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La “Resistenza” in Versilia

una unione di giovani e vecchi antifascisti, operai ed intellettuali.


di Giovanni Cipollini
Dagli elenchi della “Commissione Regionale Toscana per il riconoscimento della qualifica di
partigiano” risultano che furono circa 1300 i militanti nelle varie formazioni della Versilia, mentre
altri suoi residenti presero parte alla Resistenza in varie zone d'Italia e all'estero, dove si trovavano
al momento dell'Armistizio.
Non tutti parteciparono direttamente alla lotta armata, ma fecero parte dei Comitati di Liberazione
Nazionale (CLN), svolsero compiti di staffetta e di informatori, reperirono armi, viveri e medicinali,
nascosero partigiani feriti, perseguitati politici e civili bisognosi di assistenza.
A pieno titolo tutti “partigiani combattenti”, che ebbero un'importanza fondamentale nella
Resistenza, in quanto, senza il loro prezioso apporto, non sarebbe stata possibile l'azione delle
formazioni in montagna.
La tipologia dei partigiani operanti in Versilia è quella comune a tutte le altre zone d'Italia: soldati
sbandatisi dopo l'otto settembre, che non intendevano presentarsi ai centri di reclutamento della
RSI, reclute delle classi 1924, 1925 e 1926 renitenti alla leva fascista, “vecchi antifascisti”, che
avevano conosciuto la brutalità dello squadrismo e subito persecuzioni, carcere e confino durante il
Ventennio, uomini e donne che avevano maturato col tempo una profonda avversione verso il
Fascismo, soprattutto dopo l'entrata in guerra al fianco della Germania nazista.
Per quanto riguarda la condizione sociale, nella Resistenza versiliese vi furono operai, contadini,
commercianti, artigiani, professionisti, impiegati, insegnanti, studenti, casalinghe, sacerdoti, militari
di carriera, tra cui diversi Carabinieri, come accadde in tutta l'Italia occupata.
Le varie “anime” della Resistenza emergono chiaramente dalla composizione dei primi nuclei che si
costituirono in Versilia.
A Viareggio era già attiva in clandestinità una cellula del Partito Comunista, guidata da Mario
Raggiunti, appartenente ad una famiglia benestante, che poco più che ventenne, a metà degli anni
Trenta, aveva riunito vecchi militanti antifascisti, operai e studenti.
Un altro gruppo di giovani faceva capo a Manfredo Bertini, già brillante studente, affermatosi come
tecnico della fotografia nell'ambiente cinematografico. Ne facevano parte anche alcune ragazze, tra
cui la cognata Vera Vassalle, in seguito responsabile della missione “radio Rosa” .
Dall'unione dei due gruppi, nacque un Comitato antifascista, traformatosi poi in CLN cittadino.
Sempre a Viareggio si era attivato il colonnello delle Armi Navali Alberto Brofferio, già
comandante del locale Balipedio, antifascista di fede monarchica, il quale aveva preso contatto con
alcuni ex-militari, che si riunivano nella sua abitazione.
La Resistenza era entrata rapidamente in azione anche in Alta Versilia, dove a Stazzema fu formato
il primo CLN.
Tra gli altri, ne facevano parte Gino Lombardi, ex-sottotenente del Genio Aeronautico, Giuseppe
Pieruccioni, esponente comunista, reduce dal confino dopo anni di militanza sindacale in Sud
America, Margherita Cervelli, fidanzata di Gino, studentessa universitaria, Angiolo Neri, collegato
con la cellula comunista viareggina.
Nelle altre località non c'erano ancora gruppi organizzati, ma alcuni antifascisti, che cercavano di
stabilire collegamenti tra loro.
Ad esempio, a Pietrasanta troviamo Giovan Battista Cancogni, di orientamento socialista, già
Sindaco prima del Fascismo, l'anarchico Libero Mariotti, combattente antifranchista in Spagna,
appena liberato dal confino, a Seravezza Pietro Marchi, Sindaco socialista dal 1911 al 1920, a
Camaiore don Alfredo Alessandri, parroco della frazione di Marignana.
Una guida morale per la nascente Resistenza versiliese fu l'ex-deputato socialista Luigi Salvatori,
poi esponente di rilievo del Partito Comunista, per diversi anni in carcere e al confino, il quale,
però, non potè dare un contributo attivo alla lotta contro i nazifascisti per le precarie condizioni di
salute.
La presenza di questi irriducibili antifascisti dalla diversa fede politica non deve far pensare
all'esistenza in Versilia di organizzazioni politiche clandestine, a parte la citata cellula viareggina.
Dopo l'offensiva squadrista negli anni Venti, partiti e gruppi antifascisti non avevano più dato vita
ad attività clandestine organizzate, anche se i militanti, perseguitati, emarginati e sorvegliati,
avevano mantenuto fede ai loro ideali politici.
La maggior parte dei partigiani non aveva una chiara idea politica, in quanto nati e cresciuti durante
la Dittatura, ma una comune avversione al Fascismo e la volontà di lottare per la liberazione
dell'Italia dall'occupazione tedesca.
Quasi tutti cominciarono a maturare le loro scelte politiche proprio durante la lotta di Liberazione,
che poi consolidarono nell'immediato dopoguerra.
Inoltre, mentre nelle grandi città e nei centri maggiori, soprattutto dove esistevano grossi
insediamenti industriali con la conseguente presenza di una numerosa classe operaia, i partiti
antifascisti avevano tenuto in vita, tra mille difficoltà e con diversi risultati, una struttura
clandestina, nelle realtà periferiche era stato molto più difficile
In Versilia non esistevano insediamenti industriali rilevanti; c'erano molti addetti alla lavorazione
del marmo, concentrati nei Comuni di Seravezza, Stazzema e Pietrasanta, ma suddivisi in tante
piccole industrie e laboratori artigiani, e a Viareggio i lavoratori delle attività della darsena,
ambiente tradizionalmente antifascista, ma in cantieri e laboratori di modesta grandezza, così più
facilmente controllabili dalle vigilanza fascista.
Certamente in queste realtà la presenza di “vecchi militanti antifascisti” influiva sui compagni di
lavoro più giovani, ma la loro crescente avversione per il regime era dovuta più ad una presa di
coscienza individuale che ad un lavoro organizzativo clandestino.
Consistente fu il contributo dato da studenti, insegnanti, intellettuali alla Resistenza in Italia,
nella quale molti svolsero ruoli di primissimo piano.
Questo avvenne anche in Versilia per la presenza di alcuni istituti superiori a Viareggio, ma anche
nella vicina Massa, frequentati da studenti di tutte le località del comprensorio, parte dei quali poi si
iscriveva alle Facoltà dell'Università di Pisa.
In particolare, il Liceo Classico “Carducci” di Viareggio fu luogo di formazione di una coscienza
antifascista per diversi studenti, che diventeranno comandanti partigiani, commissari politici,
dirigenti dei CLN, grazie all'influenza su di loro esercitata da insegnanti come il professor Giuseppe
Del Freo.
Tra gli intellettuali troviamo Mario Tobino, Manlio Cancogni e altri, in seguito esponenti importanti
della cultura e del mondo della scuola.
Per quanto riguarda il contributo delle donne alla Resistenza versiliese, poche decine furono quelle
presenti nelle formazioni armate in montagna, ma molte altre svolsero il ruolo di staffette e di
collaboratrici, oltre a sobbarcarsi il gravoso compito di tirare avanti la famiglia, essendo gli uomini
sparsi sui vari teatri di guerra, militanti nella Resistenza o costretti a nascondersi per sfuggire ai
rastrellamenti dei nazifascisti.
Dunque, la Versilia ha dato un significativo contributo alla lotta di Liberazione, solennemente
onorato dalla concessione nel 1970 della Medaglia d'Oro al Valor Militare al Comune di Stazzema
per la Versilia, in quanto, come recita la motivazione, riassume nella strage della frazione di
Sant'Anna il “ sacrificio di sangue e il partigiano valor militare” della popolazione versiliese.

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