la cui acutezza d'ingegno
potranno essere intuite da ehi non lo conosce direttamente in
base all'elogio fattone da Cicerone o a quello fattone da Lu-
cilio, presso il quale Nettuno, discutendo di un problema molto
diffrcile, dice che esso non pua essere svolto con chiarezza
" neppure se l'Orco ci restituisse Carneade in persona)) 10 -,
questo Carneade, dunque. che era stato mandato da Atene a
Roma quale ambasdatore, fece una ricca. discettazione sulia
giustizia, mentrc erano ad ascoltarlo Galba e Catone Censorio,
i piu grandi oratori di quell'epoca. ~Ia egli stesso, il giorno
seguente, capovolse la tesi del suo discorso con una tesi contraria
ed elimina quella giustizia chc il giorno precedente aveva esal-

·1· Cfr. PLAT. Rcsp. 1, 336 f.


5· Ossia di C;uneatle.
G. L'int .. grnzionc fu suggcrila da) :.lai.
7· L'ampia intc~razione t: ancora del :\lai.
C 8. P.,r qucst:a~il.it~ di Carnca<tc. chl" avrchbc indispcttito Numeuio. cir.
le. De or. 1I, XXX\i III, 161; Dt leg. l, XII, 19.
9. 11 passo ~ tratto da LACTAXT. Diu. i11st. \', XIV, J·5·
Io. Lt:cit.. I, fr. JI Marx = 35 "'armington.

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374 CJ\ll~E.\DE

tata, non certo con l'austerită. di un fi.losofo, il cui modo di


pensare deve essere fermo e stabile, ma quasi con una sorta
di esercitazione retorica, per fomire argomentazioni a ciascuna
delle due parti con tras tanti: cosa che egli era solito fare allo
scopo di poter confutare gli altri, qualunque asserzione essi
facessero.
Quella sua discettazione, nella quale egli intese abbattere la
giustizia, e riporta.ta a memoria da Lucio Filo prcsso Cicerone,
per introdurre - a mio avviso - in un dibattito di filosofia
politica la difesa e la lode di quclla giustizia senza la quale egli
pensava che uno Stato non possa reggersi.
Carneade, pero, allo scopo di confutare Platone e Aristotele,
patrocinatori della giustizia, raccolse nella discettazione della
prima giornata tutte quelle argomentazioni che si adducevano u
in difesa della giustizia, per poterla, poi, abbattere, come in
realH1. fece.
vn, Jo A dire il vero 12, la massima parte dci filosofi - ma soprat-
tutto Platone e Aristotele - ha fatto molte affermazioni in me-
rita alla giustizia, patrocinando ed innalzando con le piu alte
lodi quella virtu, perche essa, a parer loro, assegna a ciascuno
il suo e preserva l'equita in tutte le cose. Anzi, mentre tutte le
altre virtu sono quasi silenziose e chiuse in se stesse, solamente
la giustizia sarebbe tale da non appagarsi di se medesima e
da non restarsene occulta, ma da estollersi esternamente in
tutta la sua interezza e da essere dedita a bencfica.re quante
piu pcrsone sia possibilc, e cio nel senso che essa troverebbe
la sua sede appropriata esclusivamente nei giudici e nei Iegit-
timi detentori del potere e non gia in tutti. Eppure non esiste
ncssuno fra gli uomini - neanche fra quelli di piu umile condi-
zione e fra i mendicanti - il quale non possa avere rapporti
con la giustizia. Ma poiche costoro ne ignoravano l'essenza, .
!'origine e la funzione, attribuirono a pochi individui quella
virtu suprema - ovverosia il sommo di tutti i beni - e affer-
marono che essa non va a caccia di nessun tomaconto per-
sonale, ma mira esclusivamcnte ai vantaggi degli altri.
Ne fu scnza merit o l'intervento di Carneade, uomo di in-

11. In particolare da Platane in Resp. II, 35Sc-j6oe e da Aristotcle nel


perduto trattato Ihpt 8\X:tLoo{lll't;.:;.
12. Il passo e tratto da L ... CTAXT. Epitonl. so [.S.S) s-8.

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C... RNEADE 375

gegno acutissimo, per confutare il discorso di costoro e per


abbattere una giustizia che era priva di stabile fondamento,
non perche egli pensasse che la giustizia dovesse essere biasi-
mata, ma per dimostrare che quanti la difendevano non soste-
nevano, a proposito delia giustizia, alcuna dottrina stabile e
sic ura.
Carn€'ade 13, dunque, poiche le asserzioni dei filosofi erano xu, 2r
dt>boli, si assunse coraggiosamente il compito di confutarle,
perche capi che potevano essere confutate. Il succo delia sua
discettazione fu il seguente: gli uomini hanno sancito le leggi
per la loro propria utilita: ovviarnente leggi che sono diverse
a seconda dcgli umani costumi e che spesso hanno subita mo-
difiche presso i medesimi gruppi di uomini a seconda delle
circustanze temporali, data la non esistenza di alcun diritto na-
turale u. Del resta tutti gli uomini e gli altri animali rnirano
al propria vantaggio sotto la guida delia natura: ragion per
cui o non c'e alcuna giustizia oppure, se ce n'e qualcuna, si tratta
di somma stoltezza, giacche essa e nociva a se stessa nel badare
agli altrui vantaggi 1.;.
Carneade vi introduceva anche la seguente argomentazione:
tntti i popoli che avevano giocato il ruolo di grande potenza,
cd anche gli stessi Romani, che avevano il dorninio su tutta
la terra, se volessero essere giusti - vale a dire se rcstituissero
la roba degli altri -, si ridurrebbero a vivere nellc capanne e
a giacere nella povcrta e neli'indigenza.
Prima !li tutto, înoltre, stimar delia patria i vantaggi n.

Se 17 si toglie la discordia di mezzo agli uomini, non resta 22


piu nulla assolutamrntc. Difatti i vantaggi della patria non sono
altro che gli svantaggi di un'altra cittâ, e cio vale quando si
strappano con la violenza agli altri i loro territori e si accre-
scono i propri, quando si rafforza la propria egemonia politica
e si rendono piil consistenti le entrate del fisco.

IJ. na L... CTAl"T. Div. iust. Y, X\'1, :hl.


. 1 -1· Le argomcntazioni sono analoghc a qut'lle t.ld t.lt'cimo tropo attri-
b Ulto a F ··"d
IX 0 ' u -ncol cmo (Cf r. SEXT. EMP. Pynh. hyp, J. qj-I6j; DIOG, LAERT •
• '>j·<>.j).
15. C!r. PLAT. Rcsp. I, 34Sc scgg.
r6. I.c:ciL. fr. IJJ7 Marx= uo7 \\'armington.
1 7· Da LACTAXT. Di11. i.nst. VI, VI. 19 FI 23.

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CARNE ADE

Pertanto, chiunque abbia procurato alla patria questi


u beni n - cosi di solito vengono chiamati -, ossia chiunque
abbia impinguato di danaro le casse dello Stato con la distru-
zione di ciW1. e con lo stenninio di intere popolazioni, chiunque
abbia conquistato campi da coltivare e abbia resi piu ricchi i
suoi concittadini, viene gloriosamente innalzato alle stclle e si
crede che in questo consista la virtu somma e perfetta.
In siffatto errore cadono non solo la gente del popolo e gli
ignoranti, ma persino i filosofi, i quali danno anche precetti
per perpetrare l'ingiustizia, affinch6 una foile disonesta abbia
anche il prestigioso supporto dclla cultura 18 •
xm, 23 Tutti quelli che esercitano sul popolo il diritto di vita e
di marte sono tiranni, ma preferiscono farsi chiamare re col
nome dell'Ottimo 19 Giove. Quando, invece, fondandosi tran-
quillamente sulle loro ricchezze o sulla nobilta dei loro natali
o su altre risorse, tengono in mano il govemo, si ha una con-
sorteria, ma essi si fanno chiamare ottimati. Se, infine, il popolo
ha il massimo potere e tutto viene gestito secondo il suo ar-
bitrio, si paria di liberta, ma, in realta, si ha il libertinaggio 10•
Quando, pero, sussiste timore reciproca e il singolo ha paura
del singolo e la classe sociale delia classe sociale, allora, poich~
nessuno ha fiducia in se stessa, si vien quasi a stabilire un patto
tra il popolo e i potenti: dal che vien fuori quella fonna mista
di gavemo che Scipione menzianava :n. Madre delia giustizia,
invero, non e ne la natura ne la volonta, bensi la condizione
di irnpotenza 22 • Infatti, dovendo fare una scelta tra queste
tre case - ossia tra il fare ingiustizia senza subirla, il fare ingiu-
stizia subendola anche, e il non farla ne subirla - la casa mi-
gliore e farla, possibilmente senza incorrere in una punizim:ie,

18. Non si pua non sottolinearc la quasi rivoluzionaria modernitll. di questa·


tesi carnear!ea a proposito ddla cultura mes!>a. a servizio d~lla classe dirigenta.
Ci sembra di udirc un marxista \'Îssuto due millenni prima di Karl Mantl
19. Il termine • Ma.ssimo • chc di solito si accompagna a Giove ii qui -carne
in Ctc. D~ r,·p. J, 50 - soppresso per sottolinearc il carattcrc assolutamento
bcndico de! nume.
zo. In tai moda non sussiste nes~una delle trc forme politiche autentich.e
(monarchia, aristocrazia e politcia-democrazia), ma si banno solo le loro n-
spettive degcnerazioni: cosl Carneade demoliscc le teorie aristoteliche di PoLJT.
III. 1).
21. Cfr. C1c. De rcp. I. 39, ove si correggeva il pessimismo poli tico di PoLIB·
VI, 5, 7·
2:.1. E la mcdesima concczione de! sofista Callicle (cir. PLAT. Garg. 483b).

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CARNE ADE 377

la scconda e il non farla ne subirla, mentre la cosa piu rnise-


rcvolc c stare a battagliare tra il fare e il subire ingiustizia ad
ogni pie sospinto. Ma ehi non (patra) 23 conseguire la prima cosa
~~i devf' appagare della seconda, vale a dire del non fare ne
su hi re ingi ustizia ).
La saggezza impone di accrescere il proprio potere, di accu- xv, 24
mulare maggiori ricchezze, di estendere il territorio dello Stato
(altrimenti quale giustificazione troverebbe il celebre clogio che
:-;j trova scolpito sui monumenti dei piu grandi generali u estese
i confmi dell'impero n, se non vi avesse aggiunto qualcosa strap-
pandola alia roba degli altri?), comandare su quante piu genti
e 1,rJssibilc, godere di ogni volutta e di ogni potenza, fare da re,
spadroncggiare; la giustizia, al contraria, comanda di rispar-
miare tutti, di aver cura del genere umana, di rendere a cia-
scuno il suo, di non toccare le cose sacre, quelle pubbliche,
quelk degli altri. Quali risultati ottieni tu, se obbedisci alla
s:1ggczza? Ricchezze, potere, risorse, pubbliche cariche, comandi
militari, regni sui privati cittadini e sui popoli ...
A questo punto 24 Carneade metteva da parte gli argomenti x1x, ·lg
generici e passava a quelli specifici.
L'uomo buono, egli diceva, se avesse un servo sempre pronto
a fuggire o una casa insalubre e pestilenziale - difetti noti a
lui solo - e li mettesse uffi.cialmente in vendita, dichiarerebbe
clw sta vendendo un servo pronto alla fuga e una casa pesti-
lt>nziale o ne terrebbe all'oscuro il compratore? Se lo dichiara,
sara, si, giudicato uomo onesta, perche non ingannera, ma
tuttavia stolto, perche o vendera a buon mercato o non vendera
affatto. Se, invece, lo terra nascosto, sara, si, saggio, perche
badera ai propri affari, ma disonesto, perche ingannera.
Al contraria, se un uomo onesta trovera qualcuno che crede
erroneamente di vendere oricalco, mentre in realta si tratta
di oro, o di vendcre piombo, mentre in rcalta si tratta d'ar-
gcnto, stara zitto per comprare la merce a buon mercato oppure
lo fara noto per pagarla a caro prezzo? Sembra una stoltezza
comprarla a prezzo elevato!

R 23. Qu~sta e la seguente integrazione sono dd ~lai sulla base di PLAT.


rsp. II. 358e·359a.
24. Da LACTANT. Div. iust. V, XVI. 5-13. Per analo~;hi casi di coscicnza
cir. C1c. De of!. III. XIII. 54: XXIII. 89.

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CARNE ADE

Da questi esempi Carneade voleva far capire che chi-~­


giusto-e-buono e stolto, mcntre chi-c-saggio e disonesto, ma
che, tuttavia, e pur possibile essere contenti delia poverta
senza subire un'estrema rovina IlS.
xx, 30 Ma, poi, egli risaliva a situazioni piu importanti, nelle quali
nessuno potrebbe essere giusto senza mettere a repentaglio la
propria vita.
Senza dubbio e un atto di giustizia non uccidere un altro
uomo, non toccare ncmmeno la roba d'altri. Che cosa, allora,
fara il giusto, se avra. fatto naufragio e un altro di forze piu
deboli delle sue si sara aggrappato ad una tavola? Non lo strap-
pera da questa tavola per montarvi lui e salvarsi aggrappandosi
ad cssa, specialmente se in mezzo al mare non ci sara alcun
testimone? Se egli e saggio, lo fan\, giaccM, ove non lo facesse,
egli stesso dovrebbe perire. Se, invece, preferira marire piut-
tosto che mettere le mani addosso all'altro, sara indubbiamente
giusto, ma stupido, perche non rispannia la propria vita, mentre
risparmia quella altrui.
Allo stesso modo, nel caso che la schiera dei propri cornmi-
litoni sia stata sgorninata in battaglia ei nemici si siano lanciati
all'inseguimento, se il tanto celebrata uomo giusto si imbatte
in qualche ferita seduto a cavallo, lo risparmiera per essere
ucciso lui stesso oppurc lo gettera da cavallo per potere lui
stesso sfuggire al nernico? Se fara questa seconda cosa, sara
saggio, ma anche disonesto; se non la fara, sara giusto, ma non
potra non essere stolto.
Cosi, dunque, Carneade, dopo aver suddiviso la giustizia in
due parti opposte, chiamava <i civile,, una delle due e « natu-
rale,, 26 l'altra; ma, subito dopo, le metteva a soqquadro en-
trambe, perche quella ((civile,, e, si, saggezza, ma giustizia
non e, mentre quella (1 naturale)) e, sl, giustizia, ma non e
saggezza. E queste argomentazioni sono certamente argute e
velenose e tali che Tullio non fu in grado di confutarle. Infatti,
nel riportare la risposta che Lelio da a Furio in difesa delia

25. Cfr. C1c. De of!. III, XXIII. 89 scgg.


26. Il ve.:chio contrasta s"fistico tra 9"~a~.; e v6J1.o:;, da cui era scaturita,
tra l'altro, la tragetlia di Antigone, vienc qui risolto quasi diabolicamente
a favore de! v6flo~, chc pur rima ne la. con traffazione storicamcntc spregiu-
dicata de! dirilto naturale.

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CAJL'IIEADE 379

f,riustizia, le ha saltate, senza fare la controargomentazione.


Sicche pare che lo stesso Lelio abbia difeso non la giustizia
,, naturale 11, che era stata accusata di stoltezza, bensi quella
"civile ll, chc Furio, pur ammettendo che si identificasse con
un lato della saggezza, aveva, alla fin dei conti, considerata
ingiusta.

b) Dai discorso di Lelio a favore delia giustizia.

(CicERONE, De rep. III, XXII-XXVI, 33-38 Ptlssim}


La vera legge 27 s'identifica con la retta ragione, conforme xxn, 33
a natura 28, estendentesi a tutti gli uomini, costante, etema-
mcnte valida, che col suo divieto ci allontana dalla frode. Essa,
conmnque, non impone invano agli uomini dabbene gli ordini
e i divieti, ma con questi ordini e con questi divieti non riesce
a smuovere i disonesti.
A questa legge nessuna modifica e lecito apportare con ag-
giunzioni o con deroghc, ne essa puo essere abrogata nella sua
intcrczza; ed e, d'altra parte, impossibile che noi ci sciogliamo
da questa legge merce l'intervento del senato o del popolo;
ne c' e bisogno di ch.iamare come suo chiosatore o interprete
Scsto Elio 29 , ne. vigera una legge a Roma ed un'altra ad Atene,
una in questo momento e un'altra in avvenire, ma un'unica
lt:"gge eterna ed immutabile 30 abbracccra tutte le genti in ogni
trmpo, e un unica Dio sara, per cosi dire, il maestro comune
e il signore di tutti. E lui che ha crcato questa legge, l'ha me-
ditata e l'ha sancita, e ehi non obbed.ira ad essa, fuggira se stesso
c, avendo rir.negata l'umana natura, paghera- gia con questo-
il fio piu grave, ancorche si sia sottratto a qualsiasi altra pena
ritcnuta atroce ...
In questi medesimi libri 31 Sulla repubblica si discute certa- x.XIv, 36

<1 ~7- Da LACT ... NT. Dit•. i11st. VI, VIII, 6-g. Il discorso di Lclio in di!esa
clla giustizia era fc.ondato ~ulla irlcntitâ. stoica di sentimente morale e di rccla
ra/10 (cfr: AuGU!;T!I'. De tiv. Dei, XIX, 21).
~Il. Ur. C1c. Dt: lrg. I, VII, 23.
·' '-'9. In C1c. Brut. XX, i8 Sester Elio Peto ~ considerata comc il modeUo
uella giurisprudenza romana.
1?~ Jo. Carneadc si rifa a SoPH. A ttlig. 45-l- scgg. farse attraverso ARISToT.
lrt. 1, 1373b 5·1J, 1375a 31-bz.
JI. Da AUGUSTIN. De ciu. Dt:i, XIX, 21,

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CAR!I<EADE

mente con grande acume e vigore contro l'ingiustizia e in difesa


delia giustizia.
Poiche in un prima momente erano state prese le parti del~
l'ingiustizia contra la giustizia e si sosteneva che lo Stato non
puo essere stabile ne puo accrescersi se non per mezzo dell'in-
giustizia, c si era, di conseguenza, posta carne punto ferma
che e ingiusta la servitu degli uomini rispetto ad altri uomini
che fanno da dominatori e che, tuttavia, una citta egemonica
e detentrice di un grande potere politica non patra esercitare
quest'nltimo sulle provincie senza perpetrare ingiustizia, allora,
in risposta, sono state prese le parti delia giustizia col soste-
nere che e conforme a giustizia il vantaggio che quegli uomini
traggono dallo stato di sen.;tu. e che quest'ultirno sussiste per
la loro utilita, purche, pero, esso snssista in maniera corretta,
vale a dire quando si toglie ai malvagi Ia libertâ. di arrecare
torti, e costoro, una voita soggiogati, staranno rncglio, percM
erano stati in condizioni peggiori quando non erano ancora
soggiogati n.
E per rafforzare quest'argomentazione e stato introdotto un
celebre esempio, quasi tratto dalla natura, e si e detto: (u Non
scorgiamo, farse, che la stessa natura ha conferita il potere
assoluto 33 a chiunque sia il migliore con sommo vantaggio dei
deboli?) 3~ Perche, allora, Dio comanda sull'uomo, e !'anima
sul corpo, e la ragionc sulla libidine (e sull'incontinenza) e su
tutte le altre parti difettose delia stessa anima?
xxv, 37 Ascolta 35 le piu esplicite affennazioni fatte da Tullio nel
terzo libro Suita reptt'bblica nel trattare delia causa del potere
politica.
:Ma bisogna riconoscere, egli elice, i caratteri che differen-
ziano il cornandare dai servire. Difatti, carne si dice che !'anima
comanda sul corpo e si dice, altresi, che essa comanda pure
sulla libidine, ma sul corpo a guisa di re che da ordini ai suoi
cittadini o a guisa di un padre che da disposizioni ai suoi figli,

32. Probabile fonte ui queste considcrazioni carneadee era ARISTOT. Polii.


1, 1254a.
33· Per il concetto di dott~irralus cfr. PLAT. Lt:gg. IV. 7qf.
;l4· Qucsta e la seguente integra:donc sono suggcritc da AUGUSTIN. C011·
Ira ]~<fiaH. Ptlag., IV, 12, 6t T.
35· Da AuGusns. Contra )11/ian. Pelag. IV, 12, 61 T, X p. 613 Ben.

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C.-\I~NEADE

mcntre sulla libidine essa si impone a guisa di un padrone che


e~wrcita il potere sui servi per il fatto che la tiene a bada e l'in-
frange, allo stesso modo il potere dei re, dei capi militari, dei
magistrati, dei patrizi, dei popoli presiede ai cittadini ed agli
alleati, come l'anima presiede al corpo, mentre i padroni ten-
gono sotto grave giogo i servi, carne la parte migliore del-
l'anima - vale a dire la sapienza - soggioga le parti difettose e
impotenti delia medesima anima, come gli atti di libid.ine, di
ira f tutte le altre passioni 36 •
;\on farse 37 Cicerone, nei libri St4lla repubblica, discutendo
dclla differenza dei poteri politici e traendo dalla natura del-
l'nomn un' analogia di questo fatto, ha affermato che 11 sulle
membra del corpo viene esercitato lo stesso potere che si eser-
cita sui figli. per la facolta che esse hanno eli abbedire, mentre
le parti dziose dell'anima vengono tenute, carne servi, a bada
da un pott:re piil energica? ''·
Supponiamo 38 , afferma Cameade, che tu sappia che una xxvr, 38
\'Îl'era sta appi:J.ttata in un certa luogo e che su di essa, senza
an·cdersene, voglia mettersi a sedere un tale la cui morte sara
pt>r te vantaggiosa; tu farai un'azione disonesta, se non lo av-
Yiserai di non sedersi. Eppure questa tua azione disoncsta non
Yerrcbbe punita.: nessuno, infatti, ti potrebbe incolpare che tu
lo sapevi. Ma sto parlando troppo! Insomma: e ben palese che,
se l'eqnita, la lealta, la giustizia non hanno come punto di
partenza la natura e se tutte queste cose vengono rapportate
esclusivarnente all'utile che ne deriva, risulteră. impossibile tro-
,·are un uomo onesto. 1\Ia su questi argomenti si e soffermato
molto Lelio nei miei libri Sulla repnbblt'ca 39 •

.1•:•. Cfr. C1c. Tuse. II. XX. ·ti- Probabile font .. di qut>stc consitlerazioni
carnt:arleo-cict'ronianc e ARISTOT. Polii. I, I2j.Ja Jo; VI 1. 2, J; III. 6.
:~!· Da "\l:GUSTI:-. Dr ci1•. Dt'i. XI\', 23.
Jtj. Da Cic. De fiu. II. XVIII, 59.
\" 3.~- ~'er. analll!!:~~ compiaciutc autocitazioni ciceroniane cfr. D~ leg. 11 r.
• ~- •. X Iv. J.!; X\ II, 38. Il prescnte pcnsiero si tro\·a ribadito in De leg.
1.. XI\. 40·4l. Per l'innato senso delia bencvolcnza in contrasta con certe dut·
tnuc ~picurcc cfr. De ltg. I. 28-34; Ad Ali. YII. 2, -1-

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CAR!\EADE

Se.ntenze carneadee (PLUTARco, Quom. adul. ab am. internosc.


rs. 58 f)
Carneade soleva dire che i figli dei ricchi e dei re imparano
solo a cavalcare, ma non imparano nessun'altra cosa in maniera
perfetta: essi, infatti, durante le loro esercitazioni vengono
adulati dal maestro con le lodi e dal compctitore con atti di
sottomissione e di resa; il cavallo, invece, non sapendo e non
curandosi se si tratti di un semplice mortale o di un personaggio
autorevole, di un ricco o di un povero, disarciona quelli che
non riescono a farsi portare in groppa.

(PLUTAHCO, De tranq. a1t. 16, 470 e-f)


Invero Carncade solcva rammentare che in faccende di
grande rilievo l'inatteso e quello che completamente e total-
mente spinge al dolore e allo scoraggiamento 1 .

(PLUTARCO, De lranq. an. 19, 477 b)


Non e forse vero che - come soleva dire Carneade - gl'in-
censieri, anche se siano stati svuotati, conservano il loro pro-
furno per lunga tempo z e che nell'anima dell'uomo assennato
le belle azioni lasciano dietro di se la rimembranza ognora gradita
e fresca, che irriga di gioia e rimane :fiorente, rnettendo in di-
sprcgio quelli che si rattristano ed offendono la vita come una
landa di calamita o carne un luogo di esilio che venga qui ad-
ditato alle anime nostre? 8

(PLUTARCO, Co11tra Epic. beat 4, 1089 c)


Non e verosimile che persone moderate e temperanti perdano
il tempo a pensare a cosc siffatte ne a quelle per cui Cameade
prendeva in giro Epicuro 4 , ossia a raccogliere quasi da giornali

1. Cfr. PLUTARCH. De viri. mor. 10, ·H9e; De sus/. i•·a 16, 463d.
z. Cfr. HoR. Episl. f, z, 69·70.
3· Per ]'amare di Carneade alia \'Îta cfr. DloG. LAERT. IV, tJ4.
4· Fr. 436 Usencr.

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CARNEADE

murati queste notizie: << Quante volte ha avuto convegno con


Edcia o con Leonzio? » 5 oppure K Quando ho bevuto vino di
Taso " o « In quale ventesirno giorno del mese 8 ho fatto il pin
,:;ontuoso banchetto? n.

5· Per le donne ne! giardino di Epicuro cir. DroG. LAERT. X. ~. 7, 23;


PLUTA.Jl.CH. Contra Epic. bfllt. 16, 1097d·c: A" rt'ctt! dictum sit lat. tsu uiu.
~. 1I28b.
6. Secondo Dio~enc Lacrzio (X. 18) il zo di ogni mese ne\ Giardino si
dava un pra.nzo in onore di l\lctrodoro e. dopo la marte de! maestro, in onore
dello stcsso Epicuro.

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CLITOMACO

.:s . .'it:t1tid Q..llfirhi.

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Clitomaco di Cartagine (187-IIO a. C.) trasmise in oltre quattro-
centu scritti il pensiero di Carneade, trattando con pari abbondanza
i temi piu importanti e quelli piu facili ad essere diffusi tra un vasto
pubblico. Nessuno meglio di lui era stato a contatto con quell'uomo
difficilc che fu Carneade 1 ; eppure, con lodevole modestia, egli tai-
voita confessava di non aver bene inteso che cosa il suo maestru
effcttivamente pensasse 2 • Ebbe una particulare propensiune per
ner-re.? [:x c per il metoda analitica 3 ; con la sua ac cura ta e scrupolosa
conusccnza dei vari «1 sistemi D filosofiei 4 egli, senza volerlo, cornincio
a spianare il terreno per un accostamento tra gli indirizzi, come
del resta, dall'opposta sponda stoica, faceva anche il sua humam·s-
simus coetaneo Panezio e come avrebbe continuata a fare, dopo
qualchc deccnnio, 1'" enciclopedica n Posidonio di Apamea li.

r. 1 rapporti personali tli Clitomaco col maestro subirono un'interruzione,


non sappiamo per quale motiva, intorno al qo a. C., quando il Cartaginesc
si stacco clal\'Accademia e fondo una sua propria scuola ne\ Palladio (Acad.
Phil. i11d. hL'l'c., col. xxv, 8). Quando Cameade ne] 137, a causa delia sua vcc-
chiaia, ~i dimi~c dallo scolarcato, gli succedettc un sccondo Carneadc, figlio
di Pol~marco, e quando anche qncsti morl. ne] 1]1/o. gli succedette Cratde
di Tarso (ACild. phil. iud. he~c., coli. xxv, 42; XXX, 8). Solo dopo la marte
de\ grande Carneade, ne\ 129 a. C., Clitomaco fu richiamato nell'Accademia
c ne assunse finalmente quella dirczionc di cui piu di ogni altro era degno
(.~cad· pili/. i ud. /!ere., coli. xxv, 1 1 ; x.·n'I, 3). Per piu dettagliatc discussioni
d1 ordine cronologico vedasi I-l. vo:"l ARxn1. Kleilomachos, in • RE •, XI, l,
coli. 656-7. Secondo Stobco (Fior. V Il, 55; voi. 1, p. 325, 10 Hense), Clito-
maco sarebbc- marto suicida per sottrarsi aUe sofierenze di una grave malattia .
.l. Cfr. C1c. Lllcu/1. XLV, 139.
3· Il che gli viene rimproverato da Sesto Empirica (Adv. phys. I, 1). L'ac-
c?st':':'ento alia metodologia c alia problematica dei Peripatetici, spccialmente
~~ lntolao, non dovctte limitarsi allc polemiche anti-retorichc (cfr. SEXT.
~lr. Ac/11. ~nalh. l, 2o), ma estend!'rsi alle varie • parti • ddla filosofia.
1. 4· Il nsultato di queste riccrche storiche quasi certamente conflul nel-
oltr?- TI&~t 11LFicrEc..v. che dovette esserc una vera e propria storia della filo-
so a •n chia,·e carneadea (cir. CREDARO, Lo scefficismo degli Accadtmici, J.
pp. 15.~ segg.).
1 s. ~er una singolare coincidcnza Panezio assunse. alla marte di Antipatro,
1~o\~rcz10n.e delia Sta_ a ne Ilo stesso ~nno in cui ~lito~aco assunsc que.Ua de~-
. cauem,a. La stona filosofica, pm, per Panez10 d1vento anche stona poh-
t lca
J h c vanamentc
·
umana (dr. PoHLI!.sZ, La Slt>a, I, pp. 391-2, 396-41R, 403-5:
· I. Risl'., Stoic: Plnlosr;f>h)•, Cambridge, 1969, pp. 186-zoo). Per quanlo, poi.

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CLITOM:\CO

Anche per Clitomaco I'i7toz~ rimane un punto fermo, come gia


per Carnea de; ma - cosa che era gia implicita nel probabilismo di
quest'ultimo - essa non vietava categoricamente al sapiente di
formulare opinioni non aventi in se nulla di assoluto, ma limitantisi
alle questioni della vita ordinaria 8 • E quest'ultima amruissione gia
portava ad un tendenziale distacco dalie posizioni rigidamente asten-
sionistiche di un Pirrone o, anche, di un Arcesilao e induceva ad
affermare oppure a negare non in modo perentorio, ma solo in base
al numero maggiore o minore delle probabilita: l'Accademia, in-
somma, cominciava a non appagarsi piu dclla paradossalita dello
scetticismo, e ne e una confcrma la polemica condotta da Clitomaco
contra Metrodoro di Stratonica, la quale comincio a causare, nel-
l'interno della scuola, un certo scompiglio che si sarebbe riacutiz-
zato ai tempi di Filone di Larissa e di Antioco di Ascalona 7•
Notevole fu anche la battaglia ingaggiata dai pensatore carta-
ginese contra la retorica 8 : egli si atteneva, anche lessicalmente, alia
posizione platonica del Gorgia, ma in realta la sua polemica aveva
un respira piuttosto limitata, giacche prcndeva di mira l'eloquenza
delle assernblee e dei tribunali e non il concetto stesso di retorica:
implicitarnente, infatti, le posizioni del Gorgia venivano sussunte
da quelle del Fdro, ove la filosofia, intesa soprattutto corne dialet-
tica, si attribuiva le piu autentichc prerogative di ars dicendi '·

concerne le posizioni anti-crisippee di Posidonio. dovute ancbe all'in1luenza


dell'Accatlemia. vedansi dello stesso PoHLESZ, op. cit.. I. pp. 176-8, 288, 293,
459-61 e il capitolo di J. IC Kmo. Posidnnius on E11wtions in A. A. LoNG,
Problems in Stoicism, London, 1971.
6. Cfr. Ctc. Lucull. XXXII, 104; DAL PRA, Lo scetticismo greco. pp. 292·3·
7· Cfr. C1c. L1tcull. VI, 17; XXIV, 78; DAL PR..o\, op. cit., pp. 296-8. Che
i rilicvi di Metrodoro contro Clitomaco gia anticipino la posizione mena rigo-
rosamcnte sccttic.a di Filone di Larissa ~ sostennto dai Brochard (Les sup-
tiques grecs, p. t88), Agostino (Contra Acad. III, XVIII. 41) rafforzava la
sua ipotesi interpretati va di tutta la storia dcll' Accarlemia riiacendosi ad una
tradizione, a noi non altrimcnti nota, scconrlo cui .Metrodoro sarebbe stato
il prime a con!essare che gli Accademici non a.tumisero la incomprensibiliU.
carne loro punto di partenza teoretico. ma l'assunsero carne nn'anna neces•
saria per combattere contro gli Stoici. Per certe influenze clitomachce so
Anti<Jco vcdasi L\•CK, Der Akadcmiker Antioclms. pp. 13, 53. 61.
8. Che nell'eta di Clitomaco quasi tutti i seguacî dcii'Accade-mia iossero
impegnati nclla lutta anti-retorica sappiamo. tra l'aJtro. anclle da Quint_ilia~O
(II. 17, 15) e da Atenco (Xlll. 6ozc). Non c eia escludere che la straordinana
eloquenza di Carneacle c il fascino che essa esercitava sugli oratori comuni
che abbandonnvano le scuol~ di retorica per a~coltarll) (cfr. DIOG. LAERT.
IV, 6z) incluccsscro i pur platonici diadochi t.li Carneade a Iare le debite preei·
~azioni circa J'uso delln parola. ed anche in qucsto settore i rapporti con la
Stoa non pote\·ano esscrc chc di attrazione-repulsione (cfr. PoHLEXZ, La Stoa,
I, pp. 512-4). ·
9· Per gli intimi rapporti ~ per le uifferenze intercorrenti tra i duc dia-
loghi platonici e la posizione aristotclica riD\;o a quanto scrîs.o;i in La filosofia
delia retarica in Aristoldc, pp. 6-17.

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CLITOMACO

In sostanza, dopo Carneade, l'Accademia attraversava, ancora


una volta, una delle sue tante crisi. Essa si andava diffondendo anche
fuori di Atcne e della stessa Eliade e, farse, aspirava ad un propria
ecumenismo in rivalita con la Stoa 10 ; ma, in realta, ci furono in essa
di,·isioni in correnti al seguito di diversi personaggi di rilievo (Agnone
rli Tarso 11 , Cannada 12, Melanzio di Rodi 13, Eschine di Napoli u,
)Ietrodoro di Stratonica u; e molti altri), finche Filone di Larissa
5 enti il bisogno di un nuovo rimescolamento delle carte e di dare
all' Accademia una sua quarta fondazione.

Fita di Clitomaco (DIOGENE LAERZIO IV, 67)

Clitomaco era Cartaginese 1 . Egli si chiamava Asdrubale e


profcssava filosofia in patria nella propria lingua. Giunto ad
Atene gia quarantenne 2 , divenne discepolo di Carneade; e
questi, apprezzandone la laboriosita, lo inizio alia cultura greca

1o. Cfr. PoHLE:-.:z, La Stoa, 1, pp. 269, 276. La stessa provenienza inter~
contin~ntalc dd numerosi Accadernici dell'et!J. clitomachca non poteva non
causJre un rtefinitivo abhandono delia concezione souatico-platonica delia
;:r'Ji~t~.
11. L'ingeg-uo tii q uesto scolaro di Carnea de fu celebrato da Cicero ne
(Lucull. VI, 16) e il suo impegno ne! dare spiegazioni sulle lezioni del maestro
e riconlatn in .-1 cad. pili/. i11d. l~<r.:., col. XXIII, 4· Per altre notizie vedasi ARNIM,
Hat;non, in • RE •. Vll, 2, col. 2209.
u. Sulle dnti di Carmada, su\la sua cloquenza, sulla sua fcdelta a Car·
ncar\c pcrsino nellc inflessioni delia voce, sulla sua bravura ne! contrastare
tutte le opinioni uei fil<~sofi cfr. C1c. LIICllll. VI, 16; De or. Il, LXXXVIII, 36o;
I ..x \'Il I, 84: Tttsc. 1, XXIV, 59· Carmat.la ebbe una sua propria. scuola, che
pu1 passo a Diodoro ed a ?.Ietrot.loro di Scepsi (cfr. Acad. phil. ind. here., col.
:-xxn. 2: C1c. De or. XX, ;5). Per altri ragguagli vedasi ARNIM, Cha.",sadas,
111 • RE "• X, 1, cuii. ~ 17l-J.

IJ. Per i rapporti di lllelanzio con Aristarco cfr. Acad. phîl. ind. llerc.,
eul. XXX, 4 segg.; per la sua squisitezza nel\'esame dei ;ri&7j dr. WILAMOWITZ,
Drr. Trag1k<r JI. von Rllodos, • Hermes '• XXIX, pp. 150 segg.; per piu ampie
notJz1e .si rim·ia a GOEDECKUIEYF.R, Gesc/1. des Critch. Skeptîzismus, p. IOI
ad a \\·. C.uo.ELLE, ,Uc/aJ!Ihios, in • RE •. XV, 1, coli. 429-31.
q. Cir. C1c. Dt or. 1, XI, 45; DioG. LAERT. Il, 64; PLurAll.cH. An sefii
resp. ~:crc11da sit, IJ.
_. 1 ?· .Cfr. DmG. LAERT. X. 9; C1c. Lflc/1/l. VI. 16; De or. I. 45· Per nume-
r0"551In1 altn Accat.lernici di cui si sa solo qualche notizia cfr. BaoCHARI>,
Les sccptiques grccs, pp. 1 SS-g.
1. Cfr. A cad. pili/. ilfd. here., col. XXV; :\1.\X. TYR. X, 3·
C]" z. La natizia C da ritenersi inesatta: dall'Jude.r here., col. XXV risnita che
lto.maco giunse in Atene all'etâ di 24 :mni (ossia ne] 163/1. a. C.) e fcce il
suu mgresso nell' Accademia q uattro a uni dopo.

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390 CLITOMACO

e ne completo la formazione spirituale 3 • E Clitomaco si impegno


tanto nel suo lavoro da scrivere oltre quattrocento libri f..
Fu successore di Carneade e ne ha spiegato le dottrine
massimamente attraverso i propri scritti.
Fu un uomo che dedico il suo tempo ai tre indirizzi filo-
sofiei: all'accadernico, al peripatetico, allo stoica 5 •
Timone dileggiava, in genere, gli Accademici in questo modo:
Ne degli Accademici la lungaggine insipida •.

Ora, pero, noi, dopo aver data una scorsa ai Platonici dell'Ac-
cademia, passiamo ai Peripatetici, che pur da Platane trassero
origine: di essi fu caposcuola Aristotele.

Gli infiniti deltagli di ClitomacQ (SEsTo EMPIRICO, Adv. phys. I, r)

In questa sede noi seguiremo, ancora una volta, la stesso


metoda d'indagine, senza perdere tempo con i dettagli, come
hanno fatto, in un certa qual modo, Clitomaco e tutto il rima-
nente caro dcgli Accademici 1: costoro, infatti, avanzando su
un terreno non pertinente e adducendo le loro argomentazioni
per fare concessioni a dottrine dommaticbe diverse dalie loro 1,
hanno data alia laro polemica un'cstcnsione srnisurata.

3· Cfr. PLUTARCII. De Altx. fort. s. 328 c; STEPH. Bvz. Eth. q11u $Ujl.
p. 363, sn Meineke = fr. 57 Wisnie,vski.
4· Di queste numerosissime opere conosciamo solo alcuni titoli: Ticpl
in:ox.ij~ in quattro libri (Clc. Luc111l. XXX. 98); fl&jll cli?E:a&wv. in cui l'autore
esponeva le dottrine dclle varic scttc filosofiche (OlOG, LAERT. II. 92); ll~Ep!E­
(L')thjTIX6!;, ossia una consolatoria ai Cartaginesi per la caduta delia loro pa~
(C1c. Tuse. III. XXIJ, 54); uno scritto al poeta Lucilio cd uno aL. Censonno
ed a M. Manilio, nei quali si esponevano le dottrine gnoseologichc di Cameade ·
(Ctc. Lucr•/1. XXXII. 102-Io4).
S· Non nel senso chc sia stato seguace di tutti e tre gli indirizzi anche se
in tempi uiversi, bens\ da storico ili essi e scmpre dai punto tii vista accademico-
carneadeo.
6. Fc, 42 \Vach. = 35 Dicls.
I. Sesto sembra riechcggiare il verso timoniano sopra citata, ancorch6
in modo attcnuato.
2. In particolarc a quclle stoiche, senza le quali gli Accademici non sapc-
vano trovare la loro stessa ragion rl'cssere (cir. OlOG. LAERT. IV, 62) e ve_rso
le quali, rlopo Carneaue. essi si andarono orientando sempre di piil sp«1al·
mcnte ad opera di Antioco.

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CLITO!>IACO 39I

Critica accademico-clitomacltea delta retorica (SESTO El'rlPIRICo,


Adv. math. II, 20-43)

E Critolao 1 e gli Accademici, tra i quali sono da annoverare zo


Clitomaco e Carmide 2, sono soli ti fare anch'essi argomentazioni
di tai genere, dicendo che le citta non mettono al bando le arti
perche sanno bene che queste sono utilissime alia vita, cosi
comc noi non cacciamo via di casa i domestici o dai gregge i
pastori, mentre al contraria tutti hanno perseguitato la retorica
da ogni parte come se fosse un grande nernico; e cosi il legisla-
tore cretesc 3 vieto che sbarcassero nell'isola quelli che millan-
tavano la loro bravura nei discorsi, e lo spartano Licurgo, che 21
era pieno di amrnirazione per Talete di Creta, introdusse a
Sparta la medesima legge; e per questo motiva, molto tempo
<lopo, gli efori punirono un giovane che rimpatriava dopo aver
studiato la retorica all'estero e allegarono come motiva delia
condanna il fatto che egli era versato in discorsi ingannatori per
spingere Sparta fuori delia via maestra. E gli Spartani tennero
duro nclla loro avversione contro la retorica 4 e si servirono di
discorsi scmplici e brevi. Percio anche l'ambasciatore che essi, 22
dietro votazione, mandarono presso Tissaferne in opposizione
agli Ateniesi, mentre costoro facevano lunghe e complicate
c»posizioni, traccio col bastone sul suolo due linee - l'una retta
e breve, l'altra lunga e tortuosa - e disse: ((O re, scegli quale
tu vuoi di queste due linee », volendo indicare con la linea
lunga e tortuosa la ciurmeria delia retorica e con quella breve
ed insieme diritta la semplice e concic;a franchezza che essi
conscrvano, cercando di usare, non solo in patria ma anche 23
con gli stranieri, un 1inguaggio privo di espressioni superflue.

1. Fr. 34 \\'l)hrli. In Adv. mat li. II 12 ( = fr. 31. \Vehrli), Scsto accosta,
sottu. questo profilo, Critolao alia piu rigorosa posizione platonica contro la
::~·mea (Gorg. :t63 b). ~nche 9uintiliano (Il, 17. q) notava la dillerenza tra
ntolao cd .-\J'lstotele m mcnto alia retorica.
X .!. Le fonti grechc (SEXT. E:MP. Pyrrh. llyp. I. 2Zo; EusEB. Praep. ~v.
T l\·. 4· I~)_ci danno Carmidc: quelle latine (C1c, De or. II. LXXXVI Il, 360;
lisc. l, XXIV, 59; Qllll'T. XI, 2, 26) ci d;mno Carmacia.
3· Taletc di Creta (dr. STRAD. X, 4. 19; ATIIES, X, J, 6II a).
4· Per l'anti-retoricismo degli Spartani dr. PLUTARCH. Lycurg. Il: ApopM.
1ar.. !Jid, 232d, .lJJb.

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392 CLITOMACO

E una voita un arnbasciatore dei Chii, venuto a fare una ri~


chiesta di esportazione di grano, poiche esponeva questa sua
richiesta con rnolte lungaggini, fu da loro licenziato senza avere
concluso l'affare, e quando ne fu mandato un altro pin conciso
(dato che i Chii erano incalzati dalla necessita), essi consenti~
rono alia richiesta: e quest'ambasciatore si era limitata a p~
tendere versa di Joro un sacco vuoto e a dire che quello aveva
bisogna d.i farina 5 • Tuttavia non mancarono di biasimare anche
costui carne troppa loquace, giacche la vista del sacco vuoto
24 gia sarebbe bastata ad indicare la richiesta dei Chii. E il poeta
tragica Ionc, spinta da qucsto cpisadio, disse degli Spartani ':
Sparta non ha. bastioni di parole;
Ma, se nuovo Ares con l'armata irrompa,
Senno comanda e braccio pronto csegue,

volenda significare che gli Spartani sanno prendere le decisioni


migliori e dctestano la retorica.
Percio, se le citta mettono al banda non gia le arti, ma la re-
25 torica., questa non puo essere annoverata tra le arti 7• E, poi,
da stupidi rovesciare l'argornentazione dicendo che alcune citta
elleniche espulsero anche i filosofi. In prima luogo, infatti, i
nostri avversari non sarebbera in grado di dare a questa loro
asserziane tali prove quali ne possano darei loro oppositori nei
riguardi della retorica; in secondo luogo, anche se certe citta
espulsero la filosofia, non la espulsero in quanto filosofia, ma
in quanto si trattava di sette particolari, come fecero con
quella di Epicuro che, secondo loro, professa.va la dottrina del
piacere, e con quella di Socrate che, secondo loro, non teneva
in nessun canto la divinita. Ma le suddette citta non respinsera
un particolare indirizzo della retorica e ne accolsero un altro,
bensi l'avversarono tutta quanta in blocco.
26 Ma. anche prescindendo da quello che abbiamo detto, se·
si vuale che la retorica sia arte ad ogni costo, bisogna provare
che essa e utile - carne del resta lo sono anche le altre arti -
o a ehi la possiede o alia ciW1.. l\la, in realta, essa non e van-
taggiosa ne a ehi la possiede ne alia dtta, come dirnostreremo:
eppero essa non e arte.
5· Cfr. HHROOOT. 111, .j6.
6. Fr. 63 Nauck = 107 Blum.
η Cfr. WEHRLI, Die SdwJe des Aristoldes. Hcfte X. pp. 56-7.

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CLITOMACO 393

E a ehi la possiede essa non e utile, perche in primo luogo 27


questi - lo voglia o non lo voglia - e costretto ad aggirarsi per
le piazze e le cancellerie e a passare il tempo tra persone mal-
yage e false e accusatrici di mestiere, abbassandosi a frequentare
gli ambienti che costoro frequentano, e in secondo luogo egli
~ cnstretto ad avere scarso riguardo per la modestia, per non far
nascere nci pili spregiudicati la credenza che egli sia un sem-
pliciotto da nulla, e deve parlare con tracotanza e mettere in 28
mostra l'audacia come un'armatura 8 per essere terribile agli
sguardi degli avversari, e farsi ingannatore e ciurmatore e in-
golfarsi nei pili luridi affari, come adulteri e furti e ingratitu-
dine verso i genitori, per confutare all'occorrenza queste cose
con uno scopo pratico e per renderle ancora pili torbide; ed 29
cgli deve avere, altresi, molti nemici e ocliarli tutti, alcuni perche
~ono stati suoi avversari, altri perche sanno che ehi si lascia
prezzolare, qualora sia adescato da un guadagno pili vistoso,
trattera anche loro alla stessa stregua con cui ha trattato gli
altri; oltre a cio egli deve trascorrere tutta la sua esistenza 30
in contcse e, a guisa di pirata, deve ora fuggire ora inseguire,
sicchc egli, stanco e stufo, deve stare notte e giorno in mezzo
a una caterva di persone che sono nei pasticci, e deve trascorrere
una vita tutta appesantita da lamenti e da lacrime, mentre
alcuni sono menati in carcere, altri agli strumenti di tortura.
Per tutti questi motivi la retorica e nociva a ehi la possiede 9 •
l\la essa non e vantaggiosa neppure alle citta, giacch6 31
qucste sono tenute insieme dalle leggi e, come un corpo perisce
quando il respiro vien meno, cosi anche la citta perisce quando
si sopprimono le leggi 10 • Percio anche Orfeo, cantore delle
usanze umane, indicando la necessita delle leggi, dice 11 :
Tempo ci fu chc i mortali mcnavan la vita. mangiando
Gli uni le cami degli altri: sbranava il piu forte il men forte.

S. Per la concezione delia retorica-arma cfr. PLAT. Go>g. X-XL


9· Parccchic di queste argomentazioni - chc sono in gran parte di schietta
~arca platonir.a -si riscontrano io TAc. Dialog. <il" oral. XII-XIII. Al contraria
1
vantaggi che gli oratori traggono dalla loro atti,·ita sono celebrati dai pur
scetttcheggiante Luciano io Sonm. ro segg. e in Bis /ICCII.<., passim. Per un
'asdto panorama deUa questione n<'ll'cta Neo-sofistica cir. H. v . .'\R:-<IM /_ebt"n
1111
ll"erh_c dt"s Dio vorr Pmsa, Berlin. T8gll. pp. 6d sq;g. '
IO. St 5ente qui \'eoo del Crilonr platonica.
II. Fr. 292 Kern.

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394 CLlTOlfACO

32 lnfatti, poiche non vigeva alcuna legge, ciascuno riponeva il


diritto nella forza delia mano, e in questo modo,
Propria di pesci e di bel ve e ancor di pennuti avvoltoi u,

essi erano spinti


L'uno a far pasto dell'altro, mancando giustizia tra loro 13,

finche il dio, mosso a pieta delle loro afllizioni, non invio dee
legislatrici, che furono ammirate dagli uomini soprattutto perche
eliminarono l'ingiustissima costumanza del cannibalismo e, solo
in secondo luogo, perche esse tranquillizzarono la vita sommi-
33 nistrando i frutti delia terra. Perei<'> anche i raffinati Persiani,
quando muore il loro re, hanno la consuetudine di trascorrere
nel disordine i cinque giorni successivi, non per il gusto di im-
battersi in infortuni, ma per imparare di fatto qual grande male
sia la mancanza della legge, mancanza che provoca uccisioni,
rapine e altre cose peggiori, e fanno questo allo scopo di diven-
tare pili fedeli custodi dcl Ioro sovrano.
34 Ma la retorica entra in scena propria in opposizione alie leggi.
E di questo e validissima prova il fatto che presso i barbari,
ove la retorica non esiste affatto o fa solo qualche rara com-
parsa, le leggi pennangono salde, mentre presso quelli che la
coltivano si verificano rinnovamenti quasi quotidiani di leggi,
e in particolarc in Atene, carne tra l'altro nota ancbe Platane,
35 poeta delta commedia antica 14 : infatti, secondo lui, se un o
emigra per tre rncsi e poi ritorna, non riesce piu a ravvisare
la propria citHt, ma a guisa di nottambulo si spinge oltre le
mura, come fanno del resto anche i corrieri a cavallo, giacch6
la citta non e piu la rnedesirna per quanto concerne le leggi.
36 E che la retorica sia contraria alie leggi risulta da quelle stesse
disposizioni che si riscontrano nelle loro cattive e arti.ficiose
•• arti )), giacchc una volta essi esortano a rispettare alla lettera
gli ordinarnenti e le parole del legislatore, ritenendoli chiari e
non bisognosi di alcuna chiosa, un'altra voita, invece, capo·
volgono le cose, afferrnando che bisogna badare non agli ordi-

n. HEs. op. :z77·


13. /bid. 2Î:'I.
14. Fr. 220 l{ock.

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CLITOMACO 395

namenti e alle parole, bensi all'intenzione 16• lnfatti, colui che 37


si propone di punire ehi solleva un ferro contro un altro, non
si e proposto affatto di punire ehi sollevi un ferro in qualsi-
voglia modo, giacch~ potrebbe, ad esempio, trattarsi di un
t anello 15 t, ne ehi sollevi un ferro di qualsivoglia specie, ad
esc-mpio anche un ago; ma se noi cerchiamo di penetrare nell'in-
tenzionc del legislatore, troveremo che egli ha inteso infliggere
17 •
1111 a punizione a colui che ha osato uccidere un altro uomo
Talvolta, poi, i retari ci esortano a leggere gli articoli di legge 38
operando qualche taglio e a cavar fuori da cio che rirnane un
significnto diverso. E anche spesso essi sottopongono ai loro
,, clistinguo ,, espressioni ambigue, favorendo quell'interpreta-
7.Îone che fa al caso loro; e fanno un'infinita di altre operazioni
che mirano al sovvertimento delle leggi. Percio anche quel-
1'urat ore bizantina, al quale fu chiesto come andassero le leggi
di Bisanziu, rispose: !< Vanno come voglio io >•. E come gli illu- 39
sionisti ingannano gli sguardi degli spettatori con la lestezza
dellc loro mani, cosi anche gli oratori, mediante raggiri, fanno
pr_·rdere ai giudici l'esatta nozione delia legge e carpiscono in
tal modo illoro voto. Anzi nessuno, tranne gli oratori, ha avuto 40
la tracotanza di far passare per legge tutta una serie di ille-
gittimi decreti. Cosi Demostene, a furia di gridare e di strom-
bazzan~ meriti, riusci a sopprimere la legge che era sta ta emanata
contra Ctesifonte. E percio anche Eschine 18 dichiara: <<Un
mal costume e riuscito ad entrare nei tribunali: l'accusatore
dtve difcndcrsi c ehi e in stato d'accusa si mette egli stesso
ad accusare, mentre i giudici sono costretti a dare il loro ver-
detto su questioni di cui essi non sono stati chiamati a dar
giudizio "·
E se, allora, la retorica e contraria alle leggi, essa, oltre a 41
nun essere per niente utile, e anche dannosa.
D'altra parte gli oratori che trascinano le foile non si limi-
tano a procedere contro il bcne delia citta, ma in rcalta il de-

· .. 15. Aristotclc (Riu,t. II. Lloob 9-16) contempla questo topos facen<lolo
rz,.,hre ad un non megliu itlentilicato Tcodoro (dr. A. Russo. La fii. delia
rd, III Alist. p. 131).
16. I.'intcgraziune e di Mutschmann-~Iau.
I7. ~cr questc discussioni rf'torico·giuridicheo dr. Pap. Halwsis .• 1, 186
in Dlkt~zm11ata, ed. gr. Halensis, Berolini 1913,
Il; . .-!du, Ctcsiph. 193.

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CLITO:>IACO

magogo sta di fronte al vero uomo politice nello stesso rapporto


42 in cui sta un droghiere di fronte a un medico 19• Egli, infatti,
perverte le foJle dicendo cose allettanti e con le sue calunnie le
aizza contra i migliori. Con chiacchiere e con parvenze egli
promettc di fare ogni casa per il pubblico vantaggio, ma in
realta offrc soltanto nutrimento malsano, come quelle nutrici
che danno ai bambini soltanto un poco di pappa e poi tutto il
resto se lo trangugiano loro 2o.
43 Argomentazioni di tai genere sono riportate anche dagli
Accademici 2t contre la retorica allo scopo d'abbatterla e d.i
dimostrare che la retorica, se non e utile ne a ehi la possiede
ne al prossimo, non puo, di conseguenza, essere considerata
carne arte.

19. Anche questa qufJter>ri" termiHorr~tn risale a PLAT. Gorg. 464b-465e.


20. p.,r qucsla similitudinc cfr. ARISTOPH. Equit. 715-8.
21. Come in § 20.

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FILONE DI LARISSA

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Filone di Larissa (16o? 1-79/8 a. C.), che forse ebbe anche modo
di udire personalmentc Carneade, fu discepolo di Clitomaco 1 e, carne
in genere i suoi prcdecessori dell'Accademia, recepi anche l'inscgna-
mento deHa Stoa 3• Anche per le sue personali vicissitudini ', egli
si inscrisce in quell'aspctto ecumenico della filosofia accademica che
si sviluppo dopo Cameade, sebbene il centro di diffusione rimanesse
ancora Atcne.
A differenza di Clitomaco, Filone diede al probabilismo un'in-
terpretaziunc tanto moderata da suscitare quasi l'impressione che
volcsse separarsene per battere una via nuova e ormai fatalmente
sfociante ncl dommatismo 5 • Gia prima che si aprisse la polemica

1. Qur.sta c la data di nascita proposta dai Mek.ler sulla base di Acad.


pllil. i11.1. Jr.:•·c., col. XXXIII, 3 e sostenuta anche dai Goedeckemeyer (Die
Gescllichtr des gricch. Skept., p. IO.\) e <lai Daii'ra (Lu scettit:ismo greco, p. JOI),
in disaccordo col Brochard, il quale (Les seeptiques grecs, pp. 189-90) fa oscil-
lare la data tra il q8 c il 140, fondandosi sia su una d.i\·ersa data di nascita
eli Clitomaco (17.5 e non 18Î) sia su un'interpretazione poco acccttabile ui
col. xxxm, 18 dcll'Jndcx, sccondo cui Filone sarebbe marto all'cta di 63 anni,
sia su preccdcnti indagini delia Zumpt, de! Clinton e soprattutto dello Hl"r-
mann (Disp11tatio de Pllilone LaYi$Sato, Gottingen, 18,51, p. 4). Un ampio
t.~amc dclle numerosc difficolt.a cronolO!,oiche e in K. vo:-: FRITZ, Philon, in
• RE •. XIX, :z. coli. 25J5·7·
2. Sccondo l'l11da (col. XXXIII, 4 sesg.), Filonc all'eta di 24 anni giunse
a~ Atcne c diwnne discepolo dcl Cartagiuese, dopo aver udito gia dall'eta
d1 Stdlci anni le lezioni di Callidc a La.rissa.
. 3· Secondo l"Ju,/ex (col. xx..xm. 11), Filone all'eta di 38 anni (122 a. C.)
51
sarcbb_e aUontanato da Clitomaco per ascoltare le lezioni dello stoica Apol-
lodoro. ~econt!o le coli. xxv, 1.5 e XXXIII, 15 dcll' hrdex, Filone otten.ne lo
scolarcat.o dell'Accademia alia marte di Clitomaco (uo/09 a. C.); ma la notizia
se_mbra contraddetta da un altro luogo poco chiaro dello stcsso l11dex (col. XIV,
IIJ seg.).
d 4· Sappiamo da Cicerone (Bm/, LXXXIX, 3ofi) chc cgli fugg\ da Atene
.urante la gut-rra mitridatica nell'88 a. C. c che rimase a Roma fino aUa marte
~~scuot<'ndo granue succcsso per il suo insegnamento (Tuse. V, XXXV Il, 107-8;
LUTARCII. Cic. J).
5· Su questo stato di disagio insis.te\"a Numczio (fr. 28 des Places) con
~~a certa crudeita. In realta il probahilismo slesso a meno che non volesse
~ o~arc p~enamc:ntc all'intransi~c:cnza pirroniana di :-\rcesilao, non pote~·a non
.~" 1 contr quas1 matematici con un \"erita di rondo. Anche se non ricono-
SCJamo a Filone la prcrogativa di esscrc stato • il genuino fondature • (DAL PRA,

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400 FILONE Dl LARISSA

tra lui e il suo allievo Antioco di Ascalona, egli confessava propri.o


a quest'ultimo certi suoi turbamenti in merito a qualche lato contrad-
dittorio del carneadismo che Antioco andava acutamente rilevando •:
Carneade, infatti, ammetteva che esistessero tanto rappresentazioni
vere quanto rappresentazioni false, ma nello stesso tempo respingeva
la possibilita che se ne potesse stabilire con precisione la differenza.
Per superare questa contraddizione bisognava operare una revisione
del probabilismo; ma, mentre Antioco spingeva questa revisione
fino al punto da staccarsi completamente dallo scetticismo dell'Ac-
cademia Nuova, Filone, al contraria, rimaneva convinto che la con-
traddizione potesse essere risolta conservando l'essenziale del pen-
siero di Carneade. Smorzando ogni tendenza radicalmente scettica,
Filone era convinto di potere recuperare anche il piu antico plato-
nismo dell'Accademia Antica, facendolo riparare « sotto l'ombrello
scettico u 1 e non ";ceversa.
In questo suo riformismo Filone poneva con molto acume un
problema destinata ad avere vasto seguito nel pensiero posteriore:
quello delia differenza tra verita e certezza. A suo avviso la prima
ha una sua oggettiva ed irrecusabile esistenza, mentre la seconda
non puo essere c.onseguita sia per cause inerenti alle cose (il remo
nell'acqua, il collo delia colomba o le due uova) sia per cause sog-
gettive di ordine sensoriale (sogni, allucinazioni, follia, illusioni sen-
soriali) e di ordine intellettivo 8 • Si perviene, cosi, non alia negazione
delia verita, ma solo a quclla delia comprensione. L'acatalessia di
Arcesilao vicne riconfennata anche se con le attenuazioni probabi-
listiche, ma nello stesso tempo l'originaria istanza di Platone ~nu~
vamente presa in seria considerazione 9 •
La ricerca non doveva essere abbandonata: teoricarnente Filone
Lo scellicismo greco. p. 339) o.lel probabilismo, ma riteniamo di assegnare giu-
stamente questa prerogativa a Carneade, non possiamo negare, alia fine, la
maggiore consapevolezza di l'ilone in mcrito al gioco d'azzardo cui il pro-
babilismo andava incontro: di qui le pcrplessita del filosofa di Larissa.
6. Cfr. C1c. Lucr.ll. XXX IV, 111; BROCHARD, L~s sreptiques grecs, pp. 197-8.
7· L'cspres;;ione molto dficace e de! Long (Hei/mistic PJ.ilosophy, P· 224)
che riassumc con bclla ironia quanto era stato detto piu dettagliatamcnte d_allo
Hirzel (Unlersrtduurgcn zu Cic. piri/os. Scllriften, p. 198 scgg.) e dai Brochard
(Les sccptiqut>s grccs, p. 195 segg.), in contrasto con lo Hennann e con lo Zeller,
chc sostenevano un riassorbimcntu dell'Accadcmia Kuova nell' Antica. Par-
lando di Filonc. il Brochard, seguito dalla maggior parte degli studiosi piil
recenti. scrh·e: • S'il n'\' a eu, sclon Philon, qu'unc scule AcadC.nie, c'est une
Academic sccptiqnc; c.; n'cst pas la nouvellc qu'il ram~nc a l'ancienno, c'est
l'ancienne qu"il absurbe dans la nouvcllc •.
8. Cfr. C1c. l.ucu/1. XVIII. 57 segg.; XXVI. 84 segg.; SExT. EliP. Adu.
log. I, 409 segg. llna chiara disamina c in FRITZ, Pili/con, in • RE •. ~l ..2~4°•
9- Cio oVl.;amente non implica un ritorno all'innatismo o al!'mtut~one
delia pura :ragionc, comc sosteneva lo Hermann nelle suc duc DlsputaiJOfiiS
de Plrilone Larissaco in parte 5nlla scorta di Agostino (Contra Acad. III, 4 1)•

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FILONE DI L:\RISSA 401

non negava la possibilita che la verita venisse conosciuta, ma soste-


neva, altrcsi, che questa possibilita non puo diventare certezza.
La proYa di qucsta drammatica antinomia era data dall'infecondo
:::forzo rlegli Stoici che avevano creduto di trovare la soluzione me-
diante J'equivoco della rappresentazione comprensiva. Ne Filone
intendcYa prospettare una soluzione nuova, giacche il possibile,
st'-condo lui, non era un potenziale suscettibile aristotelicamente di
di,·entare attuale 10• In rcalta, pero, il possibilc, riassurnendo in se
k istanze probabilistiche, si andava sganciando non solo da Ari-
stotele, ma anche dai necessitarismo, e in tai modo potevano balenare
idee davvero nuO\·e e sorprendentemente prc-esistenzialistiche. Ma
Filune non seppe tracciare qucsta nuova via c ripiego verso qut'l
con<:dto c.li vcrosimiglianza che era molto familiare agli antichi e
che, alia fine, aveva a che fare con la retorica n.
L'attenuazionc delle posizioni scettiche serpeggiava in tutta 1' Ac-
c:ulemia e gia Metrodoro di Stratonica ne aveva dato prova; nello
stesso t('mpo la Stoa, che sembrava rnessa in crisi mortale dagli
attacchi di Carneadc, faceva anch'essa una politica di appeasement
dopo l'intervento moderatorc di Panezio e di Posidonio. Ma propria
la Stoa, che pareva scontitta, si accingeva a dare ali' Accademia
scettichcggiante il colpo di grazia. Filone avvertl il pericolo e fece
rnacchina indictro, come soleva fare Carneade nei momenti cruciali 12•
Ma, mentre egli intendeva dimostrare che le sue concessioni al dom-
matismo erano pili apparenti c.he reali, apriva certi spiragli palese-
mente dommatici. Cio doveva riscontrarsi in particolar modo nf."l
suo pensiero morale, soprattutto con l'accostamento tra filosofia e
medicina 13 • Qucsto accostamento non era affatto nuovo, ma risa-

lo. Per !'intima l~[:ame che ti('ne semprc unito il concetto di possibile
a qnt>llo di pot('nzialilil cfr. ARISTnT. ,uetapll. V, u. Per l'approionllimento
<lei cc•ncetto lli possibile in Diodoro Crono dr. DiiRJSC, Die ,1Jegariktr, frr. 1 J0-
1-tJ c c:'mn_le~1.o a pp. 132 se.<;g. Circa l'intlusso dei paradossi megarici su Fi-
lrmc (<.h cu a c cenno in C1c. Luw/1. XXV 111, 92-XXIX, 95) vedasi FRITZ,
Pln/('11, i~ • l{E •. col. ::!j-to.
1 1 • Sulla granlle pr.-parazi<.one retorica di Filulle tanto ncllc suasoriat'
IJU~nto udle COJI/tot•rrsiiU insiste\':\ gia l'Arnim (Dio llrJ/1 Prusa. cit., pp. 98 segg.;
lo::i segg-.). l.'lterîori ddocidazioni 5•)110 state fattc da\ Fritz (P!JilotJ in • HE •
co:j. 2 5-\2). ~·n ampio quatlro delle inlluenzc tanlo ili Filonc quanto '<.li Antice~
~,:• umancsamu retorim·lilosolico di Cîc<'r<lne c in H. :\. K. HUI'T, The Hu-
<ma.'m ~J Cicr~ro, 1-le!boume, 195·!·
r 2 • Talc UO\'C\':1. cssere il tenorc dei duc )ibri di Filone ricordati da Cice·
r~ne (Luwl/. 1\', li) chc suscitarouo )o scanilalo di Antioco e il suo Sns11s.
~' [ '\U~l: F,_lunc probabilmenle ri!ipose con un alt ro scrilto (cir. C1c. Luw/1.
a·',., 1 Il· At:GUSTJX. Contra Acad. III. X.\" Ili ..p; HER~IASX., D~ Phil. L.uiss.
•s, ., ' p. ]).
h'l lJ, Qucst'accostamento veniva fatto în un trattalo di etica chc proba·
u' n;cnte fu nna <lelle fonti dcll' Horte11sius <.li Cicerone e eli cui si riscontra
n uga.ce sommario in S·roB. Ecl. 11, 40.

::t6, Scrltin' aurlcl:i.

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FILOI.;E Dl LARISSA

Iiva alia lezione di Ippocrate chc era stata bene assimilata da Socrate
e da Platone. Non ci deve sfuggire, pero, che, proprio nell'etă. di
Filone, si andava approfondendo il contrasta tra medicina donuna-
tica e medicina empirica: Filone si accostava alia prima, ma non si
Jasciava sfuggire certi risvolti acutissimi delia scconda u. Siamo
pero, troppo poco informati per poter dire se il pensiero filoniano

abbia avuto una qualche incidenza sul dibattito scienti:fico-filosofi.co
che ormai era aperto ~ che, come risultera dall'ultima sezione di
questo volume, avrebbe avuto la sua piu approfondita rimeditazione
nell'eta di Sesto Empirica e di Galcno.
Comunque, pur essendo- forse suo malgrado- non privo di di-
versi spunti dommatici c pur avendo contribuito a mettere in crisi
1'Accademia Nuova, Filone ne rimase, in definitiva, l'ultimo esponente.

Accanto alle poche fonti che riportiamo in questa breve sezione


dedicata al filosofa di Larissa, vanno collocati numerosi passi degli
Academica ciceroniani e soprattutto dcl Lucullus Iri, ove sono evi-
denziati i tratti piu salienti delia prospettiva scettico-probabilistica
di Filone. Va, pero, tenuto presente che non e agevole l'assegna-
zione precisa di questi passi « filoniani •, giaccbe Cicerone mira a
ridurre e quasi ad annullare le differenze che dovettero intercorrere
tra Filone e (amead~; an zi, persino nei momenti di maggiore fedeltă.

14· Soprattntto ne) tcrzo libro dd suo tratlato, discutcndo delle varie
maniere di vivcrc (llcpt ~[CJ)v), Filone probabilmentc dava grande rilievo
all'osservazione c all'csperienza. e cib coincideva anchc col suo bis.ogno di
estendere l'intcrcssc per le questioni :filosofiche a un vasto pubblico non fatto
di soli sapienti. Anchc se le Ionti a nostra disposizione sono molto esigue ed
incerte, notiamo in Filnne una conciliazione con la vita ordinaria e con la
consuctudinc; il chc fa pensare a certi motîvi chc verranno sviluppati dallo
Scctticismo cosiddetto empirica (dr. BROCHARD, Les sceptiques gFtcs, pp. 200,
206-J).
15. Per orientare il lettore ricordiamo in particolare IV, I I a proposito
delia pubblicazione dei due !ibri filoniani che scandalizzarono Antioco; VI,
I]-8 a proposito delia novita dci libri suddettî pur nell'ambîto dell'Accadeotia
Nuova; XX, 66 a proposito del limite dell'assensl) da accordare alle rappre-
sentazionî; XXIV. 73-76 a pruposito delia presenza dî istanze probabilisti~e
in Socrate, in Platone, nei Cirenaici c pcrsino in Crisippo; XXXIV, 11 I (coma
anchc VI, rB e XIV. 44) a proposito delia pcrplessit11. di Filone in merit~ al
rapporto tra esistenza e conoscenza delia vcritâ. e- alia uou contraddittonetk
del probabilismo; X, 32 c XI, 34 per i rapporti lra • incerto • e • uon-perce-
pibile •. tra • evidente • e • percepito •: XXX 1V, 109 circa l'importanza. del
probabilismu per le nostrc dccisioni pratiche; XXII, 69·7I per gli spunt;t di
polemica personale con Antioco. Per quanto, poi, concerne l'interpretaz•one
data da Filone alia sloria dcll'.Accademia comc un unico imliriuo chc aflon~
le sue radiei non solo in Platonc c in Socrate, ma anch" uei Presocratici veda!ll
V art·o IV, 13 e X II, 44. L'adesione di Ciccrone al pensie ro filoniano e data
csplicitamente in Ad fam. IX, 8. lnline stmbra di ispirazione filoniana anche
Luc~<ll. III, i-8, ove si insiste solia uecessita dtlla liberazione dai dommatism 0 •

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FILONE DI LARISSA

ai suoi maestri probabilisti, l'oratore-filosofo non si lascia sfuggire


J'occasione di avanzare qualche sua personale dottrina, il che rende
ancora piu complicata ogni tentativo di cernita da parte nostra.

Virtuale abbandono dell'epoclze (Nm.IENIO, apud Euseb. Pracp. ev.


X IV, f), I-3 = fr. 28 des Places)

Ouesto Filone - dice Numenio - non appena ricevette la 739 b


dire;ionc delia scuola 1 , caracollo dalla gioia e, per rnostrarsi
grato, si comportava da servo fcdele e faceva l'esaltazione di
quelle chc erano state le dottrine di Clitomaco e contra gli c
Stoici
di bronzo lucente s'annava, 5

Ma col trascorrere del tempo, poich6 l'accademica sospensione


del giudizio era orrnai logorata dalla consuetudine, egli si ando
staccando del tutto dal suo precedente moda di pensare: lo
volgevano, infatti, in senso opposto l'evidenza e l'accordo delle
affezioni 3 • Ed onnai nutrendo un grande presentimento, bra-
mava ardcntemente di imbattersi in uno che lo confutasse 4, ro
per non dare a vedere - carne si puo bene intuire - che egli
stesso
il dorso volgendo a

si dcsse alia fuga di sua iniziativa.

(SEsTo EliiPIRICO, Pyrrh. hyp. I, 235)


Filone sosteneva che, per quanto concerne il criterio pro-
fessato dagli Stoici - vale a dire la rapprescntazione appren-

I. Cii> avvcnne nell'anno noji09 a. C. (A cad. phil. i11d. here. coli. xxv
15· xxx 11 1 1
' • '· 15. quantunquc la nutizia sembri contraddetta in eul. XIV 1C. segg.).
Fu on~ . r
era st~ gmnto ad Atenc ne! !3~ (bul.,r, c?l. ~xxm. 4 scgg.) all'eta <.Ii 24 ~nni,
d to per oltre tre lustl"l disccpolu d1 Chtomaco mcntrc Carneade s1 an-
ava spcgnentlo. '
• Comc Aiace T~lamonio in HoM. //. VII, 206.
2

em ~· In quc~t'analisi dei :rr:î:th] gli Accademici continuavano ad avere comc


11 soprattutto i Cirenaici.
4· Per Fi!one l'uomo delia provvidenza fu Antioco.
5. HoM. Il. VIII. 94 .

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FILONE OI LARISSA

siva -, le case sono incomprensibili, ma, per quanto concerne


la natura stessa delle case, queste si possono comprendere •.

Considerazioni sttl sillogismo ipotelico (SESTO EMPIRICO, Pyrrh.


hyp. II, uo)

Filone 1 sostiene che e valida quel sillogismo ipotetico che


non comincia da vero e finisce in falsa - ad esempio, mentre
e giorno ed io sto discutendo, il nesso « se e giorno, io sto di-
scutendo n - ; invccc Diodoro 2 sosticnc che e valida quel sillo-
gismo ipotetice che ne ammetteva ne ammette la possibilita
di cominciare da vero e finire in falso.

(SESTO E:-.IPIRICO, Adv. log. II, II2-II7)


112 Tutti quanti i dialettici 3 sono generalmente d'accordo nel-
l'affcrmare che una proposizione ipotetica e valida allorch~ a
cio che in essa e antecedente tien dietro cio che in essa e con-
seguente, ma circa il tempo e il modo di questo tener dietro
c'e sedizione tra loro, e si danno, a proposito di questa a con-
seguenza ''• criteri che sono tra Joro contrastanti.
113 Ad esempio, Filone diceva che l'ipotetica risulta vera quando
non comincia da cio che e vero e va a terminare in cio che e
falsa; di guisa che, a parer suo, un'ipotesi risulta vera in tre
modi e falsa in un moda solo. Difatti, quando comincia da vero
e termina in vero, essa e vcra, come nell'espressione (1 se e
giorno, c' e luce)); quando comincia da falso e finisce in falso,
cssa c ancora vera, carne nell'espressione <<se la terra voia, la

6. Scartando. sulle orme di Arccsilao e dî Carncade, la fantasia catalettica,


il dommatismo naturalistico prcn.Je,•a îl sopravvento su!lc posîzioni scettiche.
r. Qucsto breve passo sestiano. come qucllo piu ampio che segue, si ~­
serisce Ut'lla pol.-mica sccttica contro la rifomla stoica uella sillogis.tica ~­
stotelica (dr. quanto ho osservato in SEsio EMPIRico, Coulra i logici. pag1ne
XXX\"111-X!.IV). ,
2. Test. 1.p During. Per pii1 ampie t.liscussi,,ni dr. i\!ATEs. Sloic Logrc,
pp. 48~; 1\:NF-ALE. Drflelopmmt of Logic. pp. 129, IJ+ •
3· Sia gli Stoici che gli Accadcmici. giacchc tanto gli uni quanto gli altn
non avcvano intt:so opEorare una demolizione radicale delia sillogistica, coJDe
fara !"ultima sccpsi da Enesidemo a Sesto Empirico.

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FILONE DI LARISSA

terra e ala ta)); altrcttanto vera e, infine, quclla che comincia I14
da falso c termina in vero, come nell'espressione '' se la terra
vola. la terra esiste ». L'ipotetica risulta, invece, falsa soltanto
ne! caso che cominci da vero e vada a finire in falso, come si
ha ncll'espressione ((se e giorno, e notte ~; infatti durante il
C"liorno t- vera l'esprcssione u e giorno )), che funge da antece-
1:>
dcnte, mentre e falsa l'espressione « e notte "· che funge da
consegncnte.
Diodoro "· invece, sosticne che (( e vera un'ipotetica la quale I 15
ne ammettcva ne ammette la possibilitâ. di cominciare da vero
e- terminare in falso 11. Difatti la proposizione ipotetica cosi
fonnulata ((se e giorno, io sto conversando Il, quando attual-
mcnte c giurno ed io sto conversando, secondo Filone e vera,
perche parte da vero (da '' e giorno ») e finisce in vero (in c< io
sto conversando n); secondo Diodoro, invece, essa e falsa, giacche
essa ~tessa ammctte talvolta la possibilita eli cominciare da vero
(da" c giorno 11) c eli tern1inare in falsa (in u io sto conversando »),
nd caso che io abbia smesso di parlare. Ed anche prima essa
ammetteva di cominciare da vero e di finire in falsa (ossia in
"io sto conversando 11}; infatti, prima che io cominciassi a u6
conversarc, essa partiva da vero {da ce e giorno 11) e poi andava
a finire in falso (in ci io sto conversando 1)). Ancora, l'espressione
chc si presenta cosi «se e notte, io sto conversando », pronun-
ciata mentrc e giorno ed io me ne sto zitto, secondo Filone
ealtrcttanto nra, perche comincia da falsa e va a finire in falsa;
Îll\"ece sec-ondo Diodoro e falsa, giacchi: essa ammette di ter-
minare in falsa, pur cominciando da vero, perche e sopraggiunta
la notte e, inoltre, io non sto conversando, ma me ne sto zitto.
Anzi persino l'espn:ssione ,, se e notte, e giorno ,,, pronunciata II7
durantc il giorno, secondo Filone e vera appunto per questo,
~erche, pur cominciando da falsa (dau e notte ))), va a terminare
m vcro (in •1 e giorno n); invcce secondo Diodoro e falsa propria
per _la seguente ragione, cioe perche essa ammette, al soprav-
vemre de!la notte, di cominciare da vero (da c< e notte .:·) e di
terminare in falsa (in "c giorno 11).

4· Test, 1~~ D<>ring.

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FILONE Dl LARISSA

Il recupero delia retorica (CICERONE, De orat. 1, XI, 45-47)

45 Allora egli 1 disse: « So bene, o Scevola, che di solito su questi


argomenti si parla e si discute tra i Greci. Quando infatti mi
recai, da questore, dalla Macedonia ad Atene, ascoltai uomini
eccelsi: 1' Accademia era in fiore, come si diceva a quei tempi,
quando la reggevano un Carmada, un Clitomaco, un Eschine.
C'era anche Metrodoro, che insieme con gli altri aveva prestato
ascolto personalmente e con zelo ecccssivo al celebre Cameade,
il piu acuto e dovizioso di tutti ncl campo dell'eloquenza, come
ci e stato tramandato, ed erano nel pieno delia loro attivita
anche Mnesarco 2 , allievo dcl tuo grande Panezio, e Diodoro a,
46 allievo del peripatetico Critolao. Oltre loro ce n'erano molti
altri, ben noti e stimati in campo filosofica, ed io mi accorgevo
che tutti questi signori, quasi all'unisono, scacciavano l'oratore
dal governo della citta, gli vietavano l'accesso ad ogni que-
stione pili impcgnativa di ordine filosofica o scientifico e lo
sbattcvano e relegavano esclusivamente nci processi giudiziari 4
e in piccole adunanze, quasi mandandolo alia macina di un
mulino 6 •
47 Ma io non ero affatto d'accordo con loro n~ con Platane,
creatore di questo modo di pensare e senz'altro il primo di tutti
nel possedere le piu autorevoli cd eloquenti doti espressive.
Insieme con Carmada lessi, allora, ad Atenc con particolare
diligenza il Gorgia 8 e in questo libro rimanevo stupito di fronte
a Platane soprattutto per questo, ossia perch~. nel mettere
aiia bcrlina gli oratori, egli stesso risultava essere oratore
sommo.

1. L. Licin.io Crasso. che con ;\(. Antonio e il protagonista dell'opera ci-


ceroniana.
2. Cfr. PonLEXZ, La Stoa, 1. pp. soo-l.
J. Fr. 6 Wehrli.
·1· Os;.ia in quel ·rl:.vr." S:%'X'I~x<lv che non era impegnato in grandi que-
stioni politiche o culturali, come a,·,·crra. per testimonianza dd Dialog11s d#
o.-11foribus, nell'cta imperiale romana.
5. Come si soleva fare con gli schiavi e con i debitori inadempienti nelle
commcdie plautinc.
6. Per un'interprctazionc attcnuata di qucsto dialogo gia in clima acca-
demico cfr. QUI!"T. Il, 1.5.

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FILONE DI LARISSA

A dire il vero, le dispute sulle parole gia da tempo mettono


in agitazione i Greculi, che e gente piu bramosa eli contese che
di vcrita.

(CICERONE, T11sc. II, III, 9)


Ecco perche ho sempre preferito la consuetudine dei Peri-
patetici e degli Accademici di c:liscutere il pro e il contra di tutte
Je questioni 7 , non solo perch~ sarebbe impossibile scoprire altri-
menti quello che e «verosimile» 8 in ogni problema, ma anche
perche tale consuetudine costituisce la piu eflicace esercitazione
ntl campo dell'eloquenza.
Essa fu utilizzata in prima luogo da Aristotele 8 e poi dai
suoi seguaci. D'altra parte Filone, di cui ho ascoltato le lezioni
con assiduita 10 , stabili il metoda di trasmettere in un tempo
le regale delia retorica e in un alt ro quelle delia filosofia 11 ;
ed io sono stato indotto a seguire questa consuetuc:line dai
miei amici, e in questa guisa ho trascorso, nella villa di Tu-
scala, il mio tempo libero. Pertanto, dopo esserci dedicati ad
e~ercizi di retorica nclla mattinata, siamo passati nel pome-
riggio - come faccmmo l'altro giorno - ali' Accademia, ove si
e temtta una discussione che non sto esponendo in fonna narra-
tiva, ma quasi con le stesse parole con cui e stata tenuta e si
e SYOJta 12.

]' Secondo il metoda antilo!;'istico inaugurata da Arcesilao e continuata


d a Lameadc.
8. o.rmai il lato speculath·o de! probabilismo si e de! tutto eclissato e,
~~b:;:ne. 11 pensiero filoniano si professi ancora cr('dc dcllo spirite di Carncadc,
'alta s1 muo\'c 111 un mondo dd tutto uh·crşo.
u () .. L'allusion•! scmbra ri\'olta non tanto alle profunde aporie contemplate
a Anstotelc soprattutto in .1/rtaph. III, quanto a qnelle di Rhet. II. l397 a
~~ 1 4°~ a 28, ampiam~utc_ utiliz.zate rla Cicl'rone oei :moi Topici (cfr. Rl:5!>0,
filnsrojir1 dl'lla rclonr:a m Arr$/(l/t:/c, pp. 111·-Jii).
10
· Durante la sua pcrmanenza in Homa nt:ll'8o a. C.
a . II. :"-.ristotell!, nel suo insegnamentc. al Licco, solc~·a dedicare le l~zioni
nttmenchane aUa filos.ofia c qnelle pomeridiane alia. retorica: qui la con·
suetud,nc &, pere, imitata alia royescia. e eia ~ abbastanza significativo.
l2. Cfr. Cic. De or. III, XIV, 55·

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ANTIOCO DI ASCALONA

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II pensiero di Antioco di Ascalona (IJ0/2o-68 a. C.) 1 scgna onnai
la fine di quasi tutte le istanze scettiche che avevano vi.vificato,
pur con alteme vicende, 1' Accademia da Arcesilao a Filone. Dotata
di una rnitezza quasi proverbiale 2, Antioco, cbe era stato per lunghi
anni fedele discepolo di Filone, si senti quasi in dovere di insorgere
contra il suo rnaestro quando questi cerco di correre ai ripari contra
l'invasione stoico-dornmatica - da lui stesso provocata - nella cit-
tadella neo-accadernica 3 . Ma, anche se Antioco favorl l'invasione,

1. Il Rrochard {Les sceptiq11cs gr·ecs. pp. 209-10), scguendo Chappuis (Dt


-~HI . .-1 ;w/. vita el doctYina), pone la data di nascita tra il 127 e il 124; A. Hoyer
(lJt· .. 1111. -~scai., Inaug. diss.), attenendosi al • plagiario • d'AIIcrnand {De Ant.
A scai., l\larpurgi Catturum 18 56), anticipa la data di qualche anno; 1' Amim
("RE''· 1. 2, coli. 2493-4) la poslicipa, invecc, di qualche anno. Rifugiatosi
~ Homa col macstro Filone •lurantc la tempesta mitridatica deU'88 a. C.,
passo ad Alessandria neU'anno segucnte al seguito di L11cuUo (cfr. C1c. Lucull.
IV. J 1). ::-/el 79 Cicemne (Bml. XCI, 315; De lrg. I, XXI, 54; De fin. V, 1, 1;
Pu:TARCH. Cir. 4), rifugiatosi ad Atcne per timore di SiUa, ascolto Antioco
om1ai scularca dell'Accadcmia da lui rifondata c chiamata c Antica •. non
sappiamo se dopo una riconciliazionc con i filoniani (cfr. CREDARO, Lo scd-
~irismo drgli Accademici, II, p. x68). Antioco s~gull'amicn e protettore Lucullo
1t1 Siria anche neUa battaglia di 'figTanocerta nel 69 a. C. (PLVTA.KCH. Luwll.
~11, S, SI 1 b), di cui cgli fece cenno nel trattato Jlepl .Sruv, dicendo che • il
sol<: ncm n~ avcva \'ista mai un'altra simile •· Morll'anno dopo in Mesopotamia
a t:ausa ddle moltc fatiche atlrontate nella campagna militare (CJC. Lucu/1.
II,~; XXXV, 113; Acad.phil.illd.herc.,coll. X..'I:XIV-XXXVI segg.}. Per pili ampie
notizia biografiche si rim·ia a G. LucK, De,- Akademike,- Antioc!Jos, pp. 13-8).
2. Sappiamo da Stefana di Bisanzio (v. '.Am~ri>..wv p. 132 l\lain = fr. 2
1:u(k) che Antioco era soprannominato • il cigno • ov'lliamentc per la sua gcn-
hlnza schi va e delicata. La sua eccezionale mitezza e ricordata in CJc. Lucull.
IV, n.
3- SuUa nccessarieta di qu~sto cpilogo cfr. BRocHARD, Le& sceptiques
grtc.<_. p. 209. Antioco rcab'Î alia ritirata probabilistica di Filuue col sua Sosus,
).n hbm, intitolato ad un sua compatriQta. Altre opcr" di Antioco rurono i
d~~~'•Vll'.:t. (SEXT. EMP. Adv. log. 1, 2~1) ossia un_tratt~~o ~i logica, un'~pe_r~
e p~tta. a Bal!Jo (Cic. De ual. cleor. I, \Il, t6) sull tt.lenttta d1 vedutc tra Sto1c1
Da .npatct.CI, c ti tratt...~t<:' .Sttgli Dci, 1:~mposto nl"ll'ultimo an~o deUa. sua vita.
· CJceronc (L~<wll, XXII, 69) sapp1amo che .-\ntLoco scnsse molto anche
n~ 1~a fase • filoniana • dcl suo p"nsio;ro (c ccrtamente C..:iccrone mcdcsimo vi
a L_tnsc a picne 1ua.ni), ma ignoriamo i pa.rticolari contenuti di questi suoi
scntti.

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412 ANTIOCO DI :\SCALONA

bisogna riconoscere che egli non fu affatto un vero e propria stoico•,


lnfatti anche lui, quantunque in tono arnichevole, continuo la pole-
mica antistoica sostenuta dai suoi predecessori: accetto ma non
sic et simpliciter la dottrina delia rappresentazione comprensiva 1
e si ostino a sostenere, erroneamente, la provenienza delle principali
e piu attendibili teorie stoiche da Platane e da Aristotele 1 • Ne va
dimenticato che lo Stoidsmo stesso, dopo Panezio, aveva assunto
posizioni meno rigidamente dommatiche, escludendo, ad esempio,
l'astrologia e gran parte dell'apparato divinatorio ;' attenuando U
suo congcnito determinismo a favore delia libertâ. umana 8 , conci-
liando ]'etica delia virtu e della dignita morale con le comuni con-
suetudini della vita e mostrando vivo interesse per quei problemi
estetici verso cui la raffinata scuola di Platane aveva avuto parti-
calare inclinazione anche nei periodi delia rigida e7;o;clJ di Arcesilao •.
E vero che gli Stoici non rinunciarono al loro sensismo e al loro

4- Di qucsto parere e il Luck, quantunque ncUa sua ben documentata


intcrpretazionc del pcnsiero del filosofa ascalonita non siano assenti certe
forzature per amor di tcsi. De! resta anchc il nostro Dai Pra (La sctllicismo
grecr, p. 323}, il quale dice che il pensiero di Antioco • intercssa solo margi·
nalmcnte in una storia dcllo scetticismo grcco •, ha scntito il bisogno di non
sottovalutare gli interessanti - e quasî capillarmentc carneadci - a.spetti cri-
tici dcll' Ascalonita (cfr .• in particnlare, op. rit., pp. 32()..39} •
.~. Antiocr. anzi est<.'SC la critica delia rapprescntazione anche a quella
• probabile • difesa da Cameade, quanlunquc alle varie dottrinc deUa rappre-
sentazione egli contrapponcsse una sorta di scetticismo quasi aristotelica-
mente disciplinata. Cfr. LUCK, Dcr Akad. A ni., pp. 5<!-.1 anche per le questioni
di ermeneutica sosiana ncll'arco di tempo chc va da O. Ehle (Vber den Sosus
des Ani. von A~k., Progr. Offenb., 184 7) e dallo Hirzcl (U11tersuchungert zw Cit:.
phil. Schrijten. III, 251 scgg.) a R. PhilippsQn (~<Philol. Wochenschrifh, 1938,
pp. 974-5). a 111. Plezia (De Cic. Arad. Dis~. trts, • Eos •. 1937, pp. 26 segg.),
allo Schmekel (Die positivr Pllilosophie. Berlin, 193R, I, pp. 651 segg.) e al
Pohlenz (La Stoa, I, pp. 516-27), on•, pere, il disciplinamento delia sensazione
viene troppo accostato alia tormentata fantasia catalettica degli Stoici. Sui
rapporti col Prul,.eptico di Aristotdc cfr. R. 1\IULLER, Btoc; ·lh:cdp1J'!'tX6t; bri
Arlfiochos 11011 Ask. rmd Cicer-o, • Helicou •, VIII, 1968, Hefte 1-4, pp. 222-37•
L'intercsse tenretico continuu con Eudorn di Alessandria, allievo di Antioco
c commcntatorc del Timeo e di varie o_p<-rc aristotdicbe (dr. MARTINI, E~
dows, in • RE •. V l, 1, coli. 91 5-6), e con Ari o Didimo, macstro di Augusta {clr.
ARI"I~I. Areios Didymos. in • RE •. Il, I, col. 626). •
6. TI r.he implica va, tra l'altro. un'interpretazione panteistica delia teologia
di Platane c di AristQtc>le e una tendenzialc subordinazione dello spirito al corpo
(cfr. BROCI'-'Ril, Les sceptiqucs gri.CS, pp. 2 Iti-zi). . •
7· Un'ampia eco di queste discussioni si a,.-·vcrte, attraverso la mediaztone
ciceroniana, in At·r~usnx. De tiv. Dâ. V, 1 segg.
8. Cio veni~·a. gia rilc\"ato da H. Doege (Quae ratia inte,.cedat iuter Pan~
lirmr el Antiocl111m Asea/. in nrorali plrilosophia, Diss. Halle 1896) c da H.
Strache (De,. Ek/ektizismus des A ntiochos "''" Ask., • Philol. Untersuchungen •·
XXVI, Berlin, 1921) ed e stato con maggiore cautcla riproposto dai Long
(Hellenislic Plrilosophy, pp. 222 scgg.). .
9- Per l'intluenza esercitata dall'estctica di Antioco sullc gcneraz1oni
romane da Ciceronc ad Orazio cfr. Lt:CK, Dcr Akad. Antiudros, pp. 57-8.

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i\NTIOCO DI ASCALON.-\

matcrialismo di fondo, ma e anche vero che essi facevano apprez-


wbili sforzi per accostare la loro fisica e la loro gnoseologia all'idea-
lismu di Platane, e cio faceva sembrare ad Antioco che l'Accademia,
con l'abbandono dcllo scetticismo perturbatore, avesse vinto la
partita 10•
Indubbiamente la Stoa entrava nell'Accademia, ma non col tri-
pndio del vincitore, bensi subendo essa stessa il fascino del bel paesc
invaso, e Antioco continuava a contrastarle il passo quando essa
si os tina va a sostencre punti di vista che non si potessero armoniz-
zare con L\ccademia Antica, che egli era convinto di avere re-
staurata.
In realt:i.. non solo nella storia politica, ma anche in quella della
filosofia la distensione porta al compromesso, ed ogni compromesso
ha i suoi cqui\•oci pronti a rispuntare nei momenti delia vcrită..
In filosofia il compromesso non porta al « sistema • e tanto meno alia
11 sintcsi dcgli opposti n, ma solo all'eclettismo. E l'cclettismo gia

affondava le sue radiei nel piii autentica e speculativa probabilismo


di (arneade 11 ; ma ora che il probabilismo, nella sua fattispecie
neo-accadrmica, era al tramonto, l'eclettismo ne prendeva il posto
se non altro come Aufklărzmg retorico-culturale, come protreptica
ad ogni sorta di filosofia, come (jHACl\l~pw7tLIX ed huma1•itas. Cicerone
se ne appagava, anche se nei momenti filosoficamente piii impe-
gnatid rccnlcitrava contra l'Ascalonita: ma non se ne appago il
genio di Enesidemo, con cui l'cquivoco dell'appeasement viene bru-
scamente troncnto per dar vita aduna nuova e pitl agguerrita scepsi 12•

I pochi passi 13 riportati in questa breve sezione possono darei

IO. Per la prontezza. di Antioco nel rintuzzare gli amici ddJa Stoa quando
<:.osturo ~osteucvano teorie che egli - ancorchc crroncamente - ritene,·a con-
trJst;mti con l' Accad .. mia Antica dr. A. LUJ!.DER, Die pllilosophische Persihr-
lrchlml ă,·s .4 Hliocho$ von A sk .. Diss. Gottingen, 19~0, nonche LucK, op. cit.,
P· 45· Che. pui, il suo errorc di far risalire tutta la Stoa a Platane meriti molte
attenuanti c sosten ula in P. SnuRE\', A nci,.ut and modern Plalot1ism. Ikrkeley,
I<)JS, pp. :!O segg.
li 11_. Se dubbi.amo prcstar fcde a Cicerone (Tuse. V. XLI. JJ9·I20; Deji·11 .
. 1: X 11. +r). g ra Carne ade, ndlc suc polcmich<' spccialmcnte in campo mo-
rale· ;weya accostato Stoici e Peripatetici.
. 12 · E da p~nsare chc l'ormai tradizionale riduzione di Antioco allo Stoi-
n~rno fr.ndi le suc remote radiei soprattutto sulla rcazionc cncsidcmea all' .\c·
ca emia ']Ua!e l'aw,·a la;:.ciata l'AscaJonita (cir. PuoT. Bibl. col. 212. p. 170 a
1
~ s~~;g. = fr. 54 Luck). Chc, tutl;l\'ia, !o scetticismo se ne fosse volato ormai
~la 1 ai_ platani di Academo e altrcttanto ccrto (cfr. o. GIGI)X, Dii' Erumurmg
_{_' ,;fz_tlosop/rir •:n d!'r Zcit ~iu~os. Fond. H~rdt, Geu. 1955, t. 1 II, pp. zs-61;
l::I5C:IIE, Cncm uud du 1\·er<e Akadruue, pp. lU.l-5).
1
3·. Nella tradu<:ionc dci passî di !'umenio. di Scslo Empirica e dî Cicc-
rone m1 sono atteuuto ai testi gia oiu vulte menzionati. ll pa~so dei Topici
crceruni:~ui, chc il Luck no11 ha iuclu~o nella sua raccolta, ma che a me sernbra

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ANTIOCO DI ASCALONA

una sommaria idea dei molteplici temi culturali di Antioco; ma,


come per Filone, cosi anche per lui dobbiamo soprattutto affidarci
agli Academica It di Ciccrone, pur con le precisazioni da noi fatte a
proposito di Filone di Larissa.

Lo scetticismo esce dall'Accademia (NU?IIENIO, apud Euseb. Praep.


ev. XIV, g, 4 = Fr. 28 des Places)

Allievo di Filone fu Antioco, che diede il v:ia ad un'altra


Accademia 1• Egli, infatti, voise la sua attenzione allo stoico
Mnesarco 2, venne in contrasta col macstro Filone 3 e intro-
dusse nell' Accademia infinite dottr:ine di ben altra provenienza.

(CICERONE, Brut. XCI, 315)


Giunto ad Atene, frequentai per sei mesi Antioco, il filosofo
pili noto e pilt saggio dell'Accademia Antica"'. e sotto la guida

di provcnicnza antiochea e stato tradotto sul testo di A. S. \Vilkins (Oxonii,


1960).
14. Allo scopo di orientare il lettore ricordiamo del Va"o ciceroniano
IV, 15-18 per J'interprctazîone deUa storia dell'Accademia da parte di Antioco
forse prima delia rattura col maestro (cfr. DAL PRA, Lo scetticisrno greco, p. 3:29)
e V-XI, 18-.p per l'csposizione sintetica di tutto il pensîero di Antioco. Ricor-
diamo dd Lucull11s i scgucnti passi: V-VI, 13-16 per l'interpretazione aperta-
mente anti-lilowana delia storia dell'Accaderuia; VI, 17-18 circa la necessita
di non interrompere il colloquio polemico con i Neo-accademici; VI, t8 per la
difcsa di Zenone di Cizio in mcrito al rapporto verita-persuasione; VII, 19-22
in merita alia validită. dei sensi, dclle percezioni e delia rappresentuione;
VIII, 23-26 circa la necessita di ammettcre la 'alalepsis per le nostre responsa-
bilita pratiche; lX, 27-29 per la necessita rli un critcrio di verita; X-XI, J:Z·]6
per la contraddittorieta dE-1 probabilismo; XII, 37-39 per la necessitA del·
l'assenso; XIV, 43-44 per la validită. dell'analisi che difierem:ia le rappre-
scntazioni vere dalie false; XV 1-XV JJ, 49-54 contro i soriti di Cameade e
contra la confusione tra i nostri stati conoscitivi normali c queUi anonnali.
1. Ossia alia quinta, dopo quelle di Platane, di Arccsilao. di Cameade e di
Filonc.
2. Allievo di Panezio, assunse lo scolarcato deUa Staa con Dardano dopo
la marte dd maestro (dr. PoHLe:>Z, La Stoa, J, pp. jOl>-1).
J. Qucsto contrasto ~ ampiamente svolto negli Acadtmica di Cicerone.
4· La notizia ~ riconfermata in De fin. V, 1, în De nat. drur. I, 6, in Pt.t1•
TARCH, Cic. 4, 1 segg. e in SEXT. AuR. VrcT. De uir. ill. S, :z, p. 71 Pichlmayr.
La quinta Accadcmia, fondata da A.ntioco, si cbiamo apertamente • Antica "•
perche crcdcva di identificarsi orrnai picnamente con qudla genuina di Pla•
tone; ma si trattava di un Platane qiiQtJflfln mutatus ab illol (cfr. PLUTAXCH.
Luwll. 4;.1, 3 519 f-.;zo a; Rmt. z. 2 seg~;. 984 e; GALE.:s. De hist. phil. u6
Klihn = Du:.Ls, Do:cC'gr. grarc. fr. 3).

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ANTIOCO DI ASCALONA

di questo autorevolissimo maestro diedi nuovo stimolo al mio


interesse per Ia filosofia che non si era mai interrotto e che
an·vo coltivato fin dai primi anni delia mia adolescenza.

(SESTO ElllPIRICO, Pyrrlt. hyp. 1, 235)


Antioco, invece, fece entrare la Staa nell'Accademia, fino al
pun to che si dis se di lui che insegnava Stoicism o nell' Accademia.
Egli. infatti, cercava di dimostrare che giâ. in Platane sono
p;esenti le dottrine stoiche 6 • Di conseguenza risulta con la piu
chiara cvidenza la differenza tra l'indirizzo scettico e la cosid·
detta quarta o quinta Accademia.

(SESTO EMPIRICO, Adv. log. I, 201-202)

~on lontani dall'opinione di costoro 6 sembrano essere quanti 201


dichiamno eli identificare il criterio delia verita con le sensa-
zioni. E che ci siano stati alcuni filosofi di questo avviso, e
stat o resta nota da Antioco 1'Accademico, il quale nel secondo
libro dei Canonici ha scritto tcstualmente cosi: ((Un altro, a
nessuno secondo nella medicina e studioso, altresi, di filosofia,
era convinto che le sensazioni s'identificano realmente e vera-
mente con le percezioni e che con la ragione noi non appren-
diamo propria niente b 7 •
Con queste parole Antioco tratta del punto di vîsta sopra 202

5· Su qucsta ricondu?.ione dello Stoicismo a Platane ed anche ad Ari-


stotelc insiste pii.I volte Antioco (CIC. De jirJ. V, III, 7: V, V, 14; Luc;ull. XLV,
137-138). Secondo Antioco ci•'> non significava una resa dcli'Accademia, ma
un reale trionfo di questa sulla Staa (C1c. Jlarro XII, 43).
6. Ossia dei Cirenaici. che considcravano come critcrio infailibile salu
le affe>.ioni (cfr. SEXT. EMP. Adu. log. I. 19o-zoo).
. 7· Su qucsta riva\utazione stoic:hcggiante delia sensazione operata da An-
tloco e, nel\o stcsso tempo, sulla necessita di disciplinare la sensazionc ste!\Sa
a scopo conoscitivo c'e un'altra testimonianza in SEXT. E•tP. Adu. log. I, 162,
''" e r\etto: • Bisogna anche affcrmare che la rappresentazione e una certa
0

aff~~tone rhe concerne l'essere vivcntc e che sia in grado di presentare se stessa
c Ct? che e a\tro da lei. Ad esempio noi - come sostiene Antioco -. quando
allb>amo volto lo Sb'llardo ad un determinata oggctto, disponiamo la vista in
un dctenninato moda e non la conseniamo nella medesima disposizione in
c.ui .l'avcvamo prima di guardarc; comunque noi, merce. siffatta alterazione,
~e~an.o a perccpire duc cose: I'una e l'alterazione stessa. cioc la rapprcscn-
~z~u~c, e la scconda e cib che ha prodolto l'alterazione. vale a dire I'oggetto
~lstbile •. Pur non negando il sensismo degli Stoici, Antioco sentiva in questo
C..1.so !'autentica bisogno platonico-aristotc\ico di non sottovalutarc, bcnsl. eli
approfonuire \'indagine sulla sensazion~>.

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ANTIOCO Dl ASCALON.'\

indicata e intende alludere al mcdico Asclepiade 8 , il quale


intendeva eliminare r,, egemonico n 11 ed era un sua contem-
poraneo.
Ma di questa sua propensione noi abbiamo discusso con ric-
chczza di particolari c in moda piu appropriato nei Commentari
scettici 10, sicche non c'e necessita di ripetere la stessa canzone.

(CtCEROXE, Top. 6-8)


6 Se teniamo prcsente 11 che ogni accurato metoda di disser-
tazione comprende due parti - l'una inventiva e l'altra critica-,
a mio avviso Aristotele ha conseguito il primato dell'una e
dell'altra 12• Gli Stoici, invece, si sono distinti nella seconda,
giacche hanno diligentemente pcrcorso le vie del giudizio
mcrce quella 1( scienza" chc essi chiamano ~LcxA~xnx~v, mentre
hanno completamentc abbandonato quell'arte dell'invenzione
che si chiama -romx~. la quale ebbe una maggiore funzione
pratica e avrebbe dovuto avere un'indubbia precedenza nel-
7 l'ordine naturale delle case. 1\oi 13, invece, teniamo presente
la somma utilita di cntrambe e pensiama di partare su tutte
e due la nostra indagine, se avremo tempo libera; ma camin-
ceremo da quella che merita priorita.
Orbene: carne c facile la scoperta di aggetti nascosti, quando
il luogo in cui essi sono viene indicata con un ben marcata con-

8. Asclcpiadc di Bitinia. amico e medico di Ciccronc, fu un singolare espo-


ncntc delia medicina dommatica. Per le sue teorie cfr. SExT. EMP. PyrriJ.
ll:yp. III, 32; Adv. log. 1, 91, 323, 38o; Il, 7. t88. 2:.10; Adv. pllys. 1, 363: Il,
]I8. Per altre notizie si rinvia, tra l'altro, a B. P. REARDOS, CoJuraiiiS Lilld-
rairl!S Grus des Jlt ~t IIJ• siccles apres ]. C .• pp. 43"4·
9. Che costituiva il cardinc non solo deUa .lilosolia teoretica e dell'antro-
pologia stoica, ma anche di quclla medicina ~ pncumatica • chc, soprattutto
per opera di Posidonio. si ispirava aUa Stoa (dr., a tai proposito, G. VERBE~,
L'ermlulion de la d<>clrinc d" Pn~rmra d" Stoicisme a Sai111 A·ugustin, Louvalll-
Paris, I9-l5· pp. 511-35}.
10. Per quest'opera pcrduta di Sesto dr. BROCHARD, Les sceptiques 1''~•
pp. 320-1. •
II. Anche se la fonte o le fonti dci Topici di Ciccrone sono ancora ogga
og~etto di controversia. il brano che qui riportiamo - non incluso nella rac-
cl)lta del Luck - ci sembm di tipica pro,·enienza antiochea nd quadro d~Ua
riconduzione integrati va delia Stoa ali' Accademia Antica [per la problemati~
gia aperta dai Wallics (De jo .. t. Topicorllm Ci"·ero"is, Diss. Halle 1872} vedasi
LucK, Dt•r .·l.kad. A"tiocllos, p. 5-1]-
12. Ossia nci Topici c net;li Eh•orclli sofistici in particolarc, ma anche siste-
rnalicamente in tutta la sua complcssa metodologia.
Ij. Ossia • noi Accademici che abbiamo rccepito anche gli insegnamentl
di Antioco •.

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ANTIOCO D1 ASCALONA

trassegno, alia stesso moda, quanda intendiamo sviscerare una


quaJche argamentaziane, dobbiamo COnOSCCTC Î ce luoghi D 14 : e
questa, infatti, l'appellativo con cui Aristotele ha chiamato
qnei fondamenti da cui le argamentazioni stesse vengono cavate.
Ecco perche e possibile definire illuogo ct fondamento dell'argo- a
mentazione" e l'argomentazione come una « regola razionale
che conferisce credibilita ad una casa dubbia ».

(CICERO~E. De fin. V, II-III, 6-7)


" l\la hai bisogno di una nostra esortazione, o Lucio 15 rr, 6
_ disse Pisonc oppure ti senti spinta spantaneamente in
16 -

qLwsta direzione? A me, almeno, pare che tu ti stia dedicanda


in moda senz'altro apprezzabile ad Antioco, di cui sei di-
scepolo >>.
Allora Lucio - con timidezza, o, mcglio, con rispettosita -
rispose: uSi, lo faccio! Ma non hai sentito parlare poc'anzi di
Carncade? 17 Mi scnto attratta anche versa quest'altra dire-
zione, ma poi Antioca mi richiama indietro. Oltre qucsti due
non c ·e altro maestro da ascoltare J>.
Allora Pisone: ce Quantunque sia, farse, impossibile che io III, 7
ce la spunti finche e qui presente costui (alludeva a me) 18,
tu tta via a vn) l' ardire di richiamarti da cadesta Accademia
Nuova a quella Antica, nella quale - carne solevi udire dalla
bocca di Antiaca - vengono annoverati non soltanto quelli
che hanno il nome di Accademici - vale a dire Speusippo,
Senocratc, Polemone, Crantore e tutto il resta -, ma anche i
Peripatetici Antichi, di cui fu capo Aristotele, che, fatta ecce-
zione di Platane, non so se sia giusto considerare il primo di
tntti i filosofi. Convertiti a loro, ti prego! Dai loro scritti e

1.1· Ossia gli • schemi •; cfr. AKIST. Top. 1, 108 b 33·


15. Lucio Ciccrone, cugino dcll'autore.
I6. C.iarco Pisanc e il protagonista de] V libro de! DB jinibus, ave sono
~:~aste le. d~ttrine _accadcm~che ~e\·isio~ate ?a
Anti?Co. Sembra certa che
_ontc prmc1palc d1 questo libro cJccromano s1a state 11 IT&pl Td.wv dcll'Asca-
1
~~~ta (cfr. HIRZEL, _Untermc/Jungen_ z,. Cic. philos. Schriften, pp. 691 segg.;
Al< F.dDECKE:-'EYER, Du Gcsc/1. des gruciJ. Sl<ept., pp. 39, 69 segg.; Lucx, Der
a · Aut•ochoJs, pp. 55·6).
di 1 7· Lucia, carne sua cugino ~[arca, in fatto di morale oscilla tra carnca-
srno e antiochisma.
. I8. Cicerone, pur apprezzanda parccchi aspetti de! pcnsicm di Antioco,
51
prafcssava apcrto seguace di Filonc di Larissa.

:z 7. S Cdlici G•ll i~JI i.

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A,_TIOCO DI ASCALON:\

dai loro insegnamenti non solo si puo imparare ogni cultura


liberale, ogni indagine storica, ogni espressione stilisticamente
elegante, ma anche tanta cornplessita di attivita scienti.fiche

talche ncssuno puo accingersi a nessun altro lavoro spirituale
con un sufficiente grado di preparazione, ove prescinda dai
mezzi che essi ci fomiscono. Essi hanno forgiato oratori, con~
dottieri e grandi uomini di stato. E per scendere ad attivita
meno impegnative, sono partiti, insomma, da qui, come da
una fucina di tutte le arti, matematici e poeti, musicisti e
medici 19 •

(CICERONE, De fin. V, V, 14)

Mi sembra che, invece, il nostro Antioco si attenga col


massimo scrupolo al punto di vista degli antichi che, secondo
le sue dottrine, fu comune ad Aristotele e a Polemone.

(CICERONE, De fin. V, VI, 15)

Si comporta, dunque, saggiamente il nostro Lucio nel voler


sentir parlare del sommo bene piu di ogni altra cosa: difatti,
una voita che sia stato fissato il concetto di questo, resta fissata
ogni questione filosofica fondamentale. A dire il vero, se negli
altri settori del pensiero viene tralasciato o ignorata un qualche
problema, si produce un danno che e, si, grave, ma non esorbita
da quei scttori in cui si viene a verificare la lacuna; se, invece,
viene ignorata il sommo bem·, e inevitabile che si ignori la con-
dotta delia vita; dai che deriva uno smarrimento tanto grave
chc si cade nell'impossibilita di sapere in quale porto racco-
gliersi. Invece, quando si viene a capire il limite ultimo dei beni
e dei mali, ecco che risultano gia scoperti la via della vita e il
fondamento essenziale di tutti i doveri, e quindi risulta ritro-
vato il punto di riferimento di ogn.i altra cosa; an zi in base ad
csso e possibile scoprire e costruirsi la regola della vita beata,
ossia l'oggetto di tutte le nostre aspirazioni 20•

19. Da 5ottolincarc la preoccupazionc pratico-pedagogica degli ~tig.


chiani. i quali non possono piu attenersi all"&7tcX~· come pure faceva Filone
nonostante nut:risse le stessc prcoccupazioni dei suoi allie\•i avversi. .
20. Di questa prioritâ delia • ragione pratica • e gia cenno nd petWero
di Carneadc (c!r. CJc. De fato X, .u).

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;\1\TIOCO DI ASCALONA

(CJCERO;-;E, De fin. V, XXV, 74)


Ci resta da parlare degli Stoici. Essi non si sono limitati
a premiere da noi 21 uno o due concetti, ma si sono appropriati
tli tutto quanto il nostro pensiero filosofica. E come gli altri
Iadri cambiano i contrassegni agli oggetti di cui hanno fatto
man bassa, allo stesso moda costoro, alla scapo di sfruttare le
nostrc opinioni facendole apparire come loro praprieta, hanno
cambiato la terminologia, che costituisce quasi il contrassegno
dclle cosc. Cosi sopravvive esclusivamente questo nostro sistema
filosofica come degno di quanti intendano ded.icarsi con amare
alle u arti liberali», carne degno di ogni uomo di cultura, come
degno degli uomini illustri, degli statisti e clei re.

(CICEIW!'E, De fin. V, XXVI, 76)


Allora Lucio disse: «A dire il vero, sono pienamente convinto
di qucllo che tu hai detto, e credo che anche rnio cugino lo
Sta,,,
A questo punto Pisone mi chiese: "Ebbene? Dai anche
tu l'approvazione al giovanotto oppure preferisci che egli si
metta ad impararc quelle cose 22 che, quando le avra apprese
fina in fondo, non gli faranno sapere niente lo stesso? ,,
«A lui sl - diss'io -; ma non ti ricordi che e dato anche a
me il permesso di approvare quello che hai detto tu? Non c'e,
infalti, nessuno che possa rifiutare la sua approvazione a tutte
quellc case che sem brano " probabili "».
t• :\Ia puo uno - soggiunse lui - dare la sua approvazione a

cio che non abbia picnamente percepito, compreso e conosciuto?"


"Su questo - risposi io - non c'e motivo d.i grave d.isscnso,
o Pisone. Difatti non sussistc nessun altro motiva che mi induca
a negare la possibilitâ delia percezione trannc la definizione
che gli Stoici danno alia facolta di percepire cosa alcuna, ee-

d ~ 1. Ossia rlall'AccadE"mia. ComC' a noi risul ta con ch.iarezza, specialmente


0
P.0 1~ acute prccisazioni fatte dai Coui,;sin, cosi doveva risultare anche agli
~:~~h• una cc_rta dipendenz~ d~IIa problematica mccti_o. e nco-accademica
voi• ~toa. Ant~o~, .chc p1u d ogn• suo prcct:cessore era v•cu\o alia Staa. capo-
n l;e\a le pos1Z1om sostencndo che quest ultima era figlia deii'Accademia,
1
~ _non ccrtamcnte di quella arcesileo-camcadca, bcnsl di quella autentica e
ongmar~a di Platane. Per questo capovolgimento, pero, ehi pagava le pene
era lo Scetticismo.
2 2. Ossia la metodologia neo-acca<.lem.ica.

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420 ANTIOCO Dl ASCALONA

cettuata quella rappresentazione vera che abbia tali caratteri


da non poter essere falsa 23 • E questo il punto in cui non sono
d'accordo con loro; con i Peripatetici, invece, non c'e propria
alcun dissenso ».

(CICERONE, De fin. V, XXIX, 8g)


La soia differenza sta nel fatto che io chiamo cose note con
parole note, mentre gli Stoici vanno alia ricerca di una nuova
terminologia per esprimere i medesimi concetti. Ad esempio,
propria carne in senato c'e sempre qualcheduno che fa la ri~
chiesta di un interprete, allo stesso moda noi, se vogliamo prestar
loro ascolto, dobbiamo udirli con l'interprete accanto M. Io do
il nome di a bene ,, a tutto quello che e conforme alia natura,
e il nome di « male '' a tutto quello che e contra natura; enon
io soltanto, ma anche tu, o Crisippo, quando stai nel fora o
a casa tua: nella scoala poi, no, non fai piu cosi! E allora?
Pcnsi propria che i comuni mortali debbano esprimersi in una
maniera e i filosofi in un'altra? La di:fferenza tra l'uomo eli eul~
tura e l'ignorante sta nel valore reale eli qualsiasi cosa. E quando
tra le persone coltc si e creata un accordo sui contenuti reali
di qualsiasi cosa - se essi fossero davvero uomini, parlerebbero
il linguaggio della consuetudine! -. purche la realta permanga
identica, si mettano pure a coniare una nuova tenninologia
a loro talento 25.

(CICERONE, De rep. 1, Il)


A dire il vero, non basta possedere la virtu come se questa
fosse una qualchc arte, qualora non la si metta in pratica;
anzi l'arte, se non viene praticamente esercitata, puo essere,
tuttavia, ritenuta scienza di per se soia, mentre la virtu e
interamente riposta nclla sua pratica applicazione; e la sua
piu importante applicazione e il governo dello Stato e il per-
fezionamento concreta e non solo verbalmente asserito di tutti
quei prindpi che costoro fanno riecheggiare ncgli angolini delle

23. Per I'opposizione di Filone alla teoria della rapprcsentazione com·


prensiva cfr. SEXT. E11P. Pyrr/j. hyp. I. 235·
24. A causa delle loro involuzioni terminologico-dialcttiche.
25. Questi rilievi antioc:heo-c:iceroniani sembr-dllo giâ anticipare certi latl
linguistici dello Scetticisrno empirica.

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ANTIOCO DI ASCALONA 421

loro scuole 211• Difatti tutti quei principi di rettitudine e di


onc~ta eli cui trattano i filosofi nelle loro discussioni, sono stati
fondati c resi stabili da quelli che hanno posta le basi giuridiche
dcllo Stato. Da dove, infatti, sono derivati il sentimente di
pieHt e le pratiche religiose? Da dove il diritto delle genti e
qudlo cosiddetto civile? Da dove la giustizia, la fede, l'equita?
Da dove il rispetto per se stessi, la temperanza, la fuga da ogni
azione turpe e il desiderio di eia che da gloria e onore? Da dove
Ja foriczza nelle fatiche e nei pericoli? Senza dubbio da quelli
che in parte resero stabili con le istituzioni etiche, in parte
sancirono con le lcggi quei principi che le scuole filosofiche si
crano limitate ad abbozzare. Che anzi, come si tramanda,
Senocratc, uno dei filosofi piu illustri 27, poiche gli veniva
chies to a quali risul ta ti pervenissero i suoi allievi, rispose:
ce A fare di loro spontanea iniziativa eia che le leggi li inducono

a fare >>.

XL ~6
- · La ~·tc·ss.a cn"t"1ca era stata mossa a Socrate da Callicle in PLAT. Gorg.
• • 485d.
ant" 2
1
7h Per analoghi giudizi elogiati vi su
Senocrate (es"i sono di provenienza
°C ea) cir. C1c. Tuse. V, XVI II, 51; De of!. I, XXX, 109.

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GLI ACADF.MICA DI CICF.RONE

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Tra i " ragionamenti » 1 di Cicerone gli Academicorum libri o
A cadcmica occupano un posto di particolare rilievo, sia perche
l'oratore-filosofo, che non amava l'incompiuto, essendosi immerso
in problemi impegnativi di alta filosofia, cerca in ogni modo di dare
alia sua opera una struttura e una forma definitive 2, sia perche

I. s,·condo lo Hegel (Lez. sulla SI. dtlta Fil., I, p. 186) Cicerone scorgeva
i pe!lsatori preccdenti • soprattutto per il tiamite de! ragîonamcnto, non della
>pecu\:uiune •·
2. Ciceronc ebbe piena consapevolezza dell'importanza e dell'originalit.11.
eli questi suoi snitti. In una lettera ad Attico (XIII, 9, 3-5) egli sottolineava
la singolarc diligenza da lui posta nell'esecuzione di questo lavom cbe, a suo
avviso, sarchbe parso qualcosa di nuovo ancbe ai Greci. La prima. sezione fu
il Catulus (p~nluto), in cui il protagonista, Q. Lutazio Catulo (rzo circa-6o a. C.),
csponeva il pensîero di Carneade attraverso il ricorllo delle conversazioni te-
nut~ da suo padre, che era stato ascoltatore diretto del Jilosofo greco. La se-
concla sezîone fu il Lucullus, capolavoro fi.losolico di Cicerone; in questo diaJogo
L. LicinîiJ Lucullo (no-57 a. C.) espone e difende il pensiero di Antioco, mentre
lo si~sso Cicerone prende le difcsc del probabilismo di Filone e delia Nuova
Accademia in generale. Il Catulrcs ed il Luc11llus costituivano gli Acad.emica
priora, vale a dire la prima rcdazione del cielo accademico ciceroniano. Ma
l'autorc non ne fu contcnto: si proponeva di cambia.re i personaggi, sostituendo
a Lucullo (che. nonostantc gli elogi de! di.a.logo, in ad Allicum 1, ro, 1 Cice-
rone diceYa di disprczzarc e in ad Allicum I, 9, t de6.niva sarcasticamente
• Pi•cinarii nostri • per le ben note e ra.flinate cenc • lucullia.ne • per antono-
n~asia~ in un primo momento Catone Uticense e poi Varrone, ampliando la
cltsa~ma e approfondendo la problematica gnoseologica ed etica deli' Acca-
d~tma .. Ne vennc fuori una tetralogia, che e comnnemente intitolata Academiaa
1 v.<~crt?ra. Di essa fa parte il Varro, di cui ci sono pervenuti solo i primi dodici
cap1toh c qualche frammcnto conservata da Nonio. Qui M. Terenzio Varrone
(1!6::!7 a. C.), gramle poligraro, si professa seguace di Antioco e ne illustra il
ţ.~nsu:ro; dopo il suo intervento Cicerone prende personalmente le difese di
llone, ma !'opera rîmane interrotta poco tlopo l'csordio ciceroniano. Gi1l.
n_clle prime battute si nota un tono piu disteso rîspetto aJ L11cu/lus e si pub
~tenere chc l'intera tetralogia mirasse non ad acutizzare le difterenze tra Fi-
(J~t ed Antioco, ma a teutare una conciliazionc. La tetralogia dei Post~riora
Ull t~zava quasî certamcnte buona parte tiei Pri(}ra: ncl secondo lîbro Cice-
roltc espone\'a il pcnsiero di Carneadc; nel tcrzo Varrone ne faceva la critica:
~c CJunrto Cic!.'rone controbatteva, cume gia aveva fatto ncl\a seconda parte
e_I_ LIICIIJittS. Non e, inoltrc, da escludcre l'înscrzione di parti de li'H orl~nsius
~~~a S~ri~to prima deglî Acade".ica) come soleune conclusîone protreptica al\a
os(J~a tn generale e a quella accadcmica in particolare. Trentacinque (ra.m-
1

~~n~1 dei Pos~eriora sono stati raccolti soprattutto attraverso Nonîo, Lat-
Zio (lrrst. d111. III, 14, 24) c Agostino (Contra Acad, II, 26; III, 14, 20).

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GL[ « ACADEMIC:\» DI CICERO~E

in quell'opera vkne presentato l'ultimo grandc clibattito tenutosi


nell' Accademia.
Oggetto di questo dibattito e il pensiero di Filone di Larissa e
di Antioco di Ascalona, i due maestri che Cicerone intese celebrare
quasi con pari amore e devozione e le cui idee egli contribui a dif-
fondere ncl mondo latino ormai divenuto abhastanza sensibile ed
aperto alle questioni filosofiche. Cicerone doveva ad Antioco non
poco dclla sua concezione filosofica specialmente per quanto con-
cerneva i problemi etico-politici e quelli linguistico-retorici 3, ma si
sentiva maggiormcnte legata a Filone nel campo delia filosofia teo-
retica e soprattutto ncll'impostazione del problema gnoseologico '·
E gli Academica mettono a tema specialmente quest'ultimo pro-
blema, ricostruendonc la storia per sommi capi attravcrso i due
opposti angoli visuali di Antioco e di Filone, quasi che le soluzioni
apportate da questi due pensatori non fos.c;ero suscettibili di supe-
ramento. Cicerone, infatti, coglie lo stato delia questione in un
momento culturalmentc molto delicata e pone, con molta timidezza,
il suo personale sigillo ad un dibattito aperto da Arccsilao, incre-
mentata dalla grande personalih\ di Carneade e ormai esauritosi.
Anche se la tetralogia accademica dd fecondo scrittorc non ebbe,

Celebre e il passo c,mtra Acad. III. 15 ove e detto: • Al saggio accadcmico viene
conferita il secondo posta da parte di tutti quelli dclle altre settc i quali sem-
branu saggi, giacch,; ciascuno di costoro conferisce ovviamente il prima posto
a se ~tesso: dai che si puo, con provc alia mano, concludere che non erra a
ritenersi primo a propria giudizio ehi c ritenuto secondo a giudizio di tutti
gli altri •. Dclle num~rosissime questioni concernenti gli Act~dernica non e qni
il caso <li parlare. Ci limitiamo solta.nto a ricordare H. A. I-i:. HtrST, Th~ Hw-
manism <1j Cicero, illelbournc, 1954; A. E. DoUGLAS, Cicero in Gruce 111111 Rom&
New Survevs in the Classics. no. 2, Oxford. rg6S; C. B. ScJIMITT, Cicero sup-
ticus, a St1;dy of the lnjluence of tire Academic11 in tire ReuaissatJt:e, The Hague,
1972, fondrunentale per capire ccrti !ati non consncti del ciceronianesimo nma•
uistico.
J. Antioco fu la fante del quinto libro del De .fîrlibus. di quasi tutto il prima
libro rlellc Tuscu/anae, di molti tratti dcl Somnium Scipionis, di alcuni ca-
pitoli (certamente di XXXVII-XXXIX) de\ prima libro del De l~gibu~. nonchl!
di parecchi passi dei Topici (6·iS secom.lo I'Amim). l\la la sua preseaza 1:
riscontrabile anchc in altre sczioni de! Corpus ciceronianum (cfr. 1\I. PLE~IA,
De Cic. Acad. diss. lres, • Eos •, 1937, pp. 26 segg.; LucK, Du· Akadema/ler
A11liochos, pp. 35-6. 55-7. 71).
4· Sotto qncsto profila l'ossalura filosofica delia tdra\ogia dei PosttriortJ
era filoniana. anchc se Cicerone. a causa dei suoi ripensameoti e delle sue per-
plessita, talora accentuava i contrasti interni all'Accademia prendendo coJD~
fante Clitomaco e difemlendo, almcno teoricameote. la posizione rigida di
.\rcesilao, talora invecc mirava ad attenuare quei contrasti e indiriz:zava la
con,·ersazione verse una \'era c propria protreptica. Sembra, comunque, troP)'D
drastica il Reid (p. 53) quando affern1a chc Ciceronc seri ve\·a gli A cadernte~
tenendo sul tavolo il libro di Antioco, quello di Filone e piu di un'opera. eli
C!itomaco. scnza dir propria nulla tii personale. giacchc • the only quest1on
personal to Cicero which can arise touches his fidelily as a translator •·

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GLI « ACADE!dlCA n Dl ClCERONE

for:oe, mai una redazione definitiva ed ha subita la grave usura del


trmpo. tuttavia la notcvole parte conse-rvataci e per noi molto pre-
ziosa ai fini delia conoscenza delia scepsi antica. Il Varro e il Lucullus,
clw ins<:riamo per interi nella prescnte raccolta 6 , sono il frutto eli
un rar o stato di grazia filosofica: essi quasi rivaleggiano per acutezza
cun i passi sestiani che affrontano il medesimo tema, ma li superano
per b quantita e la varicta delle notizie. Oltrc a eia essi conservano
la fn'~chezza ddl'attualita culturale e la riproducono in quel clima
" 1.ratorio 11 che non fu solo di Cicerone, ma di tutto il suo tempo.

:)e possedcssirno le opere di Enesidemo, che fu posteriore a Cice·


ronc ;.u]o di pochi decenni, avremmo la visione esatta del passaggio
- n·rtamente non indolore - dello Scetticismo dalla sua fa.se acca-
demica a quella neo-pirroniana. Ma la perdita totale dell'opera di
Enesilkmo ci rende molto incompleta questa visione; ne, in questo
caso, vale a sostituirla il pur grande Sesto Empirica, il cui pensiero,
pur ricco di risonanze enesidcmee, si formo in una tcmperie storica
molto diversa.
Dobbiamo, percio, appagarci di Marco Tullio e dei suoi Academica,
r cil) (· giă. parecchio per capire come e perche l'istanza scettica
<lhh.mdonl' quasi definitivamente la vecchia scuola di Platonc 6 e,
ml'ntrc rJUC'st'ultima si andava preparando alia svolta plotiniana ed
a soluzioni mistico-religiose, essa busso ad altre porte meglio disposte
ad accoglierla.

:i- La nostra traduzionP. e stata cscguita. in linea di massima, sul testo


gd 1-'lasbcrg (Lipsiac, 19::!:!): eli grande utili ta sono stati l'aurco ..·olume l\1. T.
I<.E"O~is, Acadm11ca, cdidit el cummclllavil ]. S. Râd, London, n1~5 (ed.
anast. IIidelshcim, 1966). il testo c la traduzionc inf:lcse di H. Rackham (London-
CanthnLige ;\lass .. 1')6Î) e l'edizione ottimaml"nte scolastica dcl nostru i\lar-
lllorale (.•lfadcmicrts Primus, J."arra. Milano. I')J5 e Lrtcull11s. Jlilano, 1935).
di -."'· l'ua ce~ta c~n~inuita scettica permancv": nell' A_ccadcmia_ ~no ai tempi
. l lutarco c rh Fa,;ormo. ma anche queste o.lu.: smgolan personahla. comc altre
<h cut sappiamo solo i nomi, non crano prh·c di altre ""i~enze e di orientarncnti
eterogcn~i.

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GLI o ACADEMICA D Dl CICERONE

VARRONE

r, 1 Poco tempo fa il nostro Attico 1 stava con me nella villa


di Cuma, quando ci giunse dalla casa di Marca Varrone 1 la
notizia che questi era partito da Roma la sera precedente e
che, se il viaggio non lo avesse stancato, sarebbe ben presta
arrivato da noi.
Non appena udimmo eia, fununo d'accordo che non si do-
vesse mettere in mezzo alcun impedimente a rivedere un uomo
che era a noi congiunto dai medesimi interessi culturali e da
un'antica amicizia. Cosî decidemmo subito di recarci da lui.
Ed eravamo lontani solo un po' dalla sua villa, quando ce lo
vedemmo venire verso di noi. Lo abbraccianuno, come e co-
stume tra amici ((non ci eravamo visti 3 ) da parecchio tempo),
e lo riaccompagnammo alia sua villa.
2 Qui dapprima ci parl<l di pochi avvenimenti, sol perche
fummo noi a chiedergli se a Roma ci fossero novi ta. Ma a questo
punto Attico mi disse: 11 Smettila, per favore, con queste faccende
che non potremmo ne domandare ne udire senza fastidio, e
chiedigli piuttosto quali novelle sue personali egli ci rechi.
Difatti le Muse di Varrone stanno tacendo piua lunga del solito 4,
quantunque io creda che lui non se ne stia in ozio, ma tenga
celato eia che scrive "·
•1 Niente affattol - rispose Varrone - A parer mio e da
egoisti scrivere una cosa con l'intento di tenersela nascosta;
ma ho una grande opera 6 per le mani, e l'ho giâ. da tempo:
e a questo signore qui - e alludeva a me - ne ho dedicata una

T. T. Pomponio Attico (109-32 a. C,), amico, editorc c dcdicatario di


molte opere ciccroniaue, autore di Amtales che esponevano la storia romana
dalie origini al 54 a. C., fu molto sensibile ai problemi culturali del suo tempo
e convinto assertorc dell'Ellenismo: la sua • filosofia • eclcttica propendeva
per un raffin".,to Epicureismo. .
2. M. Terenzio Varrone (tt6·27 a. C.), il massimo poligrafo delia latintt&.
seguiva le dottrine accadcmico-stoichcggianti di Antioco.
3· L'integrazione e del Rcitzenstein.
4· Allusionc in particolare all'attivita poetica di Varrone, autore ancbu
o..lelle SaliYe il,fenippee.
5· Al\usione ai venticinque libri del De lingua lali'la dedicati in parte a
Cicerone.

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GLI u ACADEMICA » Dl CICERONE

fctta che e gia grossa e che vada limando 'con pulizia ancbe
ecccssiva ,,.
A qnesto punte diss'io: « Son case, o Varrone, che gia sto 3
aspettando da un pezzo. Ho sentito dire dai nostro Libone 8 ,
di cui ben conosci l'affetto (e cose di questo genere non riu-
!=;ciamo mai a tenercele nascoste), che tu a questa fetta stai
Ja_vorando senza interruzione e la stai trattando con troppa
diligenza senza lasciarla mai di mana. C' e, peri>, una cosa che,
prima dell'occasione attuale, non mi e mai venuto in mente
eli chicderti. Ma ora, siccome ho iniziato a metter per iscritto
quclle dottrine che ho imparato insieme con te ed a spiegare
in lingua latina quell'antica filosofia che trasse origine da
Socrate 7, ti chiedo di farmi sapere per quale motiva, mentre
pur scrivi di tanti argomenti, tralasci questo genere di questioni,
t:- te lo chiedo soprattutto perch~ tu sei eccellente in esso e
perche l'interesse per questo intero campo della cultura ha
di gran lunga la precedenza su tutti quanti gli altri interessi
culturali e artistici )).
1< Tu mi stai ponendo - rispose lui - un problema che so- u, 4

vente mi sono posto anch'io e sul quale ho molto rifl.ettuto.


Pcrtanto, senza esitare, ti risponderâ, ma mi limitero a dire
quello che ho a portata di mano, giacche propria su questo
tema, come dicevo, ho fatto molte e lm1ghe meditazioni. Ho
ben presente che la filosofia e stata trattata con la massima
scrupoh)sita in lingua greca ed ho, percio, ritenuto che quei
pochi fra i nostri che ne provavano interesse, nel caso che
pos~edessero una piena conoscenza delia cultura greca, avreb-
bero letto le opere greche piuttosto che le mie; nel caso, invcce,
che si tenessero lontani dalle arti e dalla cultura ellenica, non
si sarebbero curati neanche di questi argomenti, che, dcl resto,
f: impossibile capire senza possedcre una sada preparazione nel
camiJO della civilta greca. Ecco perche non ho voluta scrivere
cose che gli sprovveduti non avrebbero potuto capire e le per-
sone c6lte non si sarebbero degnate di leggere. E lo vedi da 5
te: difatti tu ben sai che io non potrei comportarmi come un

d 6 · L. Scribonio Libone fu suoccro di Sesto Pompeo e comune amico dei


ue seri ttori.
• .7·. Ossia la filosofia accademica, la quale, secondo Antioco. trac\'a le sue
0
ngm, da S0crate insieme con quelle dei Peripatetici e dcgli Stoici.

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430 GLI <1 AC:\DE~IICA Il DI CICERONE

Amafinio 8 o un Rabirio 9 , i quali, senza seguire alcun metodo


d'indaginc, trattano di argomcnti banali in un linguaggio po-
polaresco, non danno alcuna definizione, non fanno alcuna par-
tizione, non riescono ad articolare alcuna dimostrazione per
mezzo di istanze appropriate e, alla fine dei conti, non credono
nell'esistenza di alcuna arte oratoria e dialettica 10• Noi, in-
vece, portando anche alle regole dei dialettici e degli oratori
quell'obbedienza che si deve alle leggi, poiche i nostri u asse~
gnano ad entrambe queste facolta un ruolo di grande rilievo,
siamo costretti a fare uso anche di neologisrni, che, come ho
detto, le persone c6lte preferiranno desumere direttamente dai
Greci e che gli sprovveduti non saranno disposti ad accogliere
neppure da noi; sicche ogni fatica andrebbe sprecata.
6 Senza dubbio, per quanto concerne questioni di fisica, se
io fossi d'accordo con Epicuro -o, meglio, con Democrito 11 -,
sarei gHt in grado di scrivere con la stessa chiarezza di Amafinio.
Difatti, una voita tolta di mezzo Ia ricerca delle cause efficienti,
non si presenta alcuna grave difficolta a parlare del "con~
corso casuale dei corpusculi" (con questo nome egli chiama
gli atomi). 1\Ia la nostra fisica tu la conosci bene: essa si fonda
su un principio attivo e su una materia che da questo prin~
cipio attivo viene plasmata e riceve una forma; percio e indi~
spensabile il ricorso anche alia geometria 13 • Ma questa con
quale linguaggio si potrebbe cnunciare e ehi e nelle condizioni
di farsi guidare a capirla?
Qucstc stesse questioni concernenti la vita pratica e il com~

8. C. Amafinio fu tra i primi ~spositori ddlc dottrine epicurec in Roma


(dr. Clc. Tuse. IV. IJJ. 6-7).
9· C. Rabirio fu. {orse. autore di un Bellum Ale.Tomlrimtm e di poetda
filosotica di ispirazioue epicurea (cfr. A. RoSTAC~I. • Riv. di filol. e d'istr•.
classica •. I9JI, pp. 316-7).
1o. Cio era, del rcsto, conforme ai princlpi epicurci, soprattutto secondo
le testimonianze degli avvers.ari (efe., tra l'altro, SEXT. EMP. Adu. math. I,
I segg.).
11. Tanto gli Accadcmici, quanto gli Stoici e quanto l'tlite culturale I
mana in g.-uere (cfr. C1c. De or. 1, XI, 48; III. XVIII, 65; De fin. III, XX •
72: QU!NT. IT, XX, I). di
12. Da cui, secondo Cicerone, il pensiero di Epicuro sostam:ialmente •
pendc. .
13. Come, del resto, a\"e\·a ampiamcntc insegnalo Platonc ncl .Tt".t!O,
il cui studio venne sistematicamente ripreso da Eudoro di Alessandna (cfr.
GOEDECKEMEYER, Die Gescn. des griecn. Skept., p. 201).

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GLl o: ACADE,.IICA » Dl CICERONE 431

portamento morale e quello cui bic;ogna aspirare o sfuggire,


e:;si u le trattano in moda semplicistico, giacche identificano
il bcne ddl'uomo con qucllo di una bestia. Ma tu sai bene con
qualc e qnanta sottigliezza siffatti problemi vengano trattati
dai nostri. Se, infatti, tu intendi metterti al seguito di Zenone, 7
e un'ardua impresa far capire l'essenza di quel bene vero e
a~soluto che e impossibile separare dalla rettitudine morale
(benc la cui essenza Epicuro dice di non poter neppure sup-
porre senza quei piaceri che mettono in moto i scnsi); se, d'altra
parte, intenderemo attenerci all'Accademia Antica Ili - alia
qualc, carne sai, io do la mia adcsione -, a quanta acutezza, a
quanta argutezza, a quanta oscurita di concetti dovremo far
ricorso per poter anche intavolare una discussione contra gli
Stoici! Iu
Ecco, allora, che l'intero cielo degli studi filosofiei io lo
pcrcorro per conta mio, sia per dare - nei limiti del possibile -
una coercnza alla mia vita sia per rallegrare lo spirito; e credo
- comc sta scritto in Platane 17 - che dagli clei non sia stato
offerto agli uomini un dona piu grande e piu bello delia filosofia.
l\la i miei amici, cui la filosofia sta a cuore, io li spedisco 8
in Grecia, vale a dire li esorto a rivolgersi agli autori greci,
perche possano attingere alle sorgive, piuttosto che mettersi
alia ricerca di rivoli d'acqua. Quelle cose, invece, che finora
ncssuno aveva insegnato e di cui mancavano le fonti perche
gli studiosi potcssero acquisirne conoscenza, io, nei limiti delle
mie possibilita (non sono, in verita, un grande ammiratore
dclla raba mia). le ho fatte conoscere ai nostri: esse, infatti,
non si potcvano pretcndere dai Greci e, dopo la morte del
nostro Lucio Elio 18 , neanche dai Latini. Eppure in quei miei
vecchi scritti 19 , che io - facendo l'imitazione, ma non la tra-
duzione di l\lenippo - ho spmzzati di un certa buon umore, sono

q. Gli Epicurei dc>l livello di Amafinio e Rabirio.


1
5· Cosl Antioco chiamo 1'.-\cc:ademia da lui rifoudata per indicare che
ormai la pan:ntesi aperta da Arco.>silao era definith•amente chiusa e si ritor-
nava a Platane.
I6, Soprattutto per quanto concerne il problema delia conosc:enza e il
problema de) sommo bcne (cfr. C1c. De ji11. V, passim).
17. r ...,. 47 e.
r8. L, Elio Stilonc Prcconino fu grandc filologo e maestro di Varrone.
M ~9· Allusione allc Satura.e, che traevano il nome ual poeta-filosofo cinica
entppo di Gaclara (III sec. a. C.).

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432 GLI 11 ACADEMICA 11 DI CICERONE

mescolate molte cose provenienti dalla piit profonda filosofia e


molte espressioni sono conforrni alie norme della dialettica
affinche le persone meno c6lte, invitate alia lettura da un~
certa piacevolezza, le potessero capire piil agevolmente; e nelle
Celebrazioni 20 e nelle stesse introduzioni alie Antichita tt ho
inteso scrivere con un andamento filosofica, se pur vi sono
riuscito >>.
m, 9 Allora io soggiunsi: CI Si, e vero, o Varrone. Difatti, mentre
noi, a guisa di ospiti, ci scntivamo pellegrini ed errabondi nella
nostra citta, i tuoi libri ci hanno, per cosl dire, rimenato a casa,
mettcndoci in grado di riconoscere, una buona volta, ehi sia.mo
e dove viviamo. Tu ci hai appalesato l'eta delia nostra patria,
le successioni cronologiche, il diritto sacrale e quello sacerdotale,
le istituzioni di pace e di guerra, i nomi, i generi, le funzioni,
le cagioni dei quartieri, delle localita, e, insomma, di tutte le
cose divine ed umane; tu hai gcttato vivissima luce sui nostri
poeti e, in generale, sulla letteratura e sulla lingua latina e,
per giunta, hai creato opere poetiche di varia argomento e di
forma elegante in quasi tutti i metri, e in molti casi hai affron-
tato anche temi filosofiei, quantunque lo abbia fatto in maniera
suflicicnte per indurci alia filosofia, ma non bastevole per dar-
ta cene veri e propri insegnamenti. E di do tu adduci un pretesto
che e indubbiamente accettabile: infatti o i competenti pre-
feriranno leggere le opere greche o gli incompetenti non legge-
ranno nemmeno le nostre. 1\la una dimostrazione esauriente
tu non ce la stai dando; che, anzi, quanti non potranno leggere
le opere greche, leggeranno queste nostre, e quanti potranno
leggere quelle greche, non disprezzeranno la roba di casa loro.
Che motiva c'e, infatti, per cui i conoscitori delia cultura elle-
nica debbano conoscere i poeti latini e non gia i filosofi latini?
Forse perche procurano diletto un Ennio, un Pacuvio, un Accio
e molti altri che non tradussero alia lettera, ma riuscirono ad
emulare il vigore espressivo dei poeti greci? Quanto maggior
diletto recheranno i filosofi, se, come quelli hanno imitato

20. Ossia ncllc lmagi11es o Hebdomadcs, in cui Varronc faceva la rasscgn&


di ben settecento uomini illustri greci e latini. •
21. Opera monumentale in quarantuno libri, ove I'eruditissimo empl•
rismo di Varronc trovava la sua metodologia nell'esame dcgli hcminu, doi
loci, dei tempera e dclle r~s.

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GLI ce ACADEMICA ~ DI CICERONE 433

[schilo, Sofocle ed Euripide, cosi essi imiteranno Platane,


Aristotele e Teofrasto! Io constata che sono stati elogiati anche
quci nostri oratori i quali sono riusciti ad imitare un Iperide
0
un Dcmostene. Da parte mia, poi, o Varrone (din) la cosa II
come e realmente), finche mi tenevano irretito e legata con i
loro molti impegni le ambizioni politiche, le cariche pubbliche,
i proccssi e non la semplice preoccupazione ma il concreta eser-
cizio del governo, tenevo chiusi nel mio anima questi studi e,
per nun farli ammuffire, li rinfrescavo con la lettura, quando
mi era consentito; ma adcsso, gravemcnte ferit o dalla sorte 1111
cd esonerato dai governo dello Stato 23 , chiedo alia filosofia
1a medicina del dolore e considera quella carne il pili dignitoso
cliletto dd mio ozio. Infatti o eia si adatta soprattutto a questa
mia etil o e, pili di ogni altra casa, in piena coerenza con queste
mie azioni - se pur mai ne ho compiute meritevoli di ricevere
loclc - n non v' e nulla che sia piu utile alia fonnazione culturale
dei nostri concittadini, oppure. se non e vero nulla di tutto
questo, non vedo niente altro che io sia capace di fare. Del 12
resto, il mio caro Bruta IM, degno del pili alto elogia per tutti i
suoi ottimi requisiti, si occupa di filosofia in lingua latina, fino
al punto che non si s€'nte il bisogno di opere greche sugli argo-
mc-nti da lui trattati, e segue il medesimo indirizzo che segui
tu: difatti per un certo tempo e stato discepolo di Aristo, il cui
fratello Antioco c stato maestro tuo. Percio, ti prego, impegnati
anche in questo genere letterario >>.
E Varrone: ce Riflettero su quanto dici e senza tenertene IV, 13
all'oscmo. Ma che diamine sento dire sul tuo canto? >>
"A proposito di che? n io chiesi.
ce Che tu hai abbandonato l'Accademia Antica - disse lui -
e ti sei rnesso a frequentare la Nuova ,, 25•
"E che c'e di strano? - ribattei - Il nostro amico Antioco
si sara preso il pennesso di ritomare dalla casa nuova in quella

~ 22 · Per la pcrdita delia figlia Tullia. a\'Hnuta nel febbraio dcl 45 a. C.


er qnesto grave lutto Cic:eronc si rifugio nella sua \"illa di Astura. mre com-
pos(' la Co11solatio e I'HoYieiiSÎIIS e traccio il piano dcgli Amdemica.
z.~. A causa delia dittatura di Cesare.
~~- ~L Giunio Bruto. cesaricida. fu seguace c..ldlo Stoicismo e simpatiz-
z~nte. di Antioco. Il discepolato di Hruto presso Aristo, fratello dcii'Ascalo-
ntta. .• " mcn~ionato anche in C1c. Bmt. XCVII. 332; Tuse. V. \"III, 21.
-5· (>"sta quella scettiche~giantc fondata ua Carneadc e uifesa dopo
perplessita e turbamt'nti, da Filonc di J.arissa. ·

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434 GLI « ACADE~HCA J1 Dl CICERONE

vecchia ed io non l'avro per trasferirmi dalla vecchia in quella


nuova? Certamente quanto pin una cosa e nuova tanto piu
ha avuto correzioni ed emendamenti. Eppure il maestro eli
Antioco, il grande Filone - come ancbe tu lo stirni - negava
nei suoi libri 26 - e I'abbiamo ascoltato anche a viva voce _
l'esistenza di due Accademie e confuto l'errore di quanti Ia
pensassero cosi ».
« E come dici tu - osservo lui -, ma credo che tu conosca
bene la risposta che Antioco dette per iscritto contro le affer-
mazioni di Filone ».
q u Vorrei anzi - diss'io - che tu, se non ti e di fastidio, non
solo rinfrescassi queste polemiche, ma passassi in rassegna
tutta quanta 1' Accademia Antica, dalla quale e un bel po'
che io mi tengo lontano ». Ed aggiunsi subit o: « Mettiamoci
a sedere, se ti pare opportuno ».
'' Benissimo! - rispose lui - Non sto affatto bene in salute.
Ma vediamo se Attico gradisce che io faccia quello che m'ac-
corgo essere il tuo dt:siderio 11.
''Per conto mio - intervenne Attico - non c'e nulla che io
preferisca alia rievocazione di quanto ho giă. precedentemente
udito dalla bocca di Antioco 27 e, nello stesso tempo, all'occa-
sionc di vedere se sia possibile riportare abbastanza bene in
lingua latina i suoi punti di vîsta >l.
Dopo questo esordio di espressioni, ci sedemmo tutti e tre
l'uno di fronte all'altro.
15 Allora Varrone comincio ncl modo seguente:
''A mio avviso, Socrate - e su cio tutti sono d'accordo -
fu il primo a sganciare la filosofia dalie cose occulte e inviluppate
dalla stessa natura, alle quali si erano dedicati tutti i filosofr
prima di lui, e ad indirizzarla vcrso la vita comune. E questo
egli fcce allo scopo di fissare le sue indagini sulle virtu e sui vizţ
e, insomma, sui beni c sui mall e per confortare, altresi, il suo
punto di vista secondo il quale i fcnomeni celesti o sono lontani
dalla nostra capacită. conoscitiva oppure, anche se fossero co-
nosciuti alia perfezione, non avrebbero, tuttavia, nulla a che
16 vedere con la buona condotta delia vita. In quasi tutte le

26, Probabile allusione ai due libri di filosofia teoretica che provocarono


Jo scandalo di Antioco (cfr. C1c. Luwll. IV, IZ).
27. Cfr. Clc. De ji11. V, 1. 1; De leg. 1, 54 segg.

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GLI << ACADEMICA ~ DI CICERO:SE 435

conYersazioni, che dai suoi allievi sono state tramandate per


i:;rritto con varietâ. e dovizia di particolari, egli discute in moda
tak da non fare alcuna sua affennazione personale, da con-
futare, invece, quclle degli altri e da dire di non saper nulla
tranne quest'ultima casa soltanto; cosi egli ribadisce la propria
supetiorita rispetto agli altri in cio, ossia nel fatto che costoro
rredono di sapere quello che non sanno, mentre lui sa sola-
mente di non sapere e sostiene che, a suo giudizio, Apollo lo
h:t dichiarato il piil sapiente di tutti propria per questo motiva,
ossia perche !'unica sapienza riservata all'uomo sta nel non illu-
dersi di sapere quello che non si sa 28 •
Questc cose egli le ripeteva costantemente e perscvcrav::t
in questo moda di pensare e, percio, ogni suo discorso era tutto
quanto speso a lodare la virtu e ad indurre gli uomini ad amaria,
come si pua evincere dai libri dei Socratici e soprattutto da
qudli di Platane.
E sull'autorita di Platane- il quale ebbe svariati, molteplici 17
c ricchi intcressi culturali - e
fondata un unica e coerente si-
stema filosofica che pur ha due denominazioni, quella degli
Accademici e quella dei Peripatetici. Ma costoro si trovano
d'accordo tra loro sui contenuti essenziali e differiscono solo
di nome 20 •
Platane, infatti, aveva lasciata la sua filosofia quasi in
ere~lita a Speusippo, figlio di sua sorella, e, oltre che a lui, a
due uomini di profondo intercsse per la filosofia e di altissimo
livello culturale, vale a dire Scnocrate di Calcedonia e Aristo-
tele di Stagira; e i compagni di Aristotele furono chiamati
·· Peripatetici" perche discutevano passeggiando ncl Liceu,
mentre quelli che, secondo la costumanza instaurata da Platane,
solevano tenere riunioni e conversazioni nell'Accademia, che e
l'altro ginnasio di Atene, presero il loro appellativo dal nome
di questa localita. Ma tanto gli uni quanto gli altri, fecondati
dalla ricchezza spirituale di Platane, formularono un ben de-
tenninato insieme di tetJrie, un ricco ed esauriente sistema
filo!'ofico e abbandrmarono, invece, la celebre consuetudine

~8. Cfr. PJ.AT. Apoi. 21a,o.!]>1; XE:SOPH. Apoi. q; DroG. L.\F.RT. Il, 37·
r:
forti 9: -~uesta in_terpretaz~onc ~co~ctta era di .-\ 1i?co che. survola nu o. s1~1le
2

( f dlficrcnzc lis<chc c logrc.he, msrste"a sulle sunnghauz" ud campu dcll etrca


c r. R.tio, ad Ju•c).

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GLl « ACADE~IICA » Dl ClCERONE

socratica di discutere su ogni questione sollevando dubbi ed


evitando di fare alcuna affermazione. Venne a crearsi, in questo
modo, do che Socrate non avrebbe mai approvato: una certa
" arte " filosofica, un sistema delia real ta [rerttm ordo], una-
enciclopedia delle scienze [descriptio disciplinac].
18 Si trattava all'inizio, come ho detto, di una soia dottrina
filosofica con due numi: non c'era alcuna differenza tra i Peri-
patetici e la famosa Accademia Antica. Si estolleva, a mio
modesta avviso, per abbondanza di doti spirituali ArlStotele,
ma gli uni e gli altri attingevano alia medesima fante ed era
identica il loro modo di distinguere quello che si deve ricercare
da quello che si deve evitare.
v ~Ia che sto combinando? - soggiunse Varrone - Non sono
farse uno stupida a farvi da maestro in queste cose? Si, non ~
il caso del povero maiale che pretende di dar lezione a Minerva,
come dice il proverbio, ma pur si comporta da sciocco chiunque
pretenda di farla da maestro a codesta divinita » 30•
A questo punto intervenne Attico: ''Va avanti, o Varrone;
sono molto innamorato delle nostre cose e dei nostri uomini
e mi piace ascoltare codesti argomenti in latina e nella maniera
usata da te ''·
Ed io: « Immagina quale gioia provi io che mi sono pro-
posto ufficialmente di spifferare 31 la filosofia al nostro popolo! ».
19 <c Tiriamo innanzi, allora - disse Varrone -, poiche vi e

gradito! Gia Platane accetto il criteriu di dh;dere la filosofia


in tre sezioni 32 : una riguardante la vita pratica e la morale,
un'altra la natura ed i suoi segreti, la terza le argornentazioni
logiche e il giudizio sul Yero e sul falsa, sull' cspressione corretta
o scorrctta, su cio che e conforme a ragione o in contrasta con
questa.
Anzitutto quella parte delia filosofia che concerne la vita.
beata essi la facevano risalire alia natura 33 e sostenevano che

30. .-\llusione scberzosamcnte ironica a Ciceronc. Il proverbio. di origine


greca, C ricnrdato. tra ('altro. in THEOCR. 5. 2].
31. Ho pr..Cerito calcare un po' la tint.-'l nel rcndcre tllr! ~xhibiturum per
sc>ttolincarc la schcrzosa autocritica di Cicerone al propria esibizionismo.
32. Per questa tripartizione che risale a Senocratc piuttosto che a Pla·
tone, cfr. DIOG. LAERT. III, s6; SEXT. E~IP. Adt•. log. 1, 9: Swox. APOU.·
XI. 1oo; AuGusnx. Ctmlra Acad. III, XVII. 37; D<' civ. Dei, VIII. 4·
33· Sia ncl scnso che la beatitudine si conseguc conformandosi alla na•

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GI.I u ACADEMICA » DI CICERONE 437

a quest'ultima si deve obbedire e che esclusivamente nella na-


tura si deve ricercare quel sommo bene al quale ogni cosa si
riporta, e identificavano l'aggetta suprema dei nostri desideri
c il termine ultima dei beni col passesso di ogni cosa in con-
fonnita con la natura, con l'anima, col corpo, con la vita.
Per quanto concerne il corpo, pai, alcuni beni li riponevano
nella interezza di questo, altri nelle sue parti: la salute, la pre-
stanza f1sica, la bellezza nell'intero carpo, invece nelle parti di
questo la piena efficienza dei sensi e la specifica funzionalita
dei ::;ingoli organi, ad esempia la velocita nei piedi, la farza
nelle mani, la chiarezza nella voce, ed anche la pronuncia esatta
ddle parole nella lingua. Per quanto, invece, concerne l'anima, 2o

riponevano in essa quei beni che valgono a darei il pieno posscsso


spirituale delia virtu, e assegnavano quei beni in parte alia na-
tura, in parte alle costumanze morali. Attribuivano alia natura
la prontezza dell'apprendimento e la capacita mnemonica, rite-
nendole cntrambe carne proprieta intcllettive e intuitive; alle
costumanze morali, invece, assegnavano le tendenze e la con-
suetudine. che reputavano costituita in parte dall'assiduo eser-
cizi''· in parte da un metodo razionale, ossia dalie due case in
cui ha sede la stessa filosofia.
Nell'ambito di quest'ultima, cio che viene intrapreso ma
ncm portato a compimento si chiama, per cosi dire, "avvia-
mento alla virti1 ", mentre cio che e compiuto - vale a dire
la virti:l - e, per dir cosi, la perfezione delia natura e di gran
lunga la migliore di tutte le proprieta che essi ripongono nel-
l'anima.
Que!;ti sono, insomma, i beni dell'anima; per quanto, in- 21

fine, concerne la condotta delia vita (questa costitu.iva la terza


sezione). sostenevano che sono strettamcnte legate ad essa le
case chc valgono aUa pratica della virtu. Ecco, dunque. che
la virtu e posta nei beni dell'anima, in quelli del corpo e in
alcune case che sono collegate non tanto con la natura quanto
con la vita beata. Essi pensavano, infatti, che l'uomo e quasi
una porzione dello Stato c di tutto quanto il genere umano
e che e congiunto con gli altri uomini con un legamc di soli-

tur·a Sia
E
· nel senso che la teologia fa part.e delia filosofia dt>lla natura (cfr. SEXT.
Mr. Adv. phyş, 1, 13 segg.).

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GLI « ACADEMICA » DI CICERONE

daricta. Ed e questo il modo in cui essi trattano del bene su-


prema e conforme a natura; reputano, invece, che tutti gli altri
beni- come la ricchezza, la potenza, la gloria, il favore- mirano
o ad accrescere qucllo o a conservarlo. Cosi essi suddividono
razionalmen te i beni in tre sezioni.
vr, 22 Ecco, dunque, qudle tre specie di beni di cui, carne gene-
ralmente si crede, parlano i Peripatetici. E non si sbaglia a
crederlo (che a costoro risale qucsta partizione); ma ci si com-
porta, invece, da ignoranti, se si crede che quelli che allora
erano chiamati Accadcmici siano diversi dai Peripatetici. Questo
criterio divisorio essi lo hanno in comune, e agli uni e agli altri
il fine dei beni sembrava essere questo, ossia il conseguimento
di quei beni che occupano il prima posta nella natura e che si
devono cercare di per se stcssi, o tutti quanti o i piu impor-
tanti 34-; sono, poi, i piu importanti quelli chc risiedono o nella
stcssa anima o nella stessa virtu. Pertanto tutti i filosofi di
quell'antico indirizzo pensarono che Ia vita beata e riposta
esclusivamente neUa virtu, ma che, tuttavia, essa non e beata
in senso assoluto, se non vi si aggiungono anche i beni del corpo
e tutti gli altri che precedentemente 35 abbiamo definiti idonei
alia pratica delia virtu.
23 Sulla base di questa classificazione veniva trovato anche il
principio di una qualche attivita nella vita e dello stesso do-
vere, e questo principio consisteva nella preservazione di cio
che viene prescritto dalla natura. Di qui scaturiva la necessita
di evitare l'inazione e di disprezzare i piaceri, di qui la necessita
di affrontare molte e grandi fatiche e sofferenze ai fini delia
rettitudine e dell'onesta e di tutte quelle cose che sono con-
formi ai comandamenti delia natura, di qui desumevano la
loro esistenza l'amicizia, la giustizia e l'equita e venivano an-
teposte ai piaceri e ai rnolti vantaggi delia vita. .
Questa fu, indubbiamente, presso di loro la norma della
condotta morale, questa la fonnulazione e la descrizione che
cssi fecero di quella parte della filosofia chc ho esarninata per
z-t prima. Invece, a proposito delia natura (questa sezione veniva

34· CfT. C1c. Luw/1. XLII. 131.


35· In V, 41. L'intcro passo - osserva il Rcid (ad lwc) - ~ copertamen~
dirr:tto contra la Nuova Accaucmia che, col suo scetticismo, elimina le basi
dcll'az:ione e de! dO\·ere.

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GLI Q ACADEMICA D DI CICERONE 439

posta subito dopo), essi sostenevano che essa vada divisa in


duc principi, concepiti in modo che il primo sia efficiente,
mentre il secondo, per cosi dire, si mette a disposizione del
primo e ne subisce certe modificazioni 38 •
Essi pensavano che nel principio effi.ciente sia immanente
una forza motrice, mentre in quello ad esso subordinato ci sia
sollanto una certa materia, ma che, tuttavia, entrambi i prin-
dpi coesistano l'uno entro l'altro, giacche la stessa materia
non avrebbe potuto trovare W1a sua coesionc senza essere
tenula insieme da una forza ne la forza avrebbe potuto sussi-
stere sf'nza l'esistenza di una qualche materia; infatti non esiste
cosa alcuna senza essere necessariamente in qualche luogo 37 •
E il risultato dell'insieme di questi due principi essi lo chia-
mavano corpo e, per cosi dire, " qualita detcnninata" 38 - mi
darete senz'altro il permesso di usare neologismi nella tratta-
zione di argomenti che sono nuovi anch'essi (cosi si compor-
tano i Greci, dai quali questi problemi sono trattati gia da lunga
tempo) -11.
'' l\Ia noi ti pennetteremo - intervenne Attico - di usare vu, 25
a tuo piacimcnto anche termini greci, nel caso che ti vcrranno
meno guelli latini "39•
"Fai benissimo - continua Varrone -, ma mi sforzero di
parlare in latina, tranne che nell'uso di termini quali " :filo-
sofia" o " retorica " o " fi.sica" o "dialettica ", che, come
molti altri, vengono ormai usati per consnetudine al posto di
quelli latini. Ho chiamato, dunque, " qualita" quelle che i
Greci chiamano r.oLc'..':""tj•:r.c;. vocabolo che anche presso di loro

_.16. ~ell'aitiologia aristotelica la causa ellicicnte giocava benc il suo ruolo


ncll ambtto dcl na!iccrc e del perire (cfr. De geuer. et co".. 1. 7-9). La fisica stoica
~eudc_:a a rit!urre a qucsta soia causa tuttl' le altrc (cfr. SExT. E~IP. Adv, pl1ys.
' 1 9~ scgg.; DruG. LAERT. VII, 134). Probabilmente Antioco avc•·a presente,
come fonte eli qucsto riduziouismo stoica. PLAT. Th~ael. 156a-I57a.
37- Cfr. PLAT. Tim. s:zb.
1 _18. Cfr. PLUTARCU. De Cf'mm. noi. 50. 1085 c, a\•e si mctte auche in rilicvo
a contratldizione dd materialismo t!egli Stoici. Cicerone usa il termine • corp11s •
co1 med~stmo significato che ha aiilfLrx in PL.H. 1'im. :z8b, 31b.
n .1~- fa?to Varrone quanto i suoi ascoltatori, da linguisti non superliciali,
fifn ' 1 lasctavano sfuggirc l'importanza delle questioni terminologiche in sede
0 0
1 a\·ano c1a\'\'ero un ncc
da. ' Plfica · c 1'n ct"o cre t!'t · h'ts.smto
· · · accumu1ato
patnmomo
rui .aton~, da A:ristotclc e dag\i Stoici. Varronc, poi, moderava certi cstre-
_siill dE\1 analogia gramwaticale con uu sapiente empirismo che pote\'a riu-
~~lrc gradito ag\i Scettici (cfr. SEsTo E~tPlRico. Co11lro i malomatici. trad .
.. pp. XVI·XVII).

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GT.I o ACADEMICA 11 DJ CJCERONE

non e popolare, ma propria dei filosofi, anzi si trova in uso


presso molti di costoro; cosi pure non csiste ness un termine
dei dialettici che sia di uso comune, ma costoro si servono di
una terminologia che resta riservata solo per loro. Ed e, questa,
una caratteristica comune a quasi tutte le arti: difat ti o bisogna
creare nuovi vocaboli per contenuti nuovi oppure bisogna in·
ferirli da altri vocaboli gia in uso. E se lo fanno i Greci, cbe
onnai da tanti secoli si dedicano a questi problemi, quanto
piu bisogna permetterlo a noi, che tentiamo di occuparci di
questi argomenti adesso per la prima voita! " 40
26 « 1\la proprio tu, o Varrone - diss'io -, avrai grandi meriti,
a mio avviso, presso i tuoi concittadini, se li farai piu ricchi
non solo di cose, carne gia hai fatto, ma anche di parole».
« Avro, allora, l'ardire - disse lui- di usare neologismi sotto
la tua alta protezione, se sara indispensabile!
Orbene: fra le " qualita " di cui ho parlato, alcune sono
primarie, altre derivate dalie primarie. Le primarie sono uni-
formi e sem plici; quelle derivate da esse sono varie e, per cosi
dire, multiformi. Pertanto l'aria (usiamo anche questo ter-
mine come se fosse latina) e il fuoco e l'acqua e la terra sono
" qualita" primarie: da queste, invece, sono scaturite le forme
degli esseri animati e dei prodotti delia terra. Pertanto quelli
sono chiamati " principi " o, per tradurre dai greco, " ele--
menti ", e tra loro l'aria e il fuoco hanno Ia potenza di muovere
e di agire, mentre le rimanenti qualita - vale a dire l'acqua
e la terra - hanno quella di ricevere e, per dir cosi, di patire 41•
Un quinto elemento, di cui sarebbero composti gli astri e le
sostanze intellettuali, Aristotele riteneva che fosse un genere
a se stante e un qualcosa di dissimile dai quattro su men-
zionati 42 •
27 Essi, comunque, reputano che una certa materia sia sog-:
giacente a tutti gli elementi, priva di forma e di ogni qualita

40. Per la crcativitA linguistica di Cicerone cfr .• tra J'altro, PLtrTARCJI•


Cit:. 4o.
4I. Per qucsta distinzione operata dagli Stoici cfr. CJc. TusG. 1, XVII,
40; De nal. deor. II, 26.
-12. Cfr. ARISTOT. De catlo I, 3. 27ob 30 segg.; Ps.-Pt.AT. Epinom. 98IC,
984d. Per J'identificazione stGica del • quinto elemento • col fuoco gi~ ~­
cliteo cfr. DioG. LAERT. VII, 137; C1c. D~ nat. deor. II, XXXVI, 92. SI rl-
c:ordcranno anche le tormentate ipotesi k.antiane dell'Op1u poslumum.

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GLI n ACADEMICA B DI CICERONE 441

(diamo a questo termine, a furia di parlarne, un uso piu fre-


quente e comune); e da questa materia sono ca va te fuori ed
effettuate tutte quante le cosc, perche essa nella sua totalita
puo accoglierle tutte 4.1 e puo mutarsi in ogni guisa e da ogni
pnrte e, quindi, puo anche corrompersi, senza annullarsi, ma
solo riducendosi alle sue parti, che e possibile tagliare e divi-
de-re all'infinito, giacche nella natura universale non esiste nulla
(li tanto piccolo da essere indivisibile u. Poiche quella forza 28
che noi abbiamo chiamata 45 "qualiHt" si muove in questo
1110do e si agita da una parte e dall'altra, essi reputano che la
materia stessa muti profondamente in tutta la sua interezza e
!;Î producano quelle cose che essi chiamano "qualita ", da cui
- come si riscontra in ogni essere naturale che abbia coesione
e continuita in tutte le sue parti - e stato prodotto un unico
mondo, al di fuori del quale non esistono alcuna parte di ma-
teria e alcun corpo; sono, invece, " parti del mondo " tutte
le co!:ie che si trovano al di dentro di esso e cbe sono tenute
insiemc da una natura fornita di sensi, nella quale e imma-
nentc una ragionc perfetta, che e pur essa eterna (giacche 29
non esiste cosa piu forte di essa che possa distruggerla); e
questo potere essi lo chiamano '' anima del mondo" e l'iden-
tificano anche con un'intelligenza e una sapienza perfetta, che
essi chiamano " Dio " e sostengono che questo potere e, per
cosi dire, una " provvidenza " per tutte le cose che le sono
soggette e che ha in sua cura soprattutto le cose celesti e, poi,
anche quelle che, sulla terra, riguardano gli uoroini; e questo
potere essi lo identificano talora con la necessita, perche nulla
puo esistere in modo diversa da carne esso ha stabilita, talora,
invecc, con la fatale ed immutabile continuita di un ordine
eterno, e qualche voita, infine, con la fortuna, giacch~ produce
molti effctti imprevisti e inattesi per noi, perche le loro cause
sono oscure e noi le ignoriamo.
La terza sczione delia filosofia, che consiste di ragiona- vm, 30

43· La conce~ione stoica di una materia non priva di attivita vienc qui
mescolata. con la. concczionc platonica delia materia·ricettacolo (T-im. sob, 51a).
D H· Carne era st.ato sostenuto da Aristotde in contra.sto con J'atomismo di
S cmocrito. Per questo aristutelismo degli Stoici cfr. DtoG. LAERT. VII, 150;
TOB, PJ.ys. 344.
-15. ln VI, z 4 •

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GLI •< ACADE~IICA D DI CICERONE

rnento e di discussione, gli uni e gli altri la trattavano nel modo


seguente.
Il giudizio delia verita, pur nascendo dai sensi, tuttavia
non risiede in essi. Sostenevano, infatti, che giud.ice delle cose
sia l'intelletto e ritenevano che solo quest'ultimo abbia re.
quisiti idonei a riscuotcre fiducia, perche esso solo sa distin.
guere cio che e semplice ed uniforme e tale quale realmente
e (essi lo chiamavano " idea " con un appellativo gia usato
da Platane, mentre noi faremmo bene a chiamarlo " species " 'e).
31 Credevano, altresi, che tutti i sensi sono inebetiti e lenti, del
tutto incapaci di percepire le cose che pur sembrano soggette
ai sensi, perche esse o sono tanto piccole da non poter cadere
sotto il senso o hanno la possibilitâ. di rnuoversi con tanta
velocita da non risultare mai nulla di unitario e costante e nep-
pure di identica, per il motiva che tutte scivolano via e fluiscono
continuamen te "'.
Ecco perche tutto questo insieme di cose essi lo chiamavano
3.z " opinabile "; pensavano, invece, che la scienza non risiede
in alcun luogo se non nelle nozioni dell'anima e nei ragiona-
rnenti 48 • Per questo motiva crano inclini alle definizioni degli
oggetti e le usavano per tutti i temi delle loro discettazioni;
erano propensi anche alla spiegazione dei termini linguistici.
ossia a precisare per quale motiva ogni oggetto avesse ricevuto
il propria norne, e quest'attivita la chiamavano" etimologia" 48 ;
poi si servivano di certe argomentazioni e, per cosi dire, delia
guida di certi contrassegni delle cose MI, per provare e dimo-
strare cio che volevano chiarire.

4(). Il tennine implica in parte la concezione aristotelica della forma,


in parte il moda di apparire ddl'essere. Esso si ritrova usato in Tuse. I, sB;
Oral. 9; Top. 30; in Oral. ro Ciccrone usa il tcnnine forma.
47· Come se gia non basta.~se la mistione di elcmenti platonici ed aristo-
tclici, gli Stoico·accademici seguaci di Antioco non potevano mettere da parte
l'Eraditîsmo, che Platane menziona\·a spesso nd Teelflo, nel Sojistu e, soprat-
tutto, in Pluud. 90 b-e.
4 8. Cfr. C1c. Ltlwll. VII, 22; X . .;10; T11s&. 1, XXIV, 57·
49· Il problema dell'etimologia, gia profondamente posto da Platane nel
Cratilu e da Aristotelc net De Îllterpretatiolle, si ripresento ai grammatici delia
scuola di Pergamo (cfr. PFRIFFER, llislory Dj c/assical Schularship, pp. 201,
2-JI·J, z6o-J) cd ebbe un scguito ftno all'eta di Sesto Empirico (Adv. ma.Jlt,
1, 2.j 1-247), che respinse ogni pretcsa scientifica dcgli ctimologisti.
50. Le aporie dcl segno e le varie opinioni dommatiche al riguardo sono
ampiamente discusse in SEXT. E)<P. Adu. log. II, qt-:Z99·

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GLI (1 ACADEMICA » DI CICERONE 443

A questa sezione della filosofia 51 veniva assegnata tutta la


dottrina delia dialettica, ossia di un procedimcnto discorsivo
articolato da dimostrazione razionale; e quasi carne controparte
di c,:,sa usarona la facolta del linguaggio oratario, la quale e
in grado di dispiegare un lunga discorso mirante alia per-
~ua~ionf' 52•
Era qucsto il loro originario " sistcma filosofica" ricevuto 33
in credita da Platane. Ma, se voi volete, ne esporro i posteriori
mnlamcnti, per quel che sono riuscito a veder con chiarezza n.
t(Si. lo vogliama - diss'io - e ne potrei rispondere anche a
nome di Attico ''·
"E ne rispondi bene - soggiunse Attico -; difatti Varrone
ci ha spiegato la dottrina originaria dei Peripatetici e del-
l'Accadcmia Antica con chiarezza esemplare ''·
" Orbene, - Varrone prosegui - Aristotele fu il prima a 1x
,·ibrarc un colpo alle "specie ideali" di cui poc'anzi ho par-
laln 53 e di cui Platane aveva trattato con meravigliosa com-
plrssita fino al punta da affermare in esse la presenza di un
qnah1sa di divina. Poi Teofrasto, uomo dalla parola attraente 64
c dai costumi cosi retti da conservare sul viso i lincamenti di
una pmczza dignitosa, riusci ad infrangcre, in un certa qual
modo, anche con maggiore impetuosita il prestigio dell'antica
dottrina. Egli tolse, infatti, alia virtu il suo splendore e la
indeboli negando che la vita beata sia riposta esclusivamente
in essa. E il suo allievo Stratone 55, che pur ebbc un ingegno 34
acuto, deve essere c.ompletamente escluso da quell'indirizzo
filosofica: egli, infatti, accantono quella sezione fondamentale
della filosofia che si occupa delia virtu e dei costumi e si de-
clico complctamentc all'indagine fisica, e persino nell'ambito
eli quest'ultima venne in grave dissenso con i suoi colleghi 58 •
Invece Spcusippo e Senocrate, che erano stati i primi ad eredi-
tare la metodologia e l'autorita di Platane, e, dopo di loro,

51. Ossia aUa. logica, come intcnde il Plasberg.


5:l. L'aotistrofia dialcttica-retorica era in gran parte mutuata da Ari-
stntclc (cir. A. Russo, La filosofia delia ri'l. itr Arist. pp. 5 segg.).
53. In VIII. 30.
54. 1-'er le dati linguistichc di Tcofrasto cfr. Qt:I~T. X, 1, 83; S.E~. 1'\lat.
qua,.sl. VI. IJ, I .
55. Fr. 13 \Vchrli.
56. Soprattutto per il suo fi.lo-atomismo (cfr. C1c. LlfCifll. XXXVIII, 121).

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Gll « AC:\DEYICA 1> Dl CICEROI'E

Polemone e Cratete e, parimenti, Crantore restarono raccolti


nell' Accademia a difendcre con zel o le dottrine tramandate
dai loro predecessori. E assidui ascoltatori di Polemone furono

35 in un prima tempo, Zenone ed Arcesilao 57 • Ma Zenone, che
era piu anziano di Arcesilao e sapeva discettare con molta
sottigliezza e dare intelligentissimo movimento al suo pensiero,
fecc il tentativa di emendare il sisterna.
Se vi sembra il caso, vi precisero anche - come era solito
fare Antioco - in che casa consista questo suo emendamento 11,
u A me senz'altro sernbra il casa- diss'io- e vedi che anche
Pomponio fa cenno di si n.
x '' Orbene, - riprese Varrone - Zenone :;s non aveva nessuna
intenzione di recidere, al pari di Teofrasto, i nervi delia virtu,
ma, al contraria, riponeva csclusivarnente nella virtu tutto quello
che riguardasse la vita beata e nessun'altra cosa annoverava
trai beni e assegnava alla rettitudine morale il titolo di assoluto
36 ed unica bene. Tutte le altre cose, invece, sebbene non fossero
ne bcni ne rnali, egli diceva che in parte erano "secondo na-
tura ", in parte " contra natura "; e anche tra questi due
gruppi ne interponeva altre e le annoverava carne cose "in-
tcrrnedie ''. Egli insegna va che bisogna accogliere e ritener
degne di una certa stima quclle case che fossero secondo na-
tura, e che il contraria si deve fare con quelle che fossero contra
natura; invece quelle che non fossero n~-l'uno-n~-1'altro le
37 lasciava in mezzo e le considerava prive di ogni rilievo. Ma,
tra quelle che bisogna accogliere, alcune, secondo lui, meritano
stima maggiore, altre minore. Quelle che Ia rneritano maggiore
egli le chiamava " preferi te ", rnentre chiarnava " respinte.,
quelle che la rneritano minore 69, E come aveva introdotto
questi mutamenti non tanto nella sostanza quanto nella ter~
minologia, cosi tra le azioni rette e quelle peccaminose, tra il.
dovere e cio che e contro il dovere, collocava certe azioni inter-
medie, rnentre riponeva tra i beni esclusivamente le azioni
rettamente compiute e tra i mali quelle cornpiute in modo

57· Cfr. STRA8. XIIJ, 6q; Nu~n;;::.;:. apud E11.oeb. Praep. ev. XIV, 6, 9;
Stoic. vtl. Jrag. 1, Jo-13 Arnim.
5S. Stoic. vet. frag. 1, 1B8 Arnim.
59· Per i tennini praeposita (:rrpO'I)"((.I.tvo:) c reiecta (.i:rro:rr~o1)y(.l.ivo:) cfr,
.o\R. D10. apud Stob. Ecl. Il, 79, vot. Il, p. 84, 18 W. Una pili ampia tratta·
zione trovasi in SEXT. EMP. Pyrrh. hyp. III, 191 e Adu. etlt. 6:t.

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GLI u ACADE~liCA n Dl CICERONE 445

scorretto, ossia le peccaminose; poneva invece, come ho detto,


tra le cose intennedie la conservazione o l'omissione di doveri.
E mc>ntre i pensatori precedenti sostenevano che risiedono nella 38
ragione non tutte le virtu ma solo alcune che hanno come punto
eli partenza, diciamo cosi, la natura e i costumi, egli, invece,
le puneYa tutte quante nella ragione; e mentre quelli ritenevano
separabili tra Iora i generi delle virtu sopra menzionate 80,
l'gli s0stcneva che siffatta separazione e assolutamente impos-
::;i.biie e, inoltre, che non solo la pratica delia virtu - carne ave-
n.no sostenuto i pensatori precedenti -, ma la stessa abitudine
acl essa e di per se eccellente e che, tuttavia, nessuno la possiede
5 enza farne un uso continua; e mentre quelli non intendevano
climin21re dall'essere umana la perturbazione dell'anima e so-
stent"vano che, per natura, l'uomo si duole e desidera, teme ed
t: soJie,·ato dalla gioia, e si limitavano, altresi, a contrarre o
a ridimcnsionare quei turbamenti, egli voile che il sapiente
ne fo!'sc del tutto esente, quasi che si trattasse di malattie; e 39
mentrc gli antichi sostenevano che quei turbamenti dell'anima
sono naturali e incontrollabili dalla ragione e riponevano la
cnpidigia in una parte dell'anima e la ragione in un'altra, egli
non era d'accordo con loro neppure in questo. Difatti reputava
che anche i turbamenti sono volontari e originati dai giudizio
che ~i basa sull'opinione, e considerava l'intemperanza smo-
derata carne madre di tutte le perturbazioni 61 •
Era, qucsto, il sua pensiero morale .
.-\ proposito, poi, degli elementi naturali egli la pensava xr
cosl: anzitutto poneva quattro elementi e non sapeva cosa
farscne di quel quinto elemento da cui i pensatori precedenti 62
rrcdt',·ano che fossero formati i sensi e l'intelletto. Egli, infatti,
SOStCilt'Ya che e appunto il fUOCO l'elemento naturale generatore
di ogni cosa e, quindi, anche dell'intelligcnza e del senso. Era
anchc in contrasta con quei pensatori, perche riteneva assolu-
t~mcnte impossibile la produzione di alcun effetto da parte
dJ una entita incorporea, ossia da un genere in cui, secondo
Scnocratc e i filosofi prccedenti, rientra anche l'anima, ed

6o. ln V. 21.
• r)1.Quo;st'aspetto intransigentc deU"etica zcnoniana coincide\·a col n"o·
nsm':' di Pirrone. pur partentlo da opposti punti di vista teoretici. "'
()~. Soprattutto i Peripatetici.

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GLl 11 ACADEMICA » Dl CICERONE

aggiungeva che nessuna causa effi.ciente e nessun effetto sono


possibili senza essere corpi ss.
40 1\-loltissimi mutamcnti apporto, inoltre, alia terza sezione
delia filosofia 6-'. In questo settore egli introdusse, anzitutto,
alcune novita a proposito dei scnsi, che ritenne essere in stretta
relazione con un certa impulso prcsentantesi dall'estemo, che
egli chiamo 9~•r;:xcrb: c che a noi sia consentito chiamare " rap-
presentazione [vimm] " 85 - e teniamo qucsto termine ben fisso
in mente, giacche lo dovremo ripetere alquanto spesso nel resto
delia conversazione! -; ma a queste rappresentazioni che sono
apparse ai scnsi e sono state quasi accolte da essi, egli aggiunse
l'assenso dell'anima 66 , il quale, secondo lui, e posta in noi e
41 dipende dalla nostra volonta. Egli non annetteva fiducia a tutte
le rappresenta.zioni, ma esclusivamente a quelle che possew
desscro una certa nota chiarificatrice degli oggetti rappresentati;
questa rappresentazione, poi, poiche si lasciava scorgere eli per
se, egli la chiamava " comprensibile" 67 •
1\H permettete di parlare cosi? 1•.
''Si! - disse Attico - con quale altro tennine mai avresti
potuto tradurre x?:-roci.1J7t<ov? n
11 Quando poi - prosegui Varrone - la rappresentazione era

stata gia recepita e approvata, egli la chlamava " compren-


sione ", paragonandola all'atto con cui la mana prende possesso
delle cose, e da quest'atto egli cavo fuori anche il suddetto
appellativo 68, mentre prima nessuno aveva usato quel vocabolo
per esprimere un siffatto concetto. E dava il nome di " senso "
anche a cio che per mezzo del senso era stato percepito. E se
la pcrcezione sensibile era tale da non poter essere eliminata
dai ragionamento, egli la chiamava " scienza "; altrimenti, la
chiamava " ignoranza ", e da quest'ultima si originava anche
l'opinione, che, a parer sua, era fiacca e comune al falsa e
all'ignoto 69 •

63. Co~i il Platonismo vf'niva a subirc un'involuzionc materialistica.


64. Ossia alia logica (cfr. V. 19).
65. Stcoic. vei. jrag. 1, 55 Arnim.
66, Os~ia la <7V"{XCETi3"m<;. per cui vedasi C1c. Lut:111l. XII, 37·
67. Questa fondamE-nt.ale dortrina d<'gli Stoici vicnc piu ampiamente
trattata nella prima parte de! Lr1cul/us.
68. Cfr. C1c. Lucrlll. XLVII, I45·
69. Cfr. SEXT. E:IIP. Adv. wc. I. 151.

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GLI <<ACADEMICA D DI CICERONE 447

Tra la scienza e l'ignoranza egli poneva, pero, quella "corn- 42


prensione '' di cui ho parlato, senza annoverarla ne tra le cose
lnwnc ne tra quelle cattive, ma sosteneva che ad essa soltanto
bisogna prestar fede. Ragion per cui egli annetteva credita anche
ai scnsi, giacche - come ho detto prima 70 - la comprensione
an·cnuta ad opera dei sensi gli sembrava vera e fedele, non
perche cssa riuscisse a comprendere l'intima essenza dell'oggetto,
ma perche non metteva da parte nulla che potesse presentarsele,
c perche la natura la pose, per cosi dire, come norma scientifica
t comc suo principio, dai quale, in un secondo momento, sono
impres5i ndl'anima i concctti delle cose; e in base a questi
ultimi si vengono a scoprire non solo i tratti iniziali, ma anche
pili larghe vie per la formulazione di un discorso razionale 71 •
Invecc J'errore e l'avvcntatezza, l'ignoranza e l'opinamento. la
congcttura e, insomma, tutto cio clle e estraneo ad un solida
e coerente assenso, erano da Zenone nettamente separati dalla
virtil e dalla sapienza.
Ecco, dunque, in che cosa consiste quasi ogni modifica e
ogni dissenso di Zenone rispetto ai pensatori precedenti >>.
Quando Varrone ebbe finito eli parlare, io osservai: a In xu, 43
maniera malta concisa e con la massima chiarezza tu, o Varrone,
hai esposto sia il pensiero dell'Accademia Antica sia quella
degli Stoici. !\la io sono del parere - come, del resto, lo era il
nostro amico Antioco - che il pensiero di questi ultimi vada
considerata carne un emendamento dell'Accademia Antica piut-
tosto che come una dottrina originale 11 i2,
Allora Varronc disse: 11 Ora spetta a te, che ti sei staccato
dal sistema degli Accademici Antichi e che plaudi alle innova-
zioni di Arccsilao, il compito di mostrarci i motivi essenziali
dell'avvenuta scissione. Cosi potremo renderci conta se codesta
defezione abbia giustificati motivi >l.
Ed io: << Comc ci e stato tramandato, Arcesilao si accollo 44
l'oncre di una lotta totale contra Zenone, non per partito preso

70. In XI, 4o,


g· 71 · ~c. confusioni stoiche, qui aggravate ual linguaggio alquanto imma-
p•~oso <it \ arrone, gîa duramente colpitc dai ).;co-accadr.mici. vcrranno ancor
10
sma~~herate dai Kco-pirroniani (cfr. SEXT. Eloll'. Atlv. log. I. 369-·Hfi),
ad 7l. t:on qucsto cavallo di battaglia l'accademico Antioco aspirava almeno
h•-unba vittoria morale sugli Stoici, le r.ui dottrinc cgli avc,·a in gran parte
-ovr 1te.

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GLI « ACADEMICA » DI CICERO~E

ne per desidcrio di vincere, a mio avviso, ma per l'oscurita


stessa di quelle cose che avevano indotto Socrate a far pro.
fessione di ignoranza 73 e che, gia prima di Socrate, vi avevano
indotto Democrito 74, Anassagora 76, Empcdocle 78 e quasi tutti
gli antichi, i quali sostennero l'impossibilita di conoscere, di
percepire e di sapere cosa alcuna e misero in rilievo i ristretti
limiti dei sensi, la debolezza dell'anima, la brevita del corso
delia vita e, come ebbe a dire Democrito, il fatto che "la ve-
ri ta e immersa nel profondo degli abissi .. che tutto e in balia
J

di opinioni e pregiudizi, chc ncssun ruolo e lasciato alla verita


e che tutte le cose,l'una dopo l'altra, sono cosparse di tenebre 11 77.
45 Pertanto Arcesilao sosteneva l'impossibilita di qualsiasi co-
noscenza, persino di quella che Socrate aveva riservata a se
stesso, ossia «il sa pere di non sa per nulla )). Cosi egli pensava
che tutto e avvolto dall'oscurita e che non esiste niente che sia
possibile di.stinguere o capire; per queste ragioni era indispen-
sabile che nessuno facesse alcuna asserzione o affennazione o
desse il propria assenso e che, invece, ciascuno frenasse e tratte-
nesse da ogni eventuale caduta la propria fretta ad assentire
- fretta che risulterebbe marchiana ove venisscro approvate
cose false o sconosciute- e aggiungeva che non c'e nulla di piu
vergognoso che anteporre frettolosamente l'assenso e l'appro-
vazione alia cognizione e alla percezione.
E il suo rnodo pratico di comportarsi era coerente con questa
metodologia: cosi egli, discutendo contra i pareri di tutti, faceva
allontanare i piu dalie loro convinzioni precedenti e di conse-
guenza, poich~ sullo stesso argomento si venivano a scoprire
ragioni equipollenti nelle tcsi contrarie, piu agevolmente da
una parte e dall'altra si giungeva alla sospensione dell'assenso.
46 Ecco l' Accademia che chiamano u N uova n; ma essa mi
sembra n antica ''• se, almeno, in quella Antica dobbiamo an-
noverare Platane, nei cui libri non si fa alcuna afiennazione
e si fanno molte discussioni «in un senso e nell'altro ))' si con-

73· Cfr. IV, 16.


H· Cfr. OlOG. LA~:RT. IX, 77.: C1c. Lucu/1. X. 32; SExr. E:.IP. Ad11. log.
1, 1)5·J40. •
75· Cfr. SEXT. E~IP.
Adt•. log. I. 90.
76. Cir. SEXT. E~IP.
Adv. IL•IJ. 1, 120·12.5.
77· Questi aspetti scettici del pensiero lli De-mocrito esercitarooo oote-
Yole infiusso sul primitiva Pirronismo.

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GLI 11 ACADEMICA» Dl CICERONE 449

tinml. ad indagare su ogni casa e nulla viene detto con certezza ".
Cio nonostante. quella da me menzionata per prima si chiami
pure .. Antica 11 e quest'altra si chiami « Nuova 11! E quest'ultima,
protrattasi fina a Carneade - che ne fu il quarto direttore dopo
Arcesilao -, si conserva nella stessa metodologia di Arcesilao.
(arntade, poi, che era profondo competente di tutte le sezioni
delia filosofia ed ebbe inimmaginabili risorse spirituali, carne
ho saputo dai suoi diretti ascoltatori e, in particolare, dal-
J'epicurco Zenone 711, il quale, pur dissentendo quasi totalmente
da lui, tuttavia ammirava piu di tutti gli altri lui solo ...
Perche 80, poi, si adira Mnesarco? 81 Perch~ Antipatro 82
imp11gna la spada contra Carneade in tanti volumi?

Lun·no

Jl grande ingegno di Lucio Lucullo 1 , il suo grande amare r, 1


per le arti pili elevate e, oltre a do, tutta quella cultura liberale
e dcgna di un autentica gentiluomo che egli si formo in tempi
78. Cicerone, o;ulle orme di Filone di Larissa. trascura gli aspetti doru-
mati~i uel pensiero platonica e ne rileva, in\•ece, qucUi sospensivi, antilogistici,
zet,,tiri e aporetici. Be11 diversamcnte Sesto Empirica (Pyrrh. hyp. I, 22o-:z29)
mdtcra in rilievo il duplice volto di Platane.
79. Zenone di Sidone (seconda meta del II sec. e prima met~ del I sec.
a. f .) fu discepolo di Apollodoro e maestro di Filodemo (cfr. C1c. De fin. 1,
"· 11)).
So, Il brcvc frammcnto e riportato in Nonio 65: secondo il Reid (p. t6I)
cs>n sarebbe da considerare come appartencnte alia giustificuione dell'Acca-
dcmia ~uova ua parte di Cicerone e da inserirc tra le ultime battute del T-'arro.
Sr. Stoico allievo ui Panezio, piu voltc citato da Cicerone (Luctdl. XXII,
6~; De or. 1, XI, 46; De fin. I, II, 6).
S:z. Antipatro di Tarso, contro cui polcmizzb C.arncade. Dei quattro !ibri
d~~h AcadenJica Posteriora sono stati raccolti, soprattutto attrnvcrso Nonio
~ il COIItl·a Academi,os di Agostino, trentasei frammcnti, dai quali e, pero,
lmpossibile rlesumere i contenuti anche di parte dcll'opera ciceroniana con
e~attezza e non in \'ia ipotetica, come hanno fatto il Krische e il Reid (op.
Cit .• p. 168).

• . · L; l:ici~io Lucullo ( 120 ?-58(6 a. C.) fu una delle personalita. piil note-
1

\ ah de]) eta c1ceroniana. All'energia dell'uoruo d'azione che cgli seppe dimo-
~~a~~ ':elia guerra contro ~[it~i~ate si dis~o~avano. i~tcrcs..'li culturali da _lui
h\atJ soprattutto dopo 1! ntiro dall'attwlt.11. politica. Plutarco ne scnsse
una stupcnda biografia. 11 giudizio pubblicamente elogiativo di Cicerone iu
~uc_st'opera non corrisponde, pcro, a ccrti giudizi privati di Cicerone stcsso.
e ~nven;Jo ad Attico (1, 10, 1), questi csprimc un ccrto disprczzo per Lucullo
li •n un_altra lettera allo stesso amico (Il, 9, 1) allude alle celebri ccne lucul-
ane ch1amando questc suo protagonista • piscinarii nostri o, De! resto, ne! rifaci-
Inento dcgli A,ademica avrebbc voluta sostituirlo coul'austero Catone Uticense.

2 9· Scdtici on:idli.

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450 GLI « ACADEMICA D DI CICERONE

in cui avrebbe potuto affermarsi soprattutto nell'attivita fa.


rcnse, non ebbero moda di esplicarsi attivamente nella nostra
capitale. Infatti, subita dopo che egli, ancora giovinetto e
coadiuvato da suo fratello - al pari di lui dotata di devoto
sentimento filiale e di energia morale -, cbbe colpito con gran
successo i nemici privati di suo padre, se ne ando come que.
store in Asia ed ivi fu alla direzione delia provincia, raccogliendo
lode ed arnmirazione per moltissimi anni. Di poi, pur non
essendo presente a Roma, fu eletto edile e, immediatamente
dopo, pretore (era ammessa, allora, l'assunzione di questa ca-
rica anche prima del normale intervallo di tempo) •. Quindi
passo in Africa e di li alia carica di console, da lui espletata
cosi bene che tutti ne ammirarono lo zelo e ne riconobbero
l'ingegno.
Mandato, in appresso, dal senato alia guerra contra Mi~
tridate, non solo superb l'opinione che tutti s'erano gia fatta
delle sue capacita, ma anche la gloria di quanti lo avevano
2 preceduto; e questo fu un fatto tanto piu stupendo, in quanto
non ancora ci si attendeva da lui l'aureola di condottiero, oc-
cupato - com'era stato - durante la prima giovinezza nell'atti-
vita del foro e avendo egli trascorso il lunga periodo delia sua
questma in un'Asia pacifica, mentre l\Iurena dirigeva la guerra
ncl Ponto. Eppure l'incredibile grandczza del sno ingegno non
gli fece sentire la deficienza di tutto quel tirocinio di esperienze
che egli non aveva avuto la possibilita di fare. Pertanto, dopo
aver utilizzato l'intero viaggio per terra e per mare sia col
chiedere informazioni agli esperti sia con la lettura di trattati
militari, giunse nell'Asia con tutte le carte in regola per fare
subita da comandante suprema, pur essendo partito da Roma.
complctamente digiuno di arte delia guerra.
Ebbe, invero, una prodigiosa memoria delle << cose » - delle
«parole 11 l'ebbe Ortensio 3 pin di lui -, ma, appunto perch~
nel disbrigo degli affari le cose giovano pin delle parole, quel
tipa di memoria aveva per lui maggiore efficienza. E una

2. Fra le due c.arichc dov~va intercorrcrc un biennio; ma Silla, con una


Ie~;ge speciale, favori in modo particolare Lucullo, suo amico. Per l'cspressiollO
cfr. C1c. Brut. lZ.J; VAL. l\lAx., III, 7. 9· .
3· Q. Ortensio Ortalo, maestru cd amico di Cicerone, che gli dedu:b la
celebre opera omonima.

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GLI u ACADEMICA » Dl CICERONE 451

siffatta memoria dicono che l'abbia avuta, in maniera tutta


~pedale, Temistocle, al quale non esito ad assegnare il prima
posta tra i Greci e che ad un tale che gli prometteva di inse-
~nargli !'arte mnemonica, allora venuta appena alia luce '· si
dice abbia risposto che egli avrebbe preferito l'arte delia dimen-
ticanz.a, perche, suppongo, gli rimancva abbarbicato nelia rnente
tntto quelio chc avesse visto o ud.ito.
}'ur dotata di siffatti requisiti intellettuali, Lucullo vi ag-
r:-iunse anche queli'apprend.irnento metodica che Temistocle
~veva avuto in disprcgio. Pertanto, come noi mcttiarno per
iscritto cio di cui vogliarno conservare il ricordo, cosl egli te-
neva le 11 cose 11 scolpitc nell'animo. E fu condottiero cosi grande 3
nci vari tipi di attivita bellica - in combattimenti campali, in
asscdi, in battaglie navali, nell'allestimento di tutti i servizi
logistici per un'intcra campagna militare - che il piit grande
re 5 che ci sia stato dopo Alessandro ammetteva che questo
condotticro, da lui direttamcnte sperimentato, era superiore a
tutti gli altri di cui avessc letto le storie. Ed ebbe, inoltre,
Lucullo tanta accortezza nella forrnazione e nel governo degli
Stati e tanto scnso di equita che, ancora oggi, l'Asia si regge
nel rispetto delic istituzioni luculliane e nel seguire, per dir
cosi, le orme di lui.
l\Ia una cosi valida forza di virtu e d'ingegno rimase - an-
corche con grande vantaggio delia repubblica - piil a lunga
di quanto avrei voluta tra genti straniere, lungi dagli occhi
del foro c delia curia. Che anzi egli, tornato vincitore dalla
guerra mitridatica, ottenne il trionfo con tre anni di ritardo
rispci to al dovuto, a cagione di una calunnia imbastitagli dai
suoi nemici personali 11 • E sono stato propria io, durante il mio
consolato, a sospingcre, quasi letteralmente, in Roma il carro
trionfale di un uomo tanto illustre! E direi quali vantaggi io
abbia tratto in qucl tempo, nelle piu importanti facccnde, dai
suo autorevole consiglio, se do non mi costringessc a parlare

Il· ~- ~~r l'imp<.rtanza dcll'artc mnemonica, di cui si tramanrla come fon-


\~l\'>rc S1monirlc lli Cco, cfr. C1c. Dr or. Il, LXXXVI, 351 ,;egg.; Part. oral.
· 25; De fiu. II. XXXII, 10~; Tuse. I, XXIV, 59: P1.1:-<. Nal. !Jisl. VII, 1!9.
XX~: .~litri<latc, che i Romani chiamarono l'• Annibale asiaticu • (cfr. Iusn:s .
• . .... \II, I. 7).
6. Inratti C. !llcmmio (PLUTARClf. Lucull. 37. z) Io a\'c\'a accusato di pe-
cu 1ato c di lcntezza nella condotta delia guerra.

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452 GLI !! ACADEMICA » Dl CICERONE

di me stesso, cosa che, nella presente circostanza, non e il caso


di fare. Cosl preferiro orbare lui di un mio doveroso attestato
piuttosto che tributarglielo insieme ad un elogia per me stesso:
11, 4 Ma quei meriti di Lucullo che dovevano essere magnificati
dalla gloria popolare, sono stati, in Unea di massima, celebrati
da opere letterarie greche e latine. Io pure quci pregi esteriori
li ho potuto conoscere con molte persone, ma solo con poche
- e sovente cogliendoli dalie sue stesse labbra - ho potuto ap-
prezzare quelli interiori. Lucullo, infatti, si dedica ad ogni
ramo delia cultura, e in particolare alia filosofia, con impegno
maggiore di quanto supponessero quelli che non lo conoscevano,
e non solo in eta avanzata, ma anche nei parecchi anni della
sua questura e persino durante la guerra, allorche l'attivitlL deDa
milizia suole essere tanto impegnativa da non lasciare ad un
generale neanche un po' di tempo libera persino sotto la tenda.
Cosi, data la stima d.i cui Antioco, allievo di Filone, godeva
da parte dei filosofi per il suo ingegno e per la sua cultura,
Lucullo lo tenne con se sia mentre era questore sia quando,
alcuni a.nni dopo, fu capo suprema dell'esercito. E, in grazia
di quelle doti mnemoniche da me poc'anzi menzionate, ebbe
agio di conoscerne il pensiero, perche udiva di frequente quelle
cose che avrebbe potuto ricordare anche se le avesse ascoltate
una voita sola.
Ma, oltre a cio, Lucullo aveva anche un singolare gusto
delia lettura di libri a proposito dei quali sentiva fare dibattiti.
5 Eppure di tanto in tanto mi prende il timore che, mentre
ho intenzione di dare maggior rilievo alia gloria di siffatti per-
sonaggi, iola vada, invece, sminuendo. C'e, infatti, malta gente
che non ama affatto la cultura greca, ce n'e malta di piu che
non ama la filosofia, mentre gli altri, pur non riprovando questi
studi, non ritengono che sia una cosa tanto onorevole il fatto
che se ne occupino i piu eminenti uomini politici. l\la io so che
Marco Catone impare durante la vecchiaia la lingua greca e le
storie ci tramandano che Panezio fu il solo ad accompagnare
Publio Africano in quella famosa ambasceria che quest'ultimo
d.iresse prima deHa censura 7 ; percio non ho bisogno di ricercare

7• Per questa celebre ispezione deii'Africano }linore in Egitto e in Asia


cfr. lusnN. XXXVIII. 6; C1c. De rep. III, 47; VI. 11; PLUT.\RCH. Apophlhlgrtt··
2oof. Fecero parte dell'ambasceria. a.nche Sp. Mummio c L. Metello.

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GLI u ACADEMICA D DI CICERONE 453

alcun altro autorevole difensore della cultura ellenica e della


filosofia.
:Mi rimane solo da dare una risposta a quanti vorrebbero 6
chc pcrsonaggi cosi importanti non venissero presentati carne
impegnati in discorsi siffatti. Quasi che i convegni degli uomini
ilhtstri dovessero o essere silenziosi o limitarsi a conversazioni
sclwrzose ed a colloqui su argomcnti piu leggeril In verita,
se si tiene presente l'elogio della filosofia che io ho fatto in un
certo mio libro 8 , senza dubbio l'occuparsi di questa ecasa
ben degna di un uomo eccellente e ragguardevole.
La sola cosa da cui dobbiamo guardarci noi altri, che il
popolo romana elevo a gradi cosi alti, e quella di togliere qual-
cosa alia nostra atth.ita pubblica a causa dei nostri studi privati.
Che, se io, modestamente, quando dovevo svolgere un pubblico
mandato, non solo ho espletato pienamente il rnio impegno
senza astenermi dalie assemblee popolari, ma non ho scritto
neanche una lettcra dell'alfabeto che non riguardasse i pub-
blici afiari, ehi potrâ. biasimare il rnio K ozia », ossia l'attivitâ.
intellettuale di un uomo che non solo non intende arrugginirsi
dentro ed appassire, ma si sforza eli arrecare giovamento anche
a quante pii.t persone sia possibile? Credo, invece, che non solo
non si sminuisca, ma che addirittura si accresca la gloria di quelli
ai cui meriti, gia ufficialmente apprezzati dal popolo, aggiun-
f,.-jamo anche questi altri, che sono meno noti e meno diffusi.
Ke mancano, poi, certuni i quali sostengono che quei per- 7
sonaggi che discutono nei miei libri non ebbero competenza
degli argomenti su cui io li faccio discutere. Mi sembra, pero,
che codesta gente sia astiosa non solo con i vivi, ma anche con
i ddunti!
_ C' e, infine, anche un tipo di persone che sono pronte a m
npren<lermi: quelli che non approvano il metodo dell' Acca-
d:mia. 1\Ia di cio io sarei molto piu afflitto, se qualcuno fosse
disposto ad approvare un qualche altro indirizzo filosofica oltre
~uello che lui stesso segue. Noi, pero, avendo l'abitudine eli dire
tl punto di vîsta che ci sembra opportuno contra quanti cre-
dona di sapere, non ci esimiamo daU 'accettare chc altri non
siano d'accordo con noi. Quantunque. a dire il vero, la nostra

8. Allu:;ion., all'Horl<ll.>ius.

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454 GLI « ACADE:!IliCA n Dl CICERONE

causa puo essere facilmente difesa, dal momento che vogliamo


scoprire una verita che sia incontrovertibile e la ricerchiamo
con sommo e appassionato impegno! Difatti, sebbene ogni sforzo
conoscitivo sia ostruito da molte difficolta e sebbene si anni-
dino nella realta stessa tanta oscurita e nei nostri giudizi tanta
debolezza da far perdere bene a ragione ai pii:t antichi e dotti
filosofi la fiduda di scoprire l'oggetto dei loro desideri, tuttavia
ne quelli si perdettero d'animo ne noi perderemo, per stan-
chezza, lo zelo delia ricerca. E le nostre discussioni, fondate
sul dire e sull'ascoltare ''il pro e il contra ''• non fanno altro
se non estrarre - anzi direi farc sprizzar fuori - un qualcosa
che o e vero o si accosta al vero il pii:t strettarncnte possibile.
8 E tra noi e quelli che credono di sapere non c' e altra differenza
tranne questa: che cssi non dubitano delia veracita delle tesi
da loro patrocinate, mcntre noi riteniamo « probabili » molte
case cui possiamo agevolmente attenerci, ma che a malapena
riusciamo ad affermare. Inoltre noi siarno anche pii:t liberi e
disciolti per il fatto che conserviamo intatta la facolta del
giudizio e non siamo astrctti da alcuna necessita a difendere
tutto quello che ci viene prescritto e, per cosi dire, imposto.
Tutti gli altri, infatti, sono in prima luogo vincolati da un
obbligo gia prima di aver la possibilita di giudicare quale sia
il parti ta rnigliore; di poi, in un'eta ancora molto instabile della.
loro esistenza, cssi, o mettendosi al seguito di un qualche amico
o attratti esclusivamente dai discorso del prima che a loro il
capitato di ascoltare, spiattellano il loro giudizio su cose che
ignorano, ed a qualunque corrente filosofica siano stati sospinti
come da una tempesta, vi si attaccano carne ad uno scoglio.
9 Ed io sarei pure disposto a dare la mia approvazione, quando
essi dicono di affidarsi completamente a colui che giudicano
essere stato sapiente, se questa affermazione la facessero per-:
sone inesperte ed ignoranti {difatti sembra spettare massima-
rnente al sapiente il compito di stabilire ehi sia il sapiente) ';
ma, dopo aver udito alla mcn pcggio ogni cosa e dopo aver cono-
sciuto anche i pareri degli altri, si sono messi a trinciare giudizi
o, pcggio, per aver ascoltato soltanto una voita l'esposizione di

9· L'esprcssiont> c di origine senofaoca (cfr. Droc:. LAERT. IX, 20) o risale


addirittura ad Anacarsi (cfr. ibidem 1, IOJ).

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GU « ACADEMICA 11 Dl CICERONE 455

un problema, si sono affidati all'autorita di uno solo. Ma - non


50 come - i piil preferiscono sbagliare e difendere con la massima
ostinazionc quel parere al quale si sono affezionati, anzich6
sdncolarsi dalla cocciutaggine e mettersi alla ricerca di quella
dottrina che venga esposta con la massima coerenza 10•
Su questi argomenti ho fatto spcsso, anche in altre occa-
sioni, molte indagini e discussioni, e una voita anche nella
vilh di Ortensio situata nei pressi di Bacoli, quando ci recammo
coHL Catulo 11 , Lucullo ed io all'indomani del nostro soggiorno
presso Ca tulo. Anzi vi giungemmo un po' prestino, perche
s'cra dcciso che, se ci fosse stato vento favorevole, ci saremmo
rccati per mare, Lucullo nella sua villa di Napoli ed io nella
mia fli Pompei.
Oopo aver fatto poche chiacchiere sotto il portico coperta,
ci ponemmo a sedere propria li, nel recinto.
A questo punto Catulo comincio a dire: u Sebbene ieri sia tv, Io
stato quasi completamente esaurito tutto il tema delia nostra
indagine, fino al punto che la questione sembra essere stata
svi~ct>rata nclla sua interezza, tuttavia, o Lucullo, resta in
attcsa di quanto tu avevi promesso di riferirci per averlo sentito
din· da Antioco "·
<< Per la verita - interloqui Ortensio - ho fatto piu di quanto

avrei voluto, giacche, o Catulo, sarebbe stato opportuno riser-


vare a Lucullo l'intera faccenda ancora intatta. E tuttavia
gli e sta ta riservata, forse! Io, infatti, ho detto quello che era
a portata di mano; ma da Lucullo pretendo sapere piu riposti
segreti n.
Allora intcrvenne Lucullo: «La tua attesa non mi turba
un bel niente, quantunque non ci sia nulla di tanto impiccioso
per ehi voglia risultare gradito; ma, poichc non mi do pena
dell'efficacia o mena con la quale riusciro a provare le mie
affem1azioni, proprio per questo ne provo minor turbamento.
Addurro, infatti, argomcntazioni che non sono mie personali e
che non sono tali che in esse - nel caso che non approderanno

10· E, qucsto, un moda neo-accademico di intendere il mita platonic:o


de Il a c:n-crn a.
Ce 11 · ~- L_utazio Catulo (I2a·6I a. C.) fu amice ~i Cic_erone e avversario di
sare, da)Ul accusato nel 63 a. C. A lut Ctccrone mtttolo 11 pt:nluto A&ad,•mi&us
P"""H (cfr. REm, pp, 39--46).

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GLI u ACADEMICA Il Dl CICERONE

a nulla - non preferirei esser vinto anziche vincitore. Ma, per


Ercole, sebbene la causa da me patrocinata sia rimasta in bilico,
almeno per ora, dopo il dibattito di ieri, mi scmbra, comunque,
che essa sia molto corretta. ~H comportero, quindi, come si
comportava Antioco. E si tratta di una cosa che riusciro a fare
molto bene, giacche lo ascoltavo con anima assolutamente
libera e con grande attenzione, e anche parecchie volte sul me-
desimo terna, e cosi suscitero su di me un'attesa anche maggiore
di quella che poc'anzi sia stata suscita ta ad opera di Ortensio 11,
Questo fu il suo preambolo; e noi, perei<), ci disponemmo
ad ascoltarlo con la massima attenzione.
11 E lui: « Per tutta il tempo in cui ero ad Alessandria in
qualita di questore - continuo - Antioco rimase con rne; e gia
da un pezzo si travava ad Alessandria un arnico di Antioco,
Eraclito di Tira 12 , che per molti anni era stato allievo di Cli-
tomaco e di Filone. Era, questo Eraclito, una persona motto
provetta in codesto indirizzo filosofica che, dopo essere stato
quasi accantonato, sta ora ritornanda in auge, e piu di una voita
ia ha assistito ai suoi dibattiti con Antioco. Entrambi, pero,
discutevano con anima disteso; eppure, a dire il vero. codesti
due libri di Filone 13, di cui ieri ha parlato Catulo, propria
allora erana stati portati ad Alessandria ed erano capitati per
la prima voita nelle mani di An ti aco: cio nonostante, quel-
l'uomo dai ternperamento tanto pacato (niente poteva essere
piu mite di lui) comincio a dar segni di stizza. Me ne stupivo:
prima di allora non lo avevo mai visto cosi. E lui. supplicando
vivamente la memoria di Eraclito, gli domandava se quella
robaccia gli sembrasse appartenere a Filone c se egli l'avesse
mai ascoltata vuoi da Filone vuoi da qualche Accadernico.
Eraclito rispondeva eli na, ma tuttavia la riconosceva carne
scritta da Filone: e su questo non potevano sorgere dubbi, .
perche erano pre.-;enti due persone molto colte, miei amici.
Publio e Caio Selio e, per giunta, Tetrilio Rogo 14, i quali affer-
mavano di aver udita quelle case a Roma dalie labbra di Filone

I2. Discl"polo di Clitomaco c scguace di Filone nella polemica contro An-


tioco.
IJ. In qucst'opera, di cui ignoriamo il titolo, Fil011e tl.ifendeva il proba·
bilismo di Carneatl.e con maggiore intransigenza di quanto avc~e fatto pre-
cedentemente.
14. Dei due Scli non sappiamo nulla; per Rogo cfr. C1c. Ad Jam. V li, 12·

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GU u ACADEMICA li DI CICERONE 457

e che avevano ricopiato quei due libri dal manoscritto auto-


grafo. Allora Antioco venne a quelle espressioni che ieri Catulo 12
;icordo essere state usate gia da suo padre nei riguardi di Filone,
e ne aggiunse anche molte altre; n~ si trattenne dal pubblicare
contro il suo maestro il libro intitolato Soso 15 • In quella cir-
c:ostanza, dunque, poich~ ascoltavo con vivo interesse le disser-
taz:ioni di Eraclito contro Antioco e, parimenti, quelle di An-
tiocn contra gli Accaclemici, mi attaccai ad Antioco con mag-
giore assiduita per acclarare da lui stesso l'intero stato delia
questione. Cosi, per parecchi giorni, invitammo Eraclito e nu-
merosi uomini cli cultura, trai quali Aristo 16 , fratello eli Antioco,
e inoltre Aristone 1; e Diane 18, clei quali egli, dopo sua fratello,
faceva grancle stima, e trascorremmo lungo tempo in que~
st'unico dibattito.
~Ia. bisogna tralasciare quella parte che era rivolta contra
Filone: infatti e un avversario mena pericoloso ehi sostiene che
gli Accademici non hanno fatto quelle affermazioni che solo
recentemente sono state patrocinate: e, senza clubbio, costui
un bugiardo, ma un avversario che fa minor paura. Veniamo,
invece, ad Arcesilao ed a Cameade » 19•
Dopo aver prccisato do, riprese a parlare cosi: « Anzitutto vr 13
mi parc che voi (e faceva espressamente il mio nome), quando
chiamate in causa i "fisici" antichi 20 , vi comportiate alia
maniera consucta clei cittadini rivoltosi allorquando tirana in
ballo certi uomini illustri del passato e li chiamano amici del
popolo per dare a vedere di essere anch'essi simili a quelli. Si

15. D"l nnmc di un filosofa campabiota di Antillca e sua amica che, farse,
~ra passato tlaii"Accademia alia Stoa.
16. Fu maestro di Bruto ad Atcne (cfr. Cre. Varro Il I, 12).
17. Aristonc di Alcssandria, amico di Andronico di Rodi, fu studioso w
logica c commento le Caft!goric c. farse, gli A 11alitici Primi di Aristatelc {cir.
llroc. LAF.RT. VII, r6 4 ).
1~. Dione di Alcssandria sembra tssere stato. al pari t..li Aristone, un peri·
patehcu: mori avvelenato da Tolomeo Aul~te. di cui era stato accusatore presso
li scn,.to romano (cir. Ctc. Pro Catlio XXI, 51).
1 9· Poicbc Filonc cercava di ricontlurre, con un certa edettismo, 1' Ac·
catlemia ~UO\"a a quella Antica c in tai motlo spiana\'a gia la \'ia aiia piu dam-
mattca .riforma di Antioco, giustamr:-nte Lucullo preferisce csaminarc diretta-
num~e ti pensieru di Arcesilao c di Carneade. che furono molto piu intransi·
gcntt verso ogni compromesso col rlommatismo .
• 20 • 1 Filuniani non si )asciavano sfuggire ogni occasionc per mettere in
~~·ttlenza i lati scctticheg!lianti dei Presocratici (cfr. C1c. r·arro XII, 44). Cosi
t tarcbberc. comportati ancbe, pur cou maggior senso critica, i ;:\eo-pirroniani
c r. SE::n. E~!P. Pyrrh. hyp. 1, zto segg.; Adu. log. I, 48 segg.).

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GLI « ACADEMICA ,, DI CICERONE

rifanno, ad escrnpio, a Publio Valerio, che fu console nel prima


anno dopo la cacciata dei re, vanno ricordando quanti altri,
durante il loro consolato, prornulgarono leggi democratiche in
merita all'appello al popolo; quindi passano a codesti che sono
noti, a Caio Flaminio, che, in qualita di tribuna delia plebe e
contro la volonta del scnato, propose una legge agraria alcuni
anni prima delia seconda guerra punica e poi fu eletto console
due volte, passano a Lucio Cassio, a Quinto Pornpeo. E sogliono
annoverare nel medesimo gruppo anche Publio Africano; asse~
riscono pure cbe due uoinini molto saggi ed illustri, Publio
Crasso e Publio Scevola - il prima apertamente, come si puo
vedere, e il secondo piii di nascosto, comc essi suppongono -
fossero sostenitori delle leggi di Tiberio Gracco. Vi aggiungono
anche Caio :Maria, e su quest'ultimo non dicono affatto una
bugia. Dopo aver fatto il nome di tutti questi grandi uOinini,
14 professano di seguirne l'indirizzo politica. Allo stesso moda voi.
con l'intento di imbrogliare le acque di una filosofia ormai
ben consolidata, carne quelli imbrogliarono le acque della po-
litica, tirate in ballo Empedocle, Anassagora, Democrito, Par·
rnenide, Senofane e, persino, Platane e Socrate. Ma ne Satur-
nino -per fare, a preferenza di ogni altro, il nome di un nostro
ncmico - ebbe nulla in comune con quei grandi del passato,
ne Ia rnaliziosita di un Arcesilao va paragonata al pudore di
un Democrito. E tuttavia codcsti " fisici " solo di rada, quando
si trovano impigliati in qualche problema, esclamano, quasi
usciti di mente (Ernpedocle, almeno, fino al punto da sem-
brare un forsennatol) che tutte le case sono celate, cbe noi
nulla sappiamo, nulla distinguiamo, nulla possiarno conoscere
nclla sua essenza reale; invece a me sembra che, il piu delle
volte, tutti costoro si espongano fin troppo a fare asscrzioni
ed a professare di sapere piu di cio che realmente sanno 11•
rs Cbe, se essi \-issero all'alba dclla riccrca filosofica ed ebbero
a quel tempo esitazione in questioni affrontate allora per la
prima voita, dobbiamo farse ritenere che nessun problema sia
stato risolto nel corso di tanti secoli da intelletti cosl elevati
e con indagini tanto accurate? E non e farse vero cbe, quando

21. Anzi appuoto per qucsto loro prim.iti"·o ed ingenuo dommatismo erano
stati criticati gia da Platone e da Arbtotcle.

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GLl a AC!I.DEIIIICA 11 Dl CICERONE 459

0 nnai le piu importanti dottrine filosofi.che si erano consolidate,


allo stesso moda in cui Tiberio Gracco sorse a sconvolgere la.
tranquillita di una repubblica che funzionava benissimo, cosi
~i lcvo Arcesilao ad abbattere una :filosofia ormai solidificata
e1l a camuffarsi sotto l'autorita di quelli chc avevano detto
nnlla potersi conoscerc o pcrcepire?
Ma dal novero di questi ultimi bisogna togliere sia Platane
,;ia Socrate: l'uno, infatti, lascio un compiuto sistema filoso-
Jico - ossia quello dei Peripatetici e degli Accademici, che diffe-
riscono tra Iora per il nome, ma sono d'accordo sui contenuti
n·ali e dai quali gli Stoici stessi hanno dissentito piu a parole
chc nel moda di pensare -; Socrate, invece, nel vivo della di-
scussionc toglieva a se stesso e dava di piu a quelli che voleva
eonfutare; e cosi, poiche egli diceva una casa e ne pensava
un'altra, era solito praticare volentieri quella dissimulazione
cltc i Greci chiamano " ironia" e che Fannio 2 ~ sostiene che
fos!;e una caratteristica anche dell'Africano, un uomo in cui essa
non andava biasimata, per il semplice fatto che era identica a
qnella di Sacrate.
Ammettiamo pure, se cosi volcte, che quelle antiche dat- vr, 16
trinc siano rimaste per noi un'incognita: ma, allora, non si e
fatto propria nulla, con tante indagini, dopo che Arcesilao,
come si crede, nel rinfacciare a Zenone che costui non faceva
alcuna scoperta nuova ma si limitava ad emendare i pensatori
precedenti con sernplici modifiche terminologiche 23, tenta di
far calare le tenebre su case abbastanza chiare per rnettere in
bilico le conclusioni di quello?
11 metoda di Arcesilao - all'inizio non molto bene accolto,
qnantunque egli brillasse per acutezza d'ingegno e per una
straordinaria grazia esprcssiva- fu conservata, imrnediatamente
dopo di lui, dal solo Lacide, ma fu poi perfezionato da Car·
neade. Questi e stato il quarto scalarea a partire da Arcesilao:
fn, infatti, allievo di Egesino, chc era stato allievo di Evandro,
discepolo di Lacidc, come Lacide lo era stato di Arcesilao.

~~. C. Fannio Strabone (Il sec. a. C.) fecc parte del circolo dcgli Scipioni
" fu autnre di Anna/es (cfr. C1c. llwt. XXI, llt; Ad Aft. XII, 5. 3).
. ~3. Erroneamentc Lucullo attribuiscc gia ad Arcesilao qucllo che era,
ln\·.ccc, un pensieru di A.ntioco, ossia la sostanziale dipendenza dcllc dottrinc
Sto•chc daU' Accademia Antica.

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GLI "ACADEMICA 11 Dl CICERONE

Ma fu propria Cameade che tenne la direzionc per molto tempo,


giacche visse novant'anni, e i suoi allievi mieterono grande
successo. Fra loro il piil operoso fu Clitomaco (ce lo mostra il
grande numero dei suoi libri), ma non minori doti d'ingegno
ebbe Agnone ~4, non minori doti oratorle Carmada 2ii, non mi-
nori attrattive :\lelanzio da Rodi 26 ; si riteneva, inoltre, che
avesse una buona conoscenza del pensiero di Cameade Me-
17 trodoro di Stratonica 27 • Per molti anni il vostro Filone si
dedico a Clitomaco e, finche Filone fu vivo, all'Accademia non
manco mai ehi la difendesse.
Ma cio che noi adesso ci accingiamo a fare - ossia ad aprire
un dibattito contra l'Accademia - alcuni filosofi 28, e per giunta
non mediocri, reputarono che non si dovesse proprio fare: essi
non stimavano che fossc segno di intelligenza mettersi a cliseu-
tere con persone che non ammettono niente, e rimproveravano
lo stoico Antipatro perche si era immerso in questa discussione;
e sostenevano che non c' e necessita di dare una definizione al
concetto eli " conoscenza" o di '' percezione" o, volendo usare
una traduzione letterale, di " comprensione ", che quelli chia-
mano xoc-r&i.:ljytc;; e affermavano che quanti volevano persuadere
che c'e qualcosa di comprensibile e di percettibile lo facevano
in maniera incosciente, perche non c'e nulla che sia piu chiaro
dell'&"lipye:t~, come la chiamano i Greci (noi chiamiamola, se
vi piace, " perspicuita " o " evidenza ", e mettiamoci pure a
fabbricare vocaboli, se ce ne sara bisogno, perche costui - e
faceva il mio nome scherzosamente - non creda di averne il
pennesso esclusivamente lui); comunque sia, essi ritenevano
che non e possibile trovare alcun discorso che sia pii.t palese
dell'evidenza, ed erano del parere che non fosse il caso di dare
una definizione a cose che fossero tanto chiare. Altri, invece,

24. Autore, fra l'altro, di un trattato controla retorica (dr. QUINT. I, 15:
ATHEN. XIII. 6o2c). 11 Reid iuvecc di Agnone riporta Eschine, che fu allievo
di :'llelanzio (cfr. Droc. L.\ERT. 11, q).
25. Per questo originale intcrprete de! Carneadismo cfr. (Ic. D~ Dr. II,
LXXXVIII: Tuse. I, XXV. 59·
26. Cfr. Drac. LAERT. Il, 64.
27. A lui risale un'intcrpretazione mena intransigente de! Carneadismo
e un'apcrtura \'crso quclle chc saranno le po!lizioni di Filonc.
28. Si tratta di Stoici intransigenti, i quali ritcnevano " co~a non solo
molto iufelice, ma anchc molto sciocca venire ai ferri carti e battagliare con
gen te cattiva e disperata [ossia gli Scettici] • (No:sn::s p. 65, Frg IZ u terlio
libro .4 cad.).

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GLI 11 ACADEMICA 1 DI CICERONE

affennavano che non sarebbero stati mai i primi a dir nulla


in difesa di questa " evidenza ", ma ritenevano che si dovesse
pur dare una risposta alle argomentazioni eventualmente addotte
contra di essa, al solo scopo di evitare che alcuni si lasciassero
t rarre in inganno. I piu, tuttavia, non respingono le definizioni 18
anchc delle stesse cose evidenti e reputano che si tratti di un
argomento su cui valga la pena di discutere e che quei signori
meritino di essere ammessi al dibattito.
Filone, invece, nel tentativa di aprire nuove prospettive al
problema, poiche ce la faceva a stento ad affrontare le obie-
zioni addotte contra l'ostinatezza degli Accademici, non solo
dice bugie palesi, carne gli e stato rinfacciato da Catulo padre 29,
ma, come ha mostrato Antioco, si e andato ad impaniare propria
in quelle aporie che avrebbe voluto scansare.
Cos} egli sosteneva che non c'e niente cbe si possa com-
prenderc (in questo moda intendiamo tradurre il temnne
ocx-x't'!l/.:tpno>J), se una rappresentazione [vist~m] (giâ. nella con-
vcrsazione di ieri abbiamo usato a iosa questo vocabolo al posto
del termine q~ct>J't'ctatiX) ha quella qualita che Zenone le assegna
nel clarne la definizione - una rappresentazione, dunque, im-
prcssa e formata dall'oggetto da cui proviene, quale non po-
trebbe mai essere impressa e formata da un oggetto da cui non
prnvrnisse 30 (e noi diciamo che questa definizione data da
Z(·none e molto corretta, giacche un qualcosa che fosse tale
da poter cssere anche falso non potrebbe mai essere compreso
fina al punto che noi possiamo nutrire la fiducia di averlo capita
o conosciuto) -. l\la quando Filone mctte in bilico oppure eli-
mina tutto cio, viene ad elinrinare il giudizio dell'ignoto e del
nnto; dal che "\-iene a risul tare che ruente puo essere compreso.
Cosi, senza aver provato tutto questo, viene risospinto la dove
non vorrebbe affatto 31,
Ecco, allora, perche noi intraprendiarno tutto un discorso
cont ro l' Accademia, allo scopo di preservare quella definizione

19. Cir. IV, !.!.


30: Per C)Ut'sta defi.nizione, risult.a.nte da tutto un Iaborioso pensamento
~- cc.ntmuamente emendata dagli Stoici, cfr. DJoG. LAERT. VI[, 50 e SEXT.
~MP. l'yrrh. hyp. Il, 4; Adu. log. I, 248.
JI. Ossia alia soppressione delia verita e alia negazionc non solo stoica,
l~a anche assoluta delia comprcnsione: cosa che era contraria ali 'int~nzionc
d 1 Filone.

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GLI tt ACADEMICA D Dl CICERONE

che Filone ebbe la pretesa eli abbattere: e se non riusciamo a


conservarla, ci rassegniarno ad ammettere che niente puo e5sere
percepito.
vn, 19 Orbene: corninciamo dai sensi. Questi ci danno giudizi
cosi chlari e certi che la nostra natura, se avesse facolta di
sceglicre e se un dio, tra l'altro, le ponesse !'alternativa di
appagarsi dei suoi sensi intcgri e incorrotti oppure di pretendere
qualcosa di meglio, non vedrei cosa abbia a chiedere di piu.
E non dovete aspettarvi, a questo punto, che io dia una risposta
a proposito del remo spezzato o dcl colio della colomba: io non
sono uno che arrivi al punto di affermare chc tutto quello
che appare e tale quale esso appare: si occupi Epicuro se di
questa faccenda, e di molte altre! A parer mio, invece, nei
sensi e gia immanente la massima verita, a patto che essi siano
sani e validi e si rimuovano tutti gli ostacoli e gli impacei. Ecco
perche noi vogliamo che cambi spesso la posizione delia luce
e degli oggetti da noi giudicati e accordarno o allunghiamo le
distanr.e e facciamo molte opcrazioni finche lo stesso organo
visivo ci fa fede del propria giudizio. La medesima cosa si
riscontra nel suono, nell'odore, nel sapore, di guisa che non c·e
ncssuno di noi che senta, nei propri sensi, la mancanza di un
giudizio pii1 acuto su ogni sorta di cose.
20 Quando, poi, facciamo uso dell'esperienza e dell'arte affinche,
ad esempio, i nostri occhi siano attirati da una pittura o le nostre
e
orecchie dalla musica, non c' nessuno che non distingua n
grande potere che i sensi hanno. Quanti particolari riescono
a vedere i pittori nei punti ombreggiati e in quelli prominenti,
mentre noi non li vediarno! Quante battute musicali che sfug-
gono a noi, le ascoltano quelli che sono provetti in quest'attivita
artistica, essi che, al prima soffio del flautista, dicono che si
tratta dell'Antiopc as o deli'Andromaca 3", mentre noi non lo.
sospettiamo neppure! Non c il caso di parlare del gusto e del-
l'olfatto, in cui si riscontra un'intelligenza che e, si, un po'
perversa, ma che e pure qualcosa. Chc dire, poi, del tatto, spe-

;12. Per questa posizione epicurca cfr. Cre. D& divi11. II, L, 103. Per la.
corrctta sensazione cfr. SEXT. Em•. Adt•. log. I, 258.
33· Tragedia di PaCU\'ÎO (dr. C1c. De divi11. Il, LXIV, 133; D~ or. II.
255).
34· Tragedia di Eunio.

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GJ.l « ACADEMICA » DI ClCERONE

ciahnen te di quello che i filosofi ehi am ano " interna " e che
ci fa provare o dolore o piacere e nel quale, secondo i Cire-
11aici 35 , e riposta il giudizio di verita, per il fatto che quest'ul-
tilllO viene sensibilizzato? (E c'e qualcuno il quale possa asse-
rire non esservi alcuna differenza tra ehi sta soffrendo e ehi
sta godendo? O non piuttosto ehi cosi la pensasse sarebbe
manifestamente folie?) E alle qualita degli oggetti che noi 2 r
diciamo essere percepite per mezzo dei sensi, seguono corri-
spettivamente quelle case che non diciamo essere percepite per
rnezzo dei sensi, ma, per cosi dire, con l'ausilio di questi ultimi,
come avviene nelle seguenti espressioni: .. Questo e bianco,
qucsto e dolce, quello e armonioso, quell'altro e profumato,
quell'a.ltro ancora e ruvido ". Ormai noi conseguiamo la com-
prensione eli queste case per mezzo dell'anima e non dei sensi.
e
\'t>ngono, pai, le espressioni: "Questo un cavallo, quest'altro
e un cane ". Pai viene ancora una serie pili complessa di cose,
come le espressioni seguenti, che abbracciano quasi al com-
pleto la comprensione della realta: "Se e uomo, e animale
mortale partecipe di ragione ". Di questo genere fanno parte
quei concetti delle cose che sono in1pressi in noi e senza cui
c impossibile comprendere o ricercare o abbattere cosa alcuna.
Che, se i concetti fossero falsi (sembrava, invero, che tu dessi 22
l'appellativo di " concetto" [no#tia] alle Evvot~n) -, se, ripeto,
essi fossero falsi oppure fossero impressi in noi da rappresen-
ta;r,ioni in una maniera tale che le rappresentazioni vere non
potrcbbero essere distinte da quelle false, carne faremmo, in
fin dei conti, a servircene e carne faremmo, poi, a vedere casa
e conforme a ciascun oggetto e casa gli e disforme? Certamente
non venebbe lasciato alcun ruolo alia memoria, la quale rac-
chiude implicitamente in se non soltanto la filosofia, ma ogni
esperienza della vita e, in moda peculiare, ogni arte. Quale
memoria vi potrebbe essere, infatti. delle cose false, oppure
che cosa mai qualcuno potrebbe ricordare, senza averne com-
prensione e senza preservarla nell'anima? E vi potrebbe essere
una qualche arte che non risultasse non da una o due, bensi
da molte percezioni dcll'anima? E se tu eliminerai l'arte, come

Jj. Cfr. SEXT. E~IP. Adu. log. I. 161. Osscrva il Reid (a<f hoc) • With the
Cyrcnaics the :-:ci.So; of the miml was the sale test of truth •.

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GLI n ACADEMICA n Dl CICERONE

farai a distinguere !'artista dall'inesperto? Non, dunque, a


casaccio noi diciamo che questi e un artista e che quest'altro
non lo e, ma facciamo questa distinzione quando l'uno dei due
fa tesoro di rappresentazioni comprensive, mentre l'altro no.
E se noi teniamo presente che, fra le arti, c' e una specie che
e in grado di ricordare esclusivamente con }'anima e c'e un'altra
specie che modella e crea un qualche oggetto, in che modo,
allora, il geometra potrebbe osservare quelle cose cbe o non
esistono o non possono essere distinte dalie false, ovvero in
che modo il citaredo potrebbe rispettare i ritmi e comporre
versi? La stessa cosa si riscontra anche in tutte le arti simili
che vengono eseguite merce un'esccuzione o un lavoro ma·
nuale. Infatti qualc produzione artistica si potrcbbe avere senza
chc }'artista abbia avuto molte percezioni nell'ambito delia
propria arte?
\'III, 23 Soprattutto il concetto di virtu e quelio che convalida la
possibilita di avere una rappresentazione comprensiva di molti
concetti particolari. E solo in questi ultimi noi diciamo cbe
risiede la scienza, che non solo identifichiamo con la compren-
sione deUa realta, ma reputiamo anche stabile e non soggetta
a mutazione, e la stessa casa noi pensiamo delia saggezza, vale
a dire dell' "arte delia vita" 38, la quale sa trovare in se stessa.
la propria consistenza. Qualora, pero, questa consistenza non
si fondi su alcuna percezione o su alcun concetto, io mi cbiedo
da dove e in che moda sia potuta sgorgare. E mi domando
anche il motivo per cui quell'uomo buono che ba decisa di
sopportare ogni tortura o di essere straziato da un dolore in-
sopportabile piuttosto che venir mena al dovere o alia parola
data, abbia imposto a se stesso leggi cosi pesanti, dai momento
che egli non aveva nessuna comprensione, nessuna percezione,
nessuna cognizione che gli indicassero I'opportunita di questo .
suo comportamente. E, dunque, assolutamente impossibile cbe
uno abbia in tanta stima l'equita e la fede fino al punto da
non ricusare alcun supplizio allo scopo di conservarle, senza
aver conferita il propria assenso a cose che non possono essere
false.

36. Per una con(utazione !li questa conce7.ionc ctico-dommatica sostenuta


wprattutto dagli Stoici cfr. SEXT. EMP. PyTTh. l•YP· III. 188-zu; Adu. et/1.
173 segg.

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GLI 1t ACADEMICA » Dl CJCERONE

A dire il vero, la stessa saggezza, se non avra consapevolezza 24


di se mcdesima e se non sapra se essa stessa sia saggezza o meno,
come fara a conseguire per la prima volta il nome di saggezza?
E. poi, carne avra l'ardire di intraprendere una qualche azione
0 di compicrla con fiducia, quando non ci sara nulla di certa
cui tencr dietro? Quando essa mettera in dubbio quale sia il
sommo ed ultima bene, ignorando il fine al quale tutte le case
si riwnducono, carne patra cssere saggezza? Ed e anche ben
manifesta questo: che, cioe, e indispensabile stabilire un prin-
cipiu cui la saggezza debba attenersi nell'intraprendere qualche
azione e che questo principio sia conforme a natura. In altra
!!n1,:,a, infatti, non puo essere messo in moto l'appetito (cosi
n.gliarno rendere il termine op1.1:~). da cui siamo spinti all'azione
t" al dcsiderio di do che si e presentato al nostro sguardo. Ma 25

e indispensabile che quel principio motore si renda prima ma-


nifesta e riscuota la nostra fiducia: il che c impossibile, se la
rappresentazione che a noi si sia presentata non patra essere
distinta da quella falsa. Come mai, poi, l'anima potrebbe essere
indotta all'appetizione, qualora non si percepisse se la rappre-
scntazione e conforme alia natura o le e estranea? Allo stesso
modo, se non si prescnta all'anima quale sia il suo dovere, essa
non cornpirâ. affatto alcuna azione, non sara sospinta verso cosa
veruna, non si mctterâ. mai in moto. Ch~ se, di voita in voita,
cssa si accinge a compiere una qualche azione, e indispensabile
chc- le sembri vero cio che le si presenta dinanzi.
Ebbene? Dai momento che, se codeste vostre teorie sono 26
Yere. rimane soppressa ogni sorta di ragione, che e carne una
luce che illumina la vita, voi persisterete, nonostante tutto cio,
nella vostra perversione?
La ragione, che e produttrice di virtu, suol dare il via aUa
ricerca, quando da questa ricerca la ragione stessa abbia trovato
la propria con ferma: ed e ricerca il dcsiderio di conoscenza,
e<l e fine della ricerca la scoperta: ma nessuno considera una
scoperta le cose false, ne possono essere "scoperte" quelle
cose che rimangono incerte; si paria. ben si, di scoperta allor-
q_uando sono state aperte quelle case che precedentemente erano
nmas:te, per cosi dire, coperte da un velo. In tal modo la ragione
c?ntiene in se sia l'inizio dell'indagine sia il .fine delia perce-
ZlOne e delia comprensione. Pertanto, la dimostrazione del

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GLI « .-\CADE!IIICA » DI CICERO!I:E

nostro sillogismo -la quale con termine greco si chiama 1i1t68e:~~t~ _


viene cosi definita: " e ragione quella che da oggetti gia per-
cepiti ci porta a cio che non ancora era percepito" 37 •.
IX, 27 Ch~, se tutte le rappresentazioni fossero tali quali van di-
cendo costoro 38 - che, cioe, esse possono essere anche false e
che non c possibile distinguerle con nessun mezzo conoscitivo -,
come faremo a sostenere cbe qualcuno abbia fatto una dimo-
strazione ovvero una scoperta? O qualc prova ci sarebbe della
dimostrazione di un'argomentazione? Anzi la stessa filosofia,
che deve procedcre con metodo razionale, quale fine fara? E
che casa accadra della saggezza, la quale non deve mettere in
dubbio n6 se stessa ne i suoi " decreti " (che i filosofi chiamano
My{Lcx-:-ct), nessuno dei quali puo essere messo da parte senza
che si cada in colpa? Quando, infatti, si trascura un decreto
della saggezza, si viene a trascurare la stessa legge delia verita
e delia rettitudine. e da questa deficienza sogliono derivare atti
di tradimento nei riguardi dell'amicizia e dello Stato. Bisogna,
dunque, credere fer·mamente che nessun " decreto " del saggio
possa essere falso e che non basti che esso non sia falso, ma
esso deve essere anche stabile, fisso e sancito, talche nessun
ragionamento riesca a smuoverlo.
Ma e impossibile che questi decreti siano o appaiano tali,
se ci si attiene alla maniera di ragionare di coloro i quali so-
stengono che quelle rappresentazioni da cui tutti i decreti sono
scaturiti non differiscono per nulla dalie false.
28 Di qui e scaturita la richiesta avanzata ieri da Ortensio 119,
ossia che voi affenniate che almeno questo il saggio ha per-
cepito, cioe che niente puo essere percepito.
E Antipatro ~o appunto qucsta richiesta faceva nel soste-
nere - di fronte all'affermazione di Carneade circa l'impossi-
bilita di percepire cosa alcuna - chc e, comunque, coerente
affermare la possibilita di perccpire quell'unica cosa, pur am-

37. Per questa t.lefinizione, che Lucullo ovviamente dcsume dai SoSUS
<li Antioco, cfr. SEXT. E~IP. Adu. log. Il. 181, 314; l'ynh. hyp. II, 143; DioG.
LAI':RT. VII. 45: Ps.-PLAT. Drf. 41-1·
38. Ossia i Filoniani.
39· Net pcrduto Caiul,.s. Per la seguente obiczione antisccttica clr. Ssxl'.
EMP. PyrriJ. hyp. 1, 197 c soprattutto Adv. log. Il, z8t. . •
40. Cfr. Sioic. uel. frag. III, A ni. 21 Arnim. Per le controargomentaz10JJ1
carncadcc cfr. SEx·r. E~tP. Pyrrh. hyp. 1. 14; Ad1•. lc>g. II . .o~So-481; DJOG.
LAC:RT. IX. 7~. 75, 103. 104; SE.s. Ep. ad Luc. LXXXVIII, 45·

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GLI « .-\CADEMICA D DI CICERO:SE

messa l'impossibilita di percepirne alt re; ma Carneade gli si


opponeva con maggiore acutezza. Questi, infatti, sosteneva che
b richiesta di Antipatro non solo e lungi dal possedere una
coerenta logica, ma e, anzi, in pieno contrasta con questa.
Chi, infatti, nega l'esistenza di qualcosa che possa essere per-
ccpita. non ammette eccezione alcuna. Cosi, secondo Carneade,
~i an-iva necessariamente all'impossibilita di comprendere o
concrpire in alcun moda anche quella stessa casa che non co-
stituisce eccezione.
Contra qucsto punto pareva che Antioco accentuasse la sua 29
l'n'ssione. Gli Accademici - egli diceva -, poiche si attengono
a questo " dccreto" (vi state accorgendo che con questa parola
intt!ndo tradurre il termine ilOyfL::r.), ossia che " nulla puo essere
percepito '·, non dovrebbero essere titubanti anche in questa
lnro decisione come fanno con le altre, specialmente perche
in tssa tutto il loro pensiero trova consistenza. Difatti il prin-
cipio regolatore eli tutta quanta la filosofia e la determinazione
del vero e del falso, del nota e dell'ignoto. Dal momento che
essi accettano questo metoda e intendono mostrarci quali rap-
prcsentazioni bisogna accogliere e quali respingere, certamente
e~si a vranno dovuto percepire almeno questo '' decret o ", dai
quale provicne ogni giudizio del vero e del falso. Antioco soste-
l1f'Ya, infatti, chc i problemi delia filosofia sono due: il giu-
dizio di verita e il sommo bene, e che non puo essere saggio ehi
ignori l'csistenza o del principio delia conoscenza o dell'ultimo
termine dcll'appetizione, fina al punto da non sapere o da
dove egli stesso parta o dove debba approdare.
N'utrire dubbi su queste cose e non aver fiducia nella loro
inamovibilita significa - secondo Antioco - tenersi il piu lon-
tano possibile dalla filosofia. Ecco perche si sarebbe dovuto
pretenderc da loro che affermassero di aver percepito almeno
questo, ossia che nulla puo essere percepito.
1\la circa l'incoerenza di tutto il Iora modo di pensare - se
pur puo essere '' moda eli pensare '' quello di ehi non ammette
nulla - si ritenga, come io credo, che abbiamo discusso ab-
bastanza.
Segue ora un tema di dibattito chc e scnz'altro fccondo, x, 30
ma un po' piu astratto - esso prende lo spunto, in gran parte,
dai " fisici ", e quincli corre il rischio di dover concedert" piu

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GLI u ACAll!.:!ltiCA D Dl CICEROI\E

ampia liberta e licenza al mio contraddittore: prevedo gii,


infatti, il futuro comportamento, in merita a questioni riposte
ed oscure, da parte di ehi fa il tentativa di eliminare la lucel u -.
Eppure sarebbe stato possibile intavolare una sottile disqui-
sizione prima sul grande criterio artistica con cui la natura ha
prodotto ogni essere vivente e poi su quello con cui ha " fab-
bricato" l'uomo, sulla forza immanentc ai nostri sensi, sul
moda in cui noi subiamo i primi impulsi delle nostre rappre-
sentazioni; di poi si sarebbe potuto trattare dell'appetito pro-
vocata da queste e, infine, del modo in cui volgiamo i nostri
scnsi alia pcrcezione delia realta.
Persino l'intelletto, invero, che e la fante delia sensibilita
e che e, esso stesso, un senso, ha una forza naturale che esso
volge verso gli oggetti da cui e mosso. Esso, pertanto, si im-
possessa rapidamente di certe rappresentazioni e se ne serve
con immediatezza; altre, per cosi dire, se le tiene in serbo, e
da queste ultime nasce la memoria 42 ; tutte le altre, invece,
l'intelletto le coordina in base a somiglianze 43 , e da queste
ultime vengono prodotti i concetti [noHtiae] delle case, che i
Greci talora chiamano Evwmu, talora r.po!.~tjls:lc; '"· Quando a
queste tre specie di rappresentazione si aggiungono la ragione.
e la dimostrazione e una innumerevole moltitudine di altre cose,
allora risulta con evidenza la l>ercezione di tutte quelle rappre-
sentazioni. ela stessa ragione, perfezionatasi mere~ la gradualita
di queste acquisizioni, perviene alia sapienza.
31 Adunque, la mcnte umana ha la massima attitudine alia
conoscenza scientifica delia realta e alia coerenza nella con-
dotta delia vita, e riesce ad abbracciare pienamente la cono-
scenza c codesta Y..ct.':'lii."'J'-Ji~:; che noi chiameremo " compren-
sione " (carne ho detto 45 , facendone una traduzione letterale)

~ 1. Ossia l'<.>videnza (dr. Ctc. De 11at. <lror. 1, 6; SEXT. E)IP. Pyrrh. hyp.
1, :!0) .
.p. Cheo gli Stoici consitlera,·ano • te~oro delia rappresentazione • (dr.
SExr. E~tP. Adt•. /,,g. I. JiJl e alia quale gia Platone (PIJtU"d. g6h) e Aristotele
(Ali. Post. II. 19. 99 b .~6) avcvano conferito un importante ruulo gnoseologico-
43· Anchc gli Scettici e i ~l.-dici Empirici ammettevano il • pl\Ssaggio del
simil.- • (cfr. SEXT. E~tl'. Adi.'. eth. Z50 segg.),
H· 11 prima di questi du.- termini era preferito dagli Stoici. il secondo
dagli Epicurei. Secondo m<~lti studiosi, sopra.ttutto sccondo ~ladvig, Cicerone
sarebbe stato molto superficiale nell'accostamento dei due termini; ma una
efficace dilcsa de-ll"autore ~ stata fatta dai Rcid (pp. 213-4).
45· In VI, 17.

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GLI u ACADEMICA Q DI CICERONE

(' ne prova amare sia di per se stessa (niente, infatti. le e piu


"radcvole delia luce della verita) sia per l'uso che ne fa. Ap-
~unto per questo motiva si serve dei sensi e produce le arti
quasi carne secondi sensi e rinvigorisce la stcssa filosofia fina
al punto che quest'ultima, a sua voita, produce la virtu, dalla
quale soltanto dipende tutta quanta la nostra esistenza. Percio
quanti negano la possibilita che una qualche casa venga com-
J'rf'sa eliminano tutti questi strumenti e omamenti delia vita
(' pri\'ano di anima lo stesso essere vivente, sicch~ e difficile
stigmatizzare, carne meritano, la Iora leggerezza nella maniera
richicsta da una causa cosi importante.
:.la io non riesco a configurarmi con sufficiente precisione 32
qucllo che e il Iora disegno o il Iora volere. A volte, infatti,
quando noi facciamo Iora l'obiezione che, se sono vere le loro
discettazioni, tutta la realta rimane nell'incertczza, essi ri-
spondono: " E che ce ne importa? E farse col pa nostra? Accusa
la natura, che, carne afferma Democrito, ha somrnerso la verita
in un abisso profondo! " 48 • Invece con maggior raffinatezza
altri H, chc pur si lamentano del fatto che noi li accusiamo di
sostencrc l'inccrtezza di tutte le case, si sforzano di dimostrare
c di sottolineare la differenza che passa tra " incerta " e " im-
rercettibile ". Vediamocela, allora, con questi ultimi, che fanno
codeste distinzioni, e mettiamo invece da parte, carne gente
irrecuperabile, quelli che dicono che tutte le case sono incerte
allo stesso moda in cui e incerta se il numero delle stelle sia
pari o dispari. Essi pretendono infatti (e mi sono accorto che
voi altri vi lasciate adescare specialmente da eia) che ci sia
qualcosa eli " probabile ", e, dirci, di " somigliante al vero ",
e in tendono servirsene carne regola sia nella condotta della
vita sia nelle indagini e nelle discussioni.
:.Ja qua} e COdcsta " rego}a " de} Vero e de} fa}SO, SC OOÎ XI, 33
non abbiamo del vero e dcl falsa alcuna nozione che ci dia la
possibilita di distinguere tra loro queste due cose? Se, infatti,
noi possediamo questa " regola ", viene necessariamente a ri-
sultare la differenza carne tra il retto e il malvagio cogi tra il

~b. Cfr. V. q; I'a~ro XIl. 44; Dwc. LA.J;RT. IX, 7Z.


47· Allusionc ai Filoniani, che attenuavano la scepsi di Arcesilao e dello
stesso Carneade piuttosto con artificios."l circospezione che con autentica coe-
renza logica.

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GLI « AC:\DE~HCA » Dl ClCERO~E

vero e il falsa. Se non c'e alcuna differenza, non c'e alcuna


regola ed e impossibile che ehi accomuna la rappresentazione
del vero con quelia del falsa possegga un giudizio o, in genere,
un qualche contrassegno delia verita. Quando essi sostengono
di eliminare esclusivamcnte la possibilita che un qualcosa sia
vero fina al punto da non poter sembrare anche falsa e di am-
mettere, invece, tutto quanto il resta, fanno un discorso puerile.
Infatti, dopo aver soppresso il mezzo con cui sono giudicate
tuttc quante le cose, sostengono di non sopprimere il resto,
carne se uno, dopo aver accecato una persona, affermasse di
non averle tolto dinanzi gli oggetti che possono essere visti.
Come, infatti, quegli oggctti vcngono riconosciuti soltanto per
mezw degli occhi, cosi vengono riconosciute le altre cose per
mezzo delle rappresentazioni, ma e indispensabile l'ausilio di un
contrassegno che appartiene esclusivamente al vero e non e
affatto comune al vero e al falso. Ragion per cui, tanto se tu
tircrai in ballo una rappresentazione semplicemente "pro--
babile" quanto una che e "probabile e non impedita" come
voleva Carneade 48, quanto ancora una qualche altra casa cui
ti possa attenere, dovrai pur sempre far ricorso a quelia rappre-
34 sentazione di cui stiamo parlando "11 • E se questa avră. comu-
nanza col falso, non ci sara giudizio alcuno, poich~ cio-ch~e­
proprio non puo essere contraddistinto da un segno che sia
comune. Se, al contraria, non ci sara nulla di comune, allora ho
conseguito il mio scopo: infatti io sta cercando quello che a me
sembra cosi vero da non poter sembrare, nelio stesso tempo, falso.
In siffatto errore essi cascano quando, costretti dal grido
delia verita, vogliono distinguere tra oggetti " evidenti " e
oggetti " percepiti" e si sforzano di dimenticare l'esistenza di
qualcosa che e evidente, ma anch'esso imprcsso nell'anima e
nell'intellctto c che, tuttavia, non e suscettibile di essere per-.
cepito e compreso oo. Ma carne mai potrai dire che un oggetto
e evidentemente bianco, quando si puo dare il caso che sembri
bianco quello che c nero? O come mai faremo a dire che sono

48. Cna piu dettagliata nutizia su questa teoria carncadea delia rapp~
5entazione e in S~;XT. E~tl'. Pyrrh. hyp. l, 226-231 e Adt•. lag. I, t66-t89.
49· O::.sia alia pura rappre~entazione, che gi1L implica, secondo LucuUo-
Antioco. la netta distinzione de] vero dal fal!ilo.
50. Si esprime qui il tcntath·o di recupl'rarc l'idealismc:> platonica attra·
verso la teoria ştoica delia rappresentaziune.

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GLl n ACADE~IICA D Dl CICERONE 471

c\'idcnti o impresse con precisione codeste "nozioni ", quando


t~ incerta se noi ci si muova in modo confonne al vero oppure
a vuote illusioni? A queste condizioni non ci sono piu ne colore
J1e corpo ne verita ne argomentazioni probative ne sensazione

11 t; evidenza.
Er.co perche suole loro accadere, nella vita pratica, di tro- 35
varc ~empre alcuni che, per ogni loro affermazione, fanno Iora
J:1. rJomanda: " 1\-la almeno cades ta casa tu la percepisci? "
Essi, pero, prcndono in giro ehi pone tale domanda. Ne, a dire
il vero, gli oppositori li incalzano fina al punto da provare l'im-
po,;sibilita assoluta di fare una discussione o una qualsiasi af-
fc-nnazione senza possedere un qualche segno determinata e
peculiare di quella cosa cui ciascuno sostiene di dare il propria
hcneplacito.
Orbene: che vuol dire, allora, codesto vostro "probabile? " 35
E.sso e la casa piil leggera di tutte, se da confenna a cio che si
presenta immediatamente dinanzi a ciascuno e che alia prima
apparizione ha tutta la parvenza delia probabilita. Se, al con-
trarie, cssi affermeranno di attenersi alia rappresentazione fon-
dandosi su una certa circospezione e su un'accurata medita-
zinne, nonostante cio, non troveranno una via d'uscita, anzi-
tutto perche a quelle rappresentazioni che sono tra se stesse
indiffcrenziate tutti ugualmente negano la fiducia, e in secondo
luogo perche, siccome essi affermano che al saggio - con tutti
gli sforzi che cgli fa e con tutte le sue accuratissime cautele -
si puo presentare un qualche cosa che da una parte sembra
verosimile e dall'altra e molto lungi dai vero, non potranno
aver fiducia in se stessi, neppure nel casa che si accostino alia
nrita, come cssi dicono, " in gran parte" o " quanto piu
Yicino c pCJssibile ". 1nfatti, perche si possa nutrire questa
fiducia, dovra essere noto a Iora il contrasscgno delia verita;
ma se questo e oscuro ed c stato sopprcsso, quale vcrita, alia
fine dei conti, sembrera loro di attingere? Nessuna assurdita
piu grave si potrebbe sostenere di quando si fa un discorso
c~me questo: .. Questo e certamente il contrassegno o la prova
~1 quella data cosa, e percio io lo seguo, ma e possibile che
l oggetto significato o sia falso oppure non csista affatto " ii1 ,
5 r · Si tcnga presenle chc una critica radicale al concetto stoico di scgno
non ''ennc fatta e:r: projt•sso da Carncade. ma da Enesidemo e da Sesto Empirico.

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472 GLI u AC:\UE:>IICA u OI CICERONE

Ma fin qui basta per quanto concerne la percezione: se,


infatti, c'e qualcuno che intende mettere in bilico le mie pre-
cedenti affennazioni, la verita stessa avra facile gioco a difen-
dersi anche in mia assenza.
xu, 37 Dopo aver fatto sufficientemente le precedenti precisazioni,
faremo pochi rilievi sull'assenso e sull'approvazione, che i Greci
chiamano auyxtX-r&.lh(n;, non perche si tratti di un concetto
di scarsa iruportanza, ma perche poco fa ne abbiamo gia paste
le fondamenta.
Quando, infatti, abbiamo data 52 schiarimenti circa il potere
chc e immanente ai sensi, abbiamo aperta anche la via a que-
st'altra dimostrazione, ossia. che molte cose possono essere
comprese e percepite dai sensi: il che e impossibile, ove si
prescinda dall'assenso. Inoltre, se teniamo prescnte che la mas-
sirna differenza che intercorre tra l'inanimato e !'animale sta
nel fatto che l'animale compie una qualche azione (se non
agisse, sarebbe addirittura impossibile concepirlo nella sua
essenza), allora o bisogna togliere all'anima la sensibilita op-
pure bisogna ammettere quell'assenso che trovasi in nostro
pot ere.
38 A dire il vero, a quelli cui s'intenda negare la sensibilita
c l'assenso, vien tolta, in un certa qual moda, anche l'anima.
Carne, infatti, e inevitabile che un piatto delia bilancia si in-
ciini per la sovrapposizione dei pesi, cosi e inevitabile che
l'anima si arrenda di fronte all'evidenza. Difatti, come e im-
possibile che un qualche animale non appetisca cio che si rivela
conforme aUa sua natura (i Greci usano qui il tennine obu:!ov),
cosi e impossibile che l'anima non dia la sua approvazione
ad una casa evidente che le stia di fronte.
D'altronde, se e vero quello di cui abbiamo discusso 63, non
e affatto il caso di parlare dell'asscnso, giacche ehi ha una.
percezione lo da immediatamente. Ma e bene notare anche le
seguenti conseguenze: che, ove si prescinda dall'assenso, non
possono sussistere ne la memoria ne i concetti degli oggetti
ne le arti. E ehi non dara l'assenso ad alcuna cosa non possiede
neppure quella che e la prerogativa piu importante dell'uorno,

52.. In VI, 19 segg.


53· In particolare nci capp. VI-VII 1.

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GLI « ACADEMICA D Dl ClCERONE 473
o~sia quella di aver qualcosa in nostro potere M. Dov'e, allora, 39
la virtit, se nulla e riposta in noi stessi? La cosa pili assurda,
poi, sta nel riporre i vizi in nostro potcre e nel ritenere che
nessuno faccia il male senza assentirvi e nel non concedere,
invcce, questa stessa facolta alla virtix, la cui costanza e la cui
saldezza sono totalmente costituite da tutte quelle case cui
essa ha dato il sua assenso ela sua approvazione. Ed ~ senz'altro
necessario che noi abbiamo una qualche rappresentazione prima
di agire e che diamo l'assenso a quella eventuale rappresenta-
zione. Ragion per cui ehi elimina o la rappresentazione o l'as-
senso viene ad eliminare dalla vita ogni azione.
Vediamo adesso le obiezioni che di solito costoro sollevano xm, 4o
contra quanto abbiamo detto. Prima, pere), vi si da facolta
di riconosccre quasi le basi di tutto il lom modo di ragionare.
Orbene: in primo luogo essi imbastiscono un certo "si-
,;tcma " di quello che noi chiarniamo rappresentazioni e, usando
la medcsima terminologia· degli Stoici, defmiscono la loro es-
,;euza c le loro specie e la natura di quella che, tra esse, e per-
cepibile e comprensibile. Di poi mettono in rilievo quei due
principi che, per cosi dire, includono tutta la presente indagine:
clw, cioe, quelle cose che ci appaiono in modo tale da poter
sc:mbrare anche diverse pur avendo le stesse modalita e senza
che ci sia tra essc differenza alcuna, non possono essere alcune
pcrcepite e altrc no; in secondo luogo che non sussiste alcuna
differf:m.:a tra di esse, non soltanto se hanno le medesime mo-
dalita in ogni loro parte, ma anche se non possono essere distinte
tra loro.
Fatta questa premcssa, tutto il dibattito viene da essi
concluso con un'unica dimostrazione. Ed ecco quale ne e l'arti-
colazione: " Di tutte le rapprescntazioni, alcune sono vere e
altre false, e eia che e falso non puo essere percepito; ma ogni
rappresentazione che appare vera e tale da poter apparire, con
le stesse modalita, anche falsa; e quelle rapprcsentazioni che
presentano tali modalita da non avere tra loro alcuna diffe-
renza, escludono l'eventualită. che alcune di esse siano perce-
P_ibili e altre no: eppero non csiste alcuna rappresentazione che
Sl pas sa percepire '' .

. 54·. Allusionc a quel libero arbitrio che gli stessi Carneadei difcndevano
da1 pcncoli del determinismo (cfr. C1c. Dt: fato XVII, 40 - XIX, 44).

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474 GLJ " ACADE:IllCA 1> DJ CJCERONE

.p Qucsti pensatori, inoltre, reputano che a loro si concedano


due di queste prcmcsse che essi assumono per giungere alia
dimostrazione da loro voluta (e nessuno fa obiezione). Queste
premesse sono: in prim o luogo, le rappresentazioni che sono
false non possono essere percepite; in secondo luogo, di quelle
rappresentazioni che non presentano tra loro alcuna differenza,
e impossibile che alcune siano tali da poter essere percepite e
altre no.
I rimanenti loro punti di vîsta essi li difendono con lunghi
e svariati discorsi, che si riducono, essi pure, a due: l'uno e
che, tra le rappresentazioni che eventualmente si offrono, alcune
sono vere e altre false; l'altro e che ogni rappresentazione pro-
veniente dai vero ha le stesse caratteristiche che se provenisse
dai falsa.
·F Su queste due proposizioni essi non sono disposti a sar-
volan•, ma le estendono fin o al punto da dedicarvi grande e
meticolosa cura. Difatti le dividono in parti, e, in prima luogo,
in parti grandi: anzitutto le distinguono secondo i sensi, poi
secondo le derivazioni dai sensi e da ogni altra esperienza su
cui pretendono che si getti un velo di oscurita; infine essi per-
vengono alla terza parte, secondo la quale non e possibile
percepire alcuna cosa neppure con la ragione e con la congettura.
Suddividono, pai, tutte qucste tre parti anche in maniera piu
dettagliata. E si comportano, per vero, con le altre cose allo
stesso modo in cui li avete visti comportarsi con i sensi nella
conversazione di ieri 55 ; e in tutte queste parti, che essi suddi-
vidono ancora in porzioni piu piccole, intendono dimostrare
che a tutte le rappresentazioni vere sono congiunte quelle false,
le quali non diffcriscono affatto dalie vere; ed esse, avendo
siffatte caratteristiche, sono incomprcnsibili.
xrv, 43 Da parte mia, giudico questa sottigliezz.a molto degna delia
filosofia, ma molto remota dalla causa patrocinata da quanti
fanno quelle discriminazioni. Difatti le definizioni e le parti-
zioni e un d.iscorso capace di utilizzare i lumi offerti da queste,
e, inoltre, le somiglianze e le dissomiglianze e la loro distinzione
sottile ed acuta sono pertinenza di pensatori i quali nutrono
fiducia nella vcrita, nella certezza, nella stabilita di cio che

.55· Ossia ncl pcrduto Cal1tl11s.

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GJ.I «ACADEMICA» DI CICERONE 475

intenclono sostenere, e non gia di gente che dichiara ad alta


,·oce chc quelle case non sono affatto " piu vere che false".
Come si comporterebbero, invero, se, dopo che essi avessero
data la definizione di un determinata oggetto, si chiedesse loro
se sia possibilc adattare quella medesima definizione ad un
qualsivoglia altro oggetto? Se diranno che e possibile, cosa
avranno da dire per giustificare che quella definizione e vera?
St>, invece, negheranno questa possibilita, dovranno confessare
clw, non essendo possibile che almeno quclla definizione vera
:'i adatti al falso, l'oggetto precisato da quella definizione pua
csserc percepito: cosa che essi non vogliono affatto.
Lo stesso discorso si potra fare anche a proposito di tutte
le parti. Se, infatti, diranno di distinguere con la massima 44
chiarezza gli oggetti di cui parlano e di non esserne impediti
da alcuna comunanza di rappresentazioni, essi confesseranno
di comprenderli; se, al contraria, cliranno che le rappresenta-
zioni vere sono indistinguibili da quelle false, carne faranno a
ti rare innanzi? Cozzeranno cont ro le stesse obiezioni contro cui
son cozzati di gia, giacche sarebbe impossibile pervenire ad
una dimostrazione senza aver provato che le premesse assunte
per la climostrazione sono tati che nessun'altra, avente le stesse
modalita, possa essere falsa.
Orhene: se un ragionamento che si fonda e procede su cose
comprese e percepite arrivera alia conclusione che nulla e
comprensibile, che casa si potra trovare di piu contraddittorio
con se medesimo? E poiche, per sua stessa natura, un discorso
accurato si propone di manifestare un qualcosa che non e
evidente e, per conseguire piu agevolrnente questo scopo, di
servirsi clei !>ensi e di eia che e evidente, quale validita ha il
discorso eli costoro che prctcndono che tutte le case non abbiano
esistenza reale, ma solo apparenza? l\Ia essi sono scon:fitti spe-
cialmente quando assumono come coerenti questi due principi
che contrastano tanto fortemente tra loro: il primo, cioe, che
vi suna rapprescntazioni false - e col sostenere do vengono
a dire esplicitamente che ce ne sono anche di vere -, e contem-
poraneamente il secondo, che, cioe, non sussiste alcuna cliffe-
rcnza tra le rappresentazioni false e quelle vere. Ma si era
assunta la prima premessa col presupposto che questa cliffe-

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GLI " ACADE~IICA » Dl ClCERONE

renza sussistesse: pertanto la prima proposizione v1ene con-


fu tata dalla seconda e la seconda dalla prima.
45 :Ma tiriamo innanzi e comportiamoci in mode da non sem-
brare di essere troppo compiaciuti con noi stessi, e pediniamo
le loro affennazioni senza tralasciarne nemmeno una.
In prime luogo, quell'evidenza di cui abbiamo parlato &e
ha un'efficacia tanto grande da imlkarci di per se le cose esi-
stenti nel moda in cui esse esistono. Comunque, per conservarei
nell'evidenza con maggiore stabilita e costanza, abbiamo bi-
sogno di un metoda e di un'accuratezza anche maggiori, se non
vogliamo che, per cosi dire, offuscamenti e seduzioni ci distac-
chino da quegli oggetti che sono di per se manifesti. Del resto
Epicuro, che pure avrebbe voluta ovviare a quegli errori che
sembrano intorbidare la conoscenza delia verita e che affenno
essere compito del sapiente separare l'opinione dall'evidenza,
non fece alcun progresso: egli, infatti, non riusd ad eliminare
in nessun moda l'errore cui la stessa opinione va soggetta r.?,
xv, 46 Ecca perche, siccorne ci sono due cagioni che fanno da
ostacolo alla perfetta evidenza, noi dobbiamo ricorrere, a nostra
voita, ad altrettanti ripari.
Il prima ostacolo sta nel fatto che gli uomini non impegnano
suffi.cientemente il loro anime e la loro attenzione in direzione
delle cose e....-identi, fino al punto da poter individuare da quanta
luce esse siano circonfuse; l'altro ostacolo sta nel fatto che
certuni, assiepati e ingannati da interrogativi attraenti e men"
zogneri, non sono capaci di dar Iora una soluzione e si staccano
dalla verita. E indispensabile, allora, che noi abbiarno a portata
di mana le eventua.li risposte da dare in difesa dell'evidenza
- e di queste rispostc gia abbiama fatto menzione liS - e che
siarno ben armati per poter rintuzzare gli interragativi di quei
signori e rnetterne in discussione la capziosita, casa che ho .
stabilite di fare in appresso.
47 Esporro, dunque, a grandi linee le loro argorncntazioni,

56. In XII. 38.


57· Giacche ripose ot,'lli gîudizio nei seusi e venne a negare implicitamente
il principio di non-contraddizione. .
58. Non possiamo indicarc alcun passo degli Academi'a cui Lucullo SI
riCerisca. E probabile che qui Cicemne si sia limitato a tradurre dai Sosu.s
di Antioco senza hadare ad altro.

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GLI «ACADEMICA 11 DI CICERONE 477

tenendo presente che anch'essi hanno l'abitudine di esprimersi


in maniera non confusionaria.
In primo luogo essi tentano di dimostrare che possono
sembrare esistenti molte cose che in realta non esistono affatto,
dal momento che il nostro anima e mosso a vuoto dalie cose
11
che non esistono allo stesso modo che da quelle esistenti. Di-
fatti, poiche voi sostenete - essi obiettano - che sono inviate
ctalla divinita certe rappresentazioni - quali sono quelle che
appaiono in sogno o quelle che vengono rivelate da oracoli,
an,:;pici e viscere di animali (si dice, infatti, che a queste cose
cl~tllllO la loro approvazione gli Stoici, contra i quali e rivolta
Ia polemica) 59 -, come mai - essi chiedono - un dio puo far
risnltare probabili quelle rappresentazioni che sono false, mentre
non c capace di fare altrettanto con quelle che si accostano al
yero molto da vicino? Oppure, se riesce a farlo anche con queste,
perche non e capace di farlo, tuttavia, anche con quelle che con
clifficolta si distinguono reciprocamente? E, se con queste, perche
non con quelle che reciprocarnente non si distinguono affatto? ".
11
In secondo luogo essi osservano: Poiche l'intelletto si 48
muovc di per se stesso - corne, del resto, e reso manifesta dalle
raftigurazioni che il nostro pensiero produce e dalie rappresen-
tazioni che di tanto in tanto si presentano a ehi dorrne o a ehi
c pazzo -. e verosimile che anche l'intelletto sia mosso in guisa
tale che non solo esso non riconosca se quelle rappresentazioni
siano \"ere oppure false, ma che nelle stesse rappresentazioni
non si riscontri affatto diffcrenza alcuna. Cosi, ad esempio,
a\·Yerrebbe nel caso che uno trernasse e impallidisse sia per
una qualche spontanea perturbazione del suo animo sia perche
gli si presenti dal di fuori un qualche spettacolo terrificante
t> non ci sia alcuna possibilita di distinguere qnel tremore e
qud pallore e, di conseguenza, non si riscontri alcuna diffe-
renza tra la loro origine interna e quclla esterna ".
Infine essi osscrYano: "Se non e probabile alcuna rappre-
sentazione che sia falsa, il ragionamento da farsi e un altro;
SP, invece, alcune rappresentazioni sono probabili, perche non
donebbero esserlo anche quelle che non vengono tra loro fa-

59. 11n o:?same riettagliato di qucste dottrinc sloiche ~ ne\ De divi11atio11e,


che Cicrrune compose un anno dopo il Lucullu.<.

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GLI ti ACADEMICA 11 DT ClCERONE

dlmente distinte? Perche, anzi, non dovrebbero esserlo finanche


quelle che tra loro non si differenziano affatto, dal momento
che voi stessi affermate che il saggio, in istato di forte eccita-
zione, si astiene da ogni assenso, non manifestandosi, in questo
caso, alcuna differenza tra le sue rappresentazioni? ".
xv1, 49 A proposito di queste " immagini vuote " 80 Antioco con-
tinuava a fare tante osservazioni. e su questo solo tema Ia
discussione dura va un'intcra giornata. lo, pero, non reputo di
dover fare lo stesso, ma mi limitero a parlare per sommi capi.
E in primo luogo devo biasimare questo: che, cioe, la ma-
niera di interrogare da loro praticata ha un carattere molto
capzioso, cosa che non suole essere anunessa nel carnpo della
filosofia, aJlorche si apportano certe aggiunzioni e certe sottra-
zioni a pezzo a pezzo eJ a grado a grado. Questo metoda lo
chiamano " sorite ", essi che riescono a costituire un mucchio
con l'aggiunta di un solo chicco di grano! Ma si tratta di una
maniera di argomentare che e, senz'altro, difettosa e tenden-
ziosa. Voi, infatti, fate il seguente crescendo: "Se a ehi sta
dormendo un dio mette innanzi una rappresentazione siffatta
da essere probabile, perche non dovrebbe mcttergliene innanzi
anche una siffatta da essere assai verosimile? Perche non anche
una siffatta da e..'>sere diffi.cilmente distinta dai vero? E poi
una che non sia menomamente distinguibile? E, infine, una
nella quale non ci sia alcuna differenza tra vero e falso? ''.
Se tu giungerai a quest'ultima proposizione per il fatto che
io ti concedo tutte le prime premcsse, la colpa sara mia; se,
so invece, andrai avanti di tua iniziativa, la colpa sara tua. Ma
ehi, a dire il vero, sarebbe disposto a conc.ederti o che un dia
puo fare tutto o che, se pur lo potesse, lo farebbe come dici
tu? E carne fai, poi, ad assumere una premessa in base alia
quale, se un qualcosa puo essere simile a un qualcos'altro, ne
consegue che sia possibile distinguerlo da quest'ultimo con
difficolta, e poi che non sia possibile distinguerlo affatto, e,
alia fine, che s'identifichi con esso? E se e vero chc i lupi sono
simili ai cani, Yerrai tu, alia fine clei conti, ad identificarli con
i cani? E, per la veri ta, certe case disoneste sono simili alle
oneste, cert~ cose buone a quclle non buone, certi prodotti

6o. O»Sia sogui eu allucinazioni.

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GLI « :\C.-\DE~IICA D DI CICERO~E 479

artistici a quelli non artistici: ma, allora, percM esitiamo ad


affrrmare che tra queste case non c'e differenza alcuna? E non
ci accorgiamo neanche che si tratta di opposti? 61 Non c'e
niente, invero, che dal propria genere possa passare ad un genere
rli\·erso 62• Se, pero, si riuscisse a dimostrare che non intercorre
;~lcuna differenza tra rappresentazioni di genere diversa, si
verrebbe a scoprire che certe case sono presenti nelloro propria
genere ed anche in un altro diversa dai loro. ~'la carne sarebbe
po~sibile questo?
C'e, poi, una sala maniera per cacciar via tutte quante le sr
rappresentazioni vuote, tanto se esse vengano formate dai
pensiero - cosa che noi ammettiarno possa verifi.carsi di solito -
quanto se esse si formano durante il sonno o a cagione del-
l'cbbrezza o delia follia. Noi sosterremo, infatti, che tutte le
rappresentazioni di questo tipo sono prive di quella evidenza
che e un boccone troppo ghiotto per farselo cascar giu dai
denti 63 • Chi, infatti, nel creare quaiche fantasticheria o nel
raffigurarsela con la rifiessione, non si accorge delia differenza
che intcrcorre tra le case evidenti e quelle vacue, non appena
l'gii si riscuote e ritoma in se stesso? Il medesimo ragionamento
vale anche per i sogni. Pensi tu chc Ennio, dopo aver fatto
la solita passeggiata nei giardini col suo vicino di casa Servilio
Calba u, dicesse: Mi e sembrato di andare a passeggio con
Gal ba? Quando. pero, egli fece un sogno, la narro cosi :
l'arvc che Omero il poeta mi comparisse dinanzi &.1;

t- lo stesso Ennio, nel sua Epicarmo 66 , diceva:


In ''erita mi parea di sognare chc morto io fossi.

Pertanto, non appena ci ridestiarno, non diamo alcun peso a

fn. Gli oppusti, secQndu la logica aristotelica, non ammcttiJno intermcdi.


62. Infatti la IJ.E':'2~Cl0'\~ El~ ino yEvo~ distruggcrebbe il principio di
non_ contraudizione (cfr. SEXT. El!P. Pyrrl1. llyp. I. IJS). liulto acutamente
.\niloco opponeva allc argomentazioni quantitativistiche de\ probabilismo le
:tr.~omentazioni qualitativ1stichc di origine aristole\ico-stoica.
, 63. L'e\·idcnza. infatti, secunda gli Stoici ci induce quasi per i CaJ>I'lli
ali asscnso. L'espressione era ripctuta in Acad. post. lib. III (dr. ~ox. p. r 39)-
. _l.i·l· Am1co di Ennio, fu console ne\ 169 a. C. quanclo il poeta mor\, e si
<hstmsc molt•l per \:1. sua eloquenza (cfr. C1c. Brut. XX, 78).
fij. A Il"- fr. 5 \Vanninb'1:on (cfr. C1c. Lucull. XX:\' II. 88: De r<'p. VI. X,
lo; LL'CRET. I, tu scgg.).
66. Fr. r "'armington.

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GLI « ACADE~liCA » Dl ClCEHO!'IE

quelle rapprcsentazioni e non le rnettia.mo sullo stesso piano


delle azioni che abbiamo realmente compiute nel forol
xvu, 52 " Ma pure - obiettate voi altri -, nel momento in cui ap-
paiono, esse hanno durante il sogno lo stesso aspetto di quelle
che vediamo durantc la veglia ".
La differenza e, invece, grandissima, ma non ne parliamo
per ora. Noi intendiamo sostenere un'altra cosa: che, cioe,
ehi dorme non ha la medesima facolta e la stessa pienezza
vitale di ehi e sveglio, ne per quanto concerne l'intelletto ne
per quanto concerne il senso. Neppure gli ubriachi fanno quello
che fanno con la medesirna sicurezza dei sobri: essi hanno dub-
biezze ed esitazioni, talvolta fanno macchina indietro e danno
un assenso piu fiacco alle loro rappresentazioni e, dopo che ei
hanno dormita sopra, si rendono ben conta delia leggerezza
dclle loro rappresentazioni precedenti. Lo stesso capita ai pazzi:
costoro, all'inizio delia follia, dicono di avere l'impressione di
vedere cio che non esiste e, quando si placano, se ne accorgono
e ripetono le famose parole di Alcmeone 87 :
Ma il cuor mio non e affatto d'accordo
Con queUo che vedono gli occhi.

53 " Ma, a dire il vero - voi insistete -, lo stesso saggio si


astiene, in momenti di eccitazione, dal dare l'assenso alle cose
false invece che a quelle vere ".
In realta cgli se ne astiene sovente anche altre volte, qua-
lora, ad esempio, i suoi sensi siano per caso appesantiti o im-
pigriti, oppure le rappresentazioni siano troppo oscure o la
percezione gli venga inibita dalla brevita del tempo. Comunque,
questa intera faccenda - ossia il fatto che talvolta il saggio
trattiene l'assenso - gioca a vostro danno. Se, infatti, tra le
rappresentazioni t di generi differenti 68 t non ci fosse diffe-
renza aJcuna, egli lo tratterrebbe o sempre o mai.
1\Ia da tutto qucsto tipo di discussioni e possibile rilevare
l'infondatezza del cliscorso di quanti desiderano confondere
tutte le acque. Noi stiamo cercando un giudizio che abbia
autorita, coerenza, saldezza e saggezza, ma prendiamo, invece,

67. Fr. 37 ·warmington.


68. L'intt-grazione ~ del Plasuerg.

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GLI u ACADEMICA D Dl CICERONE

come esempio gente che sogna o che e pazza o che e ubriaca:


Yogliamo forse in questo campo fare una mostra di quanti
discorsi incoerenti sappiamo fare? Se cosl non fosse, noi non
tireremmo in ballo ubriachi o addonnentati o mentecatti in
una maniera tanto assurda da affennare che, tra le rappresen-
tazioni di ehi e sveglio e sobrio e sano e di ehi si trova in
rutt'altra condizione, una voita c'e differenza e un'altra voita
non ce n'e affatto.
E:;si non si accorgono neppure di questo, ossia di rendere 54
tutto incerto: cosa che si rifiutano di ammettere. (Uso il ter-
mine "incerta" al posto del greco ~SlJI-ov). Ma se la faccenda
c arrivata ad un punto tale che non sussiste alcuna differenza
lra il modo in cui le rappresentazioni si presentano a ehi e
malato e quello in cui si presentano a ehi e sano, nessuno po-
trehbe avere la piena sicurezza delia propria sanita mentale.
Jla pervenire volutamente a questo risultato e gran follial
In maniera puerile, a dire il vero, essi si appigliano alle
somiglianze dei gemelli o a quelle dei sigilii impressi da un
anello.
Nessuno di noi nega l'evidenza delia somiglianza, dal mo-
mento che questa si riscontra in una infinita di cose. Ma se,
pL"r eliminare la conosccnza, e sufficiente la marcata somiglianza
che sussiste tra un grande numcro di oggetti, perche non vi
appagate di cio, dato che ve lo concediamo anche noi, e perche
vi ostinate, invece, a sostenere piuttosto una cosa che la natura
non tollera, ossia che ciascun oggetto, nel suo proprio genere,
non e tale qualc e realmente e che tra due o piu oggetti e im-
possibile alcuna comunanza che sia assolutamente indifferen-
7.iata? Ammettiamo pure che tra loro le uova siano molto
simili alle uova e le api alle api: perche, allora, continui a
CJstinarti e chc cosa pretendi con i tuoi gemelli? Ti viene concesso
che essi sono simili, e avresti potuto esserne pago. Ma no! Tu
v"""twi che essi siano identici in tutto e per tutto, e non gia simili:
ma questa e una cosa assolutamente impossibile!
Poi fai ricorso proprio a quei " fisici " che soprattutto nel- 55
1' Accadcmia vengono prcsi in giro 69 e dai quali neppurc tu,

69. Di questa canzonatura accadcmica contro i .fisici sono escmpi in C1c.


De divin. Il, XIII, 30; XXVI, 57; L\"111, 120; LXIV, 133; LXVJI, 137.

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GLt a AC:\DE:'IIIC.-\ D Dl CICERONF.

tra poco, saprai stare in guardia, e affcrmi che, secondo De.


mocrito 7°, i mondi sono numericamente infiniti e che, senza
dubbio, alcuni non sono soltanto simili tra loro, ma perfetta-
mente e assolutamente uguali sotto ogni profila, fino al punto
che tra di essi non sussista alcuna differenza, e che sono, anche
qucsti ultimi, numcricamente infiniti, e che Io stesso vale per
gli esseri umani. In un secondo momento, pero, tu vieni a
pretendcre che, se tra un mondo e un altro c'e tanta ugua·
glianza da non esserci tra loro la bcnch~ minima differenza, ti
si conceda che anche in qucsto nostro mondo ci siano cose tanto
uguali tra loro da non present;: re alcun segno di differenza o
di distinz.ione. " Perche, infatti - tu dirai -, da quegli atomi
da cui, secondo Democrito, sono generate tutte le case, negli
altri mondi, chc pur sono numericarnente in:finiti, non c'e
mcra possibilitâ. che esistano, ma esistono realmente infiniti
Quinti Catuli, mcntre in questo mondo, che pur e cosl grande,
non si puo produrre neanche un solo altro Catulo? "u.
:-:vm, 56 In prima luogo tu mi accusi presso il tribunale di Derno-
crito; ma io non gli do il mio assenso, t anzi, piuttosto propria
lui puo essere rnesso sotto accusa 72 î per il fatto che con malta
e
chiarezza stato dimostrato da filosofi pili ra:ffinati di lui l'ap-
partenenza di propricta singolc ad aggetti singoli.
Rendi pure quegli antichi Servili 73, che furono gemelli,
tanto somiglianti tra loro quanto vuole la tradizione: pensi
tu, farse, che essi furono addirittura identici? " Fuori casa
non venivano distinti ". Ma in casa si! " Dagli estranei no ".
Ma dai familiari si! E non vediarna capitan~ di solito che propria
guellc persone chc non avremmo mai creduto di poter ricono-
scere distintamente, con un po' di consuetudine riusciamo a
distinguerle tra loro con tanta agcvolezza da avere l'impres-
sione che esse non si somiglino affatto?
37 Bat ti ti ora carne vuoi : non mi opporro ; anzi ti concedero
che persina quel " saggio " - al quale si riferiscc tutto il nostra

70. <;.fr. 68 A So·Bl Diels-Kranz. .


71. E probabile chc in questa sezionc dcl [_ucllllus. come in altrc. Ctce-
rone abbia ampiamente utilizzato il Ilept •b:oz'ij~ di Clitomaco.
7z. L'intcgrazione c suggerita dai :\larmoralc.
iJ. Si tratta di Pnblio e Quinto S<'r\'ilio, \·issuti durante la prima guert&
punica: la loro pcrfelta somiglianza li face~· a paragonarc ai duc re di Sparta
Proclo ed Eurislene (cfr. H:EltoDOT. VI. 52; C1c. De divin. II, XLIII, go-91).

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GU << ACADEliiiCA 11 J)J CICERONE

attuale dialogo -. quando gli si presentano oggetti simili di cui


egli non possiede contrassegni precisi, tratterra il suo assenso
e non lo concedera a nessun'altra rappresentazione che non sia
::;lata tale da non poter essere falsa. Eppurc egli non solo ri-
spctto agli altri oggetti avra una certa abilita che gli rende
pos:;ibile la distinzione dclle case vere da quelle false, ma anche
rispetto a somiglianze carne codeste dovra servirsi di un'assidua
fn'quenza: conte la madre distingue i gemelli per l'abitudine
clw ha di guardarli, cosi tu riconosccrai quelle rapprcsentazioni,
se ti s;:trai abituato ad esse.
Tu vecli bene carne sia divenuta proverbiale la somiglianza
ddle uova tra loro! Tuttavia ci e stato tramandato anche il
segucnte aneddoto. Una voita a Delo, quando le cose li anda-
Yano benc, c'era una gran numcro di persone che di solito face-
vano grande allcvamento di galline per far denaro: ebbcne
bastava che questi competenti dessero un attento sguardo
all'uovo e quasi sempre sapcvano dire quale gallina ravcva
fatto!
1Ia questo fatterello non ce la spunta contra di voi, giacche sS
a ,·oi bastcrebbe che quelle uova non le riuscissimo a riconoscere
noi. Difatti non darei il mio assenso al fatto che questo el'uovo
che cercavamo, per nulla piu che se tra qucllc uova non ci fosse
la benche minima differenza. Io, infatti, rispetto la norma di
giudicare vere quelle rappresentazioni chc hanno qualita tali
da non potcre essere false. Da questa norma non mi c lecito
staccarmi neppure, carne si dice, " per lo spazio di un dito " ;~.
al!o scopo di evitare una confusione generale: che, se si annul-
lassc ogni differenza, andrebbe distrutta non solo la compren-
siOile de! vcro e del falso, ma anche la natura.
E da ritenersi un"assurdita anche quello che voi altri siete
soliti dire: che, doe, quando le rappresentazioni s'imprimono
nell'anima, voi non intendete <lire che tra quelle stcsse im-
pressioni non sussista differcnza alcuna, ma che qucsta difft:-
rcnza non si riscontra, invece, tra le forme ideali di qucllc
rappresentazioni 75• Quasi che non venissero giudicate per mezzo

H· Per questa locuzionc cfr. PL.-\l"T. A 111111. 55-56.


,. 7.~· Tanto i Fi!oniani quanto gli Antiochiani si rifacc,·ano. a modo loro,
~ll1deahsmo di Platune: i primi per dargli una S\'Oita sccttico-probabilistica,
1
secontli per ade~;uarlo al dommalismo delia Sloa.

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GLI u ACADEMICA 11 DI CICERONE

delle idee quelle rappresentazioni che non riscuoteranno alcuna


credibilita, una voita che sia stato eliminata il contrassegno
dcl vero e del falsa!
.'l<J Ma la cosa piu assurda di tutte sta nella vostra afferma.
zione di attenervi al" probabile", qualora niente ve lo impedisca.
Anzitutto, quale possibilita avete voi di non esseme impediti,
dal rnornento che non c'e distacco tra vero e falso? In secondo
luogo, qual e il giudizio del vero, dal mornento che esso e CO·
mune a quello del falsa? Di qui e venuta fuori, di necessita,
quella celebre btoz~ - vale a dire la sospensione dell'assenso -.
nel sostenere la quale e stato piu coerente Arcesilao, se e vero
quanto certuni ;o pensano a proposito di Carneade. Se, infatti,
niente e percepibile - e tale e stato il parere di entrambi ca.
storo -, bisogna eliminare l'assenso, giacche non c'e leggerezza
maggiore che dare l'approvazione a un qualcosa senza averne
gia conoscenza. Ieri 77 , invece, sentivamo anche ripetere che
Carneade, di solito, si lasciava andare fino al punto da affer-
mare che di tanto in tanto il saggio seguira l'opinione, vale a
dire l'errore. Per conta rnio, almeno, la comprensibilita di una
qualche cosa - di cio sto discutendo fin troppo gia da un bel
pezzo - e meno certa del fatto che il saggio non segua affatto
l'opinione, vale a dire del fatto che egli non dia l'assenso ad
una cosa che e falsa o ignota.
6o Ci resta da discutere la loro affennazione secondo la quale,
allo scopo di scoprire la verita, sarebbe indispensabile produrre
argornentazioni " a favore di tutto e contra tutto ". :Ma voglio
proprio constatare che dia mine hanno scoperto costoro 1
"Non abbiamo il vezzo - dice l'Accademico- di metterlo
in mostra". Ma cosa vogliono dire codesti vostri rnisteri?
Perche tenete nascosto il vostro punto di vista, carne se fosse
una vergogna? " Perche i nostri allievi - risponde lui - si la-.
sein o guidare dalla ragione piuttosto che dall'autorital ". E
perche non da tutte e due? Sarebbe peggio, farse? L'unica cosa
che non tengono nascosta e questa: che non esiste nulla cbe
sia percepibile. Ma, nel dire questo, non c'e nocivo autorita·
rismo? A parer mio, ce ne sta a iosa! Chi, infatti, avrebbe

76. L'al\usione e diretta piuttosto a Filone che a Clitomaco (cfr. XXIV, 78).
77· Nel discorso di Catulo nell'opera omonima.

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GLI u ACADEMICA» Dl CICEROSE

scguita dottrine cosi smaccatamente e palesemente stravaganti


e false, se Arcesilao - e malto piu di lui Cameade - non avessero
avuta tanta dovizia di argamentazioni e tanta efficacia oratoria?
Ecca, suppergiu, quello che sosteneva Antioco sia in quella xtx, 61
nccasirme ad Alessandria sia molti anni dopo, e con fermczza
molto piii energica, mentre era con me in Siria, poco prima
di marire.
i\Ia, ora che la mia causa e stata. validamente patrocinata,
1wn csitero a volgere un'esortazione a te (e qui faceva il mia
nomc), che sei mio carissimo amico e di alcuni anni piil giovane
di me. Propria tu, pur avendo esaltato con tanti elogi la filo-
sofia e pur esscndo riuscito a rimuovere il dissenso del nostro
Urtensio 711 , ti metterai a seguire quella corrente filosofica che
b un guazzabuglio di vero e di falsa, che ci dispoglia delia
facolta di giudicare, ci priva di ogni assenso, ci fa orbi dei nostri
sf.nsi? Pcrsino i Cimmeri, ai quali un qualche dia o la natura
o h posizione geografica in cui si trovano aveva strappato la
Yista del sale, erano assistiti, tuttavia, dai bagliori del fuoco,
di cui potevano servirsi carne luce; costoro, al contraria, cui
tu hatti le mani. hanno diffuso intomo a se tante tenebre,
senza lasciare neppure una favilla che ci permetta di sogguar-
dare; e se noi ci mettessimo sulle Iora arme, rimarremma legati
da tali catene che non potremmo fare neppure un passo avanti.
lnfatti, con l'eliminazione dell'assenso, essi hanna tolto di 6:z
mezzo ogni moto dell'anima e ogni attivita pratica; e questo
non solo e ingiusto, ma e addirittura impassibile che accada.
Sta attento, pai, che propria tu non hai affatto il diritto di
difendere codesto modo di pensare. Tu, che pur hai disvelato
i pii1 occulti segreti e li hai tratti alia luce, e hai detto - sotta
giuramento! - di essertene " accertata" (e lo a vrei potuta fare
anch'io, che da te ne ero stato informata), propria tu ti metterai
a dire che non esiste niente che sia possibile conascerc, com-
prendere, perccpire? Ti prego, cerca di non sminuire, tu propria,
a poco a poca anche il fascina autorevole di quelle tue bellissime
gesta! " 7&.

iS. ).!un con 1'Hortonsi1<s, chc fu scritto quanuo gia Orteusio era mnrto,
ma C•Jn assiduc convcrsazinni familiari.
79. Lucullo alludl." alla lotta oi Cicerone contro Catilina c in particolare
al passo IV, 10 clella prima Catili>raria. Il fr~Y.uente u<o chc Ciccrone faceva

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GLI (( :\C.-\DE!IIICA 11 DI CICERO~E

63 Con queste parole Lucullo pose fine al discorso.


Ortensio era picno di ammirazione (e ne avcva dato conti-
nuamente scgni mentre Lucullo parlava, fino al punto da alzare
soventc le mani; ne c'era da stupirsene, dato che, aparer mio,
non si eran o mosse mai obiczioni cosi penetranti contro l' Acca-
demia) e un po' per celia, un po' perche cosi effettivamente la
pensava (questo io non riuscivo a distinguerlo molto bene),
comincio ad esortarmi ad abbandonare quella maniera di
pensare.
A questo punto intervenne Catulo dicendo: «Se sei stato
messo in crisi da questo discorso che Lucullo ha tenuto con
una memoria cosi fresca c con tanta diligenza e dovizia di a.rgo-
mentazioni, non mi credo obbligato ad impedirti di cambiare
opinione, se cosi ti sembra opportuno. Ma una soia cosa non
potrei credcre: che tu ti lasci smuovere dalla sua autorevolezza.
Egli ti ha dato solo un avvertimento - soggiunse con un sorri-
setto -, cioe di stare in guardia che qualche malizioso tribuno
delia plebe (e tu vedi che di codesta genia ce ne sara sempre
ad ufo) ti possa prendere per il bavero e chiederti, nell'assem-
blea popolare, quale coerenza e mai la tua, dai momento che
non ammetti la possibilita di fare alcuna scoperta con certezza,
mentre nel passato hai asserito di " esserti accertato ". Per
favore, non fartene spaventare! Per quanto, poi, concerne
l'attuale dibattito, prcferirei il tuo dissenso da Lucullo; ma
se ti arrendi, non mc ne stupiro gran che. Ricordo, infatti,
che lo stesso Antioco 80 - che pur l'aveva pcnsata diversamente
per tanti anni- muto parere non appena ne vide l'opportunita ».
xx, 6-t Quanto Catulo ebbe smesso di dir questo, tutti stavano a
guardare pur me. Allora io, agitata non meno di quello che mi
suole capitare nei processi piit importanti, esordii con un di-
scorso di questo tenore: 11 O Catulo, io sono rimasto scosso dal.
discorso di Lucullo sull'attuale tema, in quanto egli e una
persona colta, ricca di risorse spirituali, preparata e non ha
tralasciato niente di quanto si potesse dire in difesa delia sua
causa; ma non sono rimasto scosso, tuttavia, :fino a tai segno

ch:l termine "comperisse • o • compertum habeo • trasformo l'esprcssionc in


llll ritorndlo ..:auzonalo,..io contro lo stesso oratorc.
So. .-\ntioco, iufatti, a\'e,·a seguito Filmle e il probabilismo per lungbi
anni (cfr. XXII. 69).

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GLI a ACADE!'>I[CA u Dr CICERONE

da perdere la fiducia di potergli dare una risposta: eppure il


suo cosi grande prestigio stava li li per trascinarrni aUa deriva,
Sl' tu non fossi intervenuto col tuo, che non e da meno. Affron-
trro il problema, allora; ma prima fa ro poche precisazioni, per
o:oo:i dire, a difesa delia mia reputazione.
Se io, spinto dal desiderio di far bella figura o dalla pas- 65
sione per le polerniche, mi sono dedicata soprattutto a questo
indirizzo filosofica, credo che se ne debba riversare la colpa
non solo sulla mia stoltezza, ma anche sul mio modo di vivere
e snl mio carattere. Se e vero che in faccende di scarsissimo
rilicyo si biasima l'ostinazione e viene rintuzzata la maia fede,
potrei, farse. nutrire l'intento di fare un'aspra polemica con
gli altri e di trascinare nell'inganno loro e me stesso in fac-
cenclc che riguardano ogni condizione e ogni norma di tutta
intcm la vita? Pertanto, se non stirnassi un fuor d'opera, in
una simile discussione, far quello che di solito si fa nei dibattiti
politici, mi metterei a giurare su Giove e sugli Dei Penati che
ardo dai desiderio di scoprire la verita e di avere un pensiero
chc corrisponda alle parole.
E come non potrei bramare di trovare il vero, dal mornento 66
chc sono pago di trovare un qualcosa che ad esso e somigliante?
Illa, come ritengo che sia la cosa piu bella vedere la verita,
cosi e la cosa piu brutta dare il consenso al falsa invece che al
Yero.
lo personalrnente non ho tali requisiti da non dare talora
l'approyazione al falsa, da non dare mai l'assenso, da non ab-
bassarmi mai ad opinare: ma noi stiam o facendo l'indagine
snl ·· saggio ". Per conta mio, sono un grande opinatore (non
sono, per la veri ta, un saggio !) e vado orientando le mie elu-
cnbrazioni non su quella piccola Cinosura in cui
Com<'" ll!la guida notturna han fit.lanza io alto mare i Fcnici "1,

come affenna Arato, e drizzano meglio il timone seguendo quella


Che, eul suo giro piil inte-rno, in mbita brevc si volve n,

:~1 . .-\RAT. P/,a,·ll. 39.


. S!. lbid. H· Per l"impropricta dcllc due autocitazioni cfr. L. GAMEIERALE,
1 •·adioionc i111lirc11,, di Cicenme ;" Cicerouc: /e opa,· pocfic/,e, "Cicerouiana '·
1. l<oma, I9iJ. p. rro.

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GJ.l « ACADE~IICA » Dl CICERONE

ma le oriento su Elice e sulle ben palesi stelle dell'Orsa, vale


a dire su qucsti ragionamenti di piii ampio raggio e non su quelli
che vanno tanto per il sottile. E di qui derivano i miei piu
gravi errori e vagabondaggi!
Ma, come dicevo, l'indagine non ha per oggetto me, bensi
il saggio. Infatti, quando codeste rappresentazioni sono riuscite
ad eccitare con vivacita il mio intelletto e i mici sensi, io le
accetto e talora do loro anche il mio assenso, ma tuttavia non
le capisco a fondo, giacche reputo che a fondo nulla si puo
percepire. Saggio io non sono: pertanto cedo alle rappresenta-
zioni e non riesco ad opporvi resistenza. Invece Arcesilao pensa
che la forza del saggio risieda appunto in questo, ossia nel non
lasciarsi abbindolare, nel badare a non farsi ingannare, e almeno
sotto questo profila e d'accordo con Zenone. Infatti l'errore,
la leggerezza, il buttarsi a capofitto sono le cose che maggior-
mente distano dalla concezionc chc noi ci siam fatti circa la
gravita del saggio.
Perche, allora, dovrei mettenni a parlare delia "fermezza
del saggio? " Anche tu, o Lucullo, ammetti che egli non opina
nulla. E, visto che tu l'approvi, lasciami anticipare un po'
le mie future tesi (ben presto, comunque. ritomero al rispetto
dell'ordine!), e considera gia da ora il valore delia dimostrazione
seguente:
xxr, 67 " Se il saggio dara qualche voita l'assenso a qualcosa, talora
egli opineră.. anche; ma egli non opinera mai; eppero non dara
l'assenso a nessuna cosa ".
A questa dirnostrazionc si atteneva Arcesilao 83, giacch~
egli dava conferma alla prima e alia seconda premessa. Car-
neade, invece, talvolta rendeva affennativa la seconda pre-
messa, ammettendo che " certe volte " il saggio da il suo as·
senso. Ne veniva, di conseguenza, che il saggio "opina anche ",_
cosa che tu fai bcne a non arnmettere, a parer rnio. Ma la prima .
premessa - quella, cioe, secondo cui, se il saggio dara l'assenso,
opinera anche - e ritenuta falsa dagli Stoici e dai loro zelante
adepto Antioco: costoro, infatti, sostengono che il saggio ~
in grado di distinguere il falso dai vero e l'impercettibile dai
percettibile.

SJ. Per questa posizivne arce~ilea dr. SF.XT. E~tP. Adt•. log. 1, ISJ-157•

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GU <<ACADEMICA D Dl CICERONE

A me, invece, sembra in prima luogo che, anche ammessa 68


Ja possibilita eli percepire qualcosa, cio nonostante, la stessa
ahitudine all'assenso sia rischiosa e sdrucciolevole. Ragion per
cui, poichc risulta erroneo dare l'assenso a un qualcosa che sia
falsa o ignoto, e preferibile astenersi da ogni assenso, per evi-
tare che si cada in errore, qualora si proceda con troppa elisin-
,·oltura. Difatti le cose vere e quelle false, le cose impercettibili
C' qucllc percettibili (se pur, di queste ultime, ve ne sono; ma
cio Io esamineremo ben presto) sono cosi confinanti tra loro
che il saggio non dovrcbbe affidarsi ad una posizione cosi ri-
schiusa.. Se, al contraria, assumero da parte mia che non esiste
propriu nulla di percepibile, e accettero la tua ammissione- ossia
che il saggio non formula opinione alcuna -, risultera bello
~ dimostrato il fatto che il saggio tratterra ogni suo assenso.
Sicclu~ devi vedere propria tu se preferisci questa conclusione
oppure quella secondo cui il saggio formuli una qualche opinione.
l\Ia tu eli rai: " N essuna delle due! ". Cerchiamo, altora, eli
dimostrare che niente si puo percepire: elifatti, appunto su cio
Hrte tutta la nostra polemica.
Prima, peru, dovro fare un po' i conti con Antioco, il quale xxrr, 69
propria queste dottrine, di cui sto prendendo le difese, imparo
alia scuola di Filone per un lasso di tempo cosi lunga che, se--
condo l' opinione generale, nessuno rimase allievo pin a lunga
di lui, e scrissc su quegli argomenti con molto acume, e poi
nella vccchiaia se ne fece accusatore con accanimento non piil
grande di quanto precedentemente ne fosse stato difcnsore
abituale. Ma, sebbene egli abbia conservata la sua acuta intelli-
genza, tuttavia il sua prestigio si e andato eclissando a motiva
della sua incoerenza. Ed io sono curioso di sapere come brillasse
il giorno che gli svelo quel "segno indicativo del vcro e del
falso" u la cui esistenza egli aveva avuto per molti anni la
consuetudine di negare.
Ma ha egli davvero escogitato un nuovo sistema filosofica?
Sta ripetendo le stcsse cose degli Stoici! Si e pentito del suo
antica modo eli pensare? Perche, allora, non e passato ufficial-
rnente a filosofi di altri indirizzi, e soprattutto agli Stoici?

8"*. Circa il carattere dommatico del scgno • indicativo • e il contrasta con


qucllu • commemorativo • acc.,ttato dagli Scettici cir. SEXT. EMP. Adu. log.
II, 141 segg.

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GLI « AL\DE:IIIC.-\ n DI CICERO~E

E stata sempre una loro caratteristica codesto disaccordo con


noi! Ebbene? Forse egli si vergognava di Mnesarco, forse di
Dardano, chc allora erano in Atene i capi piu rappresentativi
degli Stoici? 85 Egli non si allontano mai da Filone, se non
dopo che incomincio ad avere, anche lui, un uclitorio 1
io Ma in base a quale pretesto fu richiamata in vita, in un
batter d'occhio, l'Accademîa "Antica?" Farse che egli inten-
dcsse conservare I'alto prestisio di quel nome, mentre in realta
se ne staccava? C'era pure ehi attribuiva questo suo compor-
tamcnto aiia vanagloria e al fatto che egli nutriva l'illusione
che i suoi discepoli sarebbero stati chiamati " Antiochei ". A
me. invece, pare piuttosto chc egli non ce la facesse piu ad
affronta.rc l'assalto di tutti gli altri filosofi. I nfatti, per quanto
concerne tutti costoro, esiste tra loro una notevole comunanza
di vedute: invece questo modo di pensare degli Accademici e
l'unico a non ricevere l'approvazione degli altri pensatori.
Egli, pertanto, se ne stacco. ma, come quelli che non sop-
portano il sale alle Bottcghe Nuove se ne vanno a passeggio
all'ombra delle Botteghe Vecchie di l\lenio 88 , cosi lui, gron-
dante di sudore, si mise a deambulare all'ombra degli Acca-
7I demici Antichi. Nel tempo in cui gli andava a genio la teoria
dell'inconoscibilita di tutte le cose aveva l'abitudine di servirsi,
a mo' di argomentazione, delia domanda se il celebre Dionisio
di Eraclea 87, in base a quell'infallibile " segno di riconosci-
mento " in virtu del quale voi sostenete che bisogna dare l'as-
senso, fosse riuscito a capire cio che aveva sostenuto per molti
anni fidando nell'insegnamento di Zenone (ossia che e buono
solo quello che e onesto) oppure cio di cui si era fatto poi abi-
tualmente difcnsore (ossia che !'onesta e vuoto nome e che
sommo bene e il piacere); ebbene, prendendo lo spunto dal
mutamento di rotta effettuato da Dionisio, Antioco intendeva
dimostrare chc nella nostra anima non ci puo essere alcun segno

85. Circa questi rluc stoici paneziani cfr. Stoic. pl1il. i11d. lu•·c. col. 78;
La 510<2, I, pp. soo-1.
PO!il •.EXZ,
S6. Lf vecchie tabema~ presso il foro erano state di!>trutte da un incendio
c poi fumno ricostruite arl opera del cenRorc :\lenio intomo al 3.18 a. C. (cir.
LIV. XXVI, 27): C'ra una specie di \"ia dei Condotti dfll'antichita.
87. Qucsto pensatorc, gia seguact: di Zcnonc di Cizio, si era poi convcrlito
all'Epicureismo td era stato il qua.rto scalarea del Giardino (cfr. DIIJG. LAERT.
VII, 166; CJc. De .tin. V, XXXI, 94, ove la causa delia com·.. rsione e attribuita
ad un'insopportabil~ malattia agli ucchi).

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GLl n ACADE~IICA » Dl CICERONE 49I

bsciato dal vero senza che ci possa essere, allo stessa moda,
anchr il segno lasciato dal falso. Cosi fece in moda che anche
uli altri, nelle loro argomentazioni, si servissero di lui carne
t>
t'sempio. propria nella stessa guisa in cui egli si era servita di
Diunisio.
J(a con Antioca regolerema piu a lunga i nostri conti in
allra occasione: ora torni am o a quello che hai detto tu, o
Lucull•:-.
E anzitutto vediamo che casa significa la tua affermazione xxm, 72
iniziale as. ossia che noi evochiamo i filosofi antichi allo stesso
moda come gli arruffapopolo hanno l'abitudine di nominare
umnini illustri che pur scguirono la causa popolare. Ma quei
dPma,:;oghi, nel sostenere cause non buone, vogliono apparire
~imi li ai bnoni; noi, invece, diciamo di avere gli stessi punti
r!i vista che anche voi ammettete essere stati quelli condivisi
dai pii1 celebri filosofi .
.\nassagora 89 sostenne che la neve e nera: lo tollereresti
tu, sr lo dicessi anch'io? Neppure se ne facessi appena affiorare
il SOS]>t>HO! Anassagora, ehi e costui? Farse un sofista (era questo
il nome che si dava a quanti professavano filosofia per esibi-
zinnismo e per lucra)? No, anzi fu somma la gloria delia sua
scricta e dcl suo ingegno.
Chc din) di Democrito? Chi potrcmmo mettergli alia pari 73
non solo per la grandezza delle dati naturali, ma anche per la
profondit:l del pensiero? Ebbene, egli oso fare questo preambolo:
" Queste suno le mie affcrmazioni a proposito dell'intero uni-
vcr:-;o " 90• Egli professo di saper trattare di tutto, senza alcuna
eccezione: nulla, infatti, d potrebbe essere al di fuori dell'uni-
Yerso! Eppure a qucsto filosofa ehi non darebbe la preferenza
rispetto a un Cleante, a un Crisippo, agli altri " modcrni"
che, messi a confronto con lui, sembrano essere cittadini di
quinta classc? 91 Tutta"\ia egli non arriva a sostenere quello
rhc sosteniamo noi, che non neghiamo l'esistenza di un qual-

SS. In V, TJ.
$.().Cfr. 59 :\ ()i Di~ls·Kranz; SEXT. E~IP. Pyrrll. l1_vp. 1. 33; Adt•. log.
l, {jO.
, go. Cfr. 6S I3 r65 Diels-1-\ranz. Qucste parul" erano al\'inizio uel Ilt?t
'f-'JO~l·l<; di Dcmocrito (cfr. DIOG. L.U:RT. 1 X, -16).
91. L'ultima classc dcgli a\·enli <.liritli .::i\"ili so:condo la costituzionc scr-
Yiana (cfr. HoR. Serm. l, 2, ·H)·

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GLl «ACADEMICA» Dl CICERONE

casa di vero, ma soltanto la possibilita di percepirlo. Egli, in-


vece, ne-,!p completamente l'esistenza della verita; dice che i
sensi non sono oscuri, ma "offuscati dalie tenebre" 92 (e questo
l'aggettivo che conferisce loro}. E quegli che ebbe per lui la mas-
sima ammirazione, ~fetrodoro di Chio 03, all'inizio del libro che
ha per titolo Sulla natura, dichiara: " Io dico di non sapere
se noi sappiamo qualcosa o non sappiamo niente, e di non
saperc neanche questo stesso nostro sapere-o-non-sapere, e
neanche, insomma, se esista qualcosa o non esista ".
74 A te pare chc Empedocle sia un esagitato 94 ; a me, invece,
sembra che egli emetta voci che sono pienamente all'altezza
degli argomenti da lui trattati. Farse che egli ci rende ciechi o
ci fa orbi dcgli altri sensi, quando pensa che poco grande e la
Iora attend.ibilita nel giudicare gli oggetti che cadono sotto
di essi?
Parmenide e Senofane 95 - in versi meno risonanti, ma pur
sempre in versi - quasi con ind.ignazione sgridano l'arroganza
di quelli che ard.iscono affermare di sapere, mentre in realtă.
non e possibile saper nulla.
Ma tu dicevi 96 che tra costoro non bisogna includere Socrate
e Platane. E perche? Forse non esiste nessun altro che io potrei
includervi con maggiore certezza! Ho l'impressione di essere
vissuto insieme con loro, tante sono le loro conversazioni rimaste
per iscritto da cui risulta impossibile mettere in dubbio che
Sacrale sia stato del parere che nulla si puo sa pere: ne eccettuo
una sola cosa, quella di "sapere d.i non sapere" 87 , e nulla piu.
Che dire di Platane? Egli certamente non avrebbe continuata
ad esporre queste parole in tanti libri, se non le avesse con-
divise: non avrebbe, infatti, avuto motiva di star dietro al-
1"' ironia" di un altro e, soprattutto, d'insistere su di essa ad
ogni pie sospinto ee.

92. Cfr. S&xT. EMP. Adv. log. J, 139· Telltbricosrts e l'aggettivo usato da.
Catullo (III, 11} per in<licare il cammino ddl' Avcmo.
93· Per questo allie\'o di Democrito c maestro di IppiJcratc cfr. Eusl'B.
P.-a.·p. ev. XlV, 19, s; SEXT. EMP. Adv. loJg. I. Si!; DIOG. LAERT. IX, ss.
9-1-· Cfr. V, 14.
95· Per qnesta intcrpretazionc sceltica degli Eleati dr., tra l'altro, SEXT.
EMP. Adv. log. I, uo stgg.; DloG. LAERT. IX, 71-74.
96. In V, TJ.
97· Cfr. C1c. Farro, IV, 15-111.
98. Cosl \'Îene controbattuta J'interpretazione luculliana di V, 15.

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GLI 11 ACADEMICA 1t Dl CICERONE 493

Non hai farse l'impressione che io non mi stia limitando xxiv, Î5


a fare, carne Saturnino 911, il nome di quegli uomini illustri,
ma che faccio persino l'imitazione esclusivamente di ehi e
illustre e celebre? Eppure ne avevo in serba anche di fastidiosi
per voi, quantunque non troppo preclari: Stilpone 100, Dio-
doro 101, Alessino 102, ai quali appartengono alcuni sofismi tor-
tuosi e forniti di pungiglione (e questo il nome chc si da a
certe dimostrazioni ingannatrici).
Ma perch~ chlamare a convegno costoro, dal momento che
ho a mia disposizione Crisippo, il quale e ritenuto il puntello
del portico degli Stoici? Quante affennazioni egli ha fatto contra
i sensi, quante contra tutte quelle cose cui si da di solito l'ap-
provazione 1 " Pero le ha anche confutate ", dite voi. Per conto
mio non la penso cosi; ma poniamo pure che le abbia confutate:
certamente non avrebbe raccolto tante argomentazioni, che
con grande probabilita ci potrebbero trarre in inganno, se non
~i fosse accorto che non e agevole opporvi resistenza. E che 76
ve ne pare dei Cirenaici, filosofi da non sottovalutare affatto,
i quali negano la possibilita di percepire alcun oggetto esterno
e limitano la percezione alle sole case che si sentono per un
~:ontatto interiore, carne il dolore o il piacere, e professano di
non sapcre il colore o il suono di un oggetto, ma di accorgersi
solamcntc di provare, in certa modo, certe affezioni? 1°3
l\Ia basta con le testimonianze autorevoli. Comunque, tu
mi chicdevi 10' se io non reputassi che, tanti secoli dopo quegli
antichi filosofi, le indagini eseguite con si grande zelo da tanti
uomini d'ingegno siano riuscite a scoprire la verita. Quali sco-
pertc, in realta, siano state fatte, lo vedro fra poco, e tu stesso
farai da giudice.
Che, poi, Arccsilao non abbia polemizzato con Zenone per

99. 11 demagc.go cui ha alluso Lucullo in V, J).


Ioo. Vno dei rnassimi esponenti delia scuola megarica: fu, tra l'altro,
nmcstro dello stoico Zcnone (cfr. DioG. LAERT. VII, 2 = test. 168 Doring).
ICI. Diodoro Crono. il massimo dialettico dci :\legarici (cfr. test. 76 Doring-).
102. Alcssino di Elide, discepolo tii Eubulide di Mileto, polemizzo molto
contro Zcnone e la Stea (cfr. DIOG. LAERT. Il, 109·110; SEXT, E11P. Adu.
Phys. I, 104, 108}.
IOJ. Cfr. DloG. LAF.RT. II, 86, 92; SExr. E)JP. Adu. log. I, I90·2oo;
GlTTHRIE, A Histvry cj Grttk Philvsophy, III, pp. 495 segg.
101. In VI, 16.

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494 GLl u AC:\DElllCA 11 Dl CICEROJ."E

astio, ma col solo intenta di scoprire la verita, si evince da


quanto segue.
77 Tutti i filosofi precedenti non solo avevano constatata, ma
avevano asseverato che l'uomo non puo limitarsi ad opinare
e che il saggio non solo non puo, ma addirittura non deve
opinare. Ad Arcesilao questo modo di pensare parve non solo
esatto, ma anche moralmente corretto e degno del saggio. E
probabile che egli chiedesse a Zenone che cosa sarebbe acca-
duto nel caso che ne il saggio patesse percepire casa alcuna
ne fosse pertinenza dcl saggio formulare un'opiniane. Zenone,
io credo, rispose che il saggio non si limitera all'opinione, giac-
che, a parer suo, non manca un qualcosa che e possibile com-
prendere. E quale sarebbe questo qualcosa? '' La rappresenta-
zione ", credo che Zenone rispondcsse. Ma qual e l'essenza
deHa rapprescntazione? Io penso che a questo punto Zenone
se ne sia uscito con questa dcfinizione: "E l'irnpressione, il
segno e la forma che derivano da ciO-che-e, cosi carne esso
e " tos. Poi Arcesilao, probabihncnte, gli chiese se questo va-
lesse anche nel casa che la rappresenta;done vera avesse le stesse
caratteristiche di quella falsa. A questo punto Zenone osservo
con acutezza che non esiste alcuna rapprcsentazione che si
possa percepire nel caso che essa, provencndo da cio-che-e,
abbia le stesse caratteristiche che potrebbe avere provenendo
da cio-che-non-e. Giustamente Arcesilao acconsenti che si ag-
giungesse alia definizione la precisazione che e impossibile con-
cepire tanta il falso quanto il vero, nel casa che quest'ultimo
abbia le stesse caratteristiche del falsa. Egli, pero, si immerse
in quelle discussioni per rnostrarc che ncssuna rappresentazione
derivante dai vero ha tali caratteristiche da non poter derivare,
conservandole idcntiche, anche dai falso.
78 Ecco l'unica discussione rimastaci fino ad oggi. Difatti l'af- .
fermazione che " il saggio non dara l'assenso a milla" non con-
cerneva questo d.ibattito. Restava aperta la possibilita che il
saggio non percepisse nulla e chc, tuttavia, fonnulasse opinioni:
il che si dice abbia avuta l'approvazione di Carneade. Per canto
mio, io accordo fiducia a Clitomaco piu che a Filone o a Me-

10,5. Cir, V 1, 18.

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GLI «1 ACADE~IlCA » DI CICEROXE 495

trodoro tos, e ritcngo che Carneade si sia limitata a rnettere


a tema questo punto, senza, pero, dame una dirnostrazione.
)Ia accantoniamo questo problema. Una casa e certa e cioe
che. una volta eliminata la possibilita di opinare e di percepire,
si ha, come conseguenza, la sospcnsione di ogni assenso: sicche,
,.;c io dimostrero l'impossibilita di percepire casa alcuna, tu
d<OJHai ammettcrc che non darai mai il tuo assenso.
illa che casa c'e di percettibile, se neppure i sensi ci an- xxv, 79
mmciano il vero? Tu, o Lucullo, li difendi con luoghi comuni 107 •
:\la l'as~mrdita di codesta tua difesa e stata gia da me rilcvata,
per l'appunto, ieri 103 , con una lunga dissertazione contro i sensi
t:hc st>mbrava un fuor d'opera. Tu, invece, sostieni che non ti
lasci convincere ne dai remo spezzato n~ dal collo deHa colomba.
jla, in prima luogo, tu mi dovresti dire perche non ti convinci.
Difatti io provo la sensazione che nel remo non c'e realmente
qucllo che sembra esserci e che nella colomba appare una plu-
ralita di colori, ma in realta non ce n'e piu di una solo. In
secondo luogo, io non ho detto propria niente oltre a eia?
" Rimangano pure queste vostre obiezioni- tu risponderai -;
tuttavia il vostro punto di vista resterebbe bloccato: Epicuro,
infatti, sostiene che i suoi sensi sono veraci! ". Dunque tu hai
sempre pronto un filosofa a darti la garanzia, e per giunta uno
che patrocina la causa a sua rischio e pericolo. Epicuro, infatti,
spinge la sua tesi fmo al punto da dire che, se nell'intera vita
nn solo senso ha mentito una volta sola, non bisogna mai ac-
cordar fiducia a ncssun senso. Questo, in verita, significa aver Sa
piena fiducia nei propri testimoni e pcrseverare nell'errore.
Cosi 1' epicureo Timagora 109 sos tie ne di non aver mai visto,
per il semplice falto che egli si stravolgesse gli occhi, uscire
due fiammelle da una soia lucerna: a suo avviso l'errore sta-

Jn6. Cicerone, rifacendosi alia fnntc piu diretta di Camearle. mira - al-
meno in qucsto passo - ad evitare le interpretazioni alquanto att~nuate dd
Cam~aclismo che erano state proposte da :lletrodoro di Strntonica e da Filone
<11 Larissa prima che qucst'ultimo aprisse la polemica contra Antioco e Iacesse
macchina inriirtro (cfr. AuGUST!:<. Contra Acad. III ..p).
1o7. In VII, 19. Secondo Cicerone le affennazioni di Lucullo a favore delia
conosccnza sensibile sono fondate su arti!ici retorici (~6::o~).
Io8. Nel Catulru.
tol). Visse ne] II sec. a. C. e si interesso soprattu tto di q uestioni politiclle
c lcttcrarie (cfr. PlllLIPPso:-;, Der Epik. Timag .. • Berliner Philol. \Voch. •,
1918, p. 1072). Rili~vi simili a quelli di Timasora. sono in LucRET. IV, 465 segg.

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GLI " ACADE:\UCA 11 DI CICERONE

rebbe, infatti, ncli'opinione e non gia negli occhi: come se si


stesse ricercando quale sia realmente un oggetto e non gia
quale esso appaia. Se anche lui la pensa cosi, e simile ai suoi
maestri; tu, invece, che pur hai la possibilita di dire che alcune
rappresentazioni sono vere per i sensi e altre sono false, come
fai a distinguerle? E ti prego: smettila di ricorrere a luoghi
comuni: cose come codeste, a casa nostra, ne nascono a bizzeffel
Tu vuoi sapere 110 cosa risponderei se un dio mi cbiedesse:
" Se i tuoi sensi sono sani e intatti, che altro diamine vuoi
tu? ". Magari me lo chiedesse! Ascolteresti dalie mie labbra
carne ci ha maltrattati! m.
Quale distanza prenderemo che sia adatta a fard scorgere
il vero? Da questo posta io vedo la villa di Catulo a Cuma;
vedo la zona delia mia villa di Pompei: ma la villa di Pompei
non la distinguo, eppure non c' e in mezzo alcun ostacolo, ma
e la mia pupilla che non puo spingersi oltre. Che spettacolo
affascinantel Vediamo Pozzuoli, ma non riusciamo a scorgere
il nostro amico Publio Avianio 112 che, forse, sta passeggiando
sotto il portico di Nettuno 113 •
81 "Ma - obietti tu - quel tale 114 di cui non mi sovviene
il nome e che di solito viene menzionato nelie scuole, scorgeva
gli oggetti a milleottocento stadi di distanzal ". Certi uccelli
anche a distanza maggiore! Avrei, per qucsto, l'ardire di rispon-
dere a codesto vostro dio che io non sono contento affatto di
questi miei occhi. Egli dice che io, farse, ho la vîsta migliore
di quei pesci che non vengono visti da noi (eppure ade.sso essi
stanno qui, sotto i nostri occhi) e che non riescono, neppur
essi, a sogguardare di laggiu la nostra presenza: dunque, come
per loro l'acqua, cosi per noi la densita dell'aria si diffonde
d'intorno e fa d'attrito.
"Tuttavia - obietti tu ancora - non desidcriamo di piu ", .
Ebbene? Credi che la talpa abbia il desiderio delia luce? Co-
munque, io mi lamenterei col dio non gia di avere la vîsta

uo. Cfr. VII, 19.


llf. Ciccronc si rifa qui alle polemiche neo-accademiche contro la con·
cczione stoica delia Provvidenza (cfr. De 111JI. deor. III, XXI, 65 segg.).
ll.l. Per quest'amico di Cicerone cfr. Ad Jam. XII. 75; 79·
IIJ. Vno dei due portici di Pozznoli; l'altro era quello di Ercole.
114. Si tratta di un certo Strabone che riusciva a scorgere da Lilibeo la
flotta cartaginese che salpava daii'Africa (cfr. Pu::-1. Nar. llist., VII, 85).

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GLI « ACADEMICA » DI CICEROI\E 497

curta, ma di vedere il falsa. Vedi la quella nave? A noi sembra


eli star fermi; ma a quelli che sono su di essa, sembra che questa
yjJla si muova 116 . Vorrei saperc per quale motiva debba sem-
brare cosi ; e, anche ammesso che tu trovi il motiva carne meglio
pnoi - cosa su cui faccio tutte le mie riserve -, riuscirai a mo-
strare che non sei tu ad avere un testimone veritiero, ma che
c quest'ultimo a commettere falsa testimonianza, non senza
a verne rnoti vo.
Perche parlare della nave? Vedo che tu non fai canto del- xxVI, 82
)' t'sempio del remo: farse ne cerchi di piu prestigiosi? E quale
!<J puo essere piu del sole, che i matematici sostcngono essere
oltre diciotto volte piit grande delia terra? Carne ci sembra
piccolino! A me pare quasi dclla misura di un piede. Ma Epi-
curo m reputa che essa potrcbbe essere anche piu piccolo di
quanto sembra. ancorche non di molto; e pensa che non sia
neppure molto piil grosso dcll'apparenza o che sia tanto grande
quanto sembra, di guisa che gli occhi o non ci ingannano o,
almeno, non ci ingannano molto. Essi ci potrebbero ingannare,
comunquc: dove va, allora, a finire la sua espressione: " se
una soia voita ... ? " 111 Ma piantiamo in asso questa credulone,
il quale pensa che i sensi non ingannino mai, neppure in questo
momento, quando ci sembra chestia ferma quel sole n. che pur
si muove con tanta fretta che e impossibile anche immaginare
la grandezza delia sua velocita!
!\Ia, per accorciare il dibattito, vedete, ve ne prego, carne 83
sia piccolo il terna del dissidio.
Ci sono quattro argomenti principali che dimostrano che
non esiste nulla che sia conoscibile, percepibile, comprensibile,
sulla qual cosa verte l'intera nostra indagine. Il primo di essi
e l'esistenza di qualchc rappresentazione falsa; il secondo e
l'impossibilita di percepirla; il terza e che, tra le rappresenta-
zioni che non presentano alcuna differenza tra Ioro, non puo
risnltare che alcune di essc siano percepibili e altre no; il quarto
e che non esiste alcuna rappresentazione vera proveniente dal
115. Per l'esempio cfr. LucRET. IV, 383 segg.; SExT. E~IP. Pyr,-/J. l•yp.
1, Ioi; Adv. log. I. 4'-1: SEx. Quoesl. tiai. VII. 25, 7·
. 1_16. Cfr. DHJG. LAt:RT. X, 91 = p. 39, :z ss. t:scner. Epicuro assume,·a una
pos1z1one di critica rispdto aUa credtmza popolare che stabiliYa r : 18 come
rupporto terra-so!e (dr., tra !'a!tro, STOB. PJ1ys. p. 524 Heeren).
117. Cfr. XXV, 79·

3!. Sc.·dlic' t~•Jiichi.

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GLI « ACADE)IICA » DI CICEROSE

senso alia quale non se ne accompagni un'altra falsa che, a


sua voita, non e differente da quella e non e percepibile.
Di questi quattro argomenti fondamentali tutti ammettono
il secondo c il terzo; Epicuro non ammette il primo; voi, con
i quali si sta discutendo, ammettetc anche quello 118•
Tutta la polemica si incentra sul quarto.
84 Orbene: ehi vedeva, ad esempio, Publio Servilio Gemino m,
se credeva di vedere Quinto, incappava in una rappresenta-
zione siffatta da non poter esscre percepita, perche nessun
segno distingueva il vero dal falsa. ~Ia, una voita eliminata
questo segno di distinzione, la rappresentazione vera non
avrebbe potuto prcsentare alcun segno siffatto che non potesse
essere falsa, nel ca.so che si dovesse riconoscere Cotta, che fu
per ben due volte console insieme con Gemino. Tu non ammetti
una somiglianza cosi perfetta nella natura. Vuoi polemizzare
ad ogni costo, ma con un avversario remissivo.
Non esiste questa somiglianza, ammettiamolo: ma certa-
mente puo sembrare che essa esista: essa, dunque, trarra in
inganno il senso. E se una soia somiglianza lo ingannera, scen-
dera il dubbio su tutte quante le rappresentazioni: difatti, una
volta eliminata quel giudizio che e indispensabile per effettuare
un riconoscimento, anche se quella persona che ti sembra di
vedere sara proprio quella che ti sembra di vedere, tuttavia
tu non fonderai il tuo giudizio su quel segno sul quale tu affermi
che e indispensabile fondare il riconoscimento di qualcuno, al
punto che non ci possa essere un scgno falsa che presenti le
85 stcsse caratteristiche. Allora, dai momento che Publio Gemino
puo scmbrarti Quinto, quale certezza hai tu che non possa sem-
brarti essere Cotta uno che non lo e, dato che egli sembra pur
essere un qualcosa che non e?
Tu clici che 120 ogni casa appartiene ad un suo propria genere .
e che non esiste nulla di identica ad un'altra casa. Ma questo
e un postulato stoica, e non e, di ccrto, attendibile: che, cioe
in tutto l'universo non c' e un sol pelo che sia tale quale un
altro pela, e cosi pure nessun chicco di grano. Sono afferma-
zioni ben confutabili codestc! ~Ia non voglio mcttcrmi a po-

118.Cfr. XXIV, i7·


ng. Per l"esempio di qucsti due celebri gemclli cfr. XVIII, 56.
uo. In XVI, 50.

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GLI a ACADElliCA t> Dl CICERO!'<E 499

Jemiuare: alia nostra attuale causa non importa affatto se,


nella rapprescntazione di un oggetto, 11011 si riscontri alcuna
diffc-rcnza nei rninimi particolari e se sia impossibile contraddi-
stinguerla anche nel casa che essa si riscontri. 1\'la, se non ci
pua essere una somiglianza tanto perfetta negli uornini, non
c'e ncppure nelle statue? Dimmi: farse Lisippo non avrebbe
potuto creare un centinaio di Alcssandri aventi le stesse ca-
rattcristiche, se avesse usato lo stesso bronza, la stessa lega
metallica, la stessa aria, la stessa acqua e tutto quanto il resta?
Con quale contrassegno avresti potuto distinguerli tra Iora? 86
Ebbene? Se in una eera identica, con questo rnio anello, io
imprimcro cento sigilii, quale segno di distinzione si potra ri-
scontrarc, quando se ne vorra effettuare il riconoscimento? Ti
dovrai, forsc, mettere alia ricerca di qualche sigillatore di pro-
fessione, dai momento che sei riuscito a trovare quel celebre
pollicoltore eli Delo che sapeva riconoscere cosi bene le uova? 121
}la. in soccorso dci sensi, tu invochi l'arte e la sfrutti: xxvn
" Il pittore - tu clici 1 22 - vede quei particolari che non vediamo
noi e. non appena il flautista ha emesso un soffio, subita l'esperto
riconoscc di che musica si tratta ". Ebbenc? Non ti sembra
che questo valga contra di te, dai momento che noi non riu-
~ciarno n c a vedere ne ad mlire senza avere grande esperienza
arti~tica, alia qualc ben pochi si accostano, specialmente nel
nostro paesc? E di tutte quelle belle cose che hai dette - ossia
le mirabili regale d'arte con cui la natura ha prodotto i nostri
sensi e il nostro intelletto e l'intcra struttura dell'uomo- perche
non dovn·i pave11tare di farmene un'opinione con leggcrezza?
Puoi tu anche asserire, o Lucullo, che esiste un qualche potere 87
che - certamente con prudenza e senno - ha creata o, per usare
il tuo stesso vocabolo, ha " fabbricato " 12a l'uomo. l\Ia qual
e codesta "fabbrica? " Dove e stata usata? Quando, perche,
come? Sono disquisizioni ingegnose le vo~tre, sono discetta-
zioni anche raffinnte, ma, aUa fine dei conti, rendetele almeno
evidenti e non limitatevi ad asserirlc. :\Ia sui problemi " fisici "

lli. Clr. XVlll, 57·


~~~. In VII, 20.
Il]. Cir. X, JO.

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500 GLI "ACADEJIIICA » Dl CICF.I<ONE

parlero appresso 124 , eal solo scopo di non far sembrar bugiardo
te, che poc'anzi 12<; hai detto che io l'avrei fatto.
1\la, per \'enire ad esempi piit chiari, mi mettero a sfoderare
tutti quanti i fatti sui quali sono stati riempiti alcuni volumi
interi non solo dai nostri, ma anche da Crisippo (a proposito
del quale gli Stoici sogliono rammaricarsi del fatto che egli,
nel produrre un'accurata ed esauriente raccolta di argomenta-
ziani cantro i sensi e l'evidenza e contro ogni esperienza e ogni
ragione, non si e rivelata all'altezza del compito quando ha
preteso di dare risposte a se stesso, c cosi ha lasciato le armi nelle
mani di Carneade).
ss Il tenare delle obicziani, da te prospettate m nella maniera
piit accurata, e il seguente.
Tu sastenevi IZ7 che le rappresentazioni degli addarmentati,
degli ubriachi e dei pazzi sono piit debali di quelle degli svegli,
dei sobri, dei sani. E in che moda? Perche Ennio, quando si
deste>, non disse di aver visto Omero, ma che gli era " parsa "
di vcderla, e perche Alcmeane, da parte sua, disse: '' Ma il cuor
mia non eaffatto d'accordo ... ", e lo stesso dicasi degli ubriachi.
Carne se si volesse negare che ehi si e destato non stia piit so-
gnando o che ehi ha recuperata il scnna creda che non siano
state vere le apparizioni che gli si sono presentate durante la
follia. Ma la questione non sta qui: si sta ricercando, invece,
come "apparivano" nel momenta in cui apparivano. A meno
che non crediama che tutto il famosa hrana " O picta del-
l'anima " 128 Ennio la abbia ascaltato -se pur l'ascalto davvero
in sogno - credcndo di udirla durante la veglia. Quanda si
desto, patc credere che si trattasse di rappresentazioni - quali,
in real ta, esse eran a - e di sogni; ma, mentre egli dormi va, le
provava proprio carne se fosse sveglio. Ebbene? Durante il
sogno Iliona 129 non crede farse che il figlio ha detta " 1\fadre, ·
te propria ia chiamo " in guisa tale da credcrvi anche quando

124. In XXXVI. 117.


125. In XVII, 55·
126. In XV. 46.
127. In XVI, 51 c in :XVII. 5Z.
128. Ann. fr. 6 \Vam1ington (cfr. DoxAT. In Ter. Ermuch. III, ,5. u).
129. Ciccronc allude alia celebre scena dell'lli01ra di Pacu\·io in cui il fan-
tasma di Deifilo. figlîo di Iliona, appare alia madre che )o avc,·a fatto uccidere
in sustîluzione di Polidoro (cir. Tuse. 1. XLIV. 106).

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GLI « ACATIEMICA ~ DI CICERONE 501

ella si ridesto? Da dove, infatti, sgorgavano queste sue espres-


sioni:
Su, stammi vicino, rimani,
Ascolta: ripeii a me ancora
Cmlest.e parole?

Ti sem bra, forse, che elia accordi alle ra ppresentazioni


minore fiducia di quanto non faccia ehi desto? e
Co~a dire clei forsennati? Tale fu il tuo parente Tudi-
tano I:lu, o Catulo: ma c'e qualche persona di mente ben sana
che ritcnga certe le proprie rappresentazioni con la medesima
intcnsita con cui egli riteneva certe le proprie allucinazioni?
Eb brnc? Quel personaggio 131 che dice :

Ti veuo, ti vedo, o Ulisse! Fincb6 ti c pcrmesso, sii vivo 1

non esclamava due volte di vederi o, mentre in realtă. non lo


vedeva affatto? Ebbene? Ercole 132 , nella tragedia di Euripide,
quando trafig-geva con le frecce i suoi figli credendo che fossero
quclli di Euristeo, quando assa..<;sinava sua moglie, quando
tentava di ucchlere anche suo padre, non era agitata da rap-
prescntazioni false allo stesso modo che se lo fosse stato da
quelle vere? Ebbtne? Persino il tuo Alcmeone 133 , che pure
affem1a che il cuore suo e in disaccordo con i suoi occhi, non
esclama farse, m~llo stesso episodio, a causa dell'accentuarsi del
suo furore: t:U
Donde nasce qucsta fiamma?

e, in seg-uito, non aggiunge

Avanzano, avan1.ano! Eccoli, cercano mc?

130. Costui, in acc.,ssi eli follia generosa, la.nciava mandate !li t.!enaro al
popolo (cfr. C1c. Plzilip. III, VI, 16).
I]l. Probabihn~nte Aiacc Telamonio in una tragedia di cui ignoriamo
anchc il nome t.lcll'auVJre {per qualco:<a rli si mile cfr. SoPH. A iax 100 segg.).
IJ~. Cfr. EuRIP. Here. j11r. 9Rz segg. L'epiS<Jdio e ricordatl) anchc in Sli.xT.
r:~l'. A dv. log. 1, 405 segg.; Il, 67.
IJ). Ricordato da Lucullo in XVII. 52.
134· 1 seguenti versi dc\l'A/cllltOIIe di Enniu costituiscono i frr. 3o-36
Warn,ington.

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502 GLI n AC.\DE!IIICA 11 Lll CICERONE

Ebbene? Quando egli implora il pietoso affetto della fanciulla


dicendo
Aiutami! Da me il flagello allontana,
Questo assalto violenta di fiamme
Che mi tormcnta!
Cinte di serpi avanzano cerulee.
Mi stanno intorno con ardenti faci,

metti tu in dubbio che non gli sembri davvero di vedere queste


cose? E similmente vale per il resta:
Tcndc Apollu chiomato l'arco d'oro,
Alia luna poggiandosi; a sinistra
Gli fa luce Di<Jna con la torcia:

go ehi ci crederebbe di piu, se questc cose esistessero realmente,


di quanto ci credeva lui per il semplice fatto che gli "sem.
brava" di vederle? E evidente, ormai, che il cuore di Alcmeone
e ben d'accordo con i suoi occhi!
Tutti questi esempi vengono qui riprodotti per dimostrare
una cosa di cui non ci puo essere niente di piu certa: che, cioe,
per quanto concerne l'assenso dell'anima, non sussiste alcuna
differenza tra le rappresentazioni vere e quelle false. Voi, În·
vece, non approdate a nulla, quando tentate di confutare le
false rapvresentazioni dei dementi e dei sognanti, servendovi
del ricordo che costoro stcssi ne hanno. ln(atti non si sta cer·
cando di sapere il modo in cui conservano, di solito, il ricordo
quelli chc si sono svegliati o che si sono riscattati dalla follia,
bensi di che sorta fosse la vista dei folli e clei sognanti nel m~
menta precisa in cui costoro ne erano agitati.
91 Ma metto da parte i sensi: c'e qualcosa chc possa essere
percepita per mezzo delia ragionc? Voi affennate che fu in·
ventata la diaJettica come mediatrice e giudice del vero e del
falso ts•. Ma di quale vero e di quaJe falso e in che campo?
Forse il dialettico dira il suo giudizio sul vero e sul falso in
geometria, in letteratura, nelle attivita musicali? :Ma egli non
ne ha competenza l Vediamo, allora, in filosofia. l\Ia che cosa
ne sa lui, ad esempio, dellc dimcnsioni del sole? Quali elementi

135- Pt-r questa definizionc, criticata dagli Scettici, dr. SEXT, E111P. Pyrrh.
hyp. II, 229; Dzo.:;. LAERT. V Il, 6o.

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GLI « ACADEMICA » Dl CICERONE 503

egli possicde per poter giudicare quale sia il sommo bene?


Su che diamine, allora, dara il suo giudizio? Dira egli, allora,
qnale rapporto di congiunzione o di disgiunzione tra le cose
sia vero, qnale espressione sia stata profferita in modo am-
bigua, che cosa si adatti a ciascuna cosa e che cosa le si op-
ponga? Se la dialettica da il suo giudizio su queste cose e su altre
simili a queste, non fa altro che dare un giudizio su se stessa:
ma ben piii ampie erano state le sue promesse! Difatti il giudizio
Sll qucste COSe non e sufficiente per giudicare tutte quante le
altre, chc ncll'ambito delia filosofia sono rilevanti per numero
e per importanza.
!lla, poiche a quell'arte voi assegnate tanto prestigio, state 92
attenti che essa, nella sua totalita, non sia nata a vostro danno,
essa che dapprincipio procede baldanzosa, offrendo gli elementi
dcl discorso e la possibilita di capire le ambiguita e il metoda
delia dimostrazione, e poi, col fare piccole aggiunte progressive,
pcrviene ai "sariti", ossia a una topica senza dubbio sdruc-
ciolevole e rischiosa, che tu stesso, poc'anzi I36, dicevi essere
un genere difcttoso di porre le questioni.
Ebbene? Noi non abbiarno colpa di questa difcttosita. La xx1x
natura e quella che non ci ha data alcuna cognizione dei limiti
e, quindi, neppure la possibilita di stabilire tin dove si puo
arrivare in certi argomenti, e cio vale non solo nell'ambito del
" mucchio di grano ", da cui e nato il nome " sori te ", ma
neppure quando si pretende da noi una risposta minuziosa in
qualche altro campo delia realta - se, ad esempio, uno sia ricco
o povero, famoso ovvero oscuro, se gli oggetti siano molti o
pochi, grandi o piccoli, lunghi o corti -, noi non abbiamo la
posşibilita di risponden~ con certezza in merita alta quantita
che si debba aggiungere o sottrarre.
" Ma i soriti sono difettosi " obiettate voi. Fateli a pezzi. 93
se vi e possibilc, affinche non vi rcchino fastidio: e di fastidio
ve ne daranno, se non state in guardia! "Siamo stati in
guardia - risponde lo Stoica -; infatti, quando si chiede a
Crisippo con gradual.ita se, ad esempio, tre chicchi siano pochi
0
. molti, egli, prima di g:iungere a molti, prcferisce fare una
ptccola pausa (e qut>sto il termine con cui traduciamo -ij0'1Jz.i-

I,36. In XVI . .J9·

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GLI « .'\CADEliiCA » Dl CICERONE

~e:Lv}" m. " Per canto mia - ribatte Carneade - ti puoi ancbe


mettere a russare, e non limitarti aduna pausa. Ma a che pro?
Ti sta alle costole, infatti, uno che ti sveglia dai sonno e ti
chiede allo stesso modo: "Se al numero col quale e cominciato
il tu o silenzio io aggiungo un'unita, saranno molti i chicchi? ".
Procederai ancora finche ti pare. l\Ia perche dire altro in piu?
Dovrai, infatti, fare la seguente ammissione: che non sei in
grado di indicare ne l'ultirno dei pochi ne il prima dei molti.
E questa sorta di pencolamento si propaga tanto da farmi ve-
dere con evidenza che esso puo estcndersi ad ogni questione.
94 " l\la esso non mi colpisce minimamente- risponde Crisippo -;
io, infatti, da esperto auriga, prima di giungere al limite estremo,
frenero i cavalli, e tanta piu se illuogo versa il quale i cavalli
si dirigono sara scosceso. In questa guisa - egli aggiunge - io
mi tengo a bada e non do risposta a ehi mi fa ancora domande
capziose ". Se tu hai in rncnte qualcosa di chiaro e non rispondi,
tu ti comporti con alterigia; se non l'hai, tu non riesci a capire.
Se non rispondi perche si tratta di cose oscure, io mi arrendo;
ma tu sostieni di non arrivare fino alle cose oscure; dunque tu
ti fermi quando le case sono chiare. Se ti comporti cosi al solo
scopo di stare zitto, tu non approdi a niente: difatti per uno
che ti vuole acchiappare non c'e alcuna differenza se egli ti
catturi rnentre stai zitto o mentre parli. Se, invece, tu rispondi
senza esitare che i chicchi sono pochi, ad esempio, fina a nove
e ti fermi al died, tu freni l'assenso anche su cose che sono certe
e abbastanza chiare, mentre non permetti a me di fare altret-
tanto su cose oscure.
Dunque, contra i sariti, codesta tua " arte " 138 non ti giova
affatto, essa che non sa insegnare quale sia il limite iniziale e
quello finale dell'accrescimento e delia diminuzione.
95 E allora? Il fatto che quella medesima "arte", quasi di-
stessendo la tela di Penelope 139, ti toglie alia fine quello che
prima ti avcva data, e colpa vostra o nostra? Certarnente ~
principio fondamentale delia dialettica il fatto che ogni enun-

137. Per l'esprcssione c!r. SEXT. E:MP. PyTrll. hyp. II, 244. 253; III, 66;
EPICTI!T. Diatr. Il, 18, 18; DIOG. LAERT. VII, 197·
138. Ossia la dialcttica.
IJ9· La medcsima !limilitudine ~in PL.AT. Phaed. 84a cd ~ usata daCice-
rone anche in De or. II. 258.

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GU rf ACADEMICA » Dl CICERONE sos
ciato (i Greci dicono ă#w!J.:&, che significa suppergiu dichiara-
zione [ccjatum]) HO e o vero o falso. Ebbene? Il seguente enun-
ciato " Se tu dici di mentire ed e vero questo che dici, tu stai
mentendo o stai dicendo la verita? " m e vero o falso? Ovvia-
mP.nte ve ne uscite col dire che enunciati siffatti sono "ine-
splirabili ": espressione, questa, che e piu rischiosa dclle nostre
.. nrm compreso " e " non percepito" uz.
:\Ia soprassiedo a questo e ti chiedo quest'altro: se questi xxx
sofisrni sono " inesplicabili " e se nei loro riguardi non si trova
alcun giudizio che vi dia la possibilita di rispondere se essi
siano veri o falsi, dove e andata a finire la famosa vostra defi-
nizione: .. un enunciato e quello che e vero o falso " ?
A proposito dclle premesse ua, pai, aggiungero che alcune g6
di essc devono essere accettate, altre - cioe quelle che siano
di genere contraria alle prime - devono essere respinte. Come
giudichi, allora, che si articoli questa dimostrazione: "Se tu
clici che ora c' e luce e dici la verita, c' e luce; ma tu dici che c' e
luce e clici la verita: dunque c'e luce" ? Voi approvate questo
tipo di argomentazioni e dite che e condotto nella maniera
pili corretta, e pertanto, nelle vostre teorie, lo chiamate " prima
forma eli dimostrazione ". 1\:la allora o approverete ogni dimo-
strazione che si articoli con lo stesso procedimento oppure la
vostra arte verra annullata. Vedi, dunque, se puoi approvare
(Jnest' altra dimostrazione: " Se tu dici di mentire ed e vero
qudlo che dici, tu menti; ma tu clici di mentire e clici il vero:
dunque tu stai mentendo ". Carne non potresti approvarla, dai
momento che hai approvato quella precedente. che pur e dello
stesso tip o?
Questa e tutta roba di Crisippo. e neppure lui l'ha saputa
dipanare. Carne si sarebbe comportato egli con quest'altra di-
mostraT.ione: "Se c'e luce, c'e luce; ma c'e luce: dunque c'e
luce" ? Ovviamente si sarebbe arreso: infatti lo stesso metoda

r_4o. Altrove Cicerone traduce il termine greco con ratia cmmliationis


(De ]ain I: I) o con numtiatio (ibid. X, zo) o con prr>ru~t~tialllm (1'115&. I, q).
. 14 L ~· questo, il celebre sofisma dcllo YE'•OO!!E,.ov, attribuito ad Eubu-
hue d1 :llhlcto (cfr. GELL. XVlll, z; DloG. LAERT. li, 108; A. Rii'STOW, Der
Lilg11er, Diss. Erlangcn, 1910).
r f2. Ossia oi:wx--:-~A'I'p-:--:-a. (cfr. VI. 18).
143- Si tratta dellt: premesse dcl sillogismo ipotetice, che gli Stoici ave-
vano sostituito a quello categorica di Aristolele (veda.'i SEsTo EMPIRica,
Con/ro Î logici, pp. xxxvm segg.).

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so6 GLI « ACADEMICA n DI CICERONE

delia connessione ti costringe ad ammettere la conseguente, una


voita che tu abbia amruesso !'antecedente.
:Ma quale differenza sussiste, allora, tra questa dimostra-
zione e la seguente: "Se tu menti, tu menti; ma tu menti:
dunque tu menti "? Tu dici di non pot ere ne approvare n~
respingere quest'ultima: ma perche lo puoi fare eli piu con
queli'altra? Se hanno valore l'arte, la ragione, il metodo e,
insomma, l'efficienza stessa delia dimostrazione, tutti questi
requisiti si riscontrano in entrambi i casi.
97 :\la ecco la loro ultima scappatoia: la loro richiesta di
un'" eccezione" per quest'argomentazione "inesplicabile ". Li
consiglio di rivolgersi ad un qualche tribuno delia plebe 1&&;
da me quest'" eccezione" non l'otterranno mai!
Epicuro, dispregiatore e derisore deli'intera dialettica 1n,
non e disposto a concedere loro che sia vero il seguente enun-
ciato: "Domani Ermarco 148 o vivni o non vivra ", mentre,
dal canto loro, i dialettici stabiliscono appunto che ogni di-
sgiuntiva di questo tipo - ad esempio " o. . . o non " - non
solo e vera, ma e anche necessaria (guarda quanta cautela ha
queli'uomo che costoro giudicano un ritardato mentale! " Se
infatti - egli osserva - io ammetto la necessita di una qualsiasi
delle due cose, risultera nccessario che domani Ennarco o viva
o muoia: ma nella natura del mondo non c'e nessuna necessita
siffatta "); ecco perche cont ro questo suo pensiero darebbero
battaglia i dialettici o. per meglio dire, Antioco e gli Stoici:
difatti Epicuro smantella tutta quanta la dialettica, giacche,
se la disgiuntiva formata da contrari (chiamo contrari quelli
di cui l'uno e affermativo e l'altro e negativo), se, ripeto, una
siffatta disgiuntiva puo essere falsa, non ce n' e nessuna che
sia vera.
98 1\la perch~ se la prendono con me, che pur mi attengo alle
regole delia loro " arte"? Quando capitava un caso come

IH. In quanto co~toro potevano soUe\·are l'e:~ruptio o inltrcessio, ossia


îl diri tto eli veto.
145. Su qu"sto anti·dialettismo di Epicuro Cicerone ritorna in De tsiJ!·
deor. I. XXV, 70; De fato. IX. 19. In rcalta. la logica epicurea opponeva 11
metoda induttivo a qnC'Uo dialettico. come e attestato dai IlEpL ITI)p.dwv xcz;l
ITIJP.E~t~aewv di Filodemo.
1-tti. Ermarco di MitilC'nc. qui citata solo come esempio. fu allievo di Epicuro
e di:resse la scuola alia marte de! Maestro (cfr. DIOG. LA.ERT. X, 15 segg.).
Analogo usa delia disgiunzione c in Clc. De fato XVI, 37·

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Gt.l •< AC.\DEMIC.'\ 11 [li CICERONE 507

q ucsto, Carncade di solito si metteva a scherzare cosi: " Se


ho dimostrato in modo corretto, vi tengo in pugno; se in moda
!jcorretto, Diogene 147 vi rendera una mina ''. Carneade, infatti,
avcva imparato la dialettica da quello Stoica e la mina era
l'onorario che si prendevano i dialettici.
Orhene: mi sto attenendo al metoda che ho imparato da
Antioco, e non riesco a trovare una maniera per cui dovrei
gimlicare vera I'espressione "se c'e luce, c'e luce ", basandomi
~u quanto ho imparato - ossia che ogni connessione ipotetica
chc risulti dagli stessi elementi e vera -. mentre non dovrei
giudicar~ che si articoli allo stesso moda l'espressione " se tu
menti, menti ": percil) o giudichero vera quest'ultima, oppure,
se non giudichero vera questa, non giudichero vera neanche
q nella.
Jl.la mcttiamo da parte tutti questi pungiglioni e tutti quanti xxx1
qucsti tortuosi battibecchi e mostriamo la nostra vera identitâ.
Cosl, una volta che avro fatto luce sull'intero pensiero di Car-
neadc, cadeste frottole di Antioco crolleranno tutte in blocco.
E non vi aggiungero propria nulla di mia, per evitare il sospetto
chr. si tratti di mie invenzioni: prendero da Clitomaco, che
Yisse con Carneade fina alia vecchiaia e fu un uomo acuto,
da Cartaginese qual era, e senz'altro scrupoloso e diligente. Ci
sono ben quattro suoi libri Sulla sospet~sione dell' assenso, ma
la mia esposizione e tratta dal primo libro.
Carneade sostiene che ci sono due generi di rappresenta- '.J9
zioni : nel prima egli stabilisce la seguente divisione : che ci sono
alcune rappresentaziani "percepibili ", altre " non percepi-
bili "; nel secondo, invece, stabili.sce la seguente divisione:
che alcune rappresentazioni sono " probabili ", alt re " non
probabili ''as_
Orbcne: le obiezioni che si adducono contra i sensi e contra
l'evidcnza spettano alia prima divisione; invece contra la se-
conda non ci sono obiezioni da addurre. Pertanto e sua pensiero

. 1 4i·, Di~·genc di Babilonia aveva inscgnato la dialettica a Camcade: percio,


se qnest uihmo sbagliava. la colpa ricadeva sul suo macstro chc nun glicl'avcva
fatta Len capire. L'aneddolo ricorda quello famosissimo di Tisia. c Curace ri·
portato da Sesto (Adv. malll. II, 96-99) .
. Lt8. Carncade, da buon platonica, applicava il metoda diairetico a pro-
postto delia rappresentazionc, c chc una siffatta applicazionc gli fo~se consucta
e pro\"ato anche dalla divisionc dci fini riportata in C1c. Dr. ji11. V, VI, 16 segg.

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sos GLI << ACADE:\IICA » DI CICERON'E

che non esista alcuna rappresentazione avente tali caratteri-


stiche che ne dcrivi una percezione, ma che ce ne sono molte
da cui deriva una probabilita. Sarebbe, infatti, innaturale Ia
non esistenza di alcuna probabilita: ne conseguirebbe quella
totale distruzione della vita che tu, o Lucullo, rnenzionavi ue.
Cosi, anche per mezzo dei sensi bisogna dare l'approvazione
a rnolte case, purche si tenga ben presente soltanto questo:
che, cioe, nei sensi stessi non e insita alcuna casa cbe sia tale
da non poter essere anche falsa e che non presenti alcuna diffe-
renza rispetto ad una cosa falsa. Cosi qualunque rappresenta-
zione capiterâ. che abbia l'apparcnza del probabile, se non si
profilera nulla che a questa probabilita sia contraria, il saggio
la utilizzera, e in questo moda verdt. governata tutta la con-
dotta delia vita. Infatti anche quel '' saggio "Jso che voi ad-
ducete come modello si attiene a molte cose che sono probabili
e che non sono ne comprese ne pcrcepite ne gratificate dal-
l'assenso, ma sono simili al vero 161 , e se egli non le approvasse,
l'intera vita sarebbe soppressa.
1oo E allora? Farse che il saggio, nel rnomento in cui s'im-
barca, ha nel suo anima l'esatta comprensione e l'esatta per-
cezione che egli farâ.la navigazione secondo il suo intendirnento?
E carne sarebbe possibile? Ma, se egli si mette in viaggio da
qui fina a Pozzuoli per trenta stadi su un battello efficiente,
con un buon pilota, con questa bonaccia che c' e, sernbrerebbe
probabile che egli pcrverră. li sano e salva 1112 • Sulla base di sif-
fatte rappresentazioni egli decidera di agire o di non agire, e
sara piu propenso ad ammettere che la neve sia bianca di quanto
non lo fosse Anassagora 163 , il quale non solo diceva che le case
non stavano cosi, ma aggiungeva che a lui la neve non appariva
neppure bianca, giaccM egli sapeva che e nera l'acqua da cui
101 quella si era formata; e qualunque casa verra in contatto col.
saggio in maniera tale che ne risulti una rappresentazione pro-
babile e priva di impedirnento, egli ne sara rnosso. Il saggio,

149. In X, 31.
Ijo. Il Iamoso a saggio • stoico, che lo stesso Crisippo considcrava intro-
vabilc.
151. Per Cicerune • probabile • e • verosimile • continuano ad idcntilicarsi.
152. Qui il calcolo delle probabilita gioca maggiormentc a favore della
precisione.
153. Cu. XXIII, 72.

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GLI rr ACADEMICA 11 Dl ClCF.RONE

infatti. non estato scolpito nel marmo ne ritagliato nella quercia,


!lla possiede un corpo, ha un'a.nima, e mosso dall'intelletto, e
mosso dai sensi e, di consegucnza, molte rappresentazioni gli
scmbrano vere, pur non avendo esse un " segno" molto spiccato
e su~cettibile di percezione. E il saggio non da l'assenso per il
semplice fatto che potrebbe esistere un qualcosa di falsa avente
k medesime caratteristiche di cio che e vcro. E contra i sensi
noi facdamo obiezioni che non sono diverse da quelle che fanno
E-:"1i Stoici, i quali affermano l'esistenza di molte cose che sono
blse e che sono ben lontane dall'apparire ai sensi.
~Ia. se le cose stanno cosi - che, cioc, ai sensi si offre anche xxxu
nn:t soia rappresentazione falsa-, si egia bella e negata la possi-
bilit~l di alcuna percezione sensibile. Cosi, anche se noi stiamo
z.itti, in base ad una sola massima di Epicuro e ad un'altra che
e pur vostra, vengono eliminate percezione e comprensione. E
qnal e questa massima di Epicuro? " Se una qualche rappre-
sentnione sensibile e falsa, nulla e percepibile .. . Qual e la
,·ostra? " Le rappresentazioni sensibili sono false". Quale ne
L\ qnindi, la conseguenza? Anche se io sto zitto, la dimostra-
zinne lo dice da se: " Nicnte e pcrcepibilc! ".
Lo Stoico dira: "Non sono d'accordo con Epicuro ". l\Iettiti
allora a polemizzare con Epicuro, che la pensa in modo del tutto
diwrso da te, ma non farlo con me, che sono d'accordo con te
aJmeno su questo punto, ossia che nci sensi c'e qualcosa di falsa.
Eppure non c'e nulla che mi scmbri tanto strano quanto 1oz
rodeste vostre affem1azioni, specialmente se le fa un Antioco,
al gn<~le erano ben noti i rilievi che poc'anzi io facevo. Am-
mettiamo pure che una persona qualsiasi, di testa sua, biasimi
questi miei punti di Yista, perche io negherei la possibilita di
percepirc alcuna casa: certamcnte quel biasimo ha un minor
peso, perche io affermo, comunque, l'esistenza di " rappresen-
ta:r.ioni probabili ".
. Quest'ammissione, pero, non vi sembra sufficiente. Non lo
SJa: noi, comunque, dobbiamo sottrarci a rimproveri come
coclesti che ci sono stati mossi specialmente da te: " Dunque
tu nnlla vcdi, nulla senti, nulla per te e evidente ". Fondandomi
sulla testimonianza di Clitomaco, ho chiarito poc'anzi 1M in

l.).J. In XXXI. 98.

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510 GU 11 AC:\DEMICA » DI CICERO~E

che senso Carnea de esprirnesse il suo punto di vista: ascolta


in che moda ce lo dice Clitomaco in quel libra da lui dedicata
al poeta Caio Lucilio, benche avesse gia scritto sui medesimi
problemi un'altra opera dedicata a quel Lucio Censorino che
fu console con Marca )lanilio 155 • Egli scrisse quasi testualmente
le seguenti parole (ed io le conosco bene, percM in quel libro
e contenuto il principio essenziale delia dottrina concernente
103 le questioni che stiam o trattando). Sta scritto cosi: che, secondo
il pensiero degli Accademici, le cose presentano dissomiglianze
siffatte che alcune sembrano probabili, altre no. l\'la questo non
e sufficiente perche tu possa affcrmare che alcune cose sono
percepibili e altre no per il solo fatto che molte rappresentazioni
false sono probabili; ed e, d'altra parte, impossibile che risulti
percepita e conosciuta alcuna cosa falsa. Egli, dunque, affenna
che cadono in un grosso errore quanti sostengono che i sensi
vengono soppressi dagli Accademici, i quali non hanno mai
sostenuto la non esistenza del colore o del suono, ma si sono
!imitati ad osservare che questi non hanno alcun peculiare
" contrassegno del vero e del falsa " che non si riscontri mai
anche altrove.
104 Esposti questi principi, cgli aggiunge che si dice che il
saggio trattiene l'assenso in due modi: nel prima, quando si
intenda chc egli non da l'asscnso a nessuna cosa in modo as-
saluta; nel secondo, quando egli si astenga dai dare una ri-
sposta che significhi approvazione o disapprovazione, sicch~
egli non esprimc alcuna nega:done o alcuna affermazione. Stando
cosi la faccenda, Clitomaco sostiene di condividere in teoria il
prima moda col non dare mai l'assenso e di attenersi in pratica
al secondo, nel senso che, ncl rispetto delia probabilita. ovunque
qucsta sia presente oppure venga meno, egli possa rispondere
si oppure no. E per potcr pensare chc a ehi si astiene dall'assenso.
in merita a tutte le cose, non viene, comunquc, inibito il com-
pimento di un moto o di un'azione, ammise l'esistenza di certe
rapprcsentazioni siffatte che da esse siamo spinti ad agire, e
parimenti di certe altre che, quando siamo interrogati, ci per-
mettono di dare una risposta in un senso o nell'altro, atte-
nendoci esclusivamente a quello che ci e parso, scnza dare,

155. Kel 1.19 a. C. (cfr. C1c. 8Tift. XV. 61).

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GLI << ACADEMICA » Dl CICERONE SII

peru, il no~tro assenso. Cio non vuol dire, tuttavia, che si dia
J'approvazrone a tutte le rappresentazioni siffatte, ma solo a
quelk che non sono soggette ad alcun impedimento.
Se non siamo capaci di rendere probabili questi princ1p1 105
anche per noi, essi saranno falsi quanto volete, ma non affatto
ndiosi: noi, infatti, non intendiamo strapparvi la luce, ma ci
Jimitiamo ad affermare chc quclle stesse cosc che voi dite di
percepire e di comprendere, a noi sembrano probabili, purche
lo siano.
In questo modo, dunque, e stato presentato e costituito XXXIII
il 1•rincipio della probabilita, ed esso ha le caratteristiche delia
sncllezza, delia scioltezza, delia liberta e non trova nessun
ostacolo di frunte a se: di conseguenza tu vedi certamente, o
Lncullo, che onnai e rnessa a terra la tua famosa difesa del~
J'evidcnza 15 &. Difatti questo "saggio " di cui sto parlando
guardr:>r:\ cielo, terra e mare con i medesimi occhi con cui li
guarda il tuo, e provera con i medesimi sensi le sensazioni di
tutte le altre cose che cadono sotto il singolo senso. Quel mare
che ora, al sorgere dello zeffiro, appare purpureo, apparira
identica anche a questo nostro saggio, ma tuttavia egli non dara
il suo assenso, perche anche a noi poc'anzi sembrava ceruleo
quel mcdcsimo mare che stamani era sembrato grigiastro, e
perche ora quella sua parte illurninata dai sole e biancheg~
giante r luccnte e non somiglia affatto al resta delia distesa
marina che le e vicina, di guisa che, anche se avessimo la possi~
bilita di spiegare razionabnente il motivo di questo fenomeno,
non ti sarebbe possibile, tuttavia, sostenere che e vero quello
che appariva ai tuoi occhi.
" Da dovc nasce, allora, la memoria, se non abbiamo al- 106
cuna percezionc? ". Era questa la tua istanza 1ii7 . l\Ia perche
mai ci sarcbbe impossibile serbare il ricordo delle rappresenta-
zioni, anche senza averne la comprensione? Ebbene, Polieno 158,
che gode fama di essere stato un grande matematica, dopo
che si mise al seguito di Epicuro e fu dell'opinione che l'intera
geometria fosse falsa, non dimentico affatto le sue precedenti

r 56. Sostcnuta in \" 1. t 7·


I~7- In VII, 22.
.1 5S. Policno di Lampsaco fu Hllitvo mr.lto caro tii Epicum {cfr. (•c. D' fiu.
1· \ 1, .zo; Sru. Ad Lwc. 1, 6, 6).

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512 GLI 11 AC:\ DE MICA n D1 CICERONE

conoscenze matematiche. Eppure quello che e falso non e per-


ccpibile, come voi stessi sostcnete. Se, allora, esiste la memoria
degli oggetti perccpiti e compresi, ciascuno deve aver compreso
e percepito ogni oggetto di cui conservi la memoria; ma non e
possibile comprendere nulla di falsa, e Sirone 1511, ad esempio,
ricorda tutti i " dogmi " di Epicuro: dunque questi ultimi
sono tutti quanti veri. Questa conclusione, per conta mio,
potrebbe anchc an dare; ma tu o devi ammettcre che le case
stanno cosi - cosa che non vorresti affatto - oppure devi con-
segnare la memoria nelle mie mani e devi confessare, da parte
tua, che c' e post o anche per lei, quantunque comprensione e
percczione vengano annullate 160•
107 " E che accadra delle arti? " chiederai tu. Ma di quali?
Di quelle che di per se confcssano di servirsi delia congettura
piu che delia scicnza, o di quelle che si attengono soltanto alle
apparenze e chc non posseggono codesta vostra " arte" 161
per discriminare - sua mercc - il vero dat falso?
Ma ci sono due punti luminosi che, piu di ogni altro, rac-
chiudono il vostru punto di vista. Il prima e la vostra afferma-
zione dell'impossibilita che non si dia l'assenso a cosa alcuna. Ma
questo e davvero evidente, dai momcnto che Panezio 182, il
quale, a mio avviso, e quasi il piu grandc degli Stoici, dichiara
di mettere in dubbio cio che e ritenuto certissimo da tutti gli
altri Stoici eccettuato lui, ossia che siano veri i responsi degli
aruspici, gli auspici, gli oracoli, i sogni. i vaticini, e suspende
il propriu assenso. E cio che egli puo fare persino a proposito
di cose che sono stimate certe dai suoi maestri, perch~ non
potrebbe farlo il saggio a proposito delle altre? Oppure c'e
un motiva in base al quale e possibile respingere o approvare
una qualche tesi e non e possibile, invece, metterla in dubbio?
Tu nei soriti potrai fcrmarti cosi a tuo piacimento 163, ed egli•.
invece, non potra farlo aiia stessa maniera, soprattutto se si

159. Di OTigine sira, !'.i stabili a Napoli ed ebbe come allievo Virgilio. Ci-
cemne ne paria piu di una ''olta con ammirazionc (Ad faon. VI, 11, -:z; DtJ ft11.
Il, 35· lf9).
160. Anche dai Medici Empirici e dai Neopirroniani la memoria continuerl
ad csso;-rc prcscn:ata nonostante il ritorno di fiamma delia scepsi e dell'tltox-IJ•
161. Ossia la dialcttica, come in XXIX. 94·
162, Per l'opposizione di Panezio aU'astrologia dr. C1c. De divin. 11,
XLII. 88; XLVII. 97·
163. Seguendo, cioc. le indicazioui di Crisippo (dr. XXIX, 93)·

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GU u ACADEMICA B Dl CICERONE 513

tien prcsente che gli e possibile prescindere dall'assenso e tener


dictro alia stessa verosimiglianza liberata ormai da ogni impe-
dimento?
Il secondo punto luminoso e la vostra negazione che possa 108
compicre alcuna azione ehi non dia, col suo assenso, l'approva-
r-ione a casa alcuna 164 • Anzitutto, infatti, a parer vostro, bi-
sogncrebbe accogliere la rappresentazione, nella quale e pre-
sentc anche l'assenso (gli Stoici, invero, dichiarano che i sensi
di per se si identificano con l'assenso 165 e che l'azione segue
qucst'ultimo, dal momento che l'appetizione ne e una conse-
guenza); ma, una voita eliminate le rappresentazioni, tutto
verrcbbe eliminata.
Su qucsto problema si e detto e scritto molto in un senso xxxtv
c nell'altro [vedi piu su 1116]; ma nel suo insieme esso si puo
risolvere in brcve.
Sccondo me l'azione piu importante e quella di opporre
resistenza alle rappresentazioni, di contrastare le opinioni, di
trattenere sdrucciolevoli a.._.;sensi, ed ho fiducia in quello che
!'Crive Clitomaco, ossia che Cameade si e accollata un'intera
fatica di Ercole, perche ha discacciato dai nostro animo, come
una bclva feroce e mostruosa, l'assenso, vale a dire l'incon-
trolbto opinamento.
Tuitavia, mettendo da parte questo lato della difesa, mi
domando quale impedimcnto subisca l'azionc di ehi si attiene
alia probabilita quando nulla gli sia d'ostacolo.
" 1\Ia l'ostacolo per lui sara propria qucsto- dice lo Stoico -; 109
che, cioe, egli stabiliTa l'impossibilita di percepire persino quello
a cui da l'approvazione ". Si, propria codesto ti sara d'impaccio
nclla navigazione e nella senlina, nella scelta dclla sposa e
nella procreazione dei figli e in quelle innumerevoli altre fac-
cende della vita nelle quali non ti atterrai a nicnt'altro se non
aUa probabilita! E, cio nonostante, tu ti metti a ripetere un'obie-
zione fritta e rifritta e gia tante volte respinta, non come la
porgeva Antipatro IG 7 , ma, secondo la tua asserzione 168 , in

<6-t. Come e stato sostcnuto da Lucullo in XI 1. 39·


Hij. Comc c dctto in l"arro XI. -t 1.
r66. EYidente glossa mar~;inalc da espungere.
167. Cir. IX, zS.
I68. Fatta in IX, 29.

33. Sut/iri aHii<hi.

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GLI «ACADEMICA» DI CICERONE

maniera piu incalzantc. Tu affermi, infatti, che Antipatro e


stato rimproverato perche diceva che ehi afferma l'impossibilita
di cornprendere alcuna cosa devc, per coerenza, affermare la
comprensibilitâ. almeno di questa sua affennazione; ma que-
st'argomentazione sembrava grossolana persino ad Antioco, e
in contraddizione con se stessa. Difatti non c possibile sostenere
in rnodo corretto l'incomprensibilitâ. di alcuna cosa, se si afferma
la cornprcnsibilita di una qualchc cosa. Egli reputa, invece, che
si sarebbe dovuto mettere alle corde Carneade appunto in
questa maniera, ossia sostenendo che, siccome nessun principio
del " saggio " puo esserci ove esso non venga compreso, per-
cepito e conosciuto, ehi sostiene essere appunto questo il prin-
cipio del saggio - ossia che nulla puo esscre percepito - viene
ad ammettere che propria questo principio e stato percepito.
Quasi che il saggio non abbia alcun altro principio e possa
no trascorrerc la vita senza principi! 169 1la, come egli ritiene
probabili qucgli altri senza averii percepiti, cosi ritiene pro-
babile anche questo, vale a dire l'impossibilita di percepire
cosa alcuna. Difatti, se in questo principio egli trovasse un
segno di riconoscirnento, se ne servirebbe anche negli altri;
ma, poichc non lo possiede, si limita ad utilizzare la probabilita.
Carneade, pertanto, non temette di sembrare provocatore
di una confusione e di un'incertezza generale 170 : infatti egli
non direbbe di " non sapere " nel casa che gli venisse fatto un
quesito a proposito dcl dovere o delle altre cose di cui ha pratica
ed csperienza, allo stesso moda che nel caso in cui gli venisse
chiesto se il nume ro dellc stelle sia pari o dis pari: che nelle case
oggettivamente incerte non sussiste affatto probabilita; invece
in quelle probabili non rnancheranno al saggio ne un'azione
ne una risposta.
11r E tu, o Lucullo, non hai tralasciato m neppure quest'altro .
biasirno fatto da Antioco (e non e strano, giacche esso ha una
particolare importanza) e dal quale, come lo stesso Antioco
era solito riferire, Filone veniva messo in seria imbarazzo.
Premesso, infatti, chc alcune rappresentazioni sono false e in

16g. Qu~sta concessionc tiloniano·cic~roniana sara ritirata dai Neo-pir-


roniani (dr. S~:xT. EMP. Pyuh. llyp. I, 34) a fa,·ore di una s<:epsi piu radicala.
1 ;o. l"ome !o ha accusato Lucullo in X. Jl.
'7'· In XIV, 44·

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GU « ACADE~UCA D Dl CICERONE 515

5
econdo luogo che queste non differiscono dalle vere, egli 5(}-
stencva che gli Accademici non fanno attenzione al fatto che
b prima prcmessa e stata concessa esclusivamente perche
risulta esscrvi una certa differenza tra le rappresentazioni, ma
che qucsta diffcrenza viene eliminata dalla seconda premessa,
con la quale si nega che le rappresentazioni vere e quelle false
diffcriscano tra loro. Non esisterebbe. secondo Antioco, una
contraddizionc altrettanto evidente. E la faccenda starebbe
davvero cosi, se noi eliminassimo la verita in senso assoluto.
~la noi non lo facciamo: difatti riusciamo a scorgcre certe cose
nre e certe cose false; ma, mentre sussiste un indizio delia pro~
babilita- ossia l'apparenza -, delia concreta percezione, invece,
non abbiamo segno alcuno.
)la ho l'impressione di fare, anche adesso, una difesa troppo xxxv, 112

fi acea ; mt'n tre ci sta a perto dinanzi un terreno nel quale il di~
scursa potrebbe liberamente spaziare, perch6 lo teniamo C(}-
5trctto tra le tante trappole e i tanti greppi dcgli Stoici? Se,
infatti, io dovessi discutere con un Peripatetico il quale affer~
massc che e percepibile l'impressione derivante dal vero senza
mettervi accanto quella grandiosa aggiunta " nel modo in cui
l'impres:;ione non potrcbbe derivare dai falso ", discut erei in
maniera semplice con un uomo semplice e non farei un'opposi-
zione accanita, c se pure, mentre io nega la possibilita che si
percepisca alcuna cosa, egli dicesse che, di tanto in tanto, il
saggi.o fommla opinioni, non mi metterei a recalcitare, special-
mente perche neppure Carneade recalcitrava molto contra questo
punto di vista. 1\'la allo stato attuale cosa posso fare? Mi metto n3
a domandarc cosa sia comprensibile. 1\Ia non sono ne Aristotele
ne Teofra:;to, e ncppure Senocrate o Polemone, bensi questi
filosofi di second'ordine a darmi la seguente risposta: " E
comprensibile solo quel vero che ha tali caratteristiche da non
poter cssere falso ". Un vcro cosi concepito io, pero, non riesco
a trovarlo: pcrtanto non c strano che io dia l'assenso a cio
che e sconosciuto, cioe che io mi limiti ad opinare 172•
Questa concessione me la faranno sia i Peripatetici sia gli
Accademici Antichi: me la rifiutatc voi, c soprattutto Antioco,

, 1 72. Qucsta sezionc dd Lrtcltllrts \'a inscrita ncl recupera filoniano dd·
1 Acc:tdeulia Antica c del PcripatQ attr;l\."crso la mcdiuionc dcl probabilismo.

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GU « AC:\DE~IICA Il D1 CICERONE

il quale mi lascia molto turbato, sia perche ho voluta bene a


quell'uoma carne egli ne ha voluto a me, sia perche lo con-
sidera il piu raffinato ed acuto dei filosofi contemporanei. Ma
anzitutto gli devo ch.iedere come cgli faccia ad appartenere a
quell' Accademia di cui pur si professa scguace. Quale filosofa
dell'Accademia Antica o quale Peripatetico ha mai sostenuto
questi due principi - per non dire anche gli altri - su cui ora
nrte la discussione, ossia chc e possibile percepire solo qnel
vero che abbia tali caratteristiche da non poter essere falso e
che il saggio nulla opina? Certamente nessuno! E nessuno di
l}UCSti due principi e stato mai tanto difeso prima di Zenone;
io, dopo tutto, li ritengo veri entrambi, e non lo dico per op--
portunismo, ma li approvo pure senza mezzi termini 173.
xq C'e, pero, una cosa per me intollerabile: propria tu, poich6
mi vieti di dare l'assenso a cio che e sconosciuto e ritieni un
assenso d.i questo genere come una cosa molto vergognosa e
leggera, ed hai tu solo la presunzione d.i sapere la dottrina delia
saggezza, d.i spiattellare tutta la natura dell'universo, d.i creare
principi morali, di stabilire il sommo bene e il sommo male, di
precisare i doveri, eli definire la mia condotta di vita, e, come se
non bastassc, dichiari di consegnarmi il criterio ela regola delia
discussione e dcll'intelligenza, propria tu - ripeto - sarai capace
di non farmi mai cadere, di non farmi mai abbassare all'opi-
nione, una volta che io abbia dato il mio abbracdo a tutte
codeste innumerevoli fandonie! Ma qual e, alla fine dei conti,
codesta dottrina alia quale mi vorresti trascinare, se riuscirai
a staccarmi dalla mia? Ho pa ura che tu ti comporti con malta
arroganza, se la chiami tua : eppure e inevitabile che tu la
chiami cosi. Ma non sei tu solo a comportarii in questo modo:
ognuno vorra trascinarmi alla sua.
115 Sm-·via, opporro anche resistenza ai Peripatetici, i quali pur.
affermano che sussiste un'affinita tra loro e gli oratori 174 e che
uomini illustri, usciti dalla loro scuola, sono stati spesso alla
d.irezione dello Stat o; sosten·<'> pure l'attacco di tanti miei amici

I7J· Quest"approvaziunc vien data con ironia, altrimenti crollerebbe tutto


il c;J.stcllo prohabili5tico che Cicerone sta costn1cndo.
1 74· Si ricord<.>ra che la cmu:ezione ciccroniana dell'oralor il in gran parte
una sviluppo ili dottrine peripatctiche. In qucsto passo Ciccrone fa scattare
il tropo scettico delia 8tX9<o>'ll1.

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GU «ACADEMICA D DI CICERONE

Epicurei w•, gentiluomini cosi valenti e affezionati tra loro:


ma come dovro comportarrni con lo stoica Diodoro 1711, mio
vccchio macstro, che sta vivendo con me da tanti anni, che
~.ta a casa mia, che io ammiro e amo e che pur <lisprezza codeste
teorie di Antioco?
Tu dirai: " Esiste esclusivamente la nostra veri ta! " Si,
esdusivamente la vostra, se essa e la verita: che piu verita
in dissidio tra loro non possono esistere. Ma siamo, allora, spu-
dorati noi, che non vogliamo sdrucciolare, oppure sono pre-
suntuosi quelli che hanno Ia convinzione di sapere tutto essi
~o li?
.. ~la non sono ia - egli obietta -; mi limita a dire che e
il ~aggio a sa per tutto ". Benissimo! Egli senza dubbio conosce
cio clle sta nclla tua dottrina: ma che diamine <li principio e
codesto, ossia che la saggezza viene determinata da ehi saggio
non e? :J.Ia non facciamo questioni personali: parliamo, invece,
dd " saggio ": su lui, infatti, carne ho gia detto tante volte 177 ,
verte tutta questa discussione.
Orbene: lo scibile umana e stato diviso in tre parti sia dalla u6
maggioranza dei filosofi sia da voi stessi. Esarniniarno, allora,
se vi aggrada, in primo luogo le indagini che sono state ese-
guite sulla natura o anche - per cominciare di qui - se ci sia
stato qnalcuno tanto rigonfio di errore da essere convinto di
aven1e 1•iena conoscenza. Non intendo indagare quei sistemi
filosofiei che restano sospesi ad una congettura, che sono tra-
scinati qua e la dai dibattiti e non pretendono di suscitare
convinzioni necessarie: se la vedano i geometri, i quali hanno
la pretesa non gia <li persuadere, ma di costringere e che vi
danno la dirnostrazionc di tutte le figure da loro descritte 178•
Xon chiedo a costoro quei postulati matematici senza la cui
ammissione essi non possono avanzare di un dito, vale a dire
che e punto quello che non ha alcuna grandezza, e che e su-

1 75· In partieolarc di Sirone e dî Filodemo, di Attico. di Saufcio. di Tor-


quato, di X.~non{' e ui Patrone, tutti amici di Ciceronc.
r 76. EcceiJ<?ntc dialettico e maestro eli Ciceronl:' (dr. Bmt. LXXX. 309}.
1 n. Ad escmpio in XX, 66 e in XXXIII, 105.
1
78. Si riscootrano qui, sotto l"inftusso carncadeo-filoniano e non senza
~ualchc infereoza peripatetica, le prime avvisaslie di quella polemica contra
a matl'nlatica che sara approfondita da Sesto Empirice in particolare in Adv.
matll. III-IV.

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srs GLI o ACADEMICA D Dl CICERONE

perfide - o, per cosi dire " livello " - quella che non ha affatto
spessore, e che e linea una lunghezza priva di larghezza t e
eli ogni profondita 179 t. Quando pure avro concesso che queste
cose sono vere. credi tu che, se io costringero il saggio a giurare,
qucsti giurera che il sole e molte voltc piu grande delia terra

senza che prima Archimcde, in sua presenza, abbia eseguito
tutti quei calcoli dai quali si perviene a questo risultato? Se
egli giurera, avra poco riguardo per quello stesso sole che egli
117 ritiene essere un dio! Che se egli non (: disposto a prestar fiducia

ai calcoli geometriei che danno insegnamento in maniera coer-


citiva, carne dite voi stessi, ce ne vorra un bel po' perche egli
si affidi alle argomentazioni dei filosofi; o, mcglio, se decide
di affidarvisi, a quali di esse si affidera in modo particolare?
Si potrebbe, invero, fare tutta una rassegna dei principi dei
" fisici "; ma essa sarcbbc troppo lunga. Io desidero, comunque,
sapere a ehi di loro egli terra dietro. Immagina che qualcuno
stia ora imboccando la via delia saggezza, ma non sia ancora
saggio: qualc punto di vîsta, quale indirizzo egli si scegliera
in modo prcfcrenziale? Si badi, pero, che qualunque sia la sua
scelta, egli la fara quando non e ancora saggio; ma ammettiamo
che egli abbia un ingegno divina: a quale dei " fisici " egli dara
in modo speciale e unico la sua approvazione? A piu di uno
solo non patra accordarla.
Non intendo mettermi alia caccia di questioni senza fine:
vediamo a quale clei " fisici " egli dara il suo beneplacito esclu-
sivamente a proposito dei principi naturali da cui e composto
l'universo: su questo punto, infatti, tra i grandi pensatori sus-
siste un disaccordo grandissimo.
xxxVII, n8 Primo fra tutti Talcte 180, uno dei Sette Sapienti- al quale,
come si tramanda, gli altri concessero il primo posto -, affenno
che dall'acqua derivano tutte le cose. Ma di cio egli non riuscl
a persuadere il suo concittadino e compagno Anassimandro 181 :

179. L"integrazione e suggerita dai Plasberg sulla basc di una definizione


varroniana riportata in GELL. J, 2o.
180. Cfr. De 11at. deor. 1, X. 25 = II A 23 Diels-Kram:. Per un'analoga
esposizione dcllc varie teorie fisiche cfr. SEXT. EMP. Pyrrh. llyp. III. 30 segg.
Non e improbabile chc fontc comune di Ciccrone e di Sesto sia stato il Ile:pl
mtptar;:w\1 di Clitomaco. Da notare. comunque, che alcune testimonianze cice-
roniane sono abbastanza precise, mentre altrc sono confnsl', frettolose o per-
sino scorrette.
181. Cfr. n A 13 Di<'ls-Kranz.

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GLI u ACADEMICA 1) Dl CICERO!'IE

questi, infatti, sostenne che un'infinita essenza e quella da cui


tutte le cose vengono generate. Dopo, il suo allievo Anassi-
menc 1~ 2 sostcnne che infinita e l'aria, ma che sono definite le
cose che nascono da essa, e sono generati direttamente terra,
acqua e fuoco e, tramite questi, in un secondo momento sono
g-tnerate tutte le altre cose. Anassagora 183 sostenne l'infinitâ
dclla materia e la derivazione da essa di particelle minime,
~imili tra loro, prima confuse e poi ordinate dal divina intelletto.
SeniJfanc 18\ un po' piu antica di lui, sastcnne che tutta e
\1110 e che e immutabile ed e dia, non mai nato e sempiterno,

di figura sferica, Parmenide 185 considera principi il fuoca che


produce movimento e la terra che dal fuaco riceve la forma;
Lcucippo 186 il piena e il vuata; Democrito in eia e simile a lui,
in altre dattrine ha una maggiore ricchezza di idee. Empedocle
sostenne i quattra elementi, che sono ormai populari e ben noti.
Eradito il fuoca; Melisso 187 , invece, afferma che cia-che-e-
infinito-c-immutabile e sempre esistito e sempre esistera. Pla-
tane 188 pensa che un dia ha fatto sempiterno il mando, pla-
~mandolo con una materia che e "ricettacolo di tutte le case".
I Piiagorici fanna partire tutte le cose dai numeri e da prin-
clpi matematici.
Io credo che, tra tutti costoro, dai nostro saggio sara scelto
qualcheduno carne battistrada e che tutti gli altri filosofi, pur
cssendo cosi numerosi e grandi, saranna sconfessati e con-
dannati da lui e costretti a far bagaglio. Ma qualunque dot- 119

trina egli approvera, il saggio avra dovuta camprenderla col


sno pensicro carne comprende le case che suale percepire con i
sensi, e non sara disposto ad ammettere, ad esempio, che in
questo momento c'e luce, piu di quanta - nel casa che egli sia
uno Stoica - sia disposto ad ammettere che questo mondo e
sapiente e che ha una. mente la quale ha costruito se stessa e
il mondo e tempera, muove e regge tutte quante le cose; egli

TS2. Cfr. IJ .-\ 9 Diels-Kran>:.


183. Cfr. 59 A 49 Diels·Kranz.
184. Cfr. n A 4· 34 Dicls-Kran:~:.
1 ll5, Cfr. 28 A 35 Diels·Kran:.:; un approfondimcnto e in ARISTOT. De gen.
rl corr, Il, ], 330b IJ segg-.
r86 Cfr. 67 A 8 Dicls·Kranz.
187. Cfr. 30 A 9 Diels-Kranz.
188. Tim. 51a.

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520 GLI ~ ACADEMICA » Dl CICERONE

si sara pure convinto che il sale, la luna, tutte le costellazioni,


la terra e il mare sono divinita per il fatto che una qualche
intelligemr.a fomita di anima promana e passa attraverso tutte
quelle cose; ma che, cio nonostante, tutto quanto questo mondo,
una buona voita, subira, per il sua stesso calare, la propria
conflagrazione 189 •
xxxvm Ammettiamo pure che tul to codest o sia vero {tu vedi che
onnai io confesso che pur q ualcosa di ve ro esis te l) tso: cio
nonostante, io dico che non se ne puo avere ne comprensione
ne percezione. Difatti, quando codesto tuo " saggio stoica"
avra fatto tutte codeste affermazioni scandendo le sillabe,
verra Aristotele 1D1, che sparge un aurea :fiume di eloquenza,
a dire che quel saggio e in real ta uno stupida; che, a dire il vero,
il mondo non e mai nato, perche un improvviso atto di deli-
berazione non avrebbe mai potuto segnare l'inizio di un'opera
tanto eccellente, e che esso e cosl ben acconcio in ogni sua
parte che nessuna forza puo produrvi movimcnti o mutamenti
di tanto rilievo e che col lunga andar del tempo non potra
esserci alcuna vecchiezza che faccia mai crollare o distruggere
questa bellissima opera d'arte. Tu sarai costretto a respingere
qucste affennazioni e a difendere, invece, quelle precedenti,
carne se ne andassero di mezzo la tua testa e il tuo onore: a rne,
invece, non sara Jasciato neppure il perrnesso di dubitare?
120 1\lctto da parte la Jeggerezza con cui voi altri vi precipitate
a dare l'assenso: che grande valore dobbiamo assegnare, gia
di per se, a quella liberta che mi esime dai fare una difesa che
tu sei costrctto a fare! Io voglio sapcre, infatti, percM mai
il dio, pur facendo tutto per il nostro bene {cosi voi pretendete),
ha creata un si gran nurnero di serpenti e di vipere ed ha disse-
minato la terra e il mare di tanti :flagelli mortali 192 • Voi dite
che sarebbe stato impossibile produrre questo mondo con tant~
raffinatezza e cura dei particolari senza una qualche divina

189. Su questa dottrina stoica (negata da Panczio e <la Boeto) Cice~o.ne


toma in De jiu. 111, XIX, 64; De triJI. Jeor. II, XLVI, 118 scgg.; De duma.
1. 49-
190. L'ammissione ~ solo ironica.
191. Probabilmcnte Cicerone attinge qui al pcrduto Ile:~l ?'l!l~CJ!pL~ di
Aristotelfi'. Per analogo giudizio cfr. Top. 3: D~ or. I. 49: Brut. toi. etc.
192. Sull'argomento Ciccronc toma in [)~ 11al. deor. III, XXV-XXIX
passim. Per un'affinita degli Accademici con gli Epicurei cfr. LucRET. V,
195 se~,:g.

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GLI «ACADEMICA» Dl CICERONE 521

opcrosita; e voi abbassate la maesta di questo dia fina a farle


meticolosamente confezionare api e formiche, talch~ puo sem·
J1rarc che anche tra gli dei ci sia stato un qualche Minnecide 183,
costruttore di minuscoli meccanismi.
Tu dici che senza un dio niente e possibile: ma eccoti a 121
fianco Stratone di Lampsaco m, che lascia in riposo codcsto
t uo iddio - c lo lascia riposare da un grosso compito; ma, poiche
i sacerdoti degli dei fanno sempre vacanza, quanto e piu giusto
clw Jo facciano gli dei stessi! - e dice che non gli abbisogna
J'interYento dei numi per costruire il mondo, e insegna che
tut1e le case esistenti sono prodotte dalla natura, anche se
nnn e pai d'accordo con quel famoso filosofa 195 il quale sostiene
chc queste case sono formate da corpi ruvidi e levigati, fatti
ad amo e ad uncino e che in mezzo a Iora sta il vuoto: egli
e
pensa chc tutto cio il frutto dei sogni di Democrito, il quale
non chl. un insegnamento, ma esprime una sua opzione, mentre
lui, scguendo passo passo le singole parti del mondo, insegna
che tutto cio-che~e o tutto cio~chc-diviene si sta facendo o e
stato Iatto mediante pesi e moti naturali. Eppure e~Ii non riesce
a sYincolare il sua dia da una grande fatica e me dalla paura!
X essuno, infatti, potrebbe stimare di essere oggetto delia cura
di un dio senza provare spavento delia divina potenza di giorno
<' di notte e senza temere, se gli capita qualche guaio - e a ehi
non capita? -, che questo guaio gli sia giustamente toccato 186•
Dopo tutto, io non sono d'accordo ne con Stratone ne con
te: una voita mi sembra pin probabile l'una delle due, un'altra
volta l'altra.
Tutte codeste, o Lucullo, sono cose che rimangono nascoste, xxxtx,
coperte e cosparse da dense tenebre. Di conseguenza non esiste
alcun acume d'ingegno umana che possa penetrare nelia voita
celeste o immergersi nelle "iscere delia terra.

1
. _93-. :.\!irnwcide e Callicratc furono crl'iltori di giocattoli e di meccanismi
.
1
'"'"Sibih {cfr. Pus. Noi. hisl. YII, 21. 85; XXXVI, 6, 44).
. 1 9-t. Chc aceasta li!. fisica aristotelica a quel\a dcmocritca (cfr. 68 A 8o
D,eis-Kranz; fr. p "'chrli). La polemica di Stralonl' era rivolta in particolare
contra ~Jatone (Tim. 28a S<'gg.) e contra Crisippo (Stnic. vrl. Jrag. Il, 304,
5l6 Arnan).
1 'l5- Ossia con Democrito.
Ig6. In questa sezione (icerone, sull'l'sempio di Camcade, si mostra pro·
P~n•o ad accettarc argomentazioni cpicurcc: ma si trattn solo ili tatticismo
!halettir.o.

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522 GLI « ACADEMICA » Dl CICERONE

Noi non conosciamo il nostro corpo ID 7 , quale sia l'esatta


disposh:ione delle sua parti, e ignoriamo la funzione che eia~
scuna di queste parti svolga. Gli stessi medici, ai quali inte~
ressava acquisirnc conoscenza, le sezionarono allo scopo di ren~
derle manifeste, ma, cio nonostante, i medici dell'indirizzo em-
pirica dicono che esse non sono venute a risultare piu note,
perche, secondo Iora, e possibile che esse subiscano mutamenti
quando sono portate alia luce e allo scoperto 198 • Ma forse che
noi possiamo nella stessa maniera disseccare, squarciare, divi~
dere la varia natura del mondo per osservare se la terra rimanga
fissa nelle profondita e quasi abbarbicata alle sue radiei oppure
stia sospesa al ccntro dell'universo? 190
123 Senofane sostienc che la luna e abitata e che essa e una
terra con molte citta e montagne 21Nl: sembrano asserzioni
prodigiose; ma, tuttavia, ne quello stesso che le profferi avrebbe
potuto giurarc che la faccenda sta realmente cosi, ne io potrei
giurare che non sta cosi. Anche voi asserite che, in relazione
alla nostra posizione geografica, nella parte opposta delia terra
c'e gente che sta ritta con le piante dei piedi poste in senso
contraria alle nostre e a cui voi date il nome di " antipodi " 201 :
perche ve la prendete con me, che non respinga codeste teorie,
e non piuttosto con quelli che, nell'ascoltarvi, vi considerano
pazzi? Iceta di Siracusa 20 :~, a quel che afferma Teofrasto, so-
stiene l'immobilita del cielo, del sole, delia luna, delle costella-
zioni, insomma di tutti i corpi supemi, e che nessuna cosa

197. Questi spunli nco-acca!lemici yerranno approlon!liti ed estesi al


concetto stesso di corpo dai Nco-pirroniani (cir. SEXT. EMP. Pyrrh. hyp. III,
38-55; Adv. f>hys. I. 366 scgg.). Un'est;msione dell'!r.o;ci} dal corpo a tutto
l'uomo e drammaticamente fatta da s~sto in Adt•. log. I. 263 segg.
198. Test. 66 Deichgraber.
f99· Comc sostenevano rispettivamente Scnofanc ed Anassimandro (cir.
21 A 47 Diels-Kranz).
20o. Per l'imprecisione di Cicerone dr. DIE::Ls, Dozogr. graec. 121 n. I:
l'autore. infatti. confonde Scnofane con Anassagora (DioG. LAERT., Il, 8).
201. Qucst.a cl"iebrc concezionc delia geografia classica, che provoca tante
discussioni ncll'eta medievale (cfr. AUGUSTIN. De ciu. Dei XVI. 9: LACTANT.
lJit•. inst. III. 23), risaliva ai Pitagorici (58 B Dicls-Kranz) e fu prospettata
ampiamentc da Platane (PIIatd. ro Sa scgg.; Tim. 65a), comc c attcstato anche
da Diogene Laerzio (III, "l4l·
202. Le dottrine gcograliche di qucsto pitagorico, che hanno fatto p_en-
sare ad un precorrimento di Ari!<tarco di Samo. trovano in questo passo ctco-
roniano la !om massima testimonianza (cfr. so, J Diels-Iuanz). Il passo colpl
Copcrnico, che ne trasse il primo spunto p~r le suc teorie eliocentriche, cotne
risulta da una sua lettcra de! 1543 a Papa Paolo 111.

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GLI « ACADEMICA D Dl CICERONE 523

nell'universo si muova tranne la terra e che, girando e volgendosi


qucst'ultima con la massima velocita intorno al suo asse, si
producano i medesimi effetti che si produrrebbero se la terra
stcsse ferma e si muovesse il cielo. E alcuni reputano che anche
Platone 2°3 faccia la stessa affennazione nel Timeo, ma in ma-
niera un po' meno chiara. E che fai tu, o Epicuro? Parla: credi
tu che dan·ero il sale sia tanto piccolino? E che faccio io?
:\ me, almeno, non pare t grande neppure il doppio 21H t. Lui
prende in giro voi e, a vostro turna, voi vi prendete gioco di
lui. 1\Ia da codesta burletta e immune Socrate, e immune Ari-
~tone di Chio, il quale crede che e impossibile la conoscenza di
alcuna di codcste cose.
::\Ia io ritorno all'esame dell'anima e del corpo. Ci e forse 124
nota, alla fine dci conti, quale sia la natura dei nervi o quella
dellc vene? Conosciamo noi per fermo che cosa sia l'anima,
dow sia c, infine, se essa esista oppure, come parve a Dicearco 205 ,
non esista affatto? E, se essa esiste, ha tre parti- quella razionale,
quella irascibile e quella concupiscibile - secondo la sentenza
di Platane 208 , oppure e semplice e unitaria? E, se e semplice,
~ fuoco o aria o sangue, oppure, come vuole Senocrate 20 ',
puro numero senza corporeita, ossia una casa la cui consistenza
e ()Uasi incomprensibile? E qualunque casa essa sia, e mortale
o eterna? A dire il vero, si fanno molte affennazioni in un senso
c nell'altro. Taluna di queste alternative sembra certa al vostro
saggio; al nostro, invcce, non se ne presenta neanche qual-
cheduna che risulti almeno probabile. Infatti molte afferma-
zioni vengono fatte in un senso e nell'altro 2oe.
Se, pai, ti comporti con maggior modestia e mi accusi non XL, 125

perche io non dia l'assenso alle tue dottrine, ma perch~ non lo


do a nessuna dottrina, mi arrendero e scegliero a ehi dare l'as-

:;!03, Tim. 40b.


:;!o4. Cosl. il Lambinus sulla basc di XXVI, 82.
ws. Test. 8f Wehrli. Cice-rone ribadisce cio in Tuse. I. X. 21.
2o6. Cfr. PLAT. Resp. IV. 439d scgg.; Cre. Tuse. 1. X. 20.
di 207. Per la complessa concezione senocratea dell'anîma si rim·ia alia nota
lii. Isnardi-Parcntc in ZELLER-~IosnoLFO, La filas. d~i Greci, parte Il,
'"OI. 111, 2, pp. 970·7·
2o8. Pt'r la concezione scettica dell'tooollcv~~:t~ cfr. SxxT. E~IP. Pyrr/1.
1typ. 1. 8, 10, 190.

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GLI «ACADEMICA» DJ CJCERONE

senso. A ehi piu di ogni altro, a ehi? A Democrito! 200 Difatti,


come voi sapete, sono stato sempre amante di ehi ha massimi
meriti. Ma eccomi gia aggredito dai vostro schiamazzo generale:
" Credi tu all'esistenza di un vuoto, mentre l'universo e cosi
pieno zeppo che, da una parte, un corpo e cedevole nella dire~
zione in cui se ne muove un altro, e, dall'altra parte, nelluogo
dai quale csso si ritira un altro immediatamente viene a spo~
starsi, oppure credi all'esistenza di certi atomi, dai quali e
malta dissimile qualunque Iora prodotto, o, infine, credi aiia
possibilita che venga prodotta una qualche realta meritevole
di riguardo senza che esista un'intelligenza divina? E, dal mo-
mento chc in un unica universo esiste questa artistica fattura
cosi degna di ammirazione, credi tu nell'esistenza di innume-
revoli mondi, alcuni dissimili e altri uguali, e al di sopra del
nostro e al di sotto, a destra e a sinistra, avanti e indietro?
E credi tu nell'esistenza di innumerevoli altri uomini, abitanti
in localita uguali a queste e aventi gli stessi nomi, gli stessi
titoli pubblici, il vanto delle medesime imprese, le medesime
dati naturali, le stesse fattezze, la stessa eta e che discutono
degli stessi problemi, cosi carne stiamo facendo noi qui a Bacoli,
mentre vediamo Pozzuoli qui di fronte? E credi tu che, se in
questo momento o anche durante il sonno ci par di vedere una
qualche casa con la nostra mente, e dai di fuori che le immagini
irrompono nelle nostre anime attravcrso i nostri corpi? Ma tu
non fare codeste asserzioni e non dare l'assenso a cose come
queste che sono mere finzioni: e meglio non avere un propria
pensiero che averne uno cosi erroneo! ''.
126 Allora non si pretende che ia dia l'approvazione ad una
qualche dottrina col mio assenso, ma mi si chiede - sta bene
attcnto! - di darla esclusivamente a quella che vuoi tu, e me
lo si chiede non solo con arroganza, ma con spudoratezza, so-
prattutto perche codeste tue dottrine non mi sembrano neanche
"probabili ". Io penso, infatti, alla totale inconsistenza di quella
divinazione che voi approvate enon ammetto affatto l'esistenza
d.i quel fato che, secondo voi, controllerebbe l'universo, e non
credo neppure che questo mondo sia stato costruito secondo

209. La sce!ta favorevole a Dcmocrito non l: a:ffatto occasionale. ma risale


al Pirronismo originario, come abbiamo sottolincato nella sezione riservata a
Pirrone.

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GLI « ACADEMICA ~ Dl CJCERONE

un divino consiglio. Eppure non so se la faccenda stia realmente


cosi! 2to_
Jla perche sto trascendendo verso espressioni ostili? Mi xu
date il permesso di ignorare quello che io ignora oppure agli
Stoici si da la facolta di discutere tra loro, mentre a noi no?
zcnonc 211 e quasi tutti gli altri Stoici sono del parere che con
J'etere s'identifichi il dio supremo, dotato di un'intelligenza
cht' dirige tutto l'universo; Cleante 212, che fa parte - starei
pt'r dire- dclla piu antica aristocrazia stoica, allievo di Zenone,
cr,nsidera il sole dominatore e padrone del mondo: cosl, a causa
,Jd dissenso dei saggi, siamo costretti ad ignorare il nostro si-
gnore, non sapendo se dobbiamo offrire i nostri servigi al sole
;1ppurc all'etere. La grandezza del sole, poi (esso stesso, diffon-
dendo in questo istantc i suoi raggi, par che mi guardi ed esorti
a fare spesso cenno a lui), questa sua grandezza voi. carne
e
se l'aveste misurata a parte a parte, dite che di dieci piedi;
in, invccc, mi rifiuto di prestar credito alia vostra misurazione,
ritcnendovi architetti scadenti. Si puo mettere in dubbio ehi
di nuL per mitigare il mio linguaggio, sia piil modesto?
Comunque, io non penso che si debbano cacciare al bando 127
cockstc questioni di fisica, giacche la considerazione e la con-
tcmplazione deHa natura sono quasi un pascolo naturale del-
l'anima e dell'intelletto: con essc noi ci eleviamo, guardiamo
dall'alto le cose umane e, pcnsando ai fenomeni supemi de!
cielo, facciamo poco conto di queste nostre cose e le riteniamo
esigue e di minimo valore. Di per se la ricerca delle cose piit
grandi e piil coperte dal mistero ha le sue att.-attive; e se si
presenti una qnalche spiegazione che sembri esscre quella della
vcrita. !'anima si colma di un piacere altamente umano. Questc 12~
ricerchc, adunque, verranno eseguite sia dal vostro " saggio "
sia dai no~tro: ma il vostro le fara per dare l'assenso; il nostro,
innce, pe-r indugiare ad affidarsi precipitosamcnte all'opinione
e per valutare tra se stesso chc e apprezzabile risultato l'aver
tro,·ato, in problemi siffatti, un qualcosa che sia verosimile.
Veniamo, ora, al concetto dei beni e dei mall; ma bisogna
far prima una piccola premcssa.

211'·~on ~ ncces~ario supporre qui, col R<'itzenstein. un'ampia lacuna.


u r. Cfr. Stoic. u~t. jrag. I, 154 Arnim.
212. Crr. Sloic. ur.l. frag. 1, 4lJ<J Arnim.

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526 Gr.I «ACADEMICA » DI CICERONE

Quando fisici fanno recisamentc affcrmazioni m questo


settore, mi pare che non si renuano conta di privarsi anche
dell'autorevolezza dclle case che eventualmente si manifestano
con maggiore evidenza: essi, infatti, danno l'assenso e l'ap-
provazione all'attuale presenza delia luce con la medesima si-
curezza con cui, quando la comacchia canta, reputano che
intenda signi.ficare un comando o un divieto; e, dopo aver
misurato quella statua li, affermano che essa e di sei piedi
con la stessa sicurezza con cui sostengono che il sale, che essi
non possono rnisurare, e oltre diciotto volte piu grande delia
terra. Di qui nasce il famoso modo di dimostrare: " Se e im-
possibilc percepire quanto grande sia il sole, allora ehi da l'ap-
provazione a tutte quante le altre cose ncllo stesso moda in cui
la da alle dimensioni del sole, qnelle cose cgli non le percepisce;
ma e impossibile percepire le dimensioni del sale: eppero ehi
da l'approvazione a eia come-se-ne-avesse-percczione, non per-
cepisce cosa alcuna ". Oseranno essi rispondere che e possibile
percepire le dimensioni del sale? Non faro opposizione, purch~.
pero, dicano che tutte quante le altre cose vengono percepite
e comprese aUa stessa maniera. Essi, infatti, non potranno dire
che la comprensione di una casa e maggiore o minore di quella
di un'altra, giacchc la dcfinizione del termine " comprensione"
e unica per tutte quantc le cose.
xLu, 129 l\-la torniamo al tema chc avevo annunciato: cosa sappiamo
con certezza sui beni e sui mali? Senza dubbio si devono pre-
cisare i limiti entro cui ricondurre l'insieme dei beni e dei mali;
ma su nessun'altra questione sussistc tra i massimi pensatori
un disscnso piu grave.
Metto pure da parte quelle teorie che sembrano orn1ai in
disuso: Erillo 213 , che pone il sommo bene nella conoscenza e
nella scienza, propria lui, benche allievo di Zenone, tu vedi
bene come sia in disaccordo con costui e quanto poco lo sia
con Platane. Ben nota fu la dottrina dei Megarici, di cui fu primo
ispiratore, come vedo scritto. quel Senofane che poco fa 214 ho
nominato, e, dopo di lui, i suoi seguaci Parmenide e Zenone

213. Discepolo e talora anche avversario di Zcnone di Cizio (cfr. C1c.


De fin. 1, XI, 3:;: Ve or. II, XVII, 62). . ..
214. In XXXIX, 123. Su11a dipcndcnza dci Megarici dagli Eleab lDSISte-
vano spesso gli antichi (cfr. DmG. LAERT. Il. 106).

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GLI « ACADEMICA » DI CICERONE

(da costoro, pert:mto, trassero il loro appellativo i filosofi


.. Eleatici ''), poi Euclide, discepolo di Socrate, rnegarese, dai
quale assunsero il nome di "Megarici" quei pensatori rnede-
simi che sostcnevano il solo bene esser quello che e uno e sirnile
e sempre identica; anche costoro presero molto da Platone.
Da ~Ienedemo, poi. essendo questi di Eretria, assunsero l'appel-
Jativo di " Eretriaci " quei pensatorî secondo i quali ogni bene
c riposta nell'intelletto e nell'acume intellettuale con cui si
215 : teoria, questa, che e simile a quella di
1lisiingue il vero

Erillu, ma, a parer mio, esposta con maggiore ricchezza e in


pi\.1 bdla forma.
Se noi facciamo poco conto di costoro e li riteniamo ormai 130
archiviati, certamente dobbiarno disprezzare di meno i seguenti:
Aristonc :m, che, essendo stato allievo di Zenone, provo con
i fatti cio che questi avcva provato con le parole - ossia che
non c' e alcun bcnc al di fuori delia virtu e alcun male al di fuori
di cio che alla virtu c contraria -, ma penso che non hanno
alcun valorc quei " gradi intermedi " che erano stati arnmessi
da :lenone. A proposito di siffatti gradi, secondo Aristone, il
sommo bene sta nel non rnuoversi in nessuna delle due direzioni,
cosa che egli chiama ociiL!r.?OPb:: Pirrone, invece, dice che il
saggio non avverte neppure queste cose, e questa sua posizione
ha il nomc di cbt:l3-c:~(X.
Orbene: tralasciamo tutti questi punti di vîsta e vediamo i
seguenti, che sono stati difesi per tanto tempo e con tanto
zelo. Alcuni 217 hanno preteso d'identificare il fine col piacere, 131
e il loro primo esponente e Aristippo, disccpolo di Socrate e
caposcuola dci Cirenaici, e poi Epicuro, la cui dottrina e ai
nostri giorni piu nota e, tuttavia, non concorda con quella clei
Cirenaici persino a proposito dcl piacere. Callifonte, invece, con-
sider<'> come fine l'insieme del piacere e dell'onesta, Ieronimo 2t8
la liberazione da ogni molestia, Diodoro 21o l'insieme di questa
liberazione e dell'onesta, ed entrambi questi ultimi furono

·215. T.,st . .!6 :\ D•iring.


216. Cfr. XXXIX. l..!J. Per l'accostamento di Aristone a Pirrone dr.
CJc. Ve fi~r. IV. 43·
V, 21]. Per i lilosofi che scguono '\"edasi la divisione carneadea di De fin.
VI. 16 st'gg.
:.n8. Test. 9C Wchrli.
H9. Test. 4S \Vchrli.

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528 GLI « ACADEMICA » Dl ClCERONE

Peripatctici. Che il fine fosse la condotta di una vita onesta


accompagnata dai godimento delle cose primarie offerte dalla
natura, lo penso 1' Accademia Antica - come stanno ad indi-
carlo gli scritti di Polemone, al quale Antioco da la sua piena
approvazione - e pare che si siano avvicinati di molto a questa
concezione Aristotele e i suoi amici. Non perche desse il suo
beneplacito a questa dottrina, ma per opporla a quella degli
Stoici, anche Carneade prospetta va che e sommo bene godere
delle cose primarie che la natura ci abbia offerte. Invece Ze-
none 220 , che fu il fondatore e il primo esponente degli Stoici,
prospettava che c fine dci beni quella onesta condotta delia
vita che ha il suo fondamento nel piu pieno rispetto delia natura.
xLm, r32 E ben manifesta, inoltre, quanto segue: che, cioe, a tutti
i fini clei beni da me ora esposti sono contrari i fini clei mall.
Ora, pero, vorrei sapere da voi a quale pensatore mi consigliate
di attenermi; ma nessuno mi dia una ris posta cosi rozza e as-
surda come questa: "Chiunque ti piaccia, purch~ ti attenga
a qualcuno ". Non si potrebbe dire nulla di piu squilibrato 1
Sarei smanioso di mettermi al seguito degli Stoici. Ne ho,
pcro, il permesso, non dico da parte di Aristotele, che, a mio
giudizio, occupa in filosofia un ruolo tutto personale, ma da parte
di Antioco stesso, chc pur era chiamato accademico, e lo sarebbe
stato davvero, se avesse ridotto di molto i suoi emendamenti.
egli fratello carnale degli Stoici? l\Ia anche in caso affermativo
le case si presenteranno in bilico: infatti il saggio che noi con-
cepiamo do\o1a essere o Stoica oppure dell' Accademia Antica.
Non e possibile l'uno e l'altro insieme, giaccbe tra costoro
sussiste una contesa non sui confini dcl loro campicello ma
sull'intcro campicello: difatti ogni regola di vita e contenuta
nella dcfinizione del sommo bene, e ehi e in disscnso su questo
punto e in dissenso sull'intero regime delia propria esistenza.
Ecco perche non possono cssere saggi tutti e duc, essendo il
loro dissenso cosi marcata, ma pub essere saggio solo uno clei
due. E se il saggio deYe attencrsi a Polemone, il seguace delia
Staa cade in errore, perche da il suo asscnso ad una cosa falsa
(c voi, almcno, affcnnatc chc non c'e errore che sia altrettanto
estraneo ad un saggio); se, invccc, sono vere le affermazioni

:2:.!0. Cfr:. Stoic. ••d. frag. 1. 181 Amim.

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GLI 6 ACADEMICA » DI CICERONE

di Zcnone, bisogna rivolgere le medesime obiezioni contra gli


Accademici Antichi e contra i Peripatetici.
Orbcne: a questo punto non darai l'assenso a nessuno dei IJJ
due. E se io non lo daro mai, ehi di noi e piu accorto? Ebbene?
Persino Antioco, dal momento che su alcune questioni e in di-
saccordo con i suoi prediletti Stoici, non vuole farse mettere
in rilievo l'impossibilita che il saggio dia alle dottrine di costoro
la sua approvazione? E un placito stoica l'eguaglianza di tutte
le col pe; ma contra questo placito Antioco prova il piu vivo
disgusto: a me sia permesso, allora, di meditare finalmente a
qualc dci duc punti di vîsta io mi debba attenerel
" Taglia corto! - dice la Stoica - Prendi una buona volta
una dcliberazione, qualunque essa sia ". E che? Non mi devo
guardare dal commettere uno scempio, dal momento che le
precedenti affermazioni mi sembrano entrambe acute in un senso
c nell'altro ed equipollenti? Tu, o Lucullo, dicevi 221 che e un
delitto tradire i propri " dogmi ": allora io mi trattengo per
non dare l'assenso a cio che e sconosciuto: e, questo, un
" dogma " che rispettiamo in comune io e te.
:\Ia ecco un disaccordo anche molto piu grave! Zenone re- 134
puta che la vita beata e riposta solo nella virtu 222• Che ne
pensa Antioco? "Sia pure beata - egli dice -, ma non in senso
assoluto ". E un dio il primo di qucsti due, che penso che nulla
manchi alia virtil; e, invece, un omiciattolo il secondo, il quale
crede che, oltre la virtil, esistono per l'uomo molte cose, in parte
rare, in parte anche indispensabili. Ma per un versa io ho paura
che il prima assegni alia virtil piu di quanto la natura permetta
- specialmente se teniamo presenti i molti rilievi fatti da
Teofrasto 223 con :finezza oratoria e ricchezza di esperienza -,
e per un altro versa io tema che il secondo non sia coerente
con se stesso, dal momente che ammette l'esistenza di certi
malanni del corpo e della fortuna e, eia nonostante, giudica
che sara beato ehi versa in tutti questi malanni, purche sia
" saggio ".
Sono sospinto in direzioni contrarie: ora mi sembra pili
probabile questo, ora quello; e tutta·da io penso che, se una

221. In IX, 27.


~u. Cfr. rarro, X. 25.
22J. Cfr. XXXV, IIJ; De ji11. V, 12, 17. SJ; T11sc. V. 2.1.

34· S~dJir.i '"llidri.

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530 GLI « ACADnUCA 11 Dl CICERONE

delle due case non e vera, la virtu e messa completamente con


le spalle a terra.
" Ma il loro disaccordo - dite voi - si limita a questi aspetti
delia questione ". Ebbene? Possiamo, forse, approvare come
veri quegli aspetti in cui sono d'accordo, ad esempio che !'anima
del saggio non e mai scossa dalla brama o esaltata dalla gioia?
Suvvia, ammettiamo pme che codeste affermazioni siano pro-
babili: ma sono, farse, anche probabili queste altre, ossia che
cgli non prova mai timon:, mai dolorc? Il saggio, allora. non
dovrcbbe temere la distruzione delia patria.? Non dovrebbe
soffrire, se la patria e stata distrutta? :E casa. dura ma ne-
cessaria secondo Zenone, per il quale tranne la rettitudine
morale non esiste alcun bene; ma per te, o Antioco, non lo ~
affatto, perche per te, oltre la rettitudine morale, ci sono molte
altre case che ti sembrano buone e, oltre la turpitudine, ce ne
sono malle altre che ti sembrano cattive e che il saggio ne-
cessariamente teme quando sopravvengono e di cui necessaria-
mente si duole quando sono sopravvenute.
I\b io voglio sa pere quando mai dall' Accademia Antica
sono stati sanciti qucsti dccreti, fino al punto da negare che
l'anima del saggio sia commossa e perturba ta: essi erano favo-
revoli al giusto mezzo e sostenevano che c' e una certa misura
in ogni naturale commozione dell'anima 224 • Tutti leggiamo il
trattato Sull11Uo 225 di Crantore, filosofa dcll'Accademia Antica:
e un'opera piccola, ma aurea, un libriccino da imparare a
memoria, carne Panezio consigliava a Tuberone 228 • Anzi gli
Accademici Antichi sostenevano che pro:ficuamente la natura
ha assegnato ali' anima nostra questi turbamcnti: il tim ore,
affinche siamo cauti; la compassione e la tristezza, affinch~
siamo clcmenti; e affermavano che persino l'iracondia e quasi
" la cote deUa fortezza " - che facessero bene o male, lo ve-

2Z4. Ciccronc ten de molto au accostare )'etica clcll' Accademia Antica a


quella aristotelica; egli si fondava probabilmcnte su una notcvole somigliam:a
tra Ia dottrina del ;:/:p~<;. esprcssa rla PJatone nel Fill'bo, e quella delia f.lt-
aon;;. sostcnuta da AristoteJe neli'Etica Nicomacltea.
2·z5. Per questo celebre trattato cfr. Cre. 1·usc. J, XLVI II 115; II, VI,
l2; DroG. LAE.J<T. IV, -.!.j.
2.!6. Q. Elia Tubcronc. nipote di Scipione Emiliano. fu allievo di Pan~zlo
che {:li d"dko il Iibro De d.,/,>re paticudo. ovc erano utilizzatc moltc medita·
ziuni di Cranture (c!r. C1c. Hmt. XXXI. 117; Tuse. IV, II. -Il·

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GLI <• ACADEMICA 11 Dl CICERONE 531

drelllL1 un'altra voita 227 -: comunque, io non riesco a capire 136


conte' mai code::;ta tua intransigenza abbia potuto fare irruzione
ncll'Accademia Antica. Ma ci sono certe cose che non saprei
tollerarc, non perche mi dispiacciano (giacche quelle stranezze
drdi Stoici chc prendono il nome di " paradossi " 228 per la
m:~ggior parte sono di stampo socratico); ma dove le ha trattate
Senucratr, dove Aristotele (voi, infatti, pretendete che questi
1luf> pensatori si ano quasi identici}? Essi avrebbero detto,
almeno talvolta, che solo i saggi sono re, che essi soli sono
ricchi, 1·ssi soli sono belli? Che ogni cosa, ovunque essa sia, e
pnlprieta del saggio? Che nessuno e console, pretore, coman-
dante. c farse neppure quinqueviro, tranne il saggio? E, infine,
che qucsto soltanto e cittadino, questo esclusivamente c libero,
mentre tutti quanti sono stupidi, stranieri, esuli, schiavi, in-
somma pazzi scatenati? E gli scritti di Licurgo, quelli di Solone,
le nostrc Dodici Tavole non sarcbbero leggi, e neppure le citta
c gli Stati sarcbbcro veramente tali, se non appartenessero
ai !'aggi?
Tu, o Lucullo, se dai I'assenso al tuo amico Antioco, dovTai 137
difendere codeste teorie come se fossero le mura delia patria;
io, invecc, le dovro difendere nella misura giusta, nci lirniti
in cui mi sembrera opportuno.
Ho letto in Clitomaco che, durante la pennanenza di Car- XLV
ncade e dello stoico Diogene presso il senato in Campidoglio,
Aulo Albino, chc allora era pretore sotto il consolato di Publio
Scipionc e di ~Iarco ~larccllo - proprio quell' Albino che fu con-
sale con tuo nonno, o Lucullo, e che era una persona indub-
biamente col ta, come sta a provare la sua stessa Storia 22 9
s~ritta in greco -, domando in tono schcrzoso a Cameade:
" O Carncade, io non ti do l'impressione di essere pretore, perche
n.on sono saggio, ne questa ti sembra una citta, ne la popola-
zione che e in essa ti sembra una cittadinanza? " Allora lui:
" A questo Stoico qui 230 non sembra! ".
Aristotele o Senocrate, di cui Antioco avrebbe voluta e5sere

uz. ~robabile rim·io alle T1tscu/auae disfmtatiotri'S.


ad ~~ti. _<.-•cerone dis~ut_c alcun~ di C]Ut'Ste P.r?p~sizioni in PaJ'IIIlo:ra Stoicorum
11
d : · B• IIIUJ~r e pr~pno m quest opera_(§ 4} s1 JO!i.ISte sul! a prO\"euienza socratica
e-J para<losst ~t~ss1 (cfr., de\ resto, XEXUI'H . .~.U,·n•. 1 II, 9, 6).
229. Cfr. C1c. Emt. XXI, 81.
230. Ossia a Djogene di Babilonia.

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532 GLI a ACADEMICA D Dl CICERONE

seguace, non avrebbero messo in dubbio che Albino fosse un


pretore e Roma una citta e che fosse una cittadinanza la gente
che l'a bitava; ma quel nostro amico e, carne ho detto prima,
uno Stoica in piena regola che pache volte si mette a bal-
138 bettare. Pero, mcntre io tema di scivolare versa l'opinione e
di adottare e provare qualcosa di sconosciuto - cosa che voi
non vorreste affatto -, quale consiglio mi date?
Spesso Crisippo 231 attesta che esistono solo tre dottrine
difendibili sul sommo bene (egli ne spazza via e ne taglia un
bel numero di altre): che, cioe, e sommo bene o la rettitudine
morale o il piacere o l'una e l'altro. lnfatti quelli 232 che fanno
consistere il somrno bene nella liberazione da ogni molestia,
evitano l'odioso nome di piacere, ma vi si aggirano nei pressi;
e fanno questa stessa casa anche quelli 233 che lo congiungono
con la rettitudine morale; ne si comportano molto diversamente
quelli 234 che aggiungono alla rettitudine morale i vantaggi na-
turali primari. Cosi egli lascia tre dottrine che, a parer suo,
possono essere difese con probabilita di successo.
139 Stia pure cosi la faccenda, quantunque non mi sia agevole
staccarmi dal sornmo bene di Polemone e dei Peripatetici e
di un Antioco 235 e finora io non ritenga piu probabile niente
altro. Tuttavia io vedo con quanta dolcezza il piacere ci blan-
disce i sensi; mi lascio scivolar giu fino al punto da essere d'ac-
cordo con Epicuro o con Aristippo; ma la virtu mi richiama
o, piuttosto, mi trattiene con la mana, affenna che quelle
ernozioni sono proprie dei bruti, mentre essa aceasta stretta-
mente l'uomo al dio. Posso prendere la via di mezzo; quindi,
poichc Aristippo bada soltanto al corpo, quasi che noi non
avessirno affatto l'anima, e Zenone tiene in conto soltanto
1'anima, quasi che di carpo noi fossimo privi, mi atterro a
Callifonte - Ia cui dottrina Carneade soleva difendere con tanto
zelo da suscitare l'impressione di darle anche il suo beneplacito

23r. Cfr. Stoic. ve/. frag. III, 21 Arnim. Non il da escludcre che questa
divisio Chrysippaea abbia suggcrito lo spunto a Carncade per fare la. sua con
maggiore ampiezza e precisione.
232. Allusione a Ieronim" (cfr. XLII. IJI).
233. Allusione a Diodoro il Peripatetico (cfr. ibidem).
234. Allusione a.i Peripatetici e agli Accadcmici o, excmpli gratia, a Car-
ncade {cfr. ibidePPJ).
235. Gia.cche anche quest'ultimo non seguiva a pieno il rigorismo stoico.

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GLt «ACADEMICA D Dl CICERONE 533

(quantunque Clitomaco solesse affennare di non essere mai


riuscito a capire che cosa ricevesse l'approvazione da parte di
Carneade) -. lla se io volessi attenenni, per l'appunto, al sommo
hene di Callifonte, l'austerita e la serieta e la retta ragione mi
farebbt'ro questa obieziane: " Propria tu, mentre la rettitudine
morale risiede nel disprezzo del piacere, vuoi accoppiarla con
qu~st'ultimo, carne se accoppiassi un uomo con una bestia? ".
Rimane, dunque, in lizza una coppia sala: piacere e retti- XLVI, 140

tudine morale. Intorno ad essa, a quel che io penso, Crisippo


non dovette far molti sforzi. Se tu segui il prima, molte case
\'anno a catafascio e in moda particolare la solidarietă. del
genere umana, l'affetto, l'amicizia, la giustizia, le altre virtu,
nessuna delle quali puo esistere se non e disinteressata: difatti
quella che e spinta al dovere dal piacere - ossia da una qualche
compensazione - non e virtu, ma ingannevole imitazione e si-
mulazione di essa. 1\fa tu ascolta, altresi, da parte di quanti
afkrmano di non capire neppure il nome di rettitudine morale
[honcstatis] (a meno che non intendiamo chiamare onesta cio
chc riscuote la gloria presso il volgo), che la fante di tutti i beni
risiede ncl corpo, che questa e la norma, questa la regola, questa
la prescrizionc delia natura e che ehi abbia derogato da essa
non a vni. mai nulla da seguire nella vita.
Pensate, dunque, che io non rimanga scosso nell'udire queste 141
ed altre infinite asscrzioni? Rimango scosso quanto te, o Lu-
cullo, e non crederrni mena uomo di te! La sala differenza sta
in qnesto: che, quando sei rimasto scosso, tu fai concessioni,
tu dai l'assenso, dai l'approvazione, pretendi che quella de-
tcmlinata cosa sia risultata vera, certa, compresa, percepita,
ratificata, confennata, fissata, e non e possibile che alcun
ragionamcnto ti scacci o ti rimuova da essa; io, invece, giudico
che nessuna cosa ha carattcristiche tali che, se io le ho dato
il mio assenso, non la dia sovente al falsa, poiche il vero non e
separata dal falsa per mczzo di alcuna rappresentazione distinta,
soprattutto perche codesti vostri " criteri" delia clialettica non
sono propria nulla.
E vengo ormai aUa terza parte della filosofia. 142
Uno e il giudizio di Protagora, il quale rcputa che per cia-
scuno e vero quello che a ciascuno appare, un altro e quello
dei Cirenaici, i quali stimano che non esista alcun criterio

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534 GLI « ACADE!oHC:\ » Dl CICERONE

tranne le affezioni interne, un altro c quello di Epicuro, il quale


ripone ogni criterio nei sensi e nelle " nozioni •· delle case e nel
piacere; da parte sua Platane ha preteso che ogni giudizio di
verita - anzi la verita stessa - si sottrae alle opinioni e ai sensi
143 ed e proprieta esclusiva del pensiero e dell'intelletto. A quale
di queste teorie da il suo beneplacito il nostro Antioco? Egli
non lo da neppure a quelle dei suoi predecessori. In che punto,
infatti egli segue Senocrate, ui cui esistono molti libri di gran
successo a proposito del metoda del linguaggio 231, oppure lo
stcsso Aristotele, di cui non esiste indubbiamente nulla di piu
acuto e di piii squisito? Da Crisippo, invece, egli non stacca
mai il suo piede !
xLvn Perche, dunque. ci chiamiamo "Accadcmici" (o almeno
sfruttiamo la fama di questo nome)? Ovvcro perche ci si vuol
costringere a seguire :filosofi. che tra Iora sono in disaccordo?
Quanto e grave il contrasta persino a proposito del seguente
principio, che pure i dialettici pongono tra i primi rudimenti
delia Iora arte, vale a dire, quale sia il moda in cui bisogna
giudicare che si tratti di vero o di falsa quando si abbia un'ar-
ticolazionc sillogistica come questa: " Se e giorno, c' e luce "1
In un moda la pensa Diodoro 237, in un altro Filone 238, in un
altro ancora Crisippo 239 • E non basta. Su quante questioni
Crisippo e in contrasta col sua maestro Cleante! E non bastal
Anche duc notabili delia dialettica, Antipatro 340 e Arche-
demo 2'", uomini penctranti carne spine 242, non sono forse in
dissenso tra loro su molti problemi?
144 Perche, allora, o Lucullo, vuoi espormi all'odio e mi citi
dinamd all'assemblea popolare e, carne e usanza dei tribuni
sediziosi, fai anche scioperare tutte le botteghe? Invero, quella

236. Cfr. DroG. LAERT. IV. IJ.


237. Per il pensiem di Diodoro Crono al riguardo cfr. XXIV, 75·
:238. Probabile allusione al pirroniano Filonc rli Atene.
239. Cfr. XXlll, 73·
:qo. Cfr. VI, 17. .
241. Esponente tlella Stoa Antica e condisccpolo di Apollodoro di Seleucia
(cfr. DtoG. LAF.RT. VII, 40. 68. 84. 88; EPICTET. Diatr. II. 197; Poi:ILEN%,
La Stoa, I, pp. 360, 380). . .
242. Ho sO?guito. col ~Jarmoralc. il suggcrimcnto dclln Hcrmann (spsnosss·
simi invece che ofillosissimi dei codici). Il Reici si attiene ai codici e vede nel
tennine (usato solo in TERTULL. Adv. 1llarc:. IV, 35) un'allusionc iron.ica a
certi atte,:;giamenti marcatamcntc sccttici dei due filosofi mcnzionati.

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GLl (( ACADEMICA Il DI CICERONE 535

1 ua Jagnanza secondo cui noi sopprimiamo le arti, non mira


ad alt ro se non a prornuovere una sollevazione di operai! Ma,
se qnesti ultimi affluiranno da ogni direzione in assemblea
generale, non sara difficile aizzarli contra di voi. Io, infatti,
mettcro in rilicvo, in prima luogo, quelle vostre dottrine im-
popolari, ossia le vostre asserzioni secondo cui tutti i presenti
ali' as sem blea risultano essere esuli, schiavi e pazzi. In secondo
Inogo, passero a quci temi che ormai non riguardano piu la
rnassa, ma ''oi stessi che siete qui presenti. Difatti e propria
Zenone, e propria Antioco a dichiarare che voi non sapete un
brl nulla. "E come? - dirai tu - Noi, per la verita soste-
niamo che anche il non-saggio ha la comprensione di molte
cose ". Jla voi affennate che nessuno conosce alcunch~ eccetto 145
il " saggio " ; c anche eia veniva espresso da Zenone 243 con un
gcsto: con le dita completamente aperte faceva vedere il palma
della mano : " Eccovi q ui - egli dic~va - la ra ppresentazione:
e cosi! "; poi contraeva un po' le dita: .. Questo qui e l'as-
senso! "; poi le chiudeva interamente e mostra va il pugno e
diceva che quella e la comprensione e, fondandosi su questa
similitudine, diede a quel fenomeno anche il nome di x~X-r!X/:r,·f~·
che prima non esisteva; ma poi accostava aUa mano destra
anchc la sinistra e con quest'ultima stringeva e comprimeva
a viva forza il pugno che prima aveva fatto, e diceva che quella
e la scicnza, il cui dominio non e riservato a nessuno tranne
che al saggio. Ma ehi sia o sia stato questo benedetto saggio
non ce lo dicono di solito neanche loro. Cosi adesso, o Catulo,
tu non sai che c' e luce, e tu, Ortensio, non sai che noi siamo nella
tua villa.
Suscitano forse minor risentimento queste mie asserzioni? 146
Esse, anzi, non vengono neppure fatte con squisitezza di modi,
mentre quelle di prima hanno solo rnaggior sottigliezza. Ma,
come tu affermavi 2u che crolla tutta la produzione artistica
se si nega la comprensibilita delle cosc, e non intendevi con-
cedermi che la probabilita ha una validita bastevole a fard
ammettere l'esistenza delle arti, cosi ora io ti restituisco il colpo

p 2 +3· Cfr. Stoic. vet. frag. I, 66 Arnim; SEXT. E)ofP. Adv. lvg. VII, 153;
Y"''· hyp. II, 83.
2H. ln VII, zz.

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GLI « ACADEMICA » DI CICERONE

affermando che l'arte non puo esistere senza la scienza 241>. 0


forse Zeusi o Fidia o Policleto sopporterebbero l'affennazione
di non saper nulla, pur possedendo cosi grande abilita artistica?
Ma se qualcuno avesse loro trasmesso con l'insegnamento tutta
la forza che si dice appartenere alla scienza, essi placherebbero
i loro bollenti spiriti. Ma essi non si sdegnerebbero neppure
contra di noi, avendo acclarato che noi eliminiamo cio che
non esiste in nessun luogo e che, invece, lasciamo loro quello
che basta.
Questo nostro modo di ragionare e confermato, del resto,
anche dallo scrupoloso comportamento dei nostri antenati, i
quali pretesero in prima luogo che ciascuno giudicasse secondo
il convincimento delia propria coscienza, e in secondo luogo
che ciascuno fosse ritenuto responsabile se ingannava a ragion
veduta, dai momento che e grande l'ignoranza che si trova
nelia nostra esistenza; inoltre essi pretesero che ehi fosse chia-
mato a testimoniare affennasse di "presumere" di aver visto
anche quelle case che avesse visto realmente, e che quante
case i giudici giurati avessero acclarato venissero rese note non
in quanto fossero realmente accadute, bensl in quanto "sem-
brasse" che fossero accadute o no 248 •
xLvm, 147 Ma i marinai, o Lucullo, ci fanno segno che ormai ~ tempo
per noi di rnetterci in mare, e la brezza ce lo suggerisce col suo
sussurro, ed io ho gia parlato molto: percio mi resta solo da fare
la perorazione finale. Nel futuro, comunque, quando ripren-
deremo queste nostre indagini, ci metteremo a discutere dei
gravi disaccordi che sussistono tra gli uomini piil. eccellenti,
della misteriosa oscurita delia natura, degli erramenti di tanti
filosofi che, a proposito dei beni e dei mali, sono tra loro in un
dissidio tanto grave che, se la verita non puo essere che una
soia, inevitabilmente rimangono atterrate tante dottrine :fila-:
sofiche pur cosi famose. E daremo senz'altro la preferenza a
questioni come queste, piuttosto che metterci a discutere degli

245· Capovolgendo le posizioni, Ciccronc sottintende questo sillogismo:


la scienza apparticne solo al saggio; !'artista non e sag~io; P'-'•cio l'artista non
puo compiere opera d'arte. .
246. Cfr. C1c. Pro Forll. 19 ove si allude alla costumanza procedurale eli
usare • arbitrar • anche per i fatti • compcrta •. Cos\, ne!la conclusionc, .il. p~o­
babi!ismo fa appello al !cnomenismo. Per una diversa teoria probabilistica
bîsognera aspettare duc millenni.

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GLI « ACADEMICA D Dl CICERONE 537

errori degli occhi e degli altri sensi o del " sorite " o dello
· • pseudomeno ", ossia di quelle reti che, alia fine dei con ti,
gli Stoici hanno tessute contra se stessi )),
· .1\..llora Lucullo: te Sono ben contento che abbiamo fatto
qucsto dibattito. Riunendoci pit1 spesso a convegno, special-
mcnte nellc nostre ville di Tuscolo, faremo le indagini su quegli
argomenti che ci sembreranno opportuni ».
u Bcnissimo! - soggiunsi - Ma che cosa ne pensa Catulo?
Che cos a Ortensio? ,,,
Allora Catulo intervenne: «Propria io? Mi rifaccio al modo
di pensare di mi o padre. Egli diceva di pensarla come Carneade:
di conscguenza io credo che nulla puo essere percepito, c ritengo
che il saggio dara l'assenso a cio che non e stato percepito,
vale a dire che egli formulera opinioni, ma le formulera in modo
tale da avere la consapevolezza di opinare e di sapere che non
c·e niente chc sia comprensibile e percepibile. Percio, confer-
mando qu€'lla famosa " epoche " su tutte le cose, do la mia
pii1 picna approvazione a quest'altro punto di vista, ossia che
non c' e nulla che si possa percepire li ~ 7 •
Allora io dissi: 11 Ho il tuo parere e non lo disprezzo del
tutto. E tu, alfine, cosa ne pensi, Ortensio? ,,,
E quest'ultimo, con un sorriso: « Che si debbano levare le
ancore! " 2·18.
" Ti prendo in parola 1 - condusi - Propria cosi la pensa,
infatti, anche 1' Accademia! o.
Ecco come cbbe- fine la conversazione: Catulo rimase li e
noi ce ne sce-ndemmo ai nostri battelli.

2 ·1 i· Si te\·incc eli qui chc Ia pusizione di Catulo e tanto rioidamentc car-


ne<tdea <.la accostarsi al pensicro di Arccsilao senza acct'ttarc la "'rifonna mode-
rata di Filone di Larissa.
, ~~H. O~cnsio rispondc con un urbano doppio senso: infatti !'ancora lcvata
"Ull11llrnagme <..!dia sospensionc dd giu<.lizio (cfr. Cre. Ad Alt. XIII, 21, J).

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ENESIDEMO

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Enesidemo - sulla cui vita e sulla cui epoca regna la massima
oscurita 1 - c generalmente considerate il secondo fondatore dello
Scetticismo, che egli intese sganciare dall'interpretazione datane
dagli Accademici. Egli, che quasi certamente fu seguace non occa-
sionalc di questa nobile e tormentata scuola, se ne stacco soprat-
tu1tn per opposizione all'indirizzo antiocheo, che onnai era diventato
palesemente dommatico, e per insofferenza anche nei riguardi del-
l'indirizzo filoniano che, attenuando la sospensione del giudizio col
probabilismo e col retoricismo, aveva preparate la crisi finale delia
1. Suo Juogo di nascita fu Cnosso, secondo Diogene Laerzio (IX, n6),
o E,:!.,., secondo Fozio (Biblăot. 212, 17oa .p); suo luogo di insegnamento fu
.\lessanuria, seconuo Aristocle (EusEB. Praep. ro. XIV, 18, 28). Il periodo delia
~na (;3istenza e stato variamente spostato dall'8o a. C. lino al 130 d. C. con
un ondeggiamento di oltre due secoli. La seconda data fu sostenuta dai Maccoll
{Th< Gruk Sceptics, p. 6g) in base al fatto che Aristocle, vissuto versa la fine
del II sec.. d. C., considerava Enesidemo un li.loso!o recente; il Ritter (Historia
philusophiae graecat, tom. IV, p. 223 nella traduzione Irancese del Tissot,
Ladrange, rS36). il Saisset (Le sccpticisme, p. 25) e lo Zeller (Die Philos. dt.r
Cricch., IIT, 2, p. 8) hanno fatto vivere Enesidemo all'inizio dell'era volgare.
li Fa bricius, nella sua annotazione a SExT. EMP. Pyrrh. hyp. 1, 235, aveva,
im·~cc, collocato l'arme delia vita del li.losofo tra l'So e il 6o a. C. e in cio e
stat•) scguito dai Ravaisson (Essai sur la JUltapl1ysique d' A rislote, Paris, 1837-46,
II, p. 250) e. con maggiori delucidazioni e precisazioni, dallo Haas (Dt phi·
losoplwrum scepticoru•n successionibus, p. 230), la cui ipotesi fu sostanzial-
lllcntc eondivisa dai Dicls (Doxographi graeci. p. 211) e dai Natorp (Forseh.
zur Gc.•ch. dc>s Erketwt"is.•Probl., p. 30) e rimane ancora oggi la piu acccttata
(cfr. DAL P~t ..... Lo scellicismo grc•co, pp. JSI·J). Parc, dunque. che Encsidemo
ş1a stato un contemporaneo un po' piu giovanc di Cicerone, c se quest'u\timo
non ne ha parlato, cio e do,·uto o al fatto che non lo conosceva, non essendo
Enesit.lcmo ancora famoso, o alia sua intenzione di non dare importanza allo
scetticismo radicale di certuni che, al contraria di Filone, consideravano ogni
casa. incerta ed oscura al pari de! numero delle stelle (Luct4ll. X, 32) o nd altro
m?tn·o che a noi sfugge. Delle opere cnesidemee ci sono giunti cinque titoli:
D1scors.i pirronia11i, Contro la sapienza. Inlorno alia ricerca, Lit~eam1'11ti di
Pm·omsmo, Elemet~ti (o. secondo Scsto Empirica, Prima introduzione), ma e
probabile cbe le ultime due opere non ~iano state se non sezioni clei Discorsi
P•r.w•iaui, che !urono il suo capolavoro (cfr. BaocuA.RD, Les sreptiq11es gre&s,
pp. o!'17-9). Molto si c discusso su un Eraclidc (di Taranto o di Eretria o altro),
m~.~s~o di Enesidemo (HAAs, De pili/os. supt. succ., pp. 2J.2·6), ma non si e
giunt~ a capo di nulla, data l'oscuriU. che avvolgc il Pirronismo da Timone
In po1 (cfr. GoEDECKIUJE.YER, Die Gesch. der griecfl. Skept., pp. 209 segg.; RoDIN,
Pynhon rt le .ocept. grec, pp. 137 segg.).

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542 EXESIDDIO

scepsi accademica 2 • lla Enesidemo non si sentiva di acccttare nep-


purc il pensiero di Arcesilao e quello di Carncade, chc gia gli sem-
brano tendenzialmente domrnatici non solo per le dottrine del-
J'di/.oyov e del rrdh•Jo'll, bensi anche per la recisa ncgazione delia
comprensibilita di qualsiasi casa, ossia per qur.J dommatisrno nega-
tiva che non avrchbc potuto conciliarsi cun le istanze <• zetetiche •
dello Scetticismo, come avrebbc. sulle orme di Enesidemo, esplicita-
mente annotato Sesto Empirica 3 •
Tuttavia l'Accademia rimase sernpre operante nel pensiero di
Enesidemo come f,'Tande palcstra di ilialettica, e il ritorno a Pirrone
ed a Timone e inconcepibile senza questa mediazione. 1 primi fon-
datori dcllo Scetticismo non erano stati certarnente digiuni, come
spessu si crede, di preparazionc filosofica e variarnente culturale,
ma non avevano fatto dell'11 arte dei contrari 1> il loro cavallo di
battaglia: Enesidemo, in\'C·ce, restaura il Pirroni::;rno su vigorose basi
dialettiche e quan<lo. qualche secolo dopo di lui, Sesto Empirica
intC'se dare allo Scctticismo una ulteriore svolta anti-razionalistica
e intenzionalmente a.nti-dialettica, non pote condurre le sue acute
argomentazioni se non avvalendosi di quell'arma posscnte "·
Secondo Enesidemo - che, non infondatamcnte, e stato spesso
accostato a Hume ed a Kant sia per la profondita speculativa sia
per i contenuti del suo pensiero:; - l'attrito col dommatismo non si
limita al problema delia rappresentazione (sia essa a appren!'iva •,

2. La stess.a A..:cademia, che guirlava l"ebreo Filune verso il rnisticismo e


la trasccndcnza, induccva Enesidemo a rimeditare Pirrone erl a respingere
!'ultima involuzione dommatica o, anchc, il comprom~s.~o col dommatismo.
711a tautu per Pilone quanto per Enesir\emo sussistevano le sugge>~tioni eraclitee
~,:ia sentite da Platane nd Tutelo e ne! Cratilo (cfr. WEtscHE, Cicero nud dill
Xwe Aleademir, pp. 91-2; H. Jo:ooAs, Grrosis 11t1d spiitatJiiker Geist, Gottingen,
195~, pp. II fl scgg.; DuRKH ARD, Die a11g~bliclu: H eraklit-N acl1jo/gc des skept.
ArliCS., pp. 175-R2). . •
3· C!r. Pyrrh. ll)'f'. I, 1-4 c 226 st:gg., ove il pensiero degli AccadeDUC!
viene respinto, quantunquc gli ''<·nga assegnato un ruolo a parte rispetto at
diversi filosoli dommatici.
+ Scst<J, discutendo dci sofismi (Pyrrll. !Jyp. IT. :!29 scgg.), osserva a piu
riprese chc la dialettica non c in grado di confutarli pur con tutte le sue sot-
tigliczze. 1la cgli stesso sa csscre quasi ovunque un consumate> rlialettico. e
nun perche • il y mct une sorte de coqucttcrie • ne perche cgli intenda mostrare
• aux dia\cctidennes de profession qu'il pourrait au besoin l~ur en remontrer •:
come nota il Brochard (Les scrpliqaus gras, p. 327), ma perche c appu~t? dl
ordine diakttico il suo stcsso cosiddctto empirismo. Il Vcnlan (Le su~ta~sme
philosoplliq~re, p. ~li) osserva: • Les pyrrhoniens... ne se sont gut>rc pn,·~s de
recourir a la t.!ialectiquc qu'ils condannaient, et nu?me d'cn abuser! ~laiS c:e
fut toujours dans le but t.!'~n t.!cvuilcr la faiblc~<sc ct les limite~. JamaiS, dcpuiS
ces " misologues ". on n'a fa it lO? proces de Ia raison humainc avec unc telle
minutitc- et un tel acharnement •.
5· Cfr. BROCHARP, op. ci/., p. J.p.

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ENESIDEP.fO 543

come vol~vano gli Stoici, o «probabile u, carne voleva Carneadc),


rna si estl'ndc al rapporto di fondo tra soggetto ed oggetto, tra I'uomo
e la realt~ naturale delle case 8 • Questo rapporto viene aperto dalla
sr·nsazione; ma, poiche ~ impossibile che ogni conoscenza non co-
minci dalla sensazione e poiche Ia sensazione e in se stcssa con-
tra.-ldittoria, ne consegue che ogni conoscenza e impossibile, ed ogni
sforw dell'intdletto c vano, giacche l'intelletto non puo non tener
rli.-.trn alia sensazione e ne rimane neccssariamente sempre inficiato
come da una macchia originale 7 • La gnoseologia soffre di una con-
tr:-tdcliziune di fondo chc non potra mai essere superata. Percio e
un'imprPsa assurda e disperata quclla di voler andarc al di la del-
l'apparenza fenomenica, quantunque quest'ultima non possa non
Jasciard inappagati e delusi 11 • Enesidemo non si esalta eli fronte a
qudla. suluzione fenomenistica che l)rotagora avcva gia offerta col
,;;uo rC'lativismo, quantunque la relativita giochi il suo ruolo im-
portante nun solo nella. nostra attivita teoretica, ma anche in quella
pratica. Per Protngora il fenomenismo e il relativismo non segnavano
la scunfitta delia conosccnza, ma la determinavano nella sua con-
creta csscnza antropologica; per Encsidemo, invece, essi non danno
alcuna possibilitâ. cpistemolobrica di soluzione, ma lasciano aperto il
dramma conuscitivo. Le cose, infatti, continuano ad avere, al di
fuori di noi, una loro esistenza innegabile 9 , ma noi non le cono-
sdamo mai nella Ioro essenza, anche se mai abbandoniamo il tenta-
ti\'o eli svelame il mistcro. Cosi il problema gnoseologico viene reso
piiJ Jiffirile perche non puo non rinviare a quello ontologica 1o.

r.. Comc ri]c,·a diligentcmente la Stough (Grtek Skept!'cisnt, p. 8t n.).


St:s!o. Empirice., !;pccialmentc nell'esposizione dei tropi di Enesidemo, sotto-
hnc:3 ti COiltrasto tra -;o 'J)ClW6f1EV')V ed ~ 92VT~G[!X da una parte e TO u:roY.d-
-;o
fltV{rV, TJJ E:;-:-;1,~. 7tpi'jp.a ed 7) cr•jat~ dall'altra. La studiosa americana pro-
p,me rli rendere, in generale, il sccondo tcnninc de! contraste con u real (ex-
tern~\) erbjcct '·
7-_ Si ~itwia in particular rnodo, a tale pn:.posito. allc indagini delia Stough
(op. ctt .. pp. i5 segg.) e soprattutto alia seguente osscrvazione (p. 86}: • The
very c:.mdit~ous that mal'e perception possible make vcridical perception
tmpnsstl>k. Uur impressions can ncver be exact likenesses of thc objcct, for
tmprcsstous owc thcir existcnce tD a perceptual situation that is nccessarily
exclud,,u l>y tht: concept oi "real ol>ject" •-
J S. Si ~itorna a\l'a<la!;iO di Timone (5EXT. E~IP. Ad11. log. 1. 30 = DloG.
_,,Eil.!· 1 X. IOj = 69 Diels}: • Si, l'apparenza ha vigore in tutti quei luoghi
o~·c gtun.ga •: ma 'lllesto riturno non e affatto un tripudio, bensi quasi la pcna
cll una \J~~~~ gnoseologica,
1> _9. In cio il dubuio di Encsidemo non ha nulla in comune ctm qucllo ipcr·
ohco <ii Dcscart~s .
. Io. Il Brochard (LEs sceptiqul's grecs. p. 2!18} ha affcrmato in rnodo cate-
gnnco che Enesidemo era "avant tont un metaphY~icien • e eia f:li ;, stato
:ispramentc. rimi>roverato dal Dal Pra (Lo. sccllicisl;lu grcco, pp. 4 oz- 4 ). Ene-
. ctcmo pcro - fosse o non fosse un metafi:m:o - era un pensatorc troppo pro-

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544 ENESIDEMO

Su questa pos!Ztone doppiamente scettica, che da una parte ci


libera d.alla prigione del domrnatismo e dall'altra ci fa sentire nella
non meno angusta prigione del a non sapere », si svolge il dramma
fllosofico di Enesidemo col suo bisogno catartico dell'epoche e del.
l'atarassia. E il grande pensatore si preoccupa di dare aJla sua in-
dagine i pin ricchi approfondimenti; ma questi, quanto pin intendono
non discostarsi dall'empiria e dal fenomene, tanto pin celano istanze
di ordine non empiristico e non fenomenistico u.
Farse gia da quando ancora faceva parte dell' Accademia Ene.
sidemo dovctte avvertire la necessita di dare una sistemazione a
tutta quella serie di argomentazioni e di aporie che dal primitiva
Pirronismo fino ai pensatori post-carneadei erano state formulate
prima in difesa dell'afasia e poi in difesa dell'epoche. Percio non ~
improbabile che il prima contributo di Enesidemo alla scepsi sia
stato il quadro classificatorio dei « tropi » 12, che assunsero il numero
fondo per permettersi di scartare i problemi difficili con la fiducia di a.verll
risolti o, se mai, dissolti.
n, Questo sembra csscre il destina di ogni fenomcnologia, specialmente
se tcn.iamo presentc le intcrcssanti obiezioni di ordine cmpirico-{enomenolo-
gico che, al nostro tempo, sono state fatte ad Husserl, e che, per certi aspetti,
sono aualoghe allc istanzc dell'Empirio-eriticismo auspicanti il ritomo ad un
Kantismo per nulla tonnentato da problem.i mctafisici.
12. Nel tracciare le regole del sillogismo categorica Aristotele (An. pr.
l, 28, 45:1 4) usa il termine -rp6r:ou~ (• impostazioni • trad. Colli) per indicare
le figure o i luoghi (-rlmou~) o gli scbemi de! ragionamento. In seguito gli Stoici
distinsero le forme delle argomentazioni sillogistiche in due gruppi: quelle
in cui si servivano di esempWicazioni pratiche (ad es. • se e giorna, c'e luce;
ma e giomo: dunque c'e luce •. carne in SEXT. E&~P. Adu. log. II, :Z:Z.f e altrove)
e quclle in cui si servivano esclusivamcntc di formule gencriche (ad es. • se
c'e il primo, c'~ il secondo; ma c'e il prima: dunque c'e il secondo •. come iD
SEXT. ElrP. Adu. log. 11, 227 e altrove). Questo secondo gruppo di argomenta•
zioni gli Stoici lo chiamavano tr-(Ji!'ct: = figura o Tp?lfo~ = modo (clr. B. MATES,
Sloi& Logic, p. 67, ove vengono citati anche DtoG. Llt.ERT. VII, 76 e G.u.KN.
Insi. log. 15, 8 seg. Kalblleisch). Come era accaduto per tanti altii term.illi
che potrebbero sembrare di genuina conio scettico, cosi avvenne anche per il
termine • tropo •. chc gli Sccttici - in primo Juogo quelli dell'Aecademia e
poi i Neo-pirroniani - utilizzarono a Iora piacimeoto, adattandosi alia con-
suetudinc di un linguaggio filosofico ormai accreditato. Questi tropi venivano
anicchiti da esempi raceolti da ogni parte per dare il sussidio dell'evidenza
empirica alia Iora classificazionc, come si riscoutra nella tropologia di Ene-
sidemo, che giustamente il Dai Pra (Lo scetticismo greco, p. 364) ha visto • C:O~e
un amalgama composito e come una laboriosa compilaziooe ». Circa l'ongme
e gli sviluppi delia tropologia scettica le questioni sono ancora molto diba~~·
l\urt von Fritz (Pyrrhon, in • RE •. XIX, coli. IOhj), convinto e sohtar10
assertore che gran parte dello Scetticismo antica sia gia presente in Pirrone,
ha assegnato al saggio di Elide anche - almeoo grosso modo - la • tabella •
dei tropi. l\fa e molto probabile, invete, che questa tabella si sia andata far-
mando a poco a poco ed a mana a mana che si arricchivaoo le esperienze del:
l'indirizzo scettico soprattutto in sena all'Accademia.. Questo accumulatlll
progress.i\'0 caus() gi!L nell'antichita un certa disagio nell'assegnare uu uum~
precisa e un ordine alle argornentazioni tropologiche; Filonc d'Aiessaudria
(De ebriet. 170 segg.) ci ha trasmesso otto tropi; Aristocle (EusED. Pf'oep. •fi·

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ENESIDEMO 545

canonica di dieci forse per essere contrapposti ai dieci summa genera


praedicabilia di Aristotele 13• Ma e probabile che personalmente
Enesidemo non desse importanza al numero precisa, giacche una
~chcmatizzazione troppo rigida poteva cclare un risvolto domma-
tieo u. Ccrtamente, pero, egli non si propose alcuna a deduzione

XI\', 1 ~. u) dicc che essi erano nave; Favorino, che scrisse un'opcra inti-
tula ta 5ni trapi pinonirmi (dr. l'edizione del Barigazzi, pp. 17Z-5), Sesto
Ernpirico c Diogene Lacrzio ce ue presentano dieci, anchc se !'ordine seguito
da ciascuno <.Ii lnro e alquanto diversa. Della notevole lcttcratura specialistica
in mat<'ria tlobbiamo in particolar moda tener prescntc: il Saisset (Le scepli-
[1,1111·, p. 78), il quale sostiene essere la tropologia, giil. prima di Enesidemo,
,, le bicn commuu <.le l'ecole sceptique •; il Pappenheim (Die TropatJ dtl' griech.
Sk,:pti;:i.<nws, p. 13 scgg.), il quale si fonda soprattutto sulla testimonianza
di ;\ristucle per stabilire che i tropi raccolti da Encsidemo erano nave; il
Drnchar•J {l.<.< sceptiqllc.• gras, pp. 253-5), che e d'accordo con Jo Zeller (Die
}'Jâ/u.<. rl.:r GTicc,.., III. t. pp. 24-5) e con la Hir2el (Utilersuclnmgell Zll Cic.
pizil•"· Scllr .. III, p. t q) nell'att~nersi al testa sestiano di Pyrrh. hyp. I,
~6 scg:F:. supraltutto in base alia precisa2ione fatta dallo stcsso Sesto in Adu.
Î.og. I, H5· Grande rilicvo e stato data, invece, dali'Arnim (Qur.lle•uludien zu
J'lzilun ;!oii Alexandria, pp. ;8·9) alia tropologia trasmcssa da Filone, che,
>econclo lui, sarebbc molto piu feuele ad Enesidemo rispctto a quella trasmessa
da Se<to, e in cio l' Arnim ~ stato parzialmente anticipata dai Natorp nelle
cel.,.bri Forscllungen. Lo Schmekel (Dit positiue Philosophie, p. 306 Anm. 2)
ha ripreso in parte le ti!Osi delia Zeller e de! Berna.ys (Gescl1. der gri~ch. Philos.
\", p ..po) cQl sostcncrc chc Filone, nell'esporre la. tropologia del De ebriet.,
nDn tcnne afiattn prcsente Encsidemo, ma si rifece a fonti neo-a.ccademiche
s•Jprattutto di pruvcnicnza camcadca - de! resta molti passi ciceroniani (ad
t>s. Liwlll. 114·1{6 passim) fanno capire che una tropologia abbastanza ampia
circ"l:w<~ sotto i platani di Acadcmo -. ma con \o Schmekcl non sono stati
d'accorcln ne il Robin (Py"·hrm el le scept. grec, p. I.JI) ne il Bn!hier (Les idles
philusoplzi,lu~s el riligimses de Pl1ilot1 d',i/1!~ .. pp. 290·1), i quali si sono rifatti
all'.\rnim dci Quelfellstr~dien. Tuttavia \a provtnienza nco-ac~:ademicn dei
tropi filoniani, intesi non tanto in funzionc scettica quanto in funziune mistica,
he. a\·uto reccntcmente maggiore scguito (cfr. E. R. GoooE:O.:OUCiii, An Intro-
durliuu in Plziln ]udiU!us, p. 20; I. HEIXElLI.:I'Y. Phil.Jns griech. und jfld. Bild11ng,
PP· 51+ s<'gg.), mcntre una stretto raJlporto Enesidemo-Filonc vicne parzial-
mcnte restanratu da Atheno<.loros E. Chat2ilysandros (Gesch. dcr ~heptischen
TrDp"'.'· p. 220). L"n accostamento tra l'impostazione tropologica ui Filone
e c~rtl luoghi plutardtiani, specialmente di De E apud Delphns 18, 392c, gia
fatto da J. Schrăder (Plularchs Str-/lung ;:ur SJupsîs) e condivisu dallo Zieglcr
(~lui.Jrcll, in • RE •. XXI. 1 col. 939), e di conforto al \Veische (Cicero 1md
rl;c l•lcue A ltadrmie, pp. S3·101) nel suo c~amc dcllc ripcrcussioni dello Scctti-
ct~mo. ne~·accartemico sul grande Filone e al Burkhard (Dic angcbliclle Hora-
hl.zt:.\·aciljolge des skept. A enes., pp. 182-9-ll per <.Iare una. sistema1.ionc all'Era-
chtismo che in Enesidemo sarehhc s<:llo presunto mentre in Filonc si riconllur-
rebbe ad un'espcrienza platonicu-mistica.
D' 13· (_)~sen·a ~1 l:lurkhard (op. cit., p. 186, n. -l) sulle arme dello Schmekel
( • 18 f'il.<rllvt P/11/osl)phie, I, p. 293) che i tropi • geben nichts andercs an als
d•e " Kategorien " fllr das Auftreten van konkratcn odcr kontradiktor:ischen
Cegensii.tzcn zwischcn gleichwcrtigen PhănomE"nt-n und damit zugleich me-
thod!~chc Gcsichtspunkt.~ fil.r die Amn·ndung de• Enantiologieprinzips in ller
skepttsch"n Argumcntatiun '·
ll l+· La Stough (GTc,ok Skepticism, p. 77) multa acutamente ha riscontrato
~ a tropologia encsidcmea una non chiara distinzionc tra i • juugements of
t e value or worth of ol!jects, institutions and practiccs • e J., u differences in

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ENF.SIDE~fO

trascendentale n dei tropi, come si sforzera di fare- paradossalmente _


l'empirico Sesto 15• Una simile dcduzione implicava la caduta nella
metafisica: infatti dr:durre, come fara Sesto, ogni altro tropo dalla
rclativita significa fare, implicitamente, del 't'o 7tp6c.; ·n un'o~a(a:,
cioe rovesciare Aristotele e rimanere virtualmente aristotelici, come
sarebbe accaduto tante voltc nel corso secolare del pensiero europeo.
Di qui il carattere empirica con cui Enesidemo intende contras-
segnare la sua "tabella dclle categorie scettiche », e di qui anche i
rimproveri da parte delia postcriore filosofia u speculativa» 18 ed i
cummenti favorcvoli delia pusteriore metodologia filo-empiristica 11.
Chc, peru, questa celebre tabella non appagassc del tutto gli stessi
Scettici antichi e provato dai posteriori emendamenti di Agrippa
e dello stesso Empirico. Enesiderno, invcce, che pur era sensibilis-
simo alle questioni di ordine logico-speculativo, volle limitarsi al-
l'opera del rapsodo, raccogliendo con omerica e quasi distratta dovizia
di particolari tutto quello che potesse portare acqua al mulino del-
l'epoche 18 •
Enesidcmo stesso, pero, dovette avvertire !'alternativa tra una
interpretazione cmpiristica e un'interpretazione dialettica dello Scet-
ticismo, e forse la sua rapsodia tropologica segno per lui lo sgancia-
mento liberatorio dalla dialettica accademica e, nel medesimo tempo,
il punto di parte.nza di una sua personale dialettica che mirava ad
essere piu autenticamcnte pirroniana.
Il problema di fondo della tropologia - quello del rapporto tra

perceptnal experiences • ed ha sottolineato una sproporzioue molto Iavorevole


ai primi, cd in cio e stata lodata dai nostro Dai Pra (Lo scettiâs"•o greco, p. 364).
15. Cir. Pyrrh. hyp. I. 38-39. Ci sembra în errore il Verdan (Le sceplicismll
philasopllique. pp. ·!2·4} nell'attencrsi alia lista di Diogene Lacn:io, neUa quale
egli riscontra • un ordre plus logique • chc nella sestiana: proprio quest'ordine
logico sarebbe un pericoloso a priori 1 •
16. Lo Hegel (Lez. sul/a St. de/la Fil., II. p. 522) ossen.-a: • Nei trop1 an-
ti ehi scorgiamo appunto la mancanza di astrazione, come incapacita di rac·
cogliere la Ioro divcrsita sotto punti di vîsta generali pili semplici o; e. dopo
avcr riesposto Ia • tabclla • di Scsto Empirico cd aver avanzato l'ipotesi che
siffatta tropologia sia c piuttosto antica •. annota (ibid.. p. 532) che il Ioro ·
contenuto si limita ad indil:are il mutamento deU'essere senza addurre la con-
traddizione che e immanenle al concetto stesso di essere [cosa che non do-
'·ctte sfuggire ad Encsidcmo stcsso nei suoi momenti pili speculativi] e che
la Joro forma rivda • un pensiero ancora incsperto. che non e ancora in gr~o
di raccoglicrc la multitudine di questi modi sotto i loro punti di vista generali •·
17. La Stough. chc considera Encsidcmo come il fondatore delia mc:todo-
lol'\ia sccttico-empirica mentre Carn~ade si era limitalo • to deal with .the
pcrceplual statcmcnts of ordinary lifc • (Greek Skepticism. p. 104), dedica,
O\'Viamentc dai suo punto di vista, il massimo spazio alia disamina deUa tro-
polog:ia nella seziune de! sua volume riscn•ata ad Enesiden10.
I8. Cfr., a tale riguardo. ]. GRE:o;IER, L'exigtiiU de l'inlelligibilitl du sceP-
ticisme grec. pp. 357-65.

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ENESIDEMO 547

l'apparcnza fenomenica e la realH1. naturale delle cose - induceva


Enesidemo a dare un approfondito sviluppo alia disamina de! criterio
rii writa 19. Questo criterio non puo essere riposta ne nei sensi ne
ndl'intcllctto ne nell'insieme di entrarnbi. I sensi non possono essere
criterio, perche la verita - arnmettendo che possa essere concepita
e cnnscguita - anche per Enesidemo sarebbe un qualcosa di razio-
nalt:', men tre le nostre fa col ta sensoriaJi - in tese tanto nella parti-
colarit<\ di ciascuna di esse quanto come sensibilita in generale -
non hanno nulla di razionale. Ma, d'altra parte, riporre il criterio
1wll'intclletto - tanto se questo venga inteso carne qualcosa di co-
mune a tutti, alla maniera di Eraclito 20 , quanto se venga conside-
rato come propricta inJividuale di ognuno - significa concepire una
conoscenza che non abbia il suo punto di partenza nella scnsazione:
il che c contraria ad ogni eviden.za. Tra mtmdus sensibilis e mundus
l:utelligibilis esiste una frattura insanabile, e se il prima dei due e
in se stcsso contraddittorio, il sccondo, che pur vorrebbe avere una
propria autonomia, non puo riuscirvi, giacche - carne anche quasi
tutti i Dommatici sono d'accordo - non c'c nulla nell'intelletto che
prima non sia stato nel senso. Percio mescolare i due mondi col
ri ten cre come eri terio l'insicme dci sensi e dell'intelletto, ove pur
fosse pussibile, equivarrcbbe ad un raddoppiamento dellc aporie,
Ricorrere, poi, alia soluzione probabilistica di Carneade col porre
come criteriu un'oscillazione progressiva dallo zero all'unita significa
ptncolare tra il vero (l'uno) e il falso (lo zero), senza adeguarsi a
ncssuno dei due: non resta, allora, che la sospensione del giudizio.
A colmare l'abisso che divide il fenomene e la cosa-nella-sua-
naturale-essenza non ricsce alcun ritrovato dei filosofi dommatici.
Costoru, e in particolare gli Stoici, hanno inventata tutta una parti-
calare scmeiotica la quale, secondo Enesidemo, non regge ad un
esamc critico 21 • Infatti il segno, per essere valida, dovrebbe rientrare
tra le apparenzc, ma, in tal ca:>o, gi:i non avrebbe nulla a che vedere
con la n·alta delle case e si limitcrebbe soltanto a significare se stesso.
D'altra parte sarebbe assurdo concepirlo carne non-apparente,
giacche, se cosi fosse, una cosa oscura verrebbe significata da un'altra

19. Cfr. SEXT. E~IP. Adv. lcog. II. 40-54.


_2°· Cfr. SEXT. E~rP. Adr•. fcog, II. 8. Qucsto passo non ncccssa.riamcntc
va Inquadrato nelle testimonianze erarliteo-uommatiche ui Enesidemo. La
Stoug:h (Grrrk Skrpticism, pp. 94-7) lo inscrisce nella scepsi, e A. Aubenque
(Le filosofic c/leuisticfu; Stoicism o. Epicr.reismo Sc.rticismo in F. CHATELET
p.
Storia ddla filosofia, trad. it., Milano, 1976, I. 137). citandolo testualmente:
oss:rva; • Farse uisob'lla vedere qui una semplice rt:gola dell"uso empirice delia
ra!i:JOne. la quale non contrat.luic.,, bensi presupponc l'abbandono dcllc suc
pre:tcsc speculati\·e •.
n. Cfr. SEXT. EMP. Adu. log. Il. 2r5-22. 234-8.

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EXESIDEMO

cosa anch'essa oscura. Ma i Domrnatici sono anche capaci di soste-


nere una teoria di tai genere, come e provato non solo dall'idealismo,
che molti di loro hanno giustamente criticato 22, ma anche dalla
loro logica dimostrativa, che non e altro se non un'articolazione
delia semeiotica. lnvece di penetrare m·lla realta sensibile, la dimo-
strazione riduce qut'st'ultima a realta intellegibile, vanificando il
fenomeno in un ragionamento discorsivo che, per giunta, e fondato
su un'ipotesi, come mostra la rifonna stoica dell'apodissi peripa-
tetica za. Con tutti i suoi sforzi, quindi, la dimostrazione non risolve
il dissiilio tra l'apparente e il non apparente, ma lascia ciascuno dei
due ncllo stato di prima.
Ne vale l'aitiologia a risolvere la questione: il passaggio dalla
logica alla metafisica non e altro che il passaggio ad altre aporie.
A tai proposito Enesidemo sente il bisogno di dare una tropologia
delia causalita, la quale ci sembra piu autenticamente sua di quella
piu celebre ma mena speculativa concernente la sospensione del-
l'assenso 24• Secondo questa tropologia la causa o si riduce essa stessa
a fenomeno, e allora Ia cosa nella sua naturale essenza continua a
rimanere oscura, oppure resta essa stessa una dellP cose oscure che,
a loro voita, hanno bisogno di cssere spiegate. A quest'aporia di
fondo si aggiungono le opzioni dei Dommatici, le ipotesi che essi
trasformano arbitrariament(: in verita, gli apriorismi ingiusti.ficabili
e, come se non bastasse, le contraddizioni in cui i Dommatici vanno
a cadere nel far funzionare quelle cause che essi stessi hanno paste.
Il principio di causalita, su cui si rcggeva ogni edificio filosofico
- fosse esso idealistico, materialistico oppure organicistico - viene,
cosi, a ricevere da questo Hume dell'antichita un violenta scossone.

22. Basti ric<Jrdare le obiczioni aristotcliche alle a species • platoniche.


E~se crano ben note anche in quegli ambienti accadcmico-antiochei che iden•
tifica.vano sostanzialmcnte tra loro i due ma.ssimi pcnsatori greci (cfr. CIC.
Varro IX, 33).
23. Rinvio alle mic osservazioni introdultive a SESTO EMPIKICO, Co1Jtro
i logici, pp. xxxvm-xuv. 11 Dai Pra (Le> sccllicismo greco, p. 389), dopo aver
messo in rilicvo che la critica di Enesidemo al sillogismo riducc quest'ultimo·
ad un'affermazione • sulla base d<.>ll'evidenza ipotetica personale •. conclude:
• In tai motlu il neo-scelticismo attaccava la sill<Jgistica aristotelica come la
dialettica stoica e dcmoliva il dogmatismo ne !la· sua prctesa piu speciosa,
quella delia dimostrazione •. Anzilutto, perâ, ad Enesidemo - stando almeno
alle testimonianze sestiane - sembra che sia sluggita la differenza tra gli AntJ~
litici di Aristotele e la siUogistica ipotetica delia Stoa; in sccondo luogo Ene-
sidemo, con tutto il suo gcnio filosofico, sottovaluta la lo~ica apodittica nel
ritencrla - se la ritennc davvero - la " pn•tcsa piit spcciosa dcl dommatismo t.
Era troppo presta, storicamcnto:> almeno. per fare i conti cun quella logica che
11011 era stata neppure ancora slutliata da commcntatori clei livcllo cli un A1cs-
~andro eli Afrudisia!
24. Cir. SEXT, E)IP. P_vrrh. J.yp. I, I80·I86.

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ENESlDEliO 549

:'>la bisogna anche tener presente che la ricca aitiologia aristotelica 20


era stata ridotta a mal partito gia dagli Stoici: le quattro cause, tra
le quali Aristotcle aveva dato un ruolo distinto a quclla finale, erano
state ridotte ad una soia, ossia a quella efficiente o agente, concepita
J"~r giunta come anteriore ed estema (post lwc, ergo propter hoc).
E contro questa si batte Enesidemo 2e, rilevando tuttc le contrad-
dizioni insolubili tra corporeită. e incorporeitâ, tra permanenza e
11011 -pcrmanenza, tra simultaneita, anterioriHt e posteriorita, tra im-
mancnza c trascendenza del principio operativa. Quest'ultirno non
potril., infine, avere alcuna efficacia a causa delle aporie del contatto.
::.opprrssa, infatti, ogni possibilita che duc entită. di qualsivoglia
gconere si tocchino tra loro, nessuna cosa puo agire su un'altra o
patire da questa.
Il rapporto di causalita non puo avere alcuna spiegazione ra.zio-
n.t!e, ne ci puo essere alcuna via d'uscita, se i duc poli di qucsto
rapporto yengono posti analiticarnente, come facevano gli antichi,
,, non sinteticamente, come ha fatto la filosofia moderna. Carneade
aw·va comindato a dare alia questione un'aurorale prospettiva sin-
tetica col suo accurato studio delia rappresentazione, come abbiamo
rikYato nella sezione di questa rarcolta riservata a lui; ma Enesi-
demo, escludcndo recisamente che la rappresentazione, comunque
conccpita, possa essere criterio di verita 21 , taglia corto anche con
quelb prospettiva da cui il futuro soggettivismo sarebbe partito per
custruire una 11 metafisica dell'esperienza interna n 28•
Tutte queste acutissime critiche confcrivano al pensicro di Ene-
sidemo il carattere di una scepsi radicale, alia quale solo la buona
vulonta del filosofo pirroniano potcva dare una soluzione etica sa-
lutare. Pirrone a\•e,·a indicata la via delia salvezza nell'atarassia
con~e~.;,ntc all'afasia e all'indifferenza; Encsidemo crede di seguire
l'antico maestro: dopo aver operata la demolizione sistematica di

~5. Cfr. ARisToT. Pliys. II, S-g, In contrasto, inoltre, con quanto afferrua
l~ul Pra (Lo scctticis"'o grer.o, p. 376), ossia che • il pcnsatore eli Cnosso prende
1.h mira, nella sua critica, la dottrina aristott:lit.:a delia causalita e le altre dot-
trinc dommatiche delia causalita che dircttamente e> indirettamente a quella
anstn\elica si ricollega,·ano •. nQn ci sembra che Encsidemo abbia inteso in
particolar me>do colpire la teoria aristotelica in base alia quale • la produzione
dt una cosa muo~·e da cio chc costituisce la sua essenza • (come e uetto in
.Uetaph. VII. 9, T034a). Di qut-sto tipo eli causa - che e quella fom1ale -non
ap~atono cenni molto espliciti in Scsto. Ci scmbra. im·ec~. che, comc pl'r la
l:~gtca _<legii A nalilici, cosi per l'aitiologia .\ristotcle sia stato poco o nulla
cunosctuto o almcno merlitato dai binomiu Ene~itlcmo-Sesto.
. 21.i. Cfr. SExT. EMP. Adl•. pllys. l. 21ll·64: il lungo passo, anche se con-
ttenc parecchi ritocci.J..i sestiani, sembra essuc sostanzialmentc cncsidcmeo.
2i. Cfr. SEXT. E~u•, Adv. log. J, ]88-39G.
~s. Secondo la celebre esprcssione tlel Wintldband (StoTia drfla FilrJsofia,
I, trad. it., Pa!ermo, 1948, p. 323) riferita al pensiero cli Agostino.

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sso ENESIDUlO

tutte le t< etichc 1) specifich~ costruitc durante l'Ellenismo, egli si


attiene ad un bene tt gcncrico n non meglio idcntificabile, ma piut-
tosto astratto e formalistico, cioe all'cpoche, che di per se gia offre
l'atarassia 118 •
Con Enesidemo, dunque, si tocea quello che puo esserc consi-
derata il vertice o il baratro dello Scetticismo. Il verbo di Pirrone ha
trovato, con lui, tutto il conforto di una ormai secolare esperienza
filosofica e tutta una formidabile articolazione logico-d.ialettica cui
le crisi stesse uello Scetticismo a\'C\"ano data un valida contributo.
Ma gli Sccttici antich.i, sostenitori deU'atarassia, erano in realta
inappagabili, e non per nulla. i rnoderni, rifcrendosi a loro, hanno
usato il termine di (( disperazione pirroniana » 30• L'ombra di Banquo,
ossia di quel dommatismo che essi han creduto di sopprimere, li
perseguita sempre. E come i Dommatid si azzuffano tra loro per
quelht "diafonia n cosi bene stigmatizzata dagli Scettici, cosi anche
qucsti ultimi sono disposti ad accusarsi reciprocarnente di domma-
tismo. fnfatti Sesto Empirica, che tanto doveva ad Enesidemo e
che tante volte plaude all'eleganza e all'acutezza argomentativa del
suo predecessore, non gli risparm.ia l'accusa di essere stato dommatico
anche lui. L'espressione At'.I"I,IO"La·r,[.Lo<; oppure ot m:pt -rov Alv')O"[-
~l'Jfl.OV x,x·d: -rov ·Hpcb<),s:t•ov, ripetuta piu di una voita nel C01pus
sextianum 31, ha suscitato e continua a suscitare molte discussioni
tra g-li studiosi moderni 32 • Sono cosl validi e suggestivi i pro e i

29. Cfr. SEXT. E~IP. Adu. eth. 42-44; DtoG. LA.:ERT. IX. 107; AIUSTOCL.
Apud Euseb. Pracp. eli. XIV, Ili, 4· In qucst'u\tima testimonianza ~ detto che
Enesidcmo pone come sommo bem~ il pia.ccrc accanto all'afasia e all'atarassia.
Il :l-latorp (Forsch. zur Gesch. des Et·hemrl,.issprobl .• p. 300) respinge senz'altro
questa tcstimonianza. mentre \o Hirz~:>l (U111t"rsr~chuugen :m Cic. phil. Schrif~ll.
111. p. 109} la spiega comc un cnncsimo tentativa di accostare e quasi identi-
ficare il pensiera scettico con qucllo cirenaico. In realta Enesidemo. come ha
scritto il llrochard (Les suptiqrus grccs. p. 271). • n'adfinnait rien en morale •:
la sua epoche, intesa sul piano delia prassi. vuole cssere solo un'affennazione
polemica. una replica ai Dommatici che al sommu bene avcvano dedicato
tanta sterile attcnzionc (cfr. DAL PRA, Lo sccllicismo gruo. pp. 389·92).
JO. Cfr. VOLTAIRE, Trai/alo di mc/cJfisica in Seri/li filosofiei, Bari. 1972,
1, p. 159; BAVLE. Dictiomraire historique el criliqur, Rotterdam, 1720, VI,_
col. 23o6; SESTO EMPIRICO, Co11tro i /{Jgiâ. mia nota a pp. X-XI.
31. Snu. E~IP. Adu. log. II. 8. 286; Adu. phys. 1, 337; Il, 216«:, molt~
pt"obabilmente, anche 232-233: Pyrrh. hyp. III, IJ8. Apertamente v1cne d1·
scus~a e con!utata l'affet"mazian~ d~i • sct;uaci di Encsidewo • secondo cui lo
Scelticismo sarcbbc una via verso l'Erd.clitismo in Pyrrll. llyp. l. 210 segg.
32. Il Saissct (Le scrpticis,.•e etc., pp. 209 segg.) ha sostenuto che Ene-
sidemo fu in un prima tempo eraclitco c poi passo allo Sccttidsmo e che,
sebbene la sua prima esperienza non abbia grande rilie,·o n"Ua sua filosofia,
non e stata - anche se solo ufficialmcnte - mai rinncgata per motivi apolo-
gctici. Mcntrc il Diels (Doxogr. gracc., pp. :zag segg.) c \o Zcller (Dit- Philoş.
dfY Grircll.. III, z, 36 scgg.), ne\ trattare delia questione. sostent'vano che,
quando Enesitlemo parlava di Eraclito. si sarcbbe rifcrito a tesi stoichc e noD

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ENESIDE:IIO SSI
cnntro di ogni soluzione prospettata che, ancora una volta, si ha
J'impressione di parlar di corde in casa di impiccati e si propende
anche qui per l'epoche, pcnsando che i termini reali de! problema

sue " chc Sesto erroncamr.nte e distrattamente le avrebbe attribuite a lui,


il Katorp ( r.hz/ersuchungen iibcr die Skepsis in Altertlfm: A~ne5idem, in parti-
cular~ pp. 5I-8) avanza l'ipotcsi chc Enesidemo pote anche essere insieme
,cPttico ct! cracliteo estendenrlo la contrarieta dai mondo soggettivo a quello
o>:l!dth·o e coiuvolgenuo eutrambi in un fcnomenismo protagorizzante. L'ipo-
t:~i ud i'atorp ebbe l'appoggio uello Hirzc.-1 (che gia neUe sue Untersuchungtn
_- 11 Cic. pl!il. Sc!Jrijlen, III, 64 segg. avc,·a riicvato il fenomenismo di Enesi-
tkmo) e dcii'Arnim, che nei suoi Qr•ellcn.~/rcdien z11 Pllilo11 von Afex. cominciava
~ porre il prublema del rapporto tra l'autentico pensiero di Eraclito e la con-
tJnliu~zione Iattane dagli Stoici, soprattutto da Posidonio_ L'Arnim. che
prnp~>neva ui non distinguere affattl.l l'esprcssione ot T:E:j:L -rov Alv7jalSljfLOV
ual sol•> A!v-r,al~7J!.tOt; (dr. Ainesidemas, in • RE •. 11, 1, coli. 1023--Jl apriva
cmurionalmente un nuovo tipa di indagini che ancbbc continuata dopo molti
clecf.'nni a dare i suoi frutti anche neUe u,alersuchuugcll zu Heralilil di Olof
GiJ:;on. da cui gli studiosi odierni di Eraclito non possono prescindl're. Ed anchl"
il Pappenheim (Die angeb/iche HCI'al!lilimn~S des s!upl. Aenesid., pp. 29 segg_),
che erroneamcntc considerava come fante delle c.-sprcssioni sestiane un neo-
piri"oni;mo >;toicizzantc, ccrcava una soluzione • filowfica • per evitare di co-
glierc in contraddizione il grande scetticu. l\Ia P. Leander Haas (De philos.
sap . .wcc., pp. 44 segg.) indicava una nuova via da pcrcorrere, ossia il pas-
'at;gio di Enesidemo dallo Scetticismo ad Eraclito; e qucsta strada venne
percorsa dai Brochard (Les sceptiq11es grccs, pp. 272-89), il quaic, dopo aver
Jet to brillantcmcntc cont ro l'ipolesi conciliativa del Natorp • on n'est pas a
la fois sur la route ct au but • (op. cit., p. 284). vede quasi comc scontata la
,;olm:ione eraditca delia scepsi di Enesidemo a causa delia metafisicita di fondo
t!d P"nsicro ili lJUest'uitimo, aUo stesso moolo che era scontata il passaggio
dell"ultimo Piatonc al Pitagorismo (c>p. cit., p. 286): cio non pcrtanto Enesi-
d~mc• non al'rebbc rinunciato alia scepsi. ma avrebbe dcrivato • son doute
de 1'1. suurr.c la plus elcvee • (op_ cit., p. z8;). Ovviamcntc, pero. non si pua
galopp~r~ su due cavalli, anche se il fantino e un uomo rlclla lcvatura di un
Hrochan.l, e la Patrick (Sr.xtiiS Empiriclls aud Greek Skepficism, • Re~-uc philo-
snphique •. VIU, I900, pp. 217-ll) veniva a proporre un dommati~mo incon-
sapevulc di Enesidemu, mentre il Goetleckemeyer (Die Gesch. des griech. SkepJ_,
pp. ~~S-35) parlava non eli Eraclitismo entsit!emeo bensl di semplice anall'gia
tr.1 il pensature di Efeso e gucllo di Cnosso. Il nostru Capone-Brar:;a (L'rrarli-
ti:<mo di Enes., • Rivista tii filoŞQiia •. XXII. 1931, pp. 33-47), la cui tcsi e
stata conuivisa uall' Abba~nano (Storitl dtlla filosojia, Torino. 1963 2• I, p. 224),
ha insistito snl carattere nou tlommatico, bensl sceltico dell"Eraclitismo. ri-
proponendo in tai modo, mulatis uwt.111dis. l'ipotesi brocharuiana, come gli
"sta tu rimprovcrato dal Dai Pra (Lo scel/icismo greco, pp. 405-6)- Quest'ultimo.
rlupo aver illustrato lo ~tato delia qu.,stionc, rifaccndosi solo parzialmente
al Sais.et, ha sost<:nuto che Encsidcmo fu prima craclitco. poi accademico
r: tnhne, neo-pirroniano. c questc conclusioni suno state acccttatc dai H.ist
(Tl!,: llerrrclitranism of Atues., • Phoenix •. XXIV, I970, 4. pp. J09-I9) e,
attra\"crso il Ri~t. dal Lung (Hrfferaislic phi/oso>phy, p. ;6)- La multcpiicita
delle suluzioni propostc ha indotto alcuni stuo..liusi ad cpochizzare la questiune
suprattutto per l"impossibilita di dare allc crmetiche parole di Se~to una spie-
~':'-zto~e n~m contraddittoria. Gia il Saisset (Le sapticisme, P- 209), cercando
rlt ~ntmtzzare il prublema. scriveva che ar\ Enesiuemo • au f.-md, ricn ne
~;natt certain, et le parti le plus sagc est de s'abstcnir de tout systeme. l\lai~
5
ti faliait cn choi~ir un, celui rl'Ho!radite dc\'Tait avoir la prcfcrcnce •; e il
Bracharo.l, chc proponc\·a la soluzione opposta. prima ui iniziarc il discorsu,
05
~€'n·a,·a (l.es sc~ptiqrtr.s grccs. p. 271} chc •lc mieux scrait d'appliguer la

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552 ENESlDEMO

sono destinati a rimancre oscuri nonostante ogni impegno ermeneutico


nell'accurata analisi dei singoli passi in cui la fatidica espressione
·vienc ripetuta. Essa puo essere intesa o Encsidemo u quando ancora
seguiva Eraclito n o •• quando segui Eraclito, dopo aver abbandonato
lo Scetticismo » o « accostandosi, in un certo qual modo, ad Era-
elita» oppure, tirando un po' il collo alia lingua greca, « interpretando
l'autentico pensiero di Eraclito per purificarlo dalie incrostazioni
stoiche spccialmente di Posidonio u; ma, comunque si faccia, il testa
rimane sempre li, come il pascoliano libro del mistero, e nessuno
ci puo \ietarc la suggesti<.one di pensare che il grande Scettico non
si sentisse immune dai bisogno di estrapolare, con un salto mortale,
le contraddizioni incrcnti alle sensazioni, ai r.i~bj ed ai fenomeni
in una piu profonda contraddizione immanente aHa natura stessa
delle cose. In molti casi noi moderni siamo piu dommatici degli
antichi: gran parte di noi, infatti, dopo avcr ingurgita ta tanta "meta-
fisica » arnmantata di • - storidsmo » e di « dialettismo » e pur osten-
tando le piil spregiudicate aperture mentali, non vuole piu sentir
parlare di 11 metafisica P, come il padre dcl celebre cappuccino man-
zoniano non tollerava che in sua presenza si usasse la parola u mer-
cante » nemmeno se si intendcssc alludere, metaforicamente per
giunta, alle sole orecclrie. ~la poiche la metafisica - anche ai nostri
giorni e dopo tante defcnestrazioni - non e ancora disposta ad esa-

maxime sceptique, et de retenir son jugement ». Di qucsto avviso sono ştati


anche E. Brchier (Hisl<'irll de la p/Jilosopllie. 1, 2, Paris, 19485 , p. 434), M.
Sorcth (Ai11esiă~11w.< IJOH Kuossos in Lexic011 der A11like, Zurich-Stuttgart, 1965)
e Ph. P. Hallic (Supticism, .Ua11 a11d God, p. 26). L'n'ampia ricerca sulla qae-
stione e stata rcceutemeute condotta da Ulrich Burkhard ne! suo volume
Di" angebliche Hrraklit-Nacilfolge des skcptikers Acnesidcm. Bonn, I9i3· Esdu-
dendo, tra l'altro, che Sc5to abbia del tutto mal compreso il suo predccessore
col fargli dire chc lo Scetticismo e una via \"erso l'Eraclitismo laddove Eoe-
sidcmo avrebbc sostenuto esaltamente il contraria (come ha proposto il Chat-
zilysandros in Gesciliclllt der skepl. Tropm, p. 31), tenendo par2ialmente canto
delle indagini de! Weische piu chc di quelle dcll'Amim in merito al rapparta
Filone-Enesidemo, utilizzanrlo criticamente gli studi de! Rcinhardt. dello
Schmekel, del Pohlenz, de! Pftigersdorffer e di altri sulla Staa e in partiCQlarO
sul rapparto Eraclito-Posidonio, il Burkhard proponc di intcndere I'espression~
• via verso l'Eraclitismo • come • Yia per capire correttamente il pensiero dl'
Eraclito affrancandolo dall'ipotcca stoica •· A sua parere Encsidemo, ~o~
sulla se-ia di Aristotelc, avrebbc intt>so restituire Eraclito alia sua gen111mtlL
efa re di questa scopcrta ermcncutica una nuova arma cont ro gli St~ici (PP· 6~7).
In sostanza Encsidemo aYr.,lJbe inteso solo interpretare Erachto m cluave
scettica (p. 166) e ave\·a o.li chc trm•arc nel filo5ofo di Efeso, ~ conf~rto delle
suc tcsi, soprattutto nella concezione del contrasta tra sensaztone ~ illtellet~o
(p. 116) e delia contraddittorietâ. nclla rcalta delle cose (p. 195). Le mformatis-
simc indagini del Burkhard aprono nuoYe prospettivc. ma scmbrano abbas~anl!&
lontane dalla testimonianza scstiana cosi lapidaria pur nel 5UO cmletismo.
Benche manchi il conforto della filologia, la tesi piu plausibilc, almeno per
ora. rimane quclla di :Maria Dai Pra.

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ENESIDEMO 553

Iare J'ultimo respira, non ci sembra indispensabile usare tanta cau-


tela antimctafisica a proposito di un antica pensatore di nome Ene-
sidemo, la cui vita, le cui crisi spirituali, i cui atti peccaminosi o
ammircvoli ci sono del tutto ignoti. I testi non ci pennettono di
_giungrre a conclusioni senza che corriarno il rischio di pentircene
i-n un ::;econuo momento. Una cosa soltanto si puo chiedere: di non
a\·er tanta paura delia metafisica e di non pretendere, con tutto il
nostro storicismo, che gli antichi subissero le nostre stesse vicissi-
tuoini intellettuali, a meno che non si voglia ammcttere che in certi
ca~i ~·rrilas 1101t est filia temporis, Un invito di tai genere ci viene
proprio dai grande Sesto Empirica che, pur avenda preso le debite
caulele C'ontro i pericoli in cui era incorso Enesidemo, scppe guar-
r]arsrne solo fino a un certa punto con la sua proposta scettico-empirica
,-, col suo cader dalla padelia nelia brace sostituendo a certe simpatie
eraclitee altrc non meno pericolose simpatie eleatiche 33•
Se, come ci trarnanda Sesta, Enesidemo -in qualche momento
delia sua vita - ritenne che lo Scetticismo sia u una via che mena
all'Eraclitismo 1>, dobbiama tener presente che Eraclito non parlava
solo di opposti nelia natura delle case, ma anche delia loro coinci-
d.:-nza in UD /.6j'OC,, e cio C 11011 tanto metafisica quanto misticismo.
1:: probabile - carne sostengono i piu recenti studiosi de! problema -
che l'Eraclitismo sia stato solo un momento - farse quello iniziale-
ddl'attivita filosofica di Enesidemo; ma non dobbiarna dimenticare
,_·he In Scetticismo greco, tanto nelle sue simpatie eraclitee quanto
in quelle eleatichc, fu storicarnente- accanto al suo opposto, il misti-
cismo - una delle due ruote delia biga che porto a catafascio la
fih•sofia antica.

l testi u enesidemei ,, di cui disponiamo, anche se non hanno


l'estensione di quelli (( cameadci », sono abbastanza consistenti per
un' a pprossima ti va ricostruzione de! pensiero di questo grande filo-
sofo. Il sommario dei Discorsi pi,.ro11ia11i lasciatoci da Fozia 3.1 ci

33· Rimand(l a quanto gia e stato osservato nc\la mia introduzione a


SEsT(, EMI'IRICO. Ccoulro i logici. pp. XI-VII-XLVIII.
3-f. La traduzione e stata eseguita sull"edizione a cura di R. Hcnry (Paris,
1<)6,_). Il passo foziano che lo Zeller (Die Phi/os. du G.,iechm, III, "2, 23 A 2)
consHlt-ra\'a un molto fcdclc riassunto dt'll'opcra di Enesidemo e a proposito
ud quale il Diels (Do:rog ..aphi Gracci. 2II) SCrl\"CVa • Aenes.idemum qui vere
Jlltdhgerc volucrit, a Photii Pyrrhoniorum librorum excerpto proficisci dcbct •
e chc. infine, l'Heury (Piwfius, III. p. III). n. t) ha ripetuto """~cre •la source
1~ .. plus tomplHe par laqucll<' nous pouvons eu core connaitre [l'ou\'Tage
d l~n~s.J », l: ~tato molto recentemeute esaminato da l{arel Janâfek nell"ar-
tltolo Zur ltrt~rpr~tation des Pholios-Absclwittcs itf>,·r A ;",·sidtltJOs, • Eircnc >,
Studia gmua rl latina, XIV, Acarlcmia Praha, I9j6, pp. 93-Ioo. Lo sturlioso

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554 ENESIDEMO

da molto obbiettivamente l'idea di tutto un piano organica segnito


da Enesidemo· nell'esporre il suo "sistema n scettico, anche se l'eru.
dito patriarca non mostra simpatia, bensi aperta inimicizia per
quel pericoloso pensatore che pure non pochi autori cristiani ave-
vano utilizzato nei secoli precedcnti. Per quanto concerne i passi
sestiani 35 la nostra scelta potra essere considerata o troppo ristretta,
se tt!niamo presente che Enesidemo - anche se attraverso la media.
zione di Menodoto - fu la massima fonte dell'Empirico, oppure
troppo cstesa e fatta con poca acribia, se teniamo, invece, presente
che alle argomentazioni enesidemee Sesto amava inserire e sovrap.
porre quclle proprie. 1 testi filoniani del De I osepho, dcl De ebrietate
e del De som~tiis 38 sono stati \risti o come la fante piu vicina - e
quindi meno insicura - del pensicro di Encsidemo o, al contraria,
come non aventi nulla a che vedere con quest'ultimo, ~ssendosi
l'autore ispirato all'Accademia ormai in cammino versa Plotino.
Non si puo, comunque, non tener conto, nclla lettura di pagine al-
tarnente umane e filosofichc, delia loro sorprendente affinită. - pur
tra le divergenze- con altre fonti enesidcmee pin sicure. 1 brevi passi
de] De anima di Tertulliano :.7 , infinc, la cui fonte fu quasi certamente

cecoslovacco, esaminanuo il teslo ui Fozio Cl)n gli stessi criteri analitico-lin-


guistici da lui diligentementc ed acutamente applicati in P.-o/tgomena lo Sextus
EmpiriCIIs, in Sext11s Empiric11s sccptical Mellwdos e in una nutrita serie di
articuli che vanno sempre tcnuti prescnti da ehi voglia avere una cognizione
approlondita de) linguaggio dcgli Scettici (Ei~oc; in Se.rt. Emp.; Ei ne anonymt
skeptr:sche Sclirift gcgen die A slrolognr; Verg/âcllssiilze i11 S,·;rJ. Emp.; zu,.
IFfl,.digung des Diog. Laert.; lleor; T.tjl bei Se:rt. Emp. u1rd Diog. Laerl.; Zu ders
skcptischen ll'îderlcgrmgsformw; Ubrr ci11 Pla>1 ei nes IV iir/orbuchrs der grie-
chisc!Jen Pllilos(Jphie, etc.), coglie con malta preci!lione certe iuentita termino-
logiche tra Fozio, Scsto Empirica e talora anche Diogene Laerzio. soprattutto
nell'uso di vocaooli che non si riscontrano quasi in alcun altro luogo delia vasta
Biblioteca dcl patriarca bizantina. Sottulineando il tona ostile e sarcastice di
certe esprcssioni di Foziu (mi es. w; c.IE~:Xt e zp~CHfla. Tot; lltllAEY.'I'IXOLi;) e,
d'altra parte, la letterale corrispondenza di certe altre l!spr<'Ssioni con quclle
usatc da Sesto (ad es. 'I'~V ~v -:-o!; c.tiatv !i;),:ij .. ~t!%V, che ~ anchc in SEXT. EMP.
Adv. log. 1, If1, •05: xa.-:-:xorci:aEL xa.l ci:r:oljl&.aec. che e ancile in Pyfrh. hyp.
I. 197: ljl:XVEpi. x1:l ă:?:tvf., chc e anchc in Py11h. hyp. I, ISI. 182, e soprattutto
a.t-no).o·ro:tv, che e anche in Pyrrh. hyp. 1, 180·181. 185-186), il Janatek con-
clude che le carattcristiche rlclla notizia foziana sono • Fdnclschaft und Objek-
tivităt ''· Un'analoga accurata indagine tenninologica anurebbc cscguita con
pari serida anche sui passi • enesidcmei • di Filr:mc di Alessandria, senza qne~­
l'amor di tesi che purtroppo si riscuntra in parecclri studiosi delia vexa/a qr~aulst~
ddl'Eraditismo de! 1ilos.ofo di Cnosso.
35· :.li sono attcnuto, comc altrove, all'!!tlizionc del :'olutschmann (rivcduta
pe-r Pyrrh. hyp. dai IIIau).
36. 1\ella traduzione del De ]oupho mi sono attenuto al teshl de! Colson
(PHILO, vr. London-Cambriu~e :.rass., 1969), in quella rlcl De ebrietate al testa
del Colson e de[ \Vhitaker {PHII.o, III, ivi 1g6o) e in quella uel De somniis
al t~stu dci m<:desimi curatori (PIIILO, V, h·i, 1968).
37· Nclla traduzione mi sono attenuto al tcsto di J. 11. "'aszink (TERTVLL.
Opera, 11, Tumholti, 1954).

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ENESIDEMO 555
Sorano, non si reggono da soli ai fini di una nostra comprensione di
certe teorie "dommatiche » di Enesidcmo, ma vanno inseriti e discussi
con aHre fonti piu consistenti, specialmente con quella scstiana.

1 Di~corsi pirroniani (Fozm, Bibliot. 212)

Di Enesidemo sono stati letti otto libri di Discorsi pirro- 169 b


niani 1. Disegno generale dell'opera e quello di stabilire che
non si puo apprendere nulla di stabile ne per mezzo delia sen- 20
sazione ne per rnezzo del pensiero: ragion per cui n6 i Pirroniani
ne gli altri filosofi conoscono la verita che e presente nelle case
esistenti. Quelli che seguono gli altri indirizzi filosofiei non si
rc:ndono conto, tra l'altro, di logorarsi invano e eli sprecarsi
in ::mgustie continue, ignorando appw1to questo, ossia di non 25
avcr compreso nulla di tutto cio di cui sernbra che abbiano
cunseguito la comprensione. Invece il seguace delia filosofia
eli Pirrone, tra i vari motivi delia propria felicita, possiede la
"saggczza 11 di rendersi soprattutto conta che egli non ha corn-
preso nnlla con certezza. E anche delle cose che egli eventual-
mente conosca, c in grado di esprimere l'assenso per via af-
fermativa ((non piu 11 2 che per via negativa. Ecco cosa si pro- 30
pune il piano generale dell'opera.
Enesidemo scrive i suoi Discorsi dedicandoli a Lucio Tu-
berone 3 , un suo condiscepolo dell'indirizzo accademico, di stirpe
romana, di nobile famiglia e insignito di importanti cariche
politichc. 35
Xel primo libro, tirando in ballo una distinzione tra Pirro-
niani c Accademici, Enesidcmo fa presso a poco testualmente
le ~cguenti affcrmazioni: che, cioe, gli Accademici sono dom-
matici "'· giacche pongono certi prindpi in modo indubitabile

I. Di questa grande opera perdut."\ di Enesidcmo e cen.no in SEXT. EMP.


Adv. ltJg. H. 215 e in DIOG. L.\~RT. IX, 106, II6.
2: Per il scnso dcll'csprcs~ione, che risali\'a al piil antico Scettîcismo.
cfr. SEx·r. EMP. Pyrrh. hyp. 1, I88-IgT.
3· Si tratta molto probabilmcnte d..i L. Elia Tuberone, un nobile romana
ch~ 5·~~'Ul I'im.lirizzo accademico e chc e piu di una ,·olta menzionato da Cice-
rone (.'ld Q11i11t. fralr. I. J. J, Io; Pro Ligar. VI, 21; IX, 27).
4· Da questo pa,;so di Enesidcmo don:tte trarr~ spunto Scsto in Pyrrh.
hyp. 1, 220-235 (cfr. BROCIIARD, Les sc~ptiqucs grecs, p. 251, n. 5).

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ss6 ENESIDEMO

e ne sopprimono senza esitazione certi altri, mentre i Pirroniani


40 sono u aporetici 11 5 e liberi da ogni u dogma)), giacche nessuno
di loro ha affermato in senso assoluto ne che tutte le cose sono
incomprensibili ne che sono comprensibili, ma chc esse sono
tali << non piu )) che tali, o « talora tali e talora non tali )> o << per
170 a uno sono di tal natura, per un altro no, e per un altro ancora
non sono esistenti affatto n, ne che sono accessibili tutte in
maniera comune ne solo alcune di esse, ne che sono non-acces-
sibili, bensi che sono accessibili •< non piu " che inaccessibili,
s oppure << talora accessibili e talora no oppure " per uno ac-
)>

cessibili c per un alt ro no 11. E ancora: non c' e nulla ne di vero


ne di falsa, ne di ((probabile)) ne di ,, improbabile)) 8 ne di esi-
stente ne di non-c~istente, ma la medcsima cosa, per cosi dire,
non e vera piu di quanto sia falsa, probabile piu di quanto sia
improbabile, esistente piu di quanto sia non-esistente, o talora
1o tale e talora talaltra o per uno di tai fatta e per un altro no 7,
In linea generale, infatti, il Pirroniano non definisce nulla,
ma non definisce neppure che cgli non definisce nulla 8: « Noi
parliamo - egli dice - senza avere alcun modo di esprimere il
nostro pensiero n 9 • << Gli Accademici invece - egli aggiunge -,
15 specialmente quelli del nostro tempo 10, talvolta attingono per-
sino ad opinioni stoiche; anzi, a dire il vero, sembrano Stoici
che combattono contro altri Stoici 1•.
In secondo luogo gli Accademici si comportano dommatica-
mcnte in molte questioni. Essi, infatti, tirana in ballo virtu
e stoltezza, suppongono bene e male, verita e falsita, probabile
2o e improbabile, esistente e non-esistente, e definiscono con cer-

tezza rnolte altre case, limitandosi a mettcre in bilico soltanto


la rappresentazione apprensiva u.
Ecco perche i Pirroniani, non dando alcuna definizione,

5· Cfr. SEXT. E~IP.


Pyrr/1. hyp. 1, 7; DIOG. L.URT. IX. 69.
o. Cio e detto in polemica con la Nuova Accademia.
7· Da questi passi enesiikmci qui ricorllati trassc spunti Sesto Emp_irico
in Adv. log. II, 40-48 nell'epuchizzare la verita (cfr. BROCUARD. Les scept•qrus
grecs, pp. 249-51; Roou:, Pyrrhon d le suptiâs,-"e gr~c. pp. 141-4).
8. Cfr. SEXT. EMP. Pyrrh. llyp. l, 197·
9· Ossia senza possedere un'artc del lioguaggio, sia c~şa grammatica o
retorica. Di qni Sesto dovette trarre alcuni spunti pcr Adv. math. l·ll.
xo. Sembra chiara l'allusione a\I'Accallemia di Antioco.
It. Qui l'allusione scmbra cslendersi anche all'Accademia ui Filone, che,
per bocca di Ciceronc (Lucrt/1. X. 32). respinge\'a una scepsi radicale (cfr. DAL
PnA, Lo scefticismo greco, p. 352).

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ENESIDEMO 557

rPstano totalmente irreprensibili, mentre gli Accademici - so-


sticne Enesidemo - vanno soggetti alle medesime critiche che
vengono fatte agli altri filosofi, e la casa piit. grave e che quanti
~nrl; in dubbio su ogni questione formano un solo blocco senza 25
c:;~ere in contrasta tra loro, mentre quanti contendono tra loro
ne sono addirittura inconsapevoli. Infatti porre un qualche
principio ed eliminarlo senza esitazione ed affennare, nel mede-
simo tempo, che esistono comunemente case comprensibili,
si)!;nifica introdurre un innegabile contrasta, giacche non e 30
ai~btto passibile che uno, conoscendo che una data casa e vera
t' ml'altra e falsa, permanga ancora nell'aporia e nell'incertezza,
stmza sccgliere chiara.mente la prima e guardarsi dalla seconda.
e
Se egli, infatti, non sa che una data casa bene o male e che
qnesta e vero e che quest'altro e falsa e che questo esiste e
qucst'altro no, non si patra non convenire che ciascuna di 35
que~te case e incomprensibile; se, invece, tutte queste case
n'!ngano comprese in moda evidente mediante la scnsazione o
il pcnsiero, allora non si patra non dichiarare che ciascuna di
esse e comprensibile.
Queste, ed altre simili a queste, sono le argomentazioni
cht" Enesidemo eli Ege 12 scrive all'inizio dei suoi Discorsi con
l'intento di dimostrare la differenza che intcrcorre tra Pirroniani 40
td Arca.demici. Subito dopo, nel corso dcllo stesso prima libro,
egli ci da l'csposizione, in sintesi e per sommi capi, del pen- 170 b
sic-ro pirroniano.
Fin dall'inizio del secondo libro egli sviluppa nei dettagli
quegli argomenti che ha gia trattati in maniera generale, dando
precisazioni sulle nozioni 11 vere » 13, sulle cause, sulle affezioni,
sui movimenti, sul processo di generazione e corruzione e sui s
contrari di tutte questc nozioni, sottolineando - carne egli
repnta- con serrati (( epilogismi u 1-IJa dubbiositâ di tutte queste
case e l'impossibilitâ di dare ad esse l'assenso.

, 12. La notizia e in contrasta con DmG. LAERT. 1 X. t t6, o ve Enesidcmo


c detto nativa di Cnosso.
, 1 3- Il Pappenhcim (Vie Tropc11 dcr griuh. Skept .. p. :q), seguito dal
L~Qchard (Les sceptiq~tcs crus. p. 249), preferh·a leggere ipzwv invcce di &.1..1]·
.f)(;;v (• sui prindpi •).
q. Ha pre!erito traslitterare, trattandosi di un t~rmine tecnico che la
medici?a empirica definiva • arg-omentaz.ione dei fenomeni • (cfr. GALE:O:., De
so~l~s. In Script. ruiu., III, g, 4 Ht>hnreich = DEICHGRĂBF.R, Die grîcch. Em-
PTrcltersclmle, p. 105).

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ENESIDEliO

Il terzo libro tratta ancora dcl movimento e delia sensa-


Io zione e delle loro proprietâ, esaminandone dettagliatarnente le
contraddizioni e dimostrando, ancora una volta, l'impossibilita
di conseguire siffatte nozioni e di assentire ad esse.
Nel quarto libro Enesidemo nega in maniera assoluta l'esi-
stenza dei « segni n, che noi consideriamo carne « manifestazioni
15 di cose non manifeste,, 15 , e sostiene che quanti credono in essi
sono ingannati da vuota emozione. Egli solleva in appresso le
consuetc aporie in merita alia totalita delia natura, al mondo
e agli dei, irnpegnamlosi nclla dimostrazione che nessuna di
queste nozioni viene a cadere nel dominio delia comprensione.
Il sua quinto libro mette in rilievo le occasioni delle aporie
concernenti le cause 16, professando che non esiste nessuna
20 causa di nessuna cosa e convenendo che si sono sbagliati quanti

hanno parlato di cause ed enumerando i u tropi n 17 secondo cui


egli reputa che quelli, sospinti a trattare di cause, furono cain-
volti in un siffatto crrore.
Il sesto Iibro riconduce alle medesimc ciarle 18 i beni e i
mali, le case da scegliere e quelle da evitare e, inoltre, quelle
25 di primaria e quelle di non primaria importanza, escludendo
anche queste nozioni, a parere dell'autore, dalla nostra com-
prensione e dalla nostra conoscenza.
Il settimo libro, poi, ci fornisce le anni contro le virtu,
affermando che quanti hanno filosofato su di esse, hanno in-
ventata case fittizie mercc vuota opinione e che costoro escono
dal branco con l'illusione di poter pervenire all'attuazione
3'> pratica e alia conoscenza teoretica di quelle.
L'ottavo ed ultima libro se la prcnde col «fine ''• soste-
nendo chc non sono «fini» ne la felicita ne il piacere ne la sag-
gezza ne alcun'altra casa, come, invece, pretenderebbc ciascuna
delle varie sette filosofiche, ma che cio che vicne celebrata da.
35 tutti come fine non esiste affatto 19 •

15. Cfr. SEXT. E)IP. Adv. log. Il. 211-222 e 235 (Brochard} O 225•234
(Robin).
J6. Di qui Sesto dovettc tra!TC spunti in Adv. phys. 1, 195 scgg.
17. 1 tmpi delia causalita sono esposti in SEXT. E~ll'. Pyrrh. hyp. 1, I8o-x86.
18. Fozio ~sprime cosi il suo giudizio totalmente negati\'0 in mcrito aiia
scepsi di Enesioemo e in cio ll d'accordo con Numenio di Apamea.
19. Dagli ultimi tre !ibri Sesto trasse spunti per P_vnh. hyp. III. 168 segg.
c per il suo trattato Cor1/ro i moralisti.

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ENESIDEMO 559

In conclusione, i Discorsi di Enesidemo vanno a imbrattarsi


di polvere per una tal sorta di tenzone 20 • l\la che un si grande
impegno si riduca a futilita e a un mucchio di chiacchiere e
pro,·ato da un confronto con Platane 21 e con molti altri pen-
satori che ci hanno preceduto. Che questi Discorsi, altresi,
non diano alcun contributo a un nostro modo personale di
pc:nsarc, anche questo e ben chiaro, in quanto essi mirano solo 40
a scacciarc dalla nostra mente quelle dottrine dommatiche che
sono presenti in essa. Cio nonostante, per quelli che si eser-
citano ndla dialcttica l'opera non e priva di utilita, purch~
Ia Ioro debolezza non cada nei tranelli di quei ragionamenti e il
loro giudizio non s'imbastardisca perdendo il propria acume 22 •

La cundizz:one umana e il mo flusso (FILmm, De Iosepho I25·I47)

Poiche, dopo il significato letterale, ci proponiamo di esami- 125


nare anche quello pii.t allegorico 1, anche per quanto concerne
quest'ultimo dobbiamo mettere in rilievo cio che ci e utile.
Forse le persone un po' troppo sconsideratc rideranno nel-
l'udire le mie parole, ma io diro, senza alcuna esitazione, che
l'uomo politica c, ad ogni modo, un interprete dei sogni, non
nd senso che egli sia una dei tanti parassiti o ciarlatani o di
quelli che fanno mostra di bravura per riccvere compensi e
che si mettono a spiegare pretestuosamente le rappresentazioni
oniriche pt'r far denaro, ma nel scnso che cgli suole interpretare
con esattezza il comune, universale, gran sogno non solo di ehi
sta dormcndo, ma anche di ehi e desto 2.

20. Fozio c anch~ qui un lontana erede di Euscbio ncl ritcncre inezie le
!atiche degli Scettici.
2 I. Comc Numenia (che Iurs~ fu tra le sue fouti) cosl anche Fozio si appella

a Platonc, uvviamente in chiave dommatica.


~2. Il patriarca Fozio, anchc se a denti stretti, ""icne in tai moda a rico-
nosc"r~ l'importanza delia dialettica di Enesidemo .

• 1. L'i.nt~rprclaziunc allcgorica ddle scritture, che ebbe tanto sviluppo


nell eta cnsttano-mcdic\"ale. era gia in atto ne! mondo pagano prcsso gli Stoici
c \·ennc incrcm~ntata dall'accostamento de! loro pcnsicro a qut>llo platonica.
2. Parc cit~ Filonc abbia ben digerito le argomt'ntazioni carneadee (ripor·
tate da Cic~ronc in De diviJJ. Il) c şj ponga genialmente su un piano tutto
nuovo utiliuando le critichc sccttiche.

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ENESIDEMO

126 Per dire tutta intera la verita, questo sogno s'identifica con
la vita umana. Come, infatti, nelle rappresentazioni che si hanno
durante il sonno noi, vedendo, non vediamo e, udendo, non
udiamo e, gustando e toccando, non gustiamo ne tocchiamo e,
parlando, non parliamo e, passeggiando, non passeggiamo e,
pur avendo l'impressione di effettuare gli altri movimenti e di
occupare certe posizioni, noi non eseguiamo affatto queste
azioni - si tratta, invece, di vuote rappre;5entazioni delia mente,
la quale, senza avere alcuna relazione con un oggetto realmente
esistente, produce raffigurazioni e immagini di cose-che-non-
esistono, come-se-fossero-esistcnti -. allo stesso modo anche le
rappresentazioni che ci si presentano quando siamo svegli,
somigliano a sogni: esse vengono e vanno, appaiono e si dile-
guano, e volano via, prima che noi le afferriamo saldamente 8 •
127 Ciascuno frughi dentro se stesso e ne ricevera la conferma
da casa sua, senza attendere le prove offerte da me, soprattutto
se egli si trova ormai ad essere a van ti negli anni.
Ecco qui uno che era una voita bambino, poi ragazzo, poi
efebo, poi adolescente, quindi giovane, in appresso uomo e
128 aUa fine vecchio. Ma dove sono tutte queste case? Il bimbo
si e dileguato nel ragazzo, il ragazzo nell'efebo, l'efebo nell'ado-
lescente, l'adolescente nel giovane, il giovane nell'uomo, l'uomo
129 nel vecchio, e alia vecchiczza segue la morte 4 • Farse, dunque,
ciascuna di queste eta, ccdcndo il potere a quella che viene
dopo di lei, prematuramente muore, mentre in silenzio la na-
tura c'insegna a non temere la marte che verra al seguito di
tutte quelle fasi delia vita, giacche agevolmente abbiamo sop-
portato le morti precedenti. vale a dire quella del bimbo, del
ragazzo, dell'efebo, dell'adolescente, del giovane e dell'uomo,
nessuno dei quali esistc piu, quando la vecchiezza e soprag-
giunta.
130 E le altre cose riguardanti i corpi non sono forse sogni?
Non e effimera la bellczza, che appassisce gia prima di fiorire?
Non e insicura la salute a c-ausa delle infcrmita che incombono
su di essa? E il vigorc fisico non e in preda alle malattie, che
nascono da infinite cagioni? E l'esattezza. delle sensazioni, per

3- Alia critica carneadea ddla rapprescntazione !'i aggiunge l'a11i111U.S


eraditeo chc !'i ri~contra. tra l'altro. anci.Je iu PLUTARCH. De E apud Delph. 18.
-1- Cfr. PHIL<l, De Cller. JJ -f·

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ENESlDEMO 561

quanto salda essa sia, non viene travolta per l'interferenza di


una brcve fl.ussione?
E l'incertezza dei beni esterni ehi non la conosce? In un 131
solo giorno grandi ricchezze sono an date sovente alla deriva;
innumerevoli persone, che avevano conquistato il prima posto
nci piii alti onori, passarono nell'ingloriosa schiera dei negletti
e dcgli oscuri; i piu grandi imperi furono abbattuti da un rapida
tracollo di circostanze. E le mie parole sono confermate da 132
Dionisio di Corinto, che fu tiranno della Sicilia e che, perduto
il potere, si rifugio a Corinto e, da gran sovrano qual era stato,
divcnne maestro elementare 5 • Sono confermate anche da Creso, 133
re delia Lidia, il piu ricco dei sovrani, il quale s'illuse di potere
abbattcre l'impero dei Persiani e, invece, non solo perdette il
propria, ma fu anche preso prigioniero e stette sul punto di
e;;scre bruciato vivo 0 • E che si tratti di sogni lo testimoniano 134
non solo singolc persone, ma anche citta, popoli, paesi, l'Ellade
e la terra dci barbari, gli abitanti dei continenti e quelli delle
isole, !'Europa e 1' Asia, l'occidente e l'oricnte 7 • Nulla, infatti,
c rimasto in alcun luogo nclle medesime condizioni, ma ogni
cosa, in ogni dove, e andata soggetta a rivolgimenti e
mutazioni. Una volta l'Egitto aveva la supremazia su molte 135
e
gcnti, ma ora esso schiavo. 1 1\Iacedoni, in tempi a loro favo-
revoli, vigoreggiarono fina al punto da conquistare il dominio
di tutta la terra abitata, ma ora pagano agli esattori di tasse
i tributi annuali imposti a Iora dai dominatori. Dov'e la casa IJG
regnante dei Tolomei e la gloria di ciascuno dei Diadochi che
splendeva sino ai confini deHa terra e del mare? Dov'e la li-
berta di popolazioni e di cittâ. indipendenti? I Persiani domina-
\'ano una volta sui Parti; invece adesso i Parti dominano sui
Persiani.
Tutto cio avviene a causa dei capovolgimenti delle cose
umane e del loro continua spostarsi avanti e indietro, come nel
gioco degli se ac ehi! 8
Alcuni si van fingendo lunghi e interminabili successi e, 137

:;. Cfr. C1c. Tuse. III, XII. 27.


6. Cir. HERODOT. 1, 46 segg.
7· Cfr. PHILO, Quod Deus 173 segg.
8. L'immagine fa peasare al probabilismo !.li Camcadc. anche se esso
Yicnc subito implicitamcnte sconfcssato.

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ENESIDEMO

invccc, sono cominciati gia per loro gravi malanni; e mentre


si danno da fare con l'illusione di conscguire un retaggio di
beni, vengono a trovare terribili disavventure, e, al contraria,
mentre si attendono il male, vengono ad imbattersi nei beni,
138 Atleti che vanno orgogliosi delle forze e dclla robustezza e
delia prcstanza del Joro corpo, mentre sperano in una indubbia
vittoria, spcsso sono eliminati dalla gara senza essere neppure
messi alia prova, oppure, ammessi a gareggiare, risultano scon-
fitti; altri, invcce, che disperavano di conseguire anche il se-
139 condo premia, conscguono il prima e vengono incoronati. Al-
cuni, imbarcatisi d'estatc - ossia nella stagione favorevole alia
navigazione - hanno fatto naufragiu; altri, invece, messisi a
navigare d'inverno col timore di essere travolti, sono stati
portati senza pericolo fino ai loro porti. Certi mercanti si lan-
dana verso quelli che a loro sembrano sicuri guadagni, senza
sapere i rovesci che li attendono; invece, mentre calcolano di
finire in perdita, riescono a conseguire gmssi profitti.
140 Cosi le sorti sono oscure in un senso e nell'altro, e le umane
vicende oscillano come su di una bilancia dai pesi disuguali,
ora sollevandosi, ora invece tirando giu il piatto. Terribile e
l'incertezza e malta e l'oscuriHt. che coinvolge i fatti della vita:
come in un sogno profondo, noi vaghiamo senza poter nulla
percorrere con esattezza di ragionamento e senza nulla afferrare
con vigore e fermezza, perche tutto e similc ad om bre e fantasmi.
141 E carne nei cortei la fronte passa oltre e sfugge agli sguardi e
nei torrcnti invernali il corso dell'acqua, spingendosi oltre, per
la violenza della sua velocită., precorre il nostro sguardo e gli
si sottrae, cosi anche gli eventi della vita, spingendosi innanzi
e sorpassandoci, danno tutta l'impressione di star fenni, mentre
non permangono neppure un istante, ma vanno ognora in rovina.
14z E gli svegli, che per l'inccrtezza delia loro capacita di ap-
prendere non differiscono affatto dai dormienti, ingannano se
stessi, credendo di riuscire a scorgere la varia natura delle case
per mezzo di ragionamcnti non soggetti ad errore; in realta,
pero, ogni singolo senso costituisce per loro un impaccio al
sapcre scientifico, essendo sedotto da visioni, da suoni, da
diversi tipi di sapori, da particolari csalazioni, verso cui esso
si va piegando e insiemc con cui si lascia trascinare, senza per-
mcttere all'anima - nl"lla sua interezza - di stare eretta e di

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ENESIDEliO

procedere speditarnente quasi lungo una strada molto affollata.


In questo modo i scnsi provocano una contraddittoria confu-
sionc di alta e di basso. di grande e di piccolo e di tutto cio
clw e affine all'ineguaglianza e all'irregolarita, e costringono a
subire le vertigini e producono grave srnarrimento.
Orbene: poiche la nostra esistenza e piena di tanto turba- 143
mento e di.c;ordine e, ancor piu, di insicurezza, e indispensabile
chc l'uomo politica si faccia avanti e, al pari di un saggio in-
terprde di sogni. sappia dare una spiegazione ai sogni diurni
ed ai fantasmi di quanti sembrano essere svegli, e fornisca in-
segnamenti su ciascuna di queste cose con verosimili congetture
e con probabilita che siano razionali 9 , indicando che questo
(; bello e quest'altro e brutto, che questo e buono e quello e
c-attivo, che questo e giusto e il sua contraria c ingiusto, e allo
stesso modo fara per tutto il resto, ossia per cio che e prudente,
coraggioso, pio, santo, vantaggioso, utile o, al contraria, inutile,
irrazionale, ignobile, ernpio, irreligioso, svantaggioso, dannoso,
egoistico. E, olt re a eia, egli dara questi insegnamenti: u Questa r 44
c ro ba d'altri, non desiderarla. Questo, invece, e tuo: fanne
uso, ma non abuso. Hai ricchezze eccessive: partecipane gli altri,
giacche il pregio delia ricchezza non risiedc nella scarsella, ma
ncl soccorso a ehi ne ha bisogno. Possiedi poco: non insidiare
ehi ha di piu, giacche nessuno avra rnisericordia di un povero
insolente. Tu godi di buona reputazione e di onori: non rin-
galluzzirne. Sei in basso loca quanto a beni di fortuna: ma
almeno il tuo intelletto non caschi giu! Tutto sta accadendo
secondo la tua intenzione: sappi prevedere con cautela un mu-
tamcnto. Ti troYi spesso nei guai: spera nel meglio, giacche
per Kli uomini le case si volgono in senso contraria >>. La luna 145
e il solc e tutto quanto il cielo posseggono i loro fulgori chiari
e distinti, perche tutte le case che sono lassu rirnangono identiche
e sono misurate dalle regole delia stessa verita in una serie di
ordin amen ti armoniosi e secondo le piu profonde sinfonie; le
cose terrene, invece. sono piene di grave disordine e turbamento,
difettano di accordi musicali e di annonia nel senso piil vasta
ddl'espressione, perche sono in balia di oscuritâ. profonda, mentre

9· Ossia f;~cendo un accorto uso dell" dottrine accallerniche e superan-


dolle, quasi con un afllato mistica, la. scepsi.

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ENESIDEMO

quelle celesti si spostano ammantate di luce fulgentissima, anzi


si identificano con la luce stessa piu incontaminata e pura.
146 Se, dunque, qualcuno vorra penetrare con lo sguardo nel-
l'intimo delle case, scopridt che il cielo e un giomo eterno
completamente immune dalla notte e da ogni foschia, perch6
e pcrennemente illuminato, tutto intorno, da raggi di luce
147 sempre vividi e puri. E quanto e grande la differenza che, qui
fra noi, intercorre tra ehi e svt>glio e ehi sta donnendo, altret-
tanta e quella che, nell'intero universo, intercorre tra. le case
celesti e quelle terrestri. Le prime, infatti, si trovano in uno
stato di veglia a causa di energie che non vanno vagolando
qua e la e non inciampano ma tirana sempre diritto, mentre le
seconde sono possedute dal sonno e, ancorche si ridestino per
breve tempo, vengono nuovamente trascinate verso il basso e
ricadono nell'assopimento, perche non possono mirar nulla di-
rettamente con la propria anima. ma proccdono per errarnenti
ed urti, essendo ottenebrate da false opinioni 10, che le costrin-
gono a sognare e ad indugiare sulle onne degli oggetti e le
gettano, percio, nella incapacita di apprendere alcunche con
stabilita e sicurezza 11.

ro. La dottrina pirroniana olell'ci8(1;:xa~i~. profondamente rivissuta, porta


Filone vcrso nuovi orizzonti di verita.
11. In De somn. l, 21-24 Filonc, rifacendo un discorso scettico di origine
neo-accademica o enesidemea, estende J'~ICIX"'C«i.ljlj.la. ai grandi problemi deUa
fisica: • Il cielo conserva incomprensibile la sua natura, senza offrirci alc:una
chiara possibilita di Iarsi conoscere. eo~a potremmo dire? Che esso ~ un eri·
stallo condensata, come certuni [Empedocle, STOB. Ee/. I, 23, p. 500 H) re-
putarono? O chc c fuoco ali o sta to di assf.Jluta purcu:a [Pannenide, Eraclito,
Stratone, Zenone, DrELS, DoxfJgr. graec., p. 340)? O che l: un quinto elemente
corporeu capace di cscguire la conversione circolare. sen«a partecipare di
nessuno degli albi quattro [Aristotele]? E non basta. La sfera fissa e piil
esterna ha una profondita in senso ascendente oppure c semplicemente una
superficie priva di profondita c simile alle figure piane? E poi? Le steUe sono
masse terrose piene di fuoco (Talcte, DIP.LS, Doxogr. graec. p. 342] - difatti
alcuni [Democrito e Archelao] banno asserito che esse sono forre e bunonl
e masse di feno infuocato, mostrandosi in tai modo essi stessi meritevoli di
prigionc e di cssere m('natî aUa macina in luoghi ove sono siffatti strumenti
per la punizione dcgli empi? Oppure esse sono un'armonia continua e, COJ:!'-e
disse qualcuno [Anassimandro, STOII. Ee/. I. 24 p. sro H]. compatta, indis-
solubile condensazione di aria? Sono esse animate ed intelligenti [Zenone,
Duu.s, Do"'ogr. graec. p. 467] o prive di intelletto c di anima [Epicuro]? Ese-
guuno esse movimcnti prescelti da loro oppure dipendenti esclusivamcnte dalla
m•cessitl!.? E non basta. La luna splende di luce propria o bastarda e ri.fl.ess&
dai raggi sol ari? Oppure non e vcra ncssuna di queste due cose, ma il s~o
chiarore e, in\·ece, una fusione di entrambe, come un miscuglio di fuoco 111
parte originario e in parte proveniente dai di fuori? In vo>rita tutte queste
teorie e<..l altre simili a questc. cbc conccmono l'ottimo e quarto " corpo "

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ENESlDEMO

1 tropi dell'epoche (FILONE, De ebriet. 170-205)

Poichc la rappresentazione e
instabile, anche il giudizio 170
che CÎ SÎ forma di essa e
necessariamente Înstabile 1.
Le cause di questo fatto sono molte.
(I) In primo luogo m sono innumerevoli le differenze che I7I
sussistono ncgli esseri viventi a proposito non di una soia loro
parte, ma di tutte, ossia di quelle che concernono la loro na-
scita c la loro struttura, di quelle che concernono il nutrimento

esi;;tentc nd mondo - ossia il cielo -, sono non e\•identi e non comprensibili,


fr,ndatc su suppo~izioni e su congetture, non sullo stabile ragionamento delia
veritlt. Di conscgucnza si potrebbe avere anche l'audacia di giurare che nessun
mortale riuscira mai a comprendere con chiarezza alcuna di queste case •·
In sustanza CJUcsto ragionamento estende a tutta l'astronomia la stessa in-
cumprcnsi bilita che si riferisce al nurnero pari o dis pari delle stelle.
1. Il quadro sinottico dei tropi eli Enesidemo sulla base delle fonti di cui
uisponiamo e il s"!guente:
Sest o Diogene Fila ne Favorino
Empirico Laerzio
DiYersita tra gli csseri
vi,·t'nti 1 I I
Diffcrcnle degli uomini
tra lrJrr:J II II Il
Diffcrcnti strutture de-
gli oq;~ni sensoriali III III ma nea
Le circostanze IV IV III
Le pusizioni, le distanze
cu i !unghi V Vll IV
Le lll<'scolanze VI VI YII
Le quantitJ. l. 11" cunfc-
7.inni degli oggetti VII VIII V ?
La rclazione VIII X VI IX
La frcq ucnza c la rari ta
<legii acca(limcnti IX IX manca VIII
Le res-olc di cont.lutta, i
costumi. Il' lcggi, le
crcdenzc mitichc cd i
prtconcetti dommatici X V VIII
La .tropologia riportata da Filonc c, rispelto a quclla riportata da Scsto
~ da Dwg~ne_. piu ~pccificamentc legata alia rappresentazione, che era stata
a punta d1 d1amante dcllc polemiche medio e ueo-accademiche contra i Dom-
:;ItticL Ne!l~ prc~cntazione filoniana dei tmpi mancano quello chc si rifcrisce
~ a rln-crs•ta delle scnsa7.ioni (il tcrzo nell'ordine fissato da Sesto in Pyn·!J.
•yp. 1, ~0:99; DroG. LAERT. IX, 81) e qucllo ch(' si foncla sulla fTequcnza c
~ulla ranta dcgli acca<!iml'nti (il nono ncll'l)rdine fissato da Scsto in Pyrrl•.
)'p. I, I,p-IH; DIOG. LAERT. IX, ll]).
2. Cfr. SEXT. EMP. Pyr"•· hyp. 1, 40·78; DIOG. L.s.F.RT. IX, 79-80.

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ENESIDEMO

e il modo di vivcrc, di quclle chc concernono le scelte e le


ripulse, di quelle che concernono le attivita dei sensi e i movi-
menti, di quelle che concernono le proprieta delle innumerevoli
IT~ affezioni sia del corpo sia dell'anima. Difatti, pur prescindendo
dai soggetti giudicanti 3 , mettiti ad osservare anche alcuni
dcgli oggetti giudicati, ad esempio il camaleontc e il polipo:
si dice che il primo cangi il colore delia pelle e divenga simile
al :molo su cui ha la consuetudine di strisciare, mentre il se-
condo si assimila agli scogli marini ai quali eventuahnente si
afferri, forse perche la salvatrice natura ha donato a questi
animali, comc una medicina che rimuova il danno delia cattura,
173 la capacita di mutare in vari colori. E non hai tu osservato
il collo delia colomba 4 cangiare, ai raggi del sole, in un'in-
finita serie di tinte? Non presenta esso forse alcune volte un
colore purpureo e blu, altre volte igneo e di carbone ardente,
e ancora ocraceo e rossastro e altri colori di varia specie, di
174 cui sarebbe difficile menzionare anche i nomi? Si dice, anche,
che nel paese di quegli Sciti che hanno il nome di Geloi si
trovi, ancorche di rado, una fiera motto strana che si chiama
alee 5 , dalla mole non inferiore a quella di un bue, ma somi-
gliantissima ad un cervo per i lineamenti del volto. Si racconta
che quest'animale cangia sempre il colore dei peli a seconda
di quello delle localita o degli alberi o, insomma, di ogni altra
cosa presso cui esso si fermi, e di conseguenza, merce questa
sua mimetizzazione, resta celato ai passanti e difficilmente si
lascia catturare in virtu di questo fatto piuttosto che delia
175 sua vigoria fisica. Questi fcnomeni e gli altri simili a questi
sono prove evidenti deH'impossibilita dell'apprensione.
(II) In secondo luogo 6 sussistono tutte quelle diversita
che, anche a non voler tener conto eli tutti quanti gli animali,
176 sono proprie degli uornini tra di loro. Difatti questi ultimi
esprimono il loro giudizio sulle medesime cose in modo diverse
non solo a seconda delia diversita del tempo, ma anche a se-

J. Per la distinzioue Ira il soggelto giudicantc, l'oggetto giudicato e l'in·


sicmc di cntrambi cfr. St;xT. E~TI', P;•rr/1. l1yp. I. JS.
4· Per questo e:;empio usitatissimo cfr., tra l'altm. Cre. Luctlil. XX V, 79;
LucRET, Il, So1; ~EXT. E~r~. Pyrrh. hyp. I. 120; D!OG. J.,._ERT. IX. 86.
5· L'esempio uell"ake. che non lrova riscontro ne in Sesto ne in Diogene,
sarebbe piu appropriato al tropo cbe si riferisce ai lnoghi e alle posizioni.
6. Cfr. S~X"I". EMP. PyrriJ. hyp. 1. 79-89; DIOG. LAERT. IX. 8o-8r.

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ENESIDEMO

conda delle Iora diversita interpersonali, recependo irnpressioni


gr:~.devoli o, al c?ntrario: sgradevoli. dai medesi~i o~getti. Di
certe case, infatti, alcum provano d1sgusto, altn godimento e,
al contraria, quclle case che alcuni accolgono a braccia aperte
come care e familiari, altri le respingono lungi da se come
t~strance e repugnanti. Cosi, trovandomi a teatro, ho potuto 177
sovt>nte osscn·arc che da una soia e medcsima melodia ese-
guita dagli attori sulla scena o dai citaredi, alcuni ascoltatori
crano scossi a tai punto da non riuscirc ncppure ad applaudire
a cagionc delia loro eccitazionc e dcl bisogno di riecheggiare
le battute, mcntre altri rimanevano cosi invulnerabili che, al-
mena sotto qnesto profila, li si sarebbe creduti non differire
affatto dagli scanni inanirnati su cui sedevano, e altri, infine,
provavano tale repugnanza da abbandonare lo spettacolo e
amlarsene via e da otturarsi, per giunta, tutte e due le orecchie
con le mani per eYitarc che qualche nota rimanesse ancor viva
in loro e facc~sc risuonare un senso di dispiacere nelle loro anime
irritate c malcontentc.
(Ill) nla che bisogno c'e di scendere in questi particolari? 178
Ogni singolo individuo, pur essendo uno solo, di per se stesso
- ed e questa la casa piu paradossale! - subisce nel corpo e
ncll'anima un'infinita serie di mutazioni e rivolgimenti, e percio
talora respinge cose che non mutano affatto, ma che per loro
natura permangono nella medesima costituzione 7 • Infatti non
si provano le stes~e impressioni quando uno e
sano e quando 179
c malato, guando e sveglio e quando sta dormendo, quando
e giovane e quando e divenuto vecchio, e inoltre ciascuno
rcce-pisce rappresentazioni diverse secondo chc stia ferrno o
sia in movimcnto, abbia coraggio o paura e, inoltre, secondo
che si trovi nell'afflizione o nella gioia, in uno stato d'amore
o di odio. Ma che bisogno c'e di dilungarsi fino alia noia su 18o
questo tema? A dirla in brcve, ogni movimento naturale o in-
naturale del corpo o dell'anima e cagionc di quell'incessante
mutevolezza che coinvolgc i fenomeni e che riversa su di noi
sogni contrastanti tra loro e privi di cocrcnza.
(IV> Ma la mutevolezza delle rappresentazioni e prodotta ISI

7- E, qucsto, il tropo delle circostanzc, contentplato in SE;<;:T. E~IP. Py~~h.


hyp. I, Ioo-n7 c În DIOG. LAERT. lX. 82.

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s68 ENESJDEl\10

non di meno dalie posizioni, dalie distanze e dai luoghi in cui


r8:z ciascun oggetto viene a trovarsi 8 • Non vediamo, farse, cbe i

pesci al di sotto del mare, quando nuotano stendendo le pinne,


appaiono sempre vistosamcnte piil grossi dellc loro normali
dimcnsioni? E capita, altresi, che i remi, per quanto dritti
183 essi siano, si vcdano spezzati al di sotto deli'acqua. E indub-
biamente gli oggetti molto lontani sogliono ingannare Ia nostra
mente, provocando rappresentazioni false. Talora, infatti, case
inanimate suscitano l'impressione di essere animate e, vice-
versa, quelle animate di essere inanimate, e, inoltre, certi og-
getti fermi danno l'impressionc eli muoversi e quelli mossi di
star fermi, e quelli che si allontanano di avvicinarsi, e quelli
molto Junghi di essere cortissimi, e quelli poligonali di essere
circolari. E, anche quando Ia visione e chiara, viene erronea-
mente registrata un'infinita di altre case che nessuna persona
ben pensante sottoscriverebbe carne cose salde.
r84 (V) E che dire dei rapporti quantitativi negli oggetti con-
fezionati? 9 I danni e i vantaggi che questi ultimi procurano
dipendono dalla quantita maggiore o minore delie loro com-
ponenti, carne si riscontra in innumerevoli altri prodotti e
1 85 sopra ttu tto nei farmachi usa ti dalie scienze mcdiche. Infatti

la quantita che e presente nclle composizioni viene misurata


in base a regale ben determinate, e, se ci si ritrae al di qua
di esse o ci si spinge al di la, si cade nell'insicurezza - difatti
il meno attenua 1' efficacia del prodotto e il piil la estende oltre
misura; ma ciascuna di queste due cose e nociva: la prima.
perche rende il farmaco incapace di produrre alcun effetto a
ca usa delia debolezza; la seconda, perche lo costringe a recare
danno a causa eli un potcre eccessivo - e, ancora, a cagione
delia levigatezza o ruvidezza, della dcnsita e compattezza o,
al contraria, delia rarita e porosita, quel preparata mostra in
maniera evidente le proprie carte in regola per procurare soc-
corso oppure nocumento.
r86 (VI) Ma ognuno sa anche che nessuna delie case esistenti
viene affatto pensata di per se soia e in se sola, ma che ciascuna
vicne esaminata mercc il confronto col suo contraria 10, carne,

8. Cfr. SEXT. EMP. Pyrrh. hyp. l. uS-1~3; Dwc. LAERT. IX, Bs-86.
9· Cfr. 5EXT. EMP. Pyrrll. llyp. I, I29-IJ.J; D!OG. L.-v:RT. IX, 86.
10. Cfr. SEXT. EMI'. Pyrrll. hyp. I, IJS·l.JO; DIOG. LAERT. lX, 87-88.

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ENESIDEMO

ad cscmpio, il piccolo in confronto col grande, l'asciutto con


l'umido, il calda col freddo, il leggero col pesante, il nero col
bianco, il debole col forte, i pochi con i molti. Suppergiu lo 187
stcsso discorso vale anche per cio che si attiene ad una virtu
0 a un vizio: ad esempio, le cose vantaggiose vengono rico-
nosciute per mczzo di quelle dannose, le case belle merce il
contrasta con quelle brutte, le case giuste e, in genere, buone
in b:-tse al confronto con quclle ingiuste e cattive; e, comunque,
ehi benc ossenra patra scoprire che a tutte quante le altre
cosc dcl mondo si da un giudizio secondo il medesimo modo
di caratterizzarle: difatti ciascuna cosa e di per se incompren-
sibile, ma scmbra esscre riconosciuta soltanto in base al con-
fronto con un'altra. Pcro quello che non e sufficiente a dare I88
un attestato delia propria identita ed e bisognoso del sostegno
di un'altra cosa, non c valida a produrre una credenza. Di
consegucnza, anche sotto questo profila, noi possiamo con-
hilare quelli che con leggerezza profferiscono affermazioni o
negazioni sn qualsivoglia argomento.
<VII) Enon c'e niente di stranol Ognuno, infatti, se riesce 189
a penetrare nellc case con maggiore profondita ed a rimirarle
cori maggiore purczza, verra ad acclarare che neancbe una
sola cosa ci si presenta nella sua esscnza assaluta, ma che tutte
quante contengono mescolanze e mistioni malta complicate 11 •
Per far subito un csempio, in che modo apprendiamo i colori? 190
Xon forsc per mczzo dell'aria e delia luce, che sona case esterne,
e per mezzo dcll'umore, che e intemo al nostra occhio? In
che modo vt'ngono esaminati il dulce e l'amaro? Possiamo
condurre quest'operazione senza i succhi che stanno all'interno
delia nostra stessa bocca, tanto quelli chc sono conformi a
natura quanto quclli che non le sono confonni? 12 Nientc af-
fattt1! E poi? 1 profumi che si sprigionana dai bruciar degli
incensi ci offrono farse, in moda semplice e puro, le sostanze
naturali dei corpi? O non ci offrono piuttosto le sostanze me-
scolate di quei corpi stessi e dell'aria e, talvolta, anche del
fuoco che clissolve qnei corpi, nonche delle facolta delle nostre
narici? Da queste considcrazioni si eYince che noi non appren- TC)l

11. Cfr. SEXT. E!>IP. Pyrrh. hyp. 1. u.J·I.!S; D1oG. L.~F.RT. IX. 84·85.
12. Cfr. PLAT. Tim. 6-jd.

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570 ENESlDE~IO

diamo i colori, ma solamente la rnistione che risulta dai ma-


teriali cui i colori appartengono e dalla luce, e che non appren-
diamo odori, ma soltanto la miscela che risulta dall'esalazione
che i corpi emanano e dall'aria che tutto accoglie, e che non
apprendiamo sapori, ma solo cio che si produce per mezzo del-
l'oggetto esterno gustato e della sostanza umida interna alia
nostra bocca..
192 Poiche le cose stanno in questa maniera, e giusto accusare
di semplicioneria, di frettolosita e di millanteria quanti non
sanno trattenersi dal profferire facili affermazioni o negazioni
su qualsivoglia cosa. Se, infatti, le proprieta semplici delle
case sono fuori delia nostra porta.ta e se, al contraria, si offrono
al nostro sguardo esclusivamente quelle che sono miste e cbe
hanno ricevuto il contributo eli una pluralita di componenti,
e se e impossibile scorgere quelle proprieta che sono invisibili
- vale a dire distinguere appropriatamente, attraverso la me-
scolanza, i tratti peculiari di ciascuna delle componenti -, che
altro ci potra. rimanere se non la sospensione del giudizio?
193 (VIII) Ma non siamo forse indotti a non accordare troppo
facile credita alle cose non-manifeste anche da certi fatti che
sono comunemente diffusi in quasi tutta quanta la terra abi-
tata e che inducono Elleni e barbari a sdrucciolare a causa dei
loro giudizi? 13 Intendo alludere, ovviamente, a quelle maniere
di vivere che abbiamo praticate fin da fanciulli, alle costu-
manze patrie, alle antiche leggi, ossia a cose di cui neppure
una sola e ammcssa da tutti allo stesso moda, ma ciascuna
delle quali e giudicata in maniera totalmente diversa secondo
le regioni. le popolazioni e le citta, anzi secondo ogni singolo
villaggio o ogni singola casa o, addirittura, secondo ogni sin-
194 golo uomo o donna o bimbo ancor privo di parola. Cio che
e brutto presso di noi e senz'altro bello presso altri, e cio che
e per noi conveniente e sconveniente per altri, e do che e ille-
gittimo Iegittimo, e, ancora, cio che e lodevole biasimevole,
e cio che e meritevole di onore risulta meritevole di condanna,
e questo vale per tutte le altre cose su cui si formulano giudizi
contrari ai nostri.
195 11a che bisogno c'e di andare per le lunghe, dai moroento

IJ. Cfr. SEXT. E~ll'. Pyrrh. hyp. I. I.JS-I6J; DIOG. LAl!.RT. IX. SJ-84.

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ENESIDE3of0 571

che noi siamo trascinati da cose piu impellenti? Comunque,


se una di noi, senza lasciarsi distrarre da alcun altro spettacolo
piu nuovo, volesse fare attenzione all'insieme delle cose che
ora ci sono state messe innanzi e intendesse prendere in esame
modi di vivere e costumi e lcggi di paesi, di popolazioni, di
citta e di luoghi, di sudditi e di capi, di nobili e di plebei, di
liucri e di schiavi. di ignoranti e di dotti, dovra consumare
non una giomata o due e neppure un mese o un anno, ma
tutta quanta la propria vita, per quanto lunga possa esserne
la durata, e nondimeno si lascera dietro le spalle molti pro~
bkmi senza averii esaminati o presi in considerazione o, almeno,
as;-oltati.
Poiche, pcrtanto, non sono piccole le differenze che con- 196
t.raddistinguono certi modi di vivere da certi altri, ma questi
discordano interamente tra loro fino al punto da venire in
opposizione c contrasta, inevitabilmente differiscouo anche le
rappresentazioni che si presentano a noi, ed anche i giudizi
sono in istato di guerra tra loro. E se queste cose stanno cosi, 197
ehi e tanto insensato e stupida da asserire ncttamente che
questa determinata casa e giusta o saggia o bella o giovevole?
Infatti quello che da costui viene cosi definita sara respinto da
un Jltro che, fin da fanciullo, avra avuto abitudini contrarie.
Per canto mio, non trovo strano se una massa confusa e 198
mista, che e divenuta ignobile mancipia di costumanze e di
leggi importate da ogni dove e che fin dalie fasce ha imparato
a prestar loro obbedicnza come se si trattasse di padroni o di
tiranni - una massa spiritualmente prostrata da una scarica
di pugni e resa incapace di concepire un pensiero grande e
gentroso 14 -. dia credito a tradizioni che le sono state imban-
ditc una voita per tutte e, lasciando inesercitata la propria
tnentc, si metta a dare approvazione o riprovazione che non
presuppongono ne una ricerca ne una disamina. Provo, invece,
stupore del fatto chc la massa dci cosiddetti filosofi, che simula
di voler rintracciare quanto vi e di certo e che pretende di dire
la verita sulle case esistcnti, si e divisa in eserciti e plotoni e

q. Piuttosto che alla somiglianza con Ps.-LosG. De sublim. XLIV (come


fanno Colson e Wbitaker nell'appendice ad hoc) sembra opportuno ricordare
analoghe cspres~îoni di Callide in PLAT. Gorg. 483a segg .. che furuno tra le
fonti sia di Filone sia dcll'autore del Sublim~.

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572 ENESIDEMO

propone soluzioni dommatiche spesso discordanti e contrarie


tra Iora non a proposito di una soia questione sollevata a caso,
ma quasi su tutte quante le questioni piccole e grandi su cui si
concentrano le loro indagini.
199 Quando, invero, alcuni intendono spiegare che l'universo
e infinite e altri che e finita, o alcuni pretendono di rivelare
che {'SSO e ingenerato e altri che e generata, o quando alcuni
escludono l'esistenza di un capo e di un condottiero del mondo
e lasciano quest'ultimo in balia di un moto irrazionale e spon-
taneo e altri, invece, postulano una mirabile provvidenza che
ha cura del tutto e delle parti, giacche un dio regge le briglie
e il timone del mondo in maniera. infailibile e salutare, non
c' c alcuna possibilita che quei filosofi riescano a conseguire
un'identica comprensione delle cose nella loro reale sussistenza.
2oo E le rappresentazioni che a noi si presentano durante l'in-
dagine sul bene, non ci inducono, forse, a sospendere il giudizio
piuttosto che a dare l'assenso, dai momento che alcuni 10 re-
putano che sia bene soltanto do che e moralmente bello e se
lo conservano nell'anima carne un tcsoro, mcntre altri 18 sbrin-
dellano il bene in una pluralita di cose e lo estendono .fina al
201 corpo e alle case csteriori? Questi ultimi asseriscono che i suc-
cessi fortuiti sono le guardie protettrici del corpo e che salute e
forza e, inoltre, l'intcgrita e l'esatto funzionamento degli organi
sensoriali e tutte le altre case siffatte sono le guardie protet-
trici dell'anima sovrana: la natura del bene, infatti, si divide-
rebbc in tre ordini di cose, di cui il tcrzo - ossia quello piu
esteriore - farebbe da protezione al secondo, quando questo
e 11 ai ripaTÎ Il 17 , mentTC Î} SeCOlldO diventa grandC baluard0 e
202 salvagnardia del primo. Comunque, a proposito di queste case
e dei differcnti modi di vivcre e dei fini ai quali bisogna ricon-
durrc tutte quante le azioni e di infinite altre cose che sono
contemplate dall'indagine logica o da quella fisica o da quella
etica, sono sorti infiniti problemi su nessuno dei quali i u ricer-
catori '' 18 si sono trovati finora tutti d'accordo.

15. Gli Stoici.


16. 1 Peripatetici.
17. L'imma[;ine e tratta, come suggcriscono Colson c 'Vhitakcr, da Holll.
Il. II. 338.
18. A bella posta Filone usa il termine Tt.i'~ <JY.E:tn:.tot<; ,quasi a cuntras·
Sf'gnarc la fatalita de! passaggio dai Dommatismo allo Scetticismo a causa

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ENESIDEMO 573

:E verosimile, allara, presentare 1' Intelletto carne arba di 203

ogni conoscenza scientifica, allarche le sue due figlie - ossia


la Delibcrazione e l'Approvazione - gli stanno accanta e gli
fanno da ancelle. Si dice, infatti: ce Egli non sapeva quando
esse si addonncntarono e quando si svegliarono » 18 • A quanto 204
parc, infatti, 1' lntelletto non riesce a cornprendere in maniera
chiara e ferma ne il sonno ne la veglia, ne la quiete n~ il moto,
ma, propria quando sembra chc abbia preso la migliore deli-
ber<lzione, propria allora si viene a scoprire che esso assolu- e
tamente sfornito di capacitâ deliberativa, perche la realUL dei
fatti e andata a terminare in una maniera per nulla simile alle
aspettative, e quanda all'Intelletto e sembrato opportuna sotto- 205

snin·re certe case carne vere, esso soggiace all'accusa eli faci-
lismo, perche risultano immeritevoli di credita e insicure quelle
cose in cui preccdentemente esso riponeva la :fiducia carne in
nggctti saldissimi.
:\ e consegue che, siccome la real ta delle case suole an dare
a fmire nel contraria di carne ce la prefiguravano, la casa piu
sicura c saspendere il giudizio 20 •

(SEsTo E:-.tPIRICO, Pyrrh. hyp. 1, 36-163)


Di salita vengona prospettati, da parte degli Scettici pm 36
antichi 21 , dicci ce trapi 11 per mezzo dei quali sembra che si
perwnga alla saspensione del giudizia. Essi vengono anche
ehi ama ti, per sinanirnia, ct argamentazioni 11 e ce luoghi 11,
Essi sono i seguenti: il prima si fonda sulla diversita degli 37
esseri viventi, il secondo sulle differenze degli uornini tra loro,
il tcno sulle differenti strutture degli organi sensoriali, il quarto
snlle circostanze, il quinta sulle pasizioni, sulle distanze e sui
luoghi, il sesta sulle mescolanze, il scttimo sulle quantita e
snlle confezioni degli oggetti, l'ottava sulla relazione, il nono

~i quella discordia filosofica su cui Agrippa fonclera il sua primo tropo (dr.
~EXT, Em•. Pyrril. h1•p. 1. lf>-t-If>j).
19. Cfr. Ge11esi.>, XIX. JI, 35·
~o. Ovviamente per Filonc le istanze sceltiche, da lui an·ertite con stra-
urdinaria sensibilita, sono soltanto !o stimula ad accettarc la rh·clazionc eri
iu cio cgli anticipa genialmente i pensatr>ri crisliani. ' -
21. L'cspressionc (: comuncmcntc intl"rpretata come un'allusione ai primi
Nc•J-piiToniani e in particolare ad Enesidemo, per contradrlistinguerli sia da
Agrippa sia dagli Scettici post-meuoclotd, cli cui Scsto facc,·a parte.

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574 E:>:ESlDEliO

su11a frequenza o sulla rarita degli accadimcnti, il decima sulle


regole di condotta, sui costumi, sulle leggi, sulle credenze mi-
38 tiche e ~ui preconcetti di online dommatico. E qucsto !'ordine
che noi convenzionalmcnte 22 utilizziamo.
Tutti questi tropi, peru, vcngono a ridursi a tre: a quello
che deriva dal giudicante, a qucllo che deriva dai giudicato,
a quello che deriva da entrambi. Sono, infatti, subordinati a
quello che deriva dai giudic.ante i primi quattro (giacche ciO-
che-giuclica e o un animale o un uomo o un senso oppure viene
a trovarsi in una qualchc circostanza); al tropo derivante dai
giudicato (si riducono) 23 il scttimo e il decima; a quello, infi.ne,
che deriva insieme da entrambi, si riconducono il quinto, il
sesto, l'ottavo e il nono.
39 A Iora voita, pero, questi trc tropi si riducono a quello
delia relazione, sicche guest'ultimo e il pii:t generica, i tre sono
specifici e i dieci sono ~ottospecie. Questo noi diciamo del loro
numcro, attenendoci alla probabilitâ. 24 ; invece, a proposito delia
loro cfficacia, diciamo quanto segue.
40 (1 tropo) Dicevamo che e prima argomentazione quella
secondo cui, (a cagionc delia) 23 differenza sussistente tra gli
esseri viventi, non ci si presentano comc identiche quelle rap-
presentazioni che pur provengono da oggetti identici. Questo
noi lo dcsumiamo dalie differenze genetichc dci viventi e dalla
diversa composizione dei loro corpi.
41 Per quanto concerne la loro genesi, akuni animali nascono
scnza il coito, altri dalla copulazione. E fra quelli che nascono
scnza il coito, alcuni nascuno dal fuoco, come gli animalucci
che si \'e<lono nellc fucine, altri dall'acqua marcia, come le
7.anzarc, altri dall'inacidirsi del vino, come i foralegno, altri
dalla terra (carne i topi) 26 , altri dai fango. carne le rane, altri
dai letame, carne i vem1i, altri dagli asini, carne gli scarafaggi,

2z. Sesta si rifcrisce ad un'ormai invcterata ~ consolidata sco\astica scet-


tica: il termine ·lh:-nY.w~ da lui usato ya inteso carne .:H:O'EL: • dandugli un va-
Iare com·cnzionale • (Tcscari); • without prcjudict" • (Bury).
~3. L'intC"grazione e del Pappenb~im.
z4. Ossia non ritiuccndo la tropologia ad uno schcmatismo ili carattere
dommatico. Scsto utilizza - e non solo qui - formule carneado?e.
:15. L'aggiunta e dcllo Chouct.
26. Cosi colmava la lac una il Fabricius; invece il Kochalscky, sulla base
di LACTA~T. Div. i1;s/. VII, 7. 9. ha proposto ~:; l:v-:;:p(l y'f,:; (• come vermi delia
terra •).

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ENESIDE'-10 575

aUri dagli ortaggi, come i bruchi, altri dai frutti, come le vespe
dci cap;ifichi, altri da animali putrcfatti, come le api dai tori
t- i calabroni dai cavalli. Tra gli animali che nascono per copu· 4z
Jazionc, alcnni provengono da animali della medesima specie,
conw av\·ienc per Ia loro stragrande maggioranza, altri da
animali di specie diversa, come e
il casa dei muli. D'altra
partt', akuni animali nascono gia vivi, come gli uomini, altri
Jallt> uova, comc gli uccelli, altri, infinc, sono soltanto un
:umna~so di carne, come gli orsi. E verosimile, pcrtanto, che 43
le (lissomiglianzc e le differenze dovute alla nascita producano
uut{·\·oli contrarietâ. nelle affezioni sensibili, le quali, a loro
yalta, cmnportano divergenza di giudizio, discordanza e con·
trasto.
:\la anchc la differenza delle parti principali del corpo, spe· 44
c-ialmcntc di quelle che hanno le naturali funzioni di giudicare
c di rccepire una sensazione, possono produrre un gravissirno
contrasto di rappresentazioni [a causa della diversita degli
esseri viventi) 27 • Cosi, ad esempio, gli itterici dicono che sono
gialli quegli oggetti che a noi appaiono bianchi, rnentre gli
iperemici dicono chc sono color sangue. Poiche, pertanto, anche
tra gli animali, alcuni hanno occhi giallastri, altri sanguigni,
altri biancastri, altri di un altro colore, e verosimile u, credo,
che per loro anche la ricezione dei colori venga a risultare
differentc. D'altronde, se noi teniamo fissi gli occhi per lunga 45
tempo verso il sole e pai li abbassiamo sopra un libro, ci sembra
chc le letterc siano dorate e facciano la girandola. Poiche,
pertanto, alcuni animali hanno una luminosita ncgli occhi ed
emettono da questi una luce sottile e penetrante fina al punto
da vedere .1nche di notte, possiamo sentirci autorizzati a cre·
dr,re che gli oggctti esterni non si presentano nello stesso moda
a noi e a loro. E i prestigiatori ungono i lucignoli con verde· 46
rame c con inchiostro e fa1mo apparire gli astanti ora abbron-
:ati ora anncriti a cagione dellie:\'C diffondersi di quel miscuglio.
E, perei(\ molto piu conforme a ragione ritenere che, essendo

27. L'cspunzione e clei :!llutsehmann.


~S. A sotlolincarc il carattcre non calc"gorico delia sua tropologia Sesto
:"PPhca un sapknte dusagf::io di tt-nnini. usando ta Iora • verosimile •. come
11
~ § 54. talora • probabile •. !alora • ragionc\"Olc • COlii'!! in §§ 46, 51 etc. (cfr.
h. Jaua~ek, ElY.o~ in Sut11s EnrpiFicus).

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ENESIDEMO

mescolati umori diversi nell'organo visivo degli animali, per


questi ultimi risultino (anche) 29 differenti le rappresentazioni
47 degli oggetti. E quando noi comprimiamo l'occhio da un lato,
le forme e le figure e le dimensioni degli oggetti visibili ci
appaiono allungate e strette. E verosimile, quindi, che quanti
animali hanno la pupilla obliqua e allungata - come capre,
gatti e simili - immaginino che gli oggetti siano differenti e
non quali li suppongono quegli animali che hanno la pupilla
48 tondeggiante. Del resto gli specchi, secondo la diversita delia
loro struttura, talvolta fanno vedere molto rimpiccioliti gli
oggetti esterni - carne, ad esempio, fanno gli specchi concavi -,
talvolta, invece, li fanno vedere molto allungati e stretti- come
fanno quelli convessi -, e alcuni mostrano la persona che vi si
49 specchia col capo all'ingiu e con i piedi all'insu. Orbene, poicht§,
anche tra i vasi che circondano 1'occhio, alcuni per la loro
convessita si spingono agevolmente al di fuori dell'occhio, altri
sono piu concavi e altri, infine, giacciono su un piano livellato,
e verosimile, anche per questo motiva, che le rappresentazioni
subiscano un'alterazione e che da cani, da pesci, da leoni, da
uomini, da lacuste i medesimi oggetti non siano visti uguali
per dimensioni ne simili per fonne, ma che variino a seconda
delia particolare impressione prodotta dall'organo visivo che
recepisce le apparenze.
50 Il medesimo discorso vale anche per gli altri sensi. Come,
infatti, si patra affermare che, per quanto concerne il tatto,
subiscano affezioni tra loro simili gli animali coperti di crosta
e quelli che hanno la carne scoperta, quelli spinosi e quelli
alati o squamosi? Come potranno, per quanto concerne l'udito,
recepire i suoni allo stesso modo quegli animali che hanno
molto stretto il canale acustica e quelli che ne possono utilizzare
uno molto larga, oppure quelli che hanno le orecchie pelose e
quclli che le hanno glabre? Del resto anche noi, per quanto
concerne l'udito, proviamo un'affezione diversa secondo che ci
otturiamo le orecchie oppure le conserviamo libere.
sr Anche l'olfatto differira secondo le diversita degli animali.
Se, infatti, anche noi in un modo subiamo le affezioni quando
siamo raffreddati e in noi si e moltiplicato il muco, e in un

29. L'aggiunta e ricalcata sulla traduzionc latina dai l\lutschmann.

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ENESIDEM.O 577

altro modo quando le parti della nostra testa abbiano accolto


un eccesso di sangue, e ci distogliamo da quegli oggetti che
agli altri sembrano profumati e crediamo di esserne quasi mala-
mentc percossi, allora, dal momento che alcuni animali sono
per natura bavosi e pieni di muco, altri sona molto sanguigni
e altri hanna in prevalenza o in sovrabbondanza la bile gialla
0 quella nera, e conforme a ragiane che, anche per questo mo-
tiva, gli oggetti odorati appaiano differenti a ciascuno di noi.
Lo stesso vale anche a proposito del gusta, giacche alcuni 52
animali hanno la lingua ruvida e asciutta, altri l'hanno malta
umida; del resta anche noi, quando nello stato febbrile abbiama
la lingua troppa secca, crediamo anche chei cibi che ci vengono
imbanditi siano terrasi, disgustosi e amari, e subiamo queste
affezioni anche a seconda delia differente prevalenza dei succhl
chc si dice siana in noi. Poiche, pertanto, gli anirnali hanno
1' organo sensoriale del gusto che differisce da un o ad un altro
e che ha una diversa abbondanza di succo, essi recepiranno
come diverse, anche per quanto concerne il gusta, le rappre-
scntazioni degli oggetti. Carne, infatti, il medesimo alimento, 53
quando e stato digerito, in un posta del nostro corpo diventa
vena, in un altro arteria, in un altro osso, in un altro nervo
o ciascuna delle altre componenti del corpo, mostranda di avere
un potere diversa a seconda delia diversita delle parti del carpo
che lo ricevono, e come l'acqua, che pur e unica e eli una sola
specie, quando si diffonde negli alberi, in un posta diventa
cortecda, in un altro rama, in un altro frutto e, insomma,
fico o melagrana o ciascuno degli altri frutti, e carne il fiato 54
del suonatore, che e pur unica e identica, quando spira nel
flauto, diventa suono ora acuto o ora grave, e la stessa pres-
sione delia mano sulla lira produce qui un suono grave e li
uno acuto, cosi e verosimile che anche gli oggetti posti fuori
di noi vengano contemplati come differenti secondo la diffe-
rente struttura dcgli animali che subiscono le rappresentazioni.
Di eia possiarno renderci conta con rnag,;ore evidenza in 55
base alle scelte e ai rifiuti operati dagli animali. Cosi, ad esem-
pio, l'unguento profumato risulta molto piacevole agli uomini,
ma insopportabile agli scarafaggi e alle api; e l'olio d'oliva
e di giovamento agli uornini, mentre sopprime vespe cd api,
se vicne rivcrsato su di esse; e l'acqua marina, se viene bevuta,
17. ScdJi<î ,..,;c~i.

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ENESIDEMO

e sgradevole per gli uomini ed e amara carne un veleno, mentre


56 e molto gradevole e potabile per i pesci. Ed i maiali diguazzano
con maggior diletto nclla melma fetente che in acqua traspa.
rente e tersa. Alcuni animali, pai, si nutrono di rrbe, altri di
stecchi, altri di piante selvatiche. altri di semi, altri di carne,
altri di lattc, e alcuni godono di alimenti in putrefazione, altri
di dbi freschi, alcuni di cibi crudi, altri di pietanzc ben pre·
parate in cucina. Insomma, certe cose che per alcuni sono
piacevoli, per altri sono spiaccvoli e repellenti e addirittura
57 letali. Cosî, la cicuta fa ingrassare le quaglie e la fava porcina
le scrofe, le quali si sollazzano a divorare anche salamandre,
come i ccrvi mangiano con piacere gli animali velenosi e le
rondini mangiano le cantaridi. Le fom1ichc cd i foralegno, se
sono ingoiati dagli uomini. provocano ribrezzo c nausea, ma
l'orso se li mette a leccare e ne trae vigore, quando si sente
58 oppresso da stanchczza. La vipera sviene ad un semplice tocco
di rama di faggio, carne anche il pipistrello a quello di una
foglia di platano. L'elefante scansa il caprone, e illeone scansa
il gallo, e i cetacei marini fuggono via al crepitar di fave tritate
e la tigre al suono di un tamburo.
Si potrebbero addurre molti altri esempi olt re questi; ma,
perche non sembri che noi vogliamo perder tempo piu del do-
vuto, concludiamo che, se le medcsime cose per alcuni sono
sgradevoli e per altri sono gradevoli, e se gradevolezza e sgra·
devolezza risiedono nella rapprescntazione, allora gli animali
59 ricevono dagli oggetti rappresentazioni differenti tra loro. Ma,
se le cose identichc appaiono dissimili a cansa delia diversita
degli esseri viventi, noi saremo in grado di dire, scnz'altro,
quale si offra l'oggetto alla nostra vîsta, ma sospenderemo il
giudizio sulla sua naturale essenza 30 • N c, a dire il vero, noi
stessi potremo esprimere un giudizio che distingua le rappre--
sentazioni nostre da quelle degli altri animali, essendo anche
noi parte in causa del disaccordo e avendo, percio, noi stessi
bisogno di ehi operi la distinzionc piuttosto che essere, proprie
noi, capaci di operarla.
6o D'altronde noi non possiamo dare un giudizio preferenziale
alle nostre rappresentazioni rispetto a qucllc degli animali irra·

JO. s.-,Jo su questa. ma n(ln sulla sua esislenza.

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ENESIDEMO 579

aionevoli, tanto se non ne diamo climostrazione quanto se ne


diamo. Difatti, anche a voler prescindere dalla probabilita che
__ come mostrcremo 31 - non esista dimostrazione alcuna, la
stessa cosiddetta dimostrazione sara per noi o apparente o
non-apparente. E se essa ci risultedt non-apparentc, noi non
la portercmo affatto innanzi con convinzione; se, invece, essa
ci risulta apparente, poiche propria su cio-che-appare agli
animali si sta svolgendo l'indagine, e poiche la dimostrazione
risulta apparente a noi, che pur siamo animali, allora si dovrâ.
aprire anche l'indagine su di essa per scoprire se sia vera allo
str:.-sso modo chc c apparente. }la e assurda cercare di clima- 61
strarc eia che e satto inchiesta con cio che e, anch'esso, sotto
inchiesta 32, giacchc la medesima casa verrebbe a risultare - il
ch~ e impossibile! - meritevole e non meritevole di credita:
meritevole di credito, in quanto intcnde fornire una dimostra-
zione; uon meritevole di credita, in quanto essa stessa ha bisa-
gno di esserc dimostrata. Noi non avremo, quindi, una climo-
strazionc chc ci autorizzi a dare un giudizio preferenziale alle
nostre sh·sse rappresentazioni rispetto a quelle degli animali
cosir.ldetti irragionevoli.
Adunque: se le rappresentazioni risultana differenti a se-
cunda delia diversita degli esseri viventi, e se e impossibilc
csprimcrc un giudizio su di esse, si dcve, allora, necessariamcnte
sospcnderc il giudizio circa gli oggetti che giacciono fuori di noi.
l\la, per sovrappiu, noi stabiliamo un confronto tra gli ani- 62
mali cosiddetti irragionevoli e gli uomini per quanto concerne
il credita che essi mcritano 33 .
Dopo aver addotto questi nostri argamenti cosi cffi.caci,
non ritcniamo che sia poco dignitoso prendere in giro i boriosi
e vanagloriosi Dommatici. Orbene, i nostri pensatori, di solito,
si limitano a stabilire un confronto tra la multitudine degli
anim<~li irragioncvoli in grnere e l'uomo. ~la poiche i Dom- 63
matid, con una delle loro trovate capziose, dicono che il con-
fronto e impari, allora noi, caricando la dase del nostro cliver-

31. 1 n Pynl:. hyp. II. 134 scgg.


Jl. Giacche si avrcbt.e un dialldo (dr. §§ 1 '7· I64) .
.B: Heintz sostituisce ~x-rli 9!lV-:-·1.0"lXII (p,•r quel che riguarda la rapprc-
senta~tone) con «:!l't". ci:;t•.n:ta-:{xv. Il :\Iau (p. ~~ 1) spi..-~a: • D., fi de quae hon1inum
ct anl!nahum sensibus habenda sit agilur. non de ipsis sensibu~ '·

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sso ENESIDEl\10

timento, fonderemo la nostra argomentazione su un solo ani-


male, ad esempio - se vi pare - sul cane, che sembra essere
una bestia di scarso pregio. Scopriremo, anche in questo moda,
che gli animali di cui si sta parlando non sono da mena di noi
per quanto concerne la credibilita di tutto quello che appare.
64 La superiorita di qucst'animale rispetto a noi per quanto con-
cerne la facolta di sentire c concordemente ammessa dai Dom-
matici: difatti, per quanto concerne l'odorato, il cane ha una
facolta ricettiva che e superiore alia nostra, giacche se ne serve
per seguire le orme delle fiere non ancora avvistate, e con i suoi
occhi le scorge piu rapidamente di noi e col suo udito ne prova
65 una sensazione acuta. Veniamo ora alia facolta logico-espres-
siva 34 • Questa si distingue in o riposta,, e 11 profferita "35,
Esaminiamo prima quclla riposta. Essa - secondo quei
Dommatici che professano opinioni massimamente in contrasta
con le nostre, vale a dire secondo gli Stoici - sembra darsi da
fare per scegliersi cose appropriate e per ri1iutare cose estranee,
per acquisire conoscenza delle arti che tendono a questo fine
e per impossessarsi delle virtu che sono conformi alia propria
66 natura (e) 36 di quelle relative alle affezioni. Orbene, il cane
- che ci e parso opportuno prendere come esempio per la nostra
argomentazione - opera una scelta delle cose che fanno al caso
suo e un rifiuto di quelle che gli sono dannose, inseguendo le
cose che lo possono nutrire e ritirandosi quando su di lui si alza
la frusta. Ma il cane possiede anche un'arte che gli sa procurare
67 le case proficue: la caccia. E neanche di virti1 esso e privol
Se teniamo presente che la giustizia e quella virtu u che sa di-
stribuire a ciascuno secondo il merito )o 37 , il cane, facendo le
teste e dando la sua protezione a quelli che gli sono familiari
e che gli fanno del bene, e avvcntandosi contro quelli che gli
sono estranei e che gli fanno dei torti, e certamente partecipe
f·S dclla giustizia. E se possiede questa, allora - data l'interdi-

34- Ossia quel ).<Jy.,~ cui gli Stoici confcriscono un'eccczionalc ricchezza
<li si~nificati.
3-5. Per quc;;ta distinzione sostenuta dagli Stoici c criticata da Scsto cfr.
Ad11. /.1g. Il, 275. 287.
36. L'a:;giunta e de\ ~Iutschmann in base alla traduzione latina. Per
il § 1)5 cfr. Poll.Pil\'R. De ab.<l. lli. 2. .
37· Cfr. Ps.-PI..H. Dd. .pIc. Cna glossa marginale ai cmlo.l . .4. c ampha
la dcfinizione cosl: • Giustizia c una vo)Qnta salda e costante chc asscgna a
ciascuno il giusto sccondo merito •.

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ENESIDEMO 581

pcndenza che sussiste tra le virtu - e in possesso anche delle


altrc che, secondo i sapienti 38 , non sono possedute dalla mag-
gioranza degli uomini. E noi vediamo che il cane sa compor-
tarsi con coraggio e con intelligenza, come attesta anche Omero 39
nd presentarci Odisseo irriconosciuto da tutti i suoi farniliari,
ma riconosciuto dal solo Argo, il cane che non si lascio ingannare
ncppure dalie alterazioni fisiche subite dall'eroe e che non ri-
mase privo delia '' rappresentazione apprcnsiva » 40, che mostra
di possedere meglio dcgli esseri umani. E secondo Crisippo, 69
che si schiera, piu di altri, in difesa degli animali irragionevoli,
il ca ne partecipa persino della tanto celebre « dialettica » u!
Il suddetto signore dice, infatti, che il cane sa utilizzare il
qninto sillogismo ind.imostrabile 411 - che e abbastanza com-
plica tu! -, allorche, dopo essere giunto ad un trivio e dopo
aver fiutato le due vie per le quali la fiera non e passata, non
si mette ncppure a fiutare la terza, ma immediatamente si lan-
eia su di cssa. L'antico filosofa assevera che il cane fa virtual-
mente questo ragionamento sillogistico: ''La fiera e passata o
lli CJUÎ 0 di qui O dj quÎ; ma CSSa non e passata ne dÎ quj ne
di qui: dunque e passata di qui ». Ne basta: il cane riesce a 70
rendcrsi conto delle sue stesse sofferenze e ad alleviarle: se,
infatti, gli si conficca uno spino, si affretta a cavarselo sfregando
il piede a terra e usando i denti. Se ha una piaga in qualche
parte del corpo, poicbe le piaghe insudicite sono difficibnente
gnaribili e quclle ripulite si lasciano facilmente sanare, esso
pian pianino la dcterge del marciume che vi si e fatto. E non 71
e finita: il cane si attiene scrupolosamente finanche al precetto
di Ippocrate: difat ti esso, tenendo presente che «medicina del
piede e stare immobile Il, nel caso che abbia un piede ferito,
lo tiene sollevato da terra e tenta di mantenerlo ferma come
rneglio puo. Se viene disturbato da umori malsani per lui,

38. lronicamcnte gli Stoici c in particolare: Crisippo.


39. Od. XVII, JOC..
. -JO. Il ca,·allo di battaglia della gnoseologia stoica, contro cui Sesto non
nsp;lTmia mai i suoi colpi (dr. Pyrrlt. ltyp. II, 241; Adu. log. 1, 369 segg.),
\'Jr:nc qui ridicolizzato in maniera quasi aristolanesca.
+1 • Clic_ gli Stoici identificavano con Ia logica (cfr. SEXT. EMP. Pyrrh. hyp.
1 I. 9+; Storc. 11el. frag. I. 462; II, ]5, 125 Arnim).
f2. Per i cin<Jue sillogismi indimostrabili degli Stoici clr. SExT. EMP.
PyrriJ. hyp. Il, I58. Il sillogismo qui applicato dai canc si articola cosi: • o A
0
B o C esiste; ma non esiste ne A ne B: dunque esiste C "·

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ENESIDEl\10

mangia erba e, con l'aiuto di questa, cmctte cio che non fa


per lui, e guarisce.
j2 Se, allora, e risultato con e\''Îdenza che !'animale, di cui ci
siamo ser..-iti come est>mpio per addurre la nostra argomenta-
zione, non solo sa scegliere cose che fanno al caso suo, ma sa
anchc scansare quelle fastidiosc c, inoltre, possiede un'arte che
gli procura le cose a lui appropriate, e si rende conto delle
proprie sofferenzc c le sa allc\'Îare, e non e priva di virtu
- tutte cose in cui risiede la ragione «riposta>> 43 -, allora, a
motivo di tutte questc belle cose, il cane risultera essere un
animale perfctto. Ed ecco anche perch~. a mio avviso, certi
praticanti di filosofia 4 ~ hanno dato a se stessi un titolo di no-
bilta, desumendo il loro appellativo da questa bestia!
73 A proposito della facolta logico-cspressiva « profferita >• non
e necessaria l'indagine, almeno per ora: difatti, anche alcuni
tra i Dommatici ,~;; l'hanno accusata come controproducente ai
fini dell'acquisizione delia virtu, e percio, durante il tempo
del loro apprendistato, cssi praticarono il silenzio; d'altronde,
anche a voler supporre che un uomo sia muto, nessuno dira
che egli e privo di facolta razionale ed espressiva. Ma, per
accantonare queste questioni. noi vediamo certamente che gli
animali sui quali stiamo discutendo, profferiscono anche certe
74 voci, come le piche e alcuni altri. Ma, per tralasciare anche
cio, se pur e vero che noi non comprendiamo le espressioni
vocali dcgli animali cosiddetti irragionevoli, non e affatto in-
verosimile chc costoro conversino tra loro, mentre noi non ne
abbiamo contezza 411 • Difatti, anche quando noi ascoltiamo la
voce dei barbari, non riusciamo a capirla, ma ci sembra che
75 essa sia uniforme. E cosi pure udiamo i cani emettere una
voce quando vogliono respingere qualcuno, un'altra quando
latrano, un'altra quando vengono percossi e un'altra, ancora
differente, quando fanno le feste. Insomma, se si facesse bene
attenzione, si scoprirebbe una grandc varieta di voci in que-

43- Che gli Stoici considcra\•ano piu valida di quella • proflerita •.


44- Allusionc arguta e ironica ai Cinici {cfr. DioG. L.\ERT. VI, 13)-
45- In particolare i Pitagorici. che praticavano I't:;(EfL".JI'H~ (cfr. DioG.
LAERT. VIII. to; PmLOSTR. Apoll. vila I. q-16. La spicgazione di questa
concezione ~ ampiamcntc fatta in AuGusn:<. De Trill. XV. passim).
46. Il linguaggio degli animali e la sua conoscenza da parte d-:gli uomini
erano temi in \'oga nell'eta tii Sesto {cfr. PHILOSTR. Apoi/. uita I, zo).

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ENESIDEMO

st'animale e negli altri a seconda delle differenti circostanze.


Di conseguenza, per questi motivi, si potra con verosimiglianza
dire che anche i cosiddetti animali irragionevoli partecipano
delia facolta logico-espressiva ct profferita ». Ma se questi ani- 76
mali non sono da mena degli uomini ne per la precisione delia
iora scnsibilita ne per la facolta razionale ce riposta)) ne, per
giunta, per quella << profferita n, essi non meriteranno minor
:-rr_·<lito di noi neppure per quanto concerne le rappresentazioni.
E di tutto eia noi possiamo fornire una dimostrazione, se fon- 77
diamo la nostra prova su ciascuno degli animali irragionevoli.
Nessuno negherebbe, ad esempio, che gli uccelli si distinguono
tra loro per intelligenza e si servono delia ragione profferita,
essi chc conoscono non solo il presente, ma anche il futuro e,
a quanti sono in grado di capirlo, lo predicono dandone segno
in \'arie maniere e preannunciandolo con la loro voce J 7•
Ho fatto questo confronto- carne precisavo anche prima 4a- 78
~olo per sovrappiu, dopo aver gia dimostrato, credo, a suffi-
cienza che noi non possiamo dare un giudizio preferenziale alle
nostrc rapprcsentazioni rispetto a quelle degli animali irra-
giunevoli. Ma, se questi animali non meritano minor credita
di noi relativamente al giudizio delle rappresentazioni e se si
riscontrano rappresentazioni differenti a seconda delia diver-
sita degli animali, allora io potro dire quale ciascuno di questi
oggetti appaia a me, ma a proposito delia sua naturale essenza
~aro costretto a sospendere il giudizio, in base a quanto pre-
cedentemcnte abbiamo precisato.
(Il tropo) Ecco, dunque, il prima tropo delia sospensione 79
de! giudizio. Dichiaravamo 49 poi, carne secondo, quello che si
basa sulle differenze chc sussistono tra gli uomini. Difatti, anche
a voler concedere, per ipotesi, che gli uomini meritino maggior
credito degli anirnali irragionevoli, noi scopriremo che si addi-
viene alia sospensione del giudizio anche a cagione delle diffe-
renze intercorrenti tra noi.
Due sono le case di cui si dice che l'uomo sia composto

. H· L'auspicina, qui ironicamentc tirata in ballo a favore u"llo Scetti-


Clsmo, era stata ampiamcntc criticata dai Neo-accadcmici (cfr. (Ic. De divin.
li. XXXVIII, So scgg.).
48. In § 6z.
49. In § 36.

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E~ESIDE!IIO

- !'anima, cwe, e il corpo -, e in relazione ad entrambe queste


due case ci differenziamo tra noi.
Relativamente al corpo noi differiamo per la figura e per la
8o costituzione individuale eli ognuno 50 • Infatti il corpo di uno
Scita prcsenta una .figura diversa da quello di un Indiana, e
la diversita - a quel che SÎ dice Sl - e dovuta ad una diversa
prevalenza degli umori; e a seconda delia differente prevalenza
degli umori vengono a risultare differenti anche le rappresen-
tazioni, carne abbiamo sottolineato sz nclla nostra prima argo-
mentazione. Cosi anche nella scelta e nel rifmto degli oggetti
esterni si riscontra grande differenza a seconda delia diversitâ.
degli umori: infatti eli certe case provano godimcnto gli Indiani
e di certe altre quelli del nostro paese; e il fatto che si provi
godimento in modo differente, e indizio del diversa rnodo di
recepire le rappresentazioni provenienti dagli oggetti.
81 Per quanto, invece, concerne la costituzione individuale di
ognuno, noi ci differenziamo nel senso che, ad esempio, alcuni
digeriscono carni bovine con minor fatica che pesciolini di
scoglio e si ammalano di diarrea per un po' di vinello di Lesbo.
A quanto si racconta, c'era una vccchia attica che ingoiava,
senza correr pericolo, trenta dramme di cicuta, e Liside riusciva
a prendere ben quattro dramme di papaverina senza ricevere
82 fastidi. E Dcmofonte, il maestro di tavola di Alessandro, quando
si trovava al sole o al bagno caldo, sentiva freddo, rnentre
sentiva caldo all'ombra; e Atenagora di Argo non sentiva do-
Iare se lo pungevano uno scorpione o una tarantola, e i cosid-
detti Psilli 53 non subiscono nocumento neppure quando sono
83 morsicati da serpenti o da aspidi; e, fra gli Egiziani, i Ten-
tiriti 54 non subiscono danni neppure dai morso dei coccodrilli.
Ed anche gli Etiopi che abitano al di la di :Meroe presso il fiume

50. Il tcm1ine i&u:.ou-r/.f:r.tolrx. nato da un approfondimento delia (JUy·


xpr.to-tc; di Ippocratc (cir. 22 C t Dicls-Kranz) e di Empedoclc {cfr. JI A 86
Diels-Kranz), ha qui uno stretto significato medico (cfr. G.u~;x. De cur. melh.
X, 169. 2; 209, 4 = Deichgrăber 108, IIj).
51. La teoria degli umori fu ampiamcnte se!luita dagli antichi antropo-
logi e in particolare da Strabone. L'utilizzazione Iattanc da Sesto (o gi1L da
Enesidemo) indica l'accostamento degli Sccttici allc cosiddette • scienze em·
piriche •.
52. In § 57·
53· Tribu nordairicane menzionate in HERODOT. IV, l73·
54· Tentira, citta. dcll'alto Egitto, c mcnzionata in Jun;;-:, XV, 35·

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ENESIDEMO sBs
A.stapo 55, mangiano, senza correre rischi, scorpioni e serpenti
e altri animali siffatti. E Rutina di Calci de beveva 1' elleboro
sr-nza vomitare e senza subire effetti purgativi, ma lo ingoiava
e lo digeriva come se si trattasse di un alimento ordinario.
Criscrmo, scguace di Erofilo 56, se solo gustava un po' di pepe, 84
cont>va peri colo di un attacco cardiaco; e al chirurgo Soterico,
se solo scntiva odore di siluri, veniva un attacco di diarrea.
A.ndrone di Argo era tanto immune dalla sete che attraversava
il c]pscrto libico scnza sentir bisogno di bere. E Tiberio Cesare
ri wdcva nelle tenebre. E Aristotele 67 racconta di un certo
abitante di Taso che aveva l'impressione di essere preceduto
(bppcrtutto dai fantasma di un uorno.
Orbcne, se - per limitarei [a pochi dei tanti esernpi che 85
tronnsi presso gli stessi Dommatici] 58 - e cosi grande la di-
wr~ita tra gli uomini relativarnente al corpo, risulta verosimile
chc gli uomini differiscano tra loro anche relativamente al-
e
l"anima. Difatti il corpo un certa « segno esteriore )1 dell'anima,
come mostra anche la scienza fisiognornica. Ma la prova fon-
damcntale delia grande - e starei per dire infinita - differenza
che intercorre tra gli uornini per quanto concerne l'intelligenza,
e la discordanza delle asseverazioni fatte dai Dornrnatici sia
5u tante altre questioni sia sulla convenienza delle scelte e dei
rifiuti. Anche i poeti, del resta, hanno lasciato su eia opportune 86
Jichiarazioni. Pindaro, ad csernpio, dice 59:
Taluno e allietato da onori e corone
Di ca\'alli dai pie di procel\a,
.-\ltri dai vivere in talami dal molto oro.
C',.;Jde altri a passare con nave
\" docc sul fiare dell'onda.

E il poeta dice 60 :

l~n uonw gioiscc di un'opra. un altro gioisce di un'altra .

.~5· Il Nilo Azzurro.


56. Erofilo di Calccdonia (III sec. a. C.) fu unu dci primi rappresentanti
Liella medicina dommatica .
. 57· Cfr. ARISTOT. •'feleor. III, 4• 373b -t· I §§ 81-84 sono riportati in
De1chgrăber, pp. 217-8.
5S. L'espunzione ~ dello Hcintl:.
. 59· Fr. ~4 z lloeckh = :u1 Schroeder e Snell. Ne trasse ispira.zione Orazio
111 C<1rm. I, 1. 3 scgg.
6o. HaM. Od. XIV, 2.;!8.

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ss6 ENESIDEMO

~ia anche la tragedia e picna di affermazioni siffatte; vi si dice,


tra l'altro 01 :
Se la medcsma cosa per natura
Fosse per tutti bella e saggia, lite
Non sarebbe tra gli uomini duhbiosa.

E in un altro passo 62 :
E tremcnt.lo che pur la stessa cosa
Ad alcuni mortali sia grauita,
Ad altri odiosa.

87 Orbene, se teniamo presente chc la scelta e il rifiuto si fon-


dano sul piacere e sul dispiacere e che il piacere e il dispiacere
sono riposti m·lla sensazione e nella rapprescntazione, allora,
ogni voita che le medesime case da alcuni sono scelte e da
altri sono evitate, siamo portati a concludere che essi subiscono
affezioni dissimili da parte dclle medesime cose; difatti, se la
faccenda stesse altrimenti, essi sceglierebbero o scanserebbero
tutti quanti le medesime cose nella stessa maniera. Ma, se (le
medesime cosc) 63 provocano affczioni diffcrenti a seconda delia
differenza degli uomini, verosimilmente, anche per questo mo-
tiva, e possibile introdurre la sospensione del giudizio, giacche
noi possiamo, forse, dire quale appaia ogni singolo oggetto re-
lativamente ai caratteri differenziali di ogni singola persona,
ma non siamo in grado di dichiarare che cosa quell'oggetto sia
in relazione alia sua stessa natura.
88 Invero, noi dovrernmo prestar fede o a tutti quanti gli
uomini o solo ad alcuni. 1\Ia, se presteremo fede a tutti, ci ac-
cingeremo ad un'impresa assurda, dovendo accettare simulta-
neamente gli opposti 04 ; se, invece, accorderemo la fiducia solo
ad alcuni, ci dicano a ehi dobbiamo dare l'assenso; difatti il
Platonica dira "a Platane", l'Epicureo « ad Epicuro ,, e in modo
analogo tutti gli altri; e cosi essi, tumultuando tra loro senza

61. EltRIP. Phocn. 499·soo.


62. Frag. trag. adcsp. 46.z Nauck {si tratta probabilruente di un fram-
mento euripidco).
63. L'aggiunta e de\ Bekker.
64. Si elimincrebbe in ta\ moda il principio di non-contraddizione, che
gli Scettici rispettavano a\ pari dci Dommatici. Quasi ccrtamcnte i §§ 88-gr
non hanno nulla a chc ,·edere con Enesidcmo, ma esprimono considcrazioni
personali di Sesto (cfr. DAL PR.\, Lo scellirismo gruo, p. 357).

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ENESIDEMO

pervenire ad una decisione, ancora una voita ci sospingeranno


alia sospensione del giudizio 60 • Se, poi, si sosticne che bisogna 89
dare l'assenso alia rnaggioranza, si fa una proposta puerile 88 ,
gi1cch6 nessuno puo avvicinare tutti quanti gli uomini e met-
tersi a calcolare che cosa piace alla loro rnaggioranza, dandosi
anchc la possibilita che presso popolazioni a noi ignote sia
diffuso, tra la maggioranza, quello che tra di noi e raro e ci sia,
invece, raramente quello che suole capitare presso la maggio-
ranza di noi - ad esempio, che i piu, morsicati da una tarantola,
non provina dolore e lo provina, invece, solo raramente al-
cuni -; c in maniera analoga si parli a proposito delle costitu-
7.ioni individuali da noi preccdentemcnte menzionatc 67 •
Dunque necessariamente, anche a cagione delle differenze
clic intcrcorrono tra gli uomini, si addivienc alla sospensione
ckl giudil.io.
illl tropo) I Dommatici, che sono innamorati di se stcssi, go
asscriscono che, ncl giudizio in merita alia realta delle cose,
si den• dare la prccedenza a loro sul resta dell'umanita; ma
noi sappiamo che questa loro prctesa e assurda (anche loro,
infatti, sono parte in causa del disaccordo; e, qualora giudi-
chino in questa guisa i fenomeni c.on l'accordare a se stessi
la prccedenza, essi, facendo da arbitri a loro favore nel giu-
dizio, si appropriano indebitamente delia conclusione della
riccrca gia prima di aprire il dibattito giudiziario). Tuttavia, 91
per poter arrivare alla sospensione del giudizio fondando il
nostro discorso anche su un solo uomo - ad esempio, sul
" saggio " che essi vedono solo in sogno 88 - , poniamo mano
a <JUcl tropo che occupa il terzo posto.
~oi dicevamo 69 che esso e quello che deriva dalla diffe-
rcnza ddle sensaz.ioni. E che le sensazioni differiscono tra loro
e cosa di per se evidente. Cosi, ad csempio, le pitture sembrano 9l
avere rientranze e sporgenze alia vista, ma non al tatto. E il

6). \'imc qui a giotare il prima tropo di :\grippa (cCr. SExr. EMP. Pyrrh.
h_I'J>. I, 16,5).
_ oti._ II critcrio di attcnersi al pensicro rlcUa maggior;mza e respinto come
ti pcgg1ore di tutti in SEXT. EMP. Adu. lvg. l, 327-335.
!
fq. n § lil SCSS·
_bS. E il saggio introvabilc di Crisippo {cir. Stoic. vd. fri/g_ III, 662, 668
Arnm1).
69. In § 36.

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sss ENESIDE~IO

miele, secondo alcuni, appare gradevole aUa lingua, ma sgra~


devole agli occhi, e percio e impossibile che esso sia gradevole.
o sgradevole in senso assoluto. E lo stesso dicasi dell'unguento
profumato: esso, infatti, offre diletto all'odorato, ma spiace al
93 gusta. E, se teniamo presente che l'cuforbio c nocivo agli occhi
ma innocuo a tutto il resto del corpo, non saremo in grado di
dire se esso, per quanto concerne la sua stessa natura, sia in-
nocuo o nocivo ai corpi in scnso assoluto. E 1' acqua piovana
e utile agli occhi ma provoca irritazione alia trachea e ai pol-
moni, come fa anche l"olio d'oliva, che pur dona sollievo alia
superficie del corpo. E la torpedine marina, se viene accostata
alle estremita, provoca torpore, ma puo esscre avvicinata alle
altre parti del corpo senza che essa dia fastidio. Ecco perche
noi non saremo in grado d.i dire quale sia ciascuna d.i queste
case in relazione alia sua naturale essenza, ma ci e possibile
94 dire soltanto quale di voita in voita essa appaia. E si potrebbe
addurre un maggior numero di altri esempi; ma noi, per non
perdere tempo e per rispettarc il piano generale di questo
trattato, dobbiamo precisare solo quanto segue.
Ciascuno degli oggetti sensibili che ci appaiono sembra
presentarsi con varie qualita, carne, ad esempio, la mela si
presenta liscia, profumata, dolce e gialla. Non e, pero, chiara
se essa abbia tutte queste qualita [soltanto] 70 , o ne abbia esclu~
sivamente una, ma appaia diversa in ragione delia diversa
struttura degli organi sensoriali, oppure abbia un numero di
qualită. ancora maggiore di quelle che appaiono, ma alcune eli
95 esse non cadono sotto i nostri sensi. Si puo pensare che la mela
abbia esclusivamente una qualită., se ci atteniamo a do che
abbiamo dctto precedentemente 71 a proposito dcl nutrimento
digerito dai corpi, dell'acqua che si diffonde negli alberi e del
fiato (immesso) ?Z in flanti e in zampogne o negli altri strumenti
atlini. Anche la mela, infatti, puo avere una soia qualită. spe-
cifica, ma viene contemplata carne diversa in ragione delia di-
versita degli organi sensoriali mediante i quali ne avviene la
g6 percezione. :\Ia che, d'altra parte, la mela possa avere piil

70. L't>spunzionce dello Heintz.


71. In § 53·
72. L'aggiunta e suggcrila <..!alia traduzione latina eseguita in base al
§ 54·

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ENESIDEMO ssg

qualita di quelic che a noi appaiono, possiamo arguirlo dai


ragionamento seguente. Immaginiamo un tale che dalla na-
sdta abbia avuto tatto e olfatto e gusta, ma non udito e vista.
Onesti. pertanto, supporra che non ci sia affatto nulla di ·v:isibile
~6 di udibile, ma che esistano solo quei tre generi di qualita
che egli riesce a percepire. E ammissibile, allora, che anche 97
noi, avendo i cinque sensi, percepiamo soltanto [tra le qualita
che appartengono alia mela] 73 quelle che siarno in grado di
perccpirc; invece e
pur possibile che sussistano altre qualita
che si presentano ad altri organi sensorial:i di cui noi non siamo
stati fatti partecipi, e percio non percepiamo neppure i dati
scmoriali che sono conformi a quelle qual:ita 7 ~.
"Jla - si patra obiettare - la natura ha commisurato i g8
sensi agli oggetti sensibili H - Quale natura? - controbattiamo
noi, dal momento che presso i Dommatici regna un disaccordo
cosi grande e ancor priva di soluzione in merita alia reale con-
sistcnza delia natura. Difatti, se ehi da, per l'appunto, un giu-
dizio sulia reale consistenza delia natura e un semplice mortale,
non riscuotcra credita presso i Dommatici; nel casa, invece,
che sia filosofa, verra ad essere parte in causa delia controversia
ed egli stesso soggetto a giudizio, ma non giudice.
Senonchc, siccome si puo ammettere vnoi che sussistano 99
nella mela esclusivamente quelie qualita che ci sembra di per-
cepire. vuoi che ce ne siano pili di quelle, vuoi, al contraria,
che non sussistano neppure quelle che a noi si presentano,
non ci risultera con chiarezza quale sia realmente la mela. E
lo stesso discorso vale anche per le altre case sensibili.
î\Ia allora: se i sensi non possono apprendcre gli oggetti
esterni, non li puo apprendere neppure l'intelletto (dal mo-
mcnto che le sue guidc lo ingannano) 75, e di conseguenza,
anche in grazia di questo ragionamento, si addiverra, carne
sembra, alia sospcnsione del giudizio in merita agli oggetti
che giacciono fuori di noi.

iJ· L'cspunzione ~ dello Hcintz.


i·\· Per queste considerazioni e per altre simili ch.-: si riscontrano in Py1rll.
hyp. Il 1, n-48, vedasi l'eco, tra l'altro. in \'O!. TAI RE. Trai/alo di M<tafisica,
trild. 1t. in Suitti filosofiei, Bari, r97Z, 1, pp. l.H·9· 1 §§ 91!-99 sono da rite-
ncre un'"g:giunta. personale di Sesto.
Îj· L'intcgTazione e dello Heintz sulla base delia traduzione latina.

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Eli'ESIDEMO

yoo (IV tropo) Ma per poter giungere alia rneta della sospen-
sione del giudizio sia fondando la nostra argomentazione su
ciascun senso in particolare sia prescindendo persino dai sensi,
poniamo mano al quarto tropo delia sospensione stessa. Esso
e quello che prende il nome dalie circostanze, intendendo noi
per drcostanze le 11 disposizioni " 78 •
Sosteniamo che esso trova riscontro nel fatto che (ci tro-
viamo) ; 7 in uno stato naturale o innaturale, in una stato di
veglia o di sonno, a seconda delle cta, secondo che siamo in
moto o in quictc, che odiamo o amiamo, che siamo digiuni
o sazi, in istato di ebbrezza o di sobrieta, a seconda dellc predi-
sposizioni e del fatto che siamo coraggiosi o timidi, affiitti
o lieti.
w1 Cosi, a seconda che ci troviamo in uno stato naturale o
innaturale, gli oggetti ci si prescntano dissimili, come quando,
ad csempio, i delir;mti c gli invasati credono eli ascoltare voci
sovrumane e noi, invecc, no. Allo stesso moda essi dicono
sovente di percepire odori di stiracc o d'incenso o di altre cose
siffattc o di tante altre case ancora, mentre noi non ne ab-
biamo percezionc. E la medesima acqua, se vicne versata su
ehi soffrc eli infiammazionc, sembra bollente, ma a noi sembra
tiepida. E lo stesso mantello a ehi ha gli occhi arrossati sembra
arandone, ma a noi no. E il medesimo miele a noi sembra dolce,
ro2 agli itterici amara. E se qualcuno ci venisse a dire che la me-
scolanza di certi umori fa partire dagli oggetti rappresenta..,
zioni improprie versa personc che si trovano in uno stato in-
naturale, bisognera rispondere che, siccome anche le persone
sane sono fornite di umori mescolati, anche ad esse e possibile
che, a causa eli questi wuori, gli oggetti esterni. che per na-
tura sono tali quali appaiono a colora che si dice siano in uno
stato innaturale, si mostrino, invece, diversi da carne real-
Io3 mentc sono. Infatti, attrihuire agli umori delle persone sane la
facolta di apportare modifiche agli oggetti e non attribuirla
a quelli dclle persone malate e una cosa fitti:da, dato anche
che, come le persone sane si trovano in uno stato che e naturale
per i sani e innaturale per gli ammalati, cosi le persone malate

76. Ossia i dh·ersi stati fisici o mE"ntali clei perc:ipientc ncll'atto delia per-
C('Zione (cfr. ARJSTOT. ;l/etap!J. "\', 11).
77· L'aggiunta e dcl 1\lut.schmann.

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ENESIDEMO 591

si trovano in uno stato che e innaturale per i sani e naturale


per g1i ammalati; sicche bisogna dar credita anche a questi
ultimi, in quanto costoro si trovano in uno stato che e relati-
vnmente naturale 18 •
Si riscontrano, inoltre, rapprescntazioni differcnti secondo 104

che ci troviamo in uno stato di sogno o di veglia, giacche noi,


da sYCgli, ci rappresentiamo le case non come ce le rappresen-
tiamo dnrantc il sonno, ne ce le rapprescntiarno durante il sonno
come ce le rappresentiamo da svegli; sicche la loro esistenza
D la Iora non-esistenza vicnc ad essere non assoluta, ma rela-

tiYa: relativa, cioe, al fatto che noi stiamo donnendo o siamo


llesti. Verosimilmente, pertanto, durante il sonno noi vcdiamo
cose che, poi. risultano inesistenti quando ci siamo svcgliati,
pur non essendo esse inesistcnti in senso assoluto 79 : essc, in-
fatti, hanno una loro esistenza durante il sonno, come le cose
che vediamo da svcgli hanno una loro esistenza, anche se non
csistono pii1 mentre donniamo.
Si riscontrano rappresentazioni differenti anche a seconda 105

dell'et;t, giacche, ad esempio, la stessa aria ai vecchi sembra


esserc fredda, ai giovani tempcrata, e il medesimo colore ai
vccchi pare sbiadito, ai giovani vivace, e similmente un suono,
pur essendo idcntico, agli uni sernbra fievole, agli altri ben
udibile. Anche per quanto concerne le sce]te c le ripulse, sono 1o6
mossi in modo dissimBe quelli che differiscono tra loro per
eHt. Difatti i ragazzi prendono sul serio, ad esempio. palle e
cerchi. invcce i giovani sce]gono altri oggetti, e altri ancora
ne scelgono i vecchi. E da tutto cio si viene a concludere che
rappresentazioni pro\·enienti dai medesimi oggetti cstcrni ri-
sultano diffcrenti anche a seconda deHa differenza di eta 80•
. 78. Qucsti rilic\"Î - chc ci fanno pcnsarc alla celebre espressione goe-
tluana 'anchc l'innaturalc e natura,, - sono rh·olti sia agli Stoici sia a quci
~lcllid D(•mmatid chc slimavano naturale solo le> stato <.li huona salute.
79· Il _§ I1J4, <.lall'inizio fino a qucsto punto, anllrt'bbe cusi tradotto se-
concto l_a ncostruzionc <.leii o Hcintz: • Sccon<.lo, poi, chc si sia adllonncntati
0 5
'·_cfi:h, le rapprcs('nta-.ioni variano, perche, comc da s,·c~;li non ci rapprc-
scnt•am? {<]uclle case chc) ci rapprescntiamo net sonno, (cosi m·ppurc) n..t
~onno CI rapprcscntiamo (qucllt: cosc chc) ci rapprcscntiamo da s\·e!:li; di con-
sc;:ucnza la loro esistenza o n<:>n·esi,.tenza risultano esst're non cosc assolute,
m( a relah\"e: rdatÎ\"l', invero, al sonno e alia n,~Jia. Verosimilm.;>nte. adunque,
quclle cose ch~) noi vcdiamo net sonno pmprio essc sono inesistcnti ncllo
st;1.to. di vcglia, ma non risullano incsistc'nti in modo ;~ssoluto •·
So. Per analoghi rilicvi sullc o.liffcrcnt.t di cta cfr. AIUSTOT. R!ld. 11,
IZ segg.

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ENESIDEMO

107 A seconda, poi, che noi siamo in moto o in quiete gli og-
getti appaiono dissimili, giaccbe quelle cose che noi, stando
fermi, vediamo non scosse, crediamo che si muovano quanda
vi passiamo accanto con una nave 81,
108 Le cose, inoltre, appaiono differenti anche secondo che
proviamo per essc amare oppure odio: cosi, ad esempio, al-
cuni provano un'esagerata avversione per le carni suine, mentre
altri le gustano con sommo piacere. Onde anche Menandro
dichiaro 82 :
Come appare diverso anche alia vista
Da che divenne tai! Scrnbra un bestione!
Il non far torto ci rende anche belli.

E molti, che pur hanno amanti brutte, le credono un fior eli


bellezza! 83
109 A seconda che si sia digiun.i o sazi: difatti il medesimo
cibo a ehi ha fame sembra essere molto appetitoso, a ehi e
satollo sembra, invece, sgradevole.
A seconda che si sia ubriachi o sobri: difatti quelle cose
chc da sobri reputiamo turpi, non ci appaiono turpi nella nostra
ebbrczza.
110 A scconda delle predisposizioni: difatti il medesimo vino
a ehi ha mangiato datteri o fichi secchi sembra acido, mentre
a ehi ha appena messo nello stomaco noei e ceci sembra esser
dolce; e il vestibolo del bagno per ehi vi entra dall'estemo ~
caldo, per ehi esce dal bagno e freddo, se vi si indugia a lungo.
111 Secondo che si sia timidi o coraggiosi: difatti la medesima
casa al codardo sembra essere temibile e spavcntosa, ma niente
affatto anche a ehi ha piil anima.
Secondo che si sia afftitti o lieti: difatti le medesime cose
per ehi e affiitto sono odiose, per ehi e lieto sono piaeevoli.
u2 Orbene: tenendo presente che si riscontra cosi grande disso-
miglianza anche a seconda delle 11 disposizioni " e che gli uomini
vcngono a trovarsi ora in una disposizione ora in un'altra,
possiamo agcvolmente, farse, affennare quale ciaseun oggetto
appaia a ciascuncJ, ma non gia quale esso realmente sia, dal

8I. L'argomcntazionc e di provenienza epicurea (cfr. LUCRET. IV. ]88).


82. Fr. 518 1\:ock = 790 1\:oerte.
8J. Cir. HoR. Ser111. 1. 3. 38.

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ENESIDEMO 593

rnomcnto che anche la dissomiglianza e sotto inchiesta. Difatti,


ehi intendc darne un giudizio, o si trova in una delle suddette
disposizioni o non si trova afiatto in nessuna di esse. Dire,
')era, che non si trova affatto in nessuna disposizione - ad
~f:empio, chc egli non e ne sano ne malato, non si muove enon
sta fermo, c che non ha alcuna eta, e che e immune da tutte le
altre disposizioni - e la piu perfetta assurdita. Se, invece, egli
si mcttcra a giudicare le rappresenta.zioni mentre si trova in
una qualche disposizione, e egli stesso parte in causa del di-
saccordo e, peraltro, non sara un giudice intaminato e puro 113
dcgli oggetti che giacciono fuori di lui, essendo egli offuscato
dallc disposizioni in cui e venuto a trovarsi. Cosi ne ehi e desto
pua stabilire un confronto tra le rappresentazioni di ehi dorme
c quellc di ehi e desto, ne ehi e sano puo confrontare le rap-
prescntazioni dei malati con quelle dei sani: difatti noi diarno
l'asscm:o a cose che ci stanno dinanzi o provocano in noi un'af-
fezione presente, piuttosto che a quelle che non ci stanno dinanzi.
l\Ia M la dissomiglianza di siffatte rappresentazioni rimane 1 14
ancora sotto inchiesta anche per un altro motiva. Infatti ehi
da la prefercnza ad una rappresentazione piuttosto che ad
un'altra o ad una circostanza piuttosto che ad un'altra, fa cio
o scnza adibire un giudizio e una dirnostrazione oppure giudi-
cando c dirnostrando: ma cgli non puo farlo ne prescindendo
da queste due cose (in tai caso, infatti, non riscuotera credita)
ne per mezzo di queste, giacche, se forrnulera un giudizio sulle
rappresentazioni, egli lo formulera, in ogni caso, per mezzo di
un criterio. Pertanto egli dovra dire che questo criterio e vero I 15
o falso. :\la, se dira che e falsa, non riscuotera credita. Se, in-
,.cce, dira che e vero, dovra proclamarlo vero o senza dimo-
strazione oppure per mezzo di una dimostrazione. E, senza
dimostrazione, non riscuotera credit o; se, invece, per mezzo
di una dirnostrazione, in ogni caso bisogncra che anche la
dimostrazionc sia vcra, giacche (in caso contraria} 86 non ri-
scuotedt credita. l\la la dimostrazione da lui assunta per pro-
vare il criterio egli la proclamera vera dopo averne formulata

84. 1 §§ II.J-U7 sono probabilmente rilio!\'Î personali di Sesto.


. 85. II ~Iau suggerisce un'integrazione che avrebbe la seguente tradu-
z,_o~te: • bisogncra che anche la dimostrazionc sia. vera o falsa; ma egli non
d•ra che e falsa, giacche in tai casa lui stcsso non meriterebbe fiducia •.

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594 ENESIDEMO

116 un giudizio oppure senza averla giudicata? Se egli la procla-


mera vera senza aveme formulata un giudizio, ancora una
voita non riscuotera credita; se, invece, la proclamera vera
dopo averla giudicata, e chiaro che d.irâ di averla giudicata
per mezzo di un criterio; ma appunto di questo criterio noi
cerchiamo una dimostrar.ione, e poi ancora un criterio di que-
st'ultima. Difatti la dimostrazione ha semprc bisogno di un
criterio per essere confermata, e il criterio, a sua volta, ha bi-
sogno di una dimostrazione, perche si mostri che esso e vero:
e ne una dimostrazionc puo essere valida se non preesiste un
critcrio che sia vero, ne un criteriu puo essere vero se non sia
117 prima confem1ato da una dimostrazione. In questo modo il
criterio e la dirnostrazione vengono a cascare nel tropo del
diallelo 86 , in cui entrambi si scoprono non meritevoli di cre-
dita: difat ti ciascuno dei due, attcndendo la prova dell'altro,
viene a risultare canmte di prova al pari dell'altro. Ma allora:
se ne senza dimostrazione (e) 87 senza criterio ne per mezzo
di questi due si puo dare un giudizio preferenziale ad una
rappresentazione piuttosto che ad un'altra, quelle rappresen-
tazioni che risultano differcnti a seconda delle differenti « dispo-
sizioni ,, rimarranno ancora sotto inchiesta.
Ne consegue che, anche per quanto concerne il presente
tropo, si addiverra alia sospensione del giudizio circa Ia natura
dcgli oggetti che giacciono fuori di noi.
u8 (V tropo) Quinta argomentazione e quclla che si fonda sulle
posizioni. sulle distanze e sui luoghi: difat ti anche a seconda
ili queste condizioni i medesimi oggetti appa.iono differenti,
carne, ad cscmpio, lo stes:;o portico, visto da una dclle due
estrcmitâ, appare conico, visto, invece, dalla parte mediana,
appare di egual misura dovunque, e la stessa imbarcazione da
lontano appare piccola e ferma, da vicino grande e in moto,
e la stessa torre da lontano appare circolare, da vicino qua-
drata 88 •
1 HJ Questo si ris contra a seconda dclle distanze; a seconda dei

86. Per i §§ 116-117 cfr. SEXT. E~IP. Adt•. /cog. Il. H· Per il diallelo • che
non ofire via di scampo • cfr., tra l'altro, Pyn·ll. hyJ•. l. 60, 6z; 11, 34· UI.
S7. L'ag~,:iunta e dcllu Stl"pllanus.
1!8. Qucsti rilievi erano stati ampiamcnte fatti da Epicuro (ctr., tra l'altro,
LUCRET. lV. 428 segg.}.

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ENESIDEliO 595

luoghi, invecc, si osserva, ad esempio, che la luce di una lam-


pada al solc appare fioca, ma lum.inosa all'ombra, c lo stesso
rcmo nell'acqua appare spezzato, ma fuori dell'acqua diritto,
c ]'uovo dentro la gallina appare molie, ma all'aria duro, e il
Jincnrio sa appare umido nella lince, ma duro all'aria, e il corallo
1wl mare appare molle, all'aria duro, e un suono si diffonde
in un motlo se si produce in una zampogna, e in un altro se
...i produce in un flauto, e in un altro ancora diversa se si pro-
duce semplicemente all'aria.
A secanda delle posizioni, infine, risulta, ad esempio, che 12o
la stessa pittura, se e supina, pare liscia; se, invece, e inclinata
secondo una certa angolazione, sembra. avere rientranze e spor-
genze. E i colli delle calombe, a secanda dei differenti gradi di
inclinJ.zione, appaiono di colore differente.
Poicht\, pertanto, tutti gli aggetti che appaiono vengono 121
visti in un qualche luogo e da una certa distanza e secondo
una certa posizione - e ciascuna di queste tre condizioni pro-
duce mo1ta divcrsita nelle rapprescntazioni, come gia abbiamo
ricordato 90 -, saremo costretti, anche a causa di questo tropo,
ad approdare alia sospensionc del giudizio. Chi, invero. voglia
dare un gindizio preferenziale ad alcuna eli queste rappresen-
tazioni, pmra mano ad un'impresa impossibile. Se, infatti,
egli fara la sua dichiarazione in modo immediato e senza dima- 122
~trazione, non riscuotera credit o; se, invece, vorra servirsi di
una dimostrazione, i casi sono due: qualora egli dica che la
llimostrazione c falsa, travolgera se stesso; qualora, invece,
dica che la climostrazione e vera, gli si chiedera una dimostra-
zione dcl fatto che quclla sia vera, c una terza dimostrazione
del fatto che la seconda sia vera, e cosi via all'infinito 91.
llla produJTe un infinito numero di dimostrazioni e impossibile: 12]
pertanto egli, neppure a seguito di una d.imostrazione, patra
assegnare un giudizio prefercnziale ad una rappresentazione
piuttosto che ad un'altra. )la, se ne senza dimostrazione ne
~ 11 base ad una dimostrazione si potra csprimere un giudizio
111 merita alle rappresentazioni, si ha come conclusione la so-

89. Fra i tanti t-rrori popolari degli antichi c'cra auc:he quello di crcdcre
che questa pietra fossc proclotta ela urina di Iince.
')O. In § 118.
9 1 • Si cadra, cosi, in un tropo che fu particolarmente rilevato ela At.:rippa
(cir. Pyrrh. llyp. I, nG). ·

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596 ENESIDEMO

spensione del giudizio, dal momento che noi siamo in grado,


forse, di dire quale ciascuna cosa appaia secondo questa deter-
minata posizione o da questa detenninata distanza o in questo
determinata luogo, ma non possiamo, a causa dei motivi sud-
detti, dichiarare q uale essa sia in relazione alia sua naturale
essenza.
124 (VI tropo) Sesto tropo e quelio che si fonda sulle mesco-
lanze: secondo esso noi concludiamo che, siccome nessuno degli
oggetti esterni vienc a cadere sotto i nostri sensi di per se isolato,
ma insieme con qualche altra cosa, e forse possibile dire quale
sia la mistione risultante dall'oggetto esterno e da cio insieme
con cui quest'ultimo viene osservato, ma non saremo in grado
di dire quale sia l'oggetto esterno nelia sua purezza. Ed e, a
parer mio, un fatto di per se evidente che ncssuno degli oggetti
esterni ci si presenta di per se isolato, ma in ogni caso insieme
con qualchc altra cosa e che, a cagionc di cio, noi lo vediamo
125 diversa. Cosi, ad esempio, il colore delia nostra pelle viene

visto in un modo all'aria afosa e in un altro all'aria fredda,


e noi non riusciremo a dire quale sia per natura il colore delia
nostra pelle, ma possiamo dire soltanto quale essa viene os-
servata insieme con ciascuna di queste condizioni. E lo stesso
suono si diffonde in un modo quando !'aria esottile, in un altro
quando questa e densa, e gli stes.•;i aromi sono pin piccanti
nel bagno e al sole che non all'aria fresca, e il corpo, immerso
neli'acqua, e leggero, ma, solievato in aria, e pesante.
126 Ma, anche se prescindiamo dalla mistione estema, i nostri
occhi hanno in se stessi membrane e liquidi. Pertanto gli og-
gctti visibili, poiche non vcngono contemplati senza queste
cose, non saranno appresi con esattezza: infatti noi percepiamo
la mistione, e percio gli itterici vedono gialle tutte le cose,
menire quelli che hanno gli occhi iperemici le vedono color
sangue •z. E poiche il medesimo suono si diffonde in un modo
in luoghi aperti e in un altro in luoghi stretti c tortuosi, in un
modo nell'aria pura e in un altro nell'aria inquinata, e vero-
simile che noi non recepiamo il suono alio stato puro: difatti
i nostri canali uditivi sono alquanto tortuosi ed angusti e sono

92. Per questo esempio cfr. §§ 44. 101.

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ENESIDEMO 597

inquinati da esalazioni di vapore che, a quel che si dice, si spo-


stano ualle rcgioni delJa testa. Ma, poiche sono presenti certi 12.7
inquinamenti anche nelle narici e nelle regioni del gusta, noi
pcrccpiamo insieme con questi, e non gia allo stato puro, gli
oggetti del gusta e dell'olfatto. Ne consegue che, a causa delle
mescolanze, i nostri sensi non perccpiscono quali sono esatta-
mcnte gli oggetti esterni.
::\Ia nun li recepisce neppure l'intelletto, soprattutto perche 128
i sensi, che sono le sue g1.1ide 93, la traggono in inganno; e farse
anch'csso aggiunge una sua propria mescolanza alle cose che
gli vcngono annunciate dai sensi: difatti noi riscontriamo
Ia presenza di certi umori in ogni regione particolare in cui i
Dom ma tiei credono c:he risieda la ce parte egemonica » Y,l, tanto
se la si voglia collocare presso il cervello, quanto presso il cuore,
quanto in qualsivoglia altro posta dell'essere vivente.
Adunque, anche merce questo tropo, noi ci accorgiamo che,
nun avendo nulla da dire circa la natura degli oggetti esterni,
siamo costretti a sospendere il giudizio.
(VII tropo) Settimo tropo dicevamo 95 essere quello che si 129
fouda sulla quantita e sulla « costituzione » degli oggetti, inten-
dcndo per costituzione le varie guise in cui gli oggetti sono
composti. E risulta con chiarezza che, anche secondo questo
tropo, noi siamo costrctti a sospendere il giudizio sulla natura
dellc rosc. Cosl, ad escmpio, le raschiature di un corno di capra
appaiono bianche quando sono viste semplicemente di per se
e prescindendo da cio di cui e composto il corno, ma risultano
nere quando sono contemplate nella concreta composizione del
CDTllO. E le limature d'argento, quando stanno di per se, ap-
paiono nere, mentre si presentano bianche ai nostri sensi quando
stanno con l'intera massa di questo metalle. E i singoli pczzi
di marmo tenario ua risultano bianchi alia vîsta quando siano 130
le\·igati, ma nell'intero blocco appaiono gialli. E i granelli di
sabbia, separati gli uni dagli altri, appaiono mvicli, ma, quando
sono ammucchiati, danno una sensazione di morbidezza. E

9.~- Cfr. § 99·


_94- J:>er quesla dottrina stoica cir. Stoic. vei. frr.g. 1. r.o: II. 8~8. Sj(>
Armm. Sesto ne cliseu te anche în A llv. log. 1, 313,
95- In § J6.
96. Il marmo de\ Tenaro (promontorio dell'estremo sud delia Laconia)
era grigio-giallastro.

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ENESIDE~fO

l'elleboro, se viene inghiottito a pezzi e lanuginoso com'e, ci


fa soffocare, ma non produce piu quest'effetto se viene polve~
I]I rizzato 97, E il vino, se e bevuto misuratamente, ci rinforza;
ma se viene tracannato in quantita eccessiva, sfi.bra il nostro
organismo. E allo stesso moda il ciba, a secanda delia sua
quantita, mostra un potere diversa: cosi essa, se viene ingerito
in gran copia, spesso purifica il corpo con indigestioni e diarree.
132 Orbene, anche in tutti questi casi, noi avrema la possibilită.
di dire le qualita delia parte leggera del corno e quelle dell'in~
siemc di molte parti leggere, le qualita dellc piccole parti d'ar~
gento c quelle dell'insieme di tante piccolc parti, le qualita
dei piccoli pezzi di marrno tenario e quelle del compasto di tanti
piccoli pezzi, e, per quanto concerne i granelli di sabbia, l'elle~
boro, il vino c il cibo, noi possiamo dime le qualita in senso
relativa, ma non possiamo dire affatto quale sia di per s~ la
natura delle case, a causa di quella dissomiglianza delle rappre-
scntazioni che e dovuta alle cornposizioni.
133 In linea generale sembra che anche le cose utili diventino
nocive a cagione dell'uso quantitativamente esagerato che se
ne fa, e le cose che sembrano dannose quando vengono prese
in quantita eccessiva, non producono dolore se sono prese a
dosi minute. Qnest'argomentazione e attestata soprattutto da
quel che si osserva nellc sostanze medicinali, in cui la miscela
esatta dci farmachi semplici rende utile il composto, mentre,
se qualche voita non si osserva attentamente la piu piccola
inclinazione delia bilancia, il composto non solo non e utile,
ma spesso e dannosissirno e perfino deleterio.
134 Cosi l'argomentazione che si fonda sulla quantita e sulla
costituzione degli oggetti genera confusione in merita alia
sostanza degli oggctti estemi. Percio vcrosimilmente anche
questo tropo patra indurci alia sospensione del giudizio, non
potendo noi fare dichiarazioni perentorie in merito alia natura
degli oggetti chc giacciono fuori di noi.
135 (VIII tropo) Ottavo tropo e quello che si fonda sulla re-
lazione 98: secondo esso noi giungiamo alla conclusione che,

97· Cfr. PLIN. Sat. hist. XXV, ~~ segg.


98. Questo tropo ricntra anche uclla tabclla di Agrippa (dr. Pyrrla, hyp.
1. 167); la sua particulare importanza il rilcvata in piu ripr!>sc da Scsto e da
Diogene Lacrzio.

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F-NESIDEJ\10 599

siccome tntte le cose sono relative, sospenderemo il giudizio


su cio chc le cose siano in genso assoluto e sulla loro reale natura.
l\Ia bisogna sottolineare che in questo casa, come anche in altii,
noi usiamo respressione <c sono >> invcce di quella << appaiono >>,
volendo virtualmentc dire '' tutte le cose appaiono relative,, 99 •
E quest'espressione viene usata secondo due accezioni: in un
scnso, in qnanto tutte le cose appaiono relative al giudicante
(infatti l'oggctto che giace fuori di noi e che viene giudicato si
manifesta relativamente a ehi lo giudica), e in un secondo senso,
in quanto sussistc rclazione tra oggetti che vengono osservati
insieme, comc il destro in relazione al sinistra too. E che tutte le 136
cosc: siano rdative noi l'abbiamo precisato anche prima 101 , quan-
do, ad esempio. per quel che concerne il giudicante, dicevamo
che ciascuna cosa particolare appare in relazione a questo deter-
minata animale, a questo determinata uomo, a questo deter-
minata senso ed a questa dete1minata circostanza, oppure
quando, per quel che concerne gli oggetti che vengono osservati
insiemP, dicevamo che ciascun oggetto appare in relazione a
questa determinata mistione, a qursto determinata luogo, a
questa determinata composizione e quantita e posizione.
Ma anche con argomentazioni specifiche si puo giungere 137
alia conclusione che tutte le cose sono relative, ad escmpio
col seguente procedimento: c' e differenza o no tra le case che
hanno una laro propria e distinta esistenza e le cose relative?
Se non c' e differenza, allora, poiche tutto cio che diffcrisce e
relativa (infatti si parla di esso in relazione a cio da cui esso
differisce), anche cio che ha una sua propria e distinta csistenza
risulta relativa.
Inoltre, secondo i Dommatici 102 , tra le cose esistenti alcune IJS

99. Qucsto ~punte fenornenistico - per il quale cfr. anchc Pyrrll. hyp. l,
~'J6, _2°3 e che ha snggerito certe interpretazioni troppo schematiche dello
Sc<:ttJctsmo nco·pirroniano c soprattutto S(.'Stiano - Yicne cosi chiarito dai
Dury (u~ "''c): • The main point urgcd hen~ is that nu oi.Jject can bc appre-
hendcd m its purity. As perct'ived it is always conditioned by {I) the physical
~r mental_ state of the percipicnt (" thc thing which jurlt;<:5 "), and (2) br thc
_ conr:mmtant perccpts ", whieh accompany its emoerg.,nce into thc world of
~pace an<i tm1e. c\s thus conditionl'tl. thc objl'ct is no longcr allsolutE', but
relative • .
.roo. Si tratta, insomma. di duc rela.tivita - J'nna sog~;:ctth-a, l'altra og-
l;~ttl\·a - che raddoppiano le gia complesse apori" ddla conosccnza.
IOI. In § 39 .
lo~. Ta.uto Peripatetici quanto Stoici.

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6oo ENESlDEMO

sono somrni gen eri, altre infime specie e altre generi-c-specie;


ma tutte queste detenninazioni sono relative: eppero sono re-
lative tutte quante le cose.
Ancora: tra tutte le cose, alcune sono di-per-sc-evidenti 103,
altre non-evidenti, carne i rnedesimi Dom.matici affermano, e
le cose che si manifestano sono significanti, mentre quelle cbe
non si manifestano vengono significate da quelle che si ma-
nifestano: infatti, a parer loro, le cose apparenti sono visione
di quellc non-evidenti 104 ; ma il significante e il significato sono
relativi: eppero sono relative tutte quante le case.
139 Oltre a cio, tra tntte le cose alcune sono simili e altre dissi-
mili, alcune uguali e altre disuguali; ma anche in questi casi si
tratta di rclativi: eppero tutte qnante le cose sono relative.
Del resto ehi sostiece chc non tutte le cose sono relative
viene a confermare la relativita di tutte le case: difatti, con
l'opposizione che egli ci muove, viene a mostrare che la stessa
affermazione (( {non} 105 tutte le cose sono relative)) e relativa
a noi, e non gia universale.
140 .Ma allora: una voita che noi stabiliamo che tutte le cose
sono relative, viene a risultare con evidenza che non potremo
dire quale sia ciascuno degli oggetti sccondo la propria natura
e nella sua purezza, ma potremo dire soltanto quale esso ap-
paia nelle sue relazioni. Ne consegue che, in merita alia natura
delle case, noi dobbiamo sospendere il giudizio.
141 (IX tropo} A proposito del tropo che si fonda sulla fre-
quenza o sulla rarit:\ degli accadirnenti - tropo che dicevamo 108
essere per ordine il nono -, daremo suppergiu le seguenti spie-
gazioni.
lndubbiamente il sole puo turbarei pin di una cometa; ma,
poiche noi vediamo il sale di continua e la cometa di rada,
proviamo turbamento per la cometa fino al punto che essa ci
sembra un segno soprannaturale, mcntre per il sole non ne
proviamo affatto. Ma, se, al contrario, noi supponessimo che
il sole apparisse raramente e che raramcnte tramontasse e che

lOJ. O • superlatiYamcnte evidenti • (cfr. SEXT. EliP. Adu. log. Il, 141).
IO.). AXAXAG. B 21a Dids-Kranz.
105. L'aggiunzionc cstrcmam~nte cb.iarifit:atrice c dcl Pappenheim, in
conformita. con SEXT. E!IIP. Adu. log. 1, 390.
106. In § 36.

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ENESIDEMO 6o1

illnminasse d'un baleno tutte quante le cose e che all'improvviso


1c faccsse piombare nel buio, noi scopriremmo in questo feno-
meno un motivo di grande turbamento. Cosi un terremoto non 142
spaura allo stesso moda quelli che ne fanno esperienza per la
prima volta e quelli che onnai vi sono abituati. E che grande
emf)zione suscita il mare nell'uomo, quando e visto per la prima
yolta! Anche la bellezza di un corpo umana, contemplata pri-
mieramente e all'improvviso, ci affascina molto piu che se si
faccs~c vedere abitualmente! E le cose rare sembrano csser 143
predare, mentre quelle che per noi sono di uso comune e di
facile acquisto non lo sembrano affatto. E se noi supponessimo
che l'acqua e rara, quanto piit preziosa di tutte le cose che pur
ci !';c-mbrano preziose essa ci apparirebbe! 107 E se noi imma-
ginassimo chc l'oro si riversasse sulla terra con immediatezza e
in gran ctJpia al pari delle pietre, da ehi penseremmo che esso
sarebbe tanto valutato e tenuto sotto chiave?
Orbene: poichc le medesime case, a seconda delia frequenza 144
o dc·lla rarita deUa loro prescnza, talora ci sembrano essere
attraenti e prcgcvoli e talora no, noi aniveremo alia conclusione
che, farse, potremo dire quale ciascuna di queste case appare
a cagione delia sua presenza continua o rara, ma non siamo
in grado di asseverare quale sia nella sua nuda essenza ciascuno
dcgli oggetti c.he giacciano fuari di noi. Anche in virtit di questo
tropo, adunque, noi su di essi sospendiamo il giudizio.
(X tropa) Decima tropo e quello che ha a che fare massi- 145
marnente con i fattori eli ordine etica Jos: quello, cioe, che si
funda sulle regale di condotta, sui costumi, sulle leggi, sulle
credcnze mitichc e sui preconcetti dommatici.
Orbene: c regola di condotta la scelta di un comportamente
o di un'azione da parte di una solo o di molti, ad esempio di
Diogene o dei Laconi. E legge un patto scritto da parte di q6
cit.tadini politicamente organizzati, il cui trasgressore viene
punito; c, invece, costume o consuetudine (non c'e differenza
tra questi due termini) il comune accoglimento di un certo

• 107. Ck PL!I.r. Er<thyd. 304e. Per l'accostaruento dell'acqua al fuoco e


all ora cfr. PlNl>. 0/. I. 1 scgg.
roti. Vno S\•iluppo organica di questo tropo sara, in gran partt:, il trat-
tato se~tiano Cm•tro ~ m<>rali.;ti.

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602 EKESIDEMO

tipo di comportamento da parte di molti uomini, il cui tra-


sg-ressorc non vienc, comunque, punito: cosl, ad esempio, e
legge il non commettere adulterio, mentre e nostro costume
J-+7 non congiungcrci in pubblico con la propria donna. E, poi,
credenza mitica l'accettazione di fatti che non sono accaduti
ma sono stati inventati, quali sono, tra l'altro, le leggende di
Cronos: queste credenze, infatti, conquistano la buona fede di
malta gente 109• E preconcetto dommatico l'accettazione di una
cosa che sembra convalidata per mezzo di un'analogia o di una
dimostrazione, come, ad esempio, il fatto che elementi delle
cose csistenti siano gli atomi 110 o le omeomerie m (o) 1111 i
corpi minimi 113 o qualche altra cosa.
qS Noi 114, pero, contrapponiamo ciascuno di questi fattori
talora a se stesso, talora a ciascuno degli altri.
Contrapponiamo, ad esempio, costume a costume nel modo
seguente: alcuni Etiopi tatuano i loro bambini, noi no; i Per-
siani credono che sia dccoroso vestire abiti variegati e con lo
strascico, noi lo crediamo indecoroso; e gli lndiani si congiun-
gono con le loro donne in pubblico, mentre la massima parte
degli altri popoli ritiene che questo sia turpe.
149 Contrapponiamo legge a legge nel modo seguente: presso
i Romani ehi ha rinunziato all'eredita paterna non paga i debiti
del padre, mentre presso i Rodi li paga in ogni caso; e trai Tauri
della Scizia era Iegge sacrificare gli stranieri ad Artemide m,
mentre presso di noi e proibito ucciderc una creatura umana
m un santuario.
150 Contrapponiamo regola di condotta a regola di condotta m,

109. Qui lo Scettici.;mo segue il filone illuministico apcrto da Scnofane


e continuata, in part.;,. da Platoue.
uo. Carne affermavano Leucippo, Dcmocrito ed Epicuro.
I 1 J. Come affermava ,\nassagorn.
Il2. L'aggiunta e suggerita dalla traduzione latina {cfr. DlELS, Do:rogr.
grau .. p. 312, 4).
113. Carne affenna,·a Diodoro Crono (dr. Adt•. f>l•ys. 1, 363. uve questa
dottrina fisica de! celebre dialcttico e accostata a quella delle massc intelle-
gibili dî Asclepiadc di Bitinia).
n4. In quauto Sccttici. .
us. Cfr. Hf-RODOT. IV. ro3. noncho! il tema dell" Iftgeuia in Tam·ide eli
Euripîde.
u6. Il termine liy1•>1+. implica una scdta <li ordine filo~ofico. come e prcr
vato dalla parat.li~matica opposizionc di Cinici e Cirenaici; ma esso v1en~
applicato anche alia ~c<'lta cli una qualsiasi atth·ita.. carne i! provato dagli
esempi dl"l pancrazia.ste ... uel gladiator... in § 156.

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ENESIDEJ\10

qu::mdo mettiarno le norme di Diogene contra quelle di Ari-


stippo o quclle dei Laconi contro quelle degli Italiei.
Contrapponiamo credenza mitica a crcdenza mitica, quando
(diciamo) m che talora viene rapprescntato quale padre degli
uomini Zeus, talora, invece, Oceano, corne nel verso
Ot:eano genitore di numi e Teti genitrice tu.

Contrapponiamo tra loro preconcetti dommatici quando 151


sottolineiamo che alcuni proclamano l'esistenza di un solo ele-
menta, altri di iniiniti, e alcuni la rnortalita dell'anima, altri
Ia sua immortalita, e che alcuni amrnettono essere le umane
cose governate da una provvidenza degli dei, altri non am-
mettono provvidenza alcuna.
Contrapponiamo, invece, il costume agli altri fattori, ad 152
esempio ad una legge, quando diciamo che presso i Persiani
c costume avere rapporti omosessuali tra maschi, mentre presso
i Romani siffatti rapporti sono vietati per legge, e che presso
di noi e proibito commettere adulterio, mentre presso i Massa-
geti qucst'ultimo e
abitualmente accettato con indifferenza,
comc racconta Eudosso di Cnido nel primo libro del suo Giro
t'ltlomo al mondo 11 9, e che presso di noi e vietato accoppiarsi
con la propria madre, mcntre presso i Persiani costumanza e
sposarsi specialmente cosi. E presso gli Egiziani i maschi si
uniscono in matrimonio con le loro sorclle, mentre cio e vietato
per legge presso di noi.
Cna costumanza si contrappone ad una regola di condotta, 1.53
quando, ad esempio, la rnag-gioranza degli uomini si unisce
con le proprie donne ritirandosi in luoghi appartati, mentre
Cratete 120 si univa ad Ipparchia in pubblico, e Diogene giron-
zolava con la soia esomide addosso, mentre noi come si va di
solito.
t:na costumanza si contrappone ad una credcnza mitica, 154
quando, ad esempio, mentre le h•ggende dicono che Cronos
d.ivorava i suoi stessi figli, e nostro costume avere cura dei

117. L'aggiunzion~ e suggerita dalla traduzione latina.


IIS. liou. Il. XIV. 201.
11g. Fr. 15 llranJis.
r ~o. Filosofa cinico rld Il I sec. a. C. Di lui e menzione anche in 5Exr.
E~ll'._ P)'lriJ, J.yp. III. 200, Luciano lo ia prota1::onista dd s~condo dialago dei
mortt.

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ENESIDE~lO

nostri; e, mentre presso di noi e consuetudine onorare gli dei


carne buoni e immuni da malanni, i poeti, invece, li rappre-
sentano feriti e invidiosi tra loro.
155 Una costumanza si contrappone ad un preconcetto dom-
matico, quando per noi e costume chiedere agli dei le cose
buone, mentre Epicuro 121 diceva che la divinita non ci ha in
sua cura, e quando Aristippo 122 ritiene indifferente indossare
una stola di donna, mentre noi riteniamo cio una casa vergo-
gnosa.
156 E contrapponiamo una norma di condotta ad una legge,
quando, pur vigendo una legge che vieta di percuotere un
uomo libera e eli buona famiglia, i pancraziasti se le suonano
tra loro perche hanno data alla propria condotta quella de-
tenninata nonna, e quando, pur essendo vietata l'uccisione
dell'uomo, i gladiatori si scannano per lo stesso motiva.
157 Contrapponiamo una credenza mitica ad una regola di con-
dotta, allorche diciamo che le leggende narrano di Eracle che
accanto ad Onfale
Lana soleva cardare e sotto servizio si sta va ua

e faceva case che non avrebbe fatto neppure una persona di


modesta estrazione, mentre, poi, Ia norma delia vita di Eracle
era tanto generosal
158 Contrapponiamo una credenza mitica ad un preconcetto
dommatico quando gli atleti gareggiano per la gloria ritenen-
dola un bene e si scelgono per essa un faticoso tenore di vita,
mentre molti filosofi asseverano decisamente che la gloria b
casa futile.
159 Contrapponiamo la legge ad una credenza mitica, quando,
mentre i poeti rappresentano gli dei nell"atto di fare adulterio
o di praticare amori omosessuali tra maschi, la legge vigente
presso di noi vieta di compiere questi atti.
16o Contrapponiamo, invece, la lcgge ad un preconcetto dom-
matico, quando, mentre Crisippo 124 dice che e indifferente

ut. Cfr. Pyrrll. llyp. III, 219.


ru. Cfr. ibidmr. 20+
123. HoM. Od. X, 423.
124. l'cr qut:sto aspctto • cinico • dclJ'.,tica crisippca dr. Stoic. vr/. frag.
Il I. 743·746 Arnim. Sesto ,.; insiste in Pyrrlr. l•yp. III, 2.J6 e in A dv. eth. 192.

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ENESIDE:YO

congiungersi con la propria madrc e con le proprie sorelle, la


}eacre lo vieta esplidtarnente.
t>tJ
Contrapponiamo una crcdenza mitica ad un preconcetto 161
dommatico, quando i poeti dicono che Zeus scende dal cielo
e si unisce ad una donna mortale, mentre da parte dei Dom-
matici si reputa che cio sia impossibile; e il poeta dice che 162
Zeus, a ca usa del dolore per la morte di Sarpedone 126 ,
goccc di pioggia sanguigna sopra la terra versava,

mcntre c
un dogma dei filosofi che la divinita sia impassibile,
e quando eliminano la leggenda degli Ippocentauri, adducendo,
appunto, l'ippocentauro come esempio eli cio che non ha reale
e;;istf'nza.
Indubbiamente si sarebbero potuti addurre anche tanti altri 163
t>~empi per ciascuna delle suddette contrapposizioni, ma questi
bastt>ranno per un discorso succinto carne il nostro.
Senonche, essendo palese una cosi grande divergenza tra
le cose anche merce questo tropo, noi non saremo in grado
di dire quale sia l'oggetto secondo la sua naturale essenza,
bens1 esclusivamente quale esso appaia in relazione a questa
particolare regola di condotta o a questa particolare legge o
;t qucsta particolare costumanza o a ciascuno degli altri fattori.

Anche per questo motiva, noi siamo costretti a sospendere il


giudizio circa la natura degli oggetti che giacciono fuori di noi.
Cosi, allora. a cagione dei dicci tropi, noi abbiamo come
approdo la sospensione del giudizio.

La ra;~presenlazione t!On e criterio di verita (SESTO EMPIRICO,


Adv. log. 1, 388-396)

Su queste aporie 1, comunque, passiamo oltre e sollevia- 388


monc altre che si prospettano anche se si concede che la rap-
presentazione sia propria quella che i Dornmatici la voglion
far essere.
l.l5. Ho:u. Il. XVI, 459.
I. Scsto si rilerisce alle aporic chc nascono qua.ndo vogliamo stabilire il
rapP_or~o. tra la rapprcscntazione e la • parte egemonica • dc\la quale parlavano
gh Stf:'JCI e tra il concetto di causa (oggetto rappresentato) e qucllo di etletto
(rappresentazione). Analoghi rilievi sono in Pyrrh. hyp. II, 76.

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6o6 ENESIDEMO

Se, invero, si deve lasciar correre che la rapprescntazione


e criterio li, allora bisogna afferrnare o che ogni rappresenta~
(f

zione e vera, carne diceva Protagora 2 • oppure che ognuna e


falsa, come an da va dicendo Seniade di Corinto 3 , oppure che
gualcuna e vera e qualcuna e falsa, carne hanno affermato
389 gli Stoici e gli Accademici e, anche, i Pcripatetici 4 • )la non e
lecito asserirc ne che ognuna e vera ne che ognuna e falsa
ne che qualcuna e vera e qualcuna e falsa, come .stabiliremo:
eppcro non si devc affermare chc la rappresentazione e criterio.
Or bene: ness un o pot re b be asscrire che ogni rappresenta-
zione e vera, giacche cssa si ritorce contra se stessa, carne hanno
insegnata Democrito 5 e Platane 6 contraddicendo Protagora '1.
390 Se, infatti, ogni rapprcsentazione e vera, anche il dire che non
ogni rappresentazione e vera, essendo anch'esso fondata su
una rappresentazione, sara vero, e in tai moda la propasizione
(( agni rapprescntazione c vera )) sara falsa 8 •
Ma, anche a prescindere da questo ritorcersi delia rappre-
sentazione contra !\e stessa, il dire che ogni rappresentazione
e vera e in contrasta con le apparenze fenomeniche e con
I'e"Videnza, perche ci sono malte apparenze indubbiamente
3<JI false. Difatti noi, in questo momcnto, non reagiamo allo stesso
moda alia proposizione (f e giorno 11 e a quella (( e notte )) o alia
proposizione ce Socrate e vivo ,, e a quella u Socrate e marto,,,
ne queste proposizioni ci mettono tutte di fronte ad un'uguale
evidenza, ma le proposizioni ,, e giorno " e " Socrate e marto »
risultano attendibili, mentre quelle « e notte" e '' Socrate e
vivo •> non sono parimcnti attendibili, ma sembrano riferirsi a
case irreali.
39.z Il medesimo discorso vale anche a proposito delia conse-
guenza e del contrasta che si rifcriscono ad alcuni fatti. La
presenza delia luce consegue con evidenza al fatta che c giomo,

~. Le teorie di Protagora intorno al critcrio sono cspostc <' criticate da


Sesto in Adu. log. 1. 6o-6~.
3· Le teorie di Seniarlc (sofista contemporaneo di Protagora} sono esposte
da Sesto in Adv. log. 1, 53 = 81 Dicls-Kranz.
+ Per quest'accostamcnto di origine tardo-accat.!eutica dr. S.EXT. EMP.
Pyrrh. ltyp. II. rS, 76, 86; Adu. log. 1. 48. 6o, 53·
5· Cfr. 68 A 8 e Il.f Dicls-l(ranz.
6. Cfr. Tlleaet. 171a; F.llthyd. -~861>-c.
]. Cfr. So A 19 Dit:ls-Kranz.
8. Analoga argomentazionc e in Pyrrh. h:yp. 1. 139.

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ENESIDE:\10

t' il movimento al fatto che tu stai c..1.mminando; invece la


e
presenza delia notte in aperto contrasta col fatto che adesso
t.., g-iorno, e il non muoversi col fatto che tu stai carnminando;
e mcttere una casa significa levarne un'altra [e se una casa e
consegut'nte ad un'altra, e anche vero che un'altra casa e in
contrasta con un'altra] 9 • Ma, se c'e un qualcosa che e in con-
trasta con un altro qualcosa, allora non agni rappresentazione
e vcra. Difatti cio che e in contrasta con qualcosa, si oppone
0 comc n:·ro a falsa o come falsa a vero.
Se, poi, accade che tutte le rappresentazioni sono vere, 393
11 o11 c' e nessuna casa chc non ci risul ti evidente. Quando, in-
falti, una rappresentazionc e vera e un'altra e falsa e non si
~a qualc di esse sia vera e quale falsa, ci si presenta il casa
ddb non-evidenza, e ehi dice l( e per me non-evidente che le
stelk siano di numero pari o dispari ,, 10 viene a dichiarare
,·irtnalmente di non sapere quale delle due case sia vera e
quale falsa, cioc se le stelle siano eli numero pari o dispari.
Sicche, se tutte le cose sono vere e se sono vere tutte le rap-
prescntazioni, non esiste nulla che sia per noi non-evidente.
E SP nulla e per noi non-evidente, tutto sara evidcntissimo.
E se tutto sara evidentissimo, verranno nullificati l'indagine
e il dubbio su una qualsiasi cosa, giacche uno si mctte ad in-
dagare ed a dubitare intorno all'oggetto che e per lui non-
evidente, ma non intorno a quello che e manifesta. Ma e sen-
z'altro un'assurdiUt l'abolizione dell'indaginc e del dubbio:
eppero ne ogni rappresentazione e
vera ne sono vere tutte
le co~e.
St', poi, ogni rappresentazione e vera e sono vere tutte 394
le co~e. non ci saranno ne veracita ne errore, ne insegnamento
ne apprcndimento 11 , ne arte ne dimostrazione, ne virtu ne
alcun'altra cosa di tai genere.
Esamin.iamo cio che stiamo dicendo. Se ogni rappresenta-
7-ione e vera, nulla e falsa, e, poiche niente e falso, non vcr-

9. L'e~punzione e dello Hl'intz: si tratta di una .e:lossa molto evidente.


1 o. Esempio frcgucnl<'rnente in uso pres..'io gli Scettici per indicam ci6-
che-per-uatura-c-non-e,'Îdentc (cfr., tra \'allro, SEXT. E:.JP. Adv. loţ. I, 2~3;
Pyrrfl. hyp. J. 97 ; 1 l. go).
1 I. Hcintz ha opportunamentc sostituito fJ.ilh;a~.:; all'assnrdo ,.,).iY1]Gi.<;
(<_ CITamcnto •), ,::ia atctizzato da\ l{ayser e sostituito con tâl'''JO"<; (• indica-
ZlGnc •) dal Kochalsky.

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6o8 ENESlDEMO

ranno ad esserci ne il mentire ne l'errore ne mancanza eli arte


ne difetto alcuno, dato chc ciascuna eli queste cose partecipa
395 del falso e assume la propria consistenza da esso. Ma, se non
c' e nessuno che dica il falso, non ci sara neppure ehi dica il
vcro, c se non c' e nessuno che sbaglia, non ci sara neppure uno
che non sbagli. Allo stesso modo, se non c'e l'inesperto di un'arte,
viene soppresso, insieme con lui, anche l'artista, e se non esiste
lo sciocco, viene eliminata anche il saggio: tutte queste cose,
infatti, vengono concepite mediante un raffronto, e come, se
non c' e il destro, non ci sara neanche il sinistra, e se non c' e
il basso, non ci sara neppure l'alto, cosi. se non c'e uno dei due
opposti, vern\ a mancare anche l'altro. E si dilegueranno anche
396 la dimostrazione e il « segno "· La dimostrazione, infatti, e
prova dell'esistenza del vero e delia non-esistenza del falso;
ma, se nulla e fal<>o, non c' e neppure bisogno eli cio che ci mostri
che il falso non esiste. Con i termini, poi, di a segno " e eli «in-
dizio)) e stato chiamato cio che e in grado di rilevare il non-
evidente; ma, se tutte lecose sono di per seevidenti e manifeste,
noi non abbiamo bisogno di un qualcosa che ci indichi cio che
non e conosciuto, se esso sia vero o, anche, se sia falso.

Le aporie del 7Jero (SEsTo EMPIRICO, Adv. log. II, 8-g, 40-54)

s Enesidemo, poi, (seguendo in cio Eraclito 1 ) ed Epicuro


sono discesi tutti e due alle cose sensibili, ma si sono elistaccati
tra loro nella fattispecie. Enesidemo, infatti, afferma che esiste
una certa differenza tra le apparenze fenomeniche e sostiene
che, tra queste, alcune appaiono in comune a tutti, altre in
particulare a qualcuno e che, tra esse, sono vere quelle che
appaiono in comune a tutti, false quelle che non hanno questa
caratteristica; ragion per cui, del resta, cio-che-non-si-nasconde
[[.Llj A.lj&ov] aUa comune opinione e stato chiamato « vero »

Per questa espressione tanto discussa dr. S!!XT. E:.tP. Pyrrh. hyp. I,
1.
210; Adu. log. I, 349· Il Brochard (Les sccptiques grecs, pp. :175-6) inserisoe
il presente passo nell'• Eraclitismo • di Encsidemo; ma la Stough (Gruk Ske~
ticism. pp. 94-7) non vede in esso alcun contrasta con le posizioni scettiche.

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ENESIDEMO 6og

[lii.-r.M~] per derivazione linguistica. Epicuro, invece, ha af- 9


fe~ 1 ato 2 che tutte le case sensibili sono vere ed esistenti.

Virtualmente anche 3 Enesidemo pone, in questo ambito, 40


un simile tipo di aporie. Se, difatti, c'e un qualcosa di vero,
questo o e sensibile o e intellegibile o e sia-sensibile-sia-intelle-
gibile. l\h esso 4 non e ne sensibile ne intellegibile e neppure
entrambe queste case, come verra precisato: eppero non c'e
qualcosa di vero.
Orbene: che essa non e sensibile lo argomenteremo nel 41
moda seguente. Tra le cose sensibili, alcune sono generi, altre
specie, e sono generi quelle « comunanze » che penetrano nelle ca-
se particalari, carne, ad esempio, e uomo quello che viene a tro-
varsi in tutti gli uomini particolari, e cavallo quello che epresen-
te in tntti i particalari cavalli; invece sono specie le proprieta par-
ticolari di ciascuno, ad esempio di Diane, di Teone o di altri. Se, 42
pertanto, il vero e sensibile, anch'essa risultera in ogni casa sen-
sibile (perche e) comune ad una pluralita di case (appure)
perche risiede (in una) praprieta particolare. l\la essa ne e
comune ne risiede in una proprieta particalare; eppero il vero
non c sensibile.
Inoltre, come il visibile puo essere percepita dalla vîsta e 43
l'udibile e conosciuto dall'udito e l'odorabile dall'alfatto, cosl
anche il sensibile viene conosciuto da un senso in generale.
:Ma (il vcro) 5 non e conosciuto da un sensa in generale: infatti
il stnso e priva di ragione, mentre il vero non viene conosduto
in modo irrazionale. Eppero il vero non e sensibile.
E neppure e intellegibile, perche in tal casa nessuna delle 44
cose sensibili sara vera: il che, ancora una voita, e assurdo.
Difatti esso o sara generalmente intellegibile a tutti oppure ad
alcuni in particolare. :Ma il vcro non e tale n~ da essere general-
mente intcllegibile a tutti ne da esserlo ad alcuni in particolare.

2 • C!r. {r. 2~-4 Usencr. Questa concezionc cpicurea l! menzionata da Sesto


anche in A dt•. log. 1, 203 segg.
J. Al pari degli Accademici, da cui il pcnsatore di Cnosso si distingue
ncttamente. pur utilizzandonc il metoda diairetico. Per quanto concrme la
prcs_cn~e sczione, il Saisset l'estende finll al § 54, mentre !o Zdler e !o Haas
la htnttano lino al § 47• escludcndo che Enesidemo utilizzasse il tropo dcl
rcgrcsso all'intinito chc risalirebbe solo ad Asrippa.
4· Ho tCcnuto prcscnti, ne! tradurre i §§ 41-4~. le integrazioni de! Kochalsky.
5· L'integrazione l! delia Hcintz.

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610 ENESIDEMO

45 E impossibile, infatti, che il vcro sia pensato in moda co-


mune da tutti, mentre, d'altra parte, se viene pensato in moda
particolare da qualcuno o da alcuni, non risulta attendibile e
si presta a controversie. Dunque il vero non c neppure in~
tellegibile.
Ma non e neanche sensibile-e-insieme-intellegibile. Infatti
e vera ogni casa sensibile o ogni casa intcllegibile oppure qualche
46 cosa sensibile e qualche cosa intellegibile. 1\Ia l'asserire che ogni
cosa sensibile e ogni cosa intellegibile e vera, c un'assurdita:
difatti le cose sensibili contrastano con le sensibili e quelle
intellcgibili con le intellcgibili, e, per conversa, le sensibili con
le intellegibili [e le intellegibili con le sensibili] 6 , e, se tutte
le cose sono vere, inevitabilmente ogni cosa dovra essere~-non­
essere, e risultar vera-e-falsa. Ma, poi, va soggetto ad aporia
il reputare che qualcosa di sensibile sia vera e qualcosa di in-
tellegibile sia vera, giacche trattasi di una questione ancora
aperta.
47 D'altronde, sarebbe conseguenziale o l'affermazione che le
cose sensibili sono tuttc vere o l' affermazione che sono tutte
false: esse, infatti, sono ugualmente sensibili tutte, e non gia
una piu e una mena, e, a loro voita, le intellegibili sono ugual-
mente intellegibili, e non una pii:J e una mena. Ma non tutte
le sensibili sono dichiarate vere, ne tutte false. Eppero non
esiste vero alcuno.
48 11 Si, ma la verita viene rccepita non corne essa appare,

ma in virtu di un'altra causa •• 7. E qual e questa causa? La


tirino pure in ballo i Dommatici, perche essa o ci trascini al-
49 1' assenso o ci fac eia scappar via di corsa l Ma come fara.nno
cssi, poi, a recepire propria questa causa? Come apparente a
loro o come non-apparente? Se come apparente, essi mentono
quando vanno affennando che la verita non e realmente quale
cssa appare; se come non-apparente, corne fanno essi a re-
50 cepire cio che a loro non appare? Dalla causa di per se o per
mezzo di altro? Dalla causa di per se e impossibile, dai ma-
menta chc nessuna cosa che non appaia puo essere recepita eli

L'espunzione e de! ;\Iutschmann.


ti.
7· A qu~sta obil'zîone stoico-dommatîca i 1\eo-pîrronîa.ni rispondev~o
con le argomcnla7.iani contra il principio di causalita riportatc da Sesto m
Adv. pl•ys. I, 2I8·227-

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EKESIDEMO 6II

per se; se per mezzo di altro, quest'altro, a sua volta, e o ap-


parcnte o non-apparcnte. Ma poiche l'indagine cosi condotta
si va lontanando nell'infinito, il vero risultera introvabile.
E allora? Bisogna chiamar vero cio che ci persuade ~ il 51
11 probabile 11 - . qualunquc sia mai la sua essenza, vuoi sen-
8

sibile vuoi intellegibile vuoi tutte e due le case, ossia sensibile-


c-insieme-intellegibile? Ma anche cio offre il destro alle aporie.
Se, infatti, il r1 probabile 11 s'identifica col vero, poiche la 52
medesima cosa non persuade tutti e neppure sempre le me-
desimc pcrsonc, noi verremo a conccdcre che la stessa casa
esistc e non-esiste e che la stessa casa e simultaneamente vera
e falsa: in quanto persuade alcuni, e vera ed esistente; ma,
in quanto non riesce a persuadere altri, e falsa e non-esistente.
Pen) c ovviamcnte impossibile che la medesima casa sia e
non-sia e che risulti vera e falsa. Pertanto neppure il 11 pro- 53
babile Il e vcro. A mena che non vogliamo asserire che « e vero
ci o c he ricsce a persuadere un maggior numero di persone 11 8 •
Poiche, infatti, il miele 10 crea in molte persone di buona salute
e
il convincimento che dolce e non riesce, invece, a convincerne
e
una sala, perche questa itterica, noi affermiamo, in conformita
col vero, che esso e dolce. Ma questo significa parlare a vanvera!
Chc, quando noi facciamo la riccrca della verita, non dobbiamo,
propria allora, guardare alia massa di quelli che sono d'accordo,
ma solo allc loro ti disposizioni "· E in una disposizione si trova
l'ammalato, in un altro stato tutti quelli che godono buona
salute n.
Pertanto c'e da prestar fede u non piu n a questa disposi- 54
zione che a quest'altra, giacclu~ se, rovesciando le cose, suppo-
niamo che i piit - in quanto, ad esempio, febbricitanti - ven-
gano amarcggiati dai miele c che solo ehi e in buona salute
ne venga raddolcito, dovremo, senz'altro, di conseguenza dire
che il miele e ama ro: il che e assurdo. Pertanto, come in
quest'ultimo casa noi mettiamo da parte l'attestazione delia

S. Carne vugliono i seguaci di Cameadc (dr. SEXT. EMP. A dv. log. 1,


IH segg.).
9. In questo caso il prubabilismo, p"rdcnclo la sua carica speculati,·a.
scade ndla retorica e divicne filosofia dclle maggioranze, comc era accaduto
stonca.mento ndla crisi .finale dell'Accademia post-carueadea.
lo. Per qucsto esempio cfr. Pyrrlr. hyp. 1, 101.
li. C!r. Pyrrh. hyp. II, H e Adu. log. 1. 333·

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6r2 ENESIDEMO

massa e chiamiamo, non di mena, dolce il miele, cosi ariche,


quando molti provano un senso di dolce e una solo un senso
d'amaro, dobbiamo evitare di chiamare dolce il miele solo
perche la massa subisce quest'affezione, e dobbiamo cercare il
vero in altra guisa.

Le aporie del segno (SESTO E:-.IPIRICO, Adv. log. II, 215-222,


234-238)

215 Enesidemo 1 , nel quarto libro dei Discorsi pirroniani a, a


proposito dello stesso tema 3 e certamente con la stessa effi.-
cacia, propone un'argomentazione che e suppergiu la seguente:
''Se le case apparenti appaiono allo stesso moda a tutti quelli
che si trovano in condizioni simili, e se i segni sono apparenti,
i segni appaiono allo stesso moda a tutti quelli che si trovano
in condizioni simili. Ma i segni, in realta, non appaiono affatto
allo stesso modo a tutti quelli che si trovano in condizioni si-
miii; le case apparenti, invece, appaiono allo stesso rnodo a
tutti quelli che si trovano in condizioni sim.ili; adunque i segni
non sono case apparenti n.
2r6 Sembra che Enesidemo assegni qui il termine «case appa-
renti n agli oggetti sensibili e proponga, altresl, un'argomenta-
zione nella quale una seconda proposizione indimostrabile si
aggiunge ad una terza. Lo schema di quest'argomentazione e
suppergiu il seguente: «Se c'e il primo e c'e il secondo, c'e
anche il terzo; ma il terzo non c' e, bensi c' e solo il prima:
217 dunque non c'e il secondo n. E che la faccenda stia davvero

]. TI presenle paragrafo e parallclo a Adv. log. Il, Z34· Per quanto con•
cerne la prcsente sezione, Zdler la cbiude al § 235, mentre Natorp l'estende
fino a § 242 e Saisset fino a 244. D'accordo con Brochard (L~s sceptiquts grecs,
p. zso) ho escluso i §§ 223-233. lnoltrc lo stesso Brochard (pp. z68-7o) in eon•
trastu col Natorp (Forschu>~gm ;rr<r Grsr.h. drs El'knrnlnissprob., pp. 127-30)
~ottolinea l'asscnza delia distinzione tra segno indicativo e segno commemo-
rativo (presente in SEXT. EMP. Adt•. log. Il, 141·144 e altrovc). Tale distin•
ziom.• risi!.lc alia :\lcdicina Empirica e in particolare a ::\Ien01loto (cfr. DEICH•
GRÂDER, Die griech. Empiriktrschule, pp. 105, 107, l2I}.
z. Cir. PHoT. Bibl. zn, 17ob. u-18.
3· Ossia dell'impossibilita chc il segno sia sensibile, come e stato illustrato
nci §§ 212-Zl3. L'attacco e diretto non solo contro gli Epicurei, ma aneho
contra gli Stoici (cfr. STOUGH, &cclo Skeptit:i.sm, p. IoJ).

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ENESIDE!>IO 6I3

cosi lo staremo a vedere tra poco '; per ora, invece, ci limi-
teremo a dimostrare piu semplicemente che le premesse del-
l'argomentazione sono valide e che in esse e conseguenziale
la conclusione.
Tanto per cominciare, dunque, la premessa maggiore e vera;
difatti aUa proposizione che in essa fa da congiuntiva tien
dictro la conclusione: vale a dire all'espressione "le cose appa-
renti appaiono allo stesso modo a quanti si trovano nelle stesse
condizioni, e i segni sono case apparenti '' tien dietro l'espres-
si(lnc " i segni appaiona allo stesso moda a quanti si travano
nelle stesse condizioni n. Se, infatti, tutti quelli che hanno gli 218
occhi non appannati percepiscona il colore bianca in moda
simile c non differente, e se tutti quelli che hanno un gusta
nnrmale percepiscono il dolce provando una sensazione di dol-
cczza, allora necessariamente, anche per quanto concerne il
st'gno - se esso veramente fa parte delle case sensibili al pari
del bianco e del dolce -, tutti quelli che si travana nella disposi-
zionc simile, devano in modo simile percepirlo. Sicche la pre- 219
rnessa maggiore e valida; pero e vera, certamente, anche la
scconda, quclla cioe ''ma i segni non appaiano affatto allo
stesso moda a quanti si trovano in condizioni simili ''· Cosi,
ad escmpio, nel caso dci febbricitanti, il rossore e la sporgenza
dclle vene e l'umidita delia pelle e l'aumento delia temperatura
e l"accelerazione del polso e gli altri « segni » non si presentano
come segni delia medesima cosa per quanti si trovano in con-
d.izioni simili relativamente ai scnsi e al resta della loro costi-
tuzione fisica, ne appaiono a tutti allo stesso modo, ma ad
Erofilo 5 , ad esempio, appaiono indizi cvidenti di buon sangue, 220
ad Erasistrato 6 , invece, indizi del travaso del sangue in arterie,
ad Asclepliade 7 , infine, come segm delia presenza di « masse n

4· In § 234 segg .
.~. La prescnte citazione di Erofilo di Calcedonia (menzionato da St'sto
anchc m Pyrrh. ":yp. Il. 245. in Adv./,>g. II. 188 c in Adv. ctl1. 5(\) 1!: una con-
f~rrna. del caratt~re dottrinario di qucll"indirizzo mcdico (dr. DAL PRA, Lo
Scelilcamo gr<·co. p. 435 ).
6. Erasistrato di lulis. vissuto ne) III sec. a. C. (mcnzionato da Sesto
a~chc. in Adu. log. 11, 188 c in A<IV. math. 1. 258). esponente dell"indirizzo dot-
tnnano, 5<>gui le teorie aristoteliche attravcrso Stratone di Lampsaco c Diode
d1 Caristo.
. 7· Asdepiade di Bitinia. amico e medico di Ciccrc.ne (menzionato da Sesto
'" P::,•rrlz. lzyp. Il 1, 32. 33, in Adv. log. I. gr. 20~, 323, 380; II, 7. 188, in A.dv.

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ENESIDE!\10

22r intellegibili. Sicche anche la seconda premessa e valida. Ma


e valida pure la terza, quella cioe che «le case apparenti ap-
pa.iono allo stcsso modo a quanti si trovano nelle stesse condi-
zioni 11. Infatti il colore bianco, putacaso, non si presenta allo
stesso modo all'itterico e a ehi ha gli occhi ipercmici 8 e a ehi
si trova in uno stato normale (che costoro si trovano in con-
dizioni dissimili e, per questo motiva, all'uno il bianco appare
giallognolo, all'altro rossiccio e all'altro, infine, bianco); tutta-
via, pero, a quclli che si trovano nella medesima disposizione
222 - cioe ai sani - il bianco appare solamentc bianco. Pertanto
da queste premesse, che sono vere, si trarra anchc la conclusione
n Eppero il segno non c una cosa apparente "·

234 Di tai genere sono le argomentazioni costituite da compo-


nenti omogenee. Rimangono da esaminare quelte risultanti da
componenti non-omogenee, carne quella che Enesidemo pro-
poneva 9 a proposito del segno e che si presenta cosi: «Se le
case apparenti appaiono allo stesso moda a quanti si trovano
in condizioni simili, e se i segni sono apparenti, i segni appaiono
allo stesso modo a quanti si trovano in condizioni simili; ma le
case apparenti appaiono allo stesso modo a quanti si trovano
in condizioni simili; i segni, invece, non appaiono allo stesso
moda a quanti si trovano in condizioni simili: dunque i segni
non sono apparenti 11.
235 Un'argomentazione di tal genere risulta composta da una
seconda argomentar.ione indimostrabile e da una terza, come
si puo cvincere dall'analisi 10 , e quest'ultima diventera alquanto
pii1 chiara quando ne avremo data la spicgazionc in base al
(( modo 11 che e il scguente: (<Se ci sono il primo e il secondo,
c'e il terzo; ma il terzo non c'e affatto, bensi c'e solo il primo:
236 dtmque non c'e il secondo "· Difatti, poiche abbiamo una pre-
messa maggiore in cui fanno da antecedente il prima e il se-
condo congiunti tra loro e in cui il terzo fa, invece, da conse-

phy.<. l. 363; Il, JI8) sostenne una sua pcculiare dottrina parzialmente e con:
fusam.,ntc anassagoreo-democrika, suppon.,ndo r.,sistenza di • masse • e <!!
• p(lri • intE:!leg-ibili, dai cui rcciproco rapporto dipendercbbero lo stato di
salute o di malattia.
s. Per questo esewpiu cfr. Pyrrh. I•>"P· I. H·
9- In § 2I5-
IO. L'analisi c cscguita nei §§ 225-226.

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ENESIDE~IO 615

guente, e poiche abbiamo anche l'opposto del conseguente


_ ossia l'espressione 11 ma il terzo c'e » -, noi porremo come
conclusione anche l'opposto dell'antecedente - cioe « dunque
non ci sono il prima e il secondo '' - per mezzo di una secanda
argomentazione indirnostrabile. Ma, in realta, propria questa
stessa conclusione e potcnzialrnente contenuta nell'argomenta-
zione, giacche noi possediamo le premesse che sono atte a
proYarla, quantunque essa non sia esplicitamente enunciata.
E quando le avremo disposte accanto aJla premessa rimanente,
ossia alia prima, noi saremo in possesso delia conclusione gia
nell'atto in cui que.sta viene .dedotta, cioe a dunque il terzo
non c' e ' • per mezzo delia terza argomentazione indimostrabile.
Sicche ci sono due argamentazioni indirnostrabili: la prima di
esse e: ( se ci 50110 il prima e il secondo, c' e il terzo: ma il terzo
non c' e affatto: dunque non ci sono il primo e il secondo n
- e questa costituisce una seconda argomcntazione indimostra-
bile - ; l' al tra, ossia la terza, e: « non ci sono aflat to il prim o
c il sccondo, ma c'e solo il terza: dunque il secondo non c'e "·
Per quanto concerne lo schema, l'analisi e questa, e in 237
modo analogo essa va condotta anche per quanto concerne
l'argomentazione: difatti viene rnessa da parte la terza pre-
messa, ossia 11 non e affatto vero che le case apparenti appaiono
allo stesso modo a qu::mti si trovano in condizioni simili e che
i segni sono apparenti n; la quaJe premessa, congiunta con quclla
stcondo cui le case apparenti appaiono allo stesso modo a tutti
qudli che si trovano in condizioni simili, porta alia (conclu-
sione dell'argomentazione) 11 enunciata, (cioe a u dunque i
segni non sono apparcnti 1>), vale a dire aUa terza indirnostra-
bile. Sic.che viene a risultare come seconda indimostrabile
questa: ((se le cose apparenti appaiono allo stesso moda a quanti
si trovano in condizioni simili e se i segni sono apparcnti, i
segni appaiono allo stesso modo a quanti si trovano in condi-
zioni simili; ma i segni non appaiono affatto allo stesso mado
a quanti si trovano in condizioni simili: dunque i segni non
sono apparenti "· E carne terza verra a risultare qucsta: << non 238
e affatto vero che le case apparenti appaiono allo stesso rnodo
a quanti si trovano in condizioni simili e che i segni sono ap-

I 1. L'intcgrazionc e del 1\:ucbalsky.

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ENESIDEMO

parenti; ma le cose apparenti appaiono allo stesso moda a


quanti si trovano in condizioni simili: dunque i segni non sono
apparenti ,,,

La dim.ostrazione e le sue aporie (SESTO E:MPIRICO, Adv. log. II,


J00-315, 391-395)

300 Per quale motiva noi, nella presente trattazione, ci occu-


piamo deHa dimostrazione, e stato indicata gia precedente-
mente 1, quando portavamo l'indagine sul criterio e sul segno;
ma, perch~ il nostro procedimento non risulti priva di metoda
e perche con maggiore sicurezza possano progredire sia la nostra
'' sospcnsione del giudizio ,, sia il nostro dibattito contra i Dom-
matici, dobbiamo fornire certe indicazioni sul concctto di di-
mostrazione.
]OI Orbene 2 : la dimostrazione, in quanto al genere, e un'argo-
mentazione, giacche, O'VVÎamente, non e
Ul1 oggetto sensibile,
ma un certa movimento e assenso del pensiero, e questi sono
fattori di natura razionale. E un'argomentazione e, per dirla
in modo piu semplice, l'insicme di premesse e di conclusioni.
302 Chiamiamo 11 premesse" non certe proposizioni assunte d'arbi-

trio, ma quelle che il nostro interlocutore arnmette e concede


per il fatto che sono manifeste. E, invece, u conclusione n cio
che viene stabilita sulla base di queste premesse. Cosi, ad
esempio, e un'argomentazione l'intero costrutto seguente: u se
e giorno, c'e luce; ma e davvero giorno: dunque c'e luce li,
Sue premesse risultano essere: u se e giorno, c'e luce ,, e ''ma e
303 davvero giomo )1; sua conclusione e ,, dunque c'e luce n. Tra
le argomentazioni, poi. akune sono "conclusive ", altre no.
Sono condusive quelle in cui, ammessa la consistenza delle pre-

I. In Adv. log. I, 27 scgg.; Il, 142 segg. Analoghi rilil"vi sono in Py'"'·
hyp. Il, IIJ·IIS, 134·r.n. 159-162. Sulle onne del Robin (Pyrrllon ~tie scept.
grec., p. 164), il Dai Pra (Lo sutticismo guco, p. 385) avvcrtc: • Ne Sesto niS
Diogene Laerzio fanno espresso .-ifcrimcnto ad Encsidemo; pertanto, quanto
ci o': dato dcsumc-rc suU'argomento di tali fonti non puo considerarsi come
rifcribilc al pensatore di Cnosso chc in maniera indiretta ed approssimativa •:
2. 1 §§ JOI·J04 sono parallcli a Pyrrh. hyp. 1 (, IJS·IJS. La discussiun.:; SI
svolge intorno al sillogismo ipotetico quale era stato strutturato dalla logtca
stoica.

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ENESIDEMO

mcsse, in virtil dell'arnmissione di queste risulta conseguire an·


che Ia conclusione, come avveniva nell'argomentazione poc'anzi
esposta. Poiche, infatti, quest'ultima risultava composta da una
premessa ipotetica maggiore, cioe da ((se e giorno, c'e luce 11
_ la quale prometteva che, essendo vera la prima delle due
proposizioni in essa contenute, sarebbe stata vera anche la
seconda -, e, inoltre, dalla proposizione (( e giorno Il - la quale J04
faceva da antecedente nella premessa maggiore -, allora io
affcnno che, ammessa la verita della premessa maggiore, talche
all'anteccdente che e in essa tenga dietro la conseguente che
pure e in essa, e ammessa anche la consistenza delia prima
dellc due proposizioni che sono in essa - ossia « e giomo » -,
nece!'lsariamente verra dedotta, in base alla connessione di
quellc, anche la seconda proposizione presente nella premessa
maggiore - cioe « c' e luce)) -, la quale risultava essere, per
l'appunto, la conclusione. Cosi si presentano 3 , in conformita 305
col loro carattere, le argomentazioni conclusive; risultano, in-
vecc, inc(Jnclttsive quelle che non si trovano in questo stato.
Delle argomentazioni conclusive, poi, alcune danno una
conclusione imrnediatamente evidente, come quella che ab-
biamo sopra riportata e che cliceva ({ se e giorno, c' e luce; ma
e davvero giorno: dunque c' e luce Il: difat ti la proposizione
li c'e lucc 11 e manifesta in rnodo uguale a quella «[se] 4 e
giorno 11. E lo stesso dicasi anche per questa: 11 se Dione pas-
seggia, Dione si muove; ma Dione passeggia: dunque Dione
si muove n; difa tti la proposizione « Dione si muove" - la quale
e, pC'r l'appunto. la conclusione - risulta manifesta di per se.
Da, invece, una conclusione non-evidente un'argomentazione 306
come questa: 11 se scorre sudore lungo la superficie del corpo,
esistono pori intellegibili della carne s; ma c' e il primo: dun-
que c' e anche il secondo ": clifatti l'esistenza di pori intelle-
gibili delia carne fa parte delle cose non-evidenti. E ancora:
"cio chc, quando viene separato dal corpo, determina la morte
dC'gli uomini, e anima; ma quando il sangue viene separato
dai corpo, gli uomini muoiono: dunque il sangue e anima)):
difatti non e evidente che l'essenza dell'anima risieda nel sangue.

3· 1 §§ 305-3JO sono paralleli a Pyrrh. hyp. 11, qo-•u·


-l· L'espunzione e dt:l l{ocllalsky.
5· Secondo le teorie di A.sclepiade di Bitinia (dr. Pyrrll. hyp. II, 50).

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6r8 ENESIDEMO

307 A loro voita, tra qucste argomentazioni che danno una


conclusione non-evidente, alcune ci guidano dalla premessa
alia conclusione solo mediante una progressione, altre, invece,
308 mediante una progressione e, insieme, una rivelazione. Ci gui-
dano soltanto mediante una progressione quelie che sembrano
dipcndere da una credenza o da un ricordo, come si ha nel-
l'argomentazione seguente: ''se un dio ti dicesse che costui si
arricchira, costui si arricchira; ma questo dio qui (e gli faccio
vedere, putacaso, Zeus} ti ha detto che costui si arricchira:
dunque costui diventera ricco 11. In questo caso noi accettiamo
la conclusione - ossia che costui si arricchira - non perch6
essa sia stata stabilita dall'cfficacia dell'argomentazione, ma
309 perche abbiamo fede nell'assicurazione del dio. Ci guida, in-
vece, dalie premcsse alla conclusione mediante una progres-
sione e, insieme, mediante una rivelazione. l'argomentazione
proposta, ad esempio, in merito ai pori intellcgibili. Difatti
l'espressione "se scorre sudore lungo la super:ficie del corpo,
ci sono pori inteliegibili delia carne)) e quella « sudore scorre
lungo la supcrficie del corpo 11 ci portano a concludere, in base
alla loro stessa natura, chc csistono pori inteliegibili delia carne,
e fanno cio secondo una progressione che c suppergiii la seguente:
ce e impossibile che un liquido scorra attraverso un corpo corn-
pa tto; ma il sudore scorre ind u bbiamen te attraverso il corp o;
pertanto non c possibile che il corpo sia compatto, ma esso
c poroso )).
310 Stando cosi le cose. la dimostrazione deve cssere anzitutto
un'argomentazione, in secondo luogo deve essere conclusiva,
in terzo luogo deve essere vera, in quarto luogo deve avere una
condusione non-evidente, in quinto luogo anche quest'ultima
3II dcve essere disvelata in base ali'efficacia delle prcmessc. Co~i 8,
un'argomentazione come la segucnte, fatta durante il giorno
((se e notte, c'e buio; ma e davvero nottc: dunque c'e buio 11
risulta c:onclusiva (che, ammessa la consistenza delle sue pre-
messe, anche la conclusione verr:\ dedotta), ma, ovviamente,
non e vera (che ha in se una premessa falsa, cioe (( e notte ))),
312 ragion per cui non e apodittica. Al contraria, un'argomenta-
zione carne la segucnte " se e giorno, c' e luce; ma e giorno:

6. Questo paragrafo c parallelo a Pyrrh. hyp. II. IJ'J·

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ENESlDEliO

dunquc c'e luce », oltre ad essere conclusiva, e anche vera,


dal momento che, date le sue premesse, viene data anche la
conclusione, e mediante premesse vere dimostra anchc qualcosa
r_li vero. l\la, pur essendo tale, ancora una volta essa non e
dimostrazione, per il fatto che la sua conclusione - ossia (( c' e
]uce Jl - e gia irnmediatamente evidente e non affatto non-evi-
dente. Allo stesso modo 7 anche un'argomcntazione carne questa 313
(r se un dio ti dicesse che costui si arricchira, costui si arric-
chira; ma questo dio qui ti ha detto che costui si arricchira:
dunque costui diventera ricco 11 ha. si, una conclusione non
evidente - cioe l'arricchimento di costui -. ma non e apodittica,
pt-rclu~ la conclusione non vi.ene disvelata in base all'effi.cacia
ddle premcsse, ma viene acccttata in base alla fi.ducia nel dio.
Quando, pertanto, siano venuti a concorrere tutti questi 311
fattori - cioe che l'argomcntazione sia conclusiva, sia vera e
sia in grado di stabilire una cosa non evidente -, solo allora
la r.limostrazione viene a sussistere. Ecco perche la descrivono 8
anchc co:;l: e dimostrazione un'argomentazione che, mcdiante
l(

prcmesse convenute, rivela, secondo una deduzione, una con-


clusione non-evidente 11, come, ad esempio, nel caso seguente 9
"~e r'e movimento, c'e vuoto; ma certamente c'e movimento:
dunquc c'e vuoto 11. L'esistenza dcl vuoto e non-evidente, ma
risulta disvdata mediante un proccdimento deduttivo e in base
a premt"sse vere, ossia in base a ((se c'e movimento, c'e vuoto 11
ed ~~ ma c' e movimcnto ».
(1

Queste sono le precisazioni che andavano preliminarmente 315


fatte in merita alia nozione dell'oggetto delia nostra indagine.

Inoltrc 10, la dimostrazione che e nell'atto di dimostrare, 391


e o una dimostrazione immediatamcnte evidente d.i una cosa
immediatamente evidente, o . non-evidente di una cosa non-
evidente, o non-evidente di una cosa immediatamente evidente,
o, infim·, immediatamente evidente di una cosa non-evidente.

i· Questo paragrafe~ para!lclo a Pyrrll. l1_vp. II. I.p.


8. o~:viamcntc gli Stoici {cfr. Stoic. vei. fwg. II, :;:66 A mim).
9· G1a citato come argomentazionc dcmocriteu-epicurea in A dv. log. 1.
n3; II, 277.
. 1o. 1 §§ 391-395 sono parallcli a PyYriJ. !Jyp. Il, Ii7-•79· Anche qui Enc·
sHlcmo-Sesto applicano il metodo platonica ddla dir1irtsis.

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ENESIDE!\10

Ma essa non e nessuna eli queste case, corne stabiliremo: eppero


non c' e dirnostrazione ale una.
392 Orbene: non ci puo essere una dimostrazione che sia imme-
diatamente evidente di casa immediatamente evidente, giacch~
cio che c imrnediatamente evidente non abbisogna di una
dimostrazione. ma e conoscibile di per se.
Quella non-evidente di eia che e non-evidente non patra
essere, a sua voita, una dimostrazione, in quanto che essa me-
desima, essendo non-evidente, avra bisogno di do che la sta-
bilisca, e non risultera in grado di stabilire un'altra cosa.
393 Allo stcsso moda non e dimostrazione quella non-evidente
di cio che e immediatamente evidente. giaccM in tal caso
vengono a convergere ben due difficolta: difatti, cio che si
sta dimostr:mdo, essendo gia immcdiatamente evidente, non
avra bisogno di dimostrazione alcuna, mentre la dimostrazione,
essendo non-evidente, avra bisogno di cio che la stabilisca;
sicche neanche quella non-evidente di eia che eirnmediatamente
evidente puo mai risultare dirnostrazione.
394 Resta da affermare che e dimostrazione quella immediata-
mente evidente di cio che e non-evidente; ma anche cio non
sfugge alle aporie: se, infatti, la dirnostrazione non fa parte
delle case concepite carne circoscritte e assolute, bensi di quelle
relative 11, e se le case relative- carne abbiamo indicata nell'in-
dagine concemente il segno 12 - vengono apprese insieme re-
ciprocarnente, e se le case apprese insieme non sono disvelate
l'una dall'altra, ma sono di per se stesse immediatamente
evidenti, allora la dimostrazione non sara una dimostrazione
irnmediatamente evidente di cio che e non-evidente, giacch6
anche quest'ultimo, essendo appreso insieme con cssa, viene a
presentarsi di per se.
395 Se, allora, una dimostrazione non esiste ne carne dimostra-
zione apparente di apparente ne come non-evidente di non-
evidente ne corne non-evidente di apparente ne come appa-
rente di non-evidente, e se al di fuori di queste possibilita
non se ne da alcun'altra, bisogna affennare che una dimostra-
zione non e propria nuUa.

11. Come e stato precisato in Alfu. fo1g. JI, 273, 287.


12. Ossia in Adu. lug. II. 174 segg.

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ENESIDEMO 62I

1 tropi e le aporie della causa


(SESTO EMPIRICO, Pyrrh. hyp. I, 180-186)
Come noi stiamo offrendo i tropi (delia) 1 sospensione del 18o
giudizio, cosi alcuni Scettici a propongono anche certi tropi
mercc i quali esprirniamo le nostre riserve in merita alle par-
ticolari teorie delia causalitâ ed arrestiamo i Dommatici per
il fatto che essi vanno massimamente orgogliosi di queste
teorie.
Cosi Enesidemo presenta otto tropi in virtu dei quali egli
reputa di confutare ogni teoria dommatica in merita alle cause
e di clisvelarne le defi.cienze.
Il prima di questi tropi egli dice essere quello secondo cui x8x
l'intero genere delle teorie c.oncernenti le cause, poich~ ha a
chc fare con cose non-evidenti, non riceve l'appoggio della
testimonianza proveniente dalie cose apparenti.
Secondo tropo e quello in virtu di cui. mentre sussiste spesso
ampia facolta di far risalire l'oggetto di una nostra ricerca a
tutta una varieta di cause, alcuni ne danno un'aitiologia in
maniera univoca.
Terzo tropo e quello in virtu di cui assegniamo ad accadi- 182
menti ordinati cause che non rivelano ordine alcuno.
Quarto tropo e quello in virtil di cui i Dommatici, avendo
percepito il mado in cui accadono le case apparenti, credono
di aver compreso anche carne accadono quelle non-apparenti,
mentrc e possibile che le case non apparenti si effettuino tanto
in modo simile a quelle apparenti, quanto in modo non simile,
ma tutto peculiare ad esse.
Quinto tropo e quello in virtu di cui tutti danno una sola 183
teoria delle cause secondo le loro personali ipotesi circa gli

I. L'aggiunzione l: de! Bckker. Per i §§ r8o segg. dr. PnoT. Bibl. 212,
1 0
i b 1]-u. Circa il signi.ficato chc il termine • tropo • assume nella presente
s~zr':'n". il Brochard (Les suptiqrus gt·ecs, p. 265) annota acutamente; • Il ne
5 a~rt plus ici d'opposer les uncs aux autres des opinions d'~gale valeur et

contraclictoires, rnais sculcment d'indiquer les manieres de mal raisonner sur


les causcs: le mot t,-ope est employc dans un sens nouvean. La liste d' Aenesi-
demc o:st, a VTai dire, une liste de sophismes •·
:z. Sia Accademici (infatti un accenno al probabilismo e in § 183) sia so-
prattutto Enesidcmo.

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ENESIDEliO

elementi primordiali e non gia secondo certi procedimenti


metodologiei comunemente arnmessi da tutti.
Sesto tropo e quello in virtu di cui i Dommatici accettano
quei fatti che concordano con le loro ipotesi personali, mentre
respingono quelli che si presentano in contrasta con esse e che
pur hanno pari ,, probabilita '' s.
184 Settimo tropo e quello in virtu di cui i dommatici spesso
danno cause che sono in contrasto non solo con le apparenze
fenomeniche, ma anche con le loro stesse ipotesi.
Ottavo tropo e qudlo in virtu di cui, pur essendo simil-
mente incerte tanto le case che sembrano apparire quanto
quelle su cui verte un'indagine, i Dommatici si mettono a
formulare teorie su case che sono similmente incerte fondandosi
su cose che pur sono similmente incerte.
r8s Enesidemo aggiunge anche che- non e da escludersi che
alcuni, nel dare la loro teoria sulle cause, cadono in errore
merce certi tropi misti, che sono una derivazione di quelli
sopraddetti.
?vfa farse anche i cinque tropi delia sospensione del giu-
dizio 4 sarebbero sufficienti contra la teoria delle cause. Infatti
ehi addurra una causa ne addurra o una che sia concordante
con tutti gli Îllllirizzi filosofiei e con gli Sccttici e con le appa-
renze fenomeniche, oppure una che non sia concordante con
tutto do. Ma trovarne una che sia concordante non e, farse,
possibile, giacchc su tuttc le cose che appaiono e su tutte quelle
186 che sono non-evidenti regna discordia. Se, invece, la causa da
lui proposta e discordante. gli si chiedera anche la causa di
questa causa, e, tanto se egli assume una causa apparente di
una causa apparente quanto se assume una causa non-evidente
di una causa non-evide-nte, andra a cascare nel regresso all'in-
finito, oppure, se cerchera una causa reciproca, incappera nel
diallelo. Se, poi, cgli si fenna ad un determinata punto, allora
o dira che la causa trova una sua consistenza in base a quello
che cgli ha gia detto, e quindi mette in campo cio-che-e-relativo

3· Tanto Encsidcmo quanto Scsto, pur Don accctt.aDuo il probabilismo,


ne conscrvano un vivo rispetto e lo utilizzano a tempo dcbito.
4. Allusione ai cosiudetti tropi di Ah'Tippa. illustrati da Sesto in Pyrr'll. hyp.
1, 16-l segg.

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ENESIDDIO

eliminando cio~che-e-per-natura, oppure fani un'assunzione ba-


sata su un'ipotesi e noi lo bloccheremo .
.E possibile, pertanto, anche in "irtu di questi tropi, confu-
tare, farse, l'avventatezza clei Dornmatici nelle loro teorie delle
cause.

(SESTO Eli:!PIRlCO, Ad~!. phys. I, 218-264)


In maniera alquanto semplice, dunque, alcuni vengono a 218

stabilire le premesse dei ragionamenti ora proposti 5 • Enesidemo,


invecc, sempre a proposito di qucste premesse, ha fatto un
pili cccellentc uso delle aporie delia generazione.
Il corpo, invero, non patra essere causa del coqJo, dai mo~ 2r9
menta che un corpo siffatto o e ingencrato, corne l'atomo di
Epicuro, oppure e generata, come avviene di solito 6 , ed e o
manifesta, come feno e fuoco, oppure non manifesta, come
l'atomo. l\1a qualunque di queste case esso sia non ha facolta
di aKire. Esso, infatti, produce un qualcosa o permanendo in 220
se stcsso oppure congiungendosi con un'altra cosa. 1\'Ia, per-
mancndo in se stesso, non potrebbe compiere cosa alcuna oltre
se stesso e la propria natura; congiungendosi, invece, con
un'altra cosa, non potrebbe effettuarne una terza, senza che
questa gia precedentemente non esista nella realta. Infatti
non c possibile chc l'uno diventi due ne che due !aceia tre 7!
Se, infatti, fosse possibile che l'uno diventasse due, anche eia- 221

sctma delle due cose che si sono prodotte, pur esscndo una,
fara due, e cia!':cuna delle quattro, pur essendo una, fara due,
e allo stesso modo ciascuna delle otto, e cosi via all'infinito 8 •
l\Ia e completamente assurdo affermare che da una soia cosa
se ne possono generare infinite: cppero e assurdo affennare
rhe da una sala cosa se ne venga a generare qualcuna in piu.

. 5· Ossia delle aporic delia gencrazione-, fondandolc sul rapporto tra corpo
e mcorporco (dr. Adv. phys. 1, 210 scgg.). 1 peru;atori cui Sesto allnde sono
Accadcmici. Que-stc critiche cncsideme-e sono riassunte in DJOG. LA.E~T. IX,
97-99. Pe-r quanto concerne J'intera sezione, il Saissct e il Naturp considerano
~nesirlo:mei i §§ z18-zs8. lo Zcller i §§ :ztS-227, il Robin, come gia il Fabricius,
1 §§ 21 S-n6.
6. Cosi i C'ldici. Hirzcl, in moda piuttosto strano, propone di eme-ndare
• cerne un uomo • (UtaleJ'sllclntngm zu Cic. pllilos. Scllriflefl, p. I.J6).
7· In base al sacrosanto principio d.i non-contraddizione chc Encsidcmo.
con tutto il suo cosiddetto Erac:litismo, non s.i sente di abbattcre.
8. Enesidemo utilizza qui l'aporia eleatica del mucchio.

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ENESIDUIO

222 Lo stesso vale, anche, nel caso che si reputi che da un


minor numero di cose se ne effettuino di piu merce aggiun-
zione: se, infatti, una soia cosa, aggiunta ad una soia cosa, ne
produce una terza, anche la terza, aggiunta alle due, ne fara
una quarta, e la quarta, aggiunta alle tre, ne effettuera una
quinta, e cosi ancora una voita all'infinito 9 •
223 Pertanto un corpo non e causa di un corpo. E neppure un
incorporeo di un incorporeo, per le medesime cagioni: difatti
ne da un'unica cosa ne da piu di un'unica cosa si potrebbe
produrre un qualcosa di piu. D'altronde l'incorporeo, essendo
224 una natura intangibile, non puo ne agire ne patire. Ne con-
segue che neppure un incorporeo puo essere in grado di pro-
durre un incorporeo.
E allo stesso modo non e possibile neppure il caso inverso,
ossia che un corpo produca un incorporeo oppure un incorporeo
il corpo. Infatti il corpo non possiede in se stesso la natura di
incorporeo, e l'incorporeo, a sua voita, non contiene in se la
225 natura di corpo. Percio nessuna delle due cose puo risultare
dall'altra, ma, come da platano non nasce cavallo, per il fatto
che nel platano non c'e la natura del cavallo, ne da cavallo
viene a formarsi uomo, per il fatto che nel cavallo non c'e la
natura dell'uomo, cosi neppure da corpo potra risultare l'in-
corporeo, per il fatto che nel corpo non c' e la natura dell'in-
:u6 corporeo, ne, per conversa, dall'incorporeo il corpo. Pur tutta-
via, anche se l'una delle duc cose e presente nell'altra, ancora
una volta l'una non nascera dall'altra. Se, infatti, ciascuna
dclle duc e di gia esistente, non viene a nascere dall'altra, ma
gia esiste nella realta, ed essendo gia (nella) 10 realta, non viene
generata, dato che la generazione e processo verso l'esistenza
reale 11 • Adunque, ne un corpo e causa di un incorporeo n6
un incorporeo di un corpo: dai che consegue che non c' e causa
ale una.
227 E ancora: se un qualcosa e ca usa di un qualcosa, allora o
do-che-permane e causa di cio-che-permane o cio-che-e-mosso
di cio-che-e-mosso o cio-che-e-mosso di cio-che-permane o, in-

9· Le aporie dell'addizione sono illustrate da Sesto in Adv. math. 21·34·


to. L'aggiunta c dcl Bekker.
tt. Il problema era stato discusso con ampiezza e profondita in AlUSTOT.
De gen. et corr. 1, 3-4.

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ENESIDEMO 625

fine, cio-chc-pennane di cio-che-e-mosso. Ma ne cio-<:he-pennane


potra risultare causa di pennanenza per cio-che-pennane, ne
cio-che-e-mosso causa di movimento per cio-che-e-mosso, n~
cio-che-permane causa di pennanenza per cio-che-e-mosso, ne
viceversa, carne preciseremo: eppero non esiste causa alcuna.
Orbenc: cio-che-permane non potrebbe essere causa di per- 228
manenza per cio-che-permane, ne cio-che-e-mosso causa eli
movimento per cio-che-e-mosso, a cagione delia loro indistin-
guibilita. Infatti, poiche entrambi uguahnente perrnangono o
entrambi ugualrnente sono mossi, noi non diremo che questo
e causa di pcrmanenza o eli movimento per quello piu di quanto
quello TJOil lo sia per questo. Se, infatti, l'uno dei duc, in quanto
e mosso, risulta essere la causa del movimento per l'altro, allora,
poiclu! anche l'altro e parimenti mosso, si dira che esso e for-
nitorc di movimento al prima. Cosi, ad esempio, se si muove
la ruota del carro, si muove anche l'auriga: difatti per quale
motiva, a causa delia ruota dovrebbe muoversi [anche] 12
l'auriga, piuttosto che, al contraria, la ruota a causa del-
l'auriga? Se, ovviamente, l'uno dei due non si muovesse, non si
muovcra ncppure l'altro. Onde, se e causa «eia per la cui pre-
senza si produce l'effetto "• poiche l'effetto viene prodotto per
la presenza di entrambi, e si ottiene I'effetto quando non sia
assente ne la ruota ne l'auriga, allora bisognera affermare che
l'auriga e causa di movimento per la ruota ''non piu 11 di quanto
lo sia la ruota per l'auriga. E ancora: perrnane la colonna e 229
permane anche l'architrave, ma non si deve affermare che
l'architrave permane a causa delia colonna piu di quanto la
colonna a causa dell'architrave, giacche, se l'una delle due
cose viene tolta, viene a cascare anche l'altra. Sicche, per
questo motiva, noi non potremmo asserire che cio-che-permane
c causa eli permanenza per cio-che-permane e che cio-che-e-
mosso e causa di movimento per cio-che-e-mosso.
Parimcnti ne cio-chc-permane e causa di movimento per 230
cio-che-e-mosso, ne cio-che-e-mosso e causa di permanenza per
cio-che-permane, per la contrarietă. delia loro esscnza. Come,
infatti, il freddo, non avendo la proprieta essenziale I3 del

tz. L'espunzione e del Bekker.


Ij. li tennine A6y<~c;. usato qui da Sesto, ha il complesso significato di
• qualita • e di • ragion sufficiente •. Ovviaruente il briliante autore non crede

oto . ..SraJid anJiehi.

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ENESIDBIO

caldo, non pua mai riscaldare, c carne il caldo, non avendo


la proprieta essenziale dcl frcddo, non patra mai raffreddare,
allo stesso modo neppure il mosso, non possedendo la pro-
prieta essenziale di cio-che-permane, pua esscre in grado di
produrre permanenza.
231 Ma. se ne. cio-che-permane e causa di permanenza per
cio-che-pennane, ne cio-che-e-mosso e causa di movimento per
cio-che-e-mosso, ne cio-che-pennane e causa di movimento per
cio-che-e-mosso, ne cio-che-e-mosso c causa di permanenza per
cio-de-permane, e se al di fuori di queste alternative non ~
possibile concepirne alcun'altra, allora bisogna affennare che non
esiste causa alcuna.
232 Oltre a eia 14, se un qualcosa e causa di un qualcosa, allora
o cio-che-e-simultaneo e causa di cio-che-e-simultaneo o l'an-
teriore del posteriore oppure il posteriore dcll'anteriore. Ma n6
il simultaneo e causa del simultaneo n6 l'anteriore del posteriore
ne il post eriore dcll'anteriore, come preciseremo: eppero non
c' e ca usa alcuna.
233 Orbene: il simultaneo non puo trovarsi ad cssere causa del
simultaneo. perche coesistono entrambi e perche questo puo
essere generatore di quello "non piu '' di quanto quello lo possa
essere di questo, avendo l'uno e l'altro un'esistenza uguale,
234 N c l'anteriore potra produrre cio-che-si-genera-dopo. Se,
infatti, quando esistc la causa, non ancora esiste ciO-di-cui-
questa-e-causa, allora non vengono piu ad csistere ne la prima
in quanto causa, non avendo essa cio-di-cui-e-causa, ne il se-
condo in quanto effetto, non esistendo, insieme con esso, ciO-
di-cui-esso-e-effetto: difatti ciascuna delle due cose fa parte
dei relativi, e i relativi devono necessariamcnte coesistere reci-
procamente, e non devono andarsene t< l'un dinanzi e l'altro
dopo n 15 •
235 Resta, allora, da affennare che il posteriorc e causa del-
l'anteriore. ::\Ia questa e la massima assurdita ed e propria di

affatto a qucste • qualita • che impcrvcrscranno per sccoli nel pensiero scola•
stico, ma le usa pt'r sconfiggere i Dommatici con le loro stcsse armi.
q. 1 §§ 232-:!36 sono parallcli a Py,.,Jr. llyp. III, 26-zS.
I.~· Ho prderito usare la ceh:-bre esprcssione dantesca (lllf., XXIII, 2)
per cvidcnziarc !'ironia di s~sto-Enesidemo.

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EN'ESIDEMO

uomini che intendano capovolgere la rcalta delle cose 16 : difatti


risultcr;i inedtahile asserire che l'effetto e piu antico di cio
.-he Ia produce c che, percio, esso non risulta essere assoluta-
mcnte effctto, poiche non potrebbe essere cio-di-cui-e-effctto.
Come, infatli, e balordo affermare chc il figlio e piu anziano del
padre e che il tempo delia mietitura precede quello della semina,
allo stcs::;o moda e una sciocchezza stimare che cio-che-non-
esiste-ancora sia una [qualche] 17 causa di cio-che-esiste-gia.
~la, se ne il simultaneo c causa del simultaneo ne l'ante- .2]6
riorc dcl posteriore ne il postcriore dell'anteriore, e se oltre
qne~tc alternative non se ne danno altre, allora non ci potra
essere causa alcuna.
lnoltre. se c'e una qualche causa, essa e causa di qualcosa 237
o in senso assoluto e in quanto fa usa assolutamente delia
propria potenza oppure ha bisogno della materia passiva corne
collaboratrice per conseguire questo scopo, sicche l'effetto viene
concepito comc il risultato eli un comune concorso di entrambe
le case. E se la causa e
adatta a produrrc qualcosa in senso 238
aSSCJlUtO C in quanto fa USO deJla propria potenza, e indispen-
sabile chc essa produca il suo effctto conservando costante-
mente il possesso eli se medesima e delia propria potcnza, e non
giâ. che una volta si melta a produrre e un'altra volta se ne stia
inerte. l\'la se, come asseriscono alcuni Dommatici 18, essa non 239
fa parte delle case assolutc e indipendenti ma solo di quelle
relative, per il fatto chc vienc contemplata in relazionc al pa-
ziente e il paziente in rdazione a lei, allora balzera alia luce
qualcosa di peggio 111.
Difatti, se l'una ddle due case viene conccpita comc rela- 240
tiva all'altra, e se di esse l'una e l'agente e l'altra il paziente, la
loro nozione rim:ura, si, una sala, ma esse verranno ad assumere
duc appellativi: quello di agente e qucllo di pazientc; e percio
l~ potenza operantc verrâ a risiedere nell'agcnte 11 non piu ))
dt quanto non risicda in quello che e chiamato paziente. Come,

16
._ · Co"i \'Îcnc frustrato qual:;iasi aurorale spunto e\·oluzionistico per qucl
nspetto chw..... r,n(·1 S,ce tt•ICI· nu t nvano
- versa 1. ;:~X, ..~'ll2-"':':Xa
1 7- L'cspunzione e il<'l ::lfut.sehmann. . '
ne t'· Si tratta._ prohabilmente, di Stoici che, per con(ortarc il loro imma-
n asmo, crano mclotti a relati\·izzarc la causa.
la d~~:.__O_ssia una caotica indisc.,mibilita delia causa dall'cffelto, c, quindi,
lSu.uliOn" de! cosmo.

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6z8 ENESIDEMO

infatti, l'agente non puo far nulla ove prescinda da cio che si
chiama paziente, cosi neppure cio che si chiama paziente puo
patirc ove prescinda dalta presenza di quello.
2.p Ne consegue, quindi, che la potenza operatrice dell'effetto
risiede nell'agente ''non piu '' che nel paziente. Cosi (le nostre
affermazioni, infatti, risulteranno chiare con un esempio), se
il fuoco e causa di combustione, e in grado di produrre com-
bustionc o in modo assoluto e facendo uso esclusivamente delia
propria potenza, oppure ha bisogno della materia combusta
242 come collaboratrice per conseguire questo scopo. E se esso

produce la combustione in modo assoluto e appagandosi della


propria natura, sara indispensabile che esso abbia continua-
mente operata combustione, dai momento che e perennemente
in possesso di (se stesso e) 20 delia propria natura. Esso, pero,
non brucia affatto perennemente, ma certe cose le brucia e
certe altre non le bmcia. Eppero esso non brucia in modo
243 assoluto ne facendo uso della propria natura. Se, invece, esso
brucia con l'aderenza della legna che viene bruciata, in base
a che cosa noi possiamo affermare che propria il fuoco causa e
di combustione e non gia l'adcrenza della legna? Come, infatti,
se esso non c'e, non avviene la combustione, cosi anche, se
manca l'aderenza delia legna, la combustione non avviene.
In tai modo, allora, se esso e causa in quanto per la sua pre-
senza si ha l'effetto e per la sua assenza non si ha, per questi
244 due motivi sara causa anche l'aderenza. Comc, pertanto, nel
caso delia sillaba u di "· risultante dalie lettere '' d '' ed • i »,
cade in assurdita ehi dice che causa del comphnento di questa
sillaba e la lettera '' d » e non la lettera « i ;,, cosi, essendo simile
alia sillaba l'atto del bruciare ed essendo simili alle lettere del·
l'alfabeto il fuoco e la legna, cadra nella massima assurditA
ehi dice che il fuoco e causa della combustione e la legna non
e
lo affatto. Che ne senza il fuoco ne senza la legna la combu-
stione si verifica, come neanche la sillaba ha luogo senza le
245 lcttcrc '' d " ed 11 i "· Ragion per cui, ancora una voita, se la
causa non e produttrice di qualcosa ne in modo assoluto n~
con l'aderenza del paziente, la causa non e in grado di fare
propria nulla.

zo. L'intcg.-azione e proposta. <lat ~lutschmann in base a -!39. 17 Bekker.

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ENESIDEMO

Inoltre, se c'e la causa, essa ha o un unico potere operativa ~46


oppure ne ha di piu: ma essa non ne ban~ uno solo, carne pre-
ciseremo, ne di piu, carne mostreremo: eppero non esiste causa
alcuna.
Essa non ha un unica potere, perche, se ne avesse uno solo, 247
dovrebbe disporre tutte le case alia stessa guisa e non in moda
djfferente. Ad esempio, il sole brucia le regioni del mondo nei
prcssi deli'Etiopia, riscalda le regioni nostrane, si limita, in:fi.ne,
ad ilimninare gli lperborei, e dissecca il fango ma discioglie
la eera :n, e imbianca i vestimenti ma imbrunisce la nostra pelle
e arrossa alcuni frutti, ed e per noi causa del vedere, ma del
non vedere per gli uccelli notturni, come civette e nottole.
Sicch~. se la causa avesse un unica potere, dovrebbe produrre
il medesimo effetto in ogni caso; ma non lo produce identica
in ogni caso: dunque non ha un unica potere.
E neppure ne ha molti, giacche dovrebbe attuarli tutti 248
quanti in tutti i casi, ad esempio ardere tutto o liquefare tutto
o congelare tutto. Ma, se essa non ha n~ uno solo ne molti
poteri, non patra essere causa di casa alcuna.
Si, ma a qucsto punto i Dommatid sono soliti replicare 249
dicendo che gli effetti prodotti dalla rnedesima causa si veri-
ficano naturalmente secondo gli oggetti che patiscono e se-
condo le distanze, come avviene, ad esempio, per il sale. E
verosimile, infatti, che esso, stando vicinissimo agli Etiopi, li
bruci, stando, invece, a moderata distanza da noi, ci riscaldi,
e stando, infine, molto remoto dagli Iperborei, non li riscaldi
affatto, ma si limiti ad illuminarli; e che dissecchi il fango 250
separandone la parte liquida da quelia terrea, e dissolva, invece,
la eera, perche questa non ha la proprieta del fango. Ma quelli 251
che ricorrono a qucsta replica vengono, quasi scnza opposizione,
ad ammettere insieme con noi che tra l'agente e il paziente
non c' e altcrita. Se, infatti, il coagula delia eera non si verifica
a causa del sole bensi mercc la proprieta naturale delia eera,
e evidente che nessuna delie due cose e causa del coagula delia
eera, ma ne e causa il concorso di tutte e duc, ossia del sale e
delia eera. Ma, poich~ e il concorso di entrambe le cose a pro-
durre l'effdto, cioe il coagula, la eera subisce la coagulazione

2.1. Per questo esempio cfr. SEXT. EMP. Adv. log. II, 194.

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E~ESIDEl\10

per mezzo del sole «non piu » di quanto il sole la produca per
mezzo dclla eera. E in questo modo e assurdo non assegnare
a11e due cose l'effetto prodotto dai loro concorso e attribuirlo,
invece, ad una soia di esse.
252 Inoltre, se un qualcosa e causa di un qualcosa, esso o e
separato dalla materia pazicnte oppure coesiste con questa.
Ma esso non puo causare il patire della materia ne qualora sia
separato da questa ne qualora sia ad essa congiunto, come
preciseremo: eppero non esiste alcuna ca usa di alcuna cosa.
253 Separato dalla propria materia, esso, ovviamente, non e
causa, non essendo presente quella materia in rclazione alia
quale esso viene chiamato causa, ne la materia patisce, poich~
insicme con essa non e prescnte l'agcnte.
254 Se, invecc, una cosa si accoppia all'altra, altora quello che
vien detto esscre causa, o agisce solamente senza patire affatto,
oppure agisce-e-insieme-patisce. E se agisce-e-insieme-patisce,
dascuna delle due cose verra ad essere agente-e-insieme-pa-
zit·nte: infatti. in quanto essa agisce, la materia sara quella
che patisce, e in quanto la materia agisce. sara proprio la causa
quella che viene a patire. E cosi l'agente risultera esserc agente
" non piit )) che paziente, e il paziente sara paziente ((non piu 1)
255 che ageute: il che e assurdo. Se, invece, agisce ma non subisce
azione, allora agisce o mediante una semplice toccata - vale a
dire mediante un contatto superficiale - oppure mediante pe-
netrazione. E se sopravviene esternamentc e si accosta alla
materia passiva solo superficialmente, non potra fare nulla:
difatti la supcrficie e incorporca 22, e l'incorporeo non puo, di
256 sua natura, ne agire ne patire. Percio la causa non puo corn-
piere alcuna azione sulla materia, qualora si accosti meramente
alia superficie. 1\Ia essa non e in grado di operare neppure me-
diante pcnetrazione. Essa, infatti, si introdurra o attraverso
corpi solidi oppure attraverso certi « pori ,, intellegibili e im-
percettibili za_ l\la attraverso corpi solidi non potra certamente
spostarsi. giacch6 un corpo non puo passare attraverso un altro
257 corpo. Se, im·ece, passera attraverso certi 11 pori,,, dovra agire

n. Cfr. Pyrrh. llyp. 1 II. 39 e, per le aporic rlclla superficic comc olar-
ghena pri\'a o..li profono..lita •. cir. Ad11. mat/1. III, 77-82.
2]. Come sostcnne Asclepiao..le (cir. Pyrr/1. hyp. II, 98, qo; Adv. log. Il,
]06, JU9)-

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ENESIDE~IO

venendo ad imbattersi prima con le superfici che circoscrivono


i pori. Ma le superfici sono incorporee, e non e confonne a
rngione che l'incorporeo agisca o patisca. Pertanto, neppure
per p~'nctrazionc la causa agisce; dai che consegue che essa
non si trova affatto ad essere causa.
1\la, a proposito dell'agente e del paziente, si possono solle- 258
yare aporic di carattere piu generale in base al contatto. In-
tatii, affmchc un qualcosa possa agire o patire, deve toccare o
esserC' toccato. 1\·la non c'e nulla che possa toccare o essere
toccato, come preciseremo: eppero non esistono ne l'agente
ne il pazicnte.
Se, infatti 2~, un qualcosa e in contatto con un qualcosa 259
e In \'icne a toccare, allora o come intero e in contatto con un
intcro o come parte con una parte o come intero con una parte
o come parte con un intero; ma ne carne parte puo venire in
contatto con una parte, ne carne intero con un intero, ne carne
intcro con una parte, ne viceversa, come mostreremo: eppero
un qualcosa non c in contatto con un qualcosa. E se nulla e
in contatto con nulla, allora non csistono neanche ne il pa-
ziente ne l'agente.
Orbcne: che un intero non sia in contatto con un in tera 26o
e conforme a ragione: se, infatti. un intero e in contat ta con un
intcro, non ci sara contatto, bensi unificazione di entrambi i
corpi, e i duc corpi verranno ad essere uno solo, giacche l'uno
c!t·i dne deve toccare l'altro anche con le parti profondc, per il
fatto che anche quest'ultime risultano essere parti dell'intero.
E neppure e possibile che una parte tocchi una parte. In- 261
fatti la parte viene, si, concepita come parte secomlo il suo stato
di relazione rispctto all'intero, ma. secondo la propria circo-
scritta cntita, e un intero. e, ancora una voita, per questo rno-
tivo, o l'intera parte e in contatto con l'intcra parte o una
parte con una parte. E se un'intera parte e in contatto con
l'intcra, si unificheranno e diventeranno entrambe un unica
corpo; se, invece, una parte e in contatto con una parte, an-
cora una voita quella parte, essendo concepita come intera
sccondo la propria circoscritta entita, o sara in contatto come
intera con la parte-come-intera, oppure con (jualche parte toc-

2~. I §§ 259-2{ll sono paralldi a Pyrrh. hyp. III, 45-46.

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E~ESIDEMO

chera una qualche parte, e cosi via all'infinito 2s. Pertanto nep-
pure una parte e in contatto con una parte.
262 E neanche un intero con una parte. Se, infatti, l'intero
vienc a contatto con la parte, allora anche l'intero, mettendosi
insieme aUa parte, sara parte, e la parte, al contrario, esten-
dendosi all'intero, sara intero: difatti do che e uguale alia parte
ha la proporzione della parte, e cio che e uguale all'intero ha
quella dell'intero. Ma e una perfetta corbelleria vuoi ridurre
l'intero a parte vuoi stimare che la parte sia uguale all'intero u.
Pertanto neppure l'intero e in contatto con la parte.
263 D'altronde, rintcro, se e in contatto con la parte, verni.
ad essere pin piccolo di se stesso o, anche, pin grande di se
stesso. E questa e una corbelleria peggiore deHa precedente.
lnfatti, di certo, l'intero, se occupa lo stesso Iuogo delia parte,
sara uguale alia parte; ma, una voita divenuto uguale a questa,
verrâ. ad essere pin piccolo di se stesso, e, al contrario, Ia parte,
se viene ad estendersi fino a toccare l'intero, si impossessera
dello stesso luogo di quest'ultimo; ma, una voita che si sia im-
posscssata dcllo stesso luogo dell'intero, verră. ad essere mag-
264 giore di se medesima. Lo stesso ragionamento vale anche per
il caso inverso: se, infatti, l'intero non puo venire a contatto
con la parte per i motivi poc'anzi addotti, neppure la parte
potra essere in contatto con l'intero.
Ragion per cui, se ne l'intero e in contatto con l'intero n~
Ia parte con Ia parte ne l'intero con la parte ne viceversa, allora
nulla viene in contatto con nulla. Percio neppure esistera un
qualcosa che sia causa di un qualcosa, ne un qualcosa che
patisca un'azione da parte di un qualcosa 27 •

25. lllolto acutamente Aristotelc (De gen. d corr. I, 2, 316a q segg.) aveva
gia rilevato I'aporia dell'esecuzione della divisionc reale delia grandezza e
avcva spiegato )'origine del paralogismo su cui crano fondate le teorie atomi·
ştichc (cfr. anchc ARISTOT. An. pr. 64b J0-2J).
26. Qucstc due nozioni, gia studiate da Aristotcle in J.Uetaph. V, 25·26,
vengono discusse ed epochizzate da Sl'sto, probabilmente dietro le ind.icazionl
<li Enesidemo, in Adu. pl1ys. I. JJI-358.
27. La problematica del contatto in relazionc al rapporto aitiologico agire-
patirc era stata d.iscussa da Aristotele in De gi!H. 1'1 cc>rr. 1, 6, 322b 2I segg.
cd era stata risolta con l'irrc\'crsibilita de) contatto stesso da parte del pa·
zicntc sull'agenle. Sesto mostra di ignorare qucsta prospettiva.

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ENESIDEMO

Bcnc generico c bene specijico (SEsTo EliPIRICO, Adv. eth. 42-44)

1\elle nostre precedenti considerazioni abbiamo notata che 42


i Dommatici non hanno descritto in modo convincente il con-
cetto del bene e del male 1 ; per acquisire, pero, una maggiore
familiarita con le argomentazioni concementi l'esistenza di
queste duc cose, basta dire che, in fin dei conti, tutti gli uomini
__ come soleva affennare anche Enesidemo -, poiche reputano
come benc cio che li attrae, qualunque mai esso sia, posseggono
necessariamente sul bene giudizi contrastanti, quando scendono
allc detcrminazioni specifichc. E come, putacaso, essi pur tro- 43
vandosi d'accordo sull'esistenza di una certa fonnosita corporea,
sono invece in contrasta sulla donna formosa e bella, poich~
l'Etiope da la preferenza a quella piit camusa e piu nera, e il
Persiano gradisce la piu aquilina e la piu candida, e un altro
-proclama pili bella quella che e intermedia tra tutte per i linea-
mcnti e per il colorito 2 , allo stesso moda i comuni mortali e i 44
filosofi. pur opinando - in base ad una prenozione comune -
l' esistenza di un certa bene e di un cert o male, e pur dicendo
che c benc eia che li attrae e cio che e utile, ed e male cio che
si trova in una condizione contraria alle precedenti, sono tutta-
via in guena tra loro per quanto concerne le determinazioni
specifiche:
Un uom si dilctta di un'opra, un altro, invece, di un'a.ltra. 3

e, secondo Archiloco 4
Chi placa il cor con q uesto, ehi con quello.

. _x. Questi paragrafi sono un ampliamento di Py"h. l•YP- III, I75· Mag-
~on notizie sul pensiero morale di Enl'sidemo sono in PnoT. Bibl. 212, 17ob
2.2-35; DloG. LAERT. IX, 107; ARISTOCL. ap11d E11seb. Pl'atp. t:IJ. XIV, 19, 4·
:z. Probabile allusionc al canonc di Apelle.
3· ~OM. Od. XIV, :z:z8 cit. anc.he in P)'l'rh. hyp. l, S6.
-1· 1-r. 36 Bergk.

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E~ESI DE:\10

Il cosidddto EracWismo di Enesidemo

a) Eraclito, Enesidemo e lo Scetticismo (SESTO EMPIRica,


Pyrrh. l~vp. 210-212)
210 E cosa di per se palesc che la filosofia di Eraclito differisce
dat nostro indirizzo. Eraclito, infatti, fa dichiarazioni di ordine
dommatico in merita a molte cose non-cvidenti 1 ; noi, invece,
no, come abbiamo gia detto 2 • Teniamo, pero, senz'altro, pre-
sente che Enesidemo soleva affermare che l'indirizzo scettico
e una via che porta alla filosofia di Eraclito ••, in base al fatto
(1

che ammettere 1' apparmza dei contrari in un medesimo og-


getto e una via preliminare a\l'ammissione delia reale sussi-
stenza dei contrari in un medesimo oggetto 3 - e gli Scettici
sostengono chc i contrari si manifestano in un medesimo og-
getto, mentre gli Eraclitei partono da quest'afferrnazione per
passarc alia reale sussistenza dei contrari 4 - ; ma a costoro
obiettiamo che l'apparire dei contrari in un medesimo oggetto
non e 11 dogma ,, dcgli Scettici, bensi un dato di fatto che si
presenta sotto i sensi non solo degli Scettici, ma anche degli
altri filosofi e di tutti gli uomini.
211 Nessuno, ovviamcnte, oserebbe asserire che il miele non
raddolcisca quelli che godono buona salute e non amareggi gli
ittcrici; quindi e da una comune percezione umana che pren-
dono l'abbrivo tanto gli Eraclitei quanto noi e quanto, forse,
tutte le altre correnti filosofiche. Pcrcio, se essi avessero de-
sunta l'esistenza-dei-contrari-in-un-medcsimo-oggetto da qual-
cuna dellc formule scettichc - ad esempio da " tutte le case
sono incomprensibili n o da (( nulla definisco " o da un'altra
affinc a questc - farse sarebbero pervenuti a quella ronclusione
che essi dicono. 1la, dat momento che assumono come punto
di partenza eia che si presenta non solo sotto i sensi nostri,
ma anche sotto quclli degli altri filosofi e delta gente ordinaria,

I. Il dommatismo rlcllc dottrine t"raditee e rilevato da Sesto anche in


Adv. lop. 1, 126 scgg. e in Adv. pJrys. li, 2J2·2JJ.
2. In Pyrrh. llyp. I, IJ·T 5·
J. Per Ia contrarictă immauentc ai fl'nomeni dr. Pyrrll. hyp. I. 39, 9I,
IOI St'~g.
4. In virtil de! loro fisicalismo dommatico.

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ENESIDE~lO

non c e alcun motiva per affermare che il nostro indirizzo sia


una via che porta alla filosofia di Eraclito piu di quanto non
portino colf1. ciascuna dclie altre fllosofie o persino il moda di
pcnsare dclla gente ordinaria, soprattutto perche tutti quanti
utilizziamo materiali comuni 5 •
Anzi c'e il rischio che l'indirizzo scettico non solo rifiuti la 2t'2
sua collaborazione aUa conoscenza delia filosofia di Eraclito,
rna le sia addirittura di ostacolo, se teniarno presente che lo
Scettico tratta le affermazioni dommatiche di Eraclito carne
profferite in maniera temeraria e si oppone alia teoria delia
cnnrlagrazione 6 e si oppone, altresi, alia reale sussistenza dei
contrari nel medesimo oggetto 7 e prcnde in giro - a proposito
eli ogni ~<dogma 11 di Eraclito - la sua faciloneria tipicamente
dommatica col ribadire, ad ogni pie sospinto, gli adagi « non
comprendo 11 e " nulia definisco 11, carne prima dicevo: espres-
sioni chc sono in contrasta con gli Eraditei.
:\Ia c assurdo dire che un indirizzo, il quale e in polemica
con un altro, sia una ''via che porta » versa quella corrente
filosofica con cui c in conflitto.
Eppero e assurdo asseverare che l'indirizzo scettico sia una
u via che porta alia filosofia di Eraclito .1 8 •

b) L'intdligenza e gli organi sensoriali (SEsTo EMPIRICa, Adv.


log. I, 349-350)
1\Ia il pensiero non puo affatto osservare insierne tali case 9 , 349
dal momento che alcuni, corne fa Dicearco 10 , affermano che esso
non e nulla se non un certa stato del corpo, altri, invece, hanno
assicuratn che esso esistc, pero non sono d'accordo a riconoscerlo

. 5· Os~ia 'lUelle esperienz~ e qudle ossen·azioni che na.:!cono dalie impres·


~1om ""nsiuili.
. 6. Qucsta duttrina era stata acccttata propriu dai Dommatici piu ostinati,
gh Stoici (cfr. Sloic. vei. frag. II, J97. 585, 596 Arnim).
. 7· In quanto non nega ne il principiu di id.-ntita ne. tanto mena, qudlo
rh nun-contraddizione (cfr. i nQstri rilie\·i in SESTO E)IPIRICO, Cout.-o i logici,
)lp. XL\'11-XL\'III) •
. 8. La dialettica di Sesto e chiaramente elcatica: di qui Ia sua oppusizionc
rer.1sa ad ogni ttntativo di eraclitizzare lo Scelticismo o cii intendere in chiave
sccttica il pensicrQ di Eraclito.
9. Ossia E'ssere consape\·ole delia propria natura. ddla propria sostanza,
de! proprio luof:D e cosi \'Îa (cir. § 3;18).
tn. Fr. Sa Wchrli.

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ENESIDEMO

situata nel medesimo luogo, ma alcuni lo pongono al di fuori


del corpo, come fa Enesidemo seguendo Eraclito, altri nel-
l'intero corpo (carne fanno ccrtuni sulle orme di Dernocrito),
altri, infine, in una parte del corpo, e le opinioni di questi ul-
Jso timi hanno, a loro voita, ulteriori diramazioni 11 • Alcuni poi
- e sono i piit - affennano che il pensicro differisce dai sensi,
altri lo identificano con i sensi, dicendo che esso si sparge dagli
organi sensoriali quasi attraverso i buchi di un flauto: dot-
trina, questa, che fu introdotta dapprima da Stratone il fi-
sico 12 e da Enesidcmo. Percio, dunque, il pensiero non e criterio.

c) Corporeita del tempo (SESTo EMPIRJco, Ativ. phys. II,


215-218)
215 Ma e possibile rnettere in bilico il tempo anche partendo
dalla sostanza, come l'abbiamo messo in bilico partendo dalla
nozione 13• Per far subito un esempio, infatti, tra i filosofi dom-
rnatici alcuni asseriscono che il tempo e corpo, altri che e in-
corporeo; e tra quelli che ne affermano l'incorporeita, alcuni
lo considerano come una cosa che venga concepita di per s6,
altri come attributo 14 di un'altra cosa.
216 Enesidemo, seguendo Eraclito Ui, disse che il tempo e corpo,
giacche esso non differisce dai corpo realmente esistente ed ori-
ginario 16• Ragion per cui egli, quando nella sua Prima intro-
dttzioJte ti sostiene che gli appellativi scmplici - vale a dire le
parti del discorso - sono coordinati a sei cose, afferma che gli
appellativi <<tempo,, e «unita» sono coordinati alla sostanza,
la quale e corporea, rnentre le dimensioni temporali e le somme
numeriche vengono soprattutto prodotte da una moltiplicazione
217 di quelli. Infatti il termine (( istante », che e una indicazione
temporale, e, inoltre, il termine «unita 11 non sono altro se non

u. Come ~ stato dctto in § 313.


u. Fr. 109 \\'ehrli.
13. Ossia spostando la qucstione dai suoi tt:nnini logici a quelli fisicl
(dr. PyYr/1. l1yp. III, 138).
14. Per la duplice accczione di questo termine, os.'ii& come cib-che-appar-
tienc o necessariamente o accidentalmcnte ad un oggetto, cir. ARisToT. ;\felap1J.
V, 30 e SF.XT. EMP. Adv. phys. Il, 2.20.
15. Per questo paragraio cfr .• tra l'altro, SEXT. EMP. Adu. phys. I, 337·
16. Ossia dall'aria, ccmc vi ... ne precisato in Adu. phys. II, 232-233·
17. Quest'opera (o parte di un'opcra) cnesidemea ~ menzionata solo nel
prcscntc passo.

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ENESIDEMO 637

la sostanza, mcntre i termini « giomo » e « mese ,, sono multipli


dell'istante (vale a dire del tempo) e i termini "- due 11 e (( tre >l
e "dieci ~ e « cento ,, sono multipli dell'unita; siccbe costoro
considerano corpo il tempo ts.

d) ldentita del tutto e delle parti (SESTO EMPIRICO, Adv.


plzys. II, 337)
Enesidemo. poi, seguendo Eraclito, afferma cbe la parte e,
rispetto all'intero, sia identica sia altra: difatti la sostanza e
intera ed e parte - e intera nell'universo, e parte nella natura
eli qnesto determinata animale -. Ancbe lo stesso termine
(( p<~rticella n viene usato in due sensi: talora carne differente
dalla parte, quale questa e propriamente concepita - e in
qnesto senso si dice che essa e ((parte di una parte n, carne,
ad esempio, un dito e parte di una mano e un occhio della
testa -, talora, invece, carne non-differente, bensi come facente
parte dell'intero - e in questo senso alcuni dicono comune-
mentc cbe una particella e quella che riesce a completare
l'intero.

e) Dottrina del movimcnto (SESTO EMPIRICO, Adv. phys. II,


37--F)
Aristotele 19 affermava che si danno sei specie di movimento, 37
delle quali una e spostamento locale, un'altra cangiamento,
un'altra generazione, un'altra corruzione, un'altra accresci-
mento e un'altra diminuzione 20• Ma la maggior parte dei 38
filosofi - tra cui e anche Enesidemo - ammettono due tipi di
modmento, facendo una riduzione ai sommi generi 21 : l'uno
e quello che produce cangiamento, l'altro e quello che pro-
1 ':i. Stand o a St>sto, la scepsi !li Enesidemo implicherebbe un recupera
• materialistico • non solo dcll'Eraclitismo. ma anch<.' del Pitagorismo.
19. Il presente passo e un ampliamento di Pyrrh. hyp. III. 64.
20. Cfr. ARISTOT. Cat. Ija 13; Phys. V, I, 225b j·8; 2. 226a. 2-J·b<).
n. La rirluzionc ri•aliva probabilmente gia agli Stoici. cui Enesidemo
si rifact,·a non tauto in senso domma.tico quanto a scopo critico-scettico,
corne avevan<:> gia fatto i Medio e i Neo·accauemici con altre noziuni stoiche
(t:fr. N.-I.TORP, Forsch1mgrn :ur Geocl•. des Erlu:ou•tnissproblems, p. uo: ARNIM,
Qut"//wstutfien "" Philun vo11 Ala:., p. 9l; HUKKHARP, Di~ c~ngd•licht Heraklit-
.N~chfolgc des sk~ptikrrs Aencsidcm, pp. I 37-9).

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ENESIDEMO

39 duce spostamcnto; e di essi e movimenta che produce cangia~


mento quello in virtu di cui il COI])O, pur rimanendo sostan-
zialmentc identica, riccve ora una qualita e ora un'altra, e una
ne lascia e un'altra ne prende, carne avviene, ad esempio, per
il vino che cambia in aceto e per J'uva che passa dal sapore
agro a quello dolcc, e per il camaleonte e per il polipa che can~
40 giano il colore deHa pclle ora in un modo ora in un altro. Ragion
per cui bisogna dire che sono cangiamenti specifici anche la
generazione e la corruzione, e cosi pure l'accrescimento e Ia
diminuzione: casa che essi dicono di inserire nel movimento
chc produce cangiamento, a meno chc non si obietti che l'ac~
crescimento, in un certo qual moda, fa parte del movimento
che produce spostamento, in quanto e un progresso dei corpi
41 in lunghczza e in larghezza. E movimento che produce spo~
stamento quello secondo cui il masso pervicne da un luogo
ad un altro o interamcnte o parzialmente: interamente, come
possiamo osscrvare nel caso di quelli che corrono o camminano;
parzialmente, carne nel casa delia mana che si stende e si chiude
o in quello delle parti delia sfera che gira intorno al centro.
lnfatti, pur rimanendo essa - come intcra - nello stesso luogo,
le sue parti cangiano sito, giacch~ la parte che prima era in basso
va in alto e quella che era in alto va in basso, e quella che era
davanti va a fmire indietra.

fJ La pravcnienza estcrna dell'anima (TERTULLIANO, De anim.


XXV, 2)
Chi 22 professa la verita non tiene in alcun canto quelli che
l'avversano, specialmcnte se questi ultimi sono tanto tracotanti
quanto lo sono piu di ogni altro quelli che presumono che
l'anima non vcnga concepita nell'utera ne sia allestita e pro-

22. Per analo!;hc dottrine dr. SExT. F.)IP. Aur•. log. l, u9. 3f9. 350. Cir~
l'inattendibilita del passo tcrtullianeo per quantl) concerne non solo Enest-
tlemo ma In ~tcsso Eradito dr. AK:-<IM, Qudfe.us/udi"" zu Plti/on von A/ez.,
p. 9.3: PAPPEXI!Enl, JJie IIIIIJrbliclu Hcraklitimws des skepl. Acnes., p. 30;
ScHMEKEL, /Jil' posiliv~ Pili/(lsopllie, p . .315. Chc crroncamcnte Tcrtulliano
attribuisca ad Encsid(.>me> una dottrina che, {alta gill erroneamente risalire
aiia prima Stoa dali'Arnim (Stoic. vei. frag. II. 8o6). sarcbbe sta ta propria.
di Posidonio e sostenuto dai I3urkhard (Die a"gtbliclu: Heraklil-l'i'acllfolge des
slupt. Aen .. pp. 8.')·71. come si c,·inccrf.>bbe anche o..la C1c. De divin. II. LVUl,
119 (per cui cfr, RRIXIIARDT, Kosmos tmd Sympathi(, pp. JlJ segg.).

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ENESIDEMO

dotta insieme con la forrnazione delia carne, ma venga irn-


pressa dall'estcrno, non cssendo ancora vivo il barnbino quando
il parto c stato gia cffettuato. Essi reputano, dcl resta, che,
in seguito all'unione sessuale, il scrne, depositato nclle parti
fcmminili c resa vegeto dal natural rnovirnento, si vada svi-
luppando esclusivamente in sostanza di carne e che quest'ul-
tima. una voita che, ancora furnante e dilatata per il calare,
~ia stata erncssa dalla fornace dell'utero, allora, carne ferro
<UTO\'entato che venga istantaneamente irnrnerso ncll'acqua,
co~i. pcrcossa dai rigore dell'aria 23 , colga avidarnente la po-
tenza animale e reagisca con l'effondcrc il suono delia voce.
Cosi la pcnsano gli Stoici insieme con Enesiderno e talvolta
pr~rsino Platone, quando affenna che l'anirna - quasi straniera
in allra sede e bandita dall'utero - viene irnmessa nel corpo
con la prima inspirazione del neonato nella stessa guisa in cui
f'ssa viene emcssa con l'estrerno respira.

. 2 3· S~condo Tcrtulliano {De anim. IX. 5), Enesirlcmo, al pari di Anas-


~'mene e, semndo alcun.i, anche di Eraclito, ancbbe rcputato chc !'aria e la
sostanza uell'anima.

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AGRIPPA

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.\grippa - Ia cui identita i: avvolta nel piu fitto mistero 1 - diede
alia trop•llogia sccttica una svolta di immensa portata filosofica
e quasi un '' possesso per sempre 11 ad ogni Scetticismo possibile.
1 suoi cinque '' modi della sospensione dell'assenso 11 - la discor-
danza neUe affermazioni dei filosofi e nella vita ordinaria, il regressus
nd i11jinitum, la relativita, l'ipotesi e il diallclo -, considerati ciascuno
isolatamente, non costituivano affatto una novita: secondo i filosofi
dommatici, e in particolarc secondo Aristotele 2, essi segnalavano il

r. Agrippa, comc Scsto. cbbe un nome romano, ma nuUa sappiamo dei


suni rapporti con gli ormai raffinatissimi dominatorî del mondo. Lo Haas
(De pllilos. sr.ept. Sltcc., p. 85) ha sostenuto che egli visse tra Ja seconda me-ta
uel 1 sec . .-1. C. c la prima meta. del secondo. Diogene Laerzio (IX, 88-89), che
cspone i c:inqnc tropi nello stesso ordine che truviamo in Sesto, gli a.o;HC!,'lla
anc.h•? dei scguaci. ma non ne inserisce il nome neUa successione scettica alquanto
oscura e tautn discussa di IX, 116. 11 fatto che vengano ntenzionati, come
allievi enesitlemci, Zcusippo, concittadino di Enesidemo, e poi Zeusi, autore
di t.laaol /,oyol di rcminiscenza vetero-so6.stica e farse medico empirica, e
infine Antioco di Laodicea, contemporaneo di qudl'Apollunide eli Nicea che,
ai tcmpi di Tib~rio, cnmmcnto i Silli di Timone (cfr. GoEDECKEMEYER, Die
Gesch. des gt·ioch. Skcpl., pp. 236 segg.), wentre nella lista manca il nome di
Agrippa, ha indotto a pcnsare che quest'ultimo non abbia avutu molta voce
nd capitolo cncsidemeo e non sia stalo mai caposcuoJa (cfr_ HIRZEL, Unter-
~uclrungen :It Cic. phifas. Scilri_{lm, 111, p. 131; BROCIIARD, Li!s sceptiqucs grecs,
pp. 300·1). Sebbcnc Agr:ippa non abbia avuto bnone occasioni per diventare
celc•bre (I'Accademia, pur con qnalche ultimo crepuscolo scettico suscitato
da :llnaşea e da Filomdo, si avviava ad altri lidi, la scuola di Enesidemo si
anda\"a fondendo cun l'indirizzo medico-empirico e quest'ullimo non poteva
avcrt-, almcnu ufficialmcntc. malta simpatia per uno scettico • speculativa •),
t_u.ttavia non tlovctte mancuc almisterioso macstro un qualche seguito: diCatti
J?IOgcne Laerzio (IX, Io6) ci informa che Apelle gli intitolo nn'opera in cui
SI Sr:Jstcneva la validita dci soli Ienomeni. Dopo Enesidcmo e fi.no a Sesto Em·
Pm~o possiamo ripeterc col Brochard (T.,·s saptiqrws grer;s, p. :.!99) • la nuit
cst c~mp!E-~e • e cio, mentre frustra ogni nostro tentativa storicistico, accresce
su dt no1 ti fascioo di Agrippa.
·z. Il rischio del primo tropo (la 8!:1?"'"t1X) e lungamente contcmplato,
anche se mai es.plicitamente definita, in molti lnoghi deî Topici (Il, 4. 1 nb
2
4-_31). O\"e si fa l'escmpio dd contrasta tra nutrirsi ed accresccrsi c tra sapere
c ncorJare; 11, 10, 114h 25-36, ove si discute clei contrasto tra. sapere e pen-
sa~e; IV, ~. Ulb :t-j-I22b 7. ovc si discute del contrasta tra generi supcriori
" mferiori c tra specie ed oggctti particolari; VI, 6. q5b zo-33· O''C si discute
de! contrast o tra ciO-che-~-ora-immortale c cio-che-e-incorruttibile; VII, 1,
1
52b 25-:19, ove - sl!mpre in linca cscmpliftcatoria - si prospetta la discor-

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AGRIPPA

pericolo da cui ogni pcnsatore deve guardarsi nel formulare le pro-


prie dottrine e nt-ll'addurre le proprie argomentazioni in qualsi-
yoglia settore d'indagine. Agrippa non solo li trasformo in un patri-
monio inalienabile dello Scetticismo e li determino singolannente
nella loro pii.I nuda essenza, ma - cosa molto pin importante - con-
feri loro anche qucllo sviluppo « circolare » e quella funzionalită. or-
ganica con cui solo i pin autentici filosofi sanno far camminare il
loro pensiero.
La scepsi radicale di Enesidemo poteva volgersi - e forse si
voise 3 - verso due direzioni: l'empirismo ela pin rigorosa razionalită.,
La prima d.irezione ebbe piil nwnerosi adepti, perche trovo facili-
tazioni sia nella cultura comune deU'eta imperiale • sia in quella

danza tra due >loggetti e i loro predicati (circa. la funzione di queste esempU-
ficazioni cfr. 1. DtiRISG, Arislollr>'s l1sr1 nf E.Tamples in tl1s Topics, • Proceedings
of the third Symp. Aristot. •. Oxford, 1965, pp. 202-29). Sul pericolo de! secondo
tropo (il regressus ad infiuilr<m) e fondata granui!;!>ima parte di tntto l'aristo-
telismo. mentre in sede strettamcnte loboica si foncla su di esso la necessitâ
che ogni dimostrazione trovi un punto eli arrcsto (A11. pr. 1, 19-21) e che abhla
un suo principio (ivi, 22). 11 terzo tropo (il 1:0 r.p6~ n) e particolannento con-
templato in Cat. 7, in tutte le suc implicazioni con la prova circo\are o deDa
determinazione reciproca. Il quarto tropo {la 6rt6·1h:a~.~;) trova un c.enno in
,1/etapll. V. r, IOIJa 16, bzo come • premessa delia dimostrazione •; nd bisogna
illentificare la c.onceziune aristotelica dell'assioma con quclla dell'ipotcsi, come
ba fatto persino - e ne aveva le sue ragionil - lo Hegel. ll Boniu (lttdn
aristotrlicus, Graz, 1955°, p. 796-7) avverte che in se:de logica le ipotesi • eae
sunt propositiones, sive dcmoustratae sivc non demonstratae [e gli assiomi
non sono mai dimastrati ne dimostrabili] quibus positis aliquid demonstratur 1
e che nci sillugismi • nominis 6;c6D~aL<; vim Aristoteles in angustiorem ambitum
reslringit •· Il Bonitz da, quindi, la segucnte dcfinizione: • hypothetica dicitur
demon~tratio quac nou n~cta pergit a propositionibus ad ici quod colli(ti debet,
sed quae ut efficiat quorl ,·uit, alia quaeuam praeter ipsas propositioncs, ut
sibi concC'dantur postulat •. Aristotclc, insomma - sia per un modo di inda-
gine quasi pre-newtoniano che lo induceva a pen.'N!re • hypotbeses non ftngo 1
sia per qucl suo profonllo scnso delle aporie che mai gli venne meno - solo in
parte anticipava la sillogistica ipotetica delia Stoa (cfr. J. LUKASIEWlCZ,
A ristoll~'s Syllogistic fram lhe S/atrdpoint af modern Frormal L<'gic, in particolare
pp. ]. 10, 94. gl:l, ISfi), mE'ntre. d'altro canto, ne anticipava la critica scettica.
Il quinto trupo (qutl]o de] I)L' a)J..+,lc...v 8Etxvuoi}:xt o de! x\lltAC:J) viene defi.-
nito {An. pr. II, 5, 57b 18-20) c<rmc consistente • ncllo sviluppare - mediante
la couclusione ed una t.lelle duc premessc, assunta uel rapporto di predicazione
invers<~. - la det.luzionc dt'll'altra premessa, chc era stata a....sunta ne! sillogismo
primitiva • (ARISTOTELE. Orgau.•H. trad. Colii, Torino, 1955, p. 221). Una
implicv.ieone di progressione all'infinito, di ipotesi e di circolarita si riscontra
in An. pr. I, J, o ve l'apodittica aristotelica trova per se e per noi la sua croce
e la sua U.elizia. Non credo che Scsto abbia mai studiata -o Iorse anchc cono-
sduto - questi ]uoghi; li conosce,·a Agrippa? O forse, comc e piu probabile,
egli, al pari di Sesto, si limitava a conosccrnc la mediaziune alqnanto .d~
viante - anchc se geniale ela! punto di vista formalistico - fattane dagli StoJC11
J· A questa dup\îcîta acccnna alquanto oscuramente lo Hirzel (Untllf'-
srtch""Cell :u Cic. piri/. Schr·ijlw, III, p. 131).
4· Lo Heg<>l (Ler. sr~l/a SI. delia Fi/. Il, pp. 548-g), che non sempre faceva
camminare l'uomo con i pi~di all'aria, parlando delia • semplicita • c del • puro

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AGRIPP:\

Medicina Empirica che gia aveva - come vedrerno ne11'ultima se-


zione di questo volume - tutta una sua storia in parte autonoma e
parallcla, ii~ parte in.trecciata_ co? que~a dello Scetticism~; la s~:
conda direzwne trovo ne] sohtano Agnppa la sua espresstone pm
lapidaria e patente: Sesto Empirico, chc non si perito neppure di
fart' il nome del misterioso filosofa, si professo - ed e stato general-
mcntc ritenuto - seguace delia prima direzione, ma la sua logica
vigorusa si attiene di solito, con geniale libcrtâ, all'indirizzo tracciato
da .\grippa e ne utilizza - da par suo -l'apporto tropologico 5•
1 tropi di Agrippa dovettero avere u sapor di forte agrume »non
solo per i Dommatici, che se ne sentivano duramente colpiti e hloc-
cati, ma anche per quegli Sccttici che si attenevano alia metodologia
del ot::.tp1X"":"IJP"IJ'n:.<wc; crxtnna~IXL, ossia dell'indagine meramente em-
pirico-ossen·ativa, e che respingevano - con un apriorismo poco
~cettico - la metodologia del 1-oyLxw~ cr.<~Tt"':"a:a.{}IXt, vale a dire del-
l'indagine speculativa e tendente all'Wiivcrsale 11 • Di qui, forse, la
caduta del sipario su Agrippa, lo sforzo di Sesto nel dimostrare che
i tropi dcgli Scettici " reccnziori » non erano affatto in contrasta con
quelli pili fenomenistici ed empirici di Enesidemo 7, di qui - dopo

scompiglio • dello Scctticismo, osservava che la .fioritura di quest'ultimo si


ha soprattutto nel mondo romana, giacche • ncll'estrinseca morta astrazione
ud principio romann (cosi repubblicano come dispotico-imperiale) lo spirito
doveva ritrarsi da. un'rsistenza chc non potcva oflrirgli appagamento, c rifu-
":iarsi ncll'intcllettualita •· Con tutta la sua t::randezza, chc nessuno carne Hegel
ha messo in rilievo. • lo Scetticismo e anch'esso una dellc manilesta .. ioni delia
·l~cadenza ddla filosofia e del mondo •· Ci piacc immaginarc Agrippa in questa
solitudiuc. al pari, in fondo, dell'imperiale stoico ~larcu Aurelio. Il suo discorso
tilosonco. per usare un'c~pressionc dcllo Hegel (ivi, p. 5-H) inocula,·a • all'in-
linito la rogna per poterln gmttarc •·
5· Baotcra passare in rassegna. nel prczioso indice di l(arel Janafek
(Lip:;ia(.>, 196~). le voci 8t~~twvil1. Bdt;~wv~ e 3tl1<j)W\Iw (pp. 7o-1). &7tttp'l<;
(p. '3~), :-:p6r; -:~ (pp. 194·5), u;:o&tat' (p. 239) c 8t:ii./.7jA~ (p. 66) per rendcrsi
c~mto delia frequ(.>nza delia tropologia speculativa di Enesidcmo nt-ll'empirico
S~:stu.
6. Parafraso l'cspressione di Claur\io Tolomeo (Tdrab. I. 214), cbe ad
cntrambi qut:sti metotl..i di ricerca prderiva. nonostante ogni incrostazionc
ast~ologi~a.- il 9'J~tv..w; ~v..e::ncrlb:t, applicando in chiave piu marcatamente
anil-empmca la. distinzione aristotl'lica (De gen. el c.wr. T. 2, 316a 11) • tra quelli
che eseguono l"indagine su basi fisiche c qu(.>lli che l'eseguono su basi astratta·
mente logiche '·
7· Cfr. Py."~IJ. llyp. 1, I ] i , ove si paria di un r.:otY.IAW~Ej:iOV ~).tyzELV come
fme t:.lcl contnbuto arrccato da Ew,sidemo. Jn rl'alta non si tratta\"a. affatto
(!~ introuurrc maggiore variet1l. in una. tropologia che era gia abbastanza rapso·
d•ca, e_ Ia stcsso Empirica ne d1l. una confenna ne! riprodurre o ne! far lui l"ar-
tlc:'lazton~ dt:i cinque tropi in Pyrrh. llyp. l, 170 .o;egg. Il Dai Pra, chc (Lo sul·
llc•smo grcco. p. 420) nou csclude l'attribuzionc allo stc;;so Agrippa delia sud-
rletta articolazionc, rile\'a giustamcnte l"intcnto sintetica e dcdutLivo di questa
tropologia (it•i, p. 424), paria di E'Ssa come <li un aLbozzo sistematica • delle
co~dlzioni formali del dommatismo, in termini non e:mpirici. ma sistematici •
(rv•. p. ·F5l. la con,;idera come lo sforzo • farse il piu rile,·antc ed effi~ace •

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AGRlPPA

circa due millenni - il plauso di Hegel che non solo considera quei
tropi come il vertice delia scepsi antica, ma li uso come una valida
arma contra i filosofi modemi e in particolare contro 1' infinita a cat.
tiva » <li Kant e di Fichte, contro il sapcre immediato di Schelling
e crmtro gli Scettici del suo tempo - soprattutto contro lo Schulze •-
che, aparer suo, non avevano !'ala filosofica di quelli antichi.
La vita che circola all'intemo dei tropi di Agrippa e che Sesto
- farse ispirandosi all'innominato pr~decessore - sa mettere acuta.
mcnte in rilievo nel mostrare che ognuno di quei tropi pua essere
virtualmente il principio e la fine di ogni argomentazione scettica,
e il dono piu prezioso venuto a noi, quasi magicamente, da un indi·
rizzo filosolico che, orrnai ricco di espcricnze e di lotte secolari, si
avviava al suo compimento e stava per trovare la sua summa sceptica
nell'upera di Sesto Empirica.

I cinque tropi '' speculativi,, {SESTO Ei\IPIRICO, Pyrrh. hyp. I,


16-t-179)

164 Gli Sccttici piit recenti 1 ci trasmettono carne tropi delia


sospensionc del giudizio i cinque scguenti: primo, quello che
si basa sulla discordanza: secondo, quello che rimanda all'in-
finito: terzo. quello che si basa sulla rclazione; quarto, quello
ipotetico; quinto il diallelo.
165 (l tropo) Il tropo che si basa sulla discordanza e quello
secondo cui, a proposito di un oggetto che ci proponiamo di

compiuto dallo Scetticismo weco per articolare • in tennini unh·crsali c formali•


la propria sfHlucia (ivi. p. 426) e '""de ormai nell'epoche rli Enesidemo e di
Agrippa u il criterio eli fondazione esplicita dcllo Scetticismo • (ivi, p. 428).
Qucl'ta ricca. messe <..li rilicvi fatti dai no!itro maggiore studioso dello scetti-
cismo antica elimina il vo::cchio errore uel Rittcr, che nella sua Stflria ddla
filosofia a11tira (Tomo IV, p. 230 delia trad. lranccse de! Tissot) aveva par-
lato di mancanza d'ordine e di metoda nell'esposizic.ue dei tropi agrippei,
da uua dimostrazione de! perche ci sia tra questi tropi quella • sorte d'enchal-
nement logiquc" di cui a\·eva parlato il Brnchard (l.es sceptiq11es grecs, p. JOI),
ci fa capire anche quel rapporto tra. i einqu" tropi eli Agrippa c gli otto aitio-
lu~iri <li Enesidemo cui a,·eva acc~nnato lo Hirzel ( l'Jtfers11ch. w Cic. phi1.
5~1Pr(flm, III, p. 13ro) e da - una buona \'alta - ngionc, pur S<'nza Carne
il nomC', allo Hegel.
8. Allo Schulze. che conLamina,·a con l(ant ]'autentica Enesidemo, in•
tende\'a alluJ.:re il fi],.,sofo di Stc.ccarda quan<..lo seri ve,· a: • Oggi si prefcrisce
ass"rire ~ si paria di fatli di cuscienza • (Lez. $111/a SI. ddla Fii .. Il, p. 535).
1. O~sia (jllelli posteriori ad Encsidcmo: in particolarc Agrippa (cfr. DIOG.
Lu:~n. 1 X. SS·S9).

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AGRIPPA

spicgarc, noi vcniamo a scoprire chc si e sviluppata una con-


twwrsia priva di soluzione tanto nella vita ordinaria quanto
tra i filosofi. e a cagione di questa controversia noi, non es-
scndo in grado di sceglicre o di rigettare alcun punto di vîsta,
apprndiamo alia sospensione del giudizio.
(Il tropo) Il tropo che Si fonda sul regreSSO aJ}'infinitO e 166
quello nd quale noi diciamo che cio che viene addotto come
pnwa di un oggetto che ci siamo proposti di spiegare, ha bisogno
c;;so stesso di un'altra prova, e questa ancora di un'altra, e cosi
all'infinito, sicche, non avendo noi da dove dare inizio alia
nostra argomentazione, ne consegue la sospensione del giudizio.
( 1II tropo} Il tropo che si basa sulla relazione, come ab- 167
biamo detto precedentemente z, e quello in cui l'oggctto appare
tale o talaltro in relazione al giudicante e alle altre cose che in-
sieme con l'oggctto vengono contemplate, ma noi ci asteniamo
dai giudicarc quale esso sia in relazione alta sua naturale essenza.
(IV tropo) Il tropo che deriva da un'ipotesi si ha quando 168
i Dommatici, costretti al regresso all'infinito, prendono come
punto di partenza un qualcosa che essi non stabiliscono mere~
nn'argomentaz.ione, ma che reputano di dover assumere per
concessione, in maniera semplice e senza dimostrazione.
(V tropo} Il tropo del diallelo viene a risultare quando la 169
cosa che dovrcbbe essere capace di confermare l'oggetto di un
indaginc, ha essa stessa bisogno dclla prova derivante dall'og-
getto dell'indagine: in questo caso noi, non potendo assumere
nessuna dclle due cose per stabilire l'altra, sospendiamo il
gindizio su cntrambe.
La possibilita di riportare ogni oggetto di indagine a questi
tropi sara da noi, in breve, illustrata ne] modo seguente.
L'oggetto che ci proponiamo di indagare e o sensibile o 170
intellegibile, ma, qualunquc delle due cose esso sia, soggiace
a controversia: difatti alcuni 3 affermano che sono vere solo
le cose ~ensibili, altri .a solo le intellegibili, altri :; in parte le
sensibili e in parte le intellegibili. Diranno allora che questo
disaccnrdo pua o, piuttosto, non pua a\•er soluzione? Se di-

~. In Pynlo_ llyp. 1, 135 segg.


3· .\d es. Protagora e-<.1 Epicuro.
+· Ati es. Dcmocrito e Platone.
5· :\d es. Peripatetici c Stoici.

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AGRIPPA

ranno che non puo averla, noi affenniamo che bisagna sospen.
dere il giudizia, giacche, a proposito di cose che pennangono
in disaccorda priva di saluzione, non e, ovviamente, passibile
fare asserziani. Se, invece, diranno che il disaccordo si pu~
171 risolvere, vogliamo sapere da dave la soluzione giungera. Ad
esempio, l'oggetto sensibile (su questo, infatti, fanderemo in
prima luogo la nostra argomentazione) verra giudicata da parte
di un sensibile o di un intellegibile? Se da parte di un sensibile,
poiche stiamo indagando propria sui sensibili, anche quello
avra bisogno di un altra oggetto che la canvalidi. E se anche
quest'altro sara sensibile, avra bisogno, a sua voita, di un altro
172 oggetto che la convalidi, e eia continuera all'infinito. Se, in·
vece, il sensibile avra bisogno eli essere giudicato da un inteJle.
gibile, allora, poiche c'e disaccorda anche a proposito degli
intellegibili, anch'esso, esscndo intellegibile, avra bisogno eli
giudizio e di prova. E da dove andra. a desumcre questa prova?
Se da un intellegibile, andra a cascare ugualmente nell'infinito;
se da un sensibile, altora, poiche per provare un sensibile e
stata assunto un intellegibile e per provare un intellegibile e
stato assunto un sensibile, entrera in campo il tropa del diallelo.
173 Se, poi, ehi sta disputando con noi, per evitare questi ri·
sultati, reputera di assurnere per mera concessione e senza di-
mostraziane una qualche cosa allo scopo di dimostrare certe
sue successive assunzioni, entrera in ballo il tropo dell'ipatesi,
che non ammette via di scarnpo 6 • Se, infatti, ehi formula
un'ipotesi merita credita, noi, ogni qualvolta formuleremo
J'ipotesi opposta, non sarerno rncno mcritevoli di credita. E
se ehi formula un'ipotesi ipotizza un qualcosa di vero, lo rende
saspetto per il solo fatto che lo assume in via ipotetica e non
gia in virtu di un'argomentaziane; se, invece, ipotizza qualcosa
di falsa, il sostegno delle sue argomentazioni risultera di pasta
174 frolla. E se l'ipotizzare da un certo contributo alia prova, si
ipotizzi, in tal caso, la stesso oggetto dell'indagine e non giâ
qualche altra cosa che sia un sernplice mezzo per dar conferma
all'oggetto delia nostra discussiane; se, invece, e assurdo ipo-

6. In moda piu ampio e dettagliato il concetto di ipotesi e discusso e smaD•


tellato da Sesto con intento anti-matl'matico in Adt•. matll. 111, 6-Ii ed a scopo
anti-logico in Adr•. log. Il, 372-378.

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AGRIPP.\

tizzare l'oggetto su cui stiamo indagando, sara assurdo assu-


mere per ipotesi anche quello che lo trascende.
Inoltre, che tutte le cose sensibili siano relative, e evidente: 175
csse, infatti, sono in relazione con ehi prova una sensazionc.
Risulta, pertanto, manifesta che, qualunque oggetto sensibile
ci vcnga proposto, e agevole riportarlo ai cinque tropi.
Hagionamenti simili ai precedenti faremo anche a proposito
degli intellegibili. Se, infatti, si dira che essi sono oggetto di
un disaccordo insolubile, sara bella e assicurata la necessita
1Ii sospcndere il giudizio. Se, invcce, il disaccordo ammettera 176
una soluzione, allora, nel caso che esso sia risolto per mezzo
di nn intellegibilc, sconfineremo all'infinito; nel caso, invece,
che csso sia risolto da un sensibile, cascheremo nel diallelo:
infatti il sensibile, essendo a sua voita controversa e non po-
tcndll essere di per se giudicato a causa dcl regresso all'infi-
nito, avra bisogno dell'intellegibile, come anche quest'ultimo
avra bisogno dcl sensibile. Per questi motivi, ehi fa un'asser- 177
zione per ipotcsi, ancora una voita, cade in assurdita.
Inoltre, gli intellegibili sono relativi: infatti hanno il nome
eli intellegibili in relazione all'intelletto 7 , e se avessero le pro-
prieta naturali che in merita a loro si va dicendo, non vi sa·
rebbe disaccordo su di essi. Cosi anche l'intellegibile viene ri-
portato ai cinque tropi; ragion per cui siarno costretti, in ogni
caso, a sospendere il giud.izio sull'oggetto che ci proponiamo
di indagarc.
Suppergiu questi sono i cinque tropi trasrnessi dai pensatori
sccttici piu recenti; e costoro li espongono non con l'intento
di estromcttcre i dieci tropi a antichi 11 e, ma per fare una piu
variegata confutazione deHa frettolosita dei Dommatici uti-
lizzando tanto gli uni quanto gli altri.
Ci trasmcttono 9 anche altri duc tropi della sospensione 178
dd giudizio.
Poiche, invcro, tutto quello che vicne appreso sembra

!· L'ar~omentazionc era stata ampiamcnte u!!ata gia da :\ristotele (.l/âapl•.


I. XIII. XIV passim) per demolire l'idealismo platonica.
8. Ossia qudli attribuiti ad Enesidcmo cd csposti da Sesto in Pyt·rll. hyp.
1. 36 scgg.
_9· Da sottintcnderc. come soggetto, • gli Scettici piu recenti •: lo stesso
..\.~ppa (SAISSET, Le sceptitisme, p. 225) o, mcglio. alcuni suoi se-guaci (DAL
PR.\, Lo sutlicismo grcco. pp. 427-S) o ~lenodoto (Hittcr e Zeller).

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AGRIPPA

essere appreso o di per se o in base ad un'altra cosa, essi (fa-


cendo presente che un qualcosa) 10 non viene appreso (n~ di
per se ne in base ad un'altra cosa), reputano di introdurre il
dubbio sn tutto. E che nulla venga appreso di per se - essi di-
cono - risulta evidente dai disaccordo che e scoppiato, a parer
mio, prcsso i fisici circa tutte le cose sensibili e quelle intelle-
gibili: disaccordo che e privo di soluzione, non potendo noi ser-
vîrei ne di un « criterio )) sensibile ne di uno intellegibile u,
per il fatto che, qualunque criterio noi eventualmente assu-
miamo, essendo esso oggetto di disaccordo, risulterebbe scre-
I79 ditato. D'altra parte, essi non concedono che si apprenda qual-
cosa ncppure in base ad altro, per il motiva seguente. Se, invero,
dâ-in-base-a-cui-si-apprende-qualcosa avra sempre bisogno di
essere appreso in base a qualche altra cosa ancora, si casca
o nel tropo del diallelo o in quello del regresso all'infinito. Se,
infatti, uno vorra assumere che un qualcosa-in-base-a-cui-l'altra-
cosa-viene-appresa venga esso stesso appreso di per se, verni
bloccato per i motivi anzidetti dal fatto che nulla viene appreso
di per se. Ma noi siamo dubbiosi circa il modo in cui un og-
getto controversa possa esserc appreso (o) 12 di per se o in
e
base ad altro, e il nostro dubbio dovuto al fatto che non e
manifesta il "criterio delta verita 11 o dell'apprendimento t:J e
al fatto che i « s~gni 11 - anche a non voler tirare in ballo la
11 dimostrazione n - vengono confutati in modo travolgente,
carne verremo ad acclarare nei trattati che seguono 14•
Basta, pertanto, aver detto tutto questo- ahneno per ora lii-
anche a proposito dei n tropi 11 delia sospensione del giudizio.

[('0, L'integrazione proposta dai llutschmann e suggerita dalla traduzione

latina e da col. ::!o. 15. Dekker.


11. Come giă. a\'e\'a rile\'ato Enesidemo (dr. SEXT. E~JP. Adu. log. II,
4°-54}·
12. L'aggiunta e dcl Mnt•chmann in base alia traduzione latina.
IJ. Sulle aporie dcll"apprenilimento Scsto insiste in Pyrrh. hyp. III,
:!52 segg: .. in Ad!•. matll. 1. 9 scgg. c in A dv. ~th. 224 ·segg.
q. In Pyrrll. hyp. II. 96 segg. e in Atit•. log. Il, 1.1 r scgg. .
'5· Qucsta prcci~azionc ci induce a crcdcre ad un proposito sestiano ~
tl::l.re ulteriori sviluppi alia tropologia. lla, mcntre nelle opere ulteriori gli altn
temi Yengono ampiamente sviluppati nei contenuti e m·lla funna. la tropo-
logia, pur riccamente applicata, non viene piu trattata ex pmfesso.

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FAVORINO

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Nd sua aspetta pin rigarasamente speculativa lo Scetticismo non
poteva aver facile accessa tra le persone di media cultura, le quali
erano attratte, invece, dall'Epicureismo e dalla Staicisma, dande
putevano attingere, anche se in maniera mitizzante, una certa fede,
una qualche ragione per vivere e un insieme di precetti per dare un
qualchc assestamento ai propri pensieri. Tuttavia secali di medi-
tazione scettica non potevano non avere le loro ripercussioni anche
nella ricca e variopinta repubblica letteraria ellenistico-romana; e se
e vera - come avrebbe detto Lutero - che Spirit~ts Sanctus non est
sceptiws J, e anche vero che un o scettico disincantato serpeggia di
fre4uente nclla vox populi e in quei fenomeni letterari che la riflet-
tono in raffinate maniere e con linguistiche squisitezze.
A favore delia diffusione dello Scetticismo militavano un certo
" illuminismo » inteso a canzanare gli a errori popolari degli antichi »,
la splendida forma letteraria con cui gli Scettici- specialmente quelli
di provenienza accademica - adomavano le loro argomentazioni, la
trattazione acutamente problematica di case della vita e della cul-
tura ordinari a {quali l'esistenza e l'essenza degli dei, la loro influenza
o Jnl:'no suUe umane opinioni, il significato delle leggi e delia giustizia
e il valore delle costumanze, il dilemma del destino e delia liberta);
a tutto ci osi aggiunge quella u coscienza abietta n da nipote di Rameau
che, per dirla con lo Hegel, e sempre pronta a demitizzare ogni ideale
senza saper costruire nulla di positivo.
L'apparenza di questa cultura - soprattutto di carattere retorico-
letterario - era quella dell'eclettisma, carne si evince dai dibattiti
accademici dell'eta ciceroniana; ma proprio l'eclettismo, nella sua
illusione di sapcr cogliere il mcglio dei vari indirizzi filosofiei, fi.niva
col neutralizzarli tutti. Del resto, ancora ai nostri giorni, quale uomo
comune non crede di saperla lunga e non sorride, bcato della sua

_I • L'espressione usa ta dai riformatoro tcdesco nel De seroo nrbitrio per


:olprre Erasmo, che al pari dello scettico Carneaue difendeva il lib~ro arbitrio,
c ncordata anche dai Long (Hellcnislic Pl1ilosophy, p. :z44).

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dotta ignoranza, di fronte alia ridda lucianea dei filosofi all'incanto


e alia filastrocca delle loro contraddittorie opinioni? 11
La prova piu il!ustrc di questo stato d'animo retorico-letterario
e, nel suo insieme, la ricca produzione "filosofica » eli Cicerone, il
cui cclettismo s'identifica spesso con una scepsi camuflata, quando
la grazia lettcraria prende il sopravvento su quella filosofica. E i
Romani, che erano propensi a philosopllarl: sed paucis ed a condire
di aceto !'atirico la loro ripulsa nei riguardi dclla pura teoresi, conser-
varono questo loro atteggiamento anche nell'eta imperiale, da quando
repicureizzante :Mecenate dovette assccondare la politica religiosa
del suo pri1ueps e Orazio, scapolo impenitcnte, ebbe a scrivere il
Carmen saeculare in appogb>io alle leggi demografiche augustee, fina
a quando, dopo lunghc perplessita, Diocleziano prese la tremenda
risoluzione dello sterminio totale del Cristianesimo. In sostanza la
sccpsi si agb>ira\'a per i palazzi imperiali e per le splendide ville dei
dominatori del mondo e un loro emblematica procuratore chiedcva
quasi distrat tamen te al povcro Re dei Giudei : « Quid est veritas? •·
In questo cosmo culturale, nel quale le moltcplici fedi religiose
e filosofiche si accavallavano fino al punto da clissolversi tutte, va
anche spiegata h seducente personalita di Favorino di Arelate
(8o circa-160 circa d. C.} 3 • Il suo ermafroditismo non solo sessuale
ma anche intellcttualt', la sua sottilissima scnsibilită e la varietă.
dci suoi interessi culturali, avvolti da un brillante e ricercato atti-
cismo, riflcttevano tutto cio che lo Scetticismo poteva suggerire ad
uno spirito ricco e versatile e, ncllo stesso tempo, povero e infecondo.
Amico del grandc Plutarco •. chc con maggiore vigore di lui rnedito

2. Il briliante dialogo di Luciano Vilarulll tmctio, quantunquc neppuro


!o schiave Pirria, rappresentante dcl Pirreniswo, vi faccia una bclla figura,
e quasi la descrizionc satirica deJ tropo delia ~hiX<jlCuVia:.
3· Ent.ro que~ti termini ~ fissata I'esistcnza di Favorino dai Barigazzi
(FAVORJ:oo Dl ARELATE, OpertJ, pp. 10-1).
4· Nei suoi piu importanti scritti filosofiei Plutarco si rifece> di frcquente
alia sccpsi accademica. Parl'cchie argomentazioni anti-stoichc di De Stoicoru~
repug11antiis. De collJJIItwilms 110titiis adt•ersus Stoicos, Stoicos absurdi<>ra pottiS
dicere e anti-cpicuree di Aduersus Colotm, CUIIIrtl Epicuri beatiludinem e D1
latenttr vit•e~~r!o ripropongono quei temi che Arcesilao e Carneadc avevano
trattato contre Zenonc, Crisippo, Antipatro, Epicuro c altri pcnsatori de~
Portico e del Giardino. Plntarco, pero, non si appago di leggere solo le fonti
accademiche (soprattutto il prolifico Clitomaco), ma conobbc dircttamente
gli autori che egli critico attenc-ndosi alia metodolobria accadcmica, carne ba
precisato !o Ziegler (Piularcl•. in • RE •. XXI, 1 {1951) coli. 636-692. trad.
it.. Brescia, l96.'i. soprallutto pp. 14)-6r). E fu propria il bicipite ~ono
dell' Accademia ad irulicargli duc \"Îe da percorrere: quella de! dommatismo
di fronte alle verita fondamentali di ordine ctico-rcligioso e quclla dell'b:ox-IJ
di frunte alia massima parte di altri grandi o picculi proLlem.i, cerne fu gill.
rilevato dallo Schroeder ne! suo P/ultr"hs Ste/llmg zur Skepsis e come ~
stato ricon!ermato dallo Ziegler (op. cit., p. 3(;2). Ma anche in questi preblciD1

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FAVORlNO 6ss
su questioni di alta filosofia pure senza essere un vero e propria filo-
;;ofo. Favorino rimase sostanzialmente un • so:fista • secondo il signi-
Jicato che la cultura del tempo conferiva a questo antico termine,
e la maggior parte delle sue erudite e gra.ziose disquisizioni in ogni
campo dello scibile erano, in definitiva, Myot qnl.oGO!f!OU!J.EVOL alla
maniera di quelle del suo rnacstro Dione di Prusa 5•
Una buona dccina di opere favoriniane 8 tocea va da vicino que-
stioni fi]osofiche rnolto dibattute dagli Scettici, suscitando consensi
" dîsscnsi anche prcsso persone fornite di piu autentica mentalită.
filosofica e scientifica che, forse, lo prendevano fin troppo sul serio
anche quando miravano a stroncarlo 1 • Queste opere o filosofiche ''

,Ji ~·aria ordine egli si accosto agli Stoici piu di quanlo si possa credere,
pcrsiuo nclla diiesa dell'astrologia e de! suicidio rngionevole, mentre, come
accndeva anche a Favorino, l'amore della. conoscenza lo induccva a nutrire
il piil vivo iut<:res5e per la scuola peripatetica. In definitiva lo Scctticismo
Ju una rlelle tante componenti culturali delia • filosofia • di Plutarco, ma non
!'unica no< la principale, e parecchi scritti filosofiei del pensatore di Cheronea
hannu notevole importanza dossogrnfica, ma non possono avere un loro posta
a parte in una raccolta scettica. Plutarco dcdico all'amico Favorino la sua
intlagine lisica De primo frigido (cfr. ZIEGLER, op. cit., p. 261-2) c, secondo
il catalc.go di Lampria (n. IJI}, gli indirizzo un'cpistola sull'amicizia (dr.
ZIEGl.I;R, op. cit., pp. 5_.·5)·
5· ll Heardon (Co11rants litteraires gm:s des Il• &t Ilfc siecle.< apres ]. C.,
in particolarc pp. J0·9, 205·6} sostiene che e gia troppo se Favorino, con tutta
la ricca produzione filosofica che di lui ci e stata tramandata. venga inserito
tra gli Ha!hplrilosopllen; !o Zeller {Die Philos. der Griech .. IIT, 2, pp. 76·81)
c il Goe<..leckemcycr (Die Gesch. des griech. Sktpl .. pp. 248-57) gli assegnavano
un post o molto sccondario di mediatore nella storia dell' Accademia c dcUo
~cetticismo. ~Ia pmprio questa sua mediazione non dovcttc sembrarc molto
dcgna di rilievo, rlal momcnto che Diogene Lacrzio non !o citava tra i suc-
c~ssori di Timone (cfr. HlNZEL, U11tersltch11ngu• ZI' Cic. phil. Sc/~riften, III,
pp. 13~ ""1!t:·l· Circa i limiti di questa mediazione, sostcnuta anchc dai Burk·
hard (Dic allg. f/o·alrlii-Nachfolgr. des skrpt. Ames., pp. 19 scgg.) e gia rilcvata
dallu Zcller. chc propendeva per il Pirronismo di Favorino. dallo Haas e dai
Drochard (Les suptiques grccs, pp. J27·JO). che propendcvano per il suo Ac-
c:-.tlemismo, rinviamo all'ottimo profilo di Favorino fdosofo tracciato dai
Darigazzi (np. cit., pp. :u-6}.
6. Tra gli scritti • nlosotici • di Favorino ricordiamo De Socrale eiusq1u
arte amaf~ria, De Plalo>rc, De ideis (che farse si inserivano nella rinascita delle
mdagini dircUe sui dialoghi platonici, comc e provato, tra l'altro, da! De animae
proaeation~ i>r Titmo di Plutarcu). Pyrdl(>tlrort~m troporum /ibri dccuu, Plu·
lan/ws sit•c de A cado>ria~ tra/ura, De comprelren.<iotu dircda (in tre !ibri, ovc
s~ nprendcva l'antica polemica contra la dottrina. stoica delia rappresenta-
:"1onc), A.tvcrSIIs Epictrlllm (in forma rlialogica e dove, come ci altesta Galeno
l1l De opt. gm. doc., 1. fi1,rurava come personaggio Onesimo, un scn•o di Plu·
tarco .. c farse lo stcs~o autore, come suggeriva !o Hirzel in Der Dialog, II, p. 123).
Alctb1adcs (in cui, tra l'altro, si sustene~·a che ncppurc il solc c pcrccpibilc,
casa che faceva scoppiare Galcno), Commc11larii o ,1/uuorabilia (clle accanto
a!Ja. Om•1igcna llisloria fnrono tra le fonti di Diogene Laerzio per la ricca \'a-
neta dellc nutizie sui filosofi dei piii svariali indirini}.
7· Ci rileriamo suprattutto al Galcno del De optimo ge11ere doceudi, il cui
tcsto e stato studiata, riprodotto e tradotto per intero dal Barigazzi (op. cit.,

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FAVORINO

dovettero suscitare lo stesso effetto di quelle sue brillanti conferenze


che gli procurarono strE'pitosi successi e gravi infortuni nella xoLV'IJ
ellenistico-romana. Egli si sentiva seguace delia scuola di Platane,
del quale, forse, da convinto atticista, credeva persino di imitare
la voce soave come c( concento di gigli,. 8 con la propria voce stridula,
e cercava di attenuare le differcnze che intercorrevano tra l'Acca-
demia e quel Pirronismo che Enesidemo aveva rinvigorito 9• Ma, nel

pp. I 75-90 e Sul de opt. gen. doc., • Studi italiani di filol. class. •. XXVII-
XXVI II, 1956, pp. 23-3!1) e dello scritto pct"duto Pro Epicteto CDntra FatJori11fiWI
(ricurdato da Galeno stcsso in De libr. propr., u). Questi trattatelli furono
quasi ccrtamente pampl&lets giovanili de) !,"fande medico-Jilosofo.
8. Sccondo l'esprcssione timoniana riportata in DIOG. LAERr. III, 7 =
fr. 7 \Vach. = 30 Diels. Luciano (Eut~uch. 1 e Demon. 12) insisteva con cat-
tiveria ~ulle anomalie fisiche de) retare, che venivano ricordate anche da Filo-
strato (Vitae soph. I, 8),
9· Aula Gellio (XI, 5. I·8), quasi certamente rifacendosi all'opcra fa~
riniana sui dieci tropi pirroniani (cfr. L. i\fERCKU:o<, Die Citiermethoth und
Quelle11besetzrmc des A. Gellius in den N. A., • Fleck Jahrb. "• Suppl. III, 186o,
p. 676; L. RusKE, De A. Gel/ii N. A. for~tibus q11aesliolres seleclae, Diss. Vra-
tislavae, 1118], p. 55; BAR!GAZZI, op. cit., pp. :173-4). ci da questa testhnonianza
del tentativa lavoriniano di mcdiare i due iudirizzi: • Quelli che noi chia.miamo
lilosoii " pirroni:mi" sono appcllati OltElf'nxo{ con termine greco; il cho SÎ-'
gnifica suppergiu " ricercatori " (qutusilous) ed " osservatori " (COft.SiWII-
tores) [il termine greco sarebbc, qui, 1'l'~PCl"t"JlfllJTtxo(, clr. M..ErrE, ParaleriSU,
passim]. Essi, infatti, non prcndono alcuna detcrminazione e nulla stabili-
scono, ma sono sempre nella fasc dclla r.icerca e dell'osservazione nel chiedersl
che casa mai, tra tutte, sia possibile distinguere · e stabilire. Ed essi sono del
parere che non \'edono n~ ascoltano con chiarezza cosa alcuna, ma cho sono
soggetti a passioni e ad affezioni nella stessa guisa d.i '' cerne se " vedessero
ed udissero, ma dubitano anche sulla natura c sui modi di quelle stesse coso
che producono in loro codcste aflezioni, c rimangono sospesi in merite ad esse,
e susteng<:mo che la certezza e la verita di tutte le cose, poich~ i segni del vero
e del falso sono ruescolati e confusi, scmbr.mo cosl incomprensibili che ogni
uomo, il quale non sia frcttoloso e prodigo de! proprie giudizio, dovrebbe
iare uso dclle seguenti parole di cui si tramanda facesse uso Pirrone, fonda-
tore eli codcsta lilosofia: " questa faccenda sta non piu in questo modo che
in quello o, mcglio, essa non sta in nessuno clei duc ". Essi dicono che e impas-
si bile conosccrc e percepirc i scgni (indi&ia) ele autentichc proprieta di ciascuna
cosa e si sforzano di insegnarlo c di mostrarlo in molti modi. Su qucsto BrgD-
rnento anche Favorino ha composto, con molla sotligliezza ed argntezza,
dicci libri, da lui intitolati Tropi pirroniani. C'e poi una questione vecchia e
gia trattata da multi scrittori greci, se, cioe, intcrcorra una qualche differenza
e quanto grande questa sia tra i .li.losc.fi pirroniani c quelli dell'Accademia.
Tanto gli uni quanto gli altri, infatti, son chiamati " scettici ", " efettici ",
" intcrdizionisti " [&.;;"PP7)TtXc.i in Barigazzi ma in !ltarres e in Rolie liltO-
P'l)":tY..ol ( = suscitatori di dubbio) in confonnita con SF.XT. EMP. Pyrrh. llyp.
I, 7], poichc ''uoi gli uni vuoi gli altri nulla affermano e credono che nulla venp
compreso. Essi dicono. perb, che da tuttc le cose vengano prodotte, in un certo
qual modo, rappresentazioni (visa) che essi chiamano <;>~v-ro:a!:z~. non in can-
formila con la natura stessa dclla cosa, ma secondo l'affezione dell'anima o
· del cot"po di coloro prcsso cui quelle rapprescntazioni pervengono. Pertanto
cssi dicono che, in generale. tuttc le case che mettono in moto i sensi degll
uomini fanno parte dei " relalivi " [>wll rcp6<; nJ. Qucsto termine sta a signi-
ficill'e chc non esiste alcuna. C'Jsa chc abbia una sua propria con.sistenza o che

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FAVORI~O

suo profondo, Fa,·orino non era ne un pirroniano ne un accademico,


bensl un brillante erudito mosso da continua curiosita. La mera~
-..·iglia, che Aristotele aveva considerata come lo stimolo di ogni
rirerca filosofica, invece di diventare impegno indagativo, si at~
tenuava in onmigena historia 10, secondo il titolo delia sua opera piu
cdehre, e )o induceva ora ad esaltare il profondo significato delia
prcghi~ra n, ora, invece, a negare persino l'esistenza del sole.
In definitiva, quello che Sesto Empirico avrebbe, dopo alcuni
derenni, chiamato u costume scettico • 11 si manifestava in Favorino
cmnc u moda scettica », o farse sarebbe piu esatto dire che quella
maniera scetticheggiante, contrassegno di buona parte delia tra-
montante civil ta classica, trovo la sua piu vivace espressione in questo
briliante ~ philosophe » celta tutto permeato di ellenismo in una
comice romana che potremmo definire precorritrice del tardo im-
p(·ro.
Dl'lle numerose testimonianze favoriniane, esemplarmente raccolte
dal Barigazzi, riportiamo la conferenza Contro i Caldei, tramandataci
da Aulo Gellio 13, che fu costante amrniratore del sofista di Arelate
e ne compose una preziosa messe di ricordi. Questo A6yo~ <pL'Aoao-

ahbia un proprio poterc o una propria natura, ma che tutte si riferiscono ccr-
tament~ a qualche altra c sembrano tali quale e il loro aspetto esteriorc nel
momt-nto in cui appaiono c quali vengono prodotte presso i nostri sensi, ove
css~ sono pcrvcnute, non presso se stesse, donde si sono dipartite. Benche,
pcro. queste cose le dicano in maniera similc tanto i Pirroniani quanto gli
Accaclcmici, tuttavia si i! rcputato che costoro differiscano tra di loro sia per
C<'l"ti altri motivi sia soprattutto perche gli Accadem.ici comprcndono almcno
quP.Jio stcsso non-pote-r-comprcndere e quasi determinano quel non-potcr-
detcrminarc. mentrc i Pirroniani dicono che non sembra aflatto in alcun modo
"''ro ncppurc q uello stes.so fatto-che-niente-sem bra-essere-vero •· Da rilevarc
cho:- la testimonianza di Gellio coincide grosso modo con la celebre distinzione
fatta ua Sesto ncll' OIIVerlrlre degli Schizzi.
10. ~on e da csclullerc che il titolo e i contenuti delia piu famosa opera
tii Favorino abbiano una qualche affinita con quella t~oplcr; che costituiva,
com(.> presta vcllcemo, una dci capisaldi delia metodologia medico-empirica,
" fors(.> anche per questo moti\·o Gal(.>no, chc da poco si era staccato dai propri
~11a~~tri _empirici. aguzzava le armi pretendendo dai povcro Favorino una
'mpossJbllc coerenza lilosofica specialmcnte dopo le accentuazioni scettico-
radicali ch(.> forse caratterizzarono l'ultima fase delia super.6.cialc Enlwicklu ..g
ele li' .\rclates~.
1 I. ~el De precr. che forse fu un ).Oy'J~ 9~AOl7o<;l!;;•j!J.EVo::; di Favorino ana-
log" a qudh dallo stcsso titolo di :\Iassimo di Tiro (fr. 5 Hobein), l'autorc si
nlacc,·a a Platonc (Ltgg. 6S7e, Er~t!typlrr. qe, P/laedr. 279b, Alcib. II. 148a segg.)
chc aveya riscrvato al solo filosofa la possibilita di prtgare (cfr. DARIGAZZI,
op. CII., pp. Ij2-J, anche per i rifcrimenti all'analogo pensiero di Plutarcu).
IZ. Arlv. log. 1, 4-13; II, 159·161; Adu. Pl•ys. 1. 219, ]Il, II. 6.
1 3· :\Ii sono attenuto al testo riportato dal nostro studioso come fr. 3
(pp. 14 2-S) ed ho anchc t(.>nU to conta de! t"sto c dl."lla traduzione inglese di J. C.
Rolle (Tiu .-1 Ilie Nighls of A. G .. London-Cambridgc Mass .. 1961).

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FAVORISO

c:pou1J.:::voc; di Favorino si inserisct' nella ricca trattatistica scettica


che va da Carneade al pamphlet di Sesto Empirica Contra gli Astro-
logi lt.

Contro i Caldei (AuLO GELLIO, XIV, 1 = fr. 3 Barigazzi)

Contra quelli che si vanno chiamando << Caldci » e «Gene-


tliaci » e che professano di poter prcdire il futuro in base al
movimento e alia posizione delle stelle, ho ascoltato diretta-
mente una volta, a Roma, una conferenza del filosofa Favorino
2 in lingua grcca e in uno stile ammirevole e briliante •. Non
sarei in grado, pcro, di dire se egli la pronuncio per tenere in
esercizio il suo ingegno - e non certa per esibizionismo - oppure
perche egli la pensasse cosi per davvero e in seguito a meditato
giudizio. Appena uscito dall'audizione ho preso subita nota,
per quel che potevo ricordare, dci punti principali dei temi e
degli argomenti da lui addotti: essi avevano, presso a poco,
il seguente tenore.
Codesta <( dottrina n dei Caldei non ha un passato tanto
remoto quanto essi pretendono di far apparire, e i loro fon-
datori e propugnatori non sono affatto quelli che essi trarnan-
dano, ma qucsta sorta di trucchi e di mariolerie fu ideata da
scrocconi e da gente che tentava di guadagnarsi da vivere con
3 le proprie menzognc. E costoro, vedendo che certi fcnomeni
terrcstri e ben noti agli uomin.i si producono per infiusso e per
spinta dci corpi celesti (carne, ad esempio, il fatto che l'oceano,
come se fossc in societa con la luna, si rattrappisce e rinvigorisce

14· Le ragioni di questa secolare insistenza tiei filosofi contro l'astrologia


sono brillantcmcntc precisa te da Franz Cumont (Le religî011i orimtali ne/ pagtl-
nesimo romano. Bari. 1967, pp. 191 segg.). Lo stizzoso Giovenale con malta
efficacia colpiva cosl una matrona: • Si prurit frictus ocelli angulus, inspecta
genesi collyria poscit •: ma per i filosofi. in realta. non si trattava solo di col·
pire un andazzo general.: tii imperatori. tii pensatori e di '·ario ,·olgo. bensl
di difendere l'uomo dai determinismo che era patrocinato. Ira l'altro, anche
da qucsta • sorclla bastarda dclla scicnza •, come il Frazer l'bbc a definire
l'astrologia al pari delia magia.
r. Le argomentazioni di Favorino, che spesso ricorrlano quelle di Cicerone
(De divin. Il, pa5sim), si ispirano anchc ad altre fonti che probabilmente furono
in parte accadcmichc (Ciitomaco). in parte stoichc (Panczio). Per le numerose
coincidcm:e con analoghe argvmentazioni di Fil011e di :\lcssandria, di Sesto
Empirica e di Plutarco dr. BARIGAZZI. op. cii., p. 1.!7·

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FAVORINO 6sg

insiemc con essa), propria di qui, ovviamente, presero lo spunto


per indurci a cre~ere che tutt: le umane. facc:nde - piccole o
a-randissime che stano -, quast legate agh astn e alle costella~
~ioni, ne siano guidate e sorrette. Ma, a dir poco, e sciocco ed 4
assurdo credere che, siccome la marea dell'oceano si svolge
in conispondenza col corso della luna, anche la vertenza giudi~
ziaria che una ha, per casa, con i vicini per una conduttura
d'acqua o con i coinquilini per una parete in comune abbia le
suc rcdini nel cielo e venga govcrnata da questo. E eia, secondo 5
Favorino, quantunque possa pure accadere mcrce una potenza
c una ragionc divina, non potrebbe essere compreso e percepito
d<l un'umana intelligenza, per quanto grande questa sia, nella
cosi breve e angusta durata della nostra vita. Soltanto poche
cosc, comunque, vengono congetturate, per usare la sua stessa
csprt:'ssione, J't"OCZ.U!LE:PEO"tc:pov (vale a dire grosso modo) scnza
alcun fondamento scientifico, ma in maniera confusa, Yaga e
arbitraria, come vede da lontano la pupilla dei nostri occhi
offuscati dalla distanza che intercorre tra loro e gli oggetti:
verrebbe, infatti, eliminata la principale diffcrcnza che sussiste 6
tra gli dci c gli uomini, se questi ultimi avessero la prescienza
di tutte le case future.
Dc-1 rcsto, la stessa osservazione degli astri e delle costella- 7
zioni, che costoro vanno diccndo essere il fondamento delia
loro '' scienza ''• sccondo Favorino ·non poggia su alcuna cer~
tt-zza. Infatti - egli soggiungeva - se i primi Caldei, che abi- 8
tavano in aperla campagna, guardando i movimenti e le orbite,
le separazioni e le congiunzioni delle stelle, si limitarono ad
osservarne gli effctti, questa loro n dottrina '' potrcbbe pure
passarc, ma e~dusivamcntc sotto quell'inclinazione del cielo
sotto la quale allora i Caldei n~nnero a trovarsi: difatti e im~
possibile - egli proscguiva - che il metoda osservativo clei
Caldei pcrmanga valida, qualora lo si voglia usare sotto regioni
celesti diverse. Chi e che non vede infatti - egli annotava -
la grande varicta ddle zone e dei ccrchi celesti dovuta all'in~
dinazione e alla convcssita delia terra? Pertanto le nwdesime 9
st:Ue, ad opera delle quali essi sostcngono riscontrarsi tutti
gh accadimenti didni ed umani, comc non causano dappcrtutto
geli e calure, ma mntano e variano e provocano ncl medesimo
tempo S!:"renita in un luogo e violente burrasche in un altro,

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66o FAVORINO

cosi dovrebbero produrre una sorta di avvenimenti e di affari


tra i Caldei, un'altra tra i Getuli, un'altra presso il Danubio
ro e un'altra presso il Nilo. E, infatti, un'incongruenza ritenere
che, mentre persino la massa e la condizione delia vastissima
atmosfera non rimangono identiche a seconda che si trovino
sotto una o sotto un'altra inclinazione del cielo, negli umani
affari, invece, codeste stelle diano sempre la stcssa indicazione
da qualsivoglia punto delia terra esse vengano osservate.
II Oltre a cio, Favorino si mostrava stupito del fatto che
qualcuno ritenesse acclarato con certezza che quegli astri, i
quali, secondo la tradizione, furono osservati da Caldei e da
Babilonesi o da Egiziani e che molti chiamano <~ erranti » e
Nigidio « vagabondi n 2 , non siano in numero maggiore di quel
12 che comunemente si dice: egli, infatti, non escludeva la possi-

bilita dell'esistenza anche di altri pianeti altrettanto influenti


senza i quali non si potrebbe completare un'osscrvazione esatta
ed ognora valida: pianeti che, comunque, gli uomini non riu-
scirebbero a distinguere a causa dcll'eccesso del loro splendore
13 e della loro distanza. Dcl resto, alcuni astri - egli soggiungeva -
sono visibili da certe determinate zone terrestri e sono noti
agli abitanti di quelle zone, ma non vengono visti da nessun'altra
parte delia terra e agli altri uomini sono completamente sco-
nosciuti.
14 Ma 3 pur ammettendo- egli proseguiva- che si dovrebbero
esclusivamente osservare questi nostri astri e solamente da una
parte della terra, quale fu, in fin dei conti, il termine di questa
osservazione e quali periodi di tempo son sembrati sufficienti
per rendersi conto delie preindicazioni offerte dalie congiun-
I5 zioni o dalie orbite o dalle traslazioni degli astri? Infatti, se

si e dato inizio ad un'osservazione in modo tale da calcolare


in quale stato e in qual forma e in quale posizionc delle stelle
e avvcnuta la morte di qualcuno, e se, in un secondo momento,
si fossero annotati la sua fortuna fin dall'inizio dclla vita, il
comportamento di costui, il suo ingegno e le circostanze delle
sue attivita e dei suoi affari e, alia fine, anche il termine della

2. L'inciso. che a parere del Barigazzi e di Gellio, si ispira con malta pro-
babilita a V.>.RR. De imag. 1 1. 10.
]. 1 §§ q-18 presentauo note,·oli affinita con C1c. De dit•in. II. XLVI,
97 e con SEXT. E~IP. Adt•. ma/11. Y, 105.

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FA\'ORl:SO 66I

sua Yita, c se tutte queste cose venissero trascritte nel modo


in cui sono realmente avvenute, e se si ritenesse che, dopo un
Jungo lasso di tempo, quando i medesimi astri venissero a tro-
var~i ncllo stesso luogo e nello stesso stato, le medesime cose
accadranno a quelli che saranno nati in quel medesimo tempo,
se insomma- egli soggiungeva - l'osservazione ha avuto inizio 16
in siffatto modo, e con siffatto metodo osservativo si e formata
una sorta eli '' scienza ll, tutto eia non pua in nessun modo
andare avanti. Ci dicano, infatti, entro quanti anni o, piuttosto, 17
cntro quanti secoli, alla fine, codesto cielo di osservazioni po-
trebbe esserc completata. Che anzi - affermava Favorino - 1!!
gli astrologi sono d"accordo nel ritcnere che quegli astri che
cssi chiamano '' erranti ,. e che sembrano determinare il destina
di tutte le cose, ritornano al loro punto di partenza tutti quanti
insieme e col medesimo corso solo dopo una serie in.finita ed
innumerevole di anni, eli guisa che, in un evo cosi lungo, non
potrcbbcro permettere alcuna continuita di osservazione e al-
cuna traccia di memoria letteraria. Ed egli pensava .a che si 19
deve rrenderc in considerazione anche questo: che, cioe, altro
sara lo schieramento delle stelle nel primo istante in cui l'uomo
,·iene concepito nel ventre materno e altro in appresso, allorche
egli vien dato alla luce dieci mesi dopo, e chiedeva come mai
si potrebbc coerentemente effettuare una dimostrazione diversa
circa la medesima persona, dai momento che, come gli stessi
astrologi reputano, la posizione e il corso sempre diversi delle
medesime stellc asseg:nano sorti che sono tra loro diverse.
1\la anche dai tempo delle nozze, cioe sin da quando comincia 20
l'attesa delia prole, e persino durante l'unione del maschio con
la femmina, secondo Favorino, si dovrebbe indicare con chia-
rczza, in base ad uno stabile e necessario ordine delle stelle,
quale sorta di uornini e con quale fortuna viene generata; anzi,
ancor molto prima, alla nascita stessa del padre e della madre,
in base al loro oroscopo, si sarebbe dovuto fin da allora pre-
vedere quali sarebbero stati i figli che essi avrebbero generata,
e cosi via risalendo all'infinito. Di conseguenza, se codcsta
dottrina poggia su un qualche fondamento di vcrita, cento
secoli fa o, meglio, al primo inizio del cielo e delia terra e eli li

4· Per qucsto paragrafo cfr. SEXT. EllP. Adv. rnalh. V. 55 scgg.

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662 FAYORI~O

in poi, attraverso una serie ininterrotta di indicazioni di gene-


razione in gencrazione, codesti astri avrebbero dovuto mostrare
gia prima qualc carattere e quale sorte abbia avuto chiunque
nascesse ai nostri giomi.
21 Carne mai, inoltre, si potrebbe credere - proseguiva Favo-.
rino - che la sorte e la fortuna predette dalla forma e dalla
posizione di ciascuna stella siano destinate con certezza ad un
solo individuo particolare e che la medesima posizione astraie
vcnga ricomposta dopo una lunghissima serie di secoli, dai mo-.
menta chc gli indizi delia vita e clei beni di fortuna di un me-
desimo uomo, in cosi breve scorcio di tempo, durante i singoli
gradi clei suoi antenati e l'infinita serie delle successioni, pre-
sentano cosi spesso e con tanta frequenza la stessa identita
22 senza che sia identica la posizione delle stelle? Che, se cio e
possibile e se si ammettono questa contraddizione e questa
variazione attravcrso tutte le epoche dell'antichita nell'indicare
!'origine di qucgli uomini che nasceranno in appresso, questa
incongruenza sconvolge l'osscrvazione, e tutto il metoda della
<< scienza " vienc a confondcrsi.

23 Ma Favorino riteneva carne la cosa piu insopportabile di


tutte la credenza che siano mossi e influenzati dall'alto del
cielo non solo i casi e gli accadimenti di ordine esteriore, ma
anche gli stessi divisamenti degli uomini, le loro decisioni e
le loro varie volizioni, appetizioni e recusazioni, le casuali e
repentine attrazioni e repulsioni del loro anima persino nelle
cose piu banali. Cosi, ad esempio, il fatto che, putacaso, tu vuoi
andare alle terme e poi non ci vuoi andare e poi, di nuovo,
ci vuoi andare, sarebbe dovuto non ad un'incerta e mutevole
agitazione dell'anima, bensi ad una necessaria congiuntura
dcgli astri crranti: dai che consegue ovviamente che gli uomini
non risultano essere, come si dice, i.oytxc1 ~~:x. - ossia animali
ragionevoli -, ma zimbelli e ridicole marionette, dai momento
che non fanno nulla di loro volontă., di Ioro deliberazione, ma
sotto la guida di stellc cocchiere.
24 E se gli astrologi afft>rmano - continuava Favorino - che
si sarebbe potuto prcdire se avrebbe vinto in battaglia il re
Pirro oppure 1\lanio Curio, perche una buona voita, a proposito
dci cladi o dellc pietruzze o del tavoliere, non osano dire quale

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FAYORINO

dci giocatori vincerâ. la partita? 5 O forse essi conoscono le


"randi cose e ignorano le piccole, e queste ultime sono piu
diflicili a capirsi delle grandi? l\1a, se essi si arrogano la cono- 25
scenza delle grandi case e affermano che queste sono piu chiare
e pii.1 comprensibili, allora io vorrei - egli soggiungcva - che
mi rispondesscro che casa mai, in questa veduta d'assieme
dell'intero universo, dinanzi a cosi potenti opere delia natura,
t·ssi stimino grande negli affari e nelle fortune umane che pur
sono tanto piccoli ed effimeri. E vorrei che mi rispondessero 26
anche su quest'altra cosa - egli diceva -: se e cosi piccolo e
rapida l'istante in cui l'uomo, in sul nascere, riceve il suo dc-
stino, di guisa che in qucllo stesso momento piil persone non
possono nascere insieme nel medesimo cerchio del cielo sotto
la stessa congiunzione, e se, appunto per questo, anche duc
gemclli non hanno lo stesso destina della vita, non essendo
nati nel medesimo istante, io chiedo - egli insisteva - che mi
rispondano come mai e con quale accorgimento quel corso del
tempo trasvolante che a stento puo essere afferrato dai pen-
siem essi ricscono a raggiungerlo di proposito e ad investigarlo
e a trattencrlo, mcntre pur affennano che, in cosi vertiginoso
susscguirsi di giorni e di notti, i piu brevi attimi producono
i massimi mutamenti.
AUa fine 6 , pai, Favorino chiedeva quale risposta si potesse 27
dare contra la seguente argomentazione: che, cioe, individui
di entrambi i sessi, di ogni et:i, venuti alia luce sotto movi-
menti astrali differenti, pur essendo tra loro molto distanti le
regioni in cui nacqucro, tuttavia tutti quanti sono periti in-
sicme con il medesimo genere eli morte a causa o di un terre-
moto o del crollo delle case o di espugnazioni di cittâ. oppure
perche travolti dai flutti sulla medesima nave. Il che ovvia- 28
mentc - egli osservava - non accadrebbe mai, se gli istanti
delia nascita asscgnati ai singoli individui avessero ciascuno
peculiari regolamenti. Che, se essi rispondono - continuava 29
Favorino - che nclla vita e nella morte di uomini nati in tempi

5· La prcsente argomentazioue e ancor piu qudle dei §§ 27-29 scmbrano


c~•tre di schietta provenicnza carneadea per 1'accenno al calcol o o.lelle pro-
babilita.
6. Peri§§ 27-JO crr. CIC. De diuiu. II. XLVII, 97: XLV, 95: SEXT. EMP.
Arlu. llla/11. V. H8-93. Una reminisccnza c in AuGUSTIN. D~ cÎI!. Dei 1, 6.

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FAVORlNO

differenti possono pure accadere certi eventi che sono pari 0


almeno simili tra loro a causa di certe future congiunzioni
astrali, allora perche non si potrebbero presentare, di tanto in
tanto, alia nostra esperienza anche case uguali tra loro, di guisa
che, merce questi concorsi e queste somiglianze astrali, verreb-
bero ad esistere insieme molti Socrati e Antisteni e Platoni
uguali tra loro per genere, per forma, per ingegno, per com~
portarnento, per tutto il corso della Iora vita e per la loro morte?
30 Il che - egli concludeva - non puo accadere assolutamente.
Eppero gli astrologi non possono sfruttare in modo corretto
quest'argomento contra le nascite diverse e le morti uguali
degli uomini.
31 Diceva, poi, di esimerli dai rispondere anche a questa se-
guente sua istanza 7 : ossia, se il tempo e il moda ela causa delia
vita e deHa marte degli uomini e di tutte le umane cose fossero
riposti nel cielo e presso le stelle, che casa essi direbbero delle
rnosche e dei verrniciattoli e dei ricci di mare e di molti altri
animaletti terrestri e marini? Nascercbbero, farse, anche questi
sotto le stesse leggi degli uomini e perirebbero parimenti sotto
le stesse? Ne conseguirebbe allora che o anche per i ranocchi
e le zanzare i destini delia nascita dipendono dai movimenti
dei corpi celesti oppure, se i Caldei non la pensano cosi, non
parrebbe esserci alcun motiva per cui quel potere degli astri
fosse valida in relazionc a tutte le altre cose.
Jol Tutte queste argomentazioni di Favorino io ho riprodotte
di scorcio in una stile asciutto e disadorno e quasi digiuno.
Ma egli, in modo conforme al suo talento e alla ricchezza ed
eleganza dell'cloquenza greca, le prospettava con maggiore
ampiezza, piacevolezza, brio e copiosita, e di tanto in tanto
ci avvertiva di stare attenti che codesti sicofanti non si insi~
nuassero a riscuotere il nostro credita in base al fatto che tal~
voita pare che essi buttino fuori a casaccio e diffondano talune
33 verita. Infatti - egli soggiunse - essi non dicono nulla che sia
afferrabile, determinata e percepibile, ma, poggiando su labili
e ambigue congetture, vanno brancolando passo passo tra n

7· Per le argomentazioni di qucsto paragrafo cfr. Cic. De divin. Il, XLV~I,


98; SP.XT. EMP. Adv. nta/11. V. 9-1· Una reminiscenza e in AUGUSTlN. DtJ CJII,
Dei 1, 7·

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F.'\VORINO

vero e il falso carne attraverso le tenebre 8 e, allora, o a furia


di multi tentativi vanno ad imbattersi, all'improvviso, senza
sapcrlo, nella verită. oppure si fanno guidare dalla grande cre-
dulita di quelli stessi che li consultano, e con astuzia arrivano
a quelle cose che sono vere e per questo motiva sembra che
e::;si si accostino alia verita piu facilmente in relazione ai fatti
del passato chc a quelli del futuro. Comunque tutto cio che essi
0 alla cieca o con astuzia dicono in rnodo conforme al vero
- diceva Favorino - non e neppure la millesima parte di tutte
le altre loro menzogne ...
Lo stesso Favorino, con l'intento di sviare e allontanare 35
i giovani da codesti K gcnetliaci » e da altra gen te siffatta, che
promette di rivelare il futuro tutto per mezzo di arti prodigiose,
giungeva, con le seguenti argomentazioni, alia conclusione che
in nessun moda ci si deve recare da costoro a consultarli: (( Essi
predicono eventi che saranno o avversi o prosperi. Se predi-
cono prosperită. e sbagliano, tu sarai infelice per la tua vana
sp('ran7.a. Se predicono avversita e mentono, tu sarai infelice
per il vano timore. Se, invece, essi danno responsi veraci e se
qucsti non sono prosperi, gia da quel momento tu sarai infelice
per il sentimente del tuo anima prima di esserlo a cagione del
fato. Se promettono eventi felici e questi si verificheranno,
allora gli svantaggi saranno certamente raddoppiati: infatti
l'attesa del futuro ti stanchera col tenerti sospeso alia spcranza,
c la speranza stessa avra fatto sfiorire anzitempo il godimento
dt'lla futura gioia. Eppcro in n~sun caso si deve far ricorso a
codesti individui che vanno presagendo il futuro ».

8; L'argomcntuione, per certe affi.nita che presenta con quc\la contro la


uottrma della rappresentazione comprcnsiva. scmbra esplicitamcnte sma-
scherare le contraddizioni degli Stoici, i quali da una parte negano credite
all"opinionc e dal!"alt.ra ammettono I'a.strologia.

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SCETTICISMO E MEDICINA

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Fra le varie scienze che ebbero in Grecia la loro terra d'origine
0 di feconda adozione, la medicina, strettamente legata alla vita
C' <Llla salute dell'uomo, spesso si sviluppo in modo parallclo e talora
pC'r~inu all'unisono con Ia filosofia, specialmente quando quest'ultima
a:c:sumC'\"a carattere pin marcatamente antropocentrica ed epochiz-
nva certe problematiche che trascendevano I'essere umano nelle
su~ pi u concrete manifestazioni 1 • Quando giă. la medicina greco-
romana aveva quasi esaurito il suo compito storico, Galeno, che pur
intemleva inserire la sua «arte o in un vasta e organica sistema
dell'intcro scibile umano 2 , sottolincava che «fine delia medicina e
la salute <lell'uomo » 3 : egli desuml'va questa sua semplice teleologia
da tutto un procedimento storico-culturale che, partendo - come
quasi tutti i la ti delia civil ta dassica- da Omero, era passato sempre
pii1 da una fase magico-mitica ad una fase meno fantasiosa e piu
ricca di controllo scientifico e di conoscenze sperimentali.
Tutta\•ia la medicina, come a fatica si era svincolata dalla magia
e daJ mito, cosi a fatica si ando svincolan<lo da certe ipoteche filoso-
fiche che le impedivano un'autentica autonomia d'indagine e la
CfJstringeva.no a gravitarc nell'orbita di qualche sistema oppure a
ricorrt're ad argomentazioni pur sempre filosofiche per divincolar-
sene ~. e, nel far cio, l'arte medica da una parte riceveva stimoli

1. Si ricurrii l'affinita tra la concezione socratica della filosofia come


"cura ddl'anima • (cfr. PL.-\T. A pul. 29d, 30d; Prot. 313a) e lo spirito profon-
damt'nt(' scicntitico che circola ncl capolavoro ippocratico L'at~lic:a medicina.
cor~posto probabilm~ute tra il 430 c il 415 a. C.• ossia in picno uman~simo
attrco (W. ]AEGER. Paidcia. II. Firenze. 1954. pp. 49 se!lg.; IPPOCRATE, Opere,
a cnra o.li )f. V~l_!etti. Torino, 1965. pp. IH 5egg.).
. !. Cfr. Adlrorl. ad arus addisc., V. O\'e, in piena opposizione alia demoli-
x~nn" ~cdtica fatta da s~sto Empirico in Adv. mat/1 .. Galeno dispone in cerchio
lnlllrno a Dio geomctri, aritmetici, filosofi, medici. astronomi e grammatici.
]. GALE:-;. De scclis. l.
4· Cfr. .\. CASTIGLto:-;J, Storia delia medicit~a. pp. li3 segg.; H. E. St-
G.ER.IST, .·Jutike Heilhr11rdr, ;\lunchen, 19z9; J. ScHUH~IA<:HER. A 11tikl" Jlltdizill.
Erst~r Band. Die flaturplrilosophischetl Grrmdlacm der Medi:itl, Berlin. 19-10;
U. GoRuo:-; . .lledicine tlnoughorll Anliquity. Philadelph.ia, 1949; G. MosTA-
Lt,;:-;n. Stcwia delia Biolngia e d<'lla Medici11a in Storia dcllc Scien;;e, coordinata

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SCETIICIS!>IO E MEDlCl~A

culturali e dall'altra veniva anche distratta dai suo lavoro e dalie


sue peculiari ricerche. Come il fisico antico non sape,·a newtoniana-
mente guardarsi dalla metafisica o dalla polrmica controla metafisica
e generalmente rimaneva un " filosofo della natura 1', cosi anche lo
studioso di questioni mediche e spesso lo stesso medico militante
poggiavano le loro conoscenze teoriche e anche i loro interventi pratici
o su di una l~La':"~fL"'l chc aveva come presupposto un orientamento
metafisico oppurc su una negazione dialettica di siffatta &ma..-~[.LlJ
e, quindi, su un necessario armamento di ordine logico-speculativo.
Il medico, percio, si sentiva spinto ad andare oltre la medicina, come
il pro\•erbiale calzolaio di Apelle andava u ultra crepidam », ed una
prova di cio e data dalla costituzione uel composito Corpus hip-
pucratiwm, cosi ricco di indagini scicntiliche ancora oggi attuali
ed anche cosi contaminato dalla presenza di clementi estranei sia
al genio di lppocrate: sia alla stessa scienza medica 5•
D'altra parte, pero, poiche la salute - fine delia medicina - ~
la salute di questo o di quell'uomo e non di un uomo generico, anche
l'indirizzo medico piu disposto all'astrazione deve sempre ritomare
all'hic et mmc dcll'empiria, e cio spiega la presenza di interessanti
indagini mediche anche in quegli ambienti che sembravano piu
remoti dall'cmpiria e in cui, quasi paradossalmente, si cbbero le
prime manifestazioni della Medicina Empirica 0•
Questo doppio binario, cosi ricco di contraddizioni e di vitalita
culturale, veniva seguito anche ndl'esegesi dei grandi trattati scien-
tifici: tanto i Medici Razionalisti (o Logici o Dommatici) 7 quanto

tla N. Abbagnano, voi. 111, tumo 1, Torino, 1962, pp. 8 segg.; D. Gt!THJUE,
Storia delta .Ml'dicina, )lilano, 1967, pp. 50-89.
5· Si rinvia al capitala La questiom ipp"c,.atica del Vegetti in JppocRATE,
Opere, cit., pp. 65-77·
6, Tale e il casa di Acrone ui Agrigento, che, secondo Suida (\·ace "A~pt.~v =
r \Vellmann), fu contcmporaneo di Empedocle e formulo un'ipotcsi pneu•
matica e chc, st'condo Plin ia ( = 2 \Ycllmann), fece s"·ilupparc un indirizzo
medicu che si chiamava • empirica • a ca usa degli esperimenti che faccva,
mcritando le lodi di Empcdocle {cfr. 31 A 1, 3 Diels-Krauz).
7· Esdndcndo Ippocratc. che dob!Jiamo porrc al di sopra delle parti, l'in-
uirizw r::tzionalistico, che a,·eva [;ia avuto una rlcllc suc prime manifestazionl
con Filol::to di Crotonc in ambiente pita.gorico (cfr. SEXT. E~tP. Ad:•. log. I,
gz. ove si paria delia ragione matematica carne • criterio • ut'i Pitagorici e del-
l'an::tlo~ia comc • criterio • m<"dico di Filolao). tro\·o il sua primo esponcnto
di rilic\·o in Pra5~agora di Cu~. vissuto ne) 1 V s~c. a. C. (dr. 08 D 124 Diel-:
Kranz) c maestru di Erofilo di Calcedonia, chc visse presso Tolomco l e fu 1l
caposcuola del ra?.ionalismo mcdico in eta ellenistica. Erofilo si distinse nello
stulliu dei nervi. dellc artcrie, deUe vene. de! cuore, deU'ottica, ddl"embriologia
c concedeva largo sp::tziu all'osscrvazione ed all'espcricnza, chc egli prefcriva
al 86·trJ.X. Il suo metor]o anatomice (e la sua oper::t princip::tle era in_titolata
"AII:r-:OfLt:.dJ) non piaceva ovviamcntP. agli Empirici. l'linio (Nai. Insi. XI.
::!19) ri!<:risce chc cgli veui\·a mcsso in disparte per la sua ccccssi,·a sottigliezza;

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SCETTICIS~IO E MEDICINA

quelli Empirici 8 (che progressiv~ent~ fu~ono anche Scettici) ama~


vano citare come fonte comune il gemo d1 Ippocrate, cercando ora

(;~!eno (XIV, 6S.\ Kllhn) lo chiama • dialettico • e Sesto (Pyrrl1. llyp. Il, 245)
rlice con compiacimento chc i !>uoi discepoli furono sofisti: fu, infatti. molto
i<"ll1''sa la sua polemica col pin grano..le dei suoi allievî, Erasistrato (cfr. H. S.
ScHWARZ, Herupllilos uud Erasislralos, ci111: llistorîsche Parallele, diss. inaug.
\vl\rzburg, 1B2o c, per piu ampie notizie, la voce Herophilos de! Gos.scn in
" HE "· \-'III, 1, coli. 1104-10). Gli stud.î anatomiei furono perfezionati da
Era,istrato, chc c~egui adtlirittura quella vivisezione dell'uomo contra cui
protestavano gli En.lpirici P.e~ motivi um:"~i!ari e che s~risse un ~ratt~to di
ailit>log:ia contra Filma emptnco e una Drt•uacme <lllaloltuca, suggent..1.gh dalie
pin direttc espcrienze in merita (dr. Ps.-Drosc. II, p. 42 Sprenge\). Fiorito
11 d n1'-'l7.0 <lei r II sec. a. C., Erasistrato non fu estraneo agli interessi filosofiei:
auch" se non snno certi i suoi rapporti con la Stoa e con Crisippo, anchc se
e"li tenc,·a a distinguersi da quel Diocle dî Caristo chc crcditava molta meta-
!i~ica da Aristotele, ehbe sicuri rapporti con la fisica di Stratone di Lampsaco
[cir. H. D!r;LS, Ober das physikalische Sys/etn des Straton, • S. Ber. Akad.
Berlin "• Ili<JJ, pp. 105 segg.; M. \-V&!.UIA.S.S, • Hermes •. XXXV, pp. 371 segg.;
Enw:.,tralos, in • RE •. Vl, I, coli. 332-5u), Con Erofila e con Erasistrato,
entrambi scnsibilissimi al metoda spcrimcntalc, !'anatomia non fu mai stac-
cata ualla fisiologia e dalla patologia; discutibile, invece, e \'apporto data alia
sci~nza da Asclepiade di Bitinia (I sec. a. C.), che Plinio cansidera\'a un ciar-
lat~no c che il Neubnrg-er ha invcce ritenuto un prade combattentc contra
un ch>mmatismo ormai anchilosato c il \Vellmann (Askltpiadts, in • RE •. II,
1, coli. 1632-3) riconduce ad un atomismo di vec~hla data per la sua singulare
teoria corpuscolarc. Bcnchc su Asclcpiade semhri inuegabile una certa in-
!luenza di dottrine atomistico-cpicurec, egli dovette essere alquanto cclcttico
c non aliena da! ricorrcrc a ccrti accorgimenti semplicistici; anzi farse proprio
dot. lui Tcmisonc, {ondatore dcll'indirizzo m<:todico, dovette desum•1\'C non
pochi ~punti per la sua riforma. Un posta a parte occupa\•ano, nello schiera-
m~ntu dllmmatico, i Medici Pncumatici, il cui piil noto esponente fu Atenco
r.li Attalia (fiurito nell'cta di Claudia e di Nerone), il quale in parte si rifaceva
alia vecchia medicinii. italic.a di Acrone e di Filistione, in parte - forse attra-
wrsn Diode di Caristo - alia teoria aristotelica c.lello sviluppo c dellc quattro
" CJUalita • (ca Ido, fretl<lu. umidn, sece o). ma soprattutto si ispirava alla con-
""zione stoico-crisippea del pneuma e dell'tojxpcxal:~, ossia delia fclice mistione
dt-gli cl~menti (dr. \VELDIA:<IX, Die pucromafisclre Sc/mle bis auf Archigntcs,
"Phil"l. Untersuchungcn •. XIV, 1895: Atlle11aios, in • RE •. II, 1, coli. 2034-6).
li. Gia spunti aurorali di medicina empirica erano in Acronc di Agrigento,
contcmporaneo <li Empedock; ma con Filino di Cos, fiorito nel 250 a. C. e
allievo di Erotilo, l'indirizzo <"'mpirico tro,·ava il suo atto ufficiale tii nascita.
Sn.ppiamo da Erm.iano {fr. ' l l l Deichb'Tab<"r) chc Filinn contpose un'opcra
in setle !ibri contra il Lrssi~u ippacm/ico eli Bacchcio di Tanagra, suo con-
t'-'mporaneo, il ch" si in~criscc in quel dibattito su Ippucrate che ebbc scmpre
un grande rilicvo nella storia delia medicina antica. Studib la teoria delia
pulsa?.ionc (fr. 77 Deichgraber) c accordo alia scnsazione, da buon empirica,
un ruolo prcdominantc (fr. 164 Deich;;rabcr). ~on ci c, pcro, pussiLile una
t-sauri~nte ricoslruziune clclla sua personalita, perche i suoi successori spcsso
:;:h attribuivano teorie che si anclarono formulando dopo di lui (cfr. Dn.LER,
Plilllllas, in • REn, XIX. 2, coli. :.!193-4). Serapionc eli Alcss;mdria, fiorito
versa la meta de\ l i sec. a. C.. fu, secomlo Galeno (XIY, 683 Kflhn) scguace
di Fi!ino e compose duc !ibri di Sc/1 i ::i empirici contm le cla..sificazion i in
usu pres~o i Meu ici Razionalisti (GALF.X. Saipt<l miu ura 11. 115 Mul!H).
uu'llpera Ccmlra le .<dlr che fu poi discussa da G:d~no (Dt• libris propr."in Scripta
'"'"· II, II5, 5 :'llnller) e un'altra intitulata P~r mczza di tre cose (dr. Ddch-
I,'Tabcr, p. 83, 21). in cui esponeva probabilmentc i trc principi fondamentali

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SCETTICIS~IO E l\IEDICINA

di inscrirlo m un dcterminato sistema di pensicro ora d.i liberarlo


da ogni sistema, ma, nell'un caso c ncll'altro, impegnandosi a com-

!legii Empirici. Anche se non possiamo giurare sulla notizia cclsiana secondo
cui cgli gia avrebbe concepito la metodologia empirica in tutte le sue ricche
articolazioni, indubbiamente dovette darle un st>rio impulso. Come si evince
dallt> tcstimonianzc (Dt>ichgrăber, pp. 163-8), tra lui ed Erasistrato c'erano
molti punti in comune sul terreno pratico-terapcutico. Durante il secondo se-
colo a. C. con Apollonio d' Antiochia, detto 1'An tico. e col figlio omonimo di costui
si acccntuarono le polemiche anti-stoiche, soprattutto in merita alia caratte-
riologia patologica. Personalita interessante fu Glaucia di Taranto, fiorito
intumo al 170 a. C .. autore dcl Tripode, nel quale la metodologia empirica
veni\·a fondata sulle tre principali vie d'indagini che poi venncro sempre pifl
approfondite ne! corso dei secoli, ossia l'ispczionc diretta, ('istoria e il passaggio
dai simile al simile. Altra sua opera (uun G/ossario di lppucralr (fr. jlla Deich-
grăber), ricco di precisazioni tcrminologichc in chiave empirica, e un com-
mentario del V 1 libro delle Epidemie (fr. 350 Deichgraber). Parecchie notizie
su di lui sappiamo attraverso Plinio (Nat. hist. XXI, 174; XXII, 95; per la
raccolta dt'lle testimonianze cir. Deichgrăbcr, pp. 168-70). Nella prima me~
dcl I se('. a. C. fiori Eraclide di Taranto, chc forse non va confuso con quel-
l'Eraclidc scettico, suo contemporaneo, il quale fu allievo di Tolomeo di Ci-
rene c maestro di Encsidemo. Fu auture di un'opcra Su/l'indirizzo empirica,
di cui Galeno, suo ammiratore (frr. 199. 208 Deichgr.), fece una sinossi in otto
libri e, secondo il \Vellmann (• RE •. VI, I, coli. 1139), i suoi scritti furono
utilizzati da Varronc nclle Ebdomades. Spesso Galeno lo cita accanto a Mantia,
probabile maestro di Eraclide. Uno dei punti salienti dclle sue dottrine era
l'inutilita dell'aitiologia (fr. 175 Deichgraber). Celio Aureliano (De acul. mOf'b,
I. 17, 166} lo considl'ra • ne mine [Empiricorum] posterior atque omnium
probabiliur •· ~el primo secolo a. C. la :\ledicina Empirica ebbe numerosi
csponenti e i suoi princlpi metodologiei erano ben noti a Cicerone (LucuU.
1u, 124, 127} chc li citava a conforto delle sue tesi neo-accadcmiche. Tra questi
Empirici ricordiamo: Diodoro, autore. fra l'altro, di Questim1i rmpiriche (PuN.
Nat. hist. 1, 20, 119); Lico di Napoli. che fu. tra l'altro, commcntatore di Ip-
pocrate (frr. JIS-316 Dcichgraber}; Zopiro di Alessandria, da cui prese nome
una droga (::opyrium) per la terapia delle malattie acute o che forse da questa
dro,::a da lui usata riccv!'ttc il nomignolo (dr. F. KuouE::-:, Poseidonius und
clie :-1 r:tschu/c der Pncumatikc•·. • Hermes •. XC. 1962, pp ..p9 segg.; B. DRAB·
Kl::-:5, Cael. A Tire/., On anlle Deseasrs, Chicago, 1QjO, p. 328); Apollonio di
Cizio, allicvo di Zopiro ed anche lui commentatore di lppocrate, un cui frammento
(276 Deichgraber) e ricchissimo di metodologia empirica per il rilievo che si
da all'cspcrienza coscientemente pratica (~pt~i)) e all'cpilogismo ed ha qualche
risultanza neo-accademica per la presenza del ;n&a>J6v. cui gli Empirici - fino
a Sesto incluso - si rifugiavano nei momenti difficili; Zeusi, autore. fra J'altro,
di Discorsi doppi (DioG. LAERT. IX, 1o6), che fanno pensare ad una rcvivi-
scenza dell'antica sofistica accanto allc antilogie accademico-scettiche nella
Medicina Empirica; Archibio (K. KALDFLEISCH und H. ScHi:i::-:E, Berli11er
/{/assikerfextr. Hcft III, Berlin, 1905), che fu molto studioso di lppocrate
per testimonianza di Galcno (frr. zSJ-2S.J Deichgrăber). Nell'eta di Tiberio
vi sst' il grande Cassio. che Celso ( IY. ! 1. 2; Y. 2.5. 17) ricorda con \'Îva am-
mirazione e che scguiva Scrapione ne( metodo dell'analogia empirica e nel
respinge:-re l'aitiologia (Dcichgrâbcr. p. n 1 ). Tntti qul'sti :\led ici che abbiamo
fugaccmentc· menzionali rientrano nella prima fase storica delia :\1edicina
Empirica. Denche non ci sia ancora in loro la consapcvolezza di un'alleanza
culturale con lo Scelticismo, gia si riscontrano parccchie affinita con qucst'ul-
timo. e in particolare: la ri\'l'ndicazione dell'espericnza sensibile. un certa ap-
piglio prohabilistico, una riduzione delia scmciotica e delia diagnostica al mi-
nimo indispensabile, una tendenza accentuata alia prognostica e alia praticitl

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...

, '

· ... ; . ..·.. . eAJTRELiANAs


.. ., .. ~

T rpis ac Stiinptibus Petri .& Jacobi Ch9u~i·· .. ': ·.


M. DC. XXl ......
. '·
1_ , .. •'

Frontespizio del volume contenente l'edizionc principe


dcll~ Tpotiposi pirro11ia111l di Sesto Empirico
(Ginevra, P . e J. Chouct. 16.n).

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SCETIICISMO E MEDICINA

prendeme e ad approfondirne la metodologia. Non manco qualche


anti-ippocrateo in campo empirica, ma costui non ebbe mai successo
e, quando i Medici Melodiei 8 espressero apertamente il loro fastidio
p~r il u mostra sacro » di Cos, tanto i Razionalisti quanto gli Empirici
li redarguirono.
Il contrasto tra razionalismo ed empirismo nel settore della
medicina si estese per parecchi secoli, dall'etâ. presocratica a quella
imperiale romana. In tutto questo periodo, mentre i Razionalisti
spesso apertamente si rifacevano a determinati pensatori ed a questa
o a quella scuola filosofica, gli Empirici erano piuttosto schivi di
ricorrere ad una qualsiasi a filosofia» e, anche se piu di una voita

terapeutica, un rispetto quasi esdusivo per il fenomene c una ripulsa per la


riccrca delia Urstuhe, anche se non delia Talsache. Ci sono, insomma, gia
,·ali<le basi per la cosciente teori2:2:azione di Menodoto.
g. L'indirizzo metodioo sorse ne) 1 sec. a. C. cd ehl>e cerne fondatore
Tcmisone di Laodicea, allievo di Asclepiade, ma suo principale csponeote fu
Tl:'ssa.lo di Tralle, che fiorl nell'eta di Nerone cd cbbe vasta popolaritll. non
solo tra la bassa plebe, come dicevano con compiacimento gli avversari, ma
anche presso le classi elevatc. Tcssalo {u antippocratico gill. nel sostenere cbe
la vita e lunga e l'arte ~ brcvc e che bastavano soli sei mesi per diventare
medici. Egli prescindeva tanto dall'anatomia quanto dalla fisiologia; la sua
patologia era scbematizzata in slalus stricl11s c status laxl's, chc venivano
curati ciascuno con rimedi opposti, mentre lo stalus mixtus, chc pur :;i poteva
verif1care, gia n1etteva un po' a repentaglio la sua sicumera. Gran parte del
suo sistema si riduceva a trovare rimedi astringenti per la rilassatezza e las-
sativi per la strettezza: si trattava - come scrivc il Castiglioni (St. della Med.,
p. ::: r .z) - di • un sistema semplicistico cbe natumlmente doveva corrispondere
al!c csigcnzc delia pratica e prestarsi a facili spicgazioni e quindi acquistarc,
come la storia delia medicina ci insegna di tutti i sistemi semplicistici, ilfavorc
dcl popolc> •· Contra Tessalo Galeno mostra so"Tano disprezzo sia nel De sectis
sia in m<:~lti luoghi del De m~lhodo nude11di, ovc in 1, r si dice che Tessalo fu
spinto dai desiderio del successo e delia riccbczza e non dalla dignita. deii'arte
ad adulare i ricchi Romani; in 1, 2 viene ironica.mente riprndotto un brano
dcl\'Epistola a Nerone in cui Tessalo sostcncva tronJiamentc che tutti i medici
chc lo avevano prcccduto non avevano tramaudato nulla di utile per la difesa
Jcl\a salute; in III, 2 Tessalo e i suoi scguaci vengono accusati di mancan2:a
di mctodo c di cmpirismo ridotto ai minimi termini c in III, 7 vengono con-
~iderati molto inferiori agli Empirici. giacche Tessalo, • questo novello Asclepio •,
consiJerava i teoremi delia medicina come cosc che non richiedono allatto
conoscenza scientilica, ma comc cose elementaei chc anche gli uomioi deii'eta.
di Pirra c Dcucalionc avrcbbero potuto ca.pirc. Ancora da varic opere di Ga-
lcno sappiamo molti ooml di Mo?todici sia latini che greci: Proculo, Regine,
Eudemo. Mnasea, Filone. Dionisie. Menemaco, Olimpio (che, secondo GALEN.
De meth. med. 1, 9, confonde"a l'allezione col sintomo, il quale c solo l'acci-
dcnte dell'afiezione), Apollonidc, Sorano (che si distinse ncll'ostetricia, nclla
ginccologia c nclla diagnosi differenziale e, bcnchc metodica, studio anatomia.
e fu molto scrupoloso osscrvatorc clei casi clinici: la sua opera. fu ne) sec. V
d. C. trarlotta in latino da Celio Aurcliano). Giuliano, che fu contemporanco
di Galeno e chc questi (De met/1. tn~d. 1. 7) considera va • grosso millaotatore •
(per piil ampi ragguagli vedasi H. DtLLER, Tlussalos, in • RE •, V 1 A, 1, coli.
168-82; l\L \\'ELt.liiA~N. Caelius A11re/i,1nus, in • RE •. III, J, coli. 1256-8).

43· Sutti.:i 11llli<hi.

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SCETTIClSMO E ~IEDICI~A

certe loro postztoni coincidevano con quelle degli Scettici, sembra


da escludere che ci sia stata una vcra e propria alleanza prima del4
l'eta di Menodoto o, per abbondare, di Enesidemo 10 •
La prima fase delia l\ledicina Empirica, che si estende dal quasi
sconosciuto Acrone (V sec. a. C.} all'enesidemeo Apelle (I sec. d. C.)
e caratterizzata da intercssi paralleli a quelli degli Scettici o da
reciproci richiami sporadici; ma c'era gia una naturale affinita tra
Empirici e Scettici, e questa di tanto in tanto si mostrava anche
elettiva e dava segni sempre piu chiari di accostamenti. Il matri-
monio, pero, fu celebrata ufficialmente solo con l\lenodoto di Nico-
media (8ojgo-rso/I6o d .. C) 11 • E fu un matrimonio fecondo e dalla
famiglia scettico-empirica nacquero spiccate pcrsonalita, quali

10. Cir. M. DAL PRA., Lo scetticismo greco, pp. 431·4·


II. La datazione biografica di Menodoto e strcttamente legata a queUa
tlî Teoda ed ~ stata discussa ampiamente gia nel secolo scorso dallo Sprengel
(Versrtch eincr pragmatisclrr. Geschichle der Arzthrilkrmde, Halle, 18oo, p. 658),
da.l Daremuerg (Histoire des sâences mUicales, Paris, 1870, p. t6o), dallo
Ha..'l.s (De philos. scept. SIICcrHioPribus, cit., p. 8) c dallo Zeller (Di~ Philos.
rler Gricch., IV, p. 483, n. z) c la dîscussione e durata anche net nostro secolo
con 1' Issel (Qwuslioncs Sexti.:mae el Galenianae, <liss. ~larburg, 1917, pp. I3 segg.),
che !o fa nascere nel 13o d. C., e col Deicbgrabcr (Die griech. Empirike1'schul8,
pp. 212·4), che !o fa nasccrc întorno al I25 d. C. Mcnodoto era marto solo da.
qualche anno quaudo Galcno, ancora giovane, scrissc nel 164 l'operetta D1
subfig11ratio11e empirica. Probabili sedî del suo magistcro furono Alessandria,
Tarso e Laodicea. La sua principale opera coustava di undici libri ed era dedi-
cata ad un certa Severo, di cui nulla sappiamo, ma dovcttcro esscrc ancbe
intcrcssanti le sue polemichc contra altri ~ledici Empirici. comc ci informa
Galcno (De s"bf. emp .. pp. 65, 1o; 88, 4 Deichgraber}. mcntre i suoi scritti
contra Asclcpiade (cir. DEICHGI\ÂBRk, pp. 285 segg.) dovetteru, almeno in
parte. rifarsi ad analoghe opere di Empirici da Temisone in poî. 11 Rabin
(Pyrrlum ct le scepticisme grec, p. rgo) insiste sulle somiglianze tra !llcnodoto
e Pirrone e sul sua antimmalismo. Quasi certamcnte i passi sestiani in cui si
discute di Platone, dell'Accademia e del probabilismo traggono origine da ana-
loghi passi menoclotci c, secondo il Natorp (Forschu,.ge11 z~<r Gesch. d~s Erkenn.,
p. 156), anche Galeno nel De Mrbf. emp. si sareLbe riiatto soprattutto a 1\leno-
<lotQ come {onte per l'esposizione delia metodologia empirica. Qucst'ultima
riempi eli ammirazione glî studiusi rnoderni ncllo scorcio tra il sec. XIX e il XX
p<"r le sorprcndt>nti affinita col metotlo sperimentale sviluppatosi da Bacona
a Stuart :llill ea Bemarrl (cfr. V. BROCH.\RD, Les sceptiqu.:s grecs, pp. 371 segg.;
La mithodr. expirimmlale chn les 011Cil'IIS, • 1-!.e\'Ue philosophique •. I, 1887,
pp. 37-49; L. FlGARD, Qualerms ap11d Graecos nrperieJrliaru in ir~stituenda m~­
dicillat m~tlrodo commcrrdavrrirrt Empirici, Paris. 1903; A. FAVIEI\, Un midinn
grec dr4 dwxiem~ siecle aprds ]. C., pdcurseur de 111 mit/10de expiritnemah:
.Utnod. de Nic., Paris, 1906; A. GoEDECKEMEYER, Die Gesch. des griuh. Skept.,
pp. 281 seg~.). Al nostro tempo parecchi entusiasmi si sono placati e, nono-
stante qualche inevitabile ritomello anti-mctafisico ormai abbastanz.a confor-
mistico (cir. DAL PKA, Lo scetlicismo greco, pp. 454 segg.), sono apparsi con
chiarezza anche i limiti dell'empirismo metodica chc risulta ben lungi dall'essere
una Theorie des Beweiscs (dr. \V. CAPI!.LLI!., Jllenotlolos, in • RE •• XV, I, con.
90J-J6}.

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SCETTICISMO E MEDICINA 675

Teorla 1z, Teodosio 13, Erodoto di Tarso 11 e, infine, Sesto Empirica.


Kon manc.:'lrono screzi in famiglia sia nell'accettazione in blocco
eli certi orientamenti metodologiei sia ncl modo di fissare i rapporti
con qudla l\iedicina Metodica che sembrava alleata dell'Empirica
e talora - come penso Sesto per un certo per:iodo - anche piu '\dcina
;t!lo Scetticismo, mentre in realta nascondeva non poche insidie
dommatichc 1 ~-
1 2. Teofla di Laodicea, allievo dcl suo compatriota Antioco, fu collega
<li )!cnouotc> e contribui efficacemcntc alia chiarificazione delia metodolllgia
empirica. Le suc due grandi opere lntroduzione afla mediciua e Punti capilali
lurouo ampiamente commenta.te da Galcno in duc opere appositc. ciascuna.
in tre !ibri, mentre la sua opera Partizione ddla medicimz studiava approfun-
,]itamcnt.:o la scmeiotica, la terapeutica l' l'ibricnistica esprimcndo in molti
punti l'ar.cnrdo con i Dommatici. Da lui, forse piu che da 1\Ienodoto, furono
ddinitivamente rinsaldati i canoni dcll'cmpiria: l'autopsia, l'istorla e il pas-
saggio dd similc. Il suo empirismo non a~sumeva quasi mai posizioni radicali
e pt:rcio riscuotc,·a stima e attenzione dagli avversari (cfr. CAPELLE, Theodas,
in • HE •. V A, t, coli. I7IJ·4)·
13. Teodosio visse verso Ia fine de! II sec. d. C. Egli scrisse, come attcsta
Diogcne Laerzio (IX, 70), Capitoli S(;l:t/ici e commento i Pu11tî capitali di Tcoda.
Forse fu ancora piu moderato di quest'ultimo, anzi pare che non nutrisse
multa simpatia per Pirronc (cfr. GoEDECKEMEYER, op. cii., p. 289; DEICll·
GR.i.BER. op. âl., pp. 219·20; K. voN FKITZ, Thcodosios. in • RE •, V A. 2,
coli. 19!9· 3u).
1.\· Sappiamo solo che qucst'Eroo:loto fu il macstro di Sesto Empirico,
che fccc aperta professione di Pirronismo e che fu il quinto • diadoco • di Ene-
siumw (DtoG. LAERT. IX, n6). Farse, mentre Tcoda e Teodosio costituivano
!'ala uestra dello schieramento cmpirico, Erodoto ne costituiva la sinistra e
"''" dovette essere immune da simpatie per i Metodici cht, Iorse a lui e certa-
mentc a Sesto, apparivano piu va.ccinati contro ingcrenze dommatichc. Anche
il prinr.ipalc maestro di Gakno, Aiscrione di Pcrgamo, studioso soprattutto
di tle!Jotomia (dr. fr. 297 Dt:ichgraber), segull'indirizzo empirice, e nel III sec.
li. C. visse un Cassio iatrosofista (fla non confonderc col grande mcdico dell'eta
tibcriana, carne talvnlta e accaduto) che, farse riccheggiando anche Sesto,
c'Jntin\lo la polemica anti-stoica. Poco o nulla, infine, sappiamo di Saturnino,
a.lli<:vo eli Sesto e una uelle prubabili fonti di Diogene Laerzio (dr. BROCHARD,
Lrs S(<'Piiques grecs, p. 327; DAL PR!t., Lo scellic:ismo greC<•, p. 534).
1 5· Esaminando i rapporli tra Ra?.ionalisti cel Empirici nel\a medicina
grcca si cava l'imprcso;ionc che non pochc volte le polemiche interne a cîa-
scuna dclle duc scuolc ,.e.nivano a facilitarc un accostamento ddle due scuole
tra loro. Cio non solo clerh·ava dal fatto che spesso ~ledici Empirici uscivano
rlalia scuola di )Iec.Jici Raziunalisti ~ vice-versa, ma anchc dai sincero amore
p('r la ricerca c per la • veri ta • che entrambi glî indirizzi pmfessa.vano c soprat-
tutto per l'intere,;se dci pazicnti chc non vcnivano ridotti a cav:ie di csperimento,
come !'llOle accadere in tcmpi di !ipcricolato riformismo o TÎ\'nluzionarismo.
Scsto Empirice, applicanuo ancbe alia storia delia medicina il tropo delia
.llLX?(~~b.. rile,.a,·a la grande diliercnza chc intcrcorreva tra Erolilo, Erasi-
strato e A~clcpia.c.Je, i quali tutti praticavano il metodo analogistil:o, e non si
degnava neppurc di menzionare quell'Ateneo di Attalia e quella Medicina
Pneumatica che contamina,·a cosm<>logia stoica e indaj:!int medica. Ma avrcbbe
:" 11 che potuto, a nostro vantaggio, mettcre in rilicvo la 8t:t?W'IE:.I: chc regna,·a
111 campo sccttico-empirico. che ricaviamu, in\'ece, da molte tcstimunianze

galcnianc, Tra i duc grandi indirizzi, ins<>mma, si riscontra spesso lo scambiu


delie parti c il famoso • sperimentalismo. talvolta e anche piu lllarcato nei
Dommatici chc non ncgli Empirici. Qualcosa di simile i: avYenuto nella file-

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(q6 SCETIICIS!'>IO E l\IEDICINA

1 contrasti tra i vari indirizzi medico-dommatici, che rimonta-


vano fina ai tempi di Prassagora, di Erofilo e di Erasistrato e cbe
erano continuati nel 1 sec. a. C. intomo alia discussa personalita
di Asclepiade di Bitinia, avevano messo in crisi ogni orientamento
dommatico e avevano causato una certa simbiosi con la Stoa. da
cui era scaturita la. Medicina Pneumatica, un indirizzo abbastanza.
confuso, anche se non priva di suggestioni per noi moderni. Di questa.
crisi profittarono gli Scettico-empirici per dare impulso e diffusione
alloro credo. Con w1a soia fa va si coprivano due piccioni: i domma-
ticissimi Stoici, secolari nemici delia scepsi fin dai tempi di Timone
e di Arcesilao, e i fantasiosi Pneumatici, che avevano una stoffa
mena consistente di quella di un Erofilo o di un Erasistrato.
L'Empirikersclmle ebbe, quasi certamente, una vasta afferma-
zione in tutto l'impero dei Cesari, e le stesse classi dirigenti romane,
che erano state conquistate dai brillanti e spesso superficiali Metodici,
probabilmente si affidarono sl:'mpre piu agli accurati Empirici, cbe
serninavano in ogni dove le loro &:yc..yy~t Finanche il grande Galeno,
che uscl dalla scuola di vari educatori, ebbe particolare preferenza
per il suo maestro empirica Aiscrione di Pcrgamo e, quando voile
fare i conti, come un novello Aristotele, con tutta la medicina del
suo tempo e del passato e in particolare con gli Scettico-empirici,
pur respingendone le premesse teoriche, ebbe sempre per costoro parole
riguardosc e ne sottolineo lo scrupolo metodologica sia nella diagnosi
sia nella prognosi sia nella terapia. Memore di quella a empiria totale •
che Aristotele, espertissimo di scienze biologiche e di medicina,
aveva introdotta nelle sue sistematiche ricerche, Galeno, anche nel
pieno delia polemica, cerca di inse-rire l'apporto data dall'empiria
in un sistema razionale delia scienza mcdica che, a sua voita, veniva
organicamcnte inserito in una cpistemologia enciclopedica, con tutti
i bagliori e i pericoli che siffatte costruzioni recano con se 18• E la

sofia pre-kantiana tra Razionalisti ed Empi..ri.>ti, e farse Galeno, come un antico


Kant medico, mirava a concludcr:-c la secolar~ polemica piuttosto che ad a.c-
ccntuarla.
16. In De tucth. lllt'd. 1, 4 Galeno fa presente che non esistono solo {eno-
meni sensibili, rome vogliono gli Empirici, ma anche fenomeni mentali (vo~GEI),
i quali pur vanno presi in consider:-azione. Egli non nega (ibid. I, 9) che anche
i Medici analogisti o dowmatici o logici cadano in grossi errori quando traseu-
rana l'csperienza, ma e anche grave crTore qucllo di pretendere di spie~a:n'
cio-che-e-contro·natura, come i morbi, i~'llorando cio-che-e-per-natura (Jbid.
II, 4); percio ~ necessario non confondere cio che si trova nell'empiria con
cio che si investiga con la ra~ione. ma trovare una composizionc di entr~be
le cose dopo averle approfonditi.' separatamente (ibid. II, 6). Gli Empmcl,
• ammacstrati dalla stcssa esperienza • (ibid. V, 1), si sollcvano di gran lunga
al di sopra dei 1\Ictodici, ma, poich<! respingono - anche se solo in tcori_a.-
la ragionc, sono superati dai Logici, i quali sono gli • autentici metodiC!•
(ibid. Il!, 7)·

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SCETIICISMO E l\IEDICINA

swola di Menodoto puo essere da noi conosciuta soprattutto attra-


verso la tcstimonianza ostile ed anche obiettiva (nei limiti del pos-
sibile} di Galeno, come gli antichi Sofisti possono essere da noi cono-
;;ciuti soprattutto attraverso la testimonianza ostile e generosa di
Platone. Lo stesso Sesto Empirico che, come ricco dossografo, ci
Jascia sovente solo l'imbarazzo deUa scelta, e purtroppo - almeno
per quello che ci e rimasto dei suoi scritti - abbastanza avaro di
notizie in merito all'indirizzo rnedico da lui seguito e patrocinato 17•
La metodologia scettico-empirica, fondata ufficialrnente da Me-
nodoto ma che gia si era andata profilando in maniera piu o meno
]atente nei numerosi medici pre-menodotei, attrasse la viva atten-
ânne anche degli avversari per la sua sorprendt'nte originalita e per
la costruttivita del suo procedimento ormai tanto diverso dalie ne-
gazioni dialettiche degli Accademici e dello stesso Enesidemo. Questa
metodologia, ristudiata e quasi riscoperta con la piu viva simpatia
nella scconda mda del secolo scorso durante i trionfi dello speri-
mentalismo positi\-;stico c della revisione cmpiristica del criticismo
kantiano, ha entusiasmato non pochi interpreti, i quali - come il
faYicr - vedevano in essa prefigurarsi e gia quasi realizzarsi anle
litteram tutto il modemo metodo sperimentale. l\Ia al nostro tempo,
anche se ancora ci sorprendono non poche affinita tra gli Scettico-
cmpirici antichi e pensatori modemi corne Francesco Bacone, il
nostro giudizio e piu cauto e ponderato. E la nostra prudenza non
intf:'ndc, certo, riduJTe entro lirniti angusti il prezioso contributo
...:he quegli 1< sperimentatori » diedero non solo aUa loro scienza, ma
anche alle altre scienze e alla stessa filosofia, bensi solo premunirci
contro eccessive illusioni ed errori di prospettiva storica. Un breve
csame dei principi fondamcntali delia metodologia scettico-empirica
ci induce, infatti, ad un controllato e critico entusiasmo ed a valoriz-
zare problematicamente un cosi serio contributo scientifico-filosofico
piuttosto che a vedere nellc cose quello chc non c'e.
Il primo principio degli Scettico-empirici e l'ispezione diretta
(o:u-.!Jyb::) 18 • Il medico deve essere u uno che vede con i propri occhi n

r7. Di qucstioni medichc Scslo trattava in due opere che sono andate
PE-nlutc: ~;li Scrilli empirici (dr. Dcichgrabcr, fr. 56) ed i Cvmmmtari medici
(di c_ui e menzione in Adu. log. 1, 201 = fr. 298 Dcichgrabcr). Una raccolta di
pa"S1 • l.'mpirici • e costituita dai frr. :.199-303 Deichgrăbcr: si tratta di una
l"accolta molto ridotta e stringata chc pr~supponc tutta una ,·asta metodologia
th cui, ncl Corpus sc~rliaomm, ci sono rimasti solo gli addcntellati filosofiei.
18. L'autopsia ~ strutturalmcnte legata alia scnsazione e pua costituirc
un principio metodologica solo se !IÎ libera da quegli elcmcnti fortuiti che la
rentierebbero instabile e contradditoria. Il contrasto tra TUZ7J e TE;{'.I"Ij. che
afiondava It sue radiei gia nell'cta pre·platonica (cfr. ~1. PoliLE~z. De~ Geist
der gricch. ll"isswschaft, Berlin, 1923, pp. 8 scgg.; B. S~ELL, Die BO?griffe des

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SCETIICIS!\.10 E l\1EDICINA

(1Xu-r6r.-:-1Jc;) tutta la situazione dell'inferrno, deve fare un bagno nella


n verde vitali ta» sbarazzandosi di apriorismi pericolosi che hanno
per fondamento case che non si vedono, ma sono soltanto il risultato
di elucubrazioni logiche. Questa fresca liberta del medico non ~
affatto un modo per rendere facile il suo compito: con l'ispezione
diretta, infatti, il medico si accolla una vcra e propria fatica di
Ercole (come diceva Cicerone 19 a proposito di Carncadc) per spazzar
via dalla sua mente gli errori delia ignava ratio. Ma Ia semplice
n visione diretta n puo rimanere uno sterile fascio di sensazioni se
non si determina come « ricerca » (TI)pl)11Lc;), comc laboriosita. inda-
gativa, giacche il medico non pub intervenire senza aver visto di
persona, ma resta perfcttamente inutile se si limita solo a vedere.
Il rapporto tra la semplice ~u":"o~(!X e la piÎl proficua TI)p'Y]aLt;, forse,
non apparve subito con chiarczza; ele variazioni terrninologiche che
si riscontrano nelle testi:nonianze non sono prive di significato ma

IFisscns in der vorplalomisclrr Plrilosoplrie, Berlin, 1924. pp. 85 segg.; J. STEN-


ZEL, Sludien Zllr Eutwick/Uirg der plalrmisdrm lJialektik, Breslau, 1917, pp.
71 segg.), vcnnr rilevato anchc da Aristotele. il quale sosterme che I'empiria,
matlre uell'arte. gia va oltre la -r',zll (cfr. Metr,ph. J. 98ob 28; An. post. II,
19, 1ooa 5 scgg.), e ancor piu da Teofrasto (cfr. W. THEILER, Die Enlskhung
deY Melaph. des Arisl .. • Zllus. Hdv. •. XV, 195S, pp. 85-115; A. '\VEISCKa,
CiccrtJ 1md dic NC11e A kadem.ie, pp. 6~-7) e da Diode eli Caristo, che motto
si riface\"a alia filosofia dcl Pcripato (cfr. DEICHGRo\BER, Die criech. Empări­
kerschufe, pp. 273-7. ave e dclincato un progressivo scientificizzarsi del concetto
rli e~perienza in eta ellenistica anche aci opera dclle indagini dello StoiciSino
(' dell'Epicurcismo, contra cui gli Sccttici erano in Iotta, ma da cni desumevano
anche temi c r..oncr!tti; \V. 1:\EGER, Diuhlt:s 11011 l{ arystos: Die criechăsclul
ll,fcdi:ill und dic Schatle rles tfristnlcles, Berlin, 1938}. In realta anche i grandi
l\Ieuici Razio:malisti pratica,·ano l'osscn·azione diretta e, ncl mondo modemo,
il terminr tccni..:o • aulopsia • rlcri,·a piu dirrttamente dalla tccnica anatomica
delia sczione dei cadaveri praticata da Ioro chc non dai concetto empirica di
ispr?.ione, Cio che gli Empirici lll'll potevano accettarc: rra Ia presenza del
J..o·1 •tafLI,~ accanto aiia -:p~~l; (cfr. DEICH(;n.i.BER, ap. cit .. p. 277), e farse pro-
prir. su quesla conclnsione auti-razionali~tica si anda,·a preparando il terreno
per una feconda collahorazione tra Scctticismo e :\lcdicina Empirica: il primo
dava alia sec•Jnda le anni per combattere contra il Dl)nunatismo, e la scconda
dava al primo lr armi per potcr ,-h·crc praticamcnte. ln rcalta, come ha rile:
...-ato il Ileichgrah"r (op. rit., p. ~91}, empiria crl autop~ia diffcris.:ono solo dt
nume e la loro cmuunan7.a c rlata dall'insistenza sulla sensazione. Anche se
non mancano punti in comune tra Ra1.ionalisti ed Empirici (au es. nella pa:r-
tizionc delia medicina in semeiolica, terapeutica cd igicnistica c neUa fond&·
zione ddl'csperimento mediantc il supcramcnto dello !ipuntancismo e la co-
struzione q u::tsi aristotelica di una • mimcsi tecnica • ( !J.L!t1j't"~X~ ;:dpCIIi)• gU
Empirici non rcccdonu mai dai presupposto sensisti.:o e dannu validitâ al lo~
• teoremi • non "s"mpre o ma • per lo pii.t •, arrivando a qucst'ultimo q~1
attra\'crso una somma algebrica ddle risultanze positive e negative dcll'autops1a
(dr. SExr. E~u·. Adt•. log. 11. z8S). In tai modo, mentrc la :.\Iedicina Domma·
tica. pur con le sue ditfcrenze ideologiche, pcrviene ad una totalita sistematica•
mcnte oruinata, la :Medicina Empirica intendc limitarsi, per cautela, ad una
somma di oppo~te osser\'azioni.
19. L!lcrcll. xxxn·. 1os.

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SCETIICISllO E MEDICINA 6·79

ci pcrmettono di tastare il polso aUa vita interna dell'indirizzo in-


rlicato da Menodoto 20• Oltre a cio non dovette sfuggire agli Empirici
filosoficamente meno sprovvcduti l'impossibilita di una rxtrro~l:x ge-
nerale a causa della infinita stessa delle cose da vedere e della fini-
turline del soggetto che dovrebbe vedere. Stando cosi le cose, o bi-
sognava ridurre l'ispezione dirctta ai minirni termini, come purtroppo
rrano propcnsi a fare i J\Ietodici 21, oppure bisognava ricorrere a
qualche altro principio che le facesse da supporto.
L'impossibilitâ. d.i una esauriente a.u-ro~(IX rendeva, percio, indi-
spensabile il secondo principio metodologice, quello dell'ta-roptot 22,
un principio che potremmo chiamare « ionico », se pensiamo alle
origini della ricerca filosofico-naturalistica della medicina ippocratica,
ma potrcmmo chiamare anche « aristotelico •• o 11 teofrasteo ,. se pen-
siamo all'immenso contributo dato· dai Peripatetici in questo settore.
Lo Scettico-cmpirico, che spesso vede nel pensiero de! passato una
contraddittoria filastrocca di opinioni, non puo sottrarsi al contributo
che le ricerche giă. fatte con serieta metodologica prima di lui hanno
dat o alla scienza: egli, perei o, le accetta, purche non siano in con-
trasta con cio che si puo direttamente osservare. Le cose che sono
" di per se non evidenti u non possono costituire mai un patrimonio
drll'~a-:~?Lot: da questa noi possiamo raccogliere solo quelle che
sono "contingentemente non-evidenti P 23• Come l'a.?!-ro~(:x non po-

~o. E siguincativo il fatto che Scsto non usa mai, in tutti gli scritti chc
ci ~ono pen·enuti di lui, il termine IXU"!'O~{~X, mentrc usa spesso .-f;pl)O~ e
:ta:F:x.,-·~;;T1 cn~ (cfr. l'iuclice eli Jana~ck, pp . .ZJD-1, 174·5).
21. Costa ro. infatti. si limitavano a riscontrare le • comunanze • su cui
Tcssalu avcva scritto una delle suc opere principali (cfr. GAL!!.~. !Je meth.
mni. 1, 2) e chc gli facevanu curare • tutti i pazicnti allo stcsso moda • (GALI!.X.
ibid. XIII, 18).
~z. Tra le ''arie delinizioni date a qucsto tcnninc sono da ricordare • an-
lmnciu dclle cose dstc •, • annuncio delle cose chc appaiono con cvid.:nza •,
• annunc:io c:lelle cw;e che si vedono o nd moda in cui 5i vcdono • (GALEN.
Dt subf. emp. V III), • esposizione delle cose che sono state sperimentate spcsso
st:cond.-, le stcsse caratteristichc • (GALE:":. De opt. secla I. 142. 18 = fr. 59
lleichgrabcr). 111cntre il Philippson (De Philodemi libro qr~i est 1te:pt Gl][l&:(c..v
:1.1\ 07j[lE~wCJE<~v. p. ,51), rifaceudosi al Prantl (Gescll. der Logil1, I, p. 129)
wdeva giustamente i fondamenti dell'istoria in Aristotele, il Deichgraber
(o>fo. fii., pp. JOO·I) estende ancora piu giustamcnte CJUCsta provcnienza aUa
mcuicina ippocratica e in particolarc ali o scritto capitale A 11tica mcdiri"a.
(~u altri add~ntdlati prc-platonici vcdasi inollre, dello Snell, oltre l'opera
Citata 11l n. 18 anchc il precedente studio Der A usdruch Jllr des Begri!f des ll"iSSl"U
'" d,_,. '''''f>lal. PIJilos., Berlin, l91.J. pp. 84 segg.). Strettamente legata alia
d"fmllionc:- c:li istoria e l'c5pr<>s.sione sestiana (Pyrrll. llyp. 1, 4) • noi enunciamo
~on nwtudo storico (lcr•llpt:t.17>.; .X,..~X.()'H.).oJ.l.t'l) iutorno a ciascuna cosa secondo
'' m~c:lo in cui essa attualmcnle ci appare • (per i vari usi del t•,nnine !G-:o~(IX
e dc1 suoi d<!ri\"ati in Sestu .-edasi ]'indice di janâfek. p. 124).
!J. Per la fenumeno1'1(;ia c:ll'gli ă.c'h;/.!X dr. SEXT. E~rP. Pyrrh. llyf'. 11, 97;
Adv. l.>g. Il, 145-147 c le acute indagini tenninologiclle eli K. JanMt'k (Sex/IlS
Empi•·iws suptical Me/lwds, Pl'· 25. _10, 33. i2, !:lo, 104 e soprattutto 107·108,

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68o SCEmCIS!\10 E MEDICINA

teva andare oltre il fenomeno, cosi anche I'ta-ropt:x non puo essere
che u storia de! fenomeno H. L'istoria di Wl ricercatore, insomma.
presuppone l'autopsia di un altro: ragion per cui e possibile creare
una storia « fenomenologico-sccttica 11 della scicnza e delia filosofia:
cosa che ha genialmente fatto Sesto Empirica in certi suoi excursus
storico-tilosofici 24 • Aveva affermato in un momento di entusiasmo il
vecchio Timone: u Si, l'apparenza ha vigore in tutti quei luoghi
ave giunga! » 25• Ma l'apparenza - o addirittura la parvenza - con
i suoi limiti invalicabili lascia la bocca amara al Dommatico, e non
lascia, d'altra parte, soddisfatto neppure il problematica Sesto Em-
pirica, che farse rillettc un imbarazzo non solo personale, bensl
anche dell'indirizzo da lui scguito.
L'lcr't"opt():. e un contributo di conoscenze u fenomeniche n che ci
vien dato dai passato, ma, come l'a.:u't"oy(a, essa rimane sterile se
non si trasforma in impulso all'intervento medico; e all'intervento
vero e propria giă. ci accostiamo col terzo principio metodologico
degli Scettico-empirici: qucllo del passaggio dai simile al simile
(11-s:-:~[)at'l'Lt; TOU OfLO(ou) 211• Questo principio, almeno nel campo delia
logica, ha un carattere piu accentuatamente rivoluzionario di turti
gli altri. Aristotcle aveva recisa.mente vietato e condannato come
errore di logica e come pericoloso abbaglio nelle indagini metafisiche
la !LE't"cX~a.:cw; de; &tJ..o yevoc;, giacche due case simili fra loro, anche
se la loro somiglianza e molto accentuata, rimangono tra loro irridu-
cibilmente estranee 27 • Ben diverso e, invece, il casa dell'analogia
che, con la sua quatemio lcrmi11o11tm, riduce le differenze qualitative
a mere differcnzc graduali nell'ambito di una stessa sostanza e, quindi,
pua trovare una certa applicabilita in sede logica. I Medici Razio-
nalisti ricorrevano al metodo analogico, giacche esso si inseriva in

ovc. csaminando Adt•. lag. 11. 27. lo studioso moravo. in contrasta con lo Heintz,
so5tienc chc • Sextus was familiar with all sceptical finesses •. Noi allc {i11~sses
~cettiche aggiungcrcmmo anche quelle medico-empiriche.
24. Rinvio al mio capitole Sesto sloricu delia logica a11tica in SESTO EIIIPl-
Rico, Cor~tro i Jngici. pp. XVIII·XXIV.
25. Fr. 64 Diels.
26. 1 Razionalisti applicavano il principio logic<rntatematico dell'analogia
in riferimento alle parti del corpo umano. alle malattie ed ai rimedi: anche gli
Empirici applicavano la loro mcJabli.Si.s a questi tre scttori, ma differivano
dai loro avvcrsari in quanto questi ultimi si (ondavano sulla causalita. mcntre
essi sulla verosimiglianza c sulla probabilită., in armonia prot:ressi\•amente
sempre pin consapevole con i prindpi scettici. Come ha osservato il Deich-
grăber (op. cit., pp. 304·5) contro il Philippson, anche se non si pua negar~
qualche affinita con la tradizionc ari~totelica. gli Empirici non perdono tnlll
!li vîsta illato praticu delle questioni e cio li rcnde sostanzialmente diversi dai
teoreticismo peripatetico.
-27. Aristotele insiste su qucsto divkto particolarmente in A 11. pr. 1. 27;
An. post. I. 7-9; Il, 13; Jldaph. X. 7. 1057a 26 segg.

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SCETTICIS!\10 E !IIEDICINA 68r

un sistcma rigoroso di corrispondenze, e maggionnente si sentivano


autorizzati ad applicarlo quelli che si rifacevano ad un sottofondo
di carattcre meccanicistico-materialistico. Gli Scettico-empirici, in-
·wre, sostenendo il passaggio dal simile al simile, non intendevano
;:opprimere le differenze qualitative inerenti all'apparenza fenome-
nira, anzi in cio erano intimamente d'accordo col qualitativista
_\ristotele pur senza condivideme affatto le implicazioni metafisiche 28•
Essi, pero, per l'attuazione della loro IJ.S:":'tX~ClO"Lc; presupponevano
Lmnullamento delia definizione, giacche il rapporto genere-specie,
senza il quale e impossibile defi.nire, e &a7j/,ov, come quasi certa-
mcnte aveva scritto Enesidcmo e come avrebbe precisato con ric-
chczza di argomentazioni Sesto Empirica 29• La distruzione del defi-
niziunismo- o, per meglio dire, la riduzione della definizione (opoc;,
-î~c.p~crtJ-6.:;) a 1( distinzione fenomenica D (a~ota•ol-f,) 90 - rcnde meno
rigido il rapporto tra i similia e facilita proficuamente il passaggio
dall'uno all'altro di loro in sede di operativita pratica. Siamo, pero,
ancora molto lontani da vere e proprie dottrine evoluzionistiche - che
indubbiamente Sesto avrebbe accusato di dommatismo - e tanto
m>:'no storicistiche 31 (per giungere a Vico dovra pas3are un millennio

~s. Aristotele (Jfetapl•. VIII, 2, 1043a :z segg.), studiando le diffcrcnze


dclle forme nelle sostam:e sensibili, si era posto il problema dell'applicabilita
analogica in sede dl?finitorio-metafisica, ma avcva ben sottolineato l'inclu-
sinnc di ciascun oggetto (diffcrente dall'altro) in una stessa sostanza • esscndo
la. sostanza causa di ciascuna cosa •. come egli gia aveva precisato in J'fetaph.
VII, 1 i· Per !'(li Empirici, invcce, sostanza e c<1usa sono epochizzate e alia
metouologia dcduttiva, chc c il prcsupposto dell'analogia, si va sostitucndo
una metodologia induttiva, le cui diflerenze con !'analogia non erano sfuggite
gia allo stcsso Aristotelc (Top. I, 156ţ> 10-17).
29. Cfr. Py"h. llyp. II. 219-227. E ovvio che tra due mali, quali sono
i gencri e le specie, se gli Empirici dovranno pur scegliere, sceglicranno le
sccoutle (cfr. SEXT. EMP. Adv. log. 1, so}.
JO. Cfr. SExT. E~P. Pyrrh. hyp. Il, 205-21Z, ove la definizione e consi-
derata nnn solo impossibile. ma anche inutile ai fini conoscitivi c didattici;
G.'LLE:->. De .<rtbf. emp. VI, p. 59. :z scgg.; VII, p. 6z. 7 segg. Dcich!,'Tăber;
nonchc fr. 116 Deichgrabcr. un'applicazi(ln(' delia a~cUHQA-f) e e&e!,'llita da
Sesto in sede logica a proposito dcllc anfibolie (cfr. Py"h. hyp. II. 256-258).
A qut'sta nozione, che il Deichgraber (op. cit., p. JOS) definiscc • clie l;nter-
s<:heHlnug des Obereinsliuuneutleu vom lndividuellen •. c strcttamenle con-
g.iunta la uo:o·;-p:r.cp~. ossia la descrizione o • sottoscrizione •. sostantivo che
Sesto non usa mai direttamente, ma di cui sfrutta il verbe piil di una voita
(cfr . .-ldt!. math. 111, 20, 96, 100; VI, 41; Adu. log. 1, 23, 23!i; II, 9. 12. 244,
3 1 +· -154; Adv. eth. 25, 42 = Pyrrh. llyp. Il 1. 175), c che troviamo in G.'LLE!':.
D~: .sub.(. cmp. \'II, p. 63, 1 Deichb"Taber e in Voll. VIII, 7~5. 17 e XIV. 686,
4 I'-?hn. L'applicazione delia • descrizione • fu fatta in modo molto detta.gliato
negh studi di Eraclide di Taranto !mila pulsazione (cir. DEICHGRABEH, op. cit.,
P· Jo6). Non e, comunque, priva di attratti\'(• J'accostamento de! descrittivismo
medico·empirico a quello delia motlerua lenomenologia husscrliana .
. 31. Vetla.si, a talc riguardo, A. FAV, l'ico, il filosofa ddla mctahasi, • Riv,
cnt. di st. delia filos. •, XXXI, I9i6, pp. 2j1-78.

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682 SCETTICISMO E MEDICINA

e mezzo), ma si va profilando uno sganciamento da quel formalismo


logica che gli Stoici avevano, pur mirabilmente, contribuito ad ac-
centuare dopo Aristotele.
La !L~Toc~"aLc; scettico-empirica resta coerentemente fenomene-
logica e la sua articolazione e resa pos:.ibile dall'epilogismo, che noi
potrcmmo chiamare «analogia fenomcnica », se il sostantivo non
gravasse troppo sull'aggettivo 32 • E con l'cpilogismo siamo quasi al
polo opposto dcll'astratta acribia delia matematica, contra cui so-
prattutto Sesto, uccello di Minerva dello Scetticismo greco e anche
della Medicina Empirica, non cessa mai di polemizzare non solo
perche essa, fondandosi su un'ipotesi, c per lui un summum ius summa
iniuria in sede di aperta riccrca scientifica 33, ma anche perche i
snoi catastrofici effetti si erano riscontrati, in campo medico, a
cagione di quella 11 iatromatcmatica » che imbastardiva la piu « esatta 1
di tutte le scienze in un cumulo di fantasiose credenze capace di
adescare pcrsino autf:'ntici scienziati, carne Claudia Tolomeo M.
L'analogismo delia :Medicina Dommatica non poteva articolarsi
senza il presupposto di tma causalita che non solo Aristotele, ma tutti
i filosofi « dommatici » non avevano mai attaccata, bensl solo varia·
mente posta ao. Dopo la battaglia di Enesidemo contra l'aitiologia,

32. Il termine bni..oyto!J(LO; non trova riscontro in Aristotele. !ie non in


rare applicazioni non tccnichc (fr. 123 Ro!le; Polii. VI, 8, 1322b 35), ma fu
prescnte nella dial~ttica stoica, comc ci infunna Galeno (ln Hippocr. progn.
voi. XVIII B, p. z6 Kiihn = Stoic. vet. fr(jg. II, 269 Amim) che cosllo difle-
rcnzia daU'analogismo; • Analogi!imo e un discorso che parte dal fenomeno e
produce In comprensione de! non-e,·idcnte; epilogismo, invecc. e il discorso
comune e concorde presso tutli •· Questa delinizione stoica fa pensare che
gli Empirici alobiano. almcno parzialmcnte, mutuato il Ioro cavallo di bat·
taglia dali'Epicurcismo (c!r. DEICIIGRĂBER, op. ât .. p. 306). Sesto usa il ter-
mine epilogismo poche volte; in Pyrrh. hyp. Il, 123. ne! senso tii • ragionamento
empirica • per demolire il concctlo di • scgno •; in Ad1•. log. I, 352 nel senso
di • argomcntazionc sceltica •. per demolirc il concetto di criterio; in Adv.
math. III, 7. nel scnso di ~ proccdimento aporctico-diaiutico • per sottoporre
la teoria geometrica del postulato-ipotesi aduna scrie di quesiti. Piu frequente,
invece. e J"uso de[ verbo t;n).oy(~ttr9-%L (cfr. iudicc di Janălek. p. 100). • •
33· Hinvio alle mic os.sen•azioni in SEsTo EMPIRICO, Co11tro i matematiCI,
pp. XXlV·XXX.
3-4· ln particolare si ricorda quell'intcressante mistione di autentica ari-
stotelismo e di irragionevoli crc-den~e che e il T ~ll'ubib/()s tiei grande astronomo
greco. Per le \'arie sctte medicltc e per il rigurgito delia medicina pneumatica
c di qudla iatromatematica che suggcrl qualche idea ncl sec. XVII alia _iatro-
chimica eu alia iatromeccanica cfr. G. VERBEI(E, L"iuullftion de la doctnnll du
Pllcuma dll Stoicismc a 5. A ..gmtill, Paris-LoU\·ain. 1945; G. SARTO:O:, Galen
nf Per~o1mn.ţ, Lawrencc. 1\ansas. 19H· soprattutto il cap. 5 intitolato Th•
Alcdical s~cfs ;,. Galen's time. pp. JO·S; B. P. REAI<llO:-i, C()Jirants Litteraires
grecs, etc., pp. -0·63.
35· Il concctto dommatico di analogia. chc Sesto (Ailt•. log. 1, 106) fa
poggiare sul numero, estendentlosi nci vari seltori deUe umane conoscem:e,
da l'impressinne tii manifestare una vcra e propria ll'efttmscfuii41WC e di reg•

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SCETTICISMO E !llEDICIN'A

la ~Iedicina Empirica aveva ottenuto anche il supporto dialettico


per continuare la sua battaglia anti-causalistica. Ma Io scire per
causr1s esercita le sue stregonerie quando meno ce lo aspettiamo anche
ai nostri giorni. Cosi gli Scettico-empirici, quasi a bassa voce, am-
mdtevano le cau~e procatartiche, che sono, cioe, evidenti al pari
rki fcnomeni stcssi e che anche gli aborriti Stoici avevano contem-
platt' nclla loro dommatica aitiologia 38•
Da qucsto nostro breve quadro delia metodologia scettico-cmpirica
risnlt.1, comunque, con evidenza il contributo dato da qucll'indirizzo
mc<.licu-filosofico ad una emmdatio intellectus per ogni ricercatore.
Dd rcsto lo stesso Galeno non ne sottovalutava affatto gli aspctti
c•Jstruttivi, anche se mirava ad inserirli in un 'organicită. logica, a
suo parere piu avveduta ed esauriente. l\la tanto piu era effi.cace
qt~esra ricca metodologia quanto piu i Medici Scettico-empirici - in
quC"<;to molto simili ad Aristotele - scendevano a dettagliati studi
terapeutici, patologiei, fisiologici, dietetici e fannaceutici che non
avevanu molto da invidiare ai grandi Medici Razionalisti del passato.
A questo punto ci domandiamo: con la Medicina Empirica,
clunque, lo Scctticismo impara pure a costruire qualcosa e non si
limita piit ad epochizzare tutto? Molti studiosi moderni hanno ri-

J.!ern<:- le fila. se si pcnsa anche all'analogismo grammaticale e all'importanza


dd Jinguaggio come tcnnometro cpistemologico e storico. Di qui il profondo
>;ig-niticato ,!dle polcmiche scettichc contra i grammatici analogisti c l'ori-
ginalita. oltre che l'altissimo valore anche letterario, del trattatn <li Sesto Em·
piricn Conlro i grammafici. Per il va~to probll'ma ci limitiamo a ricordare:
Il. STEI~TJB.L, Gesclricllte der Spt·achwissens,,Jrafl, 1. pp. 3-40 scgg.; J. H. SAN·
D\'S, Hish•I'.Y of Classical Sdwlarsl•iP. I. Cambridge, 1906, pp. 319 segg.; A.
P.~GLJ.~Ro, Scmmrari<' di ling11istica ario-t'llropea, I. Roma, 19.10. pp. 28 segg.;
H. DElli.~t.\:-::-o. Farro und die llcll~"istisc!Je Sprachllleorien, • Prohll"ruata >, V,
19.~~. pp. 52 se~;~.: H. l. 1\lETTE, De Cralefe Mall iola seu PergametJo, Berlin,1931
c Prnataesis. Halle, 1952, pp. r 1 scgg.; A. DIHLE, Amzlvgie II1Jd Allizismus,
''Hermes •. LXXXV. 1957. pp. 170 stgg.; F. CoLLART, Analogie ti anomalie,
• Entrrt. sur 1' Antiquite Class. •. IX, rg6z, pp. 1 17-41. Prr altri raggt1agli rinvio
allt: mic ossen·azioni in SEsTo EMPIRica, CoJI/ro i nra/emalici, pp. xni-XXI.
.)6. Rifaccndosi a Crisippo. Clernentc Alcs~andrino (Stro111. VIII, 9 = Sloic.
:•rl. frag. II, :H6 Aruim) <lefiniscc le cause procatartiche come • quelle che
offr••no l'impubo iniziale ad un qualche av\·e1tirncnto. come la bellczza all'amorc
pc'r qnclli chc sono incontincnti: inf;1tti un oggctto visto da costoro rnettc in
atto la luro disposizione erotica, anche se. pcro, in moda non coercitivo >.
S;,cnndo Plutarcu (De Sloic. rtp. 4/. IOj6L) Crisippo non sarebbe stato coe-
rente con sti stesso ne! limitare l'azione do"l fato non alia causa perfetta, ma
~olo a qudla pmcatartica {la questione si tmva gia nel Dt fato ciceroniano).
~csto accenna fuggevolmente allc cau;;e procatartichc in PyrriJ. hyp. III, 16
npr.rtanclo prohabilmcnte il pensiero di :\lcdici Empirici: • Alcuni hanno anche
ckt to che certe cose presenti sono cause di certe cos~ fu ture, cornc avviene per
1" causc procatartichc; cosi. ar..! CS('mpio. l'insolazionc c causa di fcbbre •·
1 p<t~~i galeniani ui De s11hj. emp. che trattano rli questo tipa di cause strctta·
n1ente legate a cio-che·e-momcntancamenle-non-c,·idcnte sono correttamcntc
spiegati dai Dcichgrabcr (op. cit., p. Jo6).

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SCEITICISMO E MEDICINA

sposto affermativamente ed hanno a\-"Uto le Iora buone ragioni, anche


se queste non sono state sempre filosoficamente pure, ma viziate di
insidioso idt>ologismo. Tuttavia, un'accurata indagine di quanto ci
e rimasto del piu grande «empirica» di nostra conoscenza - ossia.
di Sesto medico e filosofa - ci vieta di rispondere con superncialitfl
che, propria in punto di marte, Jo Scetticismo greco si era stancato
di dire sempre di no e di mettere ogni cosa tra parentesi. A meno
che non si vogiia alludere al proverbiale " miglioramento delia
marte v! 37 •

Gli stretti legami che lo Scetticismo ebbe con la 1\ledicina Empirica


risultano filosoficamente ben rilevati nel celebre e discusso passo
sestiano con cui apriamo quest'ultima sezione della presente raccolta,
quantunque l'autore dichiari la propria adesione alia Medicina Meto-
dica che, almeno nel tempo in cui furono composti gli Schiz:i, gli
sembrava, farse a torto, immune da elcmenti dornmatici piu della
Medicina Empirica. Di notevole importanza e il Proemio di Celso
a quella sezione deHa sua enciclopedia scicntifica cht! e riservata
alla medicina 38 : bencM Celso non sia un filosofa, il suo quadro gene-
rale delia medicina antica fino all'eta di Tiberio ci fa vedere come
gia prima di Menodoto le relazioni tra Scetticismo e Medicina Empi-
rica non fossero affatto trascurabili. L'opuscolo di Galeno De sectis 311,
scritto quando gia dalla riforma menodotea era :fiorita una grande
scuola medico-filosofica, coincide piu di una voita, ad oltre un semlo
tii distanza, con la testimonianza celsiana non solo in molti dettagli,
ma anche nella struttura espositiva, tanto da suscitare l'impressione
che l'autore intenda continuare )'opera di qualche suo predecessore
tenendola al passo con i tempi. Infine il trattato De suhfiguralione

37· La costruzione m('todologica delia Medicina Empirica. quant.!o vienc


presa in considerazione da qucl possente dialettico che - dopo tutto - e stato
Sesto, non rimane, in definitiva, immunizzata dai Loge wagneriano. e di cib
hanno avute consapcvolezza i grandi sccttici moderni nel battere una via
spesso di'·ergcnte da quella tracciata da Pirrone di Elide e percorsa da tutti
i suoi seguaci.
38. La tradu:done e sta ta eseguita sul testa di F. )·Jarx (Lipsia. 1915):
di grande utilita sono state la traduzione inglese e le note di ·w. G. Spencer
(London·Cambridge ~Ia.o;s .. 1960) e la traduzione italiana di Angelo Dl'l Lunga,
pubblic.ata postuma dai noto figlio Isidoro (Firenzc, 1904). Circa le {onti di
Cclso. per le pr~ziosc notizie riguardanti le scuole mediche ddl'antichita di
cui il nobile rampollo d('lla gms Copnelia ~ imparziale espositore cd arbitra,
e ancora ~ostanzialmente ,·alido lo studio drl \Vellmann, A. Corudius Ce/sus,
eit1.: Quelfcnrwh·rsuc.Jumg. Berlin. 191 3·
39. La traduzione ~ stata eseguita da CLAUDI GALE:SI, Opeta omnia, Edi-
lir>llf.lll curavit T. G. /\ulm. Tom11s 1, pp. 6-J-105, Lipsiae, 1821, ristampa ana-
statica Hildesbeim, 1964.

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SCETTICISMO E MEDICINA 685

on.piricn 40, giunto a noi merce un'orrida traduzione latino-medievale,


e la piu completa disamina della metodologia empirico-medica in
nostro possesso. Scritta con intento polemica, l'operetta sa solle-
yarsi dalla schermaglia aUa critica e conticne tutti i pregi e tutti i
difetti di un grande autore che avrebbe dettato per !unghi secoli
ogni legge nel campo della medicina e poi sarebbe divenuto, con pari
esagerazione, il bersaglio preferito di medici, filosofi e storici moderni.
In una raccolta scettica non ci e parso opportuno inserire le nu-
merose testimonianze tecnico-medicali concementi l'indirizzo em-
piriro. Per tali testimonianze rinviamo aUa ancor valida raccolta
di Karl Deichgrăber.

Scctliâsmo, Medicina Empirica e Medicina Met.od1:ca (SESTO


E:.IPIRICO, Pyrrh. hyp. I, 236-24!)

Alcuni identificano la filosofia scettica anche con la setta 236


clei Medici Empirici; ma bisogna precisare che, se questa setta
da precise indicazioni circa l'incomprensibilita delle cose non-
evidenti, non s'identifica con lo Scetticismo e che uno Scettico
sarebbe incoerente, se abbracciasse quella dottrina 1 . Egli, pero,
40. I.'originale greco di questa preziosa opera ando perduto, ma di esso
ci soau rimaste quattro traduzioni latine: quella di Nicola di Reggio Ca\abria
(compiuta. ne! maggio de! 1341) e quelle di un anonima umanista, di Domenico
Ca,tcllo e di Gian Battista Rosario. La traduzione di Nicola fu p-ubblicata da
~lax Bonnet (De Galeni Sa4bjig11ratione trnpirica, Dissfftatio philologica, Bonnae,
I8j2). Nell'ampia introduzione lo studioso tedesco sosteneva che soltanto
l'<>rrida e barbarica traduzione di Nicola era stata eseguita sul testo greco,
mentre le alt re trc furono un emendamcnto elegante di quella di Nicolae furono
cseguite solo su quest'nltima enon sull'originale, giacche questo gia era andatu
distrutto. Sulla base dcl testo latina e dci numerosi passi paralleli che si ri-
~cuntrauo nell'immen~o Corp11s gale11iarmm il Bonnct esegul la retroversione
che, pui, venne ripubblicata accanto al testa latina di Nicola dai Deichgrii.ber
nEI!~ sua raccolta delle testimonianze della Empirikcrsclmle. La nostra tra-
du>wnc ;, stilta condotta sul testo dcl Bonnet e solle opportune correzioni
de! Ut:ichgraber (op. cit., pp ..p-<)o). Per le caratteristiche di Nicola quale
traduttore di Galeno vedansi H. Scuu:s-E, Ga/enus, de partib11s artis medicativae,
Prugr. Greifswald, 19n; F. Lo PAReo, NiGOla di Rrggio, a11trsig11ano del riscw-
gmacllto cldl'alllichitd e/lenica tu/ sec. XIV, • Atti delia Regia Accad. di Arch.
Lett. t> Arti •. Nuova serie, \'OI. II. Napoli, 1910, 1913', pp. 243-307. Circa le altrc
questioni tcstuali, le font.i dcll'opl'ra galeniana. e la sua importanza come fonte
per la conoscenza delia scuola empirica. vedansi BROCHARD, Les sceptiqucs
grecs, p. 365; GOEDECKEME\'ER, Die GeschicltlrJ des griec/1. Sktpt., p. 26.z; DEICH•
GRAB~:R, op, cit., pp. 7 • 19 .

1. Giacch~ assumercbhc anche lui una posizionc dommatica quantunque


negativa e sarebbe in contrasta con i'epoche. Un rilie,·o analogo vien fatto
da Sesto (Pyrrh. hyp. I, 4, 220 segg.) a proposito degli Accademici.

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686 SCETIICIS:\tO E MEDICINA

potrebbe piuttasto seguire, a rnio avvisa, l'indirizzo che vien


237 chiamata 11 Metodica" z. Difatti, tra gli indirizzi medici, que-
st'ultimo e l'unico chc sembm non pronunciarsi in maniera
temeraria 3 in merita alle case non-evidenti, con arbitrarle
affermazioni sulla Iora comprensibilita o incomprensibilita, ma,
attenendosi ai fenomeni, sembra assumere da questi ultimi,
in conformita col modo di procedere dcgli Scettici, cio che
« sembra >> essere conveniente.
Noi dicevama, nelle pagine precedcnti 4, che la vita ordi-
naria - che e quclla vissuta anche dallo Scettico - ha quattro
aspetti particolari, in quanto essa trova una sua certa consi-
stenza in parte nella guida delia natura, in parte uella necessita
delle affezioni, in parte nella trasmissione di leggi e di costu-
238 manze, in parte nell'insegnamento delle arti. Adunque, come
- a seconda della necessita delle affezioni - lo Scettico e guidato
dalla sete a bere, dalla fame a mangiare, e cosi via per le altre
case, alio stcsso mada anche il medica metodica e guidato dalie
affezioni del paziente versa i rimedi corrispondcnti, ad esempio
dalla contrazione alia dilatazione - carne quando una persona,
dalla condensazione dovuta ad un freddo intensa, si rifugia
nel calda - o, viceversa, dalla flussione a cio che la fa cessare
- carne quando quelli che in un bagna caldo versano gran
copia di sudore e si sentono venir meno, si preoccupano eli far

2. La maggioranza dcgli studiosi moderni (cfr. BROCHARD, Les scl'ptiques


grecs, pp. ]16-7; DAL PRA, Lo scetticismo greco, PP· 46-t-5) e del parere che
Sesto abbia modificato il propriu oricntamento col passare de! tempo, come
si evince sia da Adv. log. II, 191 (ove i medici empirici vengono accostati ai
lilosofi scettici per la lor" dottrina deU"incomprcnsibilita delle cose non-evidenti)
sia dai soprannome • Empirica • che, secondo Diogene (lX, 116) e lo Pscudo-
Galeno (lsDg. 4), egli avrebbc avulo in relazionc all'indirizzo mcdico da lui
seguito. Se. invcce, dobbiamo attcnerci al Philippson (De Philodemi libro. etc.,
p. 61). il quale era de! parere chc gli Sclli::zi iosse-ro posteriori aUe altre opere
di Sesto, dovremmo supporre chc qucst'ultimo passb daU"indiriz~o empiri~o,
scguito in gioventu. a queUo metodico. scguito nella maturita. E probabile,
comunque, che Sesto. al contraria del Gale-uo di De sectis, non intendesse acn-
tizzare le diflcrcnze tra le duc settc c chc egli, rirn:mendo empirica, iossc spinto
dalla sua scrieti. filosofica a fare q ualche riserva per il suo stcsso indirizzo
(cfr. ZELLER, Die Phil. der G•iech. V, 1, p. 40) e c~rte precio>azioni su ben de-
terminati problemi (cfr. NATORP, Forsclnmge11 zur Gesch. dc'.s Erken11t11issprobl.,
p. 156). In ogni casa. il fenomcnismo e l"utilitarismo dei ~Ietodici (cfr. GALE~·
De scctis 7) dovcttero attrarre le simpatic dcl :filosofa.
3· Nel De stctîs Galeno dice csattamentc il contraria sul comportamento
generale dci 1\!etodici.
4· In Pyrrh. llyp. I, 23.

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SCETIICISYO E :IUWICJNA

cc,;sarc la trasudazione e, percio, si precipitano all'aria fredda -.


Ed e di per se evidente che anche le condizioni naturali avverse
ci costringono a tentarc la loro eliminazione, dal momcnto
che anche il cane, quando gli si conficca una spina al piede,
si preoccupa di cavarsela 5 •
Insomma - per non trasgredire al carattere succinto di 239
questa mia trattazione col diffondermi su ogni particolare - io
pcnso che tutti i fatti che vengono in questo modo descritti
dai Mctodici possono essere inquadrati nclla necessita delle
affczioni - sia di quelle che sono secondo natura (sia di quelle
chc sono contro natura) 8 : e cio oltre al fatto che e comune
ai due indirizzi una terminologia che esclude la fonnulazionc
di opinioni e che presuppone, invecc, l'indifferenza nell'uso clei
nomi. Comc, infatti, lo Scettico usa le espressioni « nulla de- 240

finisco u e '' nulla comprendo »in maniera, come abbiamo dctto 7 ,


non opinativa, cosi anche il Metodica usa i termini '' comu-
nanza" e '' pervadere » e simili in maniera non ricercata 8 • Allo
stesso modo egli assume, scnza fare congetture, anche il ter-
mine '' indicazione ,, 8 invece di « guida n, derivante dalie affe-
zioni che appaiono - sia di quelle secondo natura sia di quelle
contra natura - verso quei rimedi che sembrano corrispondere
al caso, come abbiamo menzionato 10 a proposito delia sete,
delia fame e delle altre cose.
Ecco perche, assumendo indizi 11 da questi fattori e da altri 241
simili a questi, possiamo bene affermare che l'indirizzo dei

5· La " saggezza. • de! cane e ampiameute e iconicamente rilcvata in Pyrrh.


llyp. I. Îo segg.
6. I.'integrazione e de! Mutsclunann.
7· In Py~rh. llyp. I, 197, 201.
8. Circa la simpatia di Sesto per la awi;~~>t:X anchc in campo linguistico
(su cui si insiste soprattuttu nel briliante trattato Co11tro i grammatiâ) rinvio
alle mie osservazioni in SESTO E)IPIRICO, Coutro i 111alcmaliâ, pp. XVI-XVIII,
1). li concetto rli indicazionc c di so:gno indicatîvo, che tanto î filosofi dum-
m?ti~i quanto i medici logici ritengonr; • capace di porgerc lom il pin impre·
scmd•bile aiuto •. vicne attaccat'l da Sesto in Adv. log. II, 156 segg.
10. In § 238.
II. Con abilita tipicamente scettica - dircmmo quasi eul salta del ·gatto -
S~sto evita di usa.-c i termini • segno • o • indicazione • e preferisce il tt'rmine
g•utliziario TE:XfL"''i?'l'JtJ.i,.ou:; che non sa tmppo di bruciato. Eppure in Ado.
~og. \'li, 396, padando delia dimo;;trazione. cgli usa quasi comc sinonimi
1 term!ni Olj!J.E:Lo" (segno} e -:E:Y.Jl.lJPIOV (intli7.io) con cui • e stato chiamato eia
che o! In g.-ado di ri\·ela.-e il non-evidente •! E Galeno (De sectis, 6) sa coglic.-c
qucsto punto dcbolc.

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688 SCETIICIS~lO E MEDICINA

Medici Metodici ha con lo Scetticismo una maggiore aflinita -


degli altri indirizzi della medicina - sempre, pero, in confronto
con questi ultimi, ma non in senso assoluto -

Le tre principali setee mediclzc (CELSO, De medic. Proem. 1-75)

r Carne l'agricoltura promette gli alimenti ai corpi sani, cosi


la medicina promette la sanita a quelli malati. Quest'arte e,
indubbiamente, presente in ogni luogo, se e vero che anche le
popolazioni piu incolte conoscono erbe ed altri rimedi che sono
2 a portata di mana per soccorrere ferite e malattie. Tuttavia

essa, molto piil che dalie altre popolazioni, e stata coltivata


dai Greci, e neppure da loro fin dai primordi, bensi da pochi
secati a questa parte. Percio Esculapio viene celebrata come
la piu antica autoritâ. in materia, egli che, siccome coltivo con
raffinatezza un po' maggiore questa scienza ancora rud.imentale
3 e popolare, fu accolto nel novero degli dei. Di pai i suoi due
figli, Podalirio e Macaone, si misero al seguito del condottiero
Agamennone nella guerra di Troia ed arrecarono notevole aiuto
ai loro compagni d'arme 1 . Tuttavia Omero ci ha tramandato
che costoro non procurarono alcun sollievo durante la pesti-
lenza 2 o in malattie di varia genere, ma che di solito sanavano
4 soltanto le ferite col ferro o con medicazioni. Dai che si evince
che essi tentarono esclusivamente questi settori delia medicina
e che appunto questi settori sono i piu antichi. E ancora dalla
medesima fante si puo apprendere che a quei tempi le malattie
si facevano risalire all'ira degli dei e che a questi ultimi si soleva
chiedere soccorso, ed e verosimile t che moltissimi allora pe-
rissero 3 t perche mancava un vero e proprio rimedio contro
le malattie e che, cio nonostante, la salute si mantenesse buona
a causa dei buoni costumi che non erano corrotti ne dall'indo-
5 lenza ne dalla lussnria: ed e certo che questi due vizi hanno
affiitto i corpi umani prima in Grecia e poi presso di noi, e che,
percio, questa complicata arte delia medicina - di cui non

r. Cfr. Hol!. Il. XI, 833.


2. Cfr. HoM. Il. 1, 43 scgg.
3· L'inteb'Tazionc c suggerita dai Marx.

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SCETilClSI\lO E MEDrClNA

c'cra bisogno nelle epoche antiche e non c'e ancora bisogno


presso altre popolazioni - riesce a condurre sulla soglia delia
wcchiezza a malapena soltanto alcuni di noi.
Ecco perche, anche dopo quelli di cui ho fatto cenno, non
ci furono uomini illustri che praticarono la medicina prima che
cominciassero ad essere perseguiti con zelo maggiore gli studi
Ietterari, i quali sono pin di ogni altra cosa indispensabili al- 6
}'anima, ma sono ostili al corpo.
All'inizio la scienza delia medicina era ritenuta una parte
delia filosofia, talche la terapeutica nacque insieme con la con-
templazione della natura ad opera dei medesimi autori, ovvia-
mente perche ne sentivano il bisogno quelli che avevano lo- 7
g-orato le forze del loro corpo con l'irrequietezza del pensiero
e le veglie nottume. E percio, carne ci viene tramandato, molti
che professavano filosofia furono esperti di medicina, e tra loro
i piu illustri furono Pitagora, Empedocle e Democrito. Disce- 8
polo di quest'ultimo, come alcuni hanno creduto, lppocrate di
Cos, degno di essere celebrata pin di tutti gli altri e uomo che
si distinse sia nell'arte medica sia nell'eloquenza, separo que-
st'attivita dalla filosofia. Dopo di lui Diode di Caristo, indi
Prassagora e Crisippo, e poi ancora Erofilo ed Erasistrato pra-
ticarono quell'arte fino a tal segno da proporre anche metodi
di cura tra loro diffcrenti.
Proprio all'epoca di costoro la medicina fu divisa in tre 9
parti, talche. si sono avute una parte che cura con l'alimenta-
zione, un'altra con i farmachi e una terza con la mano. I Greci
hanno chiamato la prima « dietetica ", la seconda " farmaceu-
tica '' e la terza « chirurgia "· Ma i piu autorevoli professionisti
di qudla parte che cura con la dieta, sforzandosi di penetrare
pili profondamente nella realtâ., hanno rivendicato a se anche
la conoscenza della natura, perche hanno ritenuto che la me-
dicina sarebbe rimasta monca e fiacca senza di quella. Dopo 10
di loro Serapione e stato il prima a dichiarare che questa sorta
di metodo razionale non ha niente a che vedere con la medi-
cina cd ha riposto quest'ultima esclusivamentc nella pratica
e nell'espcrienza. E, attenendosi a lui, Apollonio e Glaucia e,
parecchio dopo, Eraclide di Taranto cd alcuni uomini di gran
merita si chiamarono « Empirici » in base al loro modo di con-
cepire l'arte medica. Cosi, anche quel settore delia medicina I I

44 . .Scdtiâ anJicJn'.

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6go SCETTICISliO E MEDICINA

che cura con la dieta si e suddiviso in due indirizzi, giac~h~


alcuni rivendicano a se un metoda razionale, altri solamente
la pratica. Tuttavia, dopo quelli che sono stati poc'anzi men-
zionati, nessuno provoco sconvolgimenti a quanto si era ricevuto
per tradizione, finche Asclepiadc muto in gran parte il metoda
delle cure. E, tra i suoi successori, Temisone, non molto tempo
fa, durante la sua vecchiaia, si allontano anche lui, per qualche
lata, da Asclepiade. Ed e stato soprattutto merita di questi
uomini il progresso compiuto da questa nostra salutare attivita.
12 Tencndo presente che, tra le parti delia medicina, la piu
difficile e, nello stesso tempo, la piu famosa e quella che risana
le rnalattie, dobbiamo trattare anzitutto di essa. E siccome
sussiste un disaccordo pregiudiziale di pareri - in quanto al-
cuni sostengono che a loro e indispensabile soltanto una cono-
scenza che derivi dall'esperienza cd altri, invece, affem1ano
chc la pratica non e sufficienternentc effi.cace senza l'acquisi-
zione di una conosccnza razionale dcl corpo umana e delia
natura -, e mio doverc quello di indicarc le tesi piu importanti
che vengono sostenute da entrambe le parti per potere pili
facilrnentc prospettare anche la mia personale opinione.
13 Orbenc, quelli che propugnano la medicina razionale riten-
gono indispensabili i seguenti requisiti: in prima luogo la co-
noscenza dellc cause che sono nascoste e che gia contengono
le malattie, in secondo )uogo quella delle cause evidenti, in
terzo luogo anchc quella delle azioni naturali e, infine, quella
dcllc parti interne del corpo.
T4 Chiamano •• cause nascoste 11" quelle nel cui ambito si ri-
cerca, tra i prindpi costitutivi dei nostri corpi, quale produca
la salute e quale la malattia. Essi. infatti, reputano che non
puo sapere il modo appropriato per curare le infermita ehi ne
ignori la prima origine; ed aggiungono chc e ben certo che c' ~
bisogno di una determinata cura nel caso che - come alcuni
esperti di filosofia hanno asscrito - qualcuno dci quattro prin-
cipi 5 produca l'infermitâ a causa del propria ecce:;so o del

4· In quanto si sottragguno a<i ogni espcricnza fcnomcnica c vengono


5eopcrte- soltanto per logica astraziou~. Esse rientrano in queJ]., • cose non·
evi<.l~nti • ('illlJI.ot) alia cui couosccnza, sccondo gli Scettici ed i )lcdici Empirici,
hisogna rinnnziar.,.
5· Sono le quattro • radiei • o • elcmcnti • di Empcdocle, ciascuno dei
quali con le suc associazioni produce i ramasi quattro temperaruenti (col·

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SCEITICISl\10 E MEDICINA

propria difetto; di un'altra determinata cura se ogni in fermi ta 15


,,iene riposta negli umori 6 , come e parso ad Erofilo; di un'altra
d..terminata cura se ogni infennita venga attribuita all'aria,
come c parere di Ippocrate 7 ; di un'altra ancora nel caso che
il sangue si infiltri in quei vasi chc dovrebbero, invcce, acco-
r-:licre pneuma 8 oppure provochi infiammazione (che i Greci
chiamano q>f..Ey{.Lovf,v) e quest'ultima produca una perturba-
zionc identica a quclla che si riscontra nella febbre, come e
parere di Erasistra to ; c' e bisogno, infine, di un' altra cura nel 16
caso che certi « corpuscoli n, ncl passare attraverso «pori in-
Yisibili ''• si fermino e blocchino il condotto, corne sostiene
Asclepiade. Insomma - essi affermano - dara la cura esatta
~alo ehi non si lascia sfuggirc la prima scaturigine delia causa.
Per la verita, costoro non negano chc anche l'esperienza
sia nccessaria, ma sostengono l'impossibilita di accedere persino
a questa senza che si formuli un qualche ragionamento: infatti, 17
a parere loro, gli uomini piu antichi non inculcavano nci pa-
zienti un intruglio qualsiasi, ma considcravano quale fosse la
cosa piu conveniente e poi passavano all'uso pratico di cio
cui erano pervenuti prccedentemente in base ad una qualche
congettura 9 • Ed aggiungono che non importa se ormai la
rnaggior parte dei rimedi e stata concretamente sperimentata
( . . • • • • • ) 10 , dal rnomento che questi rimedi presero, cornunque,
I'abbrivo da un calcolo razionale n. E che la faccenda stia

lcrico, flr.mmat.ico, melanconico. sant,'lligno) contemplati dalla medicina ippn-


cra.tîca ne) IN "'mwrib11s (cfr. PLAT. Tim. 82a segg.).
f>. Dalie proporzîoni dci quattro umori (sanguc, flemma. bile e bile-nera)
derivcrelli.Jero gli stati di salute o di malattia.
7· lppocrate aveva trattato la questione ne) suo trallato Le arie, le acque,
i lu•.>ghi. che, come ha osserYato il Vegctti (lPPOCRA:rE, Opcrr, cit .. p. 163).
"purta il scgno e la luce delta picna maturi ta. !lei suo pc:nsicro. 11 gramle
IIHXlico aveva intcso prcndcrc in con~idcrazione i vari fattori amhientali: questi
ultimi furono ridotti alia soia aria da una scolastica alC]uanto gretta.
H. o~~ia una sostanza che fa pensare ad un misto di energia vitale c di
respira, di materia gassosa e di puro spirito: rli essa p<trlavano 1 medici pneu-
ma tiei, che custitui\'ano una sctta minure fondata da .\tcnco di Attalia. vi,;suto
ncll"eta rli !'lerone.
9· li luro dommati~mo pa.rth·a da un'iputesi. da una Mi;2. c contro questo
I•Jro punto di partenza scatta,·a. tra J"altro. anchc la tropologia scettica.
Hl. L'ampia lacuna e audacemcntc cohnata dai )[arx nel modo segut:nte:
r. se tuttavia di anno in anno si trvvano nuovi rimcdi; ne bisogna a!lcrmare
chc i medici antichi si scrvirono dcll'esperienza '· ·
II. II tE-rmine cel si ano • consilium • equival~ al greco ).6·yo~. onde J"ap-
pellativo di ).oj·~~c.! che quesli medici assume\'ano.

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6g2 SCEITICIS:\10 E MEDICINA

cosi si riscontra, dcl resta, in molte evenienze. Spesso, a dire


il vero, vengono a manifestarsi nuovi tipi di malattie su cui
finora l'esperienza non ha dato alcuna indicazione, ed e, percio,
indispensabile meditare da dove queste si siano originate:
senza di cio nessuno dei mortali potrebbe scoprire perche debba
ricorrere a questo determinata rimedio piuttosto che a que-
st'altro. Ecco perche essi vanno alia ricerca eli cause "riposte
ncll' oscurita n 12 •
18 Chiamano, invece, « evidenti n quelle cause tra cui ricercano,
ad esempio, se l'inizio di una malattia si debba attribuire al
calda o al freddo, alia famc o alia sazieta o ad altri simili fattori:
affennano, infatti, che intcrverra contra una malattia solo ehi
non ne ignori )'origine.
19 Chiamano, poi, '' azioni naturali del corpo u quelle per mezzo
delle quali immettiamo o emettiamo il respira, ingeriamo o
digeriamo i cibi e le bevande, e cosi pure quelle azioni per mezzo
delle quali queste cose vengono distribuite in tutte le parti
dell'organismo. Oltre a cio, essi ricercano anche perche le nostre
vene ora si abbassano e ora si rialzano, quale sia il motiva
del sonno e quale quello delia veglia; e senza la conoscenza
di questi fatti, a Iora avviso, nessuno puo opporsi o recare
rimedio alle malattie chc hanno inizio, appunto, in connessione
20 con essi. E poiche, tra tutte queste azioni naturali, la digestione
sembra avere la massima importanza, si soffennano special-
mente su di essa: e alcuni, sulla scorta eli Erasistrato, sosten-
gono che il cibo viene triturato nel vcntre; altri, sulla scorta
di Plistonico, discepolo di Prassagora, sostengono che esso im-
putridisce; altri, prestando fede ad lppocrate, affermano che
i cibi vengono digcriti per mezzo del calare; e, come se non
bastasse, ci sono anche gli allievi di Asclepiade, i quali asse-
vcrano che tutte queste teorie sono vane e superflue, giacch~.
a loro avviso, non avviene concozione alcuna, ma la materia
viene dislocata in tutto il corpo cruda come e stata ingerita.
2r Su questi argomenti, a dire il vero, regna tra loro scarso accordo;

12. L'e~pressionc cclsiana, cqui,·a)ente agli &ilr,i.Gl oppugnati dagli Scet-


tici. ci rimanda a quella democritea secondo cui la verita e negli abissi (dr.
tiS B I I Î Diels-Kranz). Dcl rcsto il filosofo di Abdcra ave va dichiarato (cfr.
EusEn. Prarp. er•. X 1V. 27. ·Il che avrebbe preferi ta tro,·arc un solo schiari-
mcntn in merilo alia causa anzidu~ din~ntare re dei Pcrsiani.

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SCETfiCIS:O.IO E MEDICINA

ma la conseguenza di cio e questa: cbe, se uno di questi punti


di vîsta e quello vero, agli ammalati si deve somministrare un
determinata cibo; se, invece, ne e vero un altro, se ne deve
Jon> somministrare un altro: difatti, se il cibo viene triturato
all'interno, bisogna trovar quello che puo essere triturato nel
modo piu agcvole; se imputridisce, si deve trovar quello in cui
questo mutamento si attua con la massima rapidita; se e il
calore ad attuare la concozione, si deve trovar quello che pro-
V<.JCa massimamente calore; non bisogna, infine, cercare alcuna 22

di queste cose, se non avv:iene concozione alcuna, ma vanno


ingeriti qutgli alimenti che massimamente permangono tali
quali sono stati ingeriti. E con lo stesso ragionamento, quando
il respira e appesantito e quando :il sonno o la veglia sono
fastidiosi. essi pensano che vi possa procurare rimedio colui
che per prima si sia reso canto delia maniera in cui queste
11 azioni naturali del corpo ,, si riscontrano.

Oltrc a cio, poiche nelle parti interne nascono dolori e 23


malattie di varia genere, essi pensano che nessuno vi possa
arrecare rimedio qualora non abbia conoscenza di queste parti.
Pcrcio, secondo loro, e necessario squardare i cadaveri ed esa-
minarc attentamente viscere e intestină, ed avrebbero ottima-
mente agito Erofilo ed Erasistrato, i quali ricevevano in dono
dai re i delinquenti fatti uscire dal carcere in punto di morte
e li vivisezionavano e, mentre ancora quelli respiravano, esa- 2-J.
minavano quelle parti dell'organismo che la natura preceden-
temente aveva tenuto chiuse, e la loro posizione, il loro colore,
la forma, la grandezza, la disposizione, la durezza, la mollezza,
la levigatezza, le strette correlazioni, quindi la sporgenza e la
rientranza delle singole parti, e se un organo fosse inserito nel-
1' alt ro oppure ricevesse in se una parte di un altro; a parcr 25
loro, infatti, quando il dolore si prescnta all'intemo, non si puo
sapere chc cosa affiigga il paziente, se non si conosca in quale
posiziune si trovi ciascun organo o ciascun intestina, ne si pua
curare quella parte che e malsana, se si ignori che casa essa sia;
e, quando le viscere di un uomo sono rcsc manifeste attraverso
una ferita, ch.i ignori ciascuna parte quando questa e sana,
non puo sapere quale parte sia rimasta sana e quale sia stata
danneggiata, e pertanto non puo nemmeno prestare soccorso
a quest'ultima. E in moda piu idoneo si possono applicare i 26

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SCETTICIS!\10 E :\tEDICJ!Il'A

rimedi dall'esterno, una voita che siano state scoperte le ubi-


cazioni e le forme degli organi interni e se ne sia acclarata Ia
grandezza; e ragionamenti simili vanno adeguatamente applicati
in tutti i casi da noi prima menzionati. E sostengono che non e
una crudelta - come vanno dicendo i piu - ricercare rimedi a
favore di popolazioni innocenti di tutte le eta future mediante
il supplizio di uomini chc sono criminali e, per giunta, di un
piccolo numero di costoro.
27 Al contrario, quelli che dalla parola « esperienza » 13 hanno
preso il nome di << Empirici " accettano, si, le cause evidenti
come necessarie, ma ritengono che sia superflua l'indagine delle
cause oscure e delle azioni naturali, poiche, secondo loro, la
28 natura non e affatto comprensibile u. E che, in realta, essa
non possa essere compresa risulta con evidenza dalla discordia
c:he regna tra quanti discutono di questi argomenti, dai mo-
mento che, su questo punto, non si e pervenuto a soluzioni
comuni ne tra gli esperti di filosofia ne tra i medici stessi 16•
Perche, infatti, si dovrebbe prestar credito ad Ippocrate piut-
tosto che ad Erofilo? E perche a quest'ultimo piuttosto che
29 ad Asclepiade? Se uno volesse attenersi alle argomentazioni
che vengono addotte, allora quelle addotte da ognuno potreb-
bero sembrare non prive di attendibilita; se ci si attiene, invece,
ai metodi di cura, non c'e metodo che non abbia riportato gli
infenni alla buona salute: pertanto non si sarebbe dovuto
togliere credito ne alle argomcntazioni ne alle autorevoli atte-
stazioni di ncssuno di loro. Anche i filosofi sarebbero i piu
grandi medici. se il semplice ragionamento bastasse a renderli
tati; in realta, pero, essi hanno sovrabbondanza di parole, ma
manca loro la conosccnza scicntifica dei rimedi.
30 Gli Empirici aggiungono anche che i metodi da usare in
medicina differiscono tra loro a seconda delle localita geogra-
fiche u•, c chc di un metodo si ha bisogno a Roma, di un altro

13. Ossia da! termine grl'co ~IJ.T.'~~t=-l~. C'fr. GALim. De sutis, 1.


14. Co~a che coincide col principio fondamenta!e dcllo Scetticismo fin
dai tcmpi di Pirrone.
15. \'i.,nc qui utilizzato il tropo delia St~?to>v(x, il primo di Agrippa (cfr.
SEXT. EMP. Pyrrll. hyp. 1, 16,5), gia contemplato ncl sccondo tropo di Ene-
sidemo (ivi, 8,'l-89).
r6. Cio era stato contemplato nel quinto tropo di EnesiJemo (cfr. SEX-r.
EMP. Py.-rlr. lryp. 1, 118-I..!J).

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SCETTICISMO E :MEDICINA

in Egitto e di un altro ancora in Gallia. Che, se le malattie


w~tissero provocate da cause che sono dovunque identiche,
anche i rimedi sarebbero dovuti essere identici dovunque.
Spcsso le cause sono anche manifeste - ad esempio quelle delia
cisposita o di una ferita -, ma da esse non risulta altrettanto
palesc il trattamento da usare. Che, se questa scienza non e 31
subordinata aduna causa evidente, molto meno potrebbe essere
subordinata ad una causa che e messa in dubbio. Allora, dai
momento che quest'ultima e incerta - anzi incomprensibile -.
l1isog-na piuttosto chiedere protezione a cause accertate ed
attentamente scrutate, vale a dire a quelie che l'csperienza ci
insegna neli'atto stesso' delia cura, carne avviene in tutte quante
le a\tre arti. Difatti non si diventa contadini o piloti con le 32
dispute, ma con la pratica. E che siffatte spcculazioni non siano
per nulla pertinenti alia medicina si puo acclarare in base al
fatto che quelli che la pensano in modo diversa tra loro su
qucsti stessi argomenti sono tuttavia riusciti a riportare gli
nomini al medesimo stato di sanita: e ci sono riusciti perche
trassero i metodi terapeutici non da u cause oscure '' ne da
'' azioni naturali ''• su cui pur nutrivano pareri diversi, bensi
dalle csperienze, a seconda dei risultati che ciascuno era riu-
scito a cavarne. Del resta, neppure ai suoi primordi la medi- 33
cina venne dcdotta da siffattc discettazioni, bensl dall'espe-
rienza: difatti, tra gli ammalati che erano allora privi di medici,
alcuni, nei primi giorni dclla malattia, per ingordigia non esi-
tavanu ad ingerire il cibo, mentre altri per nausea se ne aste-
nevano, e risulto pii1 alleviata l'infermita di colora c:he se ne
erano astenuti. Allo stesso moda akuni mangiavano qualcosa 34
ncl corso della. febbre, altri mangiavano un po' prima che la
febbre scoppiasse, altri dopo chc cssa fossc cessata; e si tro-
varono molto bcne quelli che fecero cio dopo la cessazione
delia febbrc; e allo stesso moda alcuni, all'inizio di una mani-
festazione morbosa, seguivano immediatamente una dieta piu
consistente, altri una pii:t ridotta, e quelli che si crano rim-
pinzati si trovavano in condizioni peggiori. E poiche queste 35
ed altre simili case capitavano ogni giorno, uomini diligenti
annotarono quali cose " per lo piu n dessero migliori risultati
e, quindi, cominciarono a prescriverle agli infermi. Cosi nacque
la medicina, la quale, in base al frequente risanamento di alcuni

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SCEITICISllO E MEDICINA

e al decesso di altri, distingueva le cose nocive da quelle sa~


lutari 17 •
36 Di poi, quando ormai i rimedi erano stati trovati, gli uomini
cominciarono a discuterc sulle li ragioni )) di questi; ma non fu
la medicina ad essere inventata dopo che se ne fosse ricercata
la ragione, bensi fu solo dopo l'invenzione delia medicina che
ci si mise a ricercarne la ragione.
Gli Empirici pongono anche la questione se la ragione dia
gli stessi insegnamenti dcll'csperienza o ne dia altri: se da i
medesimi, e superflua; se ne da altri, e addirittura di ostacolo.
Comunque, dapprincipio si dovettero esplorare i rimed.i con
la massima accortezza; ora, pero, essi sono gia stati esplorati;
n~ si scoprono nuovi generi d.i malattie ne si sente il bisogno
37 di una nuova medicina. Ch6, ove pur si presenti qualche tipo
sconosciuto di malattia, cio non pertanto il medico non si dovrâ
mettere a speculare su cose oscure, ma subito vedra a quale
malattia gia nota esso sia affine e tentera rimedi simili a quelli
che spesso sono stati proficui nell'infermita affine e trovera
ausilio efficace in base alla somiglianza con quest'ultima 18•
38 Cio non vuol dire che il medico non abbia bisogno di razionale
ponderazione e che un animale irragioncvole sia in grado di
far mostra di quest'arte, ma vuol dire soltanto che non hanno
a chc fare con la faccenda congetture di case nascoste, giacche
non importa che cosa produca la malattia, bensi che casa la
elimini; ne riguarda la medicina sa pere come il cibo venga
ingerito nel modo migliore, ma che cosa venga digerito, tanto
se la concozione sia dovuta a questa determinata causa quanto
se sia dovuta a quest'altra, e tanto se si tratti di concozione vera
e propria quanto se si tratti di scmplice dishibuzione del cibo 19•
39 K c ci si deve domandare in che mod o noi respiriamo, ma che
cosa liberi la rcspirazione quando questa e faticosa e lenta;
ne che cosa faccia muovere le vene, ma che cosa ciascun genere
di questo movimento stia a significare. Cose, queste, che si
conoscono per mezzo dell'esperienza! Dcl resto in tutte le

17. Cdso ha qni esposto il principio cmpirico dell'osserv;uione diretta


(:tu'!'oljl!:t).
18. Cclso cspone qui il principio empirice del passaggio dal simile al simlle
((-l~'l'<i[ha•; To>j bJJ.o!o•.>).
19. Cosi, secondo gli empirici, vengono e~·itate quelle congctture indicate
nei §§ 20·2.l che va.lgooo solo a far cadere i medici od tropo della 3tCJ:!p(I)Vl4•

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SCETflCISMO E l'IIEDICINA

teorizzazioni siffatte si puo dissertare K in un senso e nel-


l'altro 11 20 ; pertanto in esse prendono il sopravvento la naturale
intclligenza e l'abilitâ. oratoria, mentre le rnalattie non ven-
gono curate con l'eloquenza, ma con le medicine. E se c'e un
uomo di poche parole che, in base aUa pratica, riesce a distin-
guere bene le cose, questi sara un medico molto rnigliore di uno
che, priva di pratica, abbia ben coltivato la propria lingua 21 •
:\fa, secondo gli Empirici, le indagini dei Medici Dommatici 4o
di cui abbiamo prima parlata sono semplicemente superflue;
le rimanenti, invece, sono addirittura cmdeli, ossia tagliare il
vcntre e i precordi di uomini vivi e trasforrnare quell'arte che
presiede all'umana salute in un fatto non solo letale, ma addi-
rittura molto straziante per alcune persone; e cio specialmente
perche, tra queste case che si ricercano con tanta violenza,
alcunc non possono essere conosciute affatto, altre possono
esserc conosciute senza che si debba perpetrare alcun crimine.
Difatti il calore, la levigatezza, la mollezza, la durezza e tutte 41
le altre case simili, una voita che il corpo sia stato aperto, non
conservano le stesse caratteristiche che avevano mentre esso
~ra intatto, giacche, anche quando il corpo non e stato ancora
violata, questi fattori, tuttavia, sovente cangiano per paura,
per dolore. per inedia, per indigestione, per stanchezza e per
mille altre non rilevanti affezioni, ed e molto piu verosimile
che gli organi interni, che sono piu teneri e per i quali la luce
costituisce un fatto nuovo, subiscano mutamenti sotto ferite
molto gravi e nell'atto stesso in cui se ne fa scempio. Ne c'e 42
nulla di piu sciocco che ritenere che quale sia ciascun organo
mentre l'uomo e vivo, tale debba esscre quando questi sta
morcndo, anzi e gia morto. L'utero, che e un organo di minore
importanza, puo essere pure asportato senza che l'essere umano
cessi di vivere; ma non appena il ferro viene immerso nei pre-
cordi e vicnc squarciato il setto trasversale - ossia quella mem-
brana che separa le parti superiori del corpo da quelle inferiori
(i Greci la chiamano 8Locq>p~Y!.Lat) -. l'uomo immediatamente
perde la vita. Cosi, alia fine del conta, solo quando l'uomo e

2o, Ossia secondo quella maniera antilogistica che portava gli Sccttici
ana isosthet~ia e a!L'epoc!Je.
2t. Qui l'empirismo coincide con la conccziunc socratico·platonica de)
sapere compettnte in contrasta con la retorica (cfr. PLAT. Gorg. 456b segg.).

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SCE1TICISMO E MEDICINA

morto, si offrono alla presenza dcl medico assassino i precordi


ed ogni viscere necessariamente tati quali sono quelli di un
43 morto, non quali furono quelli di una persona viva. Percio
il solo risultato di questa operazione e che il medico scanna
crudelmente un uomo e non gia che egli viene a sapere quali
viscere noi abbiamo da yivi.
Tuttavia, se c'e qualcosa che si presenta all'osservazione
mentre l'uomo e ancora in vita, questo qualcosa viene offerto
ai medici dal caso. Talvolta, infatti, un gladiatore nell'arena
o un soldata in campo di battaglia o un viandante assalito dai
ladroni viene ferita in maniera tale che un qualche suo organo
interna e portato alia luce. e per un poveretto si tratta di un
organo, per un altro di un altro: in questo modo il medico
accorto viene a conoscere il sito, la posizione, Ia disposizione,
la forma e altre cose simili, mentre egli sta tentando di porgere
non la marte ma la salute, e viene a conoscere con un atto di
misericordia quello che altri avrebbero appreso con spietata
crudelta z2 •
44 Per questo motiva, secondo gli Empirici, non e neppure
necessaria la dissezione dei cadaveri (che, quantunque non sia
crudele, e tuttavia ripugnante), dai momento che nei cadaveri
la maggior parte degli organi risulta alterata; quanto, invece,
si possa conosccre in corpi vivi, lo mostri il corso stesso delia
terapia.
45 Poiche questi argomenti sono stati sovente e sono ancora
trattati dai medici in molti volumi ed in Junghi e accaniti
dibattiti, bisogna aggiungcrc certe precisazioni che potrcbbero
sembrarc non discostarsi dai vcro 23 • Esse non sono ne piena-
mente ossequiose versa uno dei due punti di vista ne troppo
discordi da entrambi, ma, in un certa qual modo, sono inter-
mcdie tra duc diversi modi di pensare: casa che ehi ind aga,
senza partito preso, la veriHt, puo cogliere in tutte le contro-
46 versie, come avvienc appunto nel caso prcsente. Difatti quali
siano le cause produttrici di buona salute o provocatrici di ma-

Zl. Qucsta • mitezza • dci :.letlici Empirici coincicie con una virtU che gli
Scettici si vantaYano di possedcre (cfr. S.::xT. E~IP. Adt•. mall•. 1, 6; DmG.
LAERT. IX, 118). Essa ricntra in qul'lla <;:>O.. r.tv&pwrd::t sccttico-accadcmica che
v~nne molto e!>altata da Plutarco c da Fa,·orino.
23. Anche Cclso, s"guendo la falsariga ckeroniana., ammette- come criterio
il vcro~imilc, che porta a conclusioni e-clettichc,

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SCETIICISMO E MEDICINA

lattie e quali siano i modi in cui viene tratto il respira o dige-


rito il cibo, neppure gli esperti eli filosofia comprcndono scien-
tificamente, ma cercano di perseguire soltanto in via di con-
gettnre. Ma, se di una cosa manca una conoscenza certa, l'opi-
nione che se ne ha non puo trovare un rimedio che sia certa.
Ed e vero che allo stesso metoda razionale delia terapia nessuna 47
cosa puo dare un contributo maggiore ddl'espericnza. Ma,
quantunque ci siano molte cose che non sono pertinenti allc
arti in se, tuttavia le aiutano, stimolando la mcnte dell'artefice:
pertanto, anche codesta contemplazione delia natura universale,
sebbene non basti a creare il medico, tuttavia lo rende piu
capace e completa nella medicina. Ed e verosimile che Ippo-
cratc ed Erasistrato e quanti altri non si appagarono di trattare
febbri ed ulceri ma scrutarono per qualche lata la natura, non
furono, di certo, medici per questo motiva, ma senza dubbio,
propria in virtu eli do, risultarano essere medici malta superiori
agli altri. Difatti la stessa medicina ha bisogno delia ragione, 48
sebbcne do si verifichi non quando va indagando le 11 cause
oscure '' o le <( azioni naturali"· tuttavia spesso (......... ) 24 •
La medicina, invero. e un'arte fondata su congetturc. Ma il
]'Îil delle volte non solo essa non trova corresponsione nella
congettura, ma neanche nell'esperienza, e talvolta non la febbre
ne il nutrimcnto 25 ne il sonno hanno il Iora corso consueto.
Alquanto di rada, ma pur sempre qualche voita, la stcssa ma- 49
lattia costituisce una noviHt.; e chc un morba nuovo non possa
prcsentarsi e palescmcnte falsa, se teniamo presente che, ai
llt1stri tempi, (c' c sta ta una signora, moglie di un cavaliere
mmanu) 26 , ]a quale spin) nclio spazio di poche ore, perche
la carne le cadde giit dagli argani genitali e si incancreni, cd i
medici piu famosi non riuscirono ne a scoprire il tipa di quella
malattia ne a trovarvi i rimedi. Ed io penso che costoro non so
fecero nessun tentativa, perche nessuno voile rischiare una
propria congettura su una persona di alta ranga, per non sem·
brare di averne provocata la marte se non fosse riuscito a

2f. La lacuna e cosl integrata dai Marx: • quando si esegue la terapia di


quE-llc malattic che sono nate da causc c'-idcnti •.
zs. Il .Marx suggcriscc o la suppurazionl' • in ba;;e a CELS. IV, II, 3; VIII,
IOJ 1,
z6. L'intcsrazione e uel Marx.

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JOO SCETIICISMO E MEDICINA

salvarla; tuttavia e verosimile che si sarebbe pur potuto esco-


gitare un qualche rimedio, se ci si fosse liberati da tale timi-
dezza, e farse avrebbe avuto buon esito qualche tentativa che
si fosse cercato di sperimcntare.
51 A questo tipo di intervento med.ico non sempre la u somi-
glianza )J 27 offre qualche contributo, e, se pur l'offre, lo fonda
pur sempre su un procedimento razionale, ossia sulla riflessione
che, tra tipi di malattie e di rimedi che siano simili tra loro,
ci debba pur essere un medicamento da utilizzare a preferenza
di tutti gli altri. Quando si presenta una situazione siffatta, ~
opportuno che il rnedico usi qualche ritrovato che non avra,
farse, esito positivo in tutti quanti i casi, ma tuttavia l'avra
52 con una certa frequenza. Egli chiedera, cornunque, qualche
nuovo suggerimento non da « cose nascoste" (queste, infatti,
sono dubbie ed incerte), ma da quelle che si possono accurata-
mente osservare, vale a dire da « cause evidenti ll. E importante,
infatti, sapere se la malattia sia dovuta ad un affaticamento
o alia sete o al freddo o al caldo o alla veglia o aUa fame ov-
vero. al contraria, a sovraccarico di cibo e di vino e ad abuso
di libidine.
53 Ne il medico dovrebbe ignorare quale sia la natura del
paziente, se, ad esempio, il corpo di costui sia piu urnido o piu
secco del normale, se i nervi siano vigorosi o deboli, se lo stato
morboso sia frequente o raro, e se, quando questo si presenta,
sia accentuata o leggero, di breve o di lunga durata, e quale
tenore di vita il paziente abbia seguito, faticoso o tranquillo,
smoderato o frugale: da queste e da altre si.mili case, infatti,
si puo cavare un nuovo metodo di cura.
5-t Non possiamo, d'altra parte, ritenerc esaurito neppure il
precedente argornento, quasi che in esso non si annidasse alcuna
controversia. Difatti lo stesso Erasistrato ammette che le ma-
lattie non derivano da siffatte cause, giacche altre persone, o
anche la medesima in altre occasioni, non banno avuto la
febbre dopo che quelle cause si sono riscontrate. e alcuni medici
del nostro tempo, attenendosi - come essi stessi pretendono
di far credere- all'autorita di Temisone, sostengono che non ha
nulla a che vedere con la terapia la conoscenza di alcuna causa

27. Ossia il passaggio dai simile al simile, su cui si fondava.niJ gli Empirici.

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SCElTICISMO E 1\IEDJClNA 70I

e che e sufficiente 1'11 osservazione » di certe c.aratteristiche ge-


nerali di alcune malattie 28 • Del rcsto, queste ultime si suddi- 55
vidercbbero in tre tipi: uno deriverebbe da restrizione, uno da
ftusso e il terzo sarebbe misto. Difatti gli infcrmi talora hanno
secrezioni molto rare, talora molto frequenti, talora per un
verso troppo rare e per un altro troppo frequenti; inoltre le
malattie di questo genere talora sono acute, talora croniche,
ed ora si aggravano, ora si conservano stazionarie, ora vanno
attenuandosi. Una voita acclarato questo - ossia di quale di 56
qucsti tipi di malattie si tratti -, se il corpo e soggetto a re-
"trizione, bisogna usare lassativi; se soffre di flussi, bisogna
usa re restringen ti; se presen ta una deficienza mista, bisogna
prima porre riparo al male piu grave. E si deve usare un tratta-
mento per le malattie acute, un altro per quelle croniche, e uno
per le malattie in fase crescente, un altro per quelle stazionarie
c un altro ancora per quelle che vanno ormai verso la gua-
rigione.
L'osservazione di tutti questi fattori - essi dicono - costi- 57
tuisce la medicina, e definiscono quest'ultirna carne una sorta
di ''via ll, che chiamano !.Le-lto~o~. e sostengono che essa ha il
compito di contemplare quelle caratteristiche che nelle varie
malattie si presentano comuni. E non vogliono essere anno-
verati ne tra i Razionalisti ne tra quelli che si attengono
esclusivamente aH'esperienza, giacche - stando a quel che si-
gnifica l'appcllativo di 11 Metodici n da loro assunto - essi dis-
sentono dai primi perche non ammettono che la medicina risieda
nella congettnra di case nascoste, e dai secondi perche credono
essen,; poca arte nell'osservazione meramente empirica.
Per quanto concerne Erasistrato, in primo luogo l'evidenza 58
stcssa e in contrasta col suo modo di pensare, giacche e ben
raro che una malattia si presenti se non dopo qualcuna di
queste cause: in secondo luogo non consegue che cio che non
colpiscc un'altra persona o anche il paziente medesimo in una
d~tcnninata circostanza, non sia nocivo ad un'altra persona o
al paziente stesso in una circostanza diversa 29 • lnfatti possono
suhentrare nel corpo - in correlazione o con la sua infermita

.zS. Cio trovasi gîâ sostenuto in HlPPOCR. Epid. 1. 23 .


.!9. Qui sembra che Celso si attenga al quarto tropo !li Enesidemo. quello
dtlle circostanze (cfr. SEXT. E)!P. Pyrrh. hyp. l. I00-117).

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702 SCETIICIS!-10 E MEDICINA

o con qualche altra sorta di affezione - certe condizioni che


non esistono in un altro o non sono esistite in questo stesso
corpo in un'altra circostanza, ed esse di per se non sono tanto
rilevanti da poter provocare una malattia, ma tuttavia rendono
59 il corpo maggiormente esposto ad altre affezioni nocive. Che,
se Erasistrato si fosse dedicata suflicientemente allo studio
della natura universale - studio di cui codesti medici so tanto
temerariamente si van fregiando- avrebbe saputo anche questo:
che, cioe, nulla accade in senso assoluto per una sala causa,
ma vicne assunto al ruolo di causa cio che sembra aver dato il
massimo contributo ad un determinata fenomeno. Ed e possi-
bile che una data casa, fino a quando rcsti isolata, non provochi
alcun mutamcnto, ma, congiunta con altre, ne provochi uno
6o granclissimo. A tutto questo si aggiungc il fatto che ncppure
lo ste5SO Erasistrato - il quale asserisce che la febbre e pro-
dotta dalla trasfusione del sangue nelle arterie e che questo
fenomeno si riscontra quando il corpo e troppo ripieno - e
riuscito a scoprire per quale motiva, fra due corpi egualmente
ripieni, una si ammala e l'altro rimane immune da ogni pe-
6I ricolo: il che manifestamente accade ogni giorno. Di qui si
puo acclarare che, amrnessa pure carne vera la suddctta tra-
sfusione, tuttavia questa non si va attuando quando il corpo
e pieno, bensi quando vi si sia aggiunto un qualche altro fattore.
62 1 discepoli di Temisone 31, d'altra parte, se ritengono co-
stantemente validi i loro precetti, sono razionalisti piu di qual-
siasi altro. Difatti, se uno non si attiene a tutto quello che e
approvato da un altro razionalista, non ha - esclusivamente
per questo motiva - bisogno di dare alia sua arte un appellativo
diversa, se e vero che (ed e questa la cosa piu importante)
egli si fonda non solo sulla « memoria )/ 32 , ma anche sulla ra-
63 gione. l\la se - cosa che si aceasta di piu aUa verita - l'arte
della medicina accoglie a malapena un qualche precetto che
sia costantemente valida, i Razionalisti vengouo ad essere un
tutt'uno con quelli che si fondano esclusivamente sull'espe-
rienza, e do tanto piu, in quanto anche il piu profana riesce
a scurgere se la malattia abbia provocata restringimento o

JO. 1 Razionalisti.
31. 1 .:\lctodici.
J~. Come fanno gli Empirici.

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SCETTICIS!\10 E MEDICINA

rilassamento. Se il rimedio che rilassa un corpo costipato o


qucllo che restringe un corpo rilassato viene dedotto da un
ragionamento, allora il medico e un razionalista; se, invece,
\·iene tratto dall'esperienza - carne e portato necessariamente
ad ammettere ehi nega di essere razionalista -, allora il medico
c un empirica. Cosi, secondo Temisone, la conoscenza di una 64
malattia e estranca all'arte, e quest'ultima si riduce alla pratica;
r non si e aggiunto niente altro a quello che gli Empirici pro-
fcssano, ma qualcosa si e tolta, giacche gli Empirici badano
a tutta una molteplicita di fattori, mentre i scguaci di Temisone
l1adano csclusivamente a quelli piu semplici e non vanno oltre
i Inoghi comuni. Difatti anche quelli che curano pecore e cavalli, 65
non potcndo conoscere da parte dei muti animali le proprieta
singole di ciascuno di questi, si basano csclusivamente sulle
caratteristiche comuni; e le popolazioni straniere, non cono-
sccndo le raffinatezze delia medicina, vedono soltanto le ca-
mtteristicht:> generali delle malattie; inoltre, quelli che hanno
la gestione di vasti ospedali, poiche non riescono a badare a
ciascun infermo pur col massimo zelo, si rifugiano in codeste
"carattcristiche comuni». E, per Ercole, i medici antichi sa- 66
pt>vano bcnc tutto cio, ma non se ne appagavano. Percio, anche
il piu autorevolc medico dell'antichita, lppocrate, disse che
hisogna trattare l'ammalato osscrvando vuoi le caratteristiche
comuni vuoi quelle proprie di ciascuno. E neppure codesti
:\Ictodici - pur tra i limiti da loro stessi :fissati - possono affatto
l'~scre coerenti con se medesimi, dal momento che c'e tutta
una varieta di malattie costipanti o rilassanti. Questa varicta
si puo piu fadlmcnte vagliare in quelle malattie che provocano
rilassamento: una casa. infatti, e vomitare il sangue, un'altra 67
la bile e nn'altra ancor<t il cibo; una cosa c soffrire di diarrea
e un'altra di disscnteria; una casa e sciogliersi in sudore e
un'altra essere consumati dalla tisi; e l'umore put'1 defluire
con violenza anchc in singoli organi, come avvienc negli occhi
e nelle orecchie, anzi da qucsto rischio non e immune alcun
membra umana. Ecco perche nessuno di questi casi ha lo stesso
trattamento medico di un altro.
Cosi la medicina CfJnserva una sua continuita nel disccndere 68
dalla considerazione generica di un flusso morboso a quella
particolare. Ed anche in quest'ultima f!., ancora una volta,

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SCETTICISMO E MEDICINA

spesso necessaria un'ulteriore conoscenza delle particolarita,


poiche i medesimi rimedi non giovano a tutti anche nei casi
simili 33. Del resto, ci sono certe determinate medicine che il
piu delle volte fanno vuoi da astringcnti vuoi da lassativi;
ma, d'altra parte, si trovano certe persone in cui il medesimo
medicinale produce effetti diversi che in altre: in questi casi
1' osservazione delle caratteristiche comuni e controproducente,
mentre e salutare quella delle caratteristiche particolari di
ciascun paziente.
69 Ma anche la corretta valutazione della causa spesso risolve
una malattia. Percio anche Cassio, che e stato il medico pin
geniale del nostro tempo e che e recentemente scomparso,
fece ingoiare acqua fredda ad un tale che era affetto da febbre
e soffriva di grande sete, perche aveva saputo che costui si era
sentito imbarazzato a seguito di un'intossicazione per vino, e
il paziente, dopo aver bevuto l'acqua e aver infranto la violenza
del vino con siffatta miscela, subito sfebbro con una dormita
70 e con una sudata. E Cassio, da buon medico, trovo opportuna·
mente questo rimedio non in base alia semplice constatazione
che il corpo fosse costipato o rilassato, ma in base a quella
causa che precedentemente aveva agito.
Inoltre, secondo questi autorevoli medici, c'e anche qualche
fattore che va assegnato al luogo e al tempo: essi, quando
discutono come si debbano comportare le persone sane, consi-
gliano di evitare il freddo, il caldo, la sazieta, la fatica, gli atti
venerei maggiormente in localita e periodi di tempo che siano
piu soggetti ad infezioni, ed a ehi avverte una pesantezza
fisica, appunto in queste localita e in questi periodi, consigliano
di stare a riposo e di evitare di sconvolgere lo stomaco col
71 vomito o il ventre con un purgante. Tutti questi consigli ge-
nerici sono senz'altro conformi aUa verita; tuttavia i medici
discendono da casi generali a casi particolari, a mcno che essi
non intendano persuaderci che il clima e la stagione debbono
essere tenuti prescnti dalie persone sanc e non gia da quelle
infenne, mentre proprio queste ultime hanno tanto maggior
bisogno di rispettare ogni precauzione quanto piu esposta ai

33- Come pretenderebbe una rigida applicazione delia metodologia del


• passagsio del simile • sostenuta dagli Empirici.

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SCETIICISMO E MEDlCINA

malanni e la loro infermita. Ch~ anzi le malattie, nei medesirni


soggetti umani, hanno peculiarita ognora diverse, e ehi talvolta
c stato inutilmente tenuto sotto cura con rimedi affini al male,
viene spesso guarito con rimedi contrari 34. Moltissime distin- 72
zioni, poi, vanno tcnute presenti nella somministrazione del
cibo, ma io mi appaghero di sottolineame una soia: la fame
e piit agevolmente tollerata da un adulto che da un ragazzo,
piil agevolmente quando la pressione atmosferica e bassa che
quando e alta, piit agevolmente da ehi fa un solo pasto che da
ehi fa anche colazione la mattina, piit facilmente da un seden-
tario che da ehi fa vita movimentata, e sovente e anche piu 73
indispensabile che si affretti a cibarsi ehi non riesce propria a
sopportare il digiuno. Per tutti questi motivi io penso che ehi
ignori le caratteristiche del singolo, debba guardare solamente
quelle che sono comuni a tutti, ma ehi, invece, ha l'agio di
conoscere le caratteristiche del singolo, non deve, ovviamente,
trascurare quelle comuni, bensi fondarsi anche sulle prime:
di conseguenza, ammesso un pari livello di conoscenza scien-
tifica, ritengo piu utile un medico ehe sia divenuto amico an-
ziche uno che sia rimasto estraneo.
Orbene, per ritomare al mio tema, io penso che la medi- 74
cina dcbba indubbiamcnte non escludere la ragione, ma la-
sciarsi, altrcsi, istruire da cause « evidenti 11 e tener bene a
distanza tutte quclle << oscure 11, non pero dalla meditazione
dell'arlefice, bensi dai concreta esercizio dell'arte. Sezionare,
poi, i corpi eli persone vive e crudele e super:B.uo, mentre se-
zionar cadaveri e necessario, magari, agli apprendisti: infatti
costoro devono sapere la posizione e l'ordine degli organi, e
un cadavere li fa vedere meglio di un vivente o di un ferita.
Ma anche tutte le altre cose che si possono conoscere in soggetti 75
vivi saranno mostrate, nel corso stesso delia cura dei feriti,
dalta pratica un po' piit lentamente, ma con molto maggior
delicatezza 3;;.

34· Circa la validita dell'una o ddl'altra terapia si erano divisi i medici


fin dai primordi delia loro arte. Qualcosa di analogo era accaduto in filosofia
in merita aUa conoscenza del simile col simile o del dissimile col dissimile.
35· Cclso concludc il suo procmio con qucl tono filantropico che ~ una
costante dell'hmllcltlilas latina da Ciccrone in poi e che la • mitezza • scettica
cCJntinuava a ribatlire.

4S. Sutlici 4rtlit:Ai.

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SCETIICIS:MO E :MEDICI~A

(GALENO, De sectis)
I Scopo dell'artc mcdica e la salute 38 , ed il fine e l'acquisi-
zione di questa. I medici, percio, dcvono necessariamente cono-
scere i mezzi con cui si possa procurare la salute quando essa
non c'e, e si possa tutclarla quando essa c'e. I mezzi che pro-
curano la salute quando essa non c' e si chiamano rimedi ed
ausili; quelli, invece, che la tutelano quando c'e si chiamano
diete salutari. Per questo motiva !'antica tradizione definisce
la stessa medicina « scienza delle cose salutari e di quelle mor-
base n 37 , chiamanda «salutari'' sia quelle case che tutelano la
salute quando c'e, sia quelle che la recupcrano quando si ~
perduta, e chiamando, invece, a marbose n le cose contrarie alle
precedenti. Il medico ha, infatti, il dovere di conoscere questi
due gruppi di case, per sccgliere l'uno e per evitare l'altro.
Qualc, pero, sia la fontc da cui ci si procuri la scienza di
queste cose, non ancora e stato concordato da tutti allo stesso
mado, ma alcuni asseriscono che la sola esperienza basti all'arle,
ad altri, invece, sembra che anchc la ragione le dia un non
piccolo contributo. Quelli che si basano esclusivamente sull'espe-
rienza assumono l'appellativo da quest'ultima e si chiamano
(( Empirici '' 38 ; similmente quelli che si basano sulla ragiane sono
chiamati (( Razionalisti >> 39 • E questi sono i due principali indirizzi
dcll'arte medica: l'uno e quello che, per mezzo delle esperienze,
mira aUa scoperta dei rirnedi; l'altro e quello che vi mira per
mezza di « indicazione n 40• Ovviamente diedero questi appel-
lativi anche alle sette. chiarnando l'una empirica e l'altra ra-
zionalista. Ma si e creata anche la consuetudine di chiamare
la setta empirica « osservativa » 41 e « memorativa 11 42 c di chia-
mare quella razionalista ({ dommatica 11 e « analogistica 11 43• Anzi

36. Cfr. ARJsToT. Et/1. rric. 1, 1, 1094a 8; Metap!l. XII. 3. 1070a 30;
I0]5b 10.
37· SEXT. EMP. Adv. elh. 186.
38. Cfr. CELS. De medic. P'oem. 27.
39. Cfr. ibid. 1 7·
40. Per I'opposizione sccttico-empirica al segno indicativo dr. SExT.
EMI'. Pyrrh. hyp. II, 99·103; Adv. log. II. I.J3, 201-202.
4J. (fr. pp. 54• 11; 88. 24, 26; 139. 21; 145. 12; 146. 15; 150. 32; 152, l]
Deicl1graber.
42. Cfr. pp. 98. 24. z6; 124. 19; l.\5· 12; 245. 4 Dcichgrăber.
43· Cfr. p. gll. 2.5 Deichgraber. La metodologia analogistica fu avversata
dagli Sccttici anche nl."l campo delia grammatica (dr. SEXT. EMP. A dv. nsath.
I. 198-zoz. 205-209. 217·2zo).

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SCETIICISMO E MEDICI!\'A

hanno fatto anche per i medici la stessa classificazione chc per


le sctte, chiamando «empirici 11 e u osservativi '' e « commemo~
rativi dei fenomeni 11 quelli che hanno optato per l'esperienza,
e chiamando, invece, a razionalisti n e « dommatici '' e << analo-
gisti 11 quclli che si sono attenuti alia ragione.
Gli Empirici affermano che il modo in cui l'arte medica 2

si e formata e il seguente.
Essi andavano constatando che, tra le molte affezioni che
colpiscono gli uomini, alcune si producono spontaneamente
per infcrmi e per persone sane - ad esempio, flusso di sangue
dalle narici, sudori, diarree o qua]siasi altra cosa siffatta che
arrechi danno o utilita, ma che, tuttavia, non abbia una causa
cfficicnte sensibile -, altre, invcce, hanno una causa manifesta,
ma tuttavia non corrispondente ad una nostra previsione, bensi
dipcndente da una qua1che congiuntura casua]e - come, ad
csempio, in uno che e caduto o e stato colpito o si e altrimenti
feri1.o si riscontra un flusso di sangue; oppure, se un infermo cede
al desiderio e beve durante la malattia acqua fredda o vino o
altrc bevande simili, ciascuna di queste gli puo riuscire utile
o dannosa -. Percio hanno chiamato a natura]e 11 ]a prima specie
delle case vantaggiose o dannose e « fortuita » Ia seconda, e il
primo manifestarsi visibile di ciascuna di queste due specie
essi l'hanno chiamato u accadimento ))• assegnandogli questo
appellativo in basc al fatto che « accade n nella realta dclle case
scuza alcuna predeterrninazione volontaria. Tale e, dunque,
l'aspctto accidentale dell'esperienza. Si ha, invece, quello <c im-
provvisato n, quan<.lo essi, di loro propria \'olonta, giungono
all'csperienza o perche sono stati avvertiti da un sogno o perche
vi sono stati indotti da qualche altra opinione. Ma c'e anche
una terza specie di esperienza, quella <( imitath·a » 4-l, quando,
cioe, in basc a eia che abbia arrccato un qualunque giova-
mento o un danno qualunque, il medico e spinto o per natura
o per caso o per improvvisaz.ione a tentare un'esperienza nel-
l'atto stesso in cui le affezioni si presentano con immediatezza.
Ed e appunto qucst'ultima sorta di esperienza che ha con-
ferita, in moda precipuo, una costituzione alia loro u arte ''·
Infatti essi, imitando non solo due o tre volte ma sovente

H· Cfr. GALEN. De srcbf. tmp. II e test. xo4 Deichgrabcr.

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SCETTICISMO E MEDICINA

quello che precedentemente ha arrecato giovamento, e, in se-


guita, trovando che una memoria siffatta produce- per lo piil-
il medesimo effetto nelle rnedcsime affezioni, le danno i connotati
di una norma e la ritengono ormai degna di credito e parte
integrante dcll'arte. E una volta che siano state collezionate
da Iora molte norme siffatte, tutta quanta questa loro colle-
zione viene senz'altro identificata con la medicina, e colui che
l'ha fatta viene identificata col medico.
Appunto questa collezione di dati fu da loro chiamata
11 autopsia 11 45 , che e una sorta di memoria di quelle case che

sono state viste accadere spesso e allo stesso moda. Proprio


questo essi hanno chiamato anche 1c espcrienza 11, mentre l'anno-
tazione di questo l'hanno chiamata «istoria 11 48 • Difatti questa
medesima cosa per colui che l'ha osservata e "autopsia 11 e per
ehi ha imparato quello che e stato osservato e «istoria».
Poiche, pcro, s'imbattevano in certe malattie che prece-
dentemente non erano state viste oppure in certe altre che
erano, si, gia note, ma che scoppiavano in luoghi in cui non
c'era abbondanza di quei rimedi che erano stati gia suggeriti
dall'csperienza, crearono un artilizio funzionale che fosse in
grado di trovare i rirnedi, vale a dire il 11 passaggio al simile 11 47
e, utilizzandolo spesso, applicano per inferenza un medesimo
ausilio anche passando da un'affczione ad un'altra a:ffezione
si mile; e cosi pure, passando da un posto del corpo ad un altro,
da un ausilio precedentemente noto pervengono ad un altro
che gli somiglia: da un'affezione ad un'altra, nel caso che passino,
ad esempio, dall'erisipela all'erpete; da un posto del corpo ad
un altro, ad esempio da un braccio aduna coscia; da un ausilio
ad un altro, ad esempio, in caso di diarrea, dalla mela cotogna
alia nespola.
Tutta questa sorta di passaggi e una via verso la scoperta;
non c'e, pero, scoperta prima dell'cspcrienza, ma, non appena
quello che era oggetto di speranza viene ricondotto ad esperienza.
eia che da questa viene attestato e gia meritevole di credito,
non mena che se si fossc osservato che il piil delle volte il suo
stato c il medesimo.

45· Pt>r la definiziont' dd tt:rminc efi'. G.\I.ES. De subf. emp. 3·


46. Cfr. De s11bf. cmp. 7·
4]. Cfr. De &llbf. emp. 4·

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SCETTICISMO E l\IEDICINA

Questa esperienza, che consegue dal '' passaggio al simile n,


es~i la chiamano 1< esercitativa », perche ehi si accinge a fare
una scoperta in questo senso, deve essere pienamente esercitato
ncll'arte.
Tutti quanti i precedenti esped.ienti che si riscontrano prima
ddl'onnai concreta esperienza e d.i cui l'arte aveva pur bisogno
11er trovare un suo punto d'appoggio, possono anche far buona
riusdta a chicchessia.
Siffatto e, dunque, l'indirizzo che mira a conscguire il fine
dell'artc per mezzo dell'esperimcnto.
L'indirizzo razionalista, invece, prescrive di conoscere la 3
natura del corpo che si cerca di guarire e il potere di tutte
quante le cause che di giorno in giorno agiscono sul corpo e
Jo fanno diventare piu sano o piu malato. 1 Razionalisti asse-
riscono che, dopo di do, il medico deve conoscere scientifica-
mcnte la natura delle arie, delle acque e delle regioni 48 , nonche
quella dclle occupazioni, dei cibi e delle bevande e delle con-
suetudini del paziente, affinche possa scoprire le « cause >> di
tutte quante le malattie e l'efficacia dei rimedi e possa, altresi,
t:>sscre in grado di congetturare e di calcolare che un certa far-
maco, fornito di un determinata potere, se viene adibito per una
determinata specie di causa, puo pradurre suppergiu un deter-
minata effetto. Essi affermana, infatti, che un medico non
puo possedere abbondanza di rimedi scnza essersi prima eser-
citato in varie guise nell'esame di tutti quanti questi fattori.
Ammettiamo, ad esempio, - perche da un piccola esempio tu
possa renderti conta di tutta quanta la faccenda - che una
qualche parte del corpo sia indolenzita e indurita e sia diventata
rigida e troppo gonfia: a qucsto punto il medico ne deve sco-
prire la causa, ossia, in primo luogo, che un umore maggiore
di quello naturale, confluendo in quella parte del carpo, l'ha
sollevata e, facendola dilatare, le ha prodatto dalore; pai, se
l'umore continua ancora a fluire, devc impcdirgli di fluire, e
se, invece, non vi fluisce. dcve subito svuotame quella parte.
:\Ia comc fara ad impedire l'ulteriore flusso e, nello stesso tempo,
a svuotare quello che si e accumulato nella parte? Tenendo

48. Galcno. riportando per interu il titolo delia celebre opera di Ippo-
crate, vi~ne a significare la provenicnza dell'indirizzo razionalistlco dal granoe
DlcLiico di Cos chc anche gli Empirki annovera••ano tra i loro fondatori.

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710 SCETfiCIS:UO E 1\lEDICI~A

fredda e fortcmente stretta la parte, egli impedira l'ulteriore


flusso; neBo stesso tempo, inumidendola e allentandola, svuo-
tera il flusso gia accumulato. In questo modo, dunque, in
base allo stesso stato affettivo, viene ai medici l'indicazione
del rimedio conveniente.
Tutta.via i Razionalisti dicono che non basta solo quest'in-
dicazione, ma chc se ne ricava un'altra dalie forze del malato,
e un'altra dalla sua eta, e un'altra ancora dalla natura per-
sonale dello stesso paziente; e cosi pure dalla stagione del-
l'anno e dalla posizione geografica e dalie occupazioni e dalle
consuetudini dell'infcnno, insomma da ciascuno di questi fattori,
viene a risultare un'indicazione particolareggiata del rimedio
che si addice al caso. Cosi - per rendere anche questo piu chiaro
con un esempio - ammcttiamo che un tale abbia una febbre
acuta e che esiti a muoversi ed avverta pcsantezza fisica; am-
rnettiamo anche che adesso egli sia piu gonfio di prima ed
appaia piu arrossato e che anche le sue vene siano troppo
gonfie: ad ognuno risulta indubbiamente che costui ha un'ec-
cedenza di sangue troppo caldo. Qual e, allora, il rimedio?
E chiaro: lo svuotamento. Questo, infatti, e contraria alia pie-
nezza: << I contrari sono rimedi dei contrari! n 49 •.Ma come ef-
fettueremo qucst'evacuazione e fino a qual segno? Questo,
orrnai, non si puo fare piu in base alia conoscenza di una sola
causa. Bisogna, allora, prelirninarmentc esaminare anche le forze
del paziente, la sua etiL, la stagione dell'anno e la regione e
le altre cose poc'anzi mentovate. Se, infatti, il paziente e di
robusta costituzione e nel fiore dell'eta e se la stagione pri·e
maverilc e il paese c di clima temperate, tu non sbaglierai ad
incidcre una vena ed a svuotarla di tanto sangue di quanto la
causa del morbo ne richiede. Se, invece, le forze sono :fiacche
c l'eta e quclla di un fanciullo molto piccolo o di una persona
molto anziana, e la regione e troppo fredda, carne nei paesi
delia Scizia, oppurc troppo calda, carne in q uelli dell'Etiopia,
e la stagione dell'anno e o troppo fredda oppure troppo calda,
allora nessuno si azzardera a tagliare una vena. Allo stesso
moda i Razionalisti prescrivono di fare attem:ione alle occu·
pazioni c alle naturali costituzioni dei corpi. Essi dicono, infatti,

49· ARISTOT. E./11. nic. IJ, J, 1104b 17.

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SCETilCISMO E MEDICINA 711

che da tutti quanti questi fattori vien fuori per loro un'« indi-
cazione " appropriata del rimedio che fa al caso.
Dai medesimi fattori da cui i Dommatici dcsumono l't< indi- 4
cazione )) del rimedio conveniente, gli Empirici desmnono
l'u osservazione ». Infatti il suddetto insicme dei sintomi che
si riscontra in un febbricitante e che i medici sono abituati a
chiamare anche « sindrome >l, al Dommatico suggerisce l'eva-
cuazione, all'Empirico, invece, la memoria di un'osscrvazione
precedente. L'Empirico, infatti, avendo visto sovente che, in
pazienti che si trovino in siffatte conclizioni, l'evacuazione e
vantaggiosa, spera che sara vantaggiosa se l'applichera anche
nella presente circostanza. Anzi egli, in base a quanto ha visto
il piu delle volte, sa bcne che i pazienti nel fiore dell'etâ tolle-
rano, senza soffrime, l'evacuazione adatta. Cosi pure di prima-
vera piuttosto che d'estate, e in luogo dai clima temperato,
ed inoltre nel caso che l'ammalato abbia una certa consuetu-
dine ali' evacuazione - ad esempio per via di emorroidi o di fuori-
uscita nasale -, il Dommatico per questi moti"i• spinto dalla
realta naturale, cavera via una maggiore quantita di sangue,
nwntre l'Empirico, da parte sua, fara altrettanto, attenendosi
alle sue precedenti osservazion.i.
Insomma, tanto i Dommatici quanto gli Empirici vengono
ad assumere gli stessi rimedi per le stesse affezioni, pur essendo
tra loro in dissenso in merito al modo di scoprirli. Infatti, sulla
base dei medesimi sintomi che si manifestano nel corpo, i Dom-
ma tiei traggono l'u indicazione della causa », mentre gli Empirici
traggono la « memoria delle case che essi hanno spcsso osser-
vate manifestarsi allo stesso modo ». Nei casi, invece, in cui non
hanno alcun sintomo apparente che indichi la causa, i Dom-
matici non esitano ad interpellare la cosiddetta "causa pro-
catartica " "0 , ad esempio se ci sia stata la morsicatura di un
C<~ne rabbioso o di una vipera o altra cosa di tal genere. Infatti

50. Le causc procatartiche erano cosl definite da Crisippo: • sono quelle


chc ufirono dapprima un impulso al gcnerarsi di un qualcosa. rome la bdlczza
l'offre a quelli che sono intcmperanti ncll'amQre • (CLE~I. ALEX. Strom. VIII,
9 = Sl!•ic. l!<'l.fmg. Il, 3~6 Arnim; cfr. anche A.l.EX. APHR. De fato 22 = Stoic.
vr/. jrag. II. 9-f5 Arnim). Ov\'iamente siffattc cause non vcnivano epochizzate
dagli ~cettici (cfr. S~;xT. E~lP. Pyn-11. hyp. III, t6). ne dai ~Iedici Empirici
(GAr.E~. De sectis, 8). perche cssc non erano in contrasta con i fcnomeni e con
l"nsscr\"azionc.

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712 SCEITICIS~IO E MEDICINA

la ferita stessa, in ogni caso, non appare per nulla maggior-


mente diversa dalie altre ferite di quello che essa si manifesti
gia pienamente all'inizio. Nel caso di un cane rabbioso, ad
esempio, essa appare sempre del tutto sirnile alla ferita di quanti
sono stati morsicati da qualche alt ro animale; nel caso delle
vipere, invece, nei primi giorni appare sirnile alle ferite inferte
da altre bestie, ma in appresso, quando gia i pazienti hanno
peggiorato, scoppiano in costoro certi patimenti che sono la
rovina del corpo. E tutti quanti questi sintomi siffatti che de-
rivano dagli animali cosiddetti velenosi, se non vengono ade-
guatamente curati subita fin dall'inizio, alla fine risultano letali.
Qual e, aliora, la giusta terapia? Ovviamente l'evacuazione
del velcno che, insieme col morso, e penetrato ncl corpo che
ha subita la morsicatura. Pertanto non bisogna ne cicatrizzare
siffatte ferite ne affrettarsi a chiuderle, ma, al contraria, si
devono praticare frequenti incisioni, se si tratta di f~rite ec-
cessivamente piccole; e per la stesso motiva si devono subita
usare fam1achi caldi e pungenti e capaci di risucchiare e pro-
sciugare il veleno. 1\Ia anche gli Empirici usano i medesimi
fannachi, non perche siano stati indotti a trovarli dalla « na-
tura n della casa stessa, ma perche rammentano quei fenomeni
che si sono manifestati tramite l'esperienza. Come, infatti, per
quello che concerneva le eta della vita e le stagioni e le localita,
essi venivano a conoscenza delia terapia di ciascuna delle so-
praddette affezioni per mczzo dell'esperienza, cosi si compor-
tano anche per quanto concerne le cosiddette cause procatartiche.
Se, pertanto, Dommatici ed Empirici si facessero conces-
sioni reciproche col confessare che entrambe le « vie " delia
scoperta sono vere, non ci sarebbe affatto bisogno per loro
di piu lunghi discorsi!
s Poiche i Dommatici mettono sotto accusa l'esperienza - al-
cuni ritenendola incostante, altri imperfetta, altri priva di arte-
e poiche, a loro voita, gli Empirici mettono sotto accusa la
ragione - ritenendola, si, probabile 51 , ma non vera -, appunto
percio sia il discorso degli uni sia quello degli altri e duplice e
va troppo per le lunghe.

5 l. Tanto la :\Iedicina Empirica quanto i Neo-pirroniani faccvano ricorso


a questo termine nco-accad~mico chc pur non risparmia\·ano nelle Ioro critiche
piu p~rtinenti.

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SCETIICJSl\10 E ~lEDJCJN A

Cosi, cio che e stato detto da un Asclepiade contra l'espe-


ricnza, quando egli ha dimostrato che « nulla puo esserc osser-
vato allo stesso moda piu di una voita n 52, intende significare
chc l'esperienza e del tutto incostante e che non e idonea a
trovare il pur minima rimedio. Cio che, invece, e stato detto
da un Erasistrato nella sua ammissione che ce per mezzo del-
l'espericnza si trovano almeno rimedi semplici nei casi sem-
plici u - ad esempio, che la fragola selvatica e un fannaco
contro lo scorbuto - e nel suo diniego che, altres1, «per mezzo
dell'esperienza si trovino rimedi complessi nei casi complessi n,
intende significare che essa non e affatto incapace di trovare
un rimedio in senso assoluto, ma che, tuttavia, non e suffi-
ciente a trovare tutti quanti i rimedi. Le affennazioni, infme,
di quanti da una parte ammettono che siffatti rimedi vengono
trovati per mezzo dell'esperienza e dall'altra accusano que-
st'ultima di essere indefinibile e lunga e, come essi si esprimono,
" priva di metoda Il e che, in seguito a cio, pongono come fon-
damento la ragione, intendono significare che l'esperienza non
e ne incostante ne inconsistente, ma, comunque, un qualcosa
chc e priva di arte.
Orbene, difendendosi dagli assalti di queste argomentazioni,
gli Empirici tentano di dimostrare che l'esperienza ha consi·
stenza, autosufficienza e competenza dell'arte, mentre in molte
guise attaccano il proccdimento razionalistico, costringendo
cosi i Dommatici a difendersi, a loro volta, contra i singoli
capi d'accusa. Infatti, mentre costoro professano di conoscere
la. natura del corpo umana e !'origine di tutte quante le ma~
lattic e l'efficacia dei rimedi, gli Empirici vengono ai ferri carti
e con un atto di accusa sostengono che tutte qucste case arri-
Yano anche al «probabile)) e al «verosimile))' ma non impli-
cano alcuna salda conoscenza scientifica. Ed anche se qualche
Yolta essi concedono che queste cose la implicano, tentano,
pero, di dimostrare che la conoscenza scientifica e priva di
ntilita. E se pur talora fanno quest'altra concessione, ancora
una voita mettono in rilicvo che una siffatta conoscenza e
superflua.

52. La risen·a di Asclepia<ll' parli\·a rta un prcsuppo~to qualitativi~tico


che egli, attravcr5o Diode di Caristo, eredit:l.\'a dalla fisica aristotelica.

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714 SCETIICIS:MO E MEDICINA

Su qucsti punti Empirici e Dommatici polemizzano tra


loro sotto un profila generale. Nei particolari, poi, la polemica
abbraccia molte questioni secondo ciascuno di loro, come, ad
esempio, quella concernente la scoperta delle "cause non-
apparenti ,,, giacche i Dommatici raccomandano la dissezione
dei corpi, 1'11 indicazione ,, e la « speculazionc dialettica ,, - di-
fatti queste cose sono per loro strumenti adatti ad estendere
l'indagine sulle cose non-evidenti -, mentre gli Empirici, dal
canto loro, negano che con la dissezione si faccia alcuna sco-
perta 63 e che, se pur se ne facesse qualcuna, questa sia indi-
spensabile all'arte, e sostcngono che l'u indicazione ,, non sus-
siste propria per niente e che, infine, tra due cose l'una non
puo essere conosciuta in base all'altra.
A parer loro, infatti, tutte le cose abbisognano di essere
conosciute di per se e non esiste alcun « segno » M di una cosa
che sia per-natura-non-evidente e, per giunta, nessun'arte ha
affatto bisogno della dialettica 55• Oltre a cio, essi dichiarano
la propria o5tilita contro le definizioni 58 e sostengono anche che
il principio non si possa identificare con una dimostrazione di
alc:una casa che sia per-natura-non-e.,.idente 57 • Anzi essi fanno
anche certe affermazioni circa i modi difettosi della dimostra-
zione ss dei quali sono soliti servirsi i Dommatici e circa ogni
sorta di ragionamento analogistico 59, sia perche, a parer loro,
questo e incapace eli trovare cio che promette sia perche
nessun'altra arte trova consistenza in base ad esso n~ la vita
ordinaria dell'uomo si svolge in modo ad esso conforme.
L'epilogismo 60, invece, che essi ritengono essere apparente,
e, secondo loro, utile alia scoperta delle cause (( temporanea-
53· Cfr. CELS. De medic. Proetll. 40-43.
54· Per la. coincidenza di questa concezionc mcdico-cmpirica con la Scet-
ticismo cir. S~:xr. E:1o1P. Pyrrh. hyp. II, 97 segg.; Ad1•. log. II. 141 scgg.
55· La. conferma ui qucsta notizia anche per gli Scettic:i e in SExr. E:MP.
Pyrrh. liyp. II. 2Z9 seg)1;.
,;6. Per l'analo;;a posizione degli Scettici dr. SEXT. EMP. Pyrrh. hyp. I. I97·
57· Per l'analoga posizionc degli Scetti.:i cfr. SEXT. EMP. Pyrrl1. hyp.
IT, 134 segg.
sti. Per analaghc argomentazioni sccttichc:- cfr. S}:XT. EMP. Adv. log. II,
3J7a-.~9o.
59. Cir. GALE~. De subf. emp. 8.
6o. In De compos. med. (XIII, 366, 2 Kiihn = rol\ Dcichgrăbcr) Galcno
dclinisce l'cpilogismo comc • ragianamcnto comun<' di tutti gli uomini •· Per
l'uppasizione dell'epilogisma all'analogismo cfr. SoR,\:-1. Quaesl. med. Rose
p. 253 = I:.! Deic:hgrăbcr.

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SCETIICIS?llO E MEDICINA 715

mcnte non-evidenti (con questo nome essi chiamano tutte


)J

quelle cause che appartengono al genere dei sensibili, ma che,


tuttavia, non si sono ancora manifestate); esso e utile anche
per la confutazione di quanti osano fare qualchc affermazione
cnntro il fenomeno; ed e utile, altresi, per additare cio che sia
sfuggito alia visione dei fenomeni e per opporsi ai sofismi, dal
momento che esso non si discosta mai dall'evidem:a, ma ha
ognora quest'ultima carne suo oggctto. Con esso, dicono gli
Empirici, non s'identifica l'analogisrno, giacch~ quest'ultirno
prcnde l'abbrivo dal fenomeno e va a finire nelle cose « perpe-
tuamente non-evidenti 11 e, per questo motiva, acquista tutta
una pluralita di forme. Infatti, pur movendo dal medesimo
fcnomeno, perviene ora a certe case non-evidenti ora a certe
altre. E da qui essi fanno derivare quella ce discordanza" che
rimane senza soluzione e che e, secondo loro, un indizio del-
l'incomprensione delle cose 61 • Cosi essi chiamano ce compren-
sione " la conoscenza vera e salda, e ce incomprensione » il con-
traria di qnesta, e affermano che l'incomprensione e causa delia
di~cordanza che rimane priva di soluzione, e che, a sua voita,
la Lliscordanza e un indizio dell'incomprensione. E sostengono
che e priva di soluzione il dissenso che verte sulle cose non-
cvidcnti, non gia quello che verte sui fenomeni: difatti tutto
quello che rientra nell'ambito clei fenomcni e una testimonianza
a fa vore di ehi dice la verita ed e una confutazione di ehi
mentisce.
Su una infinita di cose siffatte tenzonano tra loro Empirici
e Dommatici, ma attuano la medesima terapia per le medesime
affezioni, almeno quanti sono, in ciascuno dei due indirizzi,
legittimamente provctti.
1 cosiddetti ~Ietodici - qucsto nome se lo sono affibbiato 6
loro stessi, quasi che non anche i Dommatici, gia prima di
costoro, fosscro stati soliti asserire di por mano all'arte con
metodo - mi sembrano non solo polemizzare a parole con gli
indirizzi precedenti, ma dare anche un nuovo asscstamento a
molte opt:razioni dell'arte. Sono propria costoro, infatti, a
sostenere che neppure il posta dcl corpo umano colpito da
un'affczione sia di alcuna utilita per l'indicazione della terapia,

(ÎJ. Cfr. s~:XT. E~!P. PyTTh. hyp. 1, I6j.

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SCETTICIS~IO E MEDICINA

e neanche la causa o l'eta o la stagione dell'anno o la Tt'gione,


ne l'accurato esame delle forze fisiche del paziente o delia
costituzione naturale o dello stato di costui. Essi non si curano
ne delle stagioni dell'anno ne delle posizioni geografiche n~
delle consuetudini, ma asseriscono che a loro basta l'u indica-
zione 1> del rimedio opportuno soltanto in base alle affezioni,
e neanche in basc a queste in modo dcttagliato, ma conside-
randole in modo comune e sotto un proft.lo generale, e chia-
mano << comunanze >> appunto quelle manifestazioni che per-
corrono tutte quante le cose particolari. Cosi, nel trattare qual-
si\roglia infcrmita dovuta all'alimentazione, alcuni di loro cer-
cana di indicare, in senso assoluto, due comunanze, altri anche
una terza che e mista di entrambe le precedenti. A questi stati
morbosi hanno dato il nome di (( astrizione >> e di « flussione »,
ed affermano che ogni malattia e o astretta o fluida oppure
l'una c l'altra cosa insieme. Se, infatti, le evacuazioni naturali
dei corpi vengono trattenute, parlano di astrizione; parlano,
invece, di flussione, quando le evacuazioni si effettuano piu
del normale; quando, infine, le evacuazioni vengono in parte
trattenute e in parte effettuate, dicono che in eia consiste
l'intreccio di entrarnbe le affezioni, come aV\riene nel caso del-
l'occhio che soffre contemporaneamente di infiammazione e di
deflusso: infatti l'infiammazione, che e un'affezione u astretta ll,
quando non sia sola ma si sia prodotta insieme con un deftusso
in un solo e medesimo posto del corpo, rende complessa tutta
quanta l'affezione. Come rimedio conveniente essi suggeriscono
il rilassamento per le astrizioni ela compressione per le flussioni.
Se, infatti, putacaso, un ginocchio e in:fiammato, sostengono
che esso deve stare rilassa to; se, in vece, 1' addome o l' occhio
emettono fluidi, devono essere compressi e tenuti fermi; nei
casi, infine, di affezioni complesse bisogna opporsi a quella
che incalza di piu: secondo loro, infatti, bisogna contrastare
cio che maggiormente affiigge ed e pericoloso - vale a dire
l'affezione piit forte - piuttosto cl1e l'altra.
l\Ia perche mai essi non si sono definiti 11 dommatici "• dal
momento che trovano gli ausili medici per mezzo di «indica-
zione n? 62• •< Perche - essi rispondono - i Domrnatici vanno
62. Jn SEXT. E~tP. Pyrrh. llyp. I. ~37 non si acccnna a qucsto ricorso
dci :\lctoilici al termine • indicazionc •; ma acutamente Galeno identifica con

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SCETIICISMO E MEDICINA

scrutando cio che e non-evidente, rnentre noi ci soffermiamo


sui fenomeni ''·
In fin dei conti essi definiscono l'intero loro indirizzo in
q ut>sto rnodo: « conoscenza delie comunanze fenorneniche 11. Per
evitare, pero, che la definizione sembri essere comune a tutte
quante le altre arti - infatti essi reputano che auchc queste ul-
time siano conosccnze di comunanze fenomeniche -, essi fanno
la seguente aggiunta: « comunanze che perseguono il fine delia
medicina 11. Alcuni di loro, invece, hanno aggiunto non <r che
perscguono il fine 11, ma « che si conformano al fine 11. Ma la loro
stragrande maggioranza mette insieme entrambe le cose e af-
ferma che r< il metoda e conoscenza di comunanze fenomeniche
che si conformano al fine delia medicina e lo perseguono n.
Certuni, infine, come anche Tessa.lo, precisano: « di comunanze
a ppropriate e necessarie 11.
Ecco, dunque, i motivi per cui i Metodici non ritengono
di doversi chiamare ne Dommatici - giacche non sentono,
come quelli, il bisogno di ricorrere alle cose non-evidenti - ne
Empirici - giacche si distinguono da costoro a causa del-
l'rr indicazione 11, quantunque si soffermino massimamente sui
fenomeni -. Anzi essi affermano di non essere d'accordo con
gli Empirici neppure per il modo con cui trattano il fenomeno:
gli Empirici, infatti, si tengono lontani dalie cose non-evidenti
perche le ritengono inconoscibili, essi, invece, perche le ri-
tengono inutili.
1 ~1etodici dicono che gli Empirici posseggono 1'« osserva-
zione dci fenomeni "· mentre essi ne posseggono l'u indicazione n.
In cio, a Ioro avviso, consiste la differenza tra i due indirizzi,
ma ancor piu la differenza sta nel fatto che i Metodici tolgono
di mezzo stagioni dell'anno ed eta e posizioni geografiche e
tutte quante le altre. cose di tal genere, che, a loro avviso, sono
manifestamcnte inutili, ma sono tenute in gran conta dai me-
dici precedenti solo per fare bella mostra di se. Essi asseriscono
che questo e il lata piu positivo del loro indirizzo medico e ri-
tengono di trarne vanto ed ammirazione.
Ovviamente, pero, costoro rimproverano ehi 63 disse o breve

esso il t~rmiue Tt><W/;FLav (indizio, attestato), usato anche <1::1. S.-sto in Pyrr/1.
h)•p. I, 2.p.
6J. Ippocrate ncll'apertura dcgli Aforismi.

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SCETTICISMO E llfEDICINA

e la vita e lunga e l'arte )): a loro avviso, invcce, e vero tutto


il contraria, ossia che quest'ultima e brcve, e la vita e lunga.
Infatti, una voita che siano state eliminate tutte quelle cose
che falsamente si sono reputate vantaggiose all'arte e una
voita che noi prendiamo csclusivamente in considerazione le
comunanze, la medicina non e piit lunga, e neppnre difficile,
ma molto piana e pcrspicua e puo essere tutta quanta cono-
sciuta molto celcrmente nello spazio di sei mesi. Cosi, ad esem-
pio, nelle malattie guaribili con la dieta, tutto e bello c riportato
entro lim.iti ristretti, e lo stesso si dica per le malattie che ri-
chiedono intervento chirurgico o fannaceutico. Anche nell'am-
bito di queste essi cercano, invero, di scoprirc, in linea generale,
certe comunanze e suppongono che gli scopi dei rimedi siano
di numero molto limitata; sicche mi sembra che l'intera loro
arte si possa impararc alla perfezione non gia nei loro millantati
sei rnesi, ma anchc molto piil. presta M. Dobbiamo, anzi, ringra-
ziarli di un magistero tanto succinto, purche essi, pero, non ci
vengano a dire corbellerie. Se, poi, le dicono, li dobbiamo ac-
cusare per lo meno di sciatteria!
7 Ma perche, a mio avviso, si possa dare un giusto giudizio
sui Metodici, dovro orrnai dichiarare che costoro o sono ac-
cecati dal loro utilitarismo oppure sono gli unici ad evitare in
misura corretta il superflue. E questa disamina non mi sembra
affatto di scarso canto, ne mi sernbra che si faccia soltanto
questione di parole - come accadeva, invece, nel caso degli
Empirici e dei Dommatici che polernizzano inizialmente sul
modo di ritrovare gli ausili medici, ma sono poi d'accordo
sull'attuale utilizzazione di quelli -, ma che necessariamente,
da parte dell'indirizzo metodica, le operazioni dell'arte abbiano
a ricevere o gravi danni o forti vantaggi.
Poiche e duplice il modo di dare un giudizio sulla reaita
delle case - l'uno fondandosi esdusivamente sulla ragione,
l'a1tro sull'evidenza fcnomenica -, il prima, ossia quello che
si avvale della soia ragione, e troppo impegnativo per essere
presentato ai principianti (e, pertanto, non e il caso di soffer-
marci ora su di esso), l'altro, cioe quello che si avvale esclusiva-

64. Sesta (Py"h. hyp. I. 227), cbe considera questo indirizzo come il
mcno • frcttalasa • nel pranunciarsi in merita alle case non-evidcnti, non ae-
cenna alia rapidita dcUa preparaziane profcssianale dei 1\Ietodici.

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SCETIICIS~lO E MEDICI!>! ....

mente dclle manifestazioni fenomeniche, e comune a tutti gli


uomini. Niente, dunque, ci impedisce di servirci di quest'ultimo,
che nello stesso tempo risulta chiaro ai principianti ed e tenuto
in gran conta anche dai Metodici. Costoro, invero, non fanno
altro che clevare continuamcnte inni al fenomeno ed evocarlo
in ogni evenienza, mentre dicono, d'altro canto, che ogni casa
non-evidente e inutile B6,
Orbene, mettiamoci ad esarninare in prima luogo le co-
siddette 11 cause procatartiche )) e poniamo il fenomeno come
c::mone del giudizio. Per primo il :Metodica si faccia avanti e
parli cosi: <! Perch~ mai voi altri, o Dommatici cd Empirici,
vi date tanto da fare per cercare vari tipi di raffreddamento o
riscaldamento, di ebbrezza e indigestione, di sazieta ed inedia,
di rilassatezza ed energia, e tanto assortimento di cibi e tanti
mutamenti eli consuetudine? Farse che voi, senza tener canto
delle attuali dispasizioni dcl corpo, vi proponete di dare un
rimedio a queste case, che dapprincipia non sono affatto pre-
senti - neppure una sala di esse - e pai eli per se si dileguano,
mentre, in rcalta, bisagna bre la terapia di quello che da esse
egenerata e rimanc nel carpa, vale a dire dell'affezione? Appunto
quest'ultima, allora, e quclla chc si deve indagare nella sua
reale consistenza. Se, infatti, il corpo e astretto, bisogna ren-
derlo fluida, e se e fluida, bisagna astringerlo, qualunque sia la
causa da cui ciascuna di qucstc duc affczioni sia stata prodotta.
A che giova, onnai. la conoscenza delia causa, dai momento
chc un riflusso non ha mai bisogna eli rilassamento, e una costi·
pa7.Îone non ha mai bisogno di astrizionc? Tale conosccnza non
apprada. a nulla, carne la realta stessa delle case dimostra ».
Allo stcsso modo i 1\Ietodici parlano anche delle cause non-
e,·identi che vcngono chiamatc (( comprensive >> 86 • Anche queste
- essi affcrmano - sono superflue, giacche basta l'affezione ad
indicare la propria terapia, anche se si prescinda dalla cono-
scenza dclle cause da cui l'affezione e stata prodotta.
Con lo stcsso modo di argomentare essi passano a trattare

. 65. E da prcsumere che pmprio qut>slo aspetto • timoniano • dtlla 1\Iedi-


cma 1\Ictodic.a abbia spinto Sesto Empirica a dan-i la sua giovanilc c sprc-
giudicata adesionc: l"altro lato dovettc c~sere l"utilitarismo.
66. Questo tipo di ca usa (auvex-:Lz1} oz!..lrx) riconduce aDio (cfr. Ps.-ARISTOT.
De nru11do G, 397b 9 scgg.).

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]20 SCEITICIS)lO E IIIEDICINA

delle stagioni dell'anno e delle eta e delle localita, mostrando


anche qui di stupirsi del fatto che i medici all'antica non si
rendono conto di una cosa tanto evidente. Infatti l'infiamma-
zione che, come essi dicono, e una malattia (1 astretta o non
ha bisogno di certi lassativi se capita d'estate, e di certi altri
se capita d'inverno, bensi dei medesimi in entrambe le stagioni;
n~ ha bisogno di lassativi nella fanciullezza e di astringenti
nella senilita, n~ richiede farn1achi dissolventi in Egitto e
trattenenti ad Atene. Cosi pure l'affezione flussiva, che e l'op-
posto dell'infiammazione, non ha mai bisogno di lassativi, ma
sempre di astringenti, d'inverno e d'cstate, di primavera e
d'autunno, sia quando il paziente e ragazzo, sia quando e
giovane o vecchio, tanto se l'ammalato abiti versa la Tracia
quanto se abiti versa la Scizia o l'Etiopia.
1 Metodici affermano, dunque, che nessuno di questi fattori
e utile a nulla e che per ciascuno di essi ci si da da fare invano.
Che cosa e, poi, l'accurata disamina delle parti del corpo?
Non sono farse superflue anche queste per l'indicazione di una
terapia? A meno che qualcheduno non osi dire che nella parte
nervosa l'infiammazionc deve essere rilassata, mentre nella
parte arteriosa o in quella venosa o in quella carnosa deve
essere compressa, o addirittura qualche tizio sia tanto sballato
da affermare che, se si produce un'astrizione in una qualche
parte del corpo, non bisogna rilassarla, e che, se si produce
una flussione, non bisogna astringerla. Se, allora, la natura
di una parte del corpo non fa mutare per nientc il modo delia
cura, ma il ritrovamento dei soccorsi si effettua a seconda del
genere delle affezioni, la disamina deHa parte risulta manifesta-
mente inutile.
A dirla in breve, ecco come la pensa il l\'Ietodico.
s :Ma, dopo di lui, si faccia avanti, in secondo luogo, l'Em-
pirico, parlando suppcrgiu nel modo seguente: K Io non so nulla
oltre i' fenomcni e dichiaro che non c'e nulla di piu saggio di
qucllc cose che ho viste di frequente. Se, pero, vuoi minimizzare
la portata del fcnomeno, come mi sembra di aver udito che
abbia fatto nel passato qualche sofista, e se per noi e ormai
tempo di passare alia parte di quclli che al fenomeno conferi-
scono onore, non potrai neanche conseguire una vittoria cad-

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SCETIICISMO E MEDICINA 721

mea 61 • Ma se - carne all'inizio ti ho udito dire - tu continui


ad affennare che tutto cio-che-e-non-evidente non ha utilita
alcuna, e se ammetti di attenerti all'evidenza, forse potro
rinfrescarti la memoria a proposito del fenomeno segnalandoti
un aneddoto che tu non tieni presente.
Due uomini, morsicati da un cane rabbioso, si diressero
ciascuno dal propria medico curante. Era piccola la ferita di
ciascuno dei due, tanto che neppure la pelle era stata intcra-
mente lacerata. Pertanto uno dei due medici si mise a curare
soltanto la ferita, senza preoccuparsi affatto d'altro, e in pochi
~iorni riusci a risanare la parte. L'altro, invece, poiche era
\·cnuto a sapere che il cane aveva la rabbia, si guardava cosi
bene dall'affrettarsi a cicatrizzare la ferita, che anzi faceva
ognora csattamente il contraria e la rendeva sempre piu ampia,
usando per parecchio tempo medicamenti forti e pungenti, e
costringeva il paziente, durante questo tempo, a bere un far-
maco che, come egli stesso diceva, era stato preparata contra
la rabbia. La vicenda si conduse per entrambi nel modo se-
guente: l'uno, ossia quello che beveva il farmaco, usci di peri-
colo e recupera la salute; l'altro, invece, che credeva di non
avere alcun male, divenne ben presta idrofobo e mori tra le
convulsioni.
Ti scrnbra, dunque, che, in casi carne questo, sia superflua
l'investigazione della causa procatartica? E per quale altro
motiva mori quel poveretto se non per la sciatteria del medico,
che non aveva chiesto nulla sulla causa delia rnalattia e non
aveva somrninistrato contra di essa la terapia che era stata
precedentemente osservata? A rnio avviso quel poverino mori
non per un altro motivo, ma soltanto per questo! E poiche
mi attengo al fenomeno, io non posso trascurare nessuna causa
di tai genere.
Allo stesso moda non posso ne soprassedcre all'eta ne te-
nerla in poco conta. Anche a questa, infatti, il fenomeno mi
costringe a dar credita, dal rnomento che affezioni sotto ogni
profilo identiche non richiedono in ogni caso la medesirna
terapia, ma talvolta differi<>cono tra loro a seconda delia diffe-

67. Ossia una vittoria chc ha causato la morte <li tutti i contcndcnti, come
accadde ne] cielo tcbano.

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722 SCETIICISMO E MEDICI~r\

renza dell'eta, a tai punto che variano non solo per la quantita
e per le modalita, ma per l'intero genere dei soccorsi richiesti.
Difatti io ho visto sovente molti malati di pleurite giovani e
robusti subire una flebotomia anchc ad opera delle mie mani,
ma non ho visto sottoporsi a questa operazione ne un vecchio
di eta estrema ne un bimbo di eta molto tencra. E neanche
voi avete osato procurare in questi casi un'cvacuazione attra-
verso il taglio delle vene, ne lo ha fatto mai alcun altro. E che
intendc significare Ippocrate quando afferma: 11 Sotto la cani-
cola o prima della canicola le purghe hanno un corso difficile »
o quando, in un'altra occasione, sostiene: 11 D'estate bisogna
purificare le parti superiori, d'inverno quelle infcriori n? Ti
sembra che egli sia nel vero o nel falso? Io penso che voi non
abbiate la possibilita di rispondere ne in un scnso ne nell'altro.
Infatti, se voi direte che egli e nel falso, non rendete onore
alle apparenze fenomeniche che pur fate mostra di rispettare:
appare chiaro, infatti, che la verita sta propria in do che Ippo-
crate afferma. Se, invece, direte chc egli e nel vero, allora voi
venite a prendere in considerazionc le stagiuni dell'anno e le
localita, che pur dichiaravate non essere utili.
Ma io p{'nso che non vi siate mai allontanati dalla vostra
patria e che non abbiate fatto mai esperienza delia diversita
delle regioni; altrimenti voi sapreste, senz'altro, chc quelli che
vivono nel nord non ricscono a tollerare abbondanti defiussi
di sangue, come non li tollerano ne gli Egiziani ne quanti abi-
tano nelle regiuni dcl sud; invece quelli che risiedono nei paesi
intcrmcdi ricevono spesso un sollievo manifesta dai salasso.
Il fatto, poi, che voi non vi degnate di esaminare neanche
le parti del corpo mi sembra davvero strano e gravemente
assurdo, essendo esso in contrasta non solo con la verita delle
cose, ma anche con le vostre stesse pratiche. In nome degli
dei! Se si riscontra un'infiammazione, questa ha bisogno del
medesimo trattamento tanto se essa appare su una gamba
quanto s~ in un orecchio o nella bocca o in un occhio! Ma,
allora, perche vi ho visto tante volte scindere anche con un
bisturi le infiammazioni alle gambe e spalmarle di olio, e non
vi ho mai visto comportarvi nella stessa maniera con gli occhi?
E perche gli occhi infiammati li curate con farmachi astringenti
enon ungete, invece, con i medesimi farmachi anche le gambe?

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SCETTICISMO E MEDICINA 723

E perche mai anche le oreccbie affette da infiammazione non le


trattate con gli stessi rimedi che usate per gli occhi? E perche
non gli occhi con quelli che usate per le orccchie? l\la uno e
il fannaco che ci vuole per l'infiammazione auricolarc e un altro
quello che ci vuole per quella oculare. Infatti e buona medi-
cina per l'infiammazione auricolarc l'aceto misto con olio di
rasa, ma non credo che qualcuno avra l'ardire di versarlo in
occhi infiammati! E se pure l'osasse, io so bene che sperimentcra
non piccola punizione per il suo ardire! E per l'infiammazione
all'ugola e buon medicinale il frutto dcll'acacia egiziana ed e
lmona anche una soluzione di allume. i\la sono altrcttanti
buoni questi medicinali per le otiti e per le oftalmiti, oppure,
in quPsti casi, costituiscono un danno gravissimo? E dico tutto
qnf'sto anchc a voler concedere la prima vostra ipotesi, che,
citH~~. hisogna rilassare l'infiammazione alle gambe o alle mani,
e non gia quclla agli occhi o all'ugola o alle orecchie. Se, invece,
io richiamassi alla vostra memoria che anche l'infiammazione
alle gambe o alle mani non deve cssere trattata con un lassativo
qualsiasi, subito vi rcndercste conta, con un po' di circospezione,
che sbagliate di grosso.
Ma anche l'attuale discorso sara una << reminiscenza n ss del-
l'apparenza fenomenica. lnfatti, tra quanti soffrono d'infiam·
mazionc ad una parte del corpo non a motiva di un colpo ri-
ccvuto ma per uno spontaneo insorgere del male - quando si
tratti, cioc, delia cosiddetta << disposizione plctorica » -, nes-
suna richiede un rilassamento delia parte del corpo prima di
avere svuotato l'intcro organismo. lnfatti, se agirai alia prima
maniera, non solo non farai diminuire, ma anzi accresccrai
l'attuale infiammazione. Ragion per cui, in una circostanza
come questa, noi applicher~mo alla parte astringenti e refri-
geranti e, quando avrcmo svuotato l'intcro organismo, solo
allora la parte affetta da infiammazione tollerera lassativi.
l\Ia se. cosi parlando, non riesco a pcrsuadervi, allora- come
dicevo all'inizio del mio discorso - sara opportuno chc io vi lasci
per dare retta a CJuelli che realmente rispettano il fenomeno 11.
Dopo che l'Empirico ha cosi parlato, si faccia avanti il 9

68. Il termine c qui usato in senso tecnico e in cvnlormita con la mHo·


dolugia empirica, che assegna\'a un ruolo mollo importante alia memoria.

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SCETIICIS)IO E l'oiEDICI~A

Dommatico e dica, presso a poco, cosi: " Se il tu o modo di


pensare fosse quello giusto, ti sarebbero sufficienti anche i
prccedenti rilievi per stabilire cbe non e affatto inutile tener
canto non solo dell'eta o della stagione dell'anno o delia localita,
ma anche delia causa procatartica o di ogni parte del corpo
umano. Se, pero, l'Empirico non e riuscito ancora a persua-
derti col rievocare aUa tua memoria i fenomeni, ma hai ancora
bisogno di una qualcbe argomentazione, ci penso io a fare
quest'aggiunta e verro a dimostrare che il postulato fonda-
mentale dcl tuo indirizzo e traballante.
Io vi sento parlare di u conoscenza di comunanze fenome-
nicbe '' e vada chiedendovi ogni voita in che casa consista
massimamente codesta 11 comunanza '' c in che modo noi riu-
sciamo a conoscerla, ma mi sembra di non avere ancora la
possibilita di conoscerla. Voi sicte tutti quanti d'accordo tra
voi in merita aUa causa, almeno per quanto concerne i nomi,
ma non siete affatto d'accordo su1la realta delle cose. Infatti
alcuni di voi, nelle escrezioni non naturali, consigliano l'astrin-
gente e il rilassante, e chiamano l'affezione u astrizione '' quando
le escrezioni sono trattenute, e la chiamano, invece, « :flussione li
quando quelle vengono eccessivamente emesse; altri tra voi,
invece, sostengono che le affezioni risiedono nelle rimanenti
11 disposizioni " dei corpi e biasimano aspramcnte quelli che
69

mir:mo allo svuotamento di questi ultimi. In che senso, a mio


avviso, gli uni e gli altri si shagliano, farse ve lo potrei imme-
diatamente mostrare fin da questo momento.
In prima luogo, pero, il nostro discorso si soffermi contra
quelli che aggiudicano le affezioni alle escrezioni non naturali.
A dire il vero, io resta meravigliato se essi non hanno visto
mai, nel decorso delle malattie, essere emessi a vantaggio del
paziente ne sudori ne urine ne vomiti ne defecazioni piil del
normale e, casa piu assurda di tutte, se non hanno mai visto
essere ritenuta come malattia un'emorragia nasale. In realUl,
pero, non solo se quest'ultima si produce in grande quantita,
ma se softanto si manifesta in maniera generica, e contra na-

r.g. La disposizione (lki-lh:on:;) e la manifestazione e,·idcnte di uno 11tato


oggelti\·o (e;t;) secondo i Dommatici (cfr. ARISTOT. Cat. 8. 8b 17-35; Mctaph. V.
2o. I02.!b 10); secondo gli Sccttici c i Medici ::\letodici o Empirici essa e un
7til>o:.c; al di la del quale c·e solo incertezza.

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SCETTJCISl\10 E liiEDlCI:-1:\. 725

tura; invece i sudori e le orine e tutte le altre escrezioni che


escono attraverso il ventre o il vomito non sono, in quanto
genere, contra natura, quantunque la Iora quantitâ sia tanto
eccessiva che io ho visto taluni emanare tanto sudore da in-
zuppare persino le coltrici, ed altri emettere dalla pancia piu
di trenta cotili di escrementi, e sembrava che ciascuna di queste
emissioni avesse termine soltanto con l'evacuazione del ma-
teriale che reca va fastidio; quantunque ehi usa carne canone
generale le naturali escrezioni deve impcdire che si produca
un tai genere di sintomi. Perei<'>, in un certa senso, sembrano
essere piu meritevoli di credita quanti identificano le comu-
nanze con le c\ disposizioni >> che sono presenti nei corpi stessi.
Ma, anche a proposito di queste disposizioni, io mi chiedo con
mcraviglia carne mai i Mctodici abbiano osato dire che esse
sono manifeste. Se, infatti, cio che defluisce dai corpi non e
il flusso ma la disposizione dei corpi da cui il fiusso stesso de-
riva. e se questa non puo manifestarsi ad alcuno dei nostri
scnsi, carne mai si patra ancora asserire che le " comunanze n
sono manifeste? Infatti e possibile che la disposizione naturale
risicda nell'intestino crasso o in quelli piu sottili, e nell'inte-
st.ino diginno e nello stomaco e nel mesenterio e in molte altre
interiora, nessuna delle quali i nostri sensi possono percepire,
come non possono neanche percepire un'affezione delia dispo-
sizione stcssa. Comc si fa, allora, a dire che le comunanze sono
manifeste, se non c'e nessuno di voi che voglia chiamare
" apparente ,, neppure la conoscenza che si consegue per mezzo
di c~ segni n?
Se, pero, la faccenda sta cosi, io non so in che cosa con-
sista la difierenza tra i ).ledici Metodici c quelli Antichi! 70
Carne fanno essi, poi, a promettere di inscgnare l'arte con
rapidita e in soli sei mesi? A mio avviso, ci sarebbe bisogno di
un metoda non affatto breve per conoscere qualcosa che sfugge
ai sensi, ma ehi voglia bene eseguirlo ha anche bisogno di
anatomia - la quale gli insegni la posizione naturale di cia-
scuna delle parti interne dcl corpo - e di non poca contempla~
zione delia natura, per indagare la funzione e l'uso di ciascuna
di queste parti. Se prima non si scoprono tutte queste case,

]O. Ossia i Dommatici che si professavano seguaci di lppocratc.

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SCETTICIS:-.10 E MEDICINA

non e possibile distinguere l'affczione di nessuna delle parti


che stanno nella profondita dcl corpo.
Va da se chc anche in questo settore si trae una grande
utilita dalla dialettica per sapere con chiarezza che casa si
ricavi da che cosa e per non esscre in nessun casa abbindolati
dai sofismi ne di altri ne di noi stessi, giacche si puo con
evidcnza riscontrare che anchc noi, nostro malgrado, ci lasciamo
ingannare dai sofismi 71. E, per altro, io volentieri chiederei a
loro che cosa c il deflusso, se essi avessero imparato a soste-
nere un dibattito. Non credo, a dire il vero, che sia sufficiente
soltanto quello che e stato detto da alcuni di costoro - che,
cioe, il defl.usso e una « dic;posizionc contra natura )} -. Infatti,
se noi non abbiamo imparato che cosa sia la disposizione, non
riuscircmo a sapere piil nulla, cioe se essa sia rilassamento o
rammollimento o rarefazione; che neppure dalie loro parole
e possibile capire nulla di chiaro, ma udiamo soltanto quello
che passa loro per la testa, ora questo e ora quello e ora, anche,
questo e quello insieme, carne se non vi fosse differenza alcuna.
E se uno tenta di insegnare in che senso queste case differiscano
tra loro e che ciascuna di esse richiede una contemplazione
tutta particolare, non ce la fanno ad ascoltarlo, ma si mettono
ad incolpare gli Antichi, dicendo che quelli hanno invano for-
mulato queste definizioni. Tale e il loro stato di pigrizia nella
ricerca delia veriHd
Anzi essi non tollerauo neanche eli udire che a cio-che-e-
rilassato e contraria cio-che-e-condensato, al molie il dura, al
rara il densa e che, oltre tutto questo, una cosa e il conteni-
mento delle naturali escrezioni, un'altra e il loro deflusso, e
chc tutti questi termini sono stati definiti alia pcrfezione da
lppocrate. 1\Ia, per quanto concerne propriu qucste case, essi
si rivelano frettolosi e con grossa improntitudine asseriscono
chc l'infiammazione (cosi essi chiamano la massa dura, resi-
stente, dtllnrosa c calda) e un'affezione astretta ». In altre
o(

occasioni, in,Ycce, altrc specie eli infiammazioni essi le chiamano


''complicate i>, carne quelle oftalmiche che :oi presentano ac-
compagnate da deflusso, e cosi pure quelle alle tonsille, al-

it. SecondCl i Metutlici e gli Scettico·empirici. invccc. la o.lialcttica e del


tuttu insulliciente a »montare i sofismi (cfr. Sr.:n. E)IP. Pyrrll. llyp. Il,
:l:Z<J se;;g.).

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SCETTlCIS~lO E MEDICINA 727

l'ugola, al palato e alle gengive. Di poi, essi suppongono che


esistano «pori,, 711 - alcuni diradati, altri addirittura aperti -
e che, percio, abbiano avuto luogo entrambe quelle affezioni.
Alcuni, anzi, non esitano ad affennare che in un solo e mede-
simo poro possono insieme coesistere flussione e astrizionc,
cosa che non e facile neppure a pensarsi! Tanto pieni di teme-
r<Lrieta essi sono in ogni faccenda! Pochi di loro, tutta via, hanno
la capadta di sottoporsi un po' di pili all'ascolto e all'csame
di tuttc qucste case e, finalmente, a stenta si ritrattana e si
volgono alla verita. E appunto per costoro e per quanti vo-
gliano irnparare con una certa esattezza alcuni rudimenti sulle
affezioni piu importanti e generali, ho composto uno scritta
a parte ~ 3 • .Ma nell'attuale circostanza vale la pena di dire poche
parole ai principianti contra i Metodici. E mi augurerei che
anche castoro ne ricevessero un qualche giavamenta, e certa-
mente lo riceverebbero, se smcttessero di fare polemica e si
met tessero ad esaminare tra loro stcssi il rnio ragionamento.
Il discorso mio e questo: l'infiammazionc, carne anch'essi
la chiamano, e una massa innaturale dolarosa, resistente, dura
e calda, la quale, per propria canto, non rende affatto la parte
colpita piu rara o piu dura o piu densa di quanto fosse prima,
ma la ric:mpie di un umore superfiuo e, pcrcio, la rende pili
tesa. Cio non vuol dire che un qualcosa, se e completamente
teso, sia divcntato piil denso o piu duro di quanto fosse prima.
Il chc si puo imparare dalie pelli e dai tessuti e dalie chiomc,
se ci si sforza a stenderli quanto piu e possibilc. Allo stesso
modo anche il rimcdio per le parti troppo carichc di umori e
l'cvacuazionc, giacche questa e il contrario della pienezza.
Appena evacuati gli umori, si ha subita il rilassamento delle
parti. La tensionc e indubbiamcnte una necessaria consegue-nza
dd ricmpimento delle parti del corpo, carne la distensione e
una conseguenza del Iora svuotamento. Ma la condcnsazione

]~. Galeno tcnd€' a <.limostrarc ch€' i ~[etoclici. do~·r.ndo ncccs~ariamcntc


lar ricorso a nozioni chc lrascendono l'apparcnza h:numenica, finiscuno eul
rifarsi ad iputc5i d.:l peggiorc ctommatismo. ad csr.mpio a qu<"lla teoria dci
• PrJri insecahili • chc r.ra stata sustcnuta da .-\sclepia<.le di llitinia e che gli
Scettico-cmpirici con~iJt"ra,·ano arbitraria e assur<.Ia. comc e provato da pa-
rccchi pas.si cti Scsto Empirico. Lo stesso clicasi per la concczionc dcllc • comu·
nanze " chc st-mbra risalir<' ad Eraclito.
73· Kon 5appiamo a quale opera qui alluda Galeno.

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SCETTICIS~IO E MEDICINA

e la rarefazione 74 non sono affatto una conseguenza necessaria


ne eli una ne eli un'altra dclle due cose, anzi non lo sono nem-
meno la flussione o la ritenzione. lnfatti, se un qualcosa e eli
gia raro, non e affatto necessario che da esso, in ogni caso,
si produca un flusso, giacche quest'ultimo non si riscontra per
niente qualora cio che in esso e contenuto sia grasso o in lieve
quantita. Ne, se un qualcosa e densa, viene necessariamente
trattenuto, giacche cio che e abbondante e sottile fluisce attra-
verso i pori, ancbe se questi sono densă.
Sarebbe, dunque, stato meglio che ancbe i Metodici si
fossero messi a leggere i libri degli Antichi e avessero imparato
in quanti modi cio che prima e trattenuto in una parte del
corpo, viene poi nuovamente emesso per escrezione. Infatti,
quando diventa raro il contenente, anche il contenuto viene
a rarefarsi e ad ampliarsi, e si muove con maggiore velocita
e viene attratto da qualcosa eli estraneo e, per cosi dire, e rias-
sorbito da qualcosa cbe sta dentro di esso.
Chi, pero, trascura tutti questi dettagli e ritiene come unica
causa dell'evacuazione la rarita dei pori, mostrera di non cono-
scere ncppure le apparenze fenomeniche. Difatti noi vediamo
con evidenza che la lana o la spugna o qualsiasi altro oggetto
altrettanto raro, se hanno un po' d'umido nel loro interna, lo
trattengono e non lo emettono, ma, se ne hanno in quantita
maggiore, lo fanno calare. Perche mai, allora, anche a pro-
posito delle orecchie e delle narici e delia bocca e di tutte le
altre parti del corpo altrettanto rare, non hanno fatto le mede-
sime considerazioni, ossia che, anche nella quantita dell'umore
contcnuto in esse, si puo avere un qualche deflusso non causato
dalla rarita dei pori? Del resto, noi vediamo sovente anche
certi orciuoli fatti di materiale cosi diradato che ne cola fuori
l'acqua, ma, se si versa miele, questo non cola, giacche la so-
stanza del miclc e piu grassa dei pori dell'orciuolo. Certamente,
pertanto, non sarebbe stato fuori luogo prendere in considera-
zione anche, qucsto: che, cioe, sovente un qualcosa defluisce
a motiva delia sua sottigliezza, ancorche lo stesso corpo conte-
nente non presenti, per sua costituzione, alcun poro. Ma un

7i· Il processo di rarcfazione e condensaz.ione presuppone, secondo Ga-


leno. uno studio generale delia natura, come avveniva in ARJSTOT. Pllys. IV,
9, 217a IO segg.; VIII, 7• 26ob 12-15.

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SCETTICIS~lO E ~lEDICINA

uomo che con diligenza e per molto tempo si sia dedicata al-
l'attivita dell'arte, quale difficolta avrebbe incontrato a me-
ditare che sovente la natura, la quale govema l'essere vivente,
utilizza un impulso piu forte del solito per svuotare, per mezzo
di esso, tutto il materiale superflue, quasi mettendolo alle strette
e respingendolo? Le crisi delle malattie, infatti, avvengono
prcsso a poco in questa maniera. E tralascio le altTe cause
dclle evacuazioni, e cosi pure quelle delle ritenzioni, che alle
prime sono pari e contrarie. Un simile discorso non si pre-
sterebbe ad essere ascoltato dalie orecchie dei Metodici! 75 Ma
io ritomo su cio che mi sembra essi possano capire: che, cioe,
talvolta l'occhio pua avere un deflusso, perche l'umore o e
divcnuto abbondante o si e assottigliato oppure e stato espulso
dalla natura attraverso questa parte del corpo, scnza che gli
stessi corpi subiscano un'alterazione che sia piu che naturale.
Bisogna, ovviamente, fare in moda che l'umore sottile diventi
grasso e fare uscire fuori quello che e sovrabbondante. L'im-
pulso della natura, ove si presenti con opportunita, lo si deve
accogliere senza intervenire sulla stessa materia corporea che
costituisce gli occhi, dal momente che questa non e la causa
del deftusso.
La credenza, pero, che un certa tipa di infiammazione sia
'' affezione astretta » e un altro tipo sia « affezione complicata »
non so carne possa sbucar fuori dalla testa di gente che ragioni!
In prima luogo, infatti. i Metodici si sono dimenticati dei loro
stessi discorsi: che, cioe, non bisogna identificare il deflusso
morboso con l'evacuazione o l'astrizione morbosa con la sem-
plice ritenzione, ma che bisogna dedicare una particolare at-
tenzione alle 11 disposizioni n dei corpi. Orbene, dal momente
che queste 11 disposizioni )) si trovano ad essere del tutto simili
e l'infiammazione che si riscontra in questo determinata mo-
mente non appare per nulla differente da quella di prima se
non in quanto dall'una si produce un deflusso e dall'altra no,
e senz'altro una grave assurditâ ritcnere che l'una sia a com-
plicata» e l'altra sia « astretta n. In secondo luogo, carne mai
a loro non e venuto in mente di fare il seguente ragionamento,
che pur era cosi ovvio: che, cioe, ne in una mana ne in un piede

75· Giacche per costo:ro ogni aitiologia sa sempre di bruciato.

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730 SCF.:TTJCIS~fO E MEDICINA

ne in un gomito ne in un braccio ne in una tibia ne in una coscia


ne in una qualche altra parte del corpo e stata mai osservata
una sorta di infiammazione che fosse tale da produrre un de-
flusso, mentre qucst'ultimo si riscontra solo nclle infiammazioni
aiia bocca, agli occhi e alle narici? Farse che Zeus comando
a tutte le '' comunanze complicate 11 che mai alcuna di esse si
insinuasse in nessuna altra parte del corpo, ma che guerreg-
giasse solo negli occhi, nel nasa e nella bocca? In realta, pero,
un'infiammazione pua colpire tutte quante le parti che, per
natura, hanno la possibilita di accogliere le cause del suo pro-
dursi. I\b, poichc per natura alcune parti dcl corpo sono di-
radate e altre sono dense, dalle une emana un qualche deflusso,
dalie altre, invece, qnest'ultimo viene trattenuto. Infatti, se
si riempie di una sostanza tunida un otre o un qualche altro
recipiente parimcnti compatto, non deflnisce niente; se, invece,
si riempie una spugna o qualche altra cosa parimenti rara,
tutto il superflue cola giu. Ma, allora, se essi avessero riflettnto
che tutto il resto della nostra pelle e molto piu astretto di
quella dcgli occhi o delle nariri o delia bocca, quale difficolta
avrebbcro avuto ad attribuire la causa alla natura delle parti,
lasciando perdere ogni cr complicatczza n e tante chiacchiere
prolisse? E che la faccenda stia cosi, lo mostrano le innamma·
zioni ulcerosc che si producono ncllc altrc parti del corpo,
giacche anchc da esse deftuisce <Juel materiale chc c piu sottile,
come avviene ncgli occhi, nel nasa e nella bocca. Ma finch6
la pelle rimane immune da affezioni e completamente astretta,
e da vedere appunto in cio, e non gia nella specie dell'infiam-
mazione, la causa dell'assenza di ogni deflusso. Carne, d'altra
parte, se si asperge di miele o di pece umida in quantita non
tanto ecccssiva una spugna o la )ana, non ne defluisce milla
a causa delia grassezza di quei liquidi, ne si avrebbe alcun
dcflnsso nel caso che si trattasse di aspersione di acqna o di
un'altra sostanza parimcnti sottilc purche fosse in quantita
minima, cosi nella medesima proporzione, a mio avviso, non si
riscontra in ~gni caso un dcflusso dagli occhi o perche l'umore
e grasso o perche gli occhi non ne sono cccessivamentc pieni,
comt' avvicne quando questi organi si trovano allo stato nor·
male. Di conseguenza si puo dare il ca:.o che la mcdesima specie
di infiammazionc, pur differendo da un'altra csclusivamente

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SCETTICISMO E MEDICINA 73I

per la grassezza delia materia che vi ftuisce, produca un'of-


talmia priva di fl.ussione, che i sapientissimi Metodici chiamano
"astrctta » e che reputano differente da quella o complicata "•
immcmori delle loro stesse parole che essi spostano in su e in
giit, dal momento che stimano che le condizioni preparatorie
dellc affezioni siano corporee, ma non risiedano negli umori.
l\I a allora, se nei corpi c' c la medcsima « disposizione •• e se
qucsta non presenta alcun'altra differenziazione oltre al fatto
chc si attiene esclusivamente alla natura degli umori - a se-
conda, cioe, che questi siano o sottili o grassi - e in base a cio
si ha talora un defl.usso e talora, invece, una ritenzione, come
fa te a supporre che le« comunanze n siano diverse? Cosi, dunque,
anche la vostra « affezione complicata» risulta inintellegibile!
In quanti errori particolari, poi, voi l'vletodici andiate a
cascare non solo nel campo delia dietetica ma anche in quello
della chirurgia e delia farmacologia, lo verrete ad acclarare
un'altra voita, se non sicte ancora persuasi da queste mie
parole. Ma, poich~ queste sono bastevoli per i principianti,
metto qui il punto al presente discorso 11.

La metodolog1~a cmpir1:ca (GALENO, De s1tbjiguratione empirica)

Tutti i medici che professano l'empirismo, allo stesso modo 1, 4:z


dei cosiddctti filosofi scettici, ricusano di farsi chiamare con
un appellativo che risalga a qualche illustre personaggio. ma
pn:tendono di essere riconosciuti in base alla loro disposizione 15
spirituale. E appunto percio - essi affennano - mentre gli altri
medici vengono chiamati Ippocratici o Erasistratei o Prassa-
gorei o Asclepiadei o con un altro nome siffatto, essi non si 20
chiamano Acronci (quantunque Acrone sia stato l'iniziatore 43
delia metodologia empirica) ne prendono il nome da Tirnone 1
ne da Filino ne da Scrapionc, i quali sono stati, si. posteriori
ad Acrone, ma hanno preceduto gli altri empirici. ,;
Cio premesso, secondo tutti loro. in linea generale risulterâ.
essere indubbiamcntc maestro delia setta empirica ehi, in
qualsivoglia sua dichiarazione, si guarda benc dal porre alcuna
1. Fr. 53 Dids.

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732 SCETTICISMO E MEDICINA

1o invenzionc che si reputi conseguita «per via eli indicazione 11.


Essi, infatti, sostengono che l'arte delia medicina non e costi-
tuita dall'u indicazione accompagnata dall'esperienza "• come
15 asseriscono tutti i Dommatici, bensi esclusivamente dall'« espe-
rienza di cio che sia stato osservato nella maggior parte dei
casi e in modo simile n.
Tu, dunque, ponendo rnente a queste cose, giudica tutto
quello che vengo a dirti nei particolari, mentre io intendo mo-
2o strare con esattezza, nella sua peculiarita, la dottrina delia
setta empirica.
Si supponga, comunque, che quanto e scritto in questo
libro lo dica un empirica.

n, 44 Noi affermiamo che l'arte della medicina ha trovato la


5 propria consistenza in base all'esperienza e non all'indicazione.
E chiamiamo r< esperienza n la cognizione di una cosa in base
alia d.iretta ispezione; indicazione, invece, chiamiamo la co-
gnizione che proviene da un procedimento razionale. Infatti
il senso conduce noi all'esperienza, mentre la ragione conduce
10 i Dommatici all'indicazione.

Pero la cognizione fondata sulla diretta ispezione talvolta


viene a nascere spontaneamente in ehi vede un qualcosa (e
si chiama << incontro casuale »), talora, invece, si ha quando
15 uno si mette ad improvvisare o ad imitare qualcuna delle cose
che egli ha viste e che abbiamo detto originarsi spontanea-
mente, vuoi per natura vuoi fortuitamente: fortuitamente, nel
caso che, ad esempio, ad uno cui dolga la parte postcriore delia
zo testa capiti di cadere e di trar giovarnento dalla rottura della
vena diritta sulla fronte e dall'effusione di sangue 2 ; per natura,
45 o naturalrnente, ad esempio nel caso chc quel tale abbia
un'emorragia nasale e subita dopo sfebbri.
Si ha un'esperienza « irnprovvisata ''• quando, ad esempio,
si trae giovamento dalla soddisfazione d.i un propria desiderio
5 o bevendo acqua fredda o rnangiando una mela cotogna o
qualche altra -eosa siffatta oppure se un tale, che e stato mor-
sicato da una bestia su una rnontagna, fa subita l'applicazione
10 di una data erba e ne trae giovamento.

2. Cfr. fr. 44 Deichgrabcr.

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SCETTICISMO E MEDICINA 733

Facciamo, invece, esperienza « imitativa '' a proposito dei


knomeni suddetti e in quelli che si riscontrano due o tre o
molte volte, ma tuttavia non tante che si possa dire se, quando
si applica una data casa ad un'altra, si abbiano sempre le stesse
conseguenze oppure queste ultime si manifestino o per lo piu 15
o in modo alterna o di rada,
C'e, infine. l'esperienza « pratica )), e questa si riscontra
solo negli esperti dell'arte mcrce qualche « somiglianza '' con
le case che sor10 state inventate in base ad un'indagine empirica. 20
E chiamiamo « empiria » la cognizione di quei fenomeni che si
sonn riscontrati tante volte da essere onnai nonnalmente
osservabili, ossia da potersi riconoscere se essi si sono a'\1-verati
st>mprc o per lo piu o in maniera alterna o di rado. Queste, zs
infatti, sono le quattro differenzc teoricamente possibili. Di 4ti
consegucnza noi chiamiamo 11 contemplazione di una casa che
si sia riscontrata un gran numero di volte » una conoscenza
chc, nello stesso tempo, sappia distinguere un evento secondo
le sue due prospettive contrarie. C' e distinzione, pai, tra cio 5
il cui contraria e sempre non manifesta, cio il cui contraria
c per-lo-piu-non-manifesto (nel senso che il contraria si ma-
nifesta, ma solo di rada), cio il cui contraria si-manifesta-in-
differentemente-in-un-modo-o-nell'altro, e, infine, cio il cui con- 10
trario si-manifesta-di-rado t rispetto a cio che non si presenta
qualche voita, ma per lo piu 3 t. Le case, invece, che non rien-
trano în questa nostra distinzione, noi le consideriamo prive di
ordine e affenniamo che la loro conoscenza non fa assolutamente 15
parte dell'empiria. E Menodoto ha chiamato questo tipo di co-
noscenza empirica un'empiria che non risnita composta di
(<

parti sulla base di altre empiric particolari ,, e percio ha detto


che essa e l'empiria (( pnmana e assolutamente semplice )), 20

Carne l'arte, nella sua totalita, e composta da una moi- m, 30


tcplicita di cognizioni empiriche, cosi, a sua voita, ciascuna
di queste ultime e composta da molte altre cognizioni pur cssc 47
empiriche. }la quale sia il loro numero non si pua determinare,
e si va a cadere in quell'aporia che alcuni chiamano << del sorite ''·

3· Il senso dcl\';maco\uto di Galeno e precisato tlal Bonnet, p. 37. n. u.

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734 SCETTICISMO E MEDICINA

5 :\[a di essa si e pariato in un alt ro libro intitolato Sull' espericnza


4
nwdica •
Orbcne, presso gli scritti degli antichi Greci io ho trovato
in uso il termine ocu•o7t't)c; (ispettore diretto}, ma non ho tro-
vato il tennine ocu"t"oy(IX (ispezione diretta}. Noi, invece, come
to facciamo in altri campi, cosi anche in questo assegniamo un
appellativo corrispondcnte, usando il termine 11 ispezione di-
retta ''· Chi, pero, fa un'ispezione diretta esegue un'operazione,
ma non consegue una cognizione. Invece gli Empirici che ci
15 hanno preceduto hanno usato di solito il termine 1• ispezione
diretta n per significare non solo un'operazione, ma anche una
cognizione, anzi chiamano con quel termine la stcssa cmpiria.
20 Ed anche noi useremo similmcnte questi appellativi e chia-

meremo 11 ispczionc diretta '' non solo ogni cognizione di un


48 singolo fcnomcno, ma anchc quell'empiria che verra raccolta
da un gran numero di cognizioni siffatte. Gli Empirici, inoltre,
si sono abituati ad usare, non so perche, il termine Tijp"rjatc;
(osservazione) per indicare la cognizione e la memoria dei ri-
5 trovati dell'arte. E, per questo motivo, anche Teoda disse che
le parti delia medicina per mezzo delle quali il piit delle volte
noi conseguiamo il nostro fine, vengono da noi acquisite tramite
l'ispezione diretta e l'•< istoria n [t~r.opb:] e 11 il passaggio per
ro stretta somiglianza '' 6 • E, passando subito dopo a definire
l'esperienza, che in nulla differisce dall'ispezione diretta, egli
dice: <1 Si chiama, dunque, esperienza tutta quanta l'osserva-
zionc del fenomeno "· usando al posto di « memoria '' e di « co-
gnizionc)) il nomc (( osservazione ''· chc e l'atto dell'osserva-
15 tore, quantunque quell'appellativo non stia ad indicare la
memoria propriamente detta ne la cognizione. Essi, pertanto,
non hanno usato questi vocaboli secondo la consuetudine greca;
usano, invccc, il nome -rpL;?;·~ (pratica), proprio come l'usano
20 i Greci. lnfatti l'est'rcizio operativa dell'esperienza viene da loro

chiamato (( pratica n e da questo appcllativo i Greci chiamano


-rpL~Lxo.; (pratico} colui che ne partecipa, allo stcsso modo che

4· Cfr. GJI.LEN. De libr. propr. 2; Ars. "'"d. 37·


5· Al tennine li•lxl.o·;lot usato tlal llonnet al pQslo di cmrvmimtia delia
tratluzionc latina il Dcichgraber proponc sostituire Elx6~ (verosimile). Qucsta
sostituzione, infatti, eviterebbe la possibihta di con{onrlerc questo principiu
tlella metodologia empirica (os<>ia il passaggio dai simile al similc) con l'ana-
logismo dci Medici Ha7.ionalisti.

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SCETTlClSMa E MEDICl~A 735

chiamana « empirica ,, calui che passicde 1' empiria. A dire il


vero, i Greci non usano di solito il termine u empirica >•. :\'Ia 49
i nostri medici, fondandosi sul metoda dell'empiria, hanno dato
a se stessi il nome di rr empirici,, ed hanno chiamato u empiria ,,
non solo la cognizione di un unica principio teorico, ma l'intcra
arte medica, che essi affermano constarc di un'cmpiria diretta- 10
mcnte osservativa, da loro chiamata u ispezione diretta ,, e, in-
sicme con questa, di «istoria u e di « passaggio dal sirnile ",
intendcndo per 11 istoria" l'enunciazione dell'ispezione diretta
c per re passaggio dai simile ,, il proccdimento versa l'esperienza 15
pratica attraverso la somiglianza delle cognizioni acquisite
t rami te 1' esperienza.

Si e cercato di sapere, poi, se anche Serapiane ritenga che 1v


sia terza parte costitutiva di tutta la medicina il « passaggio
dai simile ,,, casa che .Mcnodoto non dichiara espressamente, 25
ma si limita a fame uso pratico. E non e, di certa, la mede-
sima casa farne un semplice usa pratico e considerarla, invece,
comc parte vcra e propria. E neanche il pirroniano Cassio, 30
che su qucst'argomento pur scrisse un intero libra, tenta chia- so
ramente di dare una precisa indicazione circa l'uso del (( pas-
saggio dal simile ,,_ Meglio, invece, ha fatto Teoda con l'affer-
mare che il (l pracedimento attraverso somiglianza )) e un'espe-
ricnza u epilogistica "· Alcuni altii, poi, hanno sostenuto che
questo procedimento ha carattere strumentale. !\'Ia, farse, sa- 5
rcbbe mcglio dire che anche !'istoria ha carattere strumentale
e non e una ro: parte ., deHa medicina; e similmente anche l' os-
servazione, che, carne dicevo, viene considerata carne un'opcra-
zione. Perciu, a mia avvisa, anche Teada ne ha scritto nel 10
moda seguente: (( Le parti della medicina con le quali canse-
guiamo il fine noi le acquistiamo tramite l'empiria, la quale
si produce mediante ispcziane diretta, istoria e passaggio per
analogia ,,, Egli intende dire, infatti, che per mczzo di queste 15
tre case si acquisiscano le parti delia medicina e che queste,
cvidentemente, sano differenti tra loro, ma tutte quante insieme
risultano csscre u memorazioni "· E, appunta pcrcio, meglia si zo
potrcbbe descrivere l'empiria carne c< memoria di fenomcni che
sono stati riscontrati spesso e ncl mcdcsimo modo u. Se, poi,
si usera il termine << ossenrazione n al posta di '' memoria ,., 25

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SCEITICIS~IO E MEDICINA

anche in questo caso 1'empiria verra ad essere « osservazione di


fenomeni che sono stati spesso riscontrati 11. Se, infine, il ter-
mine « osservazione >> viene inteso nel senso di •• operazione"
30 - come, del resto, lo usano i Greci - e se il termine « memoria»
SI sta a significare il permanere nell'anima di fcnomeni che sono
stati riscontrati, allora entrambi i termini possono essere in-
sieme sussunti col dire che l'empiria e « osservazione e memoria
di fenomeni che sono stati riscontrati spesso e in modo simile »,
5 oppure si puo anche parlare esclusivamente di •• memoria»,
giacche in quest'ultima e di gia contenuta l'osservazione, non
potendo noi ricordare i fenomeni che sono stati riscontrati
spesso e in modo simile, se non facciamo una qualche « osser-
vazione » dei fenomeni stessi.

v, 15 Di queste cose ho creduto opportuno trattare in una de-


scrizione compendiosa.
Teoda, pero, poneva come vere e proprie « parti di tutta
la medicina 11 la semeiotica, la terapeutica e la cosiddetta
11 igienistica ». Egli affermava, altrcsi, che di queste parti noi

zo conseguiamo l'acquisizione in base all'ispezione diretta, al-


l'istoria e al passaggio dal simile, e percio quelli che ritengono
queste ultime come « parti » di tutta quanta la medicina non
zs le chiamano « semplici » senza aggiungervi alcun'altra precisa-
zione, ma le chian1ano 11 parti costitutive u, nel senso che tutta
la medicina e da esse costituita, mentre chiamano (( parti finali »
la semeiotica, la terapeutica e l'igienistica, operando cosi una
30 distinzione tra le parti finali e quelle costitutive. Difatti, se ne
52. vogliamo formulare una definizione esatta, esse non sono
'' parti », bensi « operazioni >> dei medici. Invece la cognizione che
e presente nell'anima e secondo la quale il medico da indica-
5 zioni ed esegue terapie e rende sani e 11 parte» della medicina.
1\lolte volte, comunque, si fa uso esagerato di questi termini,
e anche noi ci esprimiamo in questa guisa, dicendo che sono
•• parti di tutta la medicina >> la semeiotica, la terapeutica e
Jo l'igienistica. Sottoparti della semeiotica, poi, sono la« diagnosi »

per i fenomeni presenti e la u prognosi » per quelli futuri. Sotto-


parti della terapel,!tica sono la chlrurgia, la dietologia e la far-
15 macologia, purch~ teniamo presente anche questo, ossia che
essi usano gli stessi nomi per indicare le operazioni e le cono-

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DE

GLAVDII BALENI SVBFIGVRATIONE


EMPIRICA.

Dl DTATIO PBILOLOGI A
Q\ IC

SVJI.ORVM IS PHII. I' UJA H S RV


A\'CT RITATE Allrl.l. IMI I' HIL 1'11 R\'11 ORDINIS
IN VNIVF.RSIT n: t"IUIIF.tU '1 G\"ILt:UilA IUIE. A

\' NA C\'11 f:NT.:NT W C' .iTRO\'f!ftSI.

DIE VI. F.N 1 ' A\'c;\','TI • JI()('C(JL ·u


I'YIIU Df.n. l'tT "' IUI'Ttta

.\ D H : R ARit R\'ll 1' nn: \' CI PI K T:


.\\' .·'lt}- t:.~J\" ;' •E'I. PltiL •It LI naD.
r Lt:o t•.M. rtu L. "' , u mw
(o \' IL llflt: l.l.t:lt • 1 11. r utL Llll OUt.

ll liNAE
J'OJUUB ABOLI 080801

1 7• .

Copertina del volnmetto contenente l'edizione a ema di Max Bonnet


del Dş subfigul'fllit>M empirica. di Galeno (Bonn, 1872).

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SCETIICISMO E MEDICINA 737

scenze per rnezzo di cui noi operiamo. L'igienistica, infine,


secondo alcuni risulta priva di divisioni, rnentre altri la divi-
dono in igienistica vera e propria e in rafforzativa; altri, infine, 2o
vi hanno aggiunto anche la preventiva, la ricostitutiva e la
gerontocomica [vale a dire quella che ti educa le persone an-
ziane] 8 • Vi e, poi, anche ehi sostiene che queste sono sottoparti 25
delia medicina nella sua totalita, ma che derivano dalla sudcli-
visione eli tre case, ossia dei corpi, delle cause e dei segni, senza
che si tenga conta delle case salutari e di quelle che provocano
le malattie. 30
Anche Erofilo 7 classifica in questo modo tutta la medicina.
dicendo che essa e << scienza delle cose salutari, di quelle mor-
bose e di quelle neutre 11. E certamente anche nei segni e nelle 53
cause si riscontrano case « neutre ».
Tenendo presente questa suddivisione, ne consegue che anche
noi, se vogliamo preservare l'indirizzo empirica, dobbiamo ape- 5
rare divisioni, per potere in modo piu chiaro insegname l' og-
getto. Tuttavia non intendo impedire ad altri di dividere diver-
samente, purche dalla loro divisione non venga trascurata 10
alcuna parte, anche piccola, dell'arte. Ecco perch~ anche Teoda,
all'inizio delia sua Doterina delle parti, si esprime cosi: « Bisogna
affermare che sono parti delia medicina anche quelle che sono
suscettibili di un'ulteriore partizione, vale a dire la semeiotica, 15
la terapeutica e l'igienistica "· Dunque non c'e nulla di strano
se alcuni hanno parlato di due procedimenti dell'empiria, altri
di tre, altri di quattro, altri, infine, di cinque. Gli Empirici, 20
pero, sostengono che non si tratta qui di un dissenso, bensi
di un diversa uso terminologico [quasi che essi parlassero di
una dottrina identica, ma esposta con parole diverse] 8 • Quale 25
sia, pero, la divisione secondo il procedimento razionale, si dira
m appresso 9•

Diciamo, adesso, tutto queUo che non ancora e stato detto Vl. 54
a proposito delle parti ce costitutive 11 delia medicina. Esse sono,
del resto, le piu utili di tutte.
6. Evidente glossa dcl traduttore latina.
7· Galcno ama cogliere molte somiglianze tra la metodologia empirica
e quella razionalistica; percib egli cita qui il dommatico Erofilo.
8. Glossa. probabile de! traduttore latina.
9· In cap. VIII.

47· Scdliri a>llicJri.

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SCE11"1CJSMO E ~IEDICINA

10 Il medico n osservativo '' si c assegnato lui stesso il nome


di "empirica'' ed ha chiamato "empiria '' l'intera arte. Almeno
nei primi tempi, come e verosimile, egli ha eseguito l'osser.
vazione dcllc cose che giovano e d.i quelle che sono nocive
15 non solo esaminando case utili, ma anche case inutili. Pere)
nel lungo lasso di tempo che arriva ai nostri giorni si e riscon.
trato che, sebbene molti abbiano osservato tante e tante cose,
20 molte osservazioni sono state condotte invano, ragion per cui
nella nostra epoca e molto utile l'istorla, come nel passato fu
utile l'ispezione diretta. Ad esempio, l'osservazione del colore
degli indurnenti e risultata inutile in molte malattie e utile
25 in poche. Infatti, per ehi soffre di oftalmia e giovevole il co-
lore azzurro o verde o nero, mentre e molto contraria quello
bianco o luccicante; altri colori, infine, non sono ne utili n6
30 dannosi. Allo stesso moda e stato constatata che il colore rosso
irrita quelli che sputano sangue, mentre si e visto che questo
stesso colore e inutile o superfluo nel caso di altre affezioni e
di altri sintomi; allo stesso modo che e inutile che la mensa
35 sia d'avorio o di legno e il piatto sia d'oro o d'argento o di
55 cristallo: infatti nessuna di queste case ha il potere di far gua·
rire o ammalarc, ma e neutra e superflua. Invece cio che emette
5 un odorc sgradevolc o nocivo non e affatto superfluo o neutro
alia salute. Infatti le case puzzolenti abbattono la facoltă. 10
appetitiva e quella digestiva, e sono ad esse di nocumento
quelle che hanno proprieta piccanti, come il legno di cipresso,
10 di pioppo. di bosso o di noce, specialmente quando sia ancora
fresca. Percio da tal genere di lcgno noi evitiamo di farci co-
15 struire letti e parte e ogni sorta di recipienti, e simihnente
scansiamo ogni odore che aggrava la testa o fa perdere l'ap-
petito o provoca qualche altro siffatto fenomeno. Come, invero,
e utile scegliere cio che giova, cosi e utile evitare quello che
zo nuoce, mentre non bisogna ne scegliere ne evitare cio che n6
giova ne e nocivo. Ecco perche e indispensabile che il medico
sia conoscitore di queste case, vale a dire non solo delle cause
25 salutari o malsane o neutre, ma anche dei corpi e dei segni.
Inoltre non sussiste alcuna differenza tra l'espressione

10. Galcno, pur parlando da Empirice, non puo iare a meno di usare un
termine aristotclico a lni molto caro e da lui ampiamcnte sviluppato nel D1
naluralibus faeultalibus.

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SCEITICISYO E MEDlCl!IIA 739

"avere scienza n e u aver cognizione n, come non c e diffcrenza


tra l'essere esperto di un'arte e l'esseme conoscitore o l'aver
imparato un'arte o una scienza. Ne c'e differem:a, nel caso che 30
si prescnti un'infiammazione, tra il chiamarla « malattia '' op- 56
pure 11 affezione ''· Il sintomo, invece, puo esscrc differcnte, nel
senso che esso e o semplice ed unica e non-cornposto oppure 5
un insieme di molti fenorneni. Difatti sono sintomi un dolore
ai fianchi, un colpo di tosse, uno sputo sanguigno o pallido o
liddo, ma non sono sintomi a minor titolo di questi una dispnca
o una temperatura innaturale del corpo. 10
Tutto l'insicme di questi fenomeni e chiamato dai Greci
"malattia '' o 11 affczione" o anche 11 languorc n o u inferm.ita "·
E uoi usiamo, nei limiti del possibile, i nomi secondo la con-
snetudine dei Greci n; invece, nel casa delia nostra ignoranza 15
lli un appellativo consueto, ci accordiamo tra noi su quello che
andrcbbe usato. Pertanto, al fine di istituire tra noi un dialogo 20

chiaro e di dare o ricevere un insegnamento, bastera dare sem-


plicemcnte il nome di « sintomo 11 a un qualche fenomeno inna-
turale. carne, ad esempio, ad un colore o a un gonfiore o ad
un'infiammazione o ad una dispnea o ad un raffreddamento o 25
ad un dolore o alia tosse, mentre si dara il nome di « malattia '' 57
o di « affezione 11 aUa<< sindrome >• di questi fenomeni. Tutti quanti
i nostri predecessori empirici, pero, hanno usato il nome di
'' sindrome 11 non in riferimento a qualsivoglia accozzaglia di
sintomi, bcnsi quando questi ultimi si riscontrano simultanea- 5
mente nel corpo del paziente e subiscono, sempre simultanea-
rnentc, accrescimcnto o stabilita o decrescita o dissolvimento.
Sicche, a volerne dare un'illustrazione succinta, essi crearono
un nome a seconda di ciascuna sindrome pa..ticolare, desu- 10
rncndolo ora da uno ora da 1m altro dei fattori dclla sindrome
stessa. Cosi, ac.l esempio, dalla parte malata del corpo hanno
tratto i termini t! pleurite '' c 11 pcripleumonia n, da un altro 15
sintomo i termini infiammaziune" e 11 frcnite n; talvolta hanno
<(

desunto i nomi anche in base ad una somiglianza. come nel


caso di 11 elcfantiasi" c di 11 cancro ••: talvolta, infinc, cssi stessi
coniano il nome di sana pianta, come nel casa di ederua" (1 :zo
e di « scirro "·
I l . Gran parte del trattato di Scsto Empirica Co11tro i grammatiâ ~i ispira
a questo principio.

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740 SCETTICISllO E ltiEDICINA

Orbene: le affezioni che simultaneamente si gen erano e si


25 accrescono e simultaneamente si stabilizzano e si attenuano
ss e simultaneamente cessano, gli Empirici le chiamano « coin-
vadenti »; quelle, invece, che hanno siffatto comportamente
5 per lo piil, essi le chiamano « considenti ». E alcuni distinguono
lo stato affettivo di queste stesse sindromi, che essi chiamano
ce diagnostiche li, altri ne indicano il futuro decorso e le chia-
mano a prognostiche », altri, infine, fanno un'anamnesi delia te-
ro rapia e le chiamano « terapeutiche ». E noi da una parte cono-
sciamo tutte le sindromi in base all'osscrvazione, dall'altra le
affidiamo alia memoria e ce ne serviamo nel prcsente in base
a reminiscenza. Infatti il nostro uso pratico dell'empiria con-
15 siste nell'osservare e nel ricordare quale fenomeno abbiamo
visto insieme con un alt.ro, quale dopo un altro e quale prima
di un altro, e se li abbiamo visti sempre o per lo piil o in moda
20 alternativa o di rado 12 : sempre, ad esempio la marte, quando
c'e lesione cardiaca: per lo piil, ad esempio l'effetto purgativo
nell'uso delia scamonea; in modo alternativa, ad esempio il
decesso in caso di meningite; di rada, ad esernpio quando uno
25 si salva a seguito di lesione cerebrale.
In tutte queste cose ci e necessario - in base alia costitu-
zione dell'arte (che facciamo risultare dall'osservazione e dalla
30 memoria) e, inoltre, in base all'insegnamento delia sua dottrina-
59 distinguere e determinare quello che e propria e quello che e
comune. La massim.a parte degli Empirici, o quasi tutti, chia-
mano qucsta operazione non giâ cc detenninazione n, bensi u di-
5 stinzione >>, perche non sanno obliterare il loro compiacimento
per gli appellativi n. Noi, pero, non ci teniamo e diremo che
non sussiste alcuna differenza neli'uso di una qualunque di questi
due termini, purchc il propria venga distinto dai comune per
to mezzo di cognizioni evidenti 14• Tenendo presente, infatti, che
esistono due cose - vale a dire la designazione dei significati
e la distinzione dei fatti reali -, possiamo parlare di « distin-
15 zione ,, a proposito dei significati e di « detenninazione >> a pro-

r2. Cfr. SEXT. EMP. Adv. log. II. 288.


IJ. Galfno diutfntica quasi ui limitarsi ad una scmplice esposiziooe e si
lascia guidare da un impulso critica: in realt:A gli Empirici non crano spin ti
da mcro gusto terminologico, bensl dai bisogno di evitare equivoci con con-
cezioni dommatiche. ,
q. L'empirico galeniano ha qui una notcvolc somiglianza con Sesto.

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SCETTICIS:t.IO E lofEDICIN.4.

posito dei fatti reali. Comunque, in entrambi i casi eia che e


propria viene separata da cio che e comune. Pero, come con-
sigliava Platane 15 , e opportuno tenere in poco canto i nomi e
non trascurarc, invece, l'esattezza delie argomentazioni. Infatti, 20
nell' esame delle affezioni, la necessita di distinguere il propria
dai comune si presenta nel modo seguente: se qualcuno ci
chiedera, ad esempio, di quale malattia sia sindrome una febbre 25
acuta accompagnata da dispnea e tosse e saliva colorata, noi
gli risponderemo che la sindrome suddetta e comune alia pleu-
rite e alia peripleumonia, ma aggiungeremo che questa risposta
non indica in maniera esauriente una delle due malattie, ma 30
e monca e rnanchevole di qualcosa. Se, pero, ai sintomi anzi-
dctti si aggiunge un dolore acuto e pungente ai fianchi e un 6o
polso duro e teso, questa malattia sara la pleurite; nel caso,
invece, che non ci sia dolore ai fianchi e il polso non sia indurito,
ma si riscontri l'asma e il paziente provi un senso di angustia 5
che gli da l'impressione di essere soffocato, una sindrome siffatta
si chiama peripleurnonia. Cosi, dunque, nella diagnosi delle
malattie - che gli Empirici chiarnano anche u semeiotica >> - 10
si distingue cio che e comune da eia che e propria in riferimento
a ciascuna affezione particolare.
N elia prognosi, invece, {la neccssita di distinguere il proprio
dai comune) si presenta cosi: se qualcuno, ad esempio, ci chie- 15
dcra quale segno per il futuro diana il nasa aguzzo, gli occhi
incavati e le tempie cascanti, noi risponderemo che, se questi
sintomi si riscontrano in una malattia cronica, stanno a signi-
ficare un malanno modeste; se, invece, si riscontrano per la 61
prima voita, significano pericole di marte imminente 16•
Questa e la prima determinazione che possiamo fare in base
al tempo delia malattia. Altre determinazioni si ricavano in
base agli avvcnimenti precedenti, ad esempio se non ci sia
stata una forte evacuazione a causa di diarrea o di un pur- 5
gante o in qualche altra maniera, oppure se il paziente ha
sofferto di insonnia o di fame.
Nella terapia, invece, Ia distinzione di cio che e propria
da cio che e comune va fatta nel modo seguente: ncl casa, ad

15. Cfr. Charm. 163a; Soph. 2t8c.


16. Cir. HIPPOCK. Prognosl. 2.

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742 SCETTICJS)t0 E l'riEDICINA

ro esempio, di un malato di pleuritc, si deve fare la flebotomia o


no? Noi diremo che deve essere flebotomizzato non ogni pleu-
ritico, ma solo ehi presenti la sindrome cosiddetta pletorica o
15 ehi, pur non cssendo pletorico, sia vigoroso e giovane. Anzi
neppure qualsivoglia di costoro. Infatti noi ci guarderemo dai
flebotomizzare ehi presenta una sindrome pleuritica, se si tratti
di un vecchio o di un bambino; ma, allo stcsso modo, non ha
2u bisogno di flebotomia anche ehi si trovi in una regione molto

fredda, carne la Scizia, o nell'ora piu calda dell'estate (in cui


abbiamo visto molte persone subire una sincope). Ne ba sta
25 tutto cio: oltre le anzidette detcrminazioni ci sono anche le
seguenti: se il dolore giunge alia clavicola, avremo maggiori
motivi per flebotomizzare; se, inwce, giunge all'ipocondrio,
faremo uso di un purgante.

vn, 62 Questa e, in linea di massima, la detenninazione dei fatti


reali, ed essi la descrivono dicendo che e ( un discorso che di-
10 stingue cio che e propriamentc particolare da cio che e co-

mune''· E, carne dicevo 17 , essi non parlano di rr dctennina-


zione "· bensi di « distinzione "· Per noi, invece, non c'e alcuna
differcnza se quest'opcrazione venga chiamata rr determina-
' 5 zi o ne n o rr distinzione ''• purche da parte nostra venga rispettata
la di:fferenza che intercorrc tra le sindromi degli Empirici e
quelle dei Dommatici. lnfatti gli Empirici fondano la diversita
20 dd loro giudizio sulla base di quelle case evidenti di cui ora

ho trattato, mentre i Dommatici la fondano sulla base di cose


non-evidenti. Cosi anche il metoda empirica differisce da quello
dommatico, in quanto il primo si attiene alle case evidenti, il
25 secondo, invece, a 'lnelle non-manifeste. E gli Empirici chia-
mano il loro metodo « epilogismo "· mentre chiamano quello
63 dei Dommatici "analogismo "· perche non vogliono che tra i
due indirizzi ci sia alcuna comunanza persino nell'uso dei nomi.
Allo stesso modo essi chiamano i compendi delle Iora dottrine
non giâ "ddinizioni )) bensi <1 descrizioni li, quantunque non ci
5 fosse alcun divieto di dire chc la u definizione empirica )l e un
discoTso peculiare su un fatto reale e che risulta da quei feno-
meni evidenti che in questo fatto reale si presentano, roentre

17. ~d .:apitolo prcccrlcnte.

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SCETTICJSllO E lfEDJCINA 743

la (( definizione dommatica e pur essa un discorso appropriato, 10


)1

rna non risultante da fenomeni evidenti te. In questo sussiste


il contrasta tra i due indirizzi a proposito dei nomi, ed e possi-
bile fare usa della terminologia in modo scontroso o remissivo,
come fanno anche, in molti casi, certi Empirici in mamera
esagerata.
Per quanto concerne la realta delle cose, invece, gli Em- 15
pirici e i Dommatici differiscono tra loro, come e stato detto
all'inizio, in quanto i primi hanno fiducia esclusivamente nelle
case che risultano evidenti ai sensi e in quelle chc, tra esse,
n·ngono mcmorizzate, mentre i secondi hanno fiducia non solo ~o
in qucste. ma anche in quelle che, in basc alia naturale suc-
cessionc dei fatti reali, vengono scoperte con procedimento ra-
zionale prescindendo dall'osservazione diretta. 25
L'Empirico, pero, usa non solo le definizioni e le altre de-
tenninazioni che risultano dall'evidenza, ma anche le spiega-
;~.ioni delle cause e quclle dimostrazioni che si basano su quanto
e stato precedentcmente conosciuto in rnodo evidente per 30
mezzo delia sensazione. Si ponga, ad esempio, il caso chc, a
proposito di una gamba disarticolata a cagione di un trauma, 64
si chieda a un medico per quale motiva egli non rimctta a
post o l'arto: il medico risponderâ. che non lo fa perche e risul-
tata, a seguito dell'osservazione, che una simile ricollocazione
dcgli arti provoca spasimo. Ecco, allora, quello che noi dob- 5
biamo rispettare: non fare, cioe, alcuna enunciazione in base
ad un procedimento meramente logica, ma fame sempre in
base ad una evidente osservazione e alia memoria.
E questo, pcrtanto, il modo sccondo cui lo stesso medico 10
empirica da una costituzione all'arte e l'insegna agli altri. E
in cio egli si distinguc moltissimo da ehi intraprende un'eser-
citazione irrazionale. giacche quest'ultimo compie molti inter-
vcnti in maniera indiscriminata. E differisce da costui ancor
piu in quanto egli si an·ale dell'istoria: cosa che ci e indispen- l)
sabile, giacche a causa dell'ampiczza dell'arte noi non possiamo
contentarci dell'intera esistcnza di un uomo solo per la sco-

18. Ancora una voita Galeno, quasi impcrccttibilmcnte, assume un at-


teg:~iamento critico, mentre sembra limitarsi ad un'espusizione Iatta da un
I::mpirico di larghe vetlute.

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744 SCETIICISMO E MEDICINA

2o perta di tutte le case 19 • Noi, invece, facciamo un cumolo di


queste conoscenze e le collezioniarno da ogni provenienza,
accostandoci ai libri di quelli che ci hanno preceduto. Tuttavia,
se, prima di mettersi a scrivere, costoro fossero riusciti a tro-
vare ad una ad una tutte le opere di quelli che scrissero prima
25 di Iora, e se, di conseguenza, l'Empirico riuscisse a farne una
distinzione, allora tutte le opere scritte da lui risulterebbero
veraci. 1\la siccome alcuni hanno prestate fede ad un'espe-
30 rienza incontrollata e altri non hanno riscontrato personal-
mente e piu volte le cose di cui hanno scritto, e altri si sono
attenuti a probabilita di ordine logica, risultano scritte certe
l'is cose che non corrispondono alla verita: percio non dobbiamo
dar credita in moda semplicistico a tutto quello che e stato
5 scritto da quanti ci hanno preceduto, ma dobbiamo servircene
con critica circospezione. Ed e appunto, questa, una delle pe-
culiarita dell' esperienza e non gia di ehi intraprende un' eser-
citazione irrazionale. Costoro 1\lenodoto li chiama -rpl~I1XClt;
(straccioni), coniando egli stesso questo vocabolo da "rf>l~Co:IV
ro (mantello logoro). termine che sovente si riscontra presso gli
antichi medici in riferimento a quanti si sono logorati in qualche
attivita. Sicche si patra chiamare <Tp(~(o)"«X (pratico) ehi ~
15 perfettamente esercitato ed ha imparato una dottrina studian-
dola in tutti i minimi pezzi [-rt'Tp~fl.fLEvl)v], mentre si cbiamera
Tp~~w..,~x6c; (sbrindellato) ehi si aceasta all'arte in maniera
irrazionale, vale a dire ehi non ne sa operare alcuna cernita e
non sa badare con intelligenza all'istoria. E se egli non vi bada
zo con intelligenza, non tentera neppure di formularne un giudizio.

vm Ma poiche, anche in questo settore, si fa qualche questione


oziosa in merita al nome di «istoria )l, facciamone brevernente
rnenzione.
30 Alcuni dicono che !'istoria e Il enunciaz.ione delle case che
sono state viste »; altri, invece, aggiungendo l'espressione «con
66 evidenza », affennano che !'istoria e Il enunciazione delle cose
che appaiono con evidenza »; altri, infine, hanno sostenuto
5 che essa e CI enunciazione dell'ispezione diretta ll, Ma tutti co-

19. In cio gli Empirici erano pienamente d'accoruo con i Razionalisti;


sia. gli uni che gli altri accettavano il celebre aforisma di Ippocrate. Solo 1
Metodici lo rcspingevano. '

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SCETTIClSMO E MEDICINA 745

storo, sebbene usino espressioni verbalmente differenti tra loro,


tuttavia le conservano virtualmente uguali, e per questo mo-
tiva esse risultano tutte quante equipollenti [giacche in csse
il medesimo contenuto viene esposto da ehi in una guisa c da 10
ehi in un'altra] 20.
Da queste espressioni, pero, ne differiscono altrc, in cui
ciascuna delle cose gia enunciate subisce una qualche aggiunta.
A titolo di esempio accenneremo ad una di esse, secondo la 15
quale !'istoria e 11 enunciazione delle cosc che sono state viste
o nel modo in cui sono state viste n. Secondo questa nozione
di istoria, c' e un'istoria vera e una falsa, mentre secondo le
descrizioni precedenti nessuna istoria risultava falsa. Percio .zo
anche il giudizio dell'istoria. risultera appropriato in modo di-
versa secondo ciascuno dei due significati: secondo l'uno, se
si tratta « davvero » di istoria; secondo l'altro, invece, se si
tratta di istoria 11 vera n. Noi, pero, concedendo anche di usare 25
questi nomi come ciascuno voglia, dobbiamo in primo luogo
ricondurre la stessa istoria alia sua pratica utilita mediante
il nostro giudizio, vale a dire mediante la nostra capacita di
distinguere la verita e la falsita delle opere scritte e, oltre a 30
eia, la loro importanza o illoro scarso valore. Difatti, secondo 67
Jlcnodoto, anche una siffatta differenziazione non e priva di
utilita, ed io ti prego di far bene attenzione ad essa, pur con-
cedendoti di chiamare a istoria n tutto quello che si trova scritto
nei libri, per il solo fatto che la maggior parte dei medici ha la 5
consuetudine di chiamarla cosl. Comunque gli Empirici hanno
affermato che l'unico e fondamentale criterio dell'a istoria vera »
e l'ispezione diretta di colui che giudica. Nel caso, infatti, che 10
noi ritroveremo che qualcuno ha scritto in un libro una qualche
casa di cui possediamo ispezione diretta, diremo che l'istorla
e vera.
Questo criterio, pero, e inutile ai fini dell'apprendimento
dell'arte, giacche noi non abbiamo affatto bisogno di imparare 15
da. un libro quelle cose che siamo riusciti a conoscere tramite
la diretta ispezione.
Criterio, invece, molto utile e veritiero dell'istoria e la

20. Seconr!o il Bonnet si tratta di un'interpolazione che gi~ era sul tcsto
grccu trovato da Nicola. tli Reggio.

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SCETTICIS)IO E MEDICINA

concordanza '' 21: e possibile, ad esempio, che io non abbia


<<

20 mai fatto personalmente uso del macis {si tratta di un farmaco


che viene importato dall'Arabia e che e la corteccia di una
pian ta); pt:ro qudli che scrivono di questa materia dicono che
esso restringe il ventre. Crederemo a costoro o non crederemo?
25 lo, in vcrita, sostengo che bisogna credere a quclli che su questo
punto sono d'accordo tra loro. l\Ia limito questa mia afferma-
zione ai casi in cui si paria di oggetti sensibili. Infatti gli ac-
JO cordi che sussistono circa le cose non-manifeste, per quanto
grandi essi siano, non hanno consistenza presso tutti quelli
68 che li tramandano per iscritto. Ed anchc se qualcuno sostem\
la possibilita che talvolta una siffatta concordia sussista, anche
5 da quest'ultima l'Empirico si terra ben lontano. Invece tutti
gli accordi chc si riscontrano a proposito degli oggetti sensibili
presso tutti gli uomini, sono meritevoli di fiducia nella vita
pratica. Noi infatti, pur non avendo mai circumnavigato Creta
o la Sicilia o la Sardegna, abbiamo piena credenza che queste
w sono isole, in base al fatto chc tutti quelli che le hanno diretta-
mcntc ispezionate sono su questo d'accordo tra Iora. Cosi noi,
avendo nelia vita pratica l'espcrienza dell'accordo reciproca
che regna tra quanti fanno ristoria delle cose sensibili, ab-
15 biamo crcduto che il ventre vienc ristretto dal macis. Alla
stesso moda, sebbene noi non abbiamo mai avuto esperienza
del rabarbaro pontico mediante una nostra diretta ispeziane,
tuttavia, imbattendoci nei libri di colora che hanno scritto
20 su quest'argomcnto, abbiamo creduto chc esso e adatto in
casi di ernissione di sangue.
A questo discorso che adesso abbiarno fatto se ne aceasta,
25 pero, un altro che non risulta essere epilogistico, bensi analo-
gistico e, quindi, dommatico, nel caso, cioe, che uno creda
si debba prestar fede alla '' concordia " assumendo l'indicazione
delia credibilita dall'oggetto rnedesimo. Ci sono, infatti, cer-
tuni - non solo tra i Dommatici, ma. anche tra quanti si pro-
JO fessano Empirici - i quali dicono che la concordia insospettabile
e srgno delia veritâ. di una cosa. E, questo, un discorso che
non va fatto in maniera sernplicistica da uno che si faccia
;

21. Il tropo scettico-raJical" delia 8Lll?<olVL~. seconcio la .Meciicina Em-


pirica. non <.>sercita alcun ruolo quanllo una noli:t:ia ~ Iomlala sull'ispezione
dirctta di un fenomcno.

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SCETTICIS:\lO E !I.IEDICINA 747

sostenitore dell'epilogismo - il quale ultima e un discorso che 35


si attiene ai fenomeni -. ma deve poggiarc sul fatto che, in 69
un'esperienza concreta, lo hanno formulata quanti sono d'ac-
cordo tra loro a proposito di tuttc le cose che sona verc in
maniera evidente. Se, pertanto, qualcuno dira che la concordia 5
dell'istoria vera e un 11 segno 11 ncl senso che essa procede dal-
l"« osscrvazione 1•, il principio da lui formulata avra carattere
empirica; se, invece, cgli ne parlera nel scnso che la suddetta
concordia. procede dalla 11 natura dell'oggetto 1•, il suo giudizio
sara di caratterc logica. 10

Questo e uno dei criteri di giudizio dell'istoria vera. Un


altro risiede nella preparazione scientifica e nell'etica profes-
sionale dello scrittore. Di queste due ultime cose noi dobbiamo
fare esperienza attraverso le altre opere di uno scrittore. Cosi,
ad esempio, se esaminiamo gli scritti di Ippocrate e quelli di 15
Andrea 2 z, il prima viene a risultare molto esperto e amicissimo
delia Ycrita, mentre il secondo un uomo borioso e chc, in quanto
ad cspcrienza, lascia molto a desiderare rispetto alia cono- 20
sccnza scientifica di Ippocrate.
Cn altro criterio dell'istoria consiste nel riscontrare se cio
che sta scritto sia simile a eia che noi abbiamo conasciuto
tramite l'ispeziane cliretta, carne nel casa del macis e del ra-
harbaro pontico. Entrambi questi prodotti, infatti, sona re- 25
string-enti, come, clei resta, la sana tutti gli altri che fermano
il deflusso del ventre o impediscono un'eccessiva emissione di
sangue.

)Ienodoto afferma che il passaggio del similc e un (1 eri- IX


terio" non del vero, ma dcl possibile; se, pero, vi si aggiunge 35
la pratica, esso diventa criteria del vero. Ma su questo punto 70
darcmo precisazioni tra poco. Comunque, il passaggio del si-
mile, di qualsiasi tipa essa sia, e, di per se, un metoda che e
in relazione con l'esperienza, e cio chc e criteriu di quel possi-
bile che si attenga all'istoria bisogna ritenerlo duplice allo 5
stesso moda che bisogna ritenere duplice il giudir.io dell'istoria.
Difatti, mentre il pa~saggio razionale dalla natura dell'oggetto

.1.2. Questo giuuizio negativo su Andrea e un l.âtmofiv polemico dî Galeno


(cfr. fr. 202 Dcîchboraber).

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SCETIICISMO E YEDICJN.'\

reale fa acquiSire la conoscenza in maniera u indicativa », il


to passaggio empirica, invece, si attiene a cio che e stato cono.
sciuto per mezzo d.i un'esperienza 23, giacche gli Empirici re.
putano che si debba attuare il passaggio non in base alla « pro·
babilita ,, 2.a che il simile sia capace d.i produrre un qualche
15 effetto sirnile o abbia bisogno di cose simili o patisca in moda
sirnile, non in base a questa probabilita - ripeto - o in base
a qualche altra casa siffatta, ma solo perche noi abbiamo spe·
rirnentato che le cose sirnili si trovano in questo stato. Difatti,
20 quando la rnedesima affezione si riscontra su membra del corpo

che sono simili tra loro, l'esperienza ci ha insegnato che c'e


il rncdesirno bisogno d.i rirnedi, carne, ad esempio, se si tratta
di una coscia o eli un braccio, eli una gamba o di un avam·
25 braccio, di un piede o d.i una mano; e allo stesso modo, quando
un'affezione simile si riscontra nella rnedesima parte del corpo,
essa abbisogna dei medesimi rimedi, come nei casi di diarrea
30 e di dissenteria; e finche l'affezione permane simile, occorrono
rimedi che siano presso a poco identici, carne in caso di diarrea
71 c' e bisogno di nespole o di mele cotogne.
Queste cose, dunque, ci ha insegnato I'esperienza, e oltre
a questo, in base a tutto cio che sia stato osservato nel corso
di una rnalattia, nel caso che i rimedi adibiti per lunga tempo
non producano migliorarnento alcuno, essa ci ha insegnato di
5 passare a rimedi contrari. Pertanta gli Empirici giustamente
afferrnano che anche il passaggio ai contrari si attua secondo la
somiglianza delle osservazioni che sono state fatte merce l'esp~
10 rienza. Jnvece il passaggio eseguito in base a mera ragione

non ci da mai un'indicazione sul modo di passare al contrario.


Adunque il passaggio del simile, sia quando si attui d.i per s~
solo prescindendo dal giudizio dell'istoria sia quando tenga
15 canto anche di quest'ultimo, ci conduce versa l'esperienza
pratica, promettendoci non cio che e saldamente vero, bensl
il rinvenimento del << possibile n per mezzo della concordia del·
2o !'istoria delle cose meritevoli di fiducia, ossia di quell'istorla
che riscuote credito anche prima dell'esperienza. Ma noi al
passaggio alle cose sirnili non prestiamo mai credita corne a

23. La traduzione latina rtca erroncamente t1al11ra al posto di experielltia.


24. Il rilievo scmbra avere qui ca..ratterc anti-accademico.

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SCETTICISI\10 E MEDICIN.'\ 749
cosa vera prima di farne esperienza pratica: un grado mag-
giore o minore di speranza o di fiducia non e affatto in rap- 25
porto diretto con una qualsiasi delle singole affennazioni, e
cosi pure nell'ambito delia somiglianza c'e cio che e pin e cio
che e meno simile. Difatti la peculiarita della somiglianza che
si riscontra sulla base deli'esperienza non viene conosciuta in 30
modo semplicistico ne casuale. Qudlo che, ad esempio, e simile
rclativamente alla figura o al calare, alla durezza o alla mol-
kzza, risulta, a seguita dell'osservazione, solo in minima mi- 35
sura capace di effettuare operazioni simili; invece si e sca-
perto che quelio che e simile relativamente all'olfatto o al gusta
perviene il pin delie volte al medesimo risultato, e tra queste 71.
\lue cose vi perviene maggiormente cio che e simile in relazione
al gusto, e, sempre nell'ambito di questi due sensi, ancor pin
eia che e simile in relazione a tutti e due insieme, ossia al-
l'olfatto e al gusto. Se, poi, per sovrappiu saranno compresenti 5
figura e consistenza, le somiglianze risulteranno massime e
capaci di produrre le medesime affezioni. Ma anche delle cose
simili secondo il gusta bisogna giudicare la somiglianza non in
base aduna sala qualita- ad esempio all'acredine o all'astrin- to
genza, all'amarezza o alia dolcezza, all'asprezza o all'acerbezza
o alia salsezza -, ma bisogna fare attenzione in maniera scru-
polosa a tutto l'insieme di proprieta che quelie cose posseggono.
Infatti anche l'aloe e la squama del bronzo sono astringenti, [5
ma illoro gusto e repellente e velenoso, ed esse non somigliano
affatto ad una mela cotogna e, quindi, non sono neppure
commestibili: percio non bisogna passare dalla mela o dalla 20
nespola ad esse ne bisogna somministrarle a soffcrenti di coliche
intestinali o di dissenteria. Invece per ehi abbia bisogno di far
cicatrizzare una ferita sulla superficie del corpo e possibile
passare a tutti gli astringenti, ancorche questi siano velenosi, 25
giacche noi abbiamo esperienza di molti tipi di farmachi sif-
fatti che riescono a causare un consolidamento. Nel caso, in-
vece, dei malati di dissenteria e preferibile passare da comme- 30
stibili a commestibili e pai, in un secondo mornento, a qut>lle
sole cose che non sono commestibili e che, oltre ali'astringenza,
non hanno alcun'altra proprieta piccante, soprattutto ne acre-
dine ne amarezza. Difatti e stato osservato che queste pro- 35
prieta, anche da sole, esacerbano tuttc le ulceri, anche quando 73

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750 SCEITICISliO E 1\IEDICINA

vengano rnescolate con astringenti normali. Che, pcro, l'asprezza


e l'acerbezza siano, in un certo qual moda, determinazioni
5 diffcrenziali dcll'astringente e cosa ben manifesta, giacche la
qualita astringente subisce una tensione nelle case acerbe e
un rilassarnento in quelle aspre: ragion per cui, se tu esegui
un passaggio attenendoti anche a queste detcrminazioni diffe-
ro renziali, avrai mag~iore speranza di conseguire qucl risultato
che e possibile. Qualora. infatti, venga riscontrata con esattezza
la stessa affezione che l'osservazione ci ha fatto vedere come
15 effetto delia mcla cotogna o eli qualche altra cosa similrnente
astringente, tu passerai a cio che e moderatamente astringente,
vale a dire a cio che, come dicevo, i Greci chiamano « aspra n,
20 Se, invece, avrai spcrimcntato che in quell'affezione giovano

di piu le cose acerbe, passcrai alle acerbe.


Rimane, dunque, chiaro che, per quanto concerne il conse-
guimento del c< possibile "• non va nutrita uguale speranza in
tutte le cose simili, ma quanto differiscono tra Iora, pur nella
25 somiglianza, quelle case versa cui noi cffcttuiamo il passaggio,
tanta differenza va riposta nella speranza di conseguire quel
74 successo che e possibile t 25 • Verra reso noto un rimedio stirnato
efficace per Ia diarrea da una persona meritevole di credito,
e qucsto ci sembra rnolto simile a quante cose sono state cono-
sciute per mezzo dell'esperienza; ed c chiaro che cio dara anche
5 massima fiducia nel conseguimento del '' possibile "• e forse
qualcuno se ne fidera, anche se non ne ha fatto ancora espe-
rienza pra.tica. l\la in cio che non ha assunto ancora il molo
di istoria e che non presenta una somiglianza adcguata, si
10 deve nutrire poca speranza. Cosi anche, nel trasferire un solo

rimedio da un'affezione ad un'altra affezione simile, conviene


nutrire maggiore o minore speranza secondo che la somiglianza
15 delle affezioni venga diminuita oppure accresciuta dai contri-
buto o mcno dell'istorla. E allo stesso moda, anche secondo
che il passaggio da una parte del corpo ad un'altra implichi
maggiorc o minore somiglianza, viene a diffcrire il tenore della
20 nostra speranza del conseguimento del (( possibilc 1l.

25. La la~una del testo potrebbe essere colmata, sccondo il Bonnct (p. _;6,.
n. 3) ne! modo segucntc: • Allo stesso modo anche in base all'istorla la spcranza
del possihilc puo diventare maggiore o minore, sccondo che ... •.

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SCETIJCISlllO E )IEDICINA 75I

Che anche secondo il giudizio dcll'istoria intcrcorre una x


differenza tra eia che e pill e do che e mena similc - nel scnso 30
che ncl prima bisogna riporrc fiducia carne in casa ormai vera
c ncl secondo come in casa solamente possibile -. risnita chiaro 75
da quanto segue.
e
Cii) che stato scritto da piu autori fededegni e che noi
abbiamo riscoperto (anche se non molte volte, ma ben poche), 5
c che, in base a questi motivi, somiglia allc conoscenze da noi
acCJuisite per mezzo dell'esperienza, di gia non merita un cre-
dilo minore rispctto ai ritrovati dell"esperienza; invecc in eia
in cui si riscontra soltanto la concordia di autori fededegni,
ma che non e stato mai visto direttamente da noi c non somiglia 10
alle nostre dirette conoscenze, si c:leve riporre minore spcranza; e
si deve riporre una speranza ancora minore, se ne hanno scritto
non piu autori, ma uno solo, quantunque meritevole di credita, 15
e se noi l'abbiamo direttamente visto una o due volte e non piu.
A mo' di esempio, avrei da raccontarti quello che capita 20
ad un malato di elefantiasi che in un villaggio della nostra
Asia visse fina ad un certa tempo con i suoi compagni. Ma
poiche, a causa della convivenza con lui, alcune persone si
stavano infettando della medesima malattia ed egli era ormai 25
divenuto {etido e repellente, gli costruirono presso il villaggio
una baracca su di un'altura vicina ad una fante e li lo fecero 30
rimanere e gli portavano ogni giorno tanti cibi che gli ba- 76
~tassero per la sopravvivenza. 1\Ia, al tempo delia canicola, ai
braccianti che stavano lavorando aiia mietitura presso quel 5
luogo, fu rortato in un boccale dcl vino molto profumato. Il
portatore depose il boccale presso i mietitori e se ne ando.
Quando, pai, veniva l'ora di bere, i lavoratori avevano l'abi-
ttl(linc di versare il vino nella coppa attenuandolo con una 1o
dose d'acqua; ma quella voita, mentre un garzone prendeva
il hoccale c ne versava il vino nella coppa, scivolo giit dal bac-
calc una vipera marta. Temendo di subire un malanno da quel I5
vino, i mietitori se ne astenn~:ro, bevendo soltanto l'acqua, e,
quando se ne andarono. diedcro, quasi come un colpo di grazia
e certamentc per compassione umana, tutto il vino al malato
di elefantiasi, perche pensavano che per costui fosse meglio 20
marire che vivere in quella condizione. Ma egli bevve quel 77
vino e guari in modo sorprendente. Infatti tutto lo strato

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752 SCETTICISMO E MEDICINA

pietrificato delia sua pelle cadde giil carne il guscio dei cro-
stacei, e la pelie rimasta appariva molie come quella dei granchi
5 o dei gamberi scrostati.
Un altro episodio del genere capito, per un caso simile,
nella Misia asiatica, non lontano dalla nostra citta 28 • Un uomo
che soffriva di elefantiasi praticava le acque tennali sgorgate
10 spontaneamente dal suolo, sperando di trarne sollicvo. Gli era
amica una schiava giovane e belia, che aveva un buon corteo
di amanti. A costei l'infermo affidava tutte le cose di casa sua,
15 anche quelle che si conservava nella dispensa. Una voita, mentre
gli amanti delia ragazza venivano menati dove costei si lavava
in una casa vicina situata in un luogo arido e pieno eli vipere,
una eli queste cadde in un boccale di vino che era stato messo
20 li a terra per negligenza e mori. Stimando di far tesoro da quel
fortuito accidente, la ragazza porto al suo padrone il vino di
zs quel boccale. Qucgli lo bevve e guari, propria come era guarito
l'altro malato che abitava nella baracca.
Eccoti duc insegnamenti scaturiti dall'espcrienza fortuita;
30 ma un terzo, oltre questi duc, e scaturito dalla nostra abilita
imitativa.
78 Poiche un tale era affetto dalla stcssa malattia ed era piil
colto degli altri duc e gia da molti anni si tonnentava grande-
mente e diceva che era preferibile marire anzich~ vivere in
quello stato, io gli resi noti i due casi suddetti. Egli era esperto
5 di auspicina e aveva un amico mirabilmente provetto in que-
st'attivita. 1\'lentre si dava all'osservazione degli uccelli insieme
col suo amico, si senti indotto ad imitare cio di cui aveva avuto
10 nozione per mezzo dell'esperienza. Ma, bevendo vino cosl in-
quinato di veleno, divenne lebbroso. Dopo un certa tempo
noi lo guarimmo dalla lebbra con la somministrazione di far-
machi normali.
Oltre questi tre, un quarto, che possedeva I'arte di cattu-
•s rare vipere vive, era agli inizi eli questa stessa malattia e ce
lo comunico per guarime al piu presta. Noi, allora, gli inci-
demmo una vena, gli demmo un purgante che faceva emettere
bile nera e gli prescrivemmo l'uso delie vipere di cui andava

26. Ossia da Pcrgamo, patria di Galcno ... e del supposto Medico Empirico
che qui starcbbe parlando.

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SCETTICISMO E l'rlEDICINA 753
a caccia, preparandole in una pentola a guisa di anguille. Fu 20
questa la terapia che gli venne applicata e la malattia si al-
lontano da lui.
Un altro, che era un ricco signore. non dclie nostre parti.
ma delia zona centrale delia Tracia, giunse a Pcrgamo spintovi
da un sogno. In appresso, poiche il dio gli comandava di bere
quotidianamente un farmaco eli vipera e di ungersene le parti 30
csterne del corpo, dopo non molti giorni la malattia si muto
in lcbbra; ma anche quest'affezione fu curata, a sua voita, per 79
mczzo di farmachl prescritti dal dio.
Mossi da tutte quest'esperienze, noi abbiarno usato con 5
fiducia il fam1aco che si ricava in gran copia dalie vipere se-
condo il moda suggeritoci dai dio (si tratta del cosiddetto
(( antidoto teriaco ,,) ed inoltre abbiamo usato i sali teriaci, che
ormai molti medici preparano bruciando vipere vive e mesco- ta
landolc con certi farmachi in un vaso di creta nuovo; e, oltre
a cio, facciamo usare le vipere persino come cibo: tagliamo
ad esse il capo e la coda, come si fa nella preparazione di pa- 15
stiglie teriache.
Noi non pcrveniamo, comunque, a ciascuno d.i questi ri-
mcd.i in modo semplicistico e frettoloso, ma prima purghlamo
il paziente, come ho detto, e talvolta gli pratichiamo anche la 20
flebotomia, quando la sua eta glielo permette e non gli manca
il vigore. E far cominciare questa terapia nella stagione pri- 8o
maverile e
cosa che si addice comunemente a molte malattie
croniche.
Ho parlato di questi argomenti con una certa ampiezza, 5
per~hc malti rimcdi vengono trovati per caso e per imitazione
del casa. Difatti, come la fortuna ci offre il destro di vedere
tante cose dali'effetto spontaneo di un unico rimedio, cosi,
anche in virtu di qualche altro caso, e stato rinvenuto qualche ta
altro rimedio che, pai, produce il suo effetto in virtu dell'arte.

Questo e il cliscorso che e propria delia medicina empirica XI


e che non ha bisogno di alcuna aggiunta per esercitare bene 15
l'arte medica. Tuttavia quelli che si conferirono da se stessi
il titolo di caposcuola hanno fatto pure una qualche aggiunta.
E, per chiarire quello che sto dicendo, non esitero a trattare
anche di cio in ";a esempli.ficativa. 20

~8. S<diU:i aroli<hi.

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754 SCETIJCIS!\lO E MEDICINA

Si tenga, pertanto, presente che si e ricercato - e si ricerca


ancora - quale sia il fine delia medicina. Da parte mia affenno
25 che l'Empirico che con fermezza intende rispettare l'indirizzo
da lui scelto, a ehi gli ponga questa domanda risponde nel
modo seguente:
30 « Tutte le cose che in un corpo sono innaturali io mi sforzo
81 eli curarle e cerca eli rispettare, per mezzo della mia opera,
questa promessa. Pertanto non c' e alcuna differenza se tu
voglia chiamare questo fine " integrita " o " sanita ", " acqui-
5 sizione dell'integrita " o " acquisizione delia sanita ", " essere
sano " oppure " essere sanato ", " preservare " o " governare "
cio che nel corpo e conforme a natura: ciascuna di queste
to definizioni va bene, purche io riesca a comprovare la mia pro-
messa mercc la mia opera. Invece ascolto certi sofisti 27 che
non solo vanno dicendo do che ora ho detto io, ma vi aggiun-
gono anche altre cose e sono in polemica tra loro e sprecano
15 inutilrnente il loro tempo. Non m'importa di stare a sentire
chiacchiere varie, mentre mi dedica alle opere dell'arte e sono
intenta ad esse )).
Ecco la risposta che, credo io, l'Empirico dara. Egli, infatti,
20 se tentasse di esprimcre un giudizio sul disaccordo che sussiste
in merita al fine delia medicina, sarebbe costretto a venire a
contatto con dottrine dialettiche che egli stesso dichiara di
25 evitare. Ed anche cio e stato da me dimostrato nel corso di
un intero libro in cui viene indicata quale sia il fine delia me-
dicina ill.
h Ma ancor piil egli non pretendera, in questo campo, certe
spiegazioni di ordine razionale, carne fanno Serapione e Me-
nodoto. Infatti bisogna dar prova deli'arte con !'opera pin
5 che con l'astratto ragionamento, evitando la dialettica, la
quale ci puo offrire solo discorsi sillogistici. Egli agira appunto
in questo modo, anche nel caso che non sia possibile sapere
se sussistano certe differenze tra le cose che ho dette, ne ten-
1o tera di dissolvere quelle argomentazioni che sembrano mostrare
qualcosa di contraria all'evidenza e che essi chiamano sofismi,

27. Si tratta, ovviamente, di :\lcdici Razionalisti o anche di Empirici dallu


vcdu te ristrette.
28. Qucst'opera. che molto pmbabilmentc era intitolata. De /1116 artis
tlledical', e mcnzionata anche in r" Hippocr. de vi,t. acut. comm. 1, 2.

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SCETIICISl.lO E MEDICINA 755

ma non le terra in nessun conta e si asterra da tutti gli altri


discorsi cancernenti cose non-evidenti, considerando che eia- 15
scun sofisma possiede dati persuasive tanto inconfutabili che
neppure i dialettici ne hanno le soluzioni a portata di mano.
Del resta, l'Empirico non fara ne molti ne ]unghi cliscorsi, ma
parlera poco e eli rada, carne fece anche lo scettica Pirrone, 20
il quale, cercando la verita e non riuscendo a trovarla, rnetteva
in dubbia tutte le case non-evidenti, attenendosi nelle azioni
delia vita quotidiana alle case evidenti e dubitando, invece, 25
di tutte le altre case al eli fumi di qucste. Carne si comporta
lo Sccttico in tutta la condotta delia vita, cosi si comporta
!'Empirica in rapporto alla medicina, senza perdere rcputa- 30
zionc e senza insuperbirsene, da uomo « priva di atteggiamenti 83
e immune da vanaglaria ,, carne Timane 29 elice che fu Pirrane.
Gli uornini resteranno ammirati delia sua arte - come i 5
seguaci di Ippocrate hanno ammirato quella delloro maestro -,
se egli ne fara vedere la grandezza attraversa le opere, sanando,
ad esempio, le lussazioni rneglio degli altri e alle membra che
sono continuamente soggette ad essere lussate impedendo di
subirc quest'affezione e guarendo fratture e ferite e ulceri e to
stati morbosi che altri non erano capaci di curare e predicendo
i futuri decorsi e talvolta dicendo egli stesso, prima di interro-
gare il paziente, certe situazioni che riguardano costui e si- 15
milmente certe altre in cui questi e gia venuto a trovarsi nel
passato.
!llostrando di possedere tutti questi requisiti, Ippocrate
ottenne la gloria di Asclcpio presso tutti i suoi seguaci, senza
consultare affatto, per Zeus, il u discorso triplice '' 30 , carne 20
faceva Serapione, ne il ce tripodc ,, 31 come faceva Glaucia, e
senza scrivere libri di innurnerevoli righe 32 e senza poi dividerli
egli stesso in due parti, di guisa che ciascuna di queste se ne
stia per conta proprio, come faceva Menodoto, il quale non 25
smise mai di ingiuriare i medici e di dire buffonate contra di loro 84
o latrando sfacciatamente carne un cane o sbraitando carne una

29. Fr. 53 Diels.


JO. Allu!;ianc all"ope-ra di Scrapione inlilolata Con trr mcz::i.
31. Probabile aJiusione ad un'opera di Nausifane cosi intitolata (dr. DIOG.
LAERT. X. 14; 71 B I Dids-Kranz).
32. Su quest.a proflu~nza di Menodoto ritornava Galeno nel Tra$yb. (Scripta
min. III, 71, 2o Hchnreich = fi'. 291 Ddcbgrii.ber).

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SCETIICIS:\10 E MEDICINA

5 che si trovi al mercato o esprimendosi con cialtroneschi vi-


tuperi col chiamarli 11 ingegni assottigliati ''• • pazzi penetranti »
o '' involucri dorati" ed affibbiando molti altri epiteti siffatti
ai medici ed ai filosofi dommatici del passato. E che Menodoto
10 non sia affatto irreprensibile nell'attenersi alia (disciplina) 33

empirica, ma che egli stesso sia uno dei dommatici pin spericolati
nel fare le sue enunciazioni, tu puoi acclararlo dai rilievi che
15 abbiamo fatto a proposito delle sue afferrnazioni contra Severa
e ancor pin dalie sue polerniche contro Asclepiade, quando egli
zo dice di sapere con esattezza che tutti i 11 dogmi" di quello sono
falsi, quantunque infinite volte in molti suoi scritti egli abbia
reputato di accostarsi alle cose non-evidenti « come se queste
avessero, forse, una vera esi<>tenza o come se, forse, non l'aves-
25 sero" 34 • Ma nelle sue confutazioni contro Asclepiade a pro-
posito delia verita, egli reputa con certezza di aver demolito
le affennazioni di quel medico in quanto prive di ogni fonda-
30 mento. Pero quel Pirrone 36 , che da lui viene elogiata, non si
comportava cosi, ma era un uomo tranquillo e mite e certa-
Ss mente di pocbe parole nei limiti delia convenienza, a meno
che non sopravvenisse una qualche necessita. Cosi accadde una
voita ad un medico autenticamente empirica che si procurava
reputazione con le opere piuttosto che con un gran numero di
5 chiacchiere. Questi, dopo aver promesso di curare una grave
malattia, stava per eseguire un intervento chirurgico e di poi
si accingeva a praticare una terapia di farmachi con la sua
10 concreta opera, come ebbe a provarc in seguito. Ma, mentre

stava per eseguire l'intervento, si accosto a lui un medico ciar-


latano, il quale con le sue cbiacchiere cialtronesche provocava
un grave scompiglio, dicendo che a quel paziente non si doveva
rs praticare alcun taglio. Ma il medico empirica rimosse tutti quei
sofismi, dicendo una soia frase all'ammalato e ai familiari di
qucsto. E la frase fu questa: (( Per ora io me ne va do, affinche
voi, considerando le chiacchicre di costui e la mia opera che
20 sempre avete vîsta, possiate accordare la fiducia a ehi dei due

33· Cosi propone il Bonnet (p. 64, n. 2) al po;;to di fallacia della tradnzione
latina.
34· Riaffiorava cosi in Menodoto, secondo Galeno, quclla dotbina dcl
• come se • che era di origine retorico-accadcmica.
35· Per queste caratteristiche di Pirrone, qui clogiatc anche da Galeno,
dr. NATORP, Forschzmge11 ~ur Gesch. des Erk~ntJI., p. 158.

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SCETTICISMO E ltiEDICINA 757
vi pare e piace JJ. Detto cio, uscl da quella casa. Ma anche il
ciarlatano fu costretto ad andar via, perche i familiari dell'in-
fermo lo lasciarono alle sue chiacchiere, mentre richiamarono
quell'altro che con la concretezza delle sue opere dava prova
delia propria arte, e gli affidarono la cura. E, in verita, non 25
solo quel sofista, ma anche lo stesso Demostene, che fu il pin
ahile oratore, non avrebbe mai potuto indurre gli uomini a
non affidarsi a quelli che realmente hanno dato prova di que- 30
st'arte per mezzo delle opere.
Cio nenestante, contre il celebre Ippecrate, che e state 86
l'ornamento di quest'arte, Serapione- questo nevello Asclepio!-
oso scagliarsi con tanta impudenza, tramandande, carne se fosse
il prima dei medici non-dommatici 38, meravigliose lodi di se 5
medesimo, senza fare neppure un piccolo cenno anche agli
altri medici dell'antichita che, ancora oggigiomo, costituiscono
il decero dell'arte.

Comunque, io seno cosi lontano dall'asserire che faccia xu


parte dell'empiria medica l'argomentazione 11 risolutiva n 37 o 15
quella << contraddittoria »sa (cosi, infatti, essi le chiamano) che,
anzi, biasimo quanti le hanno messe per iscritto; soprattutto
ia detesta l'argomentazione contraddittoria, che chiamano anche zo
"contra le varic sette n. Essi, infatti, non sono in grado di giu- 87
dicare quel tanto di verita che risiede in quelle, ma credono
che siano bastevoli l'evidenza sensibile e la memoria per la
costituzione di tuttc le arti. lnvece e indispensabile presupporre
in noi la presenza di una qualche facolta che sia capace di 5
riflettere e di giudicare cio~che-e-contrastante e cio-che-e-con~
seguenziale. Se, pertanto, in noi stessi non sussiste tai genere
di facolta, noi non tenteremo affatto ne di porre argomenta-
zioni ne di confutare quelle che sono state paste in moda erronco. 10
Se, invece, sussiste nella nostra anima un tal genere di facolta,
carne credono Eraclide di Taranto 38 ed altri che pur si sono
36. L'indirizzo empirica, im·ecc, era sorta giâ in etil antichissima con
Acrom: di Agrigcnto.
37· Sccondo cui vcrrebbero conlutati tutti i sofismi (cir. SEXT. EMP.
Pyrrlr. lryp. Il, 229, 232, 2.f1'>).
3S. Secondo cui vcrrcbbc messa in cvidcnza la contraddizionc di ogni
predicata.
39· L"acccnno ad Eradide come ad Empirica modt-rato puo su!;gerire
l'idea chc anche ncll'ultima parte di questo scritlo - ove si eccettuino le con-

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SCEITIClS:\10 E MEDICINA

15 chiamati empirici, bisogna in primo luogo addestrarsi in questa


facolta.
A dire il vero, io credo che una siffatta facolta sussiste negli
uomini. Ed Eraclide sa che essa sussiste, e mostra di usarla
20 in molti casi; ma, poiche non .."; si e personalmente esercitato,

e un medico tanto peggiore di Ippocrate quanto e migliore di


Menodoto, giacche certe volte tira in ballo un terzo fattore
oltre la memoria e la sensazione, chiamandolo << epilogismo "•
25 mentre certe altre volte non pone alcun altro fattore, oltre la
88 memoria, se non la sensazione, come ho notato nel mio giu-
dizio a proposito dei suoi scritti Contra Severa. Ma scrivere
sofismi per confutare - come egli stesso dice - gli altri Empirici,
5 non solo non e decoroso, ma e anche grave segno di imprepa-
razione. Non e, infatti, pertinenza dell'arte empirica la solu-
zione dei sofismi, ma e pertinenza di un Aristotele o di un Cri-
sippo o degli altri che sono provetti nella conoscenza delia
10 logica. Se, pero, bisogna concedere che alle sue argomentazioni

di ordine logico si aggiunge l'esperienza, si deve, altresi, affer-


mare ·che questo e stato fatto in modo sufficiente da Teoda
non solo nella sua Introduzione, ma anche in maniera sovrabbon-
15 dante in altri suoi scritti. 1\fa io ho discusso abbastanza anche
su questo tema nelle annotazioni da me scritte a proposito
delia sua 1 ntroduziotre.
Dichiaro adesso, infine, che ho composto questo libro per
20 mostrare come sia possibile - per ehi non si periti di trovare

l'intera <<materia 11 dell'arte - costituire una medicina con me-


toda empirico senza la compresenza dell'uso delia « ragione ».
25 Cio che Asclepiade ha osato dire in maniera sofistica - ossia
che l'esperienza e priva di consistenza )) - e stato da me de-
(f

molito in un altro libro che ho scritto qualche tempo fa 40•


89 Quanto, poi, giovi in qualsivoglia arte la vera ragione aggiunta
alle conoscenze empiriche, io ho scritto nei miei libri Sul metodo
terapeutica 41 • Ed ho anche dimostrato che e unica la ragione
5 di cui noi, uomini tutti, per natura siamo forniti, in un'altra

dusioni finali - Galeno continui a pariau non in nome proprio bensi in nome
eli un mcclico cmpirico di ample veo:lute e ricco di capacitâ critiche.
40. Probabile allusîonc all'opcra De Ase/. 1loctr. in otto libri (cfr. GALEN.,
Scripla min. II. 115. 2).
41. Cfr. GALEX. voi. X, pp. zS segg., 122 H:uhn.

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SCETIICISl\10 E !IIEDICI~A 759

trattazione in cui ho discusso della " ragione comune ove 1),

precisavo che, tra tutte le cose che noi ennnciamo, sono state
conosciute alcune esclusivamente in base alia sensazione, altre,
invece, in base al sopraggiungere in esse di una 11 nozione ra- 10
zionale" di cio-che-e-conseguenziale e di cio-che-e-contrastante;
e, a proposito delle cose conseguenziali, ho dimostrato anche
che ce n'e una fondata sulla necessita e che viene vista con 15
evidenza dalie persone di natura sennata, e chc ce n'c un'altra
contingente, che non trova un proprio fondamento nella ne-
cessita; ed ho precisato, altresi, che la maggior parte degli
uomini cade in errore per la sua faciloneria, giacche pone come
necessario cio che, invece, e contingente; e appunto in questo 20
modo trae origini il disaccordo tra i Dommatici, dal quale se
noi ci terrerno lontani, saremo, si, soggetti a parecchie sconfitte,
ma faremo anche noi le nostre emmciazioni, su certe questioni, 25
cun reciproca concordia, come fanno i geometri, i computisti 90
e gli aritmetici.
1\'la si da il caso che i Medici Empirici siano, a loro voita,
in disaccordo tra loro per il medesimo motivo, come ho detto
nelle mie annotazioni a proposito delle loro discrcpanze! -tz 5

42. A quest'opera Galeno accenna în Dţ libr. propr.• Scripta mi11. II. 115,
5 (\Iiiller (dr. fr. 1 Deichgral.Jer). Pre•mmil.Jilmente Galeno intendeva dîmo-
strare che il tropo della Îllll?I»VUx era un boomcrang per gli Scettico-empirici,
chc lo lanciavano allo scopo dî colpire î Dommatîcî.

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INDICI

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INDICE DEI NO~H

Aubagnano N., 41, 222, 551, 670. Anassimcne, 519, 639.


Accio. 290, 300, 304, 432. Anchialo, 331.
Acilio, Gaio, 231. Andrea, 747·
Acrone, 670, 671, 674. 731, 757· Androne, 75. 585.
Adriano, 28. Anfiarao, 105.
Agatocle, 187. Anficrito, 179, 180.
Agnone, 389, 46o. Antifonte, 345, 346.
Agostino (S.), 18, :zo. 139-141, 153, Antigono Gconata, 121, 177, 178.
1 57 • t 5s. 16 7, 1B 4 , 201, 2 r 9 • 22 3, Antigono di Caristo, 65, 108, 122.
339. 379-381, 388, 400, 401, .p:z, Antioco di Ascalona, 24, 32, 36,
425, 436, 449, 495, 522, 549, 582, 6o, 62, 95. 193. 195. 226, 240,
66J, 664. 361, 362, J66, 368, 371, 390, .fOI,
Agrippa. 37, 79, 295, 349, 546, 573, 402, 4IZ·4Ij, 418, 419, 425, 426,
595, 598, 609, 622, 643-646, 649, 428, 429, 4JI, 433-435, 439, 442,
fl<J4. 675· 6]6. 444· 447· 452, 456, 457· 459· 461,
Albina, Aulo, 531, 532. 467, 476, 485. 486, 489-491, 495.
Alcioneo, 178. so6. 507, 514, 515. 517. szs-532,
A lcmeone, 500-502. 535. 556.
Alcssandro, 207. Antioco di Laodicea, 88, 125, 142,
Alessandro di Afrodisia, 6J, 304, IjO, 158, 643, 675.
5-tS, 71 t. Antipatro, 158, 229, 235, 305, 318,
Alcssandro Etolo, 123. 346. 348, J62, ]65, 370, 449. 466,
Alessandro Magno, :z8, 58, 59, 64, 467, 51], 514, 534· 654·
75. 95. 116, 451. 584. Antistene, 86, 152.
Alessandro Polistorc, 63, 227. Antonio, Marco, 406.
Alcssino, 175. zg6, 493. Apelle, pittorc, -zo6, 6JJ, 670.
Alfieri V. E., fiJ, :z66. Apelle, medico, 674.
Allemand, M. d'., 411. Apelt 0., 173·
Alliotta A., 41. Apollodoro, cpicureo, 449·
Alipio, qo. Apollodoro di Atene, 63, 149. IJI,
Amafinio, 430, 431. Ilh, 205, 229, 290,
Allland D., 41. Apollodoro di Seleucia, 534·
Anacarsi, 454· Apollonide, 121, 643.
Anassagora, 326, 448, 458, 491, Apollonio, empirica, 68g.
50~, 519, 602. Apollonio di Antiochia, 672.
Anassarco, 58, 63, 65, 77, Ioo, 109. Apollonio di Antiochia, l'Antico,
Anassirnandro, 518, 522, 564. 671..

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INDICE DEJ NOl\U

Apollonio di Cizio, 672. Aristofane, to6, 151. 182, 206, 210,


Appiano, 295. ]96.
Arata, u6, 123, 309, 487. Aristone di Alessandria, 457·
Arcesilao, 2 I, 2 4• 29, 34, 35. 36, Aristone di Cbio, 95-99, IJJ, 164,
38, 62, 73, 115, 124, 129, 1]8, 174• 178, 182, 189, 303, 366, 367,
1]9, 142, 149, 150, 155, 156, I6J- 52], 527-
I8], 184-1~6, 188, 189, 191-195, Aiistotele, 16, 17, 20, 22-27, 62, 63,
205-207, 232-234. 211, 215. 718, 75, So-82, 84, 85, 90, 92, 100-104,
226, 229, 253, 264, 268, 315, 342, 107, IlO, II7-119, 121, 126, IJO,
35°. 370, ]88, 399. 404, 407, 411, IJI, IJ8, 1]9, 141, lj:Z, 153, 16],
414, 426, 431, 444· 447-449. 184, 191, 219, :Z27, 234· 2j0, 251,
457-459. 469, 484, 485. 488, 493. 258, 259. 261, 26J, 267, 277- 282,
494. 537· 542, 654· 284, 288, ]08, 310, 326, JJI, JJ9,
Archedemo, 362, 534· 343· 344· 346. 348. 357. J68, 374·
Archelao, 564. 379.380,390,391,395.401,407,
Archia, 176. 412, 415-418, 43°. 435· 436. 440,
Archibio, 672. 441.443.505,515,519,520,528,
Archiloco, 70, 304, 633. 531, 544-546, 549, 552, 564, 585,
Arcbimede, 518. 590,591,624, 6]2, 6]6,637.644.
Ardizzoni A., 4 I. 649, 657. 671, 676, 678-683, 706,
Arete, no. 710, 719, 724, 728.
Ariarate, re, 229. Amobio, :zgg.
Arieo, 125. Arriano, 195.
Annstrong A. H., 41. Arrighetti G., 92, 93. 95-
Arnim (von) H., 41, 65, 68, 73. 95, Ascanio oi Abdera, 64.
g8, 108, 155, 164, 167, 168, l7"f, Asclepiade- di Bitinia, 79, 416, 602,
178, 181, 186, 187. 18(), 19(1, 195- 613, 617, 6JO, 671, 673, 674, 676,
197. :zos. 217, 219, 229, 2J1, 2Jj, 6go-6g2, 694, 713, 727, 756, 758.
:2]8, 2.p, 247-252. 254· 255. 258. Asdrubale, 305, 389.
260, 277-279, :z8fi-:z88, 296-298, Atenagora, 584.
JOJ·]Oj, 317, ]IB, 329, 332, 337, Ateneo, 127-129, IJI-133. 167, 184,
342,344• 346,348,350,359,365, 208, 349. ]88, 391.
367, 371,387, 3!!9, 393, 401, 41!, Ateneo di Attalia, 671, 675. 691.
412, 444· 44~. 521, 525, 528, 5J2, Attalo Filetero, 173. 176, 177·
545. 551, 552, 581, 587, 597, 604, Attalo I, re di Pergamo, 173, 208.
619, 635, 637, 638, 682, 63], 711. Attico, Tito Pomponio, 230, 425,
Ario Didimo, 412, 444· 428, 434· 436·439.443-446, 449·
Atto Kavio, 328.
Aristarco, 63, 389, 522.
Aristeo, 292. Aubenque P .• 41, 163, 547·
Augusta, 295, 412.
Aristippo, 95, IlO, 152, 178, 21>!,
Autolico, 172.
)0],364, 367,527,532, 60],604.
Averroe, 222.
Aristippo Il, 178.
Avianio, Publio, 496.
Aristo, 433·
Aristocle, 19, ]2, 59-62, 63, 86,
1oo, 106, 107, Jog, uo, 123, Babut D., 362.
54 1• 544· 545· 550, 6]]. Baccheio di Tanasra. 671.

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INDICE DEI NO!ofl

Bacone F., 26, 674. 677. Bucelo, 178.


Balbo, Lucilio, 285, 287, 293. 295- Burkhard U., .p, 73. 542. 545, 552,
298, J06, 41 [. 637. 6]8, ()55·
Banhoffer A., 167. Bury R. G., 42, 143. 225, 254. 261,
Bariga:zzi A., 41, 78, 106, 228, 275. 574- 599-
2]6, 654-658, 660.
Batone, 179, 206, 207.
CAda F., 42.
Bayle P .. 550.
Caldi G., 42.
Reatrice, II9.
Callicle, accademico, 39'1·
Bccker 0., 41, 353· Callicle, sofista, 235. 3 76, 4 21, 5 7 r.
Bekker A. J., :242, 248, 279, 5H6, Callicrate, 177, 521.
621, 624, 625, 6z8. Calli{onte, 365, 367, 527, 532, 533·
Bel, 291. Callimaco, 198, 345·
Henz E., 41, 224. Callistcnc, 326.
Bergk Th., 180, 633. Calogero G., 42.
Bemard C., 674. Cantarella R., 18o.
Bemays ].. 545· Capelle ,V,, 42, 205, 206, 211, 389,
Bcmouilli J., 2:21. 674· 675·
Beth E. W., 259. Capizzi A., 266.
Hcvan E., •P· Capone Braga G., 42, 551.
Rignone E., 41, 194, 198. Cardano G., 220, 221.
Bionc, 184, 194. Cardinali G., 173.
Blumenthal (vou) A., 392. Carlini A., 42.
Bochenski J. 1\·I., 4 I. C.armada {o Cannida), 142, 150,
Boeckh A., 585. 389. 391, 406, 460.
Doeto, 520. Carmide, epicureo, 180.
Bomilcare, 187. Carneade, II, 17, 21, 24, 28, 29,
Bonitz H., 644. 32, 35·38, 73, J,p, 14:2, 150, 156,
Bonnet M., 41, 685, 733. 734, 745. 157, 163, 165-167, 169, 171, 188,
750, 756. 109, 192, 193. 205, 206, 208, 215-
Bouche-Leclerc, 332. 245· 247· 2-t8. 250, 253· 255-257.
Boyam:~ P., 42, 1]8, 154· 267. 271, 274· 275. 277, 282·285.
Brandis Ch. A., 6o]. 287,291,296, 29S, 299, 202,J04-
Brehicr E., 42, 552, 545· 3o8, 310, 315, 319, 321, 322, 32-J,
Brisone, 63, 121. 327, 331, 3J2, 335, 337, 340, 343,
Brochard V., JO, 34, 42, 57. ]4, 346-348, 350, 353, 355, 357• 358,
ll7. IIS, 124, 125, IJO, 1]9. 166, ]61, J62, J64, 365. 367-375· 377-
1(>8, ISI, 191. 205. 217, 218, 221, 379. 381, 382, 387-J<JO, 399-401,
362,388, 399,400,402,.JII, 412, 404, 406, 407, 412-414· 417, 418,
.p6, 5·P· 543· sso, 551, 555-sss. 425,426, 433· 449.457.459.460,
6o8, 612, 621, 643. 646, 6ss. 674. 466, 467, 469- 4 71. 4 8 4 • -tlls, 4ss.
675, G8s, 686. 44-t. 495. 500, 50... 507, 510, 513-
Broeker \V., 42. 515, 521, 528, 531-533· 542, 543·
Bruta, Giunio, 433· 546, 547, 561, 6II, 653, 654. 658,
Bruto di Atene, 457· 678.
Bruwaene (van der) N., 4z. Carneade II, 215.

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IXDICE DEI NO!Itl

Carlesio R., II, 167, 168, 543· 387-390, 399·40.?, -t06, 407, 411,
Cassandro, 331. 413-421, 425-428, 4JO, 431, 433,
Cassio, Lucio, 45R. 434. 436, 438-44o, 4-P· 443. 446,
Cassio, filosofo, 735· 449. 45°. 452, 455-457· 459. 460,
Cassio, iatrosifista, 675. 462, 468, 473. 476. 477· 479. ~81,
Cassio, medico, 6;2, 704. 482,485.490,495.496,500,501,
Castello D., 685. 5 o 4- 5 os • .510, 5 11, st6- 5 1s, 5 2o-
Castiglioni A., 42, 669, 673. szJ, 526, 527, sJo, 531, 536, 537,
Catilina, Lucio Sergio, 14, 28, 485. 548. 555. 556, 559, 561, 566. 583,
Catone, ccnsore, 28, ::!23, 230-232, 613,638,654,658, 66o, 663,66 4,
373. 452. 6p, 678. 705.
Catone, uticense, 96, 98, 368, .p5, Cicerone, Quinto, 306, 309, 313,
449- 321, 324, 325, 327, 339·
Catullo, 4•12. Cipselo, 351.
Catulo, Lutazio, 425, 455-457. 461, Claudio, imperatore, 671.
482,484,486,496,501, 535· 537· Claudio, Publio, 312.
Celisocrate, 206. Clcante, 128, 129, 167, 179, 181,
Cefisodoro, 185. 247· 298. 352, 491, 525. 534·
Celio Aureliano, 672, 673. Clemente Alessandrino, 364, 365,
Celluprica V., 351. 683, 711.
Celso, 672, 684, 688, 696, 698, 699, Cleocare, 178.
70l, 705, 706, 714. Clinton, H. F., 399.
Censorino, 229. Clitomaco, 29, 35, 6o, 141, 142,
Censorino, Lucio, 390, 510. 150,215.224,230. 237· 238,283,
Ccsare, Caio Giulio, 313, 314, 319, 284, JJI, 370, 387-391, 399, 403,
320, 336. 433. 455· 406,426,456,460,482,484,494,
Chappuis J ., .p, 411. 507, 509, 510, 513, 518, 531, 533,
Chatelct F., 41, 547· 654. 658.
Chatzilysandros E. A., 42, 545. 552. Cobenius, 78, 79-
Cherniss H., 43, 137. Colardeau T., 43·
Chevalier J., 43· Collart F., 683.
Chilton C. W., 43· Colli G., 544, 644.
Chisholm R., 43· Colote, 193-196.
Chouet P. e J ., 574· Colson F. H., 554· 571, 572.
Cicerone, Lucio, •P7·419. Conrdd F., 43·
Cicerone, Marco Tullîo, II, 14, 28, Copernico N .. sn.
30, 32, 36, 66, 72, 8:z, 95-99, lJJ, Cornee, 507.
137. 139. qo, 152, 154. 157, 158, Coribo, 106.
163, 166-168, 170, 180, 11'!9, 190- U:lroelio, Publio, 373·
19J, 195-197. 199. 201, 212, 215- Cornford F. M., 71.
224, :u6-230, 235. 237. 241, 257. Cortassa G .• 43, 59, 88, 91, 119,
259. 263. 26-f, 271, 282, 28), 285. 125, 127.
286,288,293.295.296.299.306, Coruncanio, Tiberio, 273·
J08-JIO, JIJ, 315, J21, JH, 327, Cotta, Aurelio, 264, 270, 274. 285,
335, 337, 3~5. 347• 348, 350, 353• 291, 299. ]02, 304, J06, 498.
357, 361, 362, 364-374, J76-j8I, Cotys (Coti), 62, 67.

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INDICE DEI N0!\11

Couissin P .. .u. Go, 165, 217, 2H), De Faye A., 44·


::!il], 291,293, 294, 419. Dehlmann H., 683.
Crantore, 34. 138, 147, 148, 164, Deichgrăher K, 44, 88, LZ4, 125,
172, 174, 181, 183, 191, 370, 417, 18 3 , J-t6. 522, 557 . 5 s4 • 585, 612,
-144, 5JO. 671, 6 7z, 6 74 , (>7 s. 677-683. 6ss.
Crasso, Licinio, 406. 706, 707, 714· 7J1., 734· 747· 755.
Crasso, Marco, 313, 314, 336. 759·
Crasso. Publio, 313, 458. Deianira, JOI.
Cratete, accademico, 149, 174, 444· Dcifilo, 500.
Cratete, cinica, 603. Deiotaro, 312.
Cratete di Tarso, 387. De Lacy E., H·
Cratete di Tebe, 181. De Lacy Ph., 44· 64, 171, I'J.J, 195.
Credaro L., 43, 138, 17o, 171, 191, 198, 200.
:216, 229, 264, 372, 387. 411. Dcl Lungo A., 6l:!4.
Creso, 337. 561. Del Lungo 1., 684.
Criscnno, 585. De Marco V., 44·
Crisippo, 98, 155. 156, 167, 187, Demetra, 284.
205. 215-217, 219, 227, 228, 248. Dcmctriade, 177.
258, 260, 279, 297, 298, 303, 318, Demetrio, 178.
327. JJ2, 337-33~ 342, 34~ 34~ Dcmctrio Falereo, 335·
348, 35-353· 355-358. J6o, 362, Demetrio Poliorcete, 177.
368,371.402,420,491,493.500, Dcmocrare, 178.
504, 508,512,521,532,534•581, Democrito, 23, 58, 6o, 67, 70, 88,
587. 604, 654· 68J, 68!), 711· 100, 109, 1 19, 125, 18], 266-268,
Critolao, 231,305,365,387,391,406. 270, 273, 316, 317, 325, 340, 345,
Croce B., 166. 356, 366, 430, 441-HS, 458, 469,
Croissant J.. 43, 223. 482,491,519,521,524,564.602,
Cruoert \V., 43, 58, 193, 205. 6o6, 689.
Cropp P., 43· Demofonte, 75. 584.
Ctesibio, 176. Demostcne, 2:z4, 335. 339, 395, 433,
Ctesifonte, 395·
757·
Cumont F., 43, 658.
De Renzi S., 44·
Curio, 1\1., 662.
De Ruggiero G., 44·
Descartes v. Cartcsio.
Dai Pra M., II, 43. 44· 57, 6o, 6J, Des Places E., 169, 18t, 185-187,
64, 68, 100, 101, liS, 121, I:q, 206, 208, 222, 225, 231-233, 236,
139, J6~, 168, 170, 1')1, 215, 217, 399. 403, 414.
219, 227, 264. 293. 299. 343· 362, Deucalione, 673.
364, 365, 367, 372, 388, 399, ~12, Diagora, 266.
·tl4· 541, 543· 544· 5.J6, 548-jj2, Diana, 295, J:Zo.
Sj6, 586,613,616,045.649. 67~. Dicaiocle, 184.
686. Diccarco, 349, 5.!3, 635·
Dardano, 414. Diels H.. 32, 44, 64-67, 65, 66,
Daremberg Ch, V., 674. 70-72, 87-89, 92, 94, IOO, 106,
David, 126. 109, Ilj, 116, 118-120, 122, 124,
Decleva Caizzi F., -14. 86. L!6-I.H, 143, 144, 15•1· 164, 174,

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768 ISDICE OEI NO~II

180, 198, 199, 264, 266, 273, 276, Dione di Alessandria, 457·
287. 316, J2j, )40, 345. )66, )')0, Diane di Prusa, 655.
414, 4~2. 491, 518, 519, 521, 522, Dionigi di Alicamasso, 292, 328.
541,543,550,553,564, 584,6o~ Dionisie, 491.
602, 6o6, 6j6,67o, 671,680, C.9z, Dionisio, metodica, 673.
731, 755· Dionisio di Corinto, 561.
Dihle A., 683. Dionisie di Eraclea, 132, 490.
Dillcr H., 4·h 671, 673. Dioniso, 290.
Di Martino M., H. Dioscoride (pseudo), 671.
Dinomaco, 365. Dioscuride di Cipro, 12-4.
Diode di Caristo, 613, 671, 6]8, Dodds E., 44·
68g, 713. Doge H., 44, 412.
Diocle di Cnido, 184, 236. Donato, soo.
Diode di Magnesia, 63, 67, 184. D'Orazio A., 44·
Diocleziano, 654. Doring K., 44. 6J, 7o, 85, 121,
Diodoro, empirica. 672. IJO, 172, 175, 181, 258, 259, 308,
Diodoro, peripatetico, 367, 404-4o6, 351, 353. 404, 493. 527.
Douglas A. E., 426.
527, 53 2 ·
Diodoro, stoico, 181-183, 351, 352, Drabkins B., 672.
Drcxler H., 227.
J6j, )89. 51 7·
Diodoro Crono, 7o, 85, 115, 164. Dumont J.-P., JO, 44·
Dilring I., 6H.
353· 401, 493. 534. 6o2.
Diodoro Siculo, 187, 289.
Diogene, amico di Arcesilao, 18o. Ecate, 182, 293.
Diogene di Babilonia, 215, 227, 2Jl, Ecateo di Abdera, 64, 68.
JJ2, 348, 362, 371, 372, 507, 5JI. Edelstein L., 68.
Diogene Lacrzio, ]O, 34· 57· sB. 61- Edipo, 361.
6). 65, 66, 69, 70, 73, 74, 78, Bo, Edmonds S. ~I., 207.
84, go, 92, 94, 100, 102, 104, Egesino, 205, 2o8, 212, 215, 232,
105, 107-JIO, 108, 109, 1I5-118, 459·
121, l2J, 124, 126-IJJ, 137, I.J2, Egger E., 76.
149, 155. 158, I6.J, 167, 172, 1]4- Egisto, 304.
179· 181-184, 187, 189, 191, 194, Ehle 0., 44. 412.
196, 199. 205-207, 209, 212, 215, Einarson B., 171, 194·
216,219,224,228,233. 2)6,2.J2, Elena, 244. 254.
250,258,261,266,269,270,278, Elettra, 15, 2.p, 252, 253.
337.355.365. 375· )82, 383.388- Eliano, 106, 12-:z, 208, 230, 294·
390, 435, 436, 439-441, 448, 454• Elio, Lucio, 431 .
.J60, 461, 466, 469, 490·493. 497. Elio, Sesto, 379.
soz, 504-so6, szz, 526, 530, 534. Emone, 175·
541, 543"546, sso. 554-556. 565- Empedocle, 71, 448, 458, 492, 519,
570. 582, 598, 616, 623, 6.n. 6 4 3. 564, 584, 6jo, 671, 689, 6go.
646, 6ss. 656.672.675,686,698, Enesidcmo, IJ, 17, 2I, 25, 33, 37•
755· 38, 57, 61, 65, 73, 78, 86, 88,
Diogene di Sinope, 601, 6o3. Sg, 101, 104, 105, 109, 125, 143•
Diogene di Smirne, 63, Joo. 156, 166, 170, :!25, 327, 357· 375·

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INDICE DEI N0!\11

404, ·P3. 427, 471, 541, 542, 543, Erofilo, 585, 613, 67o, 676, 689,
544· 545· 546,547· 548,549.550, 691, 693, 694, 737·
551, 552, 553. 554. 555. 557, 558, Eros, 284.
559. 573. s86, 6o8, 6og, 612, 61-f, Eroziano, 67I.
616, 619, 621, 622, 623, 626, 633. Escbilo, 433-
634. 636. 637· 638, 639. 643· 64-f, Eschinc, IJI, 339, 395, 406, 460.
645, 6 4 6, 649, 6so. 656, 672, 674, Eschine di Napoli, 389.
675, 677, 681, 682, 694, ]OI. Esculapio, 292, JOS, 341, 688.
Ennio, 297, 300, 304, 326, 329, 337, Esichio, 126.
338. 343· 349.432,462, 479· soo, Esiodo, 149, 292, 394-
SOI. Ettore, 228.
Enomao, 304. Eubulide, 258, 261, JOS, 493, 505.
Epicarmo, 109. Eubulo, 124, 125.
Epicomo, 227. Euclide, 527.
Epicuro, 58, 61, 66, 6g, 86, 88, Eudamo, I73·
89, 92, 93, 95, IlO, Il], 132, 141, Eudemo, 673.
151, 1]9. 193. 195. 199. 21], 22J, Eudoro, 412, 430.
265, 268,269,270,2]1,272, 273, Eudosso di Cnido, 331, 603.
274,27],282,J2I, 327,338, J48, Euforione di Calcide, 345·
354, 355· 356, J57· 367, 383, 392, Eufranore, 124, 125.
430, 431, 49]. 498, so6, 509. 5Il, Eumene 1, re di Pergamo, 176,
512,523,527. 5J2,534.564,594. 177, 208.
6o2, 6o4, 6o8, 6og, 623, 647, Eupolis J ., 44·
654- Euriloco, 68.
Epifanio, 233. Euripide, 70, 71, 147, 148, 153,
Epitteto, 352, 534· 172, 182, 198, 219, 242, 24'J,
Eracle, 238, 253, 254, 257, 604. 252-254, 257. 294, 308, 314, 371,
Eraclide Pontico, 67, 125, 138. 4J3· 501, 586, 602.
Eraclide, scettico, 541, 672. Euristene, 332, 482.
Eradide di Taranto, 672, 681, 689, Euristeo, 257, 501.
757. 758. Eusebio, 32, 61, 62, 100, 109, tto,
Era.clito, IJ, 7I, r8I, 195, 270, 287, 121, 130, 139, 150, 152, 169, 184,
345· 456. 457. 519, 547· 551, 552. 194, 206, 207, z66, 391, 492, 5·41·
564, 6o8, 634-637, 639, 727. 544· 559. 6g:z.
Evandro, 205. :zo8, 212. 232, 459.
Erasistrato, 613, 67I, 672, 676,
Evans E. C., 44·
689, 69I-6gJ, 699-702, ]IJ.
Erasmo di Rotterdam, 653.
Eratostene, 67. Fabricius J. R., 275. 541, 574• 623.
Ercole, 290, 292, JOI, 501. Fannio Strabone, 459.
Erillo, 98, 99, 366, 367, 526. Favier A., 45. 674. 677.
Erma.rco, 506. Favorino, 21, 28, 36, 45, 61, 78.
Ermia, 235. ro6, 228, 236, JJ6, 427, 545. 565,
Ermippo, r8o. 654, 655-665 , 698.
Erodoto, 25, 63, 14J, 291, 3J2, Fay A., 681.
337. 392, 482, s6r, 584, 602. Fedone, 129.
Erodoto di Tarso, 38, 125, 675. Ferecide, 154, 316.

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no INDICE DEI NOMI

Ferguson \V. S., 45· Galba, Servilio, 373. 479.


Ferraldan A. M., 45· Galeno, 24, 38, 45. 71, 106, 128,
Ferrari G. A., 45. 59. 215, 217, 219, 244· 402,414, 544.
Fetonte, 302. 557. 584, 655-657. 669, 671-6 77 ,
Fichte J. A., 646. 679. 681-6ss. 6s 7• Gg4 • 7 o6- 7 o 9 ,
Fidia, 536. 7II, 714, 716, 727, 728, 731, 733,
Figard L., 45, 674. 734· 737. 738. 740, 743. 747· 752,
Fila, 178. 755. 756, 758, 759.
Filarco, 124. Galeno (pseudo), 686.
Filemone, 128. Gallo I., 45, 207.
Filino, 671, 731. Gamberale L., 487.
Filippo, re di Macedonia, 339· Geffckcn J., 45. 120.
Filista, 67. Geffers C., 45, 141, 205.
Filistionc, 671. Geiser K., 45. 137·
Filo, Furio, 372-374. Gellio, Auto, 64, 78, 129, 178, :.n6,
Filocomo, 227. 217, 296, 336, sos. 5 18, 6 5 -65 s,
66o.
}'ilodemo, 264. 449. 506, 517.
Filolao, 670. Gemino, Quinto, 498.
Filomelo, I8], 643. Giamblico, 64, 126.
Filone, metodico, 673. Giambulli A., 45·
Fil011e di Alcssandria, 20, 36, 64, Giannantoni G., 45. 194, 308.
74-76, 78, ljZ, 542, 554, 559-561, Giannelli G., 227.
564, 565, 571-573. 6s8. Gigante )1., 45. 46, 61, 62, 69, 76,
Filone di Atenc, 67, 534· 81, 87. 121, 12], 125, 128, 1]1,
Filonc di Lar-issa, 21, 24, 36, 6o, 169. 173. 174· 176, 178, 207, 224.
68, 90, 142, 150, 158, 226, 237, Giasonc di Fere, 301.
]88, 389, 399-405, 407, 4ll, 414, Gifford E. H., 62.
417, 41R, 420, 425, 426, 433, 434, Gigon 0., 46, qt, 413, 551.
449. 452, 456, 457. 460-462, -td4, Giov~ 28],290, 291,314,322,323,
486,489,490,494.495.514,537. 325, 328, 3]0, 370.
541, 545· 552. Gio\'enale, 584, 658.
Filosseno, 175. Gisinger F., 76.
Filostrato, 64, 65, 67, w6, 11.7. Giuliano, metodico, 673.
1]0, 169, 182, 2]1, 273· Slh, 656. Giunio L., 312.
Finger Th., 45· Giunonc, 293, 330.
Flaminio, Caio, 312, 458. Giustiniano, 292.
Floch J., 126. Giustino, 451, 452.
Focilidc, 116. Glaucia, 672, 6S9, 755·
Fozio, 19, 21, 32, 1::!5, 413, 553- Glauconc, 372.
555. s5B, 559, 612, 6 33 . Goedeckemeyer A., 46, 125, 207,
Frănkel E., 70. 208, Z12, 215, ]8'). 399, 417, 430,
Friedrich \V., 170. 5·11· 551, 643, 655. 674. 675. 685.
Fritz E. B., 45· Gomperz Th., 20, 185.
Fritz (von) K., 45, 58, 6o, IΕ II8, Goodenough E. R., 46, 545·
183, 399-401, 544. f>75· Gordon B., 669.
Furley D. ] ., 70. Gusscn 1..::., 46, 671.

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INDICE D.El NO"lll 771

Gracco, Tiberio, 459. Iliona, soo.


Grcen W. M., 139. lndelli G., <16. 66, 171.
Grenier J., 46, 546. Ione di Chio, 173, 392.
GriJii A., 46. lperide, 433-
Grysar G. ] .• 46. Ipparchia, 6o3.
Gumperl A., 46. Ippoboto, 117, 124.
Guthrie W. K C., Ilo, 139, 493, lppocratc, 71, 117, 305, 402, 49Z,
6]0. sSt, 669-6 7 2, 689, 691, 692, 69 4 ,
699. 701, 703, 709, 71'1, 722, 725,
726, 741, 744· 747, 755. 757. ;s8.
Haas L., 46, 95, 139, 541, 551, Ippolito, 302.
6o9, 643. 655. 674. lpponatte, 304.
Hallie Ph. P., 46, 552. Ipponico, 173.
Hardy A., 2~0. Iside, 2lJJ.
Hartmann H., 46. Isnardi-I'arente 1\I., 93. 95. 145.
Harvie R., 220. 222. 153. 193. 354· 52].
J-Teeren A. H. L., 497- Isocrate, 185.
H~gel G. W. F., 12, 46, 152, 154, Issel E., 46, f•74·
104, 167, 170, 220, 221, 2]2, 2]8,
·f25· 546, 644-646, 653-
Hehnrcich G., 557. 755- Jacoby F., 63, 64, 67, 124, 171, 174.
Ileinemann J., 46, 545· 17.'>• 180, 181, 227, 229, ]26.
Hdntz W., 46, 91, 143. 257. zsR, Jacgcr W., 669, 678.
261, 262, 276, 281, 284, 579. 585. Jamitek 1{., 12, 46, 47, 91, 553.
588, 589, 591, 6o7, 6og, 68o. 575. 645· 679. 682.
Hcinze R., IJS, 146. Jonas H., 542.
Henry R., 553-
Hcnse O .. 387.
Hermann C. F., 46, 399-401, 534- l{ant L, 11, 164, 542, 646.
IJicks R. D., 46, 61. l(albfleisch K., 5-H· 672.
Hirzel R., 46, g8, n8, 140, I58, 167, l{ay~cr L., 242, 6o7.

182, 191, 206, 400, 412, 417. 545· Kern F., 3'.13·
550,551,623,643,644.646,655. IGdd J. K, 68, 388.
Hobein H., 657. J{iessling A., 41.
Hoyer R, 46, 41 I. King I. E., (•2, 227.
Huygcns Ch., 221. l{neale ~L. 47-
Huit C.. 46. Kneale "'·· 47, 404.
Hume D., II, 1fi4, 264, 54!. l{ochalsky A., 47• 254. :z6o, 574.
Hunt 1\I. S. K., 401, 426. 6o7, 6og, 615, 617.
Husserl E., (j, IO, 11, 544· Kock Tb., 394. 592.
Koerte A.. 592.
1\:ocstler A., 220.
ln:ta, 522. Krămer H. J., 47-
h•rode, 177. 1\:ranz ,Y., 64, i''· 71, &~l. 92, Ioo,
lt"rone, z6~. 265. II6, II9, 122, 127, I.JJ, 1-J~. 154,
Ieronimo di Rodi, 95. 122, 178, 198, 199, 264, 266, 273, 270, 287,
li9. 3h4, 367. 52i, 532- 310, 325, 3-10, 345, 306, 48:.!, 49I,

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772 INDICE DEI NOMI

518, 519, 521, 522, 584, 6oo, 6o6, Ps.-Longino, 571.


670, 692, 775· Lo Pareo F., 685.
Krische A. B., 449· Lowe E., 48.
Krokiewicz A., 47· Luciano, 64, n6, 258, 289, 393,
Kroll R., 47· 654. 6s6.
Kriiger H., 47· Ps.-Luciano, 106, 229.
Krumme L., 47, 285. Lucilio, 390, sro.
Kudlien F., 47, 61, 125, 672. Lucilio Balbo, 264, 266, 373, 375·
Kiihn K. G., 66, 414. 671, 681, 682, Lucio Taruzio, 336.
7 1 4. 758. Luck G., 48, 158, 240, 362, 388,
411-41], 416, 417, 426.
Lucrezio, 61, 66, 200, 288, 354, 479,
Lachelier J., 254. 495. 497. 520, 592, 594·
Lachete, 178. Lucullo, Lt1cio, 411, 425, 449-4s2,
Lacide, 35• 169, ZOS-209, 211, 212, 455. 4S7. 459. 466, 476, 486, 488,
2]6, 459· 491, 493, 495, jOI, soS, 513, 514,
Lambinus D., 523. 521, 529, 531, 534, 536, 537•
Lampria, 106, 655. Liider A., 48. 413.
Landsberg P. 1., IS4· Ludwich A., 48.
Lang P., 145. Lukasiewicz J., 48, 644.
Langerbeck H., 47· Lutero M., 653.
Laplace P.-S., 221.
Lasserre F., 47, 76, 77·
Lattanzio, 20, 299, 300, 328, 37- Macaone, 688.
375, 377· 379. 425, 522, S74· Maccoli N., 48.
Latona, 291, 293. 1\:laccoU N .. 217, 541.
Lebadia, 325. Macrobio, 230.
Leemans E.-A., 139. Mai A., 373, 377·
Lelio, 291, 372, 373• 379· Madwig J. N., 468.
Leopardi G., 33· Maier H., 192, 307.
Leucippo, 100, 267, 6oz. Malcovati E., 291.
Leutscb E. L., 196. 1\:lanilio, 390, 510.
Levi A., 47. 266. Mannebach E., 48, no, 178, 194·
Libera, 292. Mantia, 672.
Libone, 429. Marcello, Marco, 309,361, 373, 531.
Lico, 672. Ma.nes J. L., 656.
Licurgo, JOS, 391, 531. :Maria, Caio, 458.
Liside, 584. Mariotti S., 48.
Lisippo, 499. Marres, 656.
Lisitoe, 290. Marmorale V. E., 226, 310, 427,
Livio, Tito, 293, 295, 312, J2.l!, 326, 482, 534·
]28, 490. Martba M., 48, 221, 230.
Loercher A., 48. 11r1artano G., 48, IJ9-
Long A. A., 48, 61, 66. 78, 79. Martini F., 4a, 412.
Ilj, 138, 170, 217, 367, ]88, 400, Marx F., 373. 375, 684, 688, 691,
412, j j i , 653· 6gg.

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INDICE DEl NOMl 773

Marx K., 376. Minerva, 341.


~Iassimo di Tiro, 389, 657. Minucio Felice, 299.
:>fassone, 295· Mirmecide, 521.
)lates B., i8, io4, 5ii· Mirtilo, JOi.
Mathai C. F., 48. Mitridate, H9. 451.
Mau J., 62, 91, 139, 225, 395, 554· Mnasea, ISJ, 6.JJ, 673.
579. 593· Mnesarco, 158, 406, 414, 449, 490.
Mecenate, 654. MondoUo R., lj, 49, u6, 119, 137,
Megarius, 121. IJB, 145, 146, 153, 523.
Meinecke A., nS, 390. Moni A., 118.
)fekler S., 48, 149, 399. Montaigne (Eyqem de), ~I.. ro.
:\'lelanzio, 389, 460. Montalenti G., 49, 669.
Melisso, Ioo, 119, 519. Moraux P., 185.
Melitide, 106. More P. E., 49·
Melkart, 291. 1\-lras K., 62, 225.
Memmio C., 451. Muhll (von der), P., 88.
Menedemo, 129, 131, 164, 176, 182, Mullach (von) F. W. A., 62, 100,
527- IJ9·
Menelao, 2i<f, 247. 254. Miiller R., 49, 63, 64, 18o, 226,
)Ienemaco, 673. 412, 672, 759·
~Ienio, 490. Mummio, Spurio, i52·
Menippo, II6, 182, 431. Murena, 450.
Menodoro, 173· MutschmaJlll H., 49, 62, 139. 225,
Menodoto, 25, 37, 38, 88, 124, 125, 238, 248, 263, 275. 280, :z8:2, 395,
137, J4J, 554, 641), 673-675, 677. 554· 575,576,580,590,610,627,
679. 684, 733. 735· 744· 745· 747· 628, 65o, 687.
755. 756. 758.
llentore, 228, 229, 236.
Mercklin L., 656. Natorp P., 49, 118, 142, 143, 541,
Mercurio, 292. 545.550,551,612, 62J,637· 674·
Merea (?.firea), 172, 179. 686, 756.
Mcrlan Ph., 49, 138. Nauck A., 71, liB, 172, 175. 182,
Metello, Lucio, 192, 452. 371. 392, sB6.
!lletello, Quinto, 19:.:. Nausifane, 58, 66, 69, 77. 86, 92,
Metrodoro di Chio, 10, 58, 63, 100, 93. 269, 755·
383, 389, '101, 406, i60, 492, 494. Nebe A., 49·
495· Nebel G., 167.
Metrodoro di Stratonica, 35, 158. Neocle, 269.
Metiodoto, 388. Nerone, 671, 673. 691.
1\·lette H. J., 49, 656, 683. Nessa di Chio, Ioo.
1\fichelangelo, 324. Nestle W., 49. 12o.
1\Iigne J.-P., 62, 207. Nettuno, 291, 292, 302, 341.
?o.Iill J. s .. 25, 674· Neuburgcr F., 671.
1\liller W., 6z. Neumann A., 49·
Minar E. L., 49. Nicola di Reggio, 685, 745·
Mindân Manero M., 49· Nicoloco di Rodi, 124.

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774 INDICE DEI NO~II

Nietzsche F., 121. 194. 195. 458. 492, 519, 526,


Nilsson N. 1\1. P., 4Y· 56·1·
Nonio, 425, 449, 46o, -179- Pascal B., 223.
Numcnio, 19, 32, 68, 86, no, 124, Patrick ~L l\1., so. 58, II], 551.
139, 140, rso-153. 164, 167, 169, Patrone, 517.
170, 181, 184, 186, 187, 189, 2o6- Paul H., 118.
zo8, 212, :216, 222, 225, 231-233. Pausania, 63, IJI, 230, 231.
235, 2]6, 3]J, 399 . .j.OJ,41J, 414, PazziiiÎ A., 50.
444· 558. 559- Pearson A. C., 175·
Numcrio Suffustio, 330. Pelope, 304.
Penelopc, 504.
Pentco, 253.
Odisseo v. Ulisse. Pericle, 75·
Ofella, 187. Perrin B., 225.
Olimpio, 673. Pfeiffer R., 50, 59, 94. 123, 442.
Omero, 67-69, 71, 94, n6, 119, Pfligcnsdorfler, G., so, 552.
122, 125, 127-12<), 144· 147. 17~ Philippson R., 50, 91, 93, 412,
174.182, tg6,22~ 2j6,28J,290,
495, 679, 68o, 686.
314, 329, 336, 345, 403, 500, 572,
Pianko M .• 120.
s8s, 6o4 . 6o5 . 6 33 .
Picavet 1'., so.
Omcro di Bisanzio, 123.
Pichlmayr K., 'P4·
Onesimo, 655.
Onfale, 604.
Pilade, 172, •n.
179.
Pindaro, 173. 585, 6o1.
Orazio, 322, 382, 412, 491, 585,
Pirra, 673.
592, 654· 669. 688.
Oreste, 15, 242, 252, 253. Pirria, 654.
Orleo, 292, 393- Pirro, 337, 338, 662.
0rtensio Ortalo, 450, 455, 456, Pirrone di Elidc, 9, 10, 11, I'f, 22,
466, 485, 486, 535. 537· 23. 2], 29, jl, 34. 37· 57. ss.
Ovidio, 293, 328. 59. 6o, 61, 62, 6j, 64, 65. 66,
6], 68, 6g, 77· 86, 88, 92, 94·
t)j, 96, 9], 98, 99, 100, 102, 105,

Pacuvio, 432, 462, soo. 106, 108, 109, Ilo, II5, 117, 119.
Pagliaro A., 683. 121, 12], 124, 127, IJJ, 139, 163,
Paleikat G., 49· 164, 174, 181, 182, 18], 195, 366,
Pan, 324, 338. ]67, ]88, 445· 524,527.542, 544·
Panezio, ]6, 152, 331, 334. 335, 555· 674. 6]5. 684, 694. 755·
3]1, 387, 401, 406, 412, 449. 452. 756.
520, 53 o, 6 5 8. Pisano G., so.
Panfilo, 269. Pisone, 1\farco, 417, 419.
Panisco, 324. Pistdli E., so.
Paolo III, papa, su. Pitagora, 126, 152, 153. 229, 270,
Pappenheim E., 49, 50, 120, 143, 339· 68g.
545. 551, 557. 574. 6oo, 638. Pitocle, 178.
Paridc, 304. Pitone, 67.
Parmenide, t6, 22, 85, 100, u6, Pizia, 338, 339·

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INDICE DEI NOlll 775
Plasberg 0., 226, 427, 443, 480, Poletnarco, 215. 387.
518. Polemone, 34, 142, 14'), T_'jO, 155.
Platane, 16, 17, 2o, 21, 24, 26, 27, t8I, 184, 191, 367, 417, .p8, 444·
29, 34. 35. 36, 57. s8, 66, 71, 515, 528, 532.
82, s5 • 92, 9 4 • 126, 129, 1 33 • 1 37, Polibio, 376.
138, 1]9, 140, J41, 142, 143, 144, Policleto, 536.
145, q8, 149, 150, 152, 153, 154, Polidoro, 500.
155. 157· 158, 159. 163, 164, 165, Polieno, 5 II.
172, 173. 174· 180, 185, 186, 187. Polluce, 258, 292.
191, 193. 194· 195. 197. 218, 219, Pompeo, Quinto, 458.
22J, 225, 227, 23J. 2J6, 268, 269, Pompeo, Scsto, 313, 3q, 336, 429.
276,282,301,304, )08, 327,331, Popk.in R., 50, 51.
33!J. ]62, J69, 372, 373. 374. 375. Portirio, 64, 126, 296, 299, 580.
376, 377. 380, 390, 393, 394, 396, Poseidone, 283.
400,402,406, 412,41J,414,415, PosiJon.io, 36, 6S, 264, 317, 318,
417, 419,421,427,430,431, 433, 371, 387. ]88, 401, 416, 551, 552,
435, 436,439,442•443• 449,458, 638-
459.468,483.492,504,519,521, Potone, 149·
522, 523, 527, 530, 534, 551, 559, Prailo, 124.
569, 571, 6ot, 6o2, 6o6, 639, 656, Prantl K., 51, 258, 679.
657. 66g, 674· 677, 691, 697. Prassagora, 670, 676, 689, 692.
741. Prassitele, 321.
Ps.-Platone, 440, 580. Preller L., 124.
Plauto, 483. Priaruo, 313.
Plezia M., 50, 412, 426. Probo, 290.
Plinio, 131, 230, JOI, 317, 324, 333, Procle, 332.
33<1· ]46. 496. 521, 598, 670·672. Proclo, 6'f, 129, 152, 482.
Plistarco (Pistocrate), 63. Proculo, 673-
Plistonico, 692. Prodico, 127.
Plotino, 140, 141, 154. 159, 554· Prota.gora, 16, 18, 27, 59. 82, 100,
I 19, 264, 266, 533. 543, 6o6,
Plutarco, 21, 30, 36, 64, 68, 70,
92, 95. 106, 125·127, 148, t66, 647·
Proteo, 254.
168, 171, 174-176, 178-180, 193·
Puccinotti F., 51.
1')6, 199. 206, 219, 225, 227-231,
Puech H. C., 1J9-
233. 235, 258, 335. 338, Joi, 365,
368, 370, 372, ]82, 383. 389-391,
399.411,414, 427,439.440·449· Quintiliano, 123, 388, 391, 406,
451,452, 56o, 654.655,657.658, 4JO, 443, 460.
683, 6g8.
Poualirio, 688.
Pohlenz M., 50, 75. 95, 97, 98, Rabirio, 130, 431.
127, l_'i2, 156, 165, 16], 1 7 1, 181, Rackham H., 62, 170, 226, 427.
194, 19_5, 198, 209, 215, 219, 221, Rava A., 51.
225, 230, 290, 292, 317, 334· ]62, Ravaisson J.-G.-F., 541.
387, ]88, 389, 406, 412, ·114- 400, Rayruond G. :\1., _5I.
534· 552, 677. Heale G., 119.

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INDICE DEI NOllll

Reardon B. P .• st. I6g, 416, 655· Saufeio, 517.


682. Scevola, Publio, 273, 406, 458.
Regino, 673. Scbangin M., 51.
Reid J. S., .51· 438, 449. 455. 46o, Schelling F. W. J., 646.
463, 468, 534· Schmekel A., SI. 52, 222, 412,
Reiner H., 362. 545· 552, 638.
Reinhardt K., 317, 552, 638. Schinid W., 52.
Rciske J. J., 81, 121. Schmitt C. B., 52, 426.
Reitzenstein R., 428, 525. Schneidewin F. G., 196.
Remo, 328. Scholz H., 52.
Reso, 292. Schone H., 672. 685.
Ribbeck 0., 290, 337· Schramm F., 123.
Richards H., 51, 87. Schroder J., 52, 545, 585, 654.
Richsteig E., 5 1. Schuhmacher J., 669.
Richter P., 51. Schulze G. E., 646.
Riese A. 367. Schwartz E., 61, 63, 167.
Rist J. M., sr, 387, 551. Scbwarz H. S., 671.
Ritter H .• 124, 541, 646, 649. Scilace, 331.
Robbins F. E., 51. Scipione, Publio, 295, 373, 376, 452,
Robin L., 51, 57, 58, 64, 164, 458, 531.
170, Igi, 217, 218, 233. 26], 264, Scipione Emiliano, 354. 530.
541, 545· ss6, 558, 616, 623, Scoto Eriugena, 152.
674· Selio, Caio, 456.
Rogo, Tetrilio, 456. Selio, Publio, 4S6.
Rolfe J. C., 656, 657. Seneca, 307, 360, 443, 466, 497,
Romolo, 328. 5ll.
Rosario G. B., 685. Seniade, 6o6.
Rose V., 75. 682, 714. Senocrate, 137, I38, 149, I5o, t8I,
Ross W. D., 219. t87. 189, 191, 269. 417, 421, 435·
Rossenfelder M., 51. 436, 413• 445, 515, 531, 534·
Rostagni A., 430. Senofane, 70, too, 116, 119, 122,
Rudberg G., 51. 143, 144, 276, 285, 317, 458, 492,
Rufi.no, 585.
519, 522, S26, 602.
Ruske L., 656.
Senofonte, 131, 219, 369. SJI.
Russell B .• 9, Io, 51.
Scpp S., 52.
Russo A., 51, 321, 395. 407, 443·
Serapide, 293, 341.
Riistow A., 51, 281, sos.
Serapione, 671, 672, 689, 731, 735·
755. 7S7·
Saisset E., SI, 541, 545, 551, 6og, Serse, 273.
612, 623. 649- Servilio, Publio, 482.
Sambursky S., 51. Servilio, Quinto, 482.
Sandys J. H., 683. Sesto Empirico, 10, 13, t6, 17, 19,
Sarpedone, 125, 314. 21-2S, 28-]t, 33. 38. 57· S9. 61,
Sarton G., 682. 62, 64, 66, 69-76, 78-94, 97. too-
Satumino, II7, 125, 458, 493, 675. 104, 106, 107, IlO, 115, 116, Ilg,
Saturno, 292. 122, 123, 125, 127-134, 139, 140,

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INDICE DEI NO:M.l 777

1 4 2, 143. 145, 148, t 5 o-r 5 z, 1 56, Solone, 531.


157. 164·167, 170-172, 176, ISI, Sorano, 555· 673, 714.
188-191, 194-197, 199, 201, 211, Soreth M., 52, 552.
216, 220, 221, 225, 226, 235-237. Soxione, IJ7, 121, 122, 124, 205.
239. 243· 247• 253. 255-257· 26I, Spencer W. G., 684.
269,274,275,277,281,283,285- Speusippo, 34. 137, 138, 145. 149,
287, 289, 291, 295, 296, 298, 303, 150, 191, 417, 443·
]22, 327, 329, 331, 333. 335· 336. Sprengel C., 52, 671, 674.
348-350, 357, 359, 362, 363, 375, Stefano di Bisanxio, 390, 4II.
387, 390, 391, 400, 402-404, 411, Stepbanus H., 591·
413, 415, 416, 420, 427, 430, 436, Steinthal H., 52, 166, 683.
437. 439. 442, 444· 446•449· 457· Stenzel J., 678.
461-464, 466, 468, 470, 471, 479. Stilpone, 63, 115, 121, 181, 493-
488, 489. 491-493. 497. SOI, 502, Stobeo, 219, 229, 387, 401, Hl,
504,505,507,514,517,518,522, 564.
523, 535. 541-556, 558, 565-570, Stough Ch. L., 52, 57. 64, 165, 167,
573. 574· 58o, 581, 587, 589, 593, !68, 217,220,221, 2J8,2J9,242,
594,597, 598,6oo, 6o3,605,6o&- 543· 545-547· 6o8, 612.
6o8, 61o-613, 6r6, 619, 621-623, Strabone, 64, 173. 215, 391, 444·
625, 626, 629, 632-638, 643. 645, Stracbe H., 52, 412.
646, 648-650, 65&-658. 66o, 661, Stratone, 23, 299, 521, 564, 613,
66], 664, 670-672, 675. 677-687, 671.
694, 6g8, 701, 706, 7II, 714-719, Suida, 63, 167, 206, 207, 229, 670.
726, 727, 739. 740, 757· Susemihl, F., 52.
Seute (Scite), 171. Sylburg F .• 109.
Severo, 674, 756.
Sfera, 167.
Shorey P., 52, 76, 207, 413. Tacito, 393·
Tagete, 328.
Sidonio Apollinare, 436.
Talete, 118, 27t, 326, 518, 564.
Sigerist H. E., 52, 66g.
Talete di Creta, 391.
Silla, 450.
Tarquioio Prisco, 328.
Sillitti G., JOS.
Taumante, 295·
Simmaco, 230. Taumasia, x8o.
Simooide, xSo, ~64, 265. Taylor A. E., 71, 153.
Sioallo, IIo. Telamone, 304.
Sinesio, 64. Telecle, 205, 208, 212.
Sirooc, 512, 517. Temisone, 79. 671, 673. 674. 700,
Snell B., 123, 585, 677, 679. 702, 703.
Socrate, 17, 29, 35, 61, 66, IlO, Temistio, 230.
131, 140, 142, 146, 152-154• 192- Temistocle, 451.
195,206,229, 2]2, 244· 261,360, Teocrito, 436.
]69.392,402,421, 42~ 434· 43~ Teoda, 37, 38, 88, 125, 674, 675.
448. 458. 459· 492, 527. 734. 735· 737·
Socratide, 174· Teodoreto, 109.
Sofocle, 175. 223, 228, 290, 301, Teodoro, 1' Ateo, 184, 194, 266.
379. 433· Tcodote, 178.

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INDICE DE[ NOMl

Teodosio, 69, 675. Untersteiner M., 52, 116, 121, 123,


Teofrasto, 23, 64, 163, 164-, 172, I:z6, 22).
181, I8j, 433, 443, 444• 515, 522, Usener H., 61, 6g, 88, 92, 93, 95,
529, 678, 194. 195. 197·201, 207, J82, 497.
Teonc, 75. 257, 609. 6Q9.
Tertulliano, t65, 534, 554, 638,
639·
Tescari 0., 91, 143, 242, 574· Valerio, Publio, 458.
Tesco, 292, 302. Valerio Massiruo, 216, 229, 301,
Tessalo, 673, 679, 717. JI2, 328, 450.
Thamin M. B., 221. Varronc, Terenzio, 293, 295, 337,
Thedinga F., 139. 367, -12 5 , .ps, 429, 431-..B 4 , 4 36,
Theiler W., 52, 678. 439.440, 443· 444·446.447.660,
Thiaucourt C., 52. 672.
Tiberio, 121, sBs. 643, 6]'z., 684. Vegetti, M., 669, 670, 6gr.
Timagora, 495. Velleio, 264, 267, 269, 270, 306.
Timarco, 12 r. Vel'beke G., 416, 682.
Timeo, 129, 142. Verdan A., 52, 57, 222, 542, 546.
Timone di Fliuntc, 16, 17, 19, 22, Vick C., 52.
24, 29, 30, 32, 34, 37. 59, 6o, Vigorita E., 52.
6r, 64, 66-69, 72, 86, 87, 89, Virgilio, 119, 512.
94, 1oo, 101, 102, 104-106, 109, Virieux-Reymond A., 52.
II5-II9, 121-124, 126-129, IJI- Vitto:rino, 414.
IJ3, 140, 142-144, I6j, 164, 174, Voghera G., 52, 115, 120.
176, 179. 182, 184. 195. 206, 28j, Voltaire, 550, 589.
542, 543, 643, 655, 68o, 731, 755· Vollgraff W., 53·
Til'esia, II9, 307.
Tisia, 507.
Wachsmuth C., 32, 61, 66, 68, 94,
Tissot J., 5·P. 646.
106, 109, 115, JI8, 120-122, 126-
Tissafcme, 391.
133. 143. 164, 174· 176, 179. 390,
Tolorneo I, re d'Egitto, 167, 67o. 656.
Tolorueo AulPte, 457· WadJington C., 53·
Tolomeo, Claudia, 645, 68z.. \Vallies M., 53·
Tolomco Filadclfo, 121, 177. Warmington E. H., 266, 290, 297,
Tolomeo di Ciren(', 124-, 125, 672. 304, 326, 329, 337. 338, 343· 349,
Torumaso (S.) d'Aquino, :Z23. 373, 375, 479, 480, 500, jOI.
Torquato, 517. Waszink J. H., 554·
Trofonio, 325. Wch:rli F,, 95, 122, 138, 178, 179,
Tuberone, 530, 535· 2Jl, 299. 335· 349. ]64. ]65. 391,
Tucidide, 76, 219. 392, 406, 443· 521, 523, 51.7, 635·
Tuditano, 501. 6j6.
Tullia, 433· Weische A., 53, 138, 158, 224,
285, 413. 542, 545· 552, 678.
Weland K., 118.
'Obenveg F., 52. Wellmann M., 53, 670-674• 684.
Ulisse, 25, 290, 581. Wcssely K., 76.

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INDICE DEI NOlU 779

\Vestman R., I7I, 225. 523,541,545.550. 553· 6og,612,


Whitaker G. H., 571, 572. 623. 649. 6 55 • 6 74 • 686.
Wilamowitz-Mocllendorfl (von) U .. Zenodoto, 94, 123.
41, 53. 65, 67, 104, 108, 109, Zcnone di Alcssandria, 216.
121, 122, 124, t78, 182, 184, 205, Zenone di Cizio, 95, 98, n7, 127-
207, 2l2, ]89. 129, 132, 1 52. 1 55 . 1 56. 165-16 7•
Wilkins A. S., 414. 181, 184-187, 21o, 215, 216, 248,
Wilpert P., 53· 249. 268, 279. 29~298, 303, ]6~
\Vindelband \V., 549. 431·444· 447·459. 461,488,490,
Wisniewski B., 53. 158, 217, 224, 4'J3. 494, 516, 525-530, 532, 535,
235. 390. 564, 654·
Wolf Ch., 220. Zenone di Elea, 22, 26, 7o, 85,
too, 115, 117, 119, 126.
Xenone, 517. Zenone di Sidone, 449.
Zeus v. Giove.
Zeusi, 88, 125, 536, 643. 672.
Yon A .• 226, 350-352, 355· 358, Zeusippo, 125, 643.
361. Ziegler K.. 53. 227, 545• 654, 655.
Zopiro, 123, 67:1..
Zeller E., 53, 104, 116, 137. 138, Zoumpos A. X, 53. 118.
145-147· 153· t8J, 217, 266, 400, Zumpt A. \Y., 399.

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INDICE DEI PASSI

A Alessandro Etolo :
Test. 10 Sncll IZJ
Agostino:
Co11tra Acad. Alessandro Polistore :
1, 4 n. 17, 140 fr. 144 Mull;;r = 30 Jacoby
11, 9 n. 17. 140 n. 1, 227
I0-12 n. 16, r:;7 fr. 146 ~luller = 32 Jacoby
II-12 n. 14, 219 n. 6, 63
26 n. 14, 219; n. :,425
28 n. 14. 219 Alessino:
29 n. 19, l.fi
111. 14 n.2,-125 Test. 86 Doring 175
15 n. 2,426
15-16 n. 2o, 157; n. 51, 201 Anassagora:
20 n.2,425
59 A 49 Diels-Kranz n. I8J, 519
37 0.]2,436 59 B 21 a Die-ls-Kranz n. 104, 6oo
37·oJI 1oo-I07; n. 20, 184
J8·41 n. 7, 195
41 n. 7. 388; n. 12, 401; Anassimandro:
n. 1o6,495 12 A 13 Diels-Kranz n. t8t, 518
43 n. 18, 140
45 n. 18, 140 .Anassimeae:
Cot~traIulian. P~lag.
I 3 A 9 Diels-Kranz
IV. 12, 61
De civ. Di!i.
1, 6 n.6,663 Antifonte:
7 n. 7, 664 87 B So Diels-Kram: 345
V, 1 scgg. n. 7, 412
VIII, 4 n.32,436
XIV, 23 381 Antioco di Ascalooa:
XVI, 9 n. ZOI, 522 Test. 2 Luck Il. Z, 4II
XIX, 21, 379 n. 27, 379 Test. 54 Luck n. 12, 413
Rctract. Test. 65 Luck 240
J, I, II n. 18, 157
1, 12 n. z. 153 Antioco di Laodicea:
Dt: Tri".
n.24, zzr fr. 282 Deichgrăber n. 136,88
X. 5-9
XII. 7 n. JZ, ZZJ
XV, passim n. 45,,582 Antipatro di Tarso:
Sloic. vcl. /TtJg.
Alessandro d.i Afrodisia: ll1, 4 346
7 n, ll, 229
De fato. 8 n. 15, 235
zz n. 50, 711 21 n.40,466
35 Il. t8, J0-4 67 n.ZZ,JOS

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INDICE DEI PASSI

Antistene: Equil.
fr. 111 c Decle"a n.123,86 664 n. 10, 182
715·8 n. 20, 396
L1•S,
Antologia Palatina: • u18 n.4, 210
III. 9 180 Nub.
VII, 104 180 52f n. 4. 210
H5 zo8 1475 n. IO, 182
Ratr.
Antologia Plauudea: 293 n. 13, 182
II, 382 395 scgg. n.8, 151
173 1160 D. ID, 182
III, 56 173
V, 39 229 1496-9 n. JJ, 151
Tlusm.
461 n. IO, 182
Apollodoro : ţ'esp.
Bibliot. 66 n. 4· 210
II. 6, z n. 6 5 . 290 fr. 991 11.'25, IDO
Crlmaclre.
fr. 15 Jacoby 1]1 AristoDe di Cbio:
fr. 16 Jacoby 181
fr. 39 Jacoby Il.], 63 Stoic. vel. frag.
fr. 51 Jacoby 1. 242 n. IJ, 304
fr. 344 jacoby Il. 1,149 248 n. IJ, 304
fr. 345 Jacoby n. z, •·19 JJJ·fOJ D.J,95
fr. 346 Jacoby Il.], l-19 343 n.z,164; 174
345 n. 41, 178
Apollodoro stoico:
Stoic. vet. jrag. Aristotele:
III. 14 n. 17, 219 A11. po~l.
1, 7•9 n.27,68o
Appiaoo: II, 13 n.2],68o
93 b 39 n. 14,250
De bel!o civili. 99 b ]6 n.42,468
V, 98 n.S6,295 1oo a 5 scgg. n. 18,678
A11. pr.
Arato: I, 3 n. 2, 644
PhaeriDntC!!Il. 19·21 n. 2, 644
39 2] n. 16, 259
43 27 n. 27,68o
28, 45 a 4 n. 2, 5.H
Archiloco: II, s. 57 h 18-H n. 2, 644
15, 6-1 b IU-2] n.25,632
Jr. 36 Bcrgk n. 14, 219
fr. 68 Dichl Cal.
7 n.z,644
Aristode: 8, 8 b 17•35 n. 69, ;24
10-11 n. ·1· 91; n.25, zBz
Ap11d Eust·b. Pm,·,'>. Evturg.
XIY, 17, 10·18, p q, 15 a IJ n. 20,637
100·110
De coclo.
18, f n, 29,550
rS, Zi I, 3· 270 b ]O St'gg.
ll.f. 6]
rS ad rmem
Eth. 11ic.
n. 1~6. 86
1. 1, 109.1 a 8 n. JG, 706
19, f ll. 1, 6]]
]. l!Of b 17 11.49• 710
De gruer. et corr.
Aristof.J.ne: 1. 2, 316 a n. 6,64.5
Acanr. 2. 316 a l f scgg. n. 25,632
1056 3•4 11. II, 624

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INDICE DEI PASSI

6, 322 b 21 segg. 0.27,632 Phys.


7-9 n. ]6.439 Il, 3 n. Jt5, 84
II, 3 n. 49,288 4-6 n. 16, 243
J, JJO b IJ segg. n. Ill5,519 5. 196 b 29 segg. n. 13, 309
4 n. fJ,286 8-9 n. 25, 550
10 n. 16, 243 III, 4-8 n. 11, 277
llist. anim. IV, 7 n. 17, 357
IV, 5. 563 a 7 n. s. 63 9, 217 a 10 segg. n. 74. 728
De i11terpr. V, 1, 225 b 5-8 n. 20,637
5, 17 a 8 D. 18, 106
:z, 226 a 24-b 9 0.20,6]7
VI, 9 n. 117.84
De mem. el rcm. 9. 239 b 10 n. 7. 126
449 b 4-455 a I D.JI, 107 VII, 250 as. 20-24 n.6, 308
,Uctapl,. VI Il, I, 250 b 25-27 n. 35, 130
1. 1, 980 b z8 n. 18, 678 7· 260 b 12-15 0.74. 728
980 b 35·9lll b 6 n. 31, 346 Poet.
J, 984 b lj-18 n.35, 130 6, IH9 b 26-27 n. 38, 284
4· 985 a 20 scgg. n. 37, IJI 9. 1459 a 36 n. 14, 219
6, 987 b 1-4 n. ]8, 131 PoJlil.
g, 991 a 17 D·54,J31 1, s.
1254 a D.J2,3~0
n. 1,993 bs n. 10, 139 1254a1o n. 36, 381
III, 1, 995 a 23-b 4 n. 22,62 III, I n.2o, 376
2, 996 a 32 segg. u. 43. 110 6 n. 36, 381
997 a 7-11 n.95,Bo VI, 8, 1322 b 35 n. 32,682
997 a 8 n. 8, 263 VII, 2-3 n. 36, 381
IV, J, 1005 a 20 segg. n.95,So Rhet.
4-6 n. 8, 10o; n. 10, 235 I, 1, 1354a22 n. 106,82
4, roo6 a 8 n. 8, 263 2, 1]56 b 4 n. 14, 219
5 n. 105, 82 1357 a 34 n. 14, 219
6, IOir a IJ n. 95. 8o 13, 1373 b5-13 n.J6,]81
o, ton b ~ segg. n. q, 102 Ij, 1375 a 31-b 2 n.J6,]81
V, I, 1013 a 16
II, u segg. n.8, s8z
n. 2,644
b :zo n.2,644
'22, 1397 a 23 segg. n.9.407
23, 1400 b 9-16 U. Ij, 395
2 n.III,SJ
:!j, 1.102 b 13 n. I.J, 219
IZ n. 1, 90; n. !O, fOI
20, lOZ~ b IO n. 6g, 724 Sopll. el.
2j-26 n. 26, 6p 24, 179 a 35 n. q, 250
JO n. q, 636 De SOtllll.
VI. 1, 1025 b 15-20 n. 16, 243 2, 456 a 25-29 n. 2~. 34-1
2, 1026 b 30 n. 16, 243 3 n. 21, 343
1027 a. 2l·2j n. r6, 243 Top.
VII. 4. 1030 a 6 n. q. 250 1, ... 101 b 35-103 b 15
'), IOJ-j a n . .:5,55o n. q. 250
17 n. 18, 681 12, 105 a 10-19 n. 20, 106
VIII, 2, 1043 a~ segg. n. 27, 68o 18, 1o8 b 33 n.q. 299
IX, 1-3 n. 1, 90 II, 4. 111 b :q-31 0.2,643
4· 7 Il. 1, ~10
ro, 11f b 25-36 n. 2, 6.13
IV, ? 121 b 2-122 b 7 n. 2,64]
X, 7. 11:157 a zf) n. 27. 68o
XII. ]. ro7o a 30 YI. 6, I.J5 b 20-33 0.2. 64]
11.]6. 706
\'II, 1, Ij~ h 25-29 n. 2, 6-13
8, 1<>7.1 h r; n. 5-t. 331
10, 10i5 b 10 \'III. r. Ij6 b ro-17 n. zS,6St
11. 36. 706
Fr. 103 Rosc 75
XIII, 5, 1o7y b 21 n. 54, J:i1 1 ~3 l~ose n. 32, 61!2
XIV. 3. 1090 a 36 n. 'Jj. Sa
.Udcor.
III. -1. 375 h 4 Ps. Aristotele:
D~ par/. anim. D~ mwJd().
J. 1, 642 a 2f·JI n. 38, 130 6, 397 b 9 segg. n. 66. 719

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INDICE DEI PASSI

Arnobio: Celso:
Adu. nat. De med.
III, 6 n. I,299 Proem. 1-75 688-705
17 D.)9,706
Arriano: 27 n. 38, 7o6
40·43 n. 53,714
Epictct. di5$. IY, n. 3
l, 5, 1-3
n.z5.699
n. Io. 195 21t 2 n. 8, 671
V, 25, 17 n. 8, 671
Ascanio di Abdera: Vlll, 10, 1 n. 25, 699
Test. II, 5, 384 1\llllle-r n. IO, 63
Censorino:
Ateneo: De dio~ 11at.
Deipnosoph. XV, 3 n. n, 229
I, 22 d 132 Cicerone:
IV, 158 a u8
16oc 129 Acad.
162 e 129 1 apud Non. 65 n. 16, 235;
VII, 279 f • 132 n. 28,460
281 d 132 III apud Non. 139 n.63,479
VIII, 354 e n. I6, I67 fr. 20 Mllller n. 20, 157
IX, 4o6a 127 (v. Lll&tlll. e Varr.).
X, 438 a n. 6, 122; n. II, :zo8 Ad Alt.
XI, sos e 131 1, 10, 1 n. 1, 4z5; n. 1, 449
s8o a segg. n. 17. 184 VI, 2, 3 0.22,459
XIII, 588 a n. 40, 131 VII, 2-4 n. 39,381
594 a n. 7, 349 XII, 5. 3 0.22,459
6o2 c n.24,46o; n.8.388 23, 2 n. 1,230
6o6 b D.II, :208 XIII, 9, 3-5 n. 1, 425
610 b 133 21, 3 0.248.537
611 a n. 3. 391
Brut.
XIV, 641 e n. 7• 3-19 36 n. 4. 399
61 n. 155, 51o; n. 229, 531
78 n. 29, 3So; n.64, 479
SI 0.22,459
c 101 n. 191,520
Callimaco: II7 D.226,530
224 0.2,449
fr. anon. 387 Schneider 198 309 n. 176,517
315 414; n. I, 4II
Callistene: 332 0.24,433
fr. 124 Jacoby Pro Carlio
0.39, 326
51 n. 18,457
De dîvi11.
Carncade: 1, 6 n.2,337
fr. 20 Wisniewsky D.23, 157 7 n. 10, 309
fr. 42 Wisniewsky n. 7, 217 9 n. 9, 309; n. 21, 321
fr. 53 Wisniewsky n. J, 390 22 n. 30,323
fr. Sr Wisniewsky n. q, 235 23 n. 31, 323; n. 32, 324;
n. 15,340
Catullo: 26 n. 17,3I2
Carm. 27·28 n. 18, 312
III, 29·30 n. 2I, 3I3
II n. 92, 492
JO D-47,328
Celio Aurcliano : 32 n.48,328
35 ll-45·327
De ac•tl. morb. 36 n.JJ,J24
I, 17, 166 49 n. 189,520

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INDICE DEI PASSI

6o n. 18, 341 II·JJ 350·361


60-61 n. 13,339 1] n. :z:z, 221
6:z n. 13,339 17 o. 26, 361
70 o. II, 339 19 n. 2o, 359: o, 145,506
74 o. 36,325 21 n.9. 217: o.2o,4r8
77 n. 19,312 28 n. 15,355
8z n. 1, 348 33 n. II, 312
g8 n. 4· 316 37 n.t46,5o6
99 0,42,]26 40"44 n. 54,473
IOI o. 79,293
II:Z
De fin.
O. 4• 316 1, 6
llg o. 81, ...... 9
O. 13,319 r6 0.79,449
u. a-2 5 )06·315 20 n. 158, 5II
12 n. 22,221 22 n.41, 199
15 n.22,221
28-99 passim H n. 12,365
315-336 35 n.213,526
28 segg. n. z:z, 2ZI
59 D.2,391
30 n. 22, 221; o. 69.481 II, 4
n. 22,221 193
35 8 D.I,95
]8 o. 22,221 9•17 n. 33, 198
48 n. :zz, 221; o. 17, 343 35 367; o. 159, 512
49 n. 22, 221 41 )68
so n.49. 328 42 367
52 n. 4· 348 -13 95
55 n. 16, 357 59 0.]8,J8I
57 n.6g, 481 104
5s n. 22, 2ZI 0.4,451
119 D.15,512
61 0.22,221 III, 1o-12
So segg. n.47, 583 96-97
41 n. 413
II,
81-83 n. :zz, 221 so
88 n. 162,512 97
90·91 54 D.J3, 370
n. 73.482 57 371·]72
94 n. 22, :z:zr 58 n. 16, 167
95 n. 6, 663 64 D.189, 520
97 o. 162, sn; n. J, 66o; 72. n. II, 430
n. 6,663 IV, 43 n.216,.527
98 n. 7. 664
101·106
48·49 98
348-350 6o 98
IOJ n. 7• 338 V, 1
105 n. 3·z, 462
D.4.414; D.27,433
6-7 417-... 18
II5-147 prusim 337-347
116 n.2:z, 221
7 D.S.41.5
7•8 o .... 137
119 n. 6J8
2.2,
120 li o. 11,413
n. 6g, 4 sr 12
121 n, 22, 221
D.2:ZJ,529
125 n. 22, 221
14 418; o. 5..... 5
129 n. 22, 221
15 418
16 n. 4• 137: n. 31, 223;
133 n. 33. 467; n. 69. 481
137 n. 69. o~8r o. 149, soS; 0.217,527
16-23 ]62-366
Ad fam. 18
VI, Il, 2
n. 10,364
n. 159, 512 20 n.22, 367
VII, 12 n. 14,456 2]
IX, 8 98-99
n. 15,402 73 99
8, 1 n. to, 195
XII, H 419
75 n. u:z, 496 76 419•420
79 n. 112,496 8] 0.223,529
De fato. 8g 420
I
94 o. 49, rSo; n. 87,490

.so. Sretlici ctSJitlti.

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INDICE DEI PASSI

Pro Fo1ll. 6o n. tt, 153; n. 7, 165;


19 n. 23, 171; n, 14, 195; n. 4. 227
De leg. 62 n. 3. 411; n. 82, 449
1, 19 n. 8, 373 66 n. zo, 196; n. 15, 389
~3 n. z8,379 66-69 n. 15, 167; n. 23, 171
~8-J-t n. 39, 381 69-71 n. 15, 402
40-41 ll-39. 381 ]0·87 Il. 23, I]l
54 n. 1, 4u 73-76 n. 15, 402
54 segg. 11.2],433 77 n.:z,172
I Il, 12 ll.Jg,]81 77-78 n. 23, 171
32 n. 39, 381 78 n. 7, 388
JS n.J6, 381 79 n. 4· 566
Pro Ligar. 8o n. 41, 199
21 n. 3, 555 84 n, 8,400
2] ll.J, 555 84-86 n, 10, 195
Lucull.
87 n. 43, 201
449•537 88 n, .p, 226; n. 8, 257; n. 65, 4 79
4 Il. I, 4U
89-90 n. 42, 226; n. rB, 244;
]-8 n. 15,402
IO Il. 22, 221
n. 42,226
II n. 12, 401; n. q, 4o1;
91•95 0.42, 226
n. 1, •11 1 ; n. 2, 411 92•95 n. 10,401
12 n. 24, 433 93-9.5 n. 16,259
95·98 n.42, 226
IJ·16 D. 4• 414
15 n. 12, 166
98 n. 1, 215; n. 2, 227; n. 4· 390
16 n.6, 208; n. 9, 212; n. 15, :!29; 99 n. 16, 157
n. II, 389; n. 12. 389; n. 15, 389
102 n. 15,402
n. 7, 388; n. 12,401
IOZ-IOJ n.4:z, zz6
17
102-104 n. 4• 390
17·18 n. 15, 40~; n. 14, 414
J8 n. 16,157: n. 15,-102 104 n. 21, zzo; n. 42, 226;
19-22 n. 14, •fl4
n.6, 385
22 n. 48,-142 108 n. 16, 157; n. 19, 678
2J·26 n. 14, 4'4 III n.6,4oo; n. 15,402;
27-29 n. 14, 414 n. 2, 411
JO n.48,442 IJ4·128 0.42,226
Jl n. 23, 171 IJ4•146 n, 12,544
JI·J2 Il ...p, 226 Jl6 n. 42, :z:z6; n. 8,257
J2 n. 12, 218; n. 15,402 120 n.5,299
IZD-12;1 0 ... 2,226
n. 74--t-18; n. 1,541; n. II, 556
J2·J6 n. 14, 414 121 n. 56,443
122 n. 8,678
33-34 n. 4· 115 n.B,678
n. 15,402 124
34 n. 8.678
n. 66, 446 127
37 n. 8, 279
n. 14, 414 130
37•39
38 n. 14, 195: n. ·z8, 198 IJI nn. S e g, 364; n. 34· 438
n. 22, 185 135 n. :z8, r 4 s
39'49 n. 1, 230
41 n. 13, 195 lJ7
42 n. 4], 199: n. p, H6 13]-138 n. 5,415
43"44 n. 14, 4l.J 138-139 n. 33. 224; n.42, zz6;
n. 15, .j02 n. 1. 362
44
-47•48 n.n.:aS 139 n. 2,387
48 n.6, 241 145 n. 68, 446
49 n. 259: n.6, 140
I~
qS n. 42, 226
49'54 n. 14, ·P4 Dl! nul. deor.
52 n. 23, 171 1, 5 n.zo,3:21
54 n. 42, 226 6 n. 4, 414; n. 41,468
57 n.B, 400 16 n. 3· 4tl
59 n. 15, 167; n. 23, nr; 25 n. 188, 519
n. ~ 17l; n.21, 220 J6·41 n, 1, 264

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INDICE DEI PASSI

46 n.:z6, 282 71 0.4,227


57-124 passim 264-274 147 n. 4• 227
62 n. 77, 293 Par11d. Stoic.
6) n. 24, 3o6 4 n.228,5]I
70 n. 145. 506 Pari. oral.
72 n. 18, 66; n. J, 92 25 n. J, 449
76 n. 26,282
D~ pet. cons.
87 n. 19, 282
3 n.64, 335
104 n.:z4, 197 Philipp. III.
II, 16 n. 13, 298 16
n. 66, rr n. 1Jo, 501
25-33
26 n. 41,440 Ad Quinl. fratr.
66 n. 88,295 1. 1, J n.J, 555
67 n. 87, 295 Top.
92 n. 42,440 3 n. 191, 520
6-R 416-417
I I]-1 14 n. 14, 298
I 18 segg. n. 189,520 )O n.46,442
III, 6 n.:z, 299 Tuse. disp.
n. J, 296 I, 14 n. 140,505
7•19 20 n.226,530
21-26 296-299
n. :zg, 283 21 n. 205,523
43 segg.
65 segg. Jl.1II,.f96 JS n.4, 154
65-93 299•)06
.fO 0.41,440
5s n.46.44~
93 n. 1, 317
59 n. 12, 389; n. 2, 391;
De of!. n. J, 456; n. 25,406
1. 6 99 79 D-44,286
109 n. 27, 421 97 n. 48,44:z
111, 54 n. 24,377 lo6 n. 129, soo
8g Jl.24.377 liS n. 225,530
89 segg. n. 25, 378 II. 9 n. 48,442
Orator. I2 n.225,530
9 n.46.442 15 95
10 D. .f6, 442 47 n. 36,381
lii, 27 n. 5,561
Dt oral.
45 n. 25,346
J, Jo-12 192-193
54 371: n. "~· 390
II n. 1, 125 59·60 371
45 n. 4· z:z8; n. 14, 389 IV, 4 n.2z6,5JO
45"47 406-407 5 n. 1,230
46 n. Rz, 449 n.8,430
48 n. 1 r, 430 V 10-II 369-37°
49 n . .J, 228; n. lf)J • .;zo 16 0.3, 298
75 n. 12, 389 21 11.24, 433
84 n. 12, 389 24 n. 223, 529
11, 6z n.21J,5l6 51 n. 27, 421
154 n. 1, 230 8] )70
161 n • .f, 227 85 n. 13, 365
162 n. 8. 373 1o;-ro8 "·4·399
255 n. 33, .JOO II7 n. 1, z!l
258 n. 139, 504 119·120 J68-J6g; n. II, 413
351 n. J, 449 Vf.lrrl'. 428·'149
360 n. 12, 389; D. 2,391; Jo n. 10, 195
n. 25, 46o 12 n. 16, 457
III, 55 n. 12, 407 IJ n. 15, 402
6s n. II, 430 14 "·4· 137
67 D. 16, J.40 15·18 n. q, 414; n. 97, 492
6;-68 l91•19.:! 17 n. 9, 139
68 n.4. 227 19 D.2, 172

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788 INDICE DEI PASSI

24•25 n. 12, 195 423 n. 50,z88


25 0.22'2,529 443 n.so,:z88
3'2 n. ro, 195 471 n. 12,277
33 n.22,235 475 n. 6, 317
34 n. 4· 137 487 n. 35. 371
41 n. 165,513 520 n. 194, 52l
41·42 n. 10, 189 528 "-7. 296
42-43 n. 23, 171 534 n. 6, 317
43 0 -5-4 15 546 n. 6, 317
44 n. 15, 402; n. 20, 46o; 580 "·4],286
0.46, 469 585 n.6,635
45 n. 23, 171; n. 20, 195 596 n. 6, 635
46 n. 16, 140; n. 2, 215; 001 0.43,286
"·4·228 6]0 n. 15,219
54 D. .j, 137 6J2-6J4 n. 7, 296
7°3 n. 12,277
704 n. 12,277
Cleante: 8o6 n.5o, 288; n. 22,638
Stoic. vei. frag. 809-822 D-9. 155
1, 35 11.4,181 828 0 ·94,594
484 n. s. 247 8]6 0 -94,594
529 n. II, 298 945 n. so, 711
954 n, 1, 350
956-958 n. 21,359
elemente Alessandrioo: 988 n. J4, 195
994 n. 15,219
Str om. JOII n. 10,298
1, JOI b n. 14.365 1012 n. 13,298
415 c n. 8, 364; n.so,710 1067 "·43,286
VII, 9 D.J6,68J JI89 8.24·48
II9:l n. 1, 348
1206 n. 27,346
Crisippo: 1209 n. 11, 318
Staic. vei. frag. III, 21 n.231, 532
II, 13 n. 15.219 44 n. II, 365
15 n. 14,250 70 n. 17,277
35 n. 42,582 86 n.5o,38g
59 0.9,248 1J9 n. •7· 277
62 n. 19,339 159 D-37,371
65 n. 15, 219; n •• a. 251 169 n. 16, 196; n.24, 197
69 n. 18, 251 •n n. 16, 196
71•75 n. 13, 195 4 14 n. t8,3o4
74 n. 16, 195 475 n. 6, 317
125 0.42.582 534 n. 6, 317
154 0,32,108 546 n. 6, 317
201 n. 15, 219 604-610 n.23,344
227·228 n. 17, 195 662 n. 14.304; n.6S,s87
228 n. 15, 219 668 n. 14.304; n.68,587
229 a n. 15. 219 743-746 n. 1::4,604
258 0.30,250 10IJ n. 6, 317
266 n. 8, 619 1212 n. 6, 317
269 n. 32,682
271 n. 15,219
276 n. 17, 200 Critolao:
304 n. 194.521
346 n. 36. 683; n.so.710 fr. 16 Wehrli n. 14,365
397 n.6,635 fr. 32 Wchrli n. I, 391
413 n.47, 288 fr. 34 Wehrli n.I, 391

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INDICE DEJ PASSI

D 19 n. 1,207
David: 34 I26
11, 6 130
Scl1ol. ad Arisl. Cal. 8 n. 2oo, 5:21
22-28 n, 6, 126 10 0.20,251
14 0.24·460
Demetrio Falereo: 19 ljl
fr. t68 Wehrli n. 64, 335 51 n. 6, 264
5.5 1]]
Democrito: 6o D. 44, 131
6z 0.44,131
68 a A Diels-Kra.nz n. 5, 6o6 64 n. 14,389; n.26,4()o
36 Diels-Kranz n. II, 64 66 I]I
74 Diels-Kranz 273 67 D.40, 178
8o-81 Diels-J{ram: 482 74·75 D.40, 178
II4 Diels-I{ranz n. 5,6o6 83 n. S, 212
137 Diels-Kran.z 340 85-86 D. 44, IlO
138 Diels-Kranz n. ], 317 8() D. IO], 493
169 Diels-Kranz ]68; 92 n. 4. 167; n. 116, 497
D. 142,90 97 n. 28, 435
B 4 Diels-Kranz 0.142,90 105 n. ]2, I]O
17 Diels-Kranz 70 106 n. 27, 175: n. 214, 526
18 Diels-Kranz 71 107 130
124 Diels-Kranz n. 7. 670 108 o. 14,258; n. 20, 251;
0.142, sos
Dicearco: J~IIO n. 102, 493
fr. 8 a Wehrli 63.5 126 129; n. s. 172
fr. 8 f Wehrli n. 205, 523 127 n. 37, 177
f:r. 17 Webrli 349 127 segg. n. 26, 175
III, 4 o. 1, 148
Diodoro Crono: 4-5 n. to, 126
Test. 76 Doring O, ]OI, 493 7 126; n. 8, 6,5()
Test. 122-125 Di'>ring o. n7. 85 31 n. ], 172
Test. 130-143 Durlng o. 10,401 49 segg. n. 3, 142
Test. 132 A Doring 351 s6 0.32,436
Test. 141 Doring 11. 2, 405
IV, 1 n. 4• 137; D. 1, 149
Test. 142 Doring "·4.405 3 n.2, 149; n.6, 189
6 n.31, 187
Diodoro peripatetieo : 13 o.2J6,SJ4
14 0.2,149
Test. 4 g Wchrli 18 n. 2, 142
Test. 6 Wchrli 2I n. 4. 149
22 n. 6, 172
Diodoro Siculo: 24 0.2,191
li, 4 D. 55,288 2() o. 3, 149
XX, 3 0.29,187 27 n. 8, 53; n. 4. 149;
0.225,532
Diogene di Babilonia: 28-45 171-181
St(liC. uet. Jrag. 29 n. 14, ISI

III, 7 29·]0 o. 5, 106


n. 2, 231 ]O n, 8, tSr; n. 1~ 207
]6 u. 58. 33-'~
30-31 "·5· 125
39 n. 17, 277 n. 3, 115; n.4, tt6;
42 n. 37. 371 33
n. 16, I:w; n.2. 164:
n. !1, 181
Diogene Laerzio: n. 16, 12o
34
Pl1ilos. vitae. 37 n. 27, 129
1, 14 n. 1, 207 J8 n.4. 207

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790 I!IIDICE DEI PASSI

42 n. 16, 120 46 n. 90,491


52 n. 19, t85 52 127
59 n. 1, 209 j8 D.9J,492
59-61 20]-:ZO!! 58-6o n. 7, 63; n. 5, 100
6o n. 9, 212 59 n. 14,127
60-6J n.!!, 2JJ 61 n. 5. 58; n. 35, no;
62 n. 1, :n5; n. 2, 215; n.2.121; 0.36, IJO
n. 4· 216; D.3.:ZJJ; 61-108 6)-89
n. 8, 388 62 n.:z2, 106
6:z-66 22]-2)0 6J n. 3 • 5 s
6)-64 n. 18, 236 63 S('gg. n. 19,123
64 n. 5. 2I6; n. J, 382 6o~-65 n. 12, 102
64-65 n. 2 ... t58 65 n. I8, 66; n. 16, 120
67 389-390; n. 6, q; 65·70 n. 13, Io:z
n. 34, IJO: n. 6, 2I6 66 n. 34, Ilo
69 0.7. 20] 68 D. 21, 124
V, II IJO 69 n. 16, no; n. 5. 556
VI, IJ D.-14,582 69·70 n. 1,90
IS 127 ]O n, 1),6]5
Rs ..-cgg. D. 2, I!SI 71-73 n. 7. 100
Vll, 2 n. 8. 155: n. 100,493 71-74 0 ·95,492

2-4 n. 2, 1l1I 72 n. 74. 448; n.46, 469


•5 127 7 2 •74 0.4,90; D. 50,148
16 128 73 n. 15, 196
74 D. I2], 86; n. 20, 196;
40 n. 2-11, 534
45 "·37.-!66 n.40,467
50 n.3o,461 74·76 n. 9, 100
Sl n. 16.:zso 75 n.40,467
6o D. 135, 502 ]6 n. 29, 108
68 0.241.534 78 n. 19,106
69 n. 15, 219 79·80 n.:z.565
n. I5,219 8o-81 n.6,566
75
76 D. I2, 544
8I n. 1,565
84 n. 24I, 534 82 n.7,566
8] n. II, 365 83-84 n. 14,375; n. 13,570
88 n. 24I, 534 84-85 n. II, 569
92 n. 4. 277 85-86 n.8,j68
134 n. J6, 439 86 n. 4. 566; n. 9. s68
IJ7 D. 42, -HO 8] 0.1,565
149 n. 2.337 87-88 n. 10, s68
150 D.H.HI 88-89 n. I, 643; n. 1, 646
I60-I64 D. 18, 1]2 97-99 n. 5,624
16I IJJ 102 n. :ZI, 124
164 n. 17,457 103 n. 9. 449; n. 40, 467
166 n.87, 490 105 IJJ: n. 10, u8;
166-167 D. 51, IJI n. 8, 543
170 u8; n. 28, 129 106 n.Ig, Io6; n. 3, 172;
171 n. 4 s. 179 n. 1, 555: n. 1, 643;
18] n. 4,205; n.J. 228 n. 8, 671.
196 n. 14, 250 107 n. 29. sso; n. 1, 6)2
(97 ll. 137.504 109 n. 17, 66; n. 23, 86;
199·200 n.11,219 n. 38, Iro; n. 1,115
VIII, 67 IJI I09-II5 n. 36,69
IX, 6 H9 JDg-116 l.!I-125
20 n.g, 449 III n. 9. 118
2] 126 112 n. t6, 120
25 u6 IIJ n. 5, 116
40 I:lj 115-II6 n. 8, 117

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INDICE DEI PASSI 791
116 D. 1, 555; h. 1,556; A ren.
n. 12, 557; n. 1, 643: fr. 5 Warmington 479
n. 14, 675 6 Warmington 500
u8 n. 8,92; n. 22,699 174 Warmington 337
X, :z IJ2 175-6 Warmington 338
7 n. 37. 69: n. IJ, 270; 454 Wo.rmington 329
n.5,382 546 Warmington 297
7-8 n. 18, 66; n. J, 92; Com. ;",,
n. IJ,7.70 fr. 427 Warmington 343
8 n. 20,66 Epicharm.
9 n. 26, 158; n. Ij.J89 lr. 1 Wannington 479
13 n. IJ,270 Ipllig.
14 n. 12, 270; n. 13, 270; fr. 206-9 Warmington 325
n. 3 1 • 755 Telam.
15 n. IJ,355 fr. 328-9 Warmington 349
15 segg. n. q6, 504 Trag. inc.
18 n. 6, 382 fr. 330 Warmington
23 n. 5, 382
32 0.41,198 Epicarmo:
92 n. 116,496
fr. 145 Ahr. n. 40, uo
Diooisio eli Alicamasso :
Rom. ani. Epicuro:
I, 38 n. 72,293 Ad Herod.
III, 70 n. 48,329 Sl-52 D. 41, 198
Ad M~n.
Ps. Dioscoride : n8-IJ2 n. 122, 86
II, 42 Sprengel n. 7, 671 lr. 114 Usener n. 4· 92
lr. 227 Usener n. 1, 92
Doaato: fr. 239 Usener n. 4• 191
lr. 244 Usener n. 2, 609
In Tu. Eunuch. lr. 246 Usener n. IJS, 118
III, 5. 12 O. 128,500 lr. 251 Usener n. 44· 201;
n. 52, 201: n. 41, 198
fr. 253 Usener n. 41, 199
E fr. 254 Uscner 199
Eliano: fr. 342 Usener n. 29, 198
fr. 31iR Usencr n. 29, 198
1-'ar. hist. fr. 393 Uscncr n. Ilo, 497
2, 41 D. II, 209 fr. 4t1 Usencr n. 10, 195;
3. 17, 14 n. I, ·ZJO n.25, 197;n.z~ 197
li, 41 n. 11, 205 lr. 420 Usener n. JZ, 198
12, 18 n.84, 295 lr. 436 Usener 382
IJ, 15 n. 4. 100 fr. 499 Usener n. 95
1,
fr. szS Usener n. 31, 198
Empedocle:
31 A 1,3 Dicls-Kranz n. 6, 669 Epifimio:
86 Dicls-Kranz n. 50, 584
B 2, 5 Dids-Kranz 71 Adr•. hacres.
2, 7 Dicls-Kranz 71 III, z, 9 n. 4. 100
6o Dids-Kranz 198 29•30 n. 4, ZH
61 Dicls-luauz 198
Epitteto:
Ennio: Diatrib.
Alcm. II, 18, 18 D. I]7,504
fr. JO·J6 Warmington jOI 19, 7 n.:z41,534
37 \Vannington 480 l'J, ~~ D.7, 350

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792 INDICE DEI PASSI

Eraclito: Eubalide:
22 A 1 Diels-Kranz n. 50,582 Test. 64 Doriog o.s. ]08
1 a Dicls-Kraoz 0.48,287
3 a Diels-Kranz 0.48,287 Euclide di Megara:
B 10 Diels-Kranz o. 50,582
Test. 8 Doring n. 32, 130
47 Diels-Kranz 71
Eudosso:
Eratostene:
fr. 14 Gisinger
fr_ 23 Jacoby 0.26,66 15 Brandis

Erillo: Euripide:
Stoic. vct. frag. Alcest.
I, 361 n. 12, 100 1008 secg. 0.31,254
411 n. t:z, 100 A••dromed.
412 n. 12, 100 fr. 129 Nauck•
fr. 132 Nauck1
Ermia: Bacch.
1043 segg. n. 14, 153
1 rris. g~nt. phitos. Electr.
25 n. 14, 233 944 147
Helen.
Ermippo: 528-596 n. 32, 254; n. 18, 244
Here. jur.
fr. 44 Jacoby t8o
969 n. 5· 257
982 segg. o. 132, 501
Erodoto: lphig. Taur.
I, 46 scgg. n. 6, 247 288-290 198
91 n.3,337 Hypsip.
II, ll3 n.66, 291 fr. 757 Nauck 371
III, 46 n. 5, 392 Med.
IV, 103 n. ll5, 602 1206 segg. n. 82, 295
173 0.5]. 584 Orest.
VI, 52 o. 73,479 264 o. 13, 242; o. 22, 252;
59 o. 59, 332 0.25,253
Phoen.
499-500 5s6
Eroziano: ssa 147
fr. 77 Deichgraber o. S, 671 s.,ppl.
164 Deichgraber n. 8, 671 734-736 70
311 Deichgrăber n. 8, 671 903 n. 12, ISI
Tcleph.
fr. 714 Nauck
Eschine: Trag. i'Jicert.
Adv. Ctesipl!. fr. 638 Nauck 1
130 0.10,339 fr. 976 Nauck1
193 395
Eusebio:
Esicbio: Pnup. evang.
55, p. 42, 10 Floch n. 9, 126 XI. 510 0.6,100
XIV, 3, 7 n.6,264
4· 15 0.2,390
Esiodo: s-6 t81-187
op. 4 2 n.s. 148 6, 9 "·57.444
277 394 ], 1-15 :zoS-212
278 394 ]-8 232-237
Theog. 123 segg. n.]], 293 8 n. :z8, 222; o. 4· 231

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INDICE DEI PASSI 793
8, 17 n. 16, 120 De somn.
8, 19 D.l6, 120 I. 21-24 n. 11, 561
8, 28 n.16, 120 Quod Deus.
9. 1·3 403 173 segg. n. 7• 561
9. 4 4 14
17·18 n. 21, 66 Filostrato :
17, ID-I8, 32 100-110
n. z, 191
Apoll. vita.
18·19
18, 4 0.29,550
I, 14-16 "·45.582
20 n. 46,582
18, Jl D. 12, 544
18, 14 n. ), UI II, 4 n. 13, 181
18, 27
III, 10-51 n. 8, 131
0 ... ,63
18, z8 n. 1,541 26-32 n. 15,66
VII, 2 n.25,66
19 O. 36, 130
19, 4 n. 1, 635 VIII, 7 n. 18, 270
Soph. vitae.
19, 5 0.93,492 J, procm. n. 16, 127
27, 4 n. 12,692
4 D. 4• 131
XV, 9, 23 n.zo, 185
(v. Aristocle e Numenio)
8 n.z6, 106; n. 8,656
10 0.37• 130

F Fozio:
Favorino: Bibliol.
212, 169 b-171 a 555•559
Fr. 3 Barigazai 6s8: n. 13, 662 16g b 35-170 b 2 n. 133,88
Fr. 26 Barigazzi n.86,78 170 a 14 segg. n. 12,413
Fr. 27 Barigazzi n. 26, 106 b 12-18 n. z. 612
Fr. 67 Barigazzi :zzS; n. 18, 236 b 1]·22 n. 1, 621
b 22-35 n. I, 632
Fedone:
Tes. 8 Di.iring n. 32, 129
G
Ferecide:
7A 2 Diels-Kranz n. 4• 1 54
Galeno:
4 Dicls-Kranz n. 4• 154 AdhiJrl. ad arles addisc.
5 Diels-Kranz. D.f, 154 5 Q, 2, 668
6 Dicls-Kranz D.f, 154 Ars med.
7 a Dicls-Kranz D-4· 154 37 n. 4· 734
De compos. mtd.
Filarco: Kiihn, XIII, 366, 2 n. 6o, 714
De cur. mclh.
fr. 67 Jacoby
1, 1 n. 9, 673
2 n. g, 673; n. 21, 679
Filone Ebreo : 4 n. 16,676
De C/ler. 7 n. 9. 673
114 9 n. 9. 673; n. r6, 676
De l'brîet. II, 6 n. r6, 676
170-205 n.12, 544 III, 2 n. 9. 673
171•175 n. 71, 7+ 7 n. 9, 673; n. 16, 676
175-177 n. 72 • 74 VI, 1 n. 16, 676
178-18o n, 75· 74 X, 169 n. 250, 584
181-18] n.82, 76 XIII, r8 n. 21, 679
186-tSS n.88, 8o In Hippocr. de vir.l. morb. acut. comm.
189 segg. n. 83, 78 1, 8 n. 28, 755
x8g-1go n. 81, 76 Ad Hippocr. epicl.
19]·197 n. 77, 75 VI, 128
De Iosepho. De Hippocr. t'/ Plat. dccr.
12 5-147 V, s. 165 n. 15, 219

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794 INDlCE DEI PASSl

In Hippacr. prag. Giamblico:


I(D.hn XVIII. D 26 11.]2,682
De mysl.
Hisl. philos. II, ro n.g,63
3 n. 3, U5 V, 25 n.g,63
Iust. log. Pylh. vila.
J{albfieisch 18. il n. 12, 544 6o-62 n. 2, 126
De libr. prop.
2 n. 4· 734
Il n. 7, 656 1
De opt. doctr.
1, n.6,656 Iceta:
Il, 45 11.9.97 50, 1 Dicls-Kranz 522
passim n. z6, roS
Scripta minora.
H~lmreich leronimo:
De Ase!. dnctr. fr. 6 Wel!.rli 179
n. qs. 2 n. 40, 75S fr. 7 Wehrli n. 12, 127
Trasyb. III, 71, llJ n. 32, 755 fr. 9 c Wehrli 527
De seclis. ]06-]JI fr. 30 Webrli n.8,364
1 n. J. 669; Il. 13, ]IO
6 Il. li, 61l7 Indice ercol.anese dei filosofi ac4
7 n. 2, 686
8 n. s. 714
cademici:
po.ssim n.17,243; n. '4· ss8 Col. Il, 33 n. 1, 148
De $Ubj. emp. 731•759 VI, 15 n.25, 66
3 11 • 44· 717 28 n. 1, 148
4 n. 47, 7oll 41 n. 2, 148
5 n. ]O, 681 XIV, n segg. n. J, 399
6 30, 681 Il, r6 n. 1, 403
7 n. 30. 682; n. 46. 7oS; XVIII, 1 Il. 15, 403
n. Il, 674 XX, segg.
1 11.5. 205
8 n. 22, 679; n . .S9. 714 7 segg. n.45, 178
rz (88, 4 Deich.) n. 11,674 XXI. 37 segg. n. 1,207
XXll, 1 segg. n. 6, 216
JG-35 n. 1,230
Ps. Galeno: xxm. 4 n. 11,389
lsag. XXV, 1 n. 1, 390; n. z, 390
n. 2. 686 4 n. J, 215
4 8 n. 3,215; n.
1, 387
II n. 1,387
Gellio: 15 n. J, 399; n. 1, 403
42 n. 1, 387
Noei. ati. XXVI, 3 n. 1, 387
1, 9 n. 7, 296 XXVII, 1 segg. n. 2, 205;
20 n. 179,519 n. 5, 205
111, 5 11.41,178 1·15 n.5,209
1J, 4 129 3 n. 10, 209
IV, q, 1:1 n.S, 217 n. 8, 212
9
VI, 14, 8-19 n. I, 230 XXVIII, 1 n . .), 205
XI, 5, 1-8 n.g,6s6 XXJX, 4 n. 8, 212
9, 1 n. 86, 78 XXX. 4 n. IJ, 389
XIV, t 6s8-66s; n. g, 63 8 n. 1, 387
XVII, 21, 46-48 n. 1, 230 XXXIII, 3 n. 1, 399
XVIII, 2 n. 142, 505 n.z, 399;
4 scgg.
n. r, 403
JJ n. 3· 399
Genesi: 15 n. J, 399; n. 1,403
XII, 31, 35 n. 19.568 18 n. I, 399

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INDICE DEJ PASSI 795
XXXTV-XXXVI n. 1, 411 Ps. Longino:
XXXIV, 5 segg. n. 23, rs8
De sublim.
XXXVI, 2 n. 12, 31'19 XLIV n. q, 270
4-8 n. 4, 148
15 scgg. "·4· 7. 0 7
Luciano:
Bis accus.
Indice el"colanese dei 61oso6. stoici: passim 0.9,393
Col. LXXXVJTI n.85,490 De dea Syra.
14 n. 14, zS8
Dtmon.
Ione di Cbio : 12 n.8,656
fr. 63 Nauck 392 Eut1ucll.
7 n. 8, 6s6
Jlit. auei.
Ippoctate: 22 n. 14, 258
Epid. fr. 7 n.8,64
I, 23 n. zS, 706
Progn. Ps. Luciano:
2 n. 16, 741 Amor.
53 n.25, 106
MaCf'l,b.
28 n. 15, 228
L
Lattan%io: Lucilio:
Epitom. 35 \Varmington 373
50 [55], 5-8 374 370-371 Warmington 266
Insi. div. Il]S-t qt \\'anningtun 266
11, ],2 n. 1, 299 1207 \Vanninb>ton 375
7 n. 48, 329
R n.j, JOR Lucrezio:
Jll, 14, 24 n. z, •!25
23 n. zo, 446 De rer. nal.
V, q, 3-5 1, (Y-!•72 n. 24,66
373
16, 2-4 Il, 216 segg. n. 17., 355
375
16, 5-13 216·220 n. 47, :zor
377
VI, 6-9 8or "·4·566
379
19 e 23 375 III, 1-JO n. 24,66
VII, 7• 9 n. 16, 271 136 segg. n.sr. 288
D~ ira Dei. IV, 385 segg. n. 115,497
XIII, 9-12 n.5.299 ]88 n. 81, 592
2D-2l n. 6, 299 428 segg. n. 88, 594
465 segg. n. 109, 495
V, I n. 24. 66
Leucippo: 195 segg. n. IQl, 5:.10
21 A 49 Dids-Kranz 100 VI, 1--!2 n.24,66
fq A 8 Diels-Kranz n. 186. szo
M
Liviu: Macrobio:
I, 16 n. 25. 121 Sal11rn.
36 0.40, 329 1, 5. 13 n. 1, 230
43 n.sS.o18S
VII, z8, 4 n. 79. 293
XXII. 3 n. 19, 317 Massimo di Tiro :
XXIV, 8, 6 n. 41, 327 X, 3 n. 1, 390
XXVI. 27 Il. 86, 490 fr. 5 Hobein n. II, 657

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INDICE DEI PASSI

Matteo: II, 52 229


Evang. 114 n. 14, 144
247 n. 26, 129
4· 2 5· 54 n. 143, go
ljO 196
Melisso: 338 n. l], 568
444 229
30 A 9 Diels-Kranz n. r8],5I9 111, 196 n. 21, 129
IV, 341 n. 1, 125
Meoandro: 446"451 184
Hypob. 472 184
V, 8 5 -86 n. tr, 182
3 n. to, rSr
VI, 146 6]
fr. 518 Kock 592 181 n. ti!, 174; n. 8, 181
407 n.3, 228
Menedemo: VII, 206 403
Test 26 a Doring VIII, 32 n. ]o 126
94 403
Menodoto: 415 n. 7, n6
fr. 4 jacoby
IX. 236 329
x. 8 186
XJ, 893 n. 1, 687
Metrodoro di Cbio: XIV, 201 6o3
69 A 2 Diels-1\ran.z: lOD 216 n. 3· 126
216·217 147
Minacio Felice : XV, IS]-189 283
Oclav. 679 n. 15, 127
XVI, 402 segg. n. 22, 317
V, 7-9 n. J, 299
459 6os
XVlli, ror-ro:z 256
N II7 n. 6r, 291
XX, 24il-5o 71
Nansi&.ne: XXI, Io6-107 68
75 A 1 Diels-Kranz n. 6r, 755 Od.
II, 8 229
Nessa: 268 228
71 Diels-Kranz IOD
401 2:28
IV, 384 228
X, 425 604
Nu.m.enio: XI, 6or-6o:z n. 62, 291
fr. 3, I I des Places n. 8, 233 XIV, 228 585,633
fr. 24 des Places 148-153 XVII, JOO D.J2,58I
fr. 25 des Places 18r-r87 XIX, 179 n. 3. 126
fr. 25, 76 n. 17, 236 XXI, 364 n. 35,69
fr. 26 des Places 208-212
fr. :z6, 103-27 des Places 232-237 Omero di Bisanzio:
fr. 27 des Places n. ro, 207
fr. 27, 6-13 des Placcs n. 4. 231 Test. S Snell 123
fr. 27. 24 des Places n. 28, 222
fr. 28 des Places 403; 414; Orazio:
n.s.
399 Carm.
I, 1. 3 n. 59o s84
o III, 5. I·~ n. 24, 322
Serm.
Omero: l, 2, 47 n. 91,491
Il. J, JS n. 83,566
I, 43 segg. n. 2, 687 Epist.
225 n. 27, 129 I, 2, 69·70 n.2, 382
263 n. r, 125 4· 16 n. 22, 158

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INDICE DEI PASSI 797
Orfeo: 458 e o. 13, 219
fr. 292 Kerm 463 b n. :u, 379
393 464 b-465 c D.29, )89
Ovidio: 479 c n. 13,219
483 a segg. n. q, 26g
Fllsl. 483 b n. 22, 6oo
l, 638 n. 79,293 485 d n. 26,421
IV, 8og segg. n. 66,332 492 e n. 52, 71
~!etam. 523 a n. 1, 137
xv. ss8-s59 n. 49,329 529e n. 52, 71
Legg.
687e n. II, 657
p 714 f 0.)],]80
896 a n.8,299
Papiro Louvre: Phaed.
6tb-c n. t, 137
inv. 7733 Ro n. Bz, 74 70b n. 1, 137
Bt d n. 1, 137
Parm.enide : 84 a n. 139,504
28 A 35 Diels- Kranz n. 185, 519 90 b-e n. 47,441
B 17 Diels-Kranz n. s. 116 91 b 0.42,468
Phaedr.
Paosania: 267 a n. 17,66
Perieg. Graec. 279 b n. II, 657
I, u, 8 Polii.
n. 39, 131 n. I, 137
VI, 24, 5 277 d
n. 1, 63 n.22, 236
VII, n 279 d
n. 1, 230; n. J, 231 Pret.
IX, 35, 7 Il. ]9. 131
313 a n. 1, 66g
316C D.22, 236
Piadaro: Resp.
OI. 336 f D.4,373
1, 1 scgg. o. 107, 6oo 348 c scgg. o. 15,375
fr. z.p Boeclili sB5 358 C•J6oC o. II, 374
358 e-359 a n. 23,377
Pitagorici : 361 f o. 1, 371
380 d segg. o. 14, 144
58 B passim Diels-Kraoz n. 202, 4-46 439 d segg. n. 206,523
458 d o. 26, rg8
Platane: S~h.
Alcib. sec. 218 c n. 15, 741
q8 a segg. n. II, 657 Theaet.
Apoi. 152 a sem;:. o. 105, 8z
21 a 0.28, 92 156 c-157 a n.]6.439
23 a n.z8,gz 171 a n.6,6o6
29 d n. 1, 669 18oa n. 15, 15]; n. ]2. 187
30 d n. 1. 669 Tim.
Charm. 27 d n. 18, IH; n. 8, 165
163 a n. 15, 741 z!l b n.38,439
Conv. 29 c-d n. 1, 137
198 c n. 10, 195 29 d segg. n. J, 277
Euthyd. JI b n. 38.439
286 b-c n.6, 6o6 47 e n. 17, <!31
Euthyp/1r. so b n.43,441
14 a n. II, 657 51 a n. 43. 441
Gorg. SI e n. 13, 219
449b n. 17, 66 52 b n. 37.439
456 b segg. n. zt. 68z 6-t d o. 1:!, 269

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INDICE DEI PASSI

n. ro, 277 An recte dic. sit.


n. 5, 6gr II28b n. 5. 382
An se ni sit ger. rc.<p.
Ps. Platane : IJ n. 14, 389
A popht. lac.
Def. :200 f n.j, 452
411 e n. 37. 579 2JI d 11-4·391
414 n.J], 466 2]2 d n. 4· 391
Epinom. 233 d 11-4· 391
981 c-984 a De attd. pod.
17 e 11. 47• ]O
Platone comico: Brut. vita.
:!, 2, 984 c
fr. 220 1\:ock Cat. vila.
22·.23 zJo-232; n. 35, :225
Plauto: :H, 2 n. 8, 244
Ault•l. 23 n. r, 372
55·56
Cic. vita.
3 11.4.399
4 n. r, 4ll
Plinio: 4. 1 scgg. 0 ·4•414
Nat. /list. 40 11.4 • .f40
1, 20, 119 n.S, 589 De col1ib. ira.
Il, 4 n.S, 318 461 d 11. 33, 178
~1 n.9, 318 463 Ll n. r, 382
VI, 34 n. 61, 1:26 Adv. Col.
VII, 21, ss n. I9.1. 52I naS b 11.2,92
JO n.l, 230 III6 e 11.2,92
51 n. 10, 243 III!! a·b n. 23, 195
8') n. I 14, 496 1120 c-d I9J·194
89 11.3.449
Df
II2I C·II24 b
COIHIII. no!.
194·201
XI, 76 n. 7,317
219 n. 7,670 11. ro6t b-c n. 25,368
XVJ. 7-f n. ro, 318 23•24 n. 1,364
XVIII, 30 n. l.f, 339 26·27 n. 1, 364
S7 11.]0,346 26. 1071 c n. II, 365
XXI, 174 Il. 8, 6]1 50, 1085 ~ n.]8,44o
xxn. 95 n. 8, 671 Consol. a.d Apoll.
XXV, 21 segg. n. 97, 594 3, IOZ a
XXXV, 32 n. 39, 130 De dtjut. orac.
XXXVI, 6, 44 n. 193, 521 419 b-c 11.9.337
XXXVII, 4 n. 32, 318 Demosth. ••i/a,
II

Plotino: Dion. 1•ita.


17 127
Ent1. De E apud Ddpll.
1, 2, I n. 6. 153 18, 392 e n. J, s6r; 11. IZ, 545
De garrul.
Plutarco: 513 C·Ll n.6, 228
De Alex. for/it. a11 for/un. 514 d n.6, 236
328 a n. 16, 230 Lucu/1. L·ila.
328 a-b n. 16, 174 28, 8, 51I b n. 1, 411
328 c n. 3. 390 37· 2 n.6, 449
331 e n.4, 95 42, 3. 519 f-520 a D,4, 414
Alex. vita. Lyc11rg. vita.
64 n.S,6J li n. 4· 391
65 n.8,6J Cotatra Epir. heai.
li<) n.8,63 ro89 c ]82

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INDICE DEI PASSI 799
1086 c 1:1.2,92 In Plat. Tim. comm.
1097 d-e D-5· 382 I, 1 a segg. n. 24, 129
Num. 11ita.
8 126 Protagora:
Pericl. vita.
Bo A 2 Diels-Kranz n. 6, 270
4 n. 6, u6
Quaf.rl. conv. 3 Diels-Kranz n. 6, 270
12 Diels-Kranz n, 6, 270
III, 1 n ..p, 178
n. 1, 125
13 Diels-l{ranz n. 6, 270
V, 7, 6
VI, 19 Diels-Kranz n. 2, 382
1 n. 42, 178
8o B 4 Diels-Kranz n.3,264
4 n. 50, 181
VIII, 1-2 n. 1, 22.7
Quom. adul. ab am. intern. Q
ss f
63 d n. 31, 175 Quintiliano :
Quom. quis 51105 in viri. prof. Ins/. oral.
75 d n. 15, 258 1, 15 n.24,460
82 f n. 31, 66 II, 9· 1 n. 11,430
De Stoic. rep. 15 n. 6, 407
1036 b n.),22il
17, 15 n.8,J88
1036f n. 15, 219 III, 6, 3 n. 18, 123
1055 f n. 15,219 X, I, 83 D.joj,444
1056b D.J6,68) XI, 2, 26 n. 2, 391
1057 b n.z2, 195 10 n. 10, IJO
De tranq. anim.
470 a
470 e-f
n. 47· 179
382
s
477 b ]82 Seneca:
De luen. san. praec. Epist. ad Luc.
126 a n. 42, 178 1, 6, 6 n. 158, 511
De viri. mor. LXXII, 15 n. 4,307
6, 440 c LXXXVII, 45 n. 40,466
10, 449 C Nal. quaert.
Il, 32 scgg. ll-24,]00
VI, IJ, 1 ll-54o44J
Polibio: VII, 27, S n. 115,497
VI. 5. 7 n. 21, 379
Seoiade:
Porfirio: 81 Diels-Kranz n. J, 6o6
De abstin.
), 2 n. 36, Sso Senocrate:
20 n. 1, 296: n.s. 299 fr. 5 Heilu:e
.J, I ] n. 8, 63
2]-25 n. 2, tz6 Senofime:
21 A 4• 34 Diels-Kranz n. 18-J, 519
Posidooio: 47 Diels-Kranz n. 199. 522
fr. 287 Eddstein-1\..idd D.]l,66 B 10 Diels-l(ranz n. 14, 144
I I Diels-Kranz n. 14, 144
12 Diels-Kranz n. 14, 144
Probo: 23 Dicls-Kranz n. 15. 1o14
Ad Yerg. Ee/. comm. 24 Diels-l{ranz n. 15, 144
VI, 31 n.6, 291 25 Dicls-I<ranz n. 15, 144
z6 Diels-IU'anz n. 15, 144
32, 4 Diels-Kranz 276
Proclo: 34 Diels-Kranz n. r J, 1J9;
In Plat. Remp. comm. n. R, 123
Il, 337 11.9,63 37 Diels-Kranz 70

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8oo INDICE DEI PASSI

Sea.ofonte: 85 0.3,2.96
88 n. 93, 492.
A pol.
90 n. 75, 448; n.89,491
4 n. 28, 433
91 n. 8, 416; n.7,6o6
Mem. 106
1, 1, 6
0.35, 682
0.30,]68
10, 3 n. J, 219
IlO n. 47. 7o; n. 13, 119;
III, 9. 6 n. ~zzB, 531 n.8, 122; 0-9~492
ttO·tl4 n. 5, n6
III 0.],296
Sesto Empirico: U4 n.]4,.5.53
12.0·125 n. 76,448
Ad11. eth. rz6 segg. n. 1,6].5
1 133 129 0.22,638
20 133 139 n.92,492
21-.p n. ro, 97 141•144 n.s. 142
25 n. 30, 682 141•149 144•146
42 n.JO, 682 I4J•I44 n. 8, 16.5
42•44 n. 29, 55o; 633 14]•149 o. 7, 189
42 segg. n. 120, as 15o-157 n. 20, 170
50 n.5,612 150·159 189-192
50-6o n.4,364 151 n.6g,448
51·59 q6-148 153-157 n.83,488
69 n. 59. 444 157 n. 15, 167
141 129 159-164 n. n, 217
147 0.],92 159·189 239-247; n. 19,236
158-16x n. 142, Sg 161 0.]5.463
161 o. 142, Sg; n. 28, qS r6z n.6,414
164 13] 164 0,3,256
t68 o. 21, zSx; n. J, 364 165 o. 61, 71.5
I]I 132 166-189 n. 19, n8
172. 128 170 0.22,251
173 segg. 0.36,465 174 n.8,6u
J86 0.37, ]06 17]·1]8 n. 21,220
19D-191 n. 12, 127 180 n. 32,86
192 n. 124,606 184·189 o. 4· 237
216 segg. n. n8, 8.) 190 n.2, 191
224 segg. n. 13,281 rgo-:zoo o.], 415: Jl. IOJ,49J
235-236 n.z8,1o8 192 o. 26, 253
250 segg. n.42,468 195 segg. n. 16, 558
Adv. log. 200 0,43, IlO
I. 9 0.]2,439 201 n. 17, 678
10 IJI 201·202 415•416
23 n. Jo, 681 203 n. 2,6og
27 segg. D. I, 613 20]·226 D, IOJ,8x
29 segg. n. 107,82 213 o.g,619
30 133; n. 24, 198 n. 8, 543 217•226 n. 1,244
3S-4° D. 74,448 227 n. 64,71.5
46 n. 4, go; n. 7, 100 227·260 2-J1·2SS; n. g, 151;
46 segg. D. .J6, 100 n. 19, 195
48 n. 8, 121; n.4. 6o6 237 n. 62., 715
48-52 n. 13, 119 237 segg. n. 1,256
48 segg. 0.20,457 :ZJ8 n.Jo,68:z
50 n. 29,681 243 Jl, IO, 6og
52 D. 8, UI 245 D. 2,256; n. 13,258
53 n. 3, 6o6; n. 4,6o6 252 n. u, 233
6o 0.4,6o6 257 n. r4, 166
6o-64 D.2,6o6 258 n. 32,462
67 n. IJ'l,50I 263 n. 197.448

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INDICE DEI PASSI 8or

263-342 n. toB, 83 145 n. 4· 706


~65 n. 1, 1~5 145-147 D,'Z3,679
300-JIS 616-619 146 n. 92, Sa
JIJ 0.94,594 153 Il. 243. 535
3"23 n. 8, 4rti; n. 7,613 156 segg. n.g,687
327-335 n. 11, 101; n. 5- 329; 159-16[ n. 12, 6s7
n. 66,589 171 segg. D.22 1 221
337 n. u, 6JJ 174 n. 12, 619
343-347 n. 1og, 83 tBt Il.37. 466
345 n. 12,544 t8t segg. D.22,H9
348-353 n. no, 83 t88 n. 8, 416; n. 5. 6tz;
349 n. 1, 6o8; 11.22,638 n. 6, 612; n. 7, 61z
350 n. z2, 638 191 n.2,686
352 n. 32, 6~2 192-202 n. 7, 212
35-1-358 n. 110,83 194 Il. 21, 6]0
359·368 n. no, 83 200-201 n . .,, 706
369-444 n. 71, 447 20[ u. ]. 411
369 segg. n. 40, sBt 2Jt-2IZ n. 15,558
372-373 0.4,247 215 n. 1, 555
373 n. 42, 466 215-222 6tz-6q; n. :zt, 547
]80 n. 8, 416; n. 7, 613 224 11. 12, 544
381-387 n. 19, 195 225-234 n. rs. 558
]88-396 6o5-6o8 227 n. IZ, 544
390 n. tog, 6oo 229 n.JJ, 756
391-395 619-620 2JZ D-33· 756
401-402 n. li, 190 2]-~ n. t, 61:1:
401-421 :1:56-261 2]4•2]8 6q-6r6; n. 21, 547
40hf.35 n.9, 165 2J5 n. Ij, 558
401 segg. n. tt, 233 2]6 n. IJ, 119; n. &, 122
405 segg. D. 1)2, jOI 2H n. 3o, 682
409 scgg. n. 8, 400 246 n. 37,757
414 n. 115,497 273 n. n, 619
435 n. 34.553 275 n. 35, s8o
443 n. u,657 277 n.g,619
48o-481 n.40,541 284-291 n. 31, 107
rr. 1-195 n. 112, 83 :z86 n. ]l, 550
7 n. 8. 416; n. ], 613 287 n. 35.579; n. u, 619
8 n.20,547; n.31, 550 288 n. 18,6]7; n. 12, 734
8-9 6o8-6og 2g8 n. s. 91
9 n. JO, 68z J00-481 D-94,80
12 n. 30,682 J06 n.g2,8o; o. 2],6)2
27 0.23,679 309 n. 92, So; n.zJ,6Jz
34 n. 86,594 314 n. JO, 682
4o-48 n.7.556 322 scgg. 0,3,262
40•5-+ 609-612; 0.19,547; 337 a-347 261-264
n. u, 650 337 a-390 n. ss. 714
87·90 n. 4.92 349-35° 6J5-6J6
IIZ·II7 40-J-405 363 n.s.zo1
129 n.s. 91 372-]78 n.6, 648
133 D, 13, 127 379-39° D.97,80
141 n. lOJ,6oo 383-384 n. 6, 263
I.j1-144 n. 31, 107; n. 7, 212; 396 n. 1o, 687
n. 12, 611 409 segg. n. 22, Z%I
1.41-149 n. 50, 441 454 n. 30,682
141 se-gg. n. 84, 490; 463-469 11.66, 73
n. 54, 7t4; n. 14,650 463-481 Il. I2j, 86
142 segg. n. I, 613 480 0.29, IOi
144-145 n. 27,318 48o-481 n. 6j, 73
:\ , ~
S•· Scdlici a"'ichi.
';.,1.

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Bo2 INDICE DEl PASSI

Adv. math. 1.13 n. 14, 304; 0.46,329


r, h~ n. 10, 430 IJJ-190 274·285
1-6 <)2-94 140 11.1,295
1-8 n.s. 164 142 0.45,286
1 scgg. n . .J7, IJI 152 D.54,289
2-4 n. 18, 66 180 n. 56, 289
4 ll.II,270 182 n. 7o, 291
6 n. 146. S9; n.22.699 195 scgg. 0 • J6, 439

9 n. 1], 650 20]-217 n. n3, 84


9·40 Il. II8, 85 210 n.5,624
20 n. 3, 387 .z18-.227 n. 7, 6u
54•56 n. 50, 132 218-264 623-632; n. 43. 327;
49•56 n.s.93 n. 16, 357; n. 26, 549
68 n. 20, 251 219 n.12,657
190·202 n. H· 710 3II n. 12, 657
20j-209 n. 4'1· 710 318 n. 8,416
217·220 n. H· 710 331-358 0.26,632
241-247 n. 49, 441 337 n. 31,550; n. 15,637
258 n. 6, 6n 359-379 n. 15, 156
1.]2 Il.], 19.1; n. 17, 123 J6J 8, 418; n. 113, 6o1;
280-282 9-1-<JS n. 7, 613
281-282 n. 7- 59: n. 17,123 366 n. 197,522
II, 12 n. 1.391 388-396 n. 27,550
20·43 391-396 II, 6 n. 12, 657
63 ll.I5,243 37·41 6]7-638
95-99 Il. 147· 507 37·168 n. 116,85
111, 1-18 n.gg, 81 48 n.48,]0
2 134 8s·IOI n. 48, 70
6·1] n. 4- 262; n. 6, 65o J42·J43 n. 48, 70
7 n.J2,611z 193-197 n. :1!, 134
20 n.Jo,ti81 215-218 636-637
77-Bz n. 22,630 220 n. 14· 637
96 n. 30, 681 2J2-2JJ n. 31, sso; n. 1, 63s:
IOD n. JO, 681 n. 16,637
IV, 21·34 n. g, 624 237 6]7
V, 1 D.54,]29 3IO·Jso n. q, 84
1-3 n.5,93 310 scgg. n. 119,85
55 11-4.663 318 n. 7,613
80-93 n. 6, 663 Pyrrla. hyp.
81 n. 6o, 333 1, 1--J 141; Il. 3· 54 2
88-89 n.6J,334 1-40 n.5, 187
90·92 n.65. 334 2 n.so. :zot
94 n. 7,664 4 n. 1. 237; n. 22, 679;
105 n. J, 663 n. 1, 686
VI, 42 n. 30, 681 7 go; n. 39, 69; n. 13, 102;
66, 1] .• n. 5. 556; n. 9, 656
Adv. phys. 8 u. 58, 71; n. 2oS, 523
l, 1 390; n. IJ, 387 8-11 9D-92
8 Il. 38, IJI 9 n.58.71
IJ segg. n. J3, -139 10 n. 58. 71; n. 29. !29;
49 n ..H!, 106; n. zo, 195 n. 208,523
49·1)6 n. 1. 277 IJ-15 Il. 2, 635

57 IJO q !1. 5, 71; n. 59. 72;


]8-81 n. 15, 156 ll.40, 466
88-92 n. 11, .z98 15 n. 2, 237
104 n. 1. 295; n. 102, 493 17 n. 129, 87
106-107 D.3.27] Ili n. 7, 92
108 n.-1. 296; n. 102.493 20 n. 13·2, !>S; n.41,468

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INDlCE DEI PASSI

21·22 n.59, 7z 164-179 646-6so


21•24 n. 10, 143; n. 22, 357 164 segg. n. 4,624
2l n. 18, 195; n. 1· 239 165 0.65,589; n. 15. 692
22-25 n.8,239 166 11. 9. 295
22-29 n. 107, ~2 167 n.g8,6oo
23 !>egg. n.2, 237 170 segg. n. 7, 645
25 n. 7,92; n. 4.686 172 n. 6, 262
25-27 n. 140. 89 173 n. 4. 262
25 scgg. n. 3. 188 177 n. ].645
27 D.J, 172 rSo-186 621-623
27 segg. n. 7• 239 n. 24, 547; n. 17, 55~
29 Il. qo, 8g; n. 142, 90; 188 n. 6o, 72
n. 3,637 188-rSg n. <,],JOI
29•30 n. 8,9z 188-191 n. 10, 143; n. 2. 5.U
JO n. 7,92 188-209 n. 12], a,; n. g, 101
31 n. 58, 71 190 n. 58, 71; n. zoS, 523
33 n. 89, 491 191 n. 64, 72
H n. 169,514 192 D.42. 198
36-163 573-615 192·193 D. 17, IOJ
36 segg. n. 12. 544; n. 8, 646 196 n.58, 71; n. 99,6oo
38 n. 3. s66 197 n. 59, 72; n. 16, 103;
38-39 n. 15,546 D. 39,466; 0.34.553;
40•78 n. 71, 74; n.2,566 n. 8, 556; n. 6, 686;
H n.8,613 n. 56. 714
54 n. 18, 144 198 n.62,479
57 0.21,251 rg8-2o2 n. 61, 77.
6o n. S(•, 594 202·205 n. 6s. 73
62 n. 86,594 20J n.gg, 6oo
70 n.5. 6/l6 20-j. 0.20,106
79-89 n. 72. 75; n.~
566 205 n. 7,92
85-89 n. 15,734 206 n.29, 107
86 n. 3, 681 :zo6-2o9 o. 6-J, 72
9D-99 "·74·75: n.r,566 207 n. 6,686
91 n. 3, 6JI 210 n. 1, 6o9
92 n. 15, 259; n. 7,669 21D-212 6]4-635
97 n. 1o,6og; n. 23,679 210 segg. n. zo,46o;
100•117 n.29, 706 n. 31, 550
101 n. 10, 611 215 n. 7, 92; n. 43, rro
101 segg. n. J, 635 216-219 0.9.59
102 n. 15, 259 220 n. 7• ljO; 11. 1, 188
107 n. 115, 497 220·2::!5 142•144
llD-117 n. 75, 75; n. 7• 567 220·229 n. 79. 4•18
II6 0.91, 594 220·235 n. ::!,556
IJ8 n. 15,259 220 scgg. n. 7· rso;
IJ8·I2J n. Sz. 75: n.S, 567; n. 1,686
n. 16, 6g2 222 n. 18, 196
I19 n. 15, 259 223·22-j. n. 16, 120
1~0 0.4,566 22j·225 n. I:\. 119: n. I6,48
124·1"28 n. K1, 75; n. tt, 569 224 n. 16, IlO
128-1;14 n. 83, 71:!; n.g, 568 226 n.S, 239; n. J, 542
135·140 n. 88, 7l:i; n. 10, 56g 226·23 t 2J7•2J9:
135 segg. D.2,6H n. 7, 389; 0.48, .. 70
139 n. 8, 6og 227 n. 21, 2.J4
141•144 n. 1\.:;, 78; n. 1, 565 227-229 n. 19, zzo
l45·16j n. 7~ 75: n. 14,373: 228 n. 31, 257
n. 13,570 229 n.S, 239
n. fi. •.~; n. 18,572 2JO n. 21, Z.ZI
n.g1, 79 232 n. 7• 92; n. 15, 167

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INDICE DEI PASSJ

232·234 r88-1B9 229 n. 135,502


235 403·40·1; n. 23, 421; 229-259 n. 1, 115
n. 1. 541 229 segg. n. 16. qo;
236-2]9 n ..p, 226 n. 55. 714
2]6·241 68j-68B 2..p n.48, 70
241 0.40·579 244 n. 137.504
II, 4 n. 30,460 245 n. 7, 671
IJ n. 2,237 253 n. 16, 251; n. 17, 251;
1]·29 n. IIJ, 84 n.2g,281; n. 137,504
IB n.4,6o6 zs6·zsil ll.30,68t
20 0.94. Bo III, 2 segg. n. 2, 277
2:!·79 n. 107, 82 16 n. 36, 683; n. 5, 714
26 o. 15, 250 26-28 n. 14,626
34 n.86, 594 30 segg. n. 18o,s18
34 segg. n. 31, 579 32 "·4·416
44 n. 11, 6n 33 n. 7• 613
50 n. s. 619 38-49 n. 15. 156
54 n. t8, 145 38-ss n. r8o, 518
]O n. 19, 195: n. 8, 247 39 o. 22,630
71 n. 48,70 45•46 0.24,632
76 o. 1,6o6; o.4.6o6 47•48 0.74•589
83 11.243.535 6j-80 n. 116,85
as 0.94,~0 64 n. 19,637
85-96 n. 100,81 66 n. 137,504
86 n.4,6o6 71 n.48,7o
90 n. 21, 250; n. 10, 6o9 Bl n. 58, 71
90·103 "·4· 706 104 0.2,277
94 n ..p. 582 109-l 1.! n. 114, 84; n. 119, Bs
96 n. 92, So 124-134 n. 15,156
96 segg. n. 14, 65o 138 0.]1, 550; ll. 13,637
97•103 n. 112,83 14]-144 n.2, 134
97 segg. 0 ·54· 7 14 t68 segg. n. 19, ssB;
to]-133 Il. 112, 8] ll.].364
IlO 4°4 175 D. 1, 632; n. 30, 682
II]·IIS n. 1, 613 179·187 n.:z:zo,s.s
II] n. 3, 237 186 segg. n. -21, 281
121 n.86,594 188-212 n.36,466
123 n.32,682 191 0 ·59.444
130 n.5. 91 200 n. 120,602
134-143 n. 1,613 204 n. 122,602
134·191 n.94. So 219 n. 121, 6o2
134 segg. 0 · 57,714 2 35 n. 142,89
135-138 n. 2, 613 2],5-236 n.28, 106
139 n. 6, 619 235-237 n. 141,89
140 n. 92, Ho 246 n. 124, 6o6
140-143 0.3,617 252 segg. n. 13, 6so
141 n. 7• 619 2 53 n. nB, 85
145 n. 37, 466; n. s. 612
158 n. 4 :z,s8:z
159·162 n. 1, 615 Sfero:
177•179 n. 10,619 Stoic. vei. fro.g.
180-181 "·34.553 n. 16, 167
I, 6Z4
181 n. 34, 553 025 n. 1f•, 167
tS:z "·34.553
185·186 n. 34-553
204 0.20,104
205-212 n.30,492
Sidonio Apollioare:
219-227 n.29, 681 XI, 100 0.32, 436

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INDICE DEI PASSI Sos
Simmaco: Stratone:
•.fd Theodos. Test. 13 'Vchrli
X, 25 n. I, 230 Test. 109 'Vchrli

Sinesio: Suida:
De insomn. voce Ahron n. 6, 670
2 n. g, 6-J EpocM n. 10,64
/(al'neadeş n. u, 228
Pyrrhon n. 4.63
Sofocle:
Aiax.
100 segg. n. IJI.SOI T
Ant. Tacita:
203 228
454 segg. n. JO, 379 De Ol'al.
Enorn. XII-Xlll n.g, 393
fr. 436 ~auck• 175
Talete:
Soraao: 11 A 23 Diels-1\ranz n.I80,518
Quaest. med.
253 Rase n. 6o, 71-1 Teocrito:
s. 23 D.J0,439
Speusippo:
Temistio:
fr. 29 Lang
De princ.
34, 4j6, 6 Scilneider O. I, :ZJO
Stefano di Bisanzio :
Eth. quae super. Teodoreto:
363, 5II Meineke n.J, 390 Graec. effect. eul',
voce Ascalon. ::1, 21 Sylburg n. 39. no
132 Maier n. 2, -!II

Teodosio:
Stilpone: Test. 307 Deichgraber D.J9,6()
Test. Jo6 Doring 181 Test. 308 Deich!;Tabcr n. 39. 69
168 Doring n. 100, 493
174 Doring 11 2 121
• • Teofrasto:
De scnsu.
Stobeo: 6g
Ecl.
I, 24 n. 564
II, Tertu.lliano:
25 Il. II, 564 De a11im.
II, 23 n. ], 216 IX, 5 n. 23,638
40 n. 13, 401 XXV, 2 63ti-639
6') n. J.ţ, 2i7 Adv .•uarc.
79 n. 59. H4 IV, 35 n. 242, 534
toS n. rs.219 Ad trat.
Il9 11.11,228
II. 2 D. IJ, 166
VII, 55 n. 1,387
Timone:
Strabonc: Imag.
X, 4. 19 Il. 3. 391 53 Diels n. l, 731; n. 29, 755
XIII, 6, q n. 57.-H-t 67 Diels n. 23, 66
XVI, z, 39 n. 8, 63 68 Diels I3J

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Bo6 INDICE DEI PASSI

69 Diels I]], 68o; n. l]I, 88; 52 w. 1]1


n.8,543 53 W. = 26 D. 1]1
70 Diels 133 54 W. = 27 D. 1]1
Ad11. phys. 55 W. = 51 D. 1]2
B 75 Diels 1]4 56 \V. 132
76 Dicls 134 57 W. = 65 D. 132
Pylh. 5B W. = 61 D. 1]2
79 Dicls n. 2~67: n. 23,123 59 w. 1]2
8o Diels 72 6o W. = z D. 132; n. 2, 95
81 Diels n. IJO, 87 61 W. 40 D.= 133
Sill. 62 W. = 49 D. n. 33. 69;
1 \Vachsmuth = t Dieh; 123 fl.] ... 6g
2 W. = 46 D. 125; n. 13, II9
63 W. = so D. n.3'j,69
3 W. = 58 D. 126 os w. 13]
4 W. = 44 D. 126; n. 13, 119
5 W. = 45 D. I26; n. IJ. 1 19 Tolomeo Claudio:
6 W. = 23 D. 1:.!6
1 W. = 30 D. 126; n. 12, 144; Tetrab.
n.8,6s6 1, 214 n. 6, 645
8 W. = 78 D. 127
9 w. = 58 D. 12 7 Tragid greci :
to W. = 47 D. 127; n. 13, II9
Il w. 127 fr. adcrsp. 462 Nauck 586
l2 W. = 37 D. 127
1] W. = ]8 D. IZ]
Tragici J:Omani:
16 \V.= 31 D. 174; n. 2, 164
17 W. = 32 D. 174; n. z, 164 fr. inc. 12-20 Ribbcck 337
18 W. = 33 D. 174
19 W. = 34 D. 179 Tucidide:
20 W. = 39 D. 128
21 w. 128 I, 5 segg. n.8,74
22 w. 12!! III, 38 n. t], 219
23 W. = 66 D. 128 IV, 21 n. 13,219
24 W. = .p D. 128 35 n. 13, 219
25 w. 128
26 W. = 54,3 D. 129
2!! \V. = 29 D. 129
V
29 \V. = 43 D. 129
]O \V, 129 Valerio Massimo:
31 \V. 129
32 W. = 9 D. n. 27, 106 1, ... 1 n. 48,329
33 W. = to D. 109 6 n. 19, 317
34 \V.= Il D. 109 8,6 n. 10, 299
35 \V. = 8 D. n. 24, 1o6 III, 7, 9 fl.2,449
36 \V. = 70 D. 129 VIII, 7. 5 n.4, 216; n.s.zz8;
37 W. = 64 D. 129 n. l'j,229
38 W. = 48 D. n. 22, 66
40 W. = 21 A U Diels-l{ranz Varrone:
n. 12, 144 De imag.
41 W. = z8 Diels I]O; n. 1, Il'j II. 20 n.2,663
42 W. = 35 D. 390 De li11g. lat.
43 W. = 36 D. 1]0 V. 84 n. 78,293
47 w. = 24 n. 1]0 VI, 19 n. 78. 293
48 W. = 5 D. n.89,295
n. 15, 127 VII, 17 n. !.337
49 W. = 42 D. lJI 45 n.78, 293
50 W. = 25 D. 1]1 Reliq. Sesqrteul.
51 W. = 25 D. 1]1 fr. 24, VIII, tS Riese

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INDICE DEI PASSI

Vittorino Sesto Aurelio: li0·II4 n. ],297


III Il.I, 295
De vir. ill.
2, 71 Pischlmayr 112·II4 n. J, 296
n.4, 414
143 n.94,594
q6 n. 9, 157
z I54
157
n.211,525
n. 1o, 155; n.so. 288
Zeoooe di Cizio: 181 n.220,531
188 n. s8. 444
Stoic. vei. Jrag. 190
1, 10·13 n. 17, 277
n. 57, H4
187
JbJ n. 20, 365
17·18
.f82 n.41,594
39 n. I8, 196
499 n. 212,525
55 n. 6j. 444 jOI n. 53, 21!8
ss ::48
59 248
62 n. IJ, 196 Zeoone di Elea:
66 n. 243, 534
67 n. 9, 11!9 29 B 4 Dic\s-Kranz 70
67-69 n.21, 196
6g n. 9, 189
98 n. 47. 288 Zeusi:
102 n.-17,288 Test. 281 Dcichgrăber n. 135.88

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INDICE DELLE TAVOLE

Cna pagina di un codice contenente l'Adt•ersus matllema-


iicos di St'sto Empirico . . . . . . . . . . . . . . p. 96

Frontespizio delia Praeparafio (l!allgelica di Euscbio di


Cesarea . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 104

Chiusa dellibro II ed csordio del III de! Co11tra Academicos


di S. Agostino . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 152

Esordio del De 11atura deorum eli Ciccrone » 272

&~diCun~~- ......... . » 320

Frontcspizio del volume contenente l'eclizione principe dcllc


lpotiposi pirroniane di Sesto Empirico . . . . . . » 672

Copertina del volumetto contencnte l'edizionc a cura di


!\lax Bonnet dd De subfiguratione empirica di Galcno ~> 736

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INDICE DEL VOLUME

I 11troduzione . . . p. 7

Nota bibliografi.ca " 41

PIRRONE
Nota introduttiva . . . . p. 57
Vita di Pirronc. Notizie sulle dottrine pirroniane (DIOGENE
LAERZIO, IX, 6r-m8} . . . . . . . . . . . . . . . " 63
Scetticismo e pirronismo (SEsTo EllfPIRICO, Pyrrlr. hyp.,
1, 7) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 90
Il " potere" dello Scetticismo e il v filosofa pirroniano »
(SESTO EMPIRrco, Pyrrlz. hyp., I, 8-u) . . . . . . . u 90
Polemiche « pirroniane » contra quanti professano scienze
ed arti (SESTO EMPIRICO, Adv. math., 1, 1-6) . . . . » 92
Pirrone e la poesia america (SEsTO EMPIRICo, Adv. math.,
1, 280-282) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 94
L'eccessivo rigorismo di Pirrone secondo le testirnonianze
ciceroniane (Tuse. II, VI, rs; De fin. II, XIII, 43: III,
III-IV, 1o-1z; III, XV, so; IV, XVIII, 48-49: IV,
XXII, 6o: V, VIII, 23; V, XXV, 73; De olf. I, Il, 6) » 95
Il Pirronismo esaminato e discusso da un Peripatetico
(ARISTOCLE, apud Enseb. Praep. et•., XIV, 17, ro-18, 32,
758a-764b) . . . . . . . . . • . . . . . . . . . . » IOO

TIMONE
N0ta introduttiva . . . . p. IIS
Vita di Timone (DIOGENE LAERZIO, IX, mg-n6) . 11 121
Dai " Silli " . . . . J) 125
Da « Apparenze » • • » 133
Da u Contro i fisici » 11 134

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812 INDICE DEL VOLUME

LA CRISI DELL'ACCADEMIA Ai~jTJCA

Nota introduttiva . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 137


L'Accadcmia platonica antica e lo Scetticismo nel giudizio
di Sesto Empirica (Pyrrh. hyp., 1, 1-4; I, 220-225; Adv.
log., 1, 141-149; A.dv. eth., 51-59) . . . . . . . . . . " 141
La crisi dell'Accademia Antica vista in chiave nc:o-pitago-
rica (NuME!I:ro, dpud Erm:b. Praep. ev., XIV, 4-5, 726a-
729b; da 727b ad finem = fr. 24 des Places) . . . . . " 148
Xon crisi, ma tatticismo scettico degli Accademici secondo
Agostino (Contra Acad., III, 37-41) . . . . . . . . . n 153

ARCESILAO
Nota introduttiva . . . p. 163
Vita di Arcesilao (DIOGENE LAERZIO, IV, 28-45) • » 171
L'ambiguita speculativa di Arcesilao (~UMENIO, apud
Euscb. Praep. e11., XIV, 5-6, 729b-733d = fr. 25 des
Places) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . u rSr
La scepsi eli Arcesilao e i suoi lirniti (SESTO E~fPlRICO,
Py1·rh. hyp., I, 232-234; Ado•. lug., 1, 150-159) . . •• r88
Il « socratismo 11 di Arcesilao (CICERO::-<E, De orat., III,
XVIII, 67-68; I, V, u-12; De fin .. II, I, 2) . . . . » rgr
L'cc epoche » di Arcesilao e le polemiche da essa suscita te
(PLUTARCO, Aclt'. Coloi., 24, II20c-d; 26-28, II2Ie II24b) " 193

LACIDE
Nota introduttiva . . . . p. 205
Vita di Lacide (DIOGENE LAERZIO, IV. sg-6I) • . . • . D 207
Acatalessia e stupidita (NmrENIO, apud Euseb. Praep. eu.,
XI\', J, 1-15, 734a-736b = fr. 26, 1-102 des Places) n 208

CARNEADE
Nota introduttiva . . . p. 2I5

Vita eli Carneadc (DIOGF..:SE LAERZlO, IV, 62-66) . . " 227


L'arnbasceria a Roma (PLl'TARCO, Cato maior, 22-23) " 230
L'ambiguita morale di Carneade (XUIIIENIO, apuci. Etts<·b.
Praep. ev., XIV, 7-8, 736cl-739a = fr. 26, 103 scgg.;
fr. 27 des Places) . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 232
Il limitato scettidsmo deli'Accademia Nuova (SESTO EM-
PIRICO, Pyrrh. hyp., I, zz6-23r) . . . . . . . . . " 237

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INDICE DEL VOLUME

Il criterio di vcrita e la rapprcsentazione probabile (SESTO


EMPIRICO, Adv. log., I, 159-189) . . . . . . . . . . p. 239
La n fantasia catalettica » degli Stoici, le sue tormentate
definizioni e le critiche accademico-scettiche (SEsTo
El\IPIRICO, Adv. log., 1, 227-260) . . . . . . . . . . ll 247
Dissoluzione delia « fantasia ratalettica » {SESTO Er-.rPIRICO,
Adv. log., I, 401-421) . . . . . . . . . . . . . . -
Soppressione delia dimostrazione generica (SESTO EMPIRICO,
Adv. log., II, 337a-347) · · · · - · · · · · · · · ·
Critica delia teologia epicurea (CICERONE, De nat. deor .• I.
XXI-XLIV, 57-124 passim) . . . . . . . . . . . .
Critica della teologia stoica {SESTO EMPIRICO, Adv. phys.,
I, 137-190; CICERONE, De nat. deor., III, XII-XX,
29-52) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . l> 274
Critica delle prove stoiche dell'esistenza di Dio (CICERONE,
De nat. deor., III, IX-X, 21-26) . . . . . . . . . _
Critica delia concezione stoica delia provvidenza (CICERONE,
De ttat. deor., III, XXV-XXXIX, 65-93 passim) )) 2 99
Argomentazioni controla divinazione in generale (CJCERONE,
De di11in., II, III-X, 8-zs) . . . . . . . . . - - . )) J06
Argomentazioni contro la divinazione artificiale (CICERONE,
De divin., II, XII-XLVII, 28-99 passim}:
a Contro l'aruspicina . . . . . . . . )) 315
b Contro la divinazione fulgurale . . . )1 322
c Contro l'interpretazionc dei prodigi _ D 323

d Contro gli auspici . n 328


e Contro le sorti . _ _ . . . . . . . » 3JO
f Contro l'astrologia . . . . . . _ _ )1 331
Argomentazioni contro la di\•inazione naturale (CICERONE,
De divin., II, LVI-LXXI, n5-147 passim):
a Contro l'invasamento e l'eccitazione. . _ _ . . . . " 337
b Contro l'interprctazione dei sogni . . . . . . . )) 339
Smantellamento di sillogismi crisippei in mcrito al rap-
porto divinită.-provvidenza-divinazione (CICERONE, De
dit•in., II, XLIX-LI 101-106} . . . . . . .
Opposizione al fatalismo {CICERONE, De fato, VI-XIV,
11-33} . . . . . . . . . . . . . . .. - " 350
La dottrina del bene:
a La divisione carneadea (CICERONE, De /itt., Y, VI-
VIII, 16-23) . _ _ . . . . . . . . . . .
b Il godimento delle « cose primarie sccondo natura »
come ipotesi etica (CICERONE, De fin., II, XI, 35;

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INDICE DEL VOLUME

Il, XIII, 42; III, XII, 41; Tuse., V, XLI, II9-120;


V, IV, Io-n; V, XXIX, 83; III, XXII, 54; III, XXV,
sg-6o; De fin., III, XVII, 57) . . . . . . . . . . p. 367
L'antilogia delia giustizia:
a Dai discorso <li Furio Filo a favore dcll'inf,riustizia
(CrcERONE, De rep., III, V-XX, 8-30 passim) . . . n 372
b Dai discorso di Lelio a favore delia giustizia (CrcE-
RONE, De rep., III, XXII-XXVI, 33-38 passim . . '' 379
Sentenze carneadee (PLt:TARCO, Quo1n. adu!. ab am. z'llter-
nosc., 15, sS/; De tranq. an. 16, 470e-f; Ig, 477b; Co!Jtra
Epic. beat., 4, 1089c) . . . . . . . . . . . . . . . » 382

CLITO:r..1ACO
Nota introduttiva . . .
Vita di Clitomaco {DIOGENE LAERZIO, IV, 67) . . . . . » 389
Gli infiniti d~ttagli di Clitomaco (SESTO EMPIRICO, Adv.
phys., I, 1) . . . . • . . • . . . . . . . • . . . . " 390
Critica accademico-clitomachea delia retorica (SES1'0 EM-
PIRICO, Adv. maih., Il, 20-43} . . . . . . . . . . . » 391

FILONE Dl LARISSA
Nota introduttiva . p. 399
Virtuale abbandono dcll'epoche (~UMENIO, Apud Euseb.
Praep. ev., XIV, g, 1-3 = fr. 28 des Places; SEsTo
EMPIRICa, Pyrrh. ltyp., I, 235) . . . . . . . . . . . n 403
Considerazioni sul sillogismo ipotetice {SEsro EMPIRica,
Pyrrh. hyp., Il, IlO; Adv. log., Il, II2-II7} . . . u 404
Il recupero delia retorica (CICERONF., De orat., I, XI,
45-47; Tuse., II, III, 9) . . . . . . . . . ,, 406

ANTIOCO DI ASCALO~A

Nota introduttiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. ~II

Lo scetticismo esce dall'Accademia (NUMENIO, Apud Er~seb.


Praep. ev., XIV, g, 4 = fr. 28 des Places: CrcERONE,
Brut., XCI, 315; SESTO EMPIRICO, Pyrrlz. lzyp., I, 235;
Adv. log., 1, 201-202; CicERONE, Top., 6-8; De fin., V,
II-III, 6-7; V, V, 14; V, VI, 15; V, XXV, 74; V,
XXVI, 76; V, XXIX, 8g; De rep., I, Il) . . . . . » 414

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INDICE DEL VOLUME SIS

GLI ACADEMICA DI CICERO~E

Nota introduttiva p. 425


Varrone. • 428
Lucullo . . . . . » 449

ENESIDEMO
Nota introduttiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 541
1 Discorsi pirroniani (Foz10, Bibliot., 212) . . . . . . . Il 555
La condizione umana e il suo ftusso (FILONE, De Iosepho,
125-147) . . . . . . . . . . . . . . - . . . 1) 559
I tropi dell'epoche (FILO~E. De ebriet., I]o-zos; SESTO
EMPIRICO, Pyrrh. hyp., 1, 36-163) . . . . . . . . . .
La rappresentazione non e criterio di verita (SESTO EM-
PIRICO, Adv. log., 1, j88-jg6} . . . . . . . . . . . » 6os
Le aporie de) vero (SESTO EMPIRICO, Adv.log., Il. 8-9, 40-54) » 6o8
Le aporie del segno (SESTO EMPIRICO, Adv. log., II, 215-
222, 234-238) . . . . . . . . . • . . • . . . . . . » 612
La dimostrazione e le sue aporie (SESTO EMPIRICO, Adv.
log.• II, JOD-JIS, 391-395) . · · · · · · · · · · · ·
I tropi e le aporie della causa (SESTO EMPIRica, Pyrrh.
hyp., 1, 180-186; Adv. phys., 1, z18-z64) . . . . . . » 6zr
Benc generica e bene specifica (SESTO EliPIRICO, Adt•. eth.,
42-44) . . . . . • . . . . . . . . . . . . .
Il cosiddetto Eraclitismo di Enesidemo:
a Eraclito, Enesidcmo e lo Scctticismo (SESTO EMPI-
RICO, Pyrrh. hyp., 1, ZIQ-212) • • • • • • .
b L'intelligenza e gli organi sensoriali (SESTo EliPI-
RICO, Aclv. log., 1, 349-350) · · · · · · · · )) 635
c Corporeită. del tempo (SESTO EMPIRica, Adt•. phys.,
II, 2I5-ZI8} . . . . . . . . . . . . .
d ldentitâ de! tutto e delle parti (SESTO EliPIRICO,
Adv. phys., II, 337) . . . . . · · · · · · · · · · D 637
e Dottrina del movimento (SESTO EMPIRICO, Adv. phys.,
II, 37-41) · - · · · · · . . . · • · · . . . . . » 637
/ La provenienza esterna dell'anima (TERTULLIANO,
De anim., XXV, z) . . . . . . . . . . . . . •

AGRIPPA
Kota introduttiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 643
1 cinque tropi «speculativi" (SESTO EIIIPIRICO, Pyrrh. llyp.,
1, Ifi.p]g} . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ~ 646

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816 INDlCE DEL VOLUME

FAVORINO
Nota introduttiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 653
Contro i Caldei (AULO GELLIO, XIV, I = fr. 3 Barigazzi) 11 658

SCETTICISMO E MEDICINA
Nota introduttiva . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 669
Scetticismo, Medicina Empirica e Medicina Metodica
(SESTO E:MPIRICO, Pyrrh. 1'yp., I, 236-24r) . . . . . " 685
Le tre principali sette med.iche (CELSO, De mcd·ic. proem.,
I-75; GALENO, De scctis) . . . . . . . . . . • 688
La metodologia empirica {GALENO, De subf. emp.) » 731

Indice dei nomi li 763


Indice dei passi li 781
Indice delle ta voie . » 809

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