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La Musique de Ponce
La Musique de Ponce
Ponce
nel contesto della sua opera
di Stefano Campagnolo*
1 La definizione di ‘chitarra classica’ non deve essere intesa, come spesso accade, come
significativa relativamente al repertorio eseguito, e quindi in contrapposizione con altre
tipologie organologiche sviluppate per la musica popolare, ma come la definizione più
appropriata a indicare lo strumento che raggiunge la propria definizione formale nel
periodo ‘classico’ della storia musicale, ovvero fra la fine del ’700 e gli inizi del secolo
successivo, in contrapposizione allo strumento barocco che lo precede. Il termine è in
uso almeno dagli anni venti del ’900 in ambito anglosassone.
2 Per l’affermazione della chitarra classica nel XX secolo, molti altri sono i fattori elencabili,
taluni determinati da tendenze storiche in atto, come il nuovo gusto dei compositori per
formazioni cameristiche con commistioni timbriche inedite e in generale il rinnovato
interesse per la musica da camera e per sonorità particolari anche se ‘piccole’, l’attenzione
per la musica e le forme popolari così come la riscoperta della musica antica e barocca e
quindi del repertorio liutistico, lo spagnolismo alla moda, la fortuna dell’oggetto-chitarra
nelle arti figurative; altri si devono specificatamente a Segovia, come una straordinaria
capacità manageriale nel promuovere la propria attività e la propria persona, l’orgogliosa
scelta di non proporsi presso i circoli di dilettanti e amatori dello strumento presso i quali
era da mezzo secolo e più confinata la chitarra e viceversa la sfida di calcare i palcoscenici
più importanti, il rifiuto per musiche volgari quali ballabili e pot-pourri, la comprensione
dell’importanza delle incisioni discografiche. Per una bibliografia aggiornata su Segovia
si può fare riferimento al piacevole Angelo Gilardino, Andrés Segovia: l’uomo, l’artista,
Milano, Curci, 2012.
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Quando Segovia incontrò Ponce nel 1923, in occasione delle sue prime
tournée nel Sudamerica, il musicista messicano era un ormai affermato
3 Su questo punto cfr. Gilardino, Andrés Segovia, cit. passim. Gilardino è peraltro l’editore
delle musiche tratte dall’Archivio Segovia, per l’editore Bèrben.
4 The Segovia-Ponce Letters, ed. by Miguel Alcazar, trad. by Peter Segal, Columbus, Editions
Orphée, 1989. Sul rapporto Segovia-Ponce si veda poi la storica monografia, pur se a
carattere agiografico, Corazòn Otero, Manuel M. Ponce y la guitarra, Mexico, Fonapas,
1981 (cit. dall’ed. ing. Manuel M. Ponce and the Guitar, transl. by J. D. Roberts, Westport
(Conn.), The Bold Strummer, 1994); si segnala inoltre una delle numerose tesi
universitarie su Ponce che ruota attorno al carteggio e alle tematiche qui toccate: Peter
E. Segal, The Role of Andrés Segovia in Re-Shaping the Repertoire of the Classical Guitar, DMA
thesis, Temple University, 1994.
5 Ad esempio cfr. Mark Dale, “Mi querido Manuel”. La influencia de Andrés Segovia en la música
para guitarra de Manuel M. Ponce, «Heterofonía: revista de investigación musical», 118-119,
1998 (Ejemplar dedicado a Manuel M. Ponce, a 50 años de su muerte), pp. 86-105.
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6 Per le notizie relative a Ponce si faccia riferimento a Ricardo Miranda, Manuel M. Ponce,
Ensayo sobre su vida y su obra, Mexico City, Consejo Nacional para la Cultura y las Artes,
1998; fondamentale per gli studi su Ponce: Jorge Barrón Corvera, Manuel María Ponce: A
Bio-bibliography, Westport (Conn.), Praeger, 2004, con il catalogo ragionato delle opere.
È in corso un imponente piano editoriale per la pubblicazione delle opere inedite o
non più ristampate a cura della Escuela Naciònal de Musica UNAM (cfr. Paolo Antonio
Mello Grand Picco, Proyecto Editorial Manuel M. Ponce, Escuela Nacional de Música, UNAM,
«Revista Digital Universitaria», 7/2, 2006). Tutte le opera per chitarra sono state edite e
commentate col sostegno dei manoscritti superstiti: Manuel M. Ponce, Obra completa para
guitarra. De acuerdo a los manuscriptos originales, a cura di M. Alcazar, Conaculta, Étoiles,
2000 (edizione bilingue: spagnolo ed inglese). Nel corso del lavoro saranno citate alcune
delle molte tesi universitarie (per lo più americane) sull’opera di Ponce, chitarristica e
non solo.
7 Ponce l’ha composto in onore dello scultore connazionale e compaesano Jesus F.
Contreras (Ponce nacque a Fresnillo, perché i suoi genitori, compromessi con il
regime di Massimiliano d’Asburgo, temendo per l’avvento di Porfirio Diaz, si erano lì
temporaneamente spostati, ma tornarono quasi subito ad Aguascalientes, patria di
Contreras e vera città di Ponce), che aveva presentato con grande successo all’esposizione
internazionale di Parigi del 1900 una scultura dalla stessa intitolazione: Malgré tout (A
pesar de todo, in spagnolo). Contreras aveva perso il braccio destro per un tumore maligno
che lo portò rapidamente alla morte (1902), ma si era diffusa presto una leggenda che
dura tuttora intorno alla sua mutilazione che voleva che fosse stata dovuta a un incidente
di lavoro (una fusione) e che l’opera presentata fosse stata scolpita con la sola mano
sinistra. Il pezzo è considerato in ritmo di habanera, ma la figurazione puntata che lo
contraddistingue è tipica, oltre che della danza cubana, anche del folklore messicano. Si
veda l’introduzione all’edizione moderna: Manuel M. Ponce, Malgré tout (A pesar de todo),
Danza para la mano izquierda sola, a cura di J. Herrera, Ciudad de Mexico, Universidad
Nacional Autònoma de México – Escuela Nacional de Mùsica, 2005, (edizione speciale
a cura di Clema Ponce), pp. 3-7. Ponce scrisse poi altre composizioni per la sola mano
sinistra, come un Prélude et Fugue nel 1931.
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8 Ancora valido José Lopez-Calo, L’America latina, in Storia dell’Opera, Torino, Utet, v. II, t. II,
L’opera in Europa e nelle Americhe, 1977, pp. 448-471.
9 Il racconto è verosimile (cfr. Miranda, Manuel M. Ponce, cit., p. 20), anche se sorprende
che un tal giudizio – sostanzialmente corretto, soprattutto se le composizioni su cui puntò
Ponce furono alcune delle mazurche, schiettamente chopiniane –, venga da Bossi, non
propriamente un modernista.
10 Vale a dire uno dei massimi artefici, con Oscar Chilesotti, della riscoperta della musica
antica in Italia, l’autore de L’Arte musicale in Italia. Pubblicazione nazionale delle più importanti
opere musicali italiane dal secolo XIV al XVIII, tratte da codici, antichi manoscritti ed edizioni
primitive, scelte, trascritte in notazione moderna, messe in partitura, armonizzate ed annotate da
Luigi Torchi, Milano, G. Ricordi, 1897-1908, 7 vv.
11 Apprezzato didatta e trattatista, autore di un trattato d’armonia (Corso teorico-pratico di
armonia, Torino, Giudici & Strada, s.d.) e molti altri scritti teorici.
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12 Alcune biografie riportano di uno sconosciuto Edwin Fisocher, frutto di una errata
trascrizione del nome del celeberrimo pianista svizzero, il quale, anche se più giovane di
Ponce (era nato nel 1886) era didatta nel conservatorio di Berlino, dove era entrato a soli
dieci anni, e dove presumibilmente preparava i migliori allievi da inviare a Krause (cfr.
Miranda, Manuel M. Ponce, cit., p. 21).
13 L’aneddoto più conosciuto vuole che, ascoltato il maestro fare lezione sulle suite di
Haendel (allora assai poco conosciute) il giorno seguente se ne sia tornato in classe con
il Preludio e fuga su un tema della suite in mi minore di Haendel.
14 Albert Friedenthal, Stimmen der Völker in Liedern, Tänzen und Charakterstücken, Berlin,
Schlesingersche Buch- und Musikhandlung, s.d., I: Abteilung. Die Volksmusik der Kreolen
Amerikas. La prima sezione di questa raccolta, provvista di una introduzione trilingue su
struttura dei canti e prassi esecutiva, è dedicata proprio al Messico con alcune celeberrime
melodie come il Jarabe tapatìo, La Paloma (non propriamente un canto popolare, che si
deve, come è specificato, al compositore spagnolo Sebastian de Yradier), la Arulladora.
15 Numerosissimi gli scritti di Ponce apparsi su giornali e riviste già dagli anni giovanili
(nel 1903 collaborava con The Observer come critico musicale). Una raccolta di scritti,
che comprende anche la relazione sulla canción, si può leggere, estesa, nel numero
monografico della rivista Cultura a lui dedicato (Manuel M. Ponce, Escritos y Composiciones
Musicales, prologo de Ruben Campos, «Cultura», IV/4, 1917).
16 Quella del 1914 non era comunque la prima raccolta di Ponce: ne aveva pubblicata una già
nel 1912 per l’editore Wagner y Levien e un arrangiamento di Marchita el alma arricchiva il
testo sulla canción nella prima pubblicazione (cfr. Miranda, Manuel M. Ponce, cit., p. 30).
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17 Il 6 maggio. Cfr. Otero, Manuel M. Ponce, cit., pp. 18-19, per un estratto della recensione
e, in italiano, Gilardino, Andrés Segovia, cit., p. 87.
18 Una versione per chitarra de La Valentina, una canción, e una pagina che diverrà il terzo
movimento della Sonata I (Mexicana, la prima sonata novecentesca per la chitarra), che
cita il Jarabe tapatìo.
19 Leonora Saavedra, Manuel M. Ponce’s Chapultepec and the Conflicted Representations of a
Contested Space, «Musical Quarterly», 92/3-4, 2009. Il bellissimo articolo deriva dalla più
ampia tesi dottorale: Id., Of selves and Others: Historiography, Ideology, and Politics of Modern
Mexican Music, PhD. Diss., University of Pittsburgh, 2001.
20 Saavedra sintetizza così la concezione della canción in Ponce sotto l’aspetto puramente
musicale: “Musically speaking, what Ponce valued in the canción was exclusively its melodic
aspect, dismissing the simplicity of its tonic–dominant harmonies as having no potential for
development into an art music. He recognized and valued the importance of improvisation
and oral transmission in the preservation of the canción in its rural habitat through
regional, wandering, ‘rhapsodizing’ singers, i.e., cancioneros. But he valued complex art
music as a superior evolutionary stage in the development of music and saw the duty of the
composer as nothing less than «to ennoble the music of his country, giving it artistic form,
clothing it in the drapes of polyphony, and lovingly conserving the popular musics that are
the expression of the national soul». Ponce thus positioned himself as a composer, however
marginal, within a clearly defined social hierarchy that, despite his genuine empathy for
the pueblo and disapproval of the upper classes’ cultural habits, he had no intention to
subvert” (Saavedra, Manuel M. Ponce, cit., pp. 283-284). Una concezione elitaria dunque,
che coglieva la pura linea melodica tralasciando ogni altro aspetto della canción.
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24 “The guitar is by all odds the most important instrument which the Creoles use in
accompanying their songs”, Friedenthal, Stimmen, cit., p. XI.
25 Chávez scrisse i Tre pezzi nel 1923 (su suggestione anch’egli della tournée segoviana?), ma
furono diffusi solo nel 1962. Anche il brasiliano Heitor Villa-Lobos cominciò a comporre
agli inizi del ’900 autonomamente.
26 Cfr. Saavedra, Manuel M. Ponce’s, cit., p. 285. Si può ascoltare un arrangiamento de Si
alguna vez, del 1913 e Oye la voz, del 1914, incise dal Trio Gonzales nel 1919 per voci e
chitarra nel National Jukebox della Library of Congress. Sono disponibili all’ascolto a
questi URL: http://www.loc.gov/jukebox/recordings/detail/id/7136; http://www.loc.
gov/jukebox/recordings/detail/id/7137.
L’accompagnamento della chitarra, pur senza essere particolarmente elaborato, è pur
sempre ‘educato’ ed eseguito, a giudicare dal suono, con una chitarra classica con corde
di budello e non metalliche.
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27 Cfr. Arnoldo García Santos, The Influence of Folk Music in Guitar Compositions by Manuel
Ponce, DMA Thesys, Arizona State University, 2014, pp. 10-11.
28 Come lo spagnolo Antonio Jiménez Manjón (Jaèn 1867- Buenos Aires 1919), naturalizzato
argentino.
29 Per tutte le notizie, le fonti e i documenti relativi alle composizioni chitarristiche si faccia
riferimento all’edizione integrale di Miguel Alcazar, cit.
30 Ne fa solo cenno in una lettera del 21 agosto del 1926, pianificando una esecuzione in
dicembre a Bruxelles, ma che non mi risulta sia mai avvenuta (The Segovia-Ponce Letters,
cit., pp. 7-8).
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31 Come avvenuto per Estrellita, registrata quale opera di Ponce solo dopo la sua morte
(ma la cosa vale soprattutto per i diritti d’autore, mentre l’opera gli era notoriamente
attribuita), anche le due Suite hanno atteso a lungo perché ne venisse riconosciuta la
paternità (solo nel 1973 per la prima e nel 1967 per la seconda). La vicenda è ben riassunta
da Kevin Manderville, Manuel Ponce and the Suite in A Minor: Its Historical Signifiance and
an Examination of Existing Editions, DMA thesys, Florida State University, 2006. Dovrebbe
essere esistito anche un Homenaje a Bach composto da un Preludio, Fuga e Capriccio, cui ha
fatto cenno Ponce in una intervista del 1933, perduto (cfr. Barrón Corvera, Manuel María
Ponce, cit., p. 50). In alcuni suoi concerti Segovia suonò un non identificato Capriccio
come parte della Suite in la minore.
32 Miranda, Manuel M. Ponce, cit., p. 63, cita uno scritto di Ponce in cui Stravinsky è posto
‘sopra tutti’, come ‘un genio’.
33 Segovia in qualche concerto mescolò pezzi di sonate di Sor alla Clàsica di Ponce (cfr.
Gilardino, Andrés Segovia, cit., p. 125).
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34 Sospetto che la pubblicazione sia Hans Neeman, Die Lautenhandschriften von Silvius Leopold
Weiß in der Bibliothek Dr. Werner Wolffheim, «Zeitschrift für Musikwissenschaft», X, 1927-28,
pp. 396-414, una rivista musicologica molto diffusa che contiene la trascrizione in chiave
di sol di una intera suite. Un pezzo di Weiss era stato già edito da Oscar Chilesotti nel
1915 nella sua Biblioteca di Rarità musicali (ben nota a Segovia perché vi trasse i celeberrimi
Sei pezzi rinascimentali) e una prima biografia di Weiss era uscita già a inizio secolo, ma
senza esempi musicali (Hans Volkmann, Sylvius Leopold Weiss, der letzte grosse lautenist.
Biographische Skizze, «Die Musik», 1906-1907, pp. 273-289). La prima pubblicazione di
musiche di Weiss, da cui probabilmente Segovia trasse il Tombeau sur la mort de M. Comte de
Logy, uscì soltanto nel 1939: Esaias Reusner - Silvius Leopold Weiss, Lautenmusik des 17.-18.
Jahrhunderts. Ausgewählte Werke, hrsg. von Hans Neeman, Braunschweig, Litolff, 1939.
35 In origine Ponce aveva scritto una diversa Giga, meno virtuosistica e forse meno così
stilisticamente lontana sia da Weiss, sia da Bach e dal barocco in generale. Segovia
gli richiese un diverso pezzo dando anche una serie di indicazioni tecniche su come
realizzarlo, come aveva per costume (cfr. Ponce, Obra completa, cit., p. 107).
All’atto dell’esecuzione bisogna tenere bene a mente che non si tratta ovviamente di vera
musica barocca: per cui non bisogna aggiungere abbellimenti e variazioni, né staccare
tempi improponibili. La corretta interpretazione ‘filologica’ o storicamente informata è
quella di Segovia: romantica, ricca di vibrati e rubati.
36 Ponce, Obra completa, cit., p. 223. La citazione prosegue così: “It seems as if Ponce would
have consulted some of the existing publications – after all Segovia had offered to send
him some lute music – and he would have assimilated the style of Weiss. The preambule
employs the French overture form – used by Weiss in some of his sonatas – and was
possibly used for the first time in the guitar by Ponce. The courante also has certain air of
the German lute player’s music, as well as the sarabande and the gigue with the austerity of
many of the Weiss gigues”.
37 Cfr. nota 13.
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38 Fino a che punto fosse accattivante la Suite in la minore lo dimostra la circostanza che
Arturo Benedetti Michelangeli si industriò a ricavarne lo spartito dal disco segoviano,
eseguendola al pianoforte in concerto almeno dieci volte fra il 1943 e il 1950 (lo certifica
Gilardino, Andrés Segovia, cit., p. 130).
39 La prima è del 1917, la seconda del 1923. La terza suite ha dato notorietà alla Passacaglia di
Ludovico Roncalli, originariamente per chitarra barocca ed edita anch’essa da Chilesotti,
che verrà poi trascritta anche da Segovia.
40 Cito qui da Saavedra, Manuel M. Ponce, cit., pp. 303-304. L’articolo originale, cui non ho
avuto accesso, (José Rolón, No existe el Manuel M. Ponce de las canciones mexicanas, «Revista
de revistas», 4 novembre 1928), si può trovare in Ricardo Miranda, El sonido de lo propio: José
Rolón (1876–1945), v. I, Mexico City, Centro Nacional de Investigacion, Documentacion e
Informacion Musical, 1993, pp. 77-81.
41 Come si era accennato in premessa, l’influsso del melodramma italiano fu profondissimo
e le canciones ne risentono del tutto, sia nella periodizzazione, sia nell’articolazione della
melodia, tanto le popolari, quanto quelle d’autore. Si ponga mente alla stessa celeberrima
Estrellita: la canzone, secondo la leggenda scritta sul treno per Aguascalientes nel 1912, se
è vero che “owes much to its model, Schumann’s Träumerei” (Claes af Geijerstam, Popular
Music in Mexico, Albuquerque, University of New Mexico Press, 1976, p. 87), è anche
vero che trova la sua caratterizzazione – oltre che nello spiccato virtuosismo richiesto
all’interprete per le note sovracute prese di balzo –, per il particolare colorito armonico
ricco di settime maggiori e la condotta melodica, entrambe francamente pucciniane.
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