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CRONOLOGIA PER UNA STORIA DELLA SICILIA RECENTE COLLEGATA ALLA

STORIA DELLA MAFIA


pubblicata da Daniela Musumeci il giorno venerdì 5 novembre 2010 alle ore 16.30

Il primo movimento contadino siciliano contro la mafia può essere considerato quello dei
Fasci Siciliani, sorto fra il 1892 e il 1893, tollerato da Giolitti, ma represso nel sangue da
Crispi. I Fasci raccolsero soprattutto donne, poiché erano le più numerose nel lavoro dei
campi; molte di loro furono arrestate durante le occupazioni simboliche di terre, come
accadde a Caterina Costanzo. A Piana dei Greci la sezione era di mille donne, di
settecento a Belmonte Mezzagno; nell’ottobre del ’93 si inaugurò addirittura un Fascio
delle Lavoratrici di Piana dei Greci. La presenza delle donne conferiva un preciso clima
morale al movimento.”Quando nasceva un bambino invece di portarlo in chiesa per il
battesimo lo si portava al fascio” (S.F. Romano, 1959). Nel momento di massima
espansione, in Sicilia c’erano 300 fasci con circa 200.000 iscritti. Erano capitanati da
uomini della media borghesia, capaci di dar voce e programma al malessere millenario dei
contadini: il possidente Bernardino Verro, il ragioniere Garibaldo Bosco, il medico Nicola
Barbato, l’avvocato Giacomo Montalto; ma anche il principe Alessandro Tasca di Cutò, poi
deputato socialista; il catanese Giuseppe De Felice. Le richieste non erano rivoluzionarie,
ma improntate ad una democrazia sostanziale: riforma dei patti agrari, riforma tributaria
per una maggiore giustizia fiscale, trasparenza nelle amministrazioni locali, abolizione del
dazio di consumo, quotizzazione dei demani, partecipazione dei Fasci e delle loro
cooperative agli appalti pubblici e alle sovvenzioni statali. Vero è che non mancarono
alcuni episodi di violenza ad opera di facinorosi. Dopo la proclamazione da parte di Crispi
dello stato d’assedio in Sicilia, Turati chiamò tutti i socialisti in correo “confessi, complici
volontari e necessari” e la Kuliscioff sollecitò la solidarietà anche di Engels e di tutta la II
Internazionale.

Proprio del 1893 è il primo omicidio di mafia “eccellente”: viene ucciso sul treno Palermo-
Termini Imerese Emanuele Notarbartolo, ex direttore del Banco di Sicilia, che stava per
rivelare l’origine degli ammanchi nel Banco, dovuti all’insolvenza del deputato Palizzolo,
probabile mandante dell’omicidio, ovviamente impunito.

La sconfitta del movimento contadino, seguita dalla grande emigrazione fino allo scoppio
della Prima Guerra Mondiale, costituirà la prima battuta d’arresto del movimento antimafia.

Con l’emigrazione, i siciliani esportarono negli Stati Uniti anche la mafia: la Mano Nera
statunitense era una filiazione di Cosa Nostra. Il poliziotto Joe Petrosino fu ucciso a
Palermo nel 1909, mandante don Vito Cascio Ferro, mentre indagava su queste collusioni.

Nel primo dopoguerra, durante il biennio rosso, i contadini occuperanno nuovamente le


terre incolte chiedendo di averle assegnate, giusta la promessa del generale Armando
Diaz di terra ai contadini e cogestione delle fabbriche agli operai, durante l’ultimo anno del
conflitto. Nella repressione di questa seconda ondata di opposizione alla mafia agraria
cadrà ucciso il primo sindacalista: Nicolò Alongi, a Prizzi, nel 1920.

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Con l’avvento del fascismo, fu inviato in Sicilia il prefetto Mori, il quale colpì, con i metodi
repressivi tipici del regime, la manovalanza armata della mafia, ma fu promosso e
frettolosamente richiamato a Roma non appena le sue inchieste sfiorarono i referenti
notabili e il ceto politico colluso.

Da qui in poi procediamo secondo una cronologia un po’ più dettagliata.

Settembre 1942. Nasce il Comitato per l’Indipendenza della Sicilia, poi MIS (Movimento
per l’indipendenza della Sicilia) presieduto da Andrea Finocchiaro Aprile; vi confluiranno
Antonio Canepa, socialista rivoluzionario (poi comandante dell’EVIS, Esercito Volontario
per l’Indipendenza della Sicilia) e l’avvocato Varvaro, che rappresenteranno la sinistra del
movimento; il barone Lucio Tasca, sindaco di Palermo nel ’43, il barone La Motta, i
grossisti di tessuti Agnello, e altri, che ne costituiranno la destra. Il separatismo ha dunque
connotazioni complesse: due anime, di destra e di sinistra, e collusioni con il banditismo
locale (Salvatore Giuliano); subisce inoltre pressioni dai servizi segreti angloamericani.

9 maggio 1943. Bombardamento alleato su Palermo

10 luglio1943. Sbarco alleato fra Sciacca e Gela (c’è qui la questione storiografica della
complicità di Lucky Luciano con gli USA per costruire consenso attorno agli americani,
sostenuta da Michele Pantaleone ma negata dal mafioso stesso e da Francesco Renda)

8 settembre 1943. Viene reso noto l’armistizio di Cassibile del 3 settembre; la Sicilia è
sotto amministrazione americana (AMGOT); Genco Russo viene designato sindaco di
Mussomeli e Calogero Vizzini sindaco di Villalba.

La Sicilia è retta da un Alto Commissario: prima Musotto, filoseparatista, poi Aldisio, vicino
alla DC.

11 febbraio 1944. L’AMGOT cede il controllo dell’isola all’amministrazione italiana.

Primavera-autunno 1944. Nascono spontanee numerose manifestazioni contro il carovita


in parecchie città e si sviluppa un nuovo movimento contadino antimafia per l’occupazione
di terre incolte e la riforma agraria.

20 Settembre 1944. Un attentato a Girolamo Li Causi, segretario regionale del PCI vicino
al movimento contadino, si consuma a Villalba, feudo di Vizzini; a sparare è Beniamino
Farina, nipote di don Calò. Bernardo Mattarella, DC, dirà che si è trattato solo di un
regolamento di conti tra famiglie locali; la stessa tesi ripeterà Scelba dopo Portella.

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Ottobre 1944. Vengono varati i decreti del min. PCI Gullo, membro del primo governo De
Gasperi, di unità nazionale, relativi all’agricoltura: decreto 60/40 sulla mezzadria, decreto
sull’imponibile di manodopera, decreto sull’assegnazione delle terre incolte alle
cooperative, decreto sull’istituzione dei granai del popolo (ammasso). La gran parte dei
proprietari terrieri non li rispettarono. Il “decreto Aldisio” del 22 giugno ’45 cercò di
contenere il danno per i latifondisti modificando le proporzioni della mezzadria, 55 a 45. Il
6 settembre 1946 il decreto Segni emanato a integrazione dei decreti Gullo restò
anch’esso in larga parte disatteso; furono perfino costituite delle cooperative “gialle” di
campieri e gabelloti che contesero ai contadini le terre da affittare; furono frettolosamente
messi a coltura lotti di feudi incolti, in modo da sottrarli alle norme statuite, poiché queste
non riguardavano i terreni irrigui né quelli ad agrumi.

La lotta dei contadini, con l’occupazione dei feudi, si legò a quella degli zolfatai, com’era
già avvenuto all’epoca dei Fasci. Alla guida del movimento troviamo, a partire dal ’48, Pio
La Torre, Pancrazio De Pasquale, Nicola Cipolla e Vito Tornambé, ossia la Confederterra,
appoggiati solo da una parte del PCI (ci sarà uno scontro fra De Pasquale e Li Causi, che
contesterà la strategia di occupazione delle terre, giudicata troppo eversiva). La Federterra
contava 20.500 tesserati, di cui 4.000 donne; Lucia Mezzasalma, funzionaria, avrebbe
organizzato di lì a breve l’Associazione Donne della Campagna, aderente all’UDI.

Si avviava nel frattempo la mattanza dei sindacalisti: Andrea Raja, ucciso dalla mafia a
Casteldaccia il 6 agosto ’44, per aver organizzato un comitato di controllo dei Granai del
Popolo; Pietro Macchiarella, di Ficarazzi, assassinato il 16 gennaio 1946; Nicolò Azoti,
segretario della Camera del Lavoro di Baucina, assassinato il 21 dicembre 1946; Accursio
Miraglia, presidente della Camera del lavoro di Sciacca, ucciso il 4 gennaio 1947;
Giuseppe Casarrubea ucciso a Partinico il 22 giugno 1947, durante l’assalto alla Camera
del Lavoro; Epifanio Li Puma, sindacalista di Raffo ucciso dalla mafia del feudo il 2 marzo
1948; Placido Rizzotto, rapito e ucciso a Corleone da Luciano Liggio il 10 marzo 1948 (il
medico condotto Navarra, capomafia di Corleone, avvelenò in quell’occasione un
pastorello, Giuseppe Letizia, che aveva assistito all’omicidio; le indagini furono condotte
da Carlo Alberto Dalla Chiesa; alla CGIL succedette Pio La Torre).; infine Salvatore
Carnevale di Sciara, ucciso nel 1955, quando la madre, Francesca Serio ruppe per la
prima volta il muro dell’omertà denunciandone gli assassini, per altro rimasti impuniti.

19 ottobre 1944. Strage di via Maqueda. Un plotone di fanteria della divisione Sabauda
apre il fuoco sulla folla che dimostra pacificamente per il pane: 24 morti e 158 feriti, per
gran parte fanciulli e adolescenti (anche due donne). Altri scontri accadono per tutto l’anno
in varie città con diversi uccisi, ma questo è il più grave.

4 gennaio 1945. Maria Occhipinti guida una rivolta contro la coscrizione obbligatoria nella
sua città, Ragusa, e viene a lungo incarcerata.

10 gennaio 1945. Proclamazione della Repubblica Popolare di Piana degli Albanesi,


repressa nel sangue.

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17 giugno 1945. In un conflitto a fuoco coi carabinieri, vicino a Randazzo, resta ucciso
Antonio Canepa, che rappresentava “la sinistra” democratica dell’EVIS.

Agosto 1945. Sia il MIS, sia Andrea Finocchiaro Aprile, separatista catanese legato ai
nobili Paternò, sia l’ala destra palermitana, Marchese di San Giuliano, Barone Tasca
d’Almerita, Barone La Motta, Principe Alliata, decidono l’alleanza col bandito Salvatore
Giuliano, nominato colonnello dell’EVIS. Dopo la morte di Canepa, insomma, il
separatismo assume definitivamente connotati di destra e sposa gli interessi dei nobili
latifondisti e della borghesia agraria mafiosa.

Fra il ’43 e il ’45 De Gasperi è in contatto con Aldisio (Alto Commissario per la regione
Sicilia dal luglio ’44, carica in cui sostituisce il filoseparatista Musotto, e futuro membro
della Assemblea Costituente) e con Enrico La Loggia; in una lettera del ’43 scrive: “Ti
garantiamo che le nostre aspirazioni coincidono con quelle di tutti coloro che vedono in ciò
[l’autonomia regionale] il mezzo di conciliare l’unità nazionale con le diverse esigenze e col
diverso carattere delle regioni”. I nobili isolani finiranno dunque per abbandonare la linea
separatista, per abbracciare quella autonomistica e democristiana. Già nel ’44, quando
Aldisio diviene Prefetto di Caltanissetta, il gruppo Vizzini di Villalba passa alla DC e così
pure Mussomeli e altri paesini della provincia.

25 febbraio 1945. Si insedia la Consulta Regionale, voluta da Aldisio.

15 maggio 1946. Prima ancora del referendum istituzionale del 2 giugno per la scelta fra
monarchia e repubblica, la Sicilia ha il suo Statuto Speciale di Autonomia.

20 aprile 1947. Vittoria del Blocco del Popolo (socialisti e comunisti) alle prime elezioni per
l’Assemblea Regionale.

1 maggio 1947. Strage di Portella delle Ginestre. Undici morti e trentotto feriti. Il Ministro
degli Interni Scelba, quello secondo cui “la mafia non esiste, è un’invenzione per
screditare i siciliani”, dichiara: “Non è politico questo delitto: si è sparato sulla folla come si
sparerebbe su un singolo, per un torto ricevuto, individuale o familiare”. I documenti relativi
alla strage sono a tutt’oggi secretati, ma da qualche tempo circolano alcuni fogli degli
archivi del servizio segreto statunitense che fanno pensare a un secondo gruppo di fuoco,
oltre a quello del bandito Giuliano, forse legato alla Decima Mas di Junio Valerio
Borghese. Giuliano sarà ucciso a tradimento dal cognato Gaspare Pisciotta, a sua volta
avvelenato con un caffè all’Ucciardone, dopo aver confusamente deposto al processo di
Viterbo, dove aveva affermato: “Siamo un corpo solo, banditi, polizia e mafia, come il
Padre, il Figlio e lo Spirito Santo”.

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13 maggio 1947. Di ritorno da un viaggio negli USA, De Gasperi espelle socialisti e


comunisti dal governo di unità nazionale e dà vita a un secondo governo con liberali e
socialdemocratici: inizia il centrismo.

25 maggio 1947. L’Assemblea Regionale siciliana neoeletta vota un governo DC-


monarchici, con il Blocco del Popolo che aveva vinto le elezioni all’opposizione.

21 dicembre 1947. S riunisce a Bologna la Costituente della terra.

12 gennaio 1948. Si riunisce la Costituente siciliana della terra.

18 aprile 1948. Alle prime elezioni per il Parlamento nazionale, la DC ottiene la


maggioranza relativa e sfiora quella assoluta; nonostante il notevole consenso a PCI e
PSI, essendo questi partiti all’opposizione, il voto può considerarsi un trionfo del
centrismo, trionfo dalle molteplici ragioni, non ultima la minaccia del senatore statunitense
Marshall di non inviare gli aiuti del piano ERP, in caso di vittoria delle sinistre;
naturalmente la svolta del 18 aprile ha le sue ricadute regionali…

Restivo, DC, è presidente della Regione Siciliana ininterrottamente dal 1948 al 1955.
Diverse cosche mafiose si infiltrano pian piano nelle sezioni democristiane. Il governo
regionale ha l’appoggio del card. Ruffini. Sindaco di Palermo è il rettore dell’Università
Scaduto, preside della Facoltà di Legge. Le scelte economiche strategiche, con la
ricostruzione postbellica, si spostano dall’agricoltura all’industria. La mafia agraria, mafia
dei giardini e dei feudi, fattasi forte con il controllo dell’acqua e del mercato ittico e
ortofrutticolo, comincia lentamente a trasformarsi in mafia impresa: a controllare, oltre al
contrabbando di sigarette, anche gli appalti di opere pubbliche.

L’assessore all’industria, il monarchico Annibale Bianco, detto “lo sceicco bianco”,


concede lo sfruttamento del petrolio alla Gulf Oil Company, una delle cosiddette “sette
sorelle” americane, e quello dei sali potassici alla Montecatini.

Il 29 ottobre del 1949 i contadini di Melissa in provincia di Crotone (Calabria), guidati da un


iscritto al MSI, il disoccupato Francesco Nigro, con a seguito i propri familiari e gli attrezzi
da lavoro, occupano delle terre incolte in contrada Fragalà. La polizia chiamata dai
proprietari del fondo, dopo vari tentativi di far sgomberare i terreni, dalle maniere pacifiche
passa alle maniere forti, lanciando lacrimogeni: si creano vari tafferugli tra i reparti e gli
occupanti dove restano uccisi tre contadini: Giovanni Zito, Angelina Mauro e lo stesso
Francesco Nigro, colpiti alla schiena. Altri quindici manifestanti sono feriti. Questo episodio
ci fa capire come il malessere contadino poteva trovare sponda politica su fronti opposti,
un po’ com’era appena accaduto con il separatismo siciliano.

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1950. E’ l’anno della Riforma Agraria Fanfani, che crea una piccola proprietà agricola, per
altro incapace di far decollare la modernizzazione, con l’esproprio delle proprietà terriere
superiori ai 200 ettari e la loro ripartizione in lotti; è anche l’anno della Cassa per il
Mezzogiorno, che funzionerà da carrozzone clientelare con i suoi finanziamenti a pioggia e
a fondo perduto.

Negli anni della ricostruzione continuano, sempre più marginali, le lotte contadine che
cederanno il passo a una nuova emigrazione, stavolta non oltre oceano, ma verso il Nord
industrializzato o il Centro Europa, mentre la mafia agraria si trasforma sempre più in
mafia impresa.

8 agosto 1956. Marcinelle, Belgio. C’è un’esplosione di grisù in una miniera di carbone.
Muoiono 262 operai, dei quali 136 italiani, in gran parte meridionali.

1958-59 E’ la stagione del “milazzismo”: un governo regionale anomalo e di breve durata,


nato dall’intesa tra transfughi della DC e del PCI, un fenomeno ancora non ben studiato
che non sembra però essere solo espressione del consueto trasformismo italiano, ma
anche forse di rinato orgoglio meridionalista. L’operazione Milazzo, osteggiata dal Santo
Uffizio non meno che dalla DC (i comunisti erano stati scomunicati nel ’49), fu fatta
naufragare in uno scandalo circa la presunta compra di un candidato democristiano. Il
nuovo gabinetto vide la DC alleata dei monarchici e del MSI.

Con il governo Milazzo, in Sicilia giunge l’ENI. Alla direzione di questo ente statale, Enrico
Mattei, ex partigiano cattolico, conclude accordi per lo sfruttamento del petrolio con lo scià
di Persia, l’Urss e la Cina, aggirando Usa e Gran Bretagna e suscitando perciò l’ostilità
delle “sette sorelle”. Egli precipita su un aereo privato di ritorno a Roma dalla Sicilia nel
1962. Il giornalista de L’Ora Mauro De Mauro, che sta indagando sulla sua misteriosa
morte,scompare nel 1970 altrettanto misteriosamente; il giornalista Mario Francese, che
indaga sulla sparizione di De Mauro, sarà ucciso nel 1979.

Gli anni Sessanta (dal 1962 al 1967 si succedono governi di centro-sinistra) sono gli anni
del boom economico dopo la ricostruzione, gli anni dell’industrializzazione e della
terziarizzazione, ma anche di un nuovo esodo migratorio col più alto saldo regionale (fra il
1951 e il 1961 partono in 386 mila e fra il 1961 e il 1971 in 624 mila!).

Sono anche gli anni del Sacco di Palermo.

Già la ricostruzione dopo i bombardamenti alleati si era presentata come un ottimo


business, con il piano regolatore del 1944 e il piano di ricostruzione del 1945, che
autorizzavano la distruzione di aree verdi e ville liberty per l’espansione edilizia. Ma fu il
piano regolatore generale del 1956, aggiustato dal piano regolatore variato del 1959 che –
sindaco Salvo Lima, andreottiano poi ucciso dalla mafia nel marzo 1992, e assessore ai
lavori pubblici Vito Ciancimino, più tardi sindaco di Palermo a sua volta, condannato per

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associazione mafiosa - consegnò la città a Francesco Vassallo, carrettiere di Tommaso
Natale, autore del sistema fognario Tommaso Natale – Sferracavallo nel 1950, divenuto il
massimo costruttore del capoluogo grazie al credito della Cassa di Risparmio e agli
appoggi politici (on. Gioia, segretario provinciale DC) che gli consentirono di vincere
diversi appalti pubblici nella zona nuova della città e di affittare alla Provincia un gran
numero di edifici privati allo scopo di ospitare (inadeguatamente) istituti d’istruzione
secondaria. Accadde così la cementificazione della conca d’oro, mentre sparivano ampi
parchi urbani, come Villa Tasca, Villa Sperlinga Whitaker, il parco all’Olivuzza, il parco
Conigliera (oggi ne resta via delle Magnolie), villa Deliella di piazza Crispi. Ogni scempio
veniva opportunamente cancellato da ricorrenti sanatorie.

Gli anni Settanta sono quelli del cosiddetto “consociativismo” DC-PCI, mentre gli anni
Ottanta, nei quali si sgrana il rosario di sangue della guerra di mafia e degli omicidi
eccellenti, vedono il declino della concezione autonomistica e la presenza al governo
regionale di democratici di sinistra: sia nel ’62 sia adesso la Sicilia fa da laboratorio
sperimentale di quelle che poi saranno tendenze nazionali. Sono gli anni delle guerre di
cosche per il controllo degli appalti e delle giuliette al tritolo:

1963 strage di Ciaculli (7 poliziotti uccisi)

1968 processo ai capicosche a Catanzaro (tutti assolti)

1969 strage di viale Lazio (ucciso il boss Cavataio, con una “Giulietta” al tritolo)

1970 scomparsa di Mauro De Mauro

1971 uccisione del giudice Scaglione (che forse non era stato più in grado di “aggiustare” i
processi)

1972 sequestri Vassallo e Cassina (un conte che deteneva l’appalto dell’ANAS).

Un’esperienza esemplare di lotta alla mafia e organizzazione dal basso del movimento
contadino in tutti questi anni fu quella di Danilo Dolci. Nato a Sesana in provincia di Trieste
nel 1924, dopo un periodo trascorso a Nomadelfia coi bambini mutilati e orfani di guerra di
don Zeno Saltini, sceglie di vivere fra Partinico e Trappeto, dove fonda il “borgo di Dio” e
quindi il centro di Mirto; dà inizio al suo primo digiuno sul letto di un bimbo morto di fame
nel 1952, crea una scuola per i figli dei contadini incentrata sulla “maieutica reciproca”,
promuove uno “sciopero alla rovescia” per rimettere in funzione una trazzera
abbandonata, denuncia in Parlamento le connivenze fra mafia e politica (audizione del
1965), si batte per la costruzione di una diga sul fiume Jato che sottrarrà alla mafia il
controllo dell’acqua, denuncia col metodo dell’inchiesta il quotidiano invivibile dei “poveri
cristi” (Banditi a Partinico, Racconti siciliani); fra il 5 e l’11 marzo 1967 promuove la
“Marcia per la Sicilia occidentale e per un mondo nuovo” (duecento chilometri da Partanna
a Palermo) cui partecipa anche il giovanissimo Peppino Impastato; il 25 marzo 1970 dà
vita alla prima radio libera italiana, Radio Libera Partinico, che in una trasmissione
ininterrotta di quasi due giorni (conclusa brutalmente dallo sgombro della polizia) raccoglie
le testimonianze dei terremotati e baraccati del Belice dopo il terremoto del 15 gennaio

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1968. Più volte arrestato e processato, il “Ghandi italiano” riceve premi e lauree honoris
causa, ma soprattutto la solidarietà delle migliori menti del ‘900 da Capitini a Calvino, da
Ernesto Rossi a Carlo Levi e Bruno Zevi, da Sartre a Cocteau a Paulo Freire a Erich
Fromm, Bertrand Russell, Piaget e Bloch.

Tra il 1962 e il 1976 si svolge la prima inchiesta parlamentare antimafia; la presidenza


della Commissione fu sempre democristiana, ma furono presentate due relazioni di
minoranza, una del MSI-Destra Nazionale e una del PCI (Pio La Torre). La tesi della mafia
inesistente era definitivamente tramontata, nonostante ancora dopo la strage di Ciaculli
del ’63 il card. Ruffini avesse affermato che “la mafia è tutta un’invenzione dei comunisti”.

Nel frattempo la mafia si evolve insieme con l’evoluzione del sistema economico, pur
mantenendo sempre gli stessi referenti politici: alla vecchia mafia dei Bontate e degli
Inzerillo, dedita al contrabbando di tabacco e agli appalti pubblici, viene sostituendosi la
mafia dei Corleonesi, dei Greco e di Badalamenti a Cinisi, che trova più lucroso il traffico di
droga; si passa, attraverso una sanguinosissima guerra di mafia che copre tutti gli anni
Ottanta, dalla mafia impresa alla mafia finanziaria internazionale. Nel frattempo si
inasprisce anche la risposta dello Stato e molti dei suoi servitori cadono perché lasciati
soli.

1979 ucciso Mario Francese, giornalista (Ansa, La Sicilia, Il Giornale di Sicilia) da anni
impegnato in inchieste relative alla mafia (26 gennaio); uccisi Boris Giuliano, capo della
squadra mobile di Palermo; Michele Reina, segretario provinciale della DC di Palermo;
Giuseppe Impastato, militante di Lotta Continua che aveva denunciato da Radio Aut il
boss Badalamenti di Cinisi (9 maggio)(la madre Felicia Bartolotta si costituirà
coraggiosamente e caparbiamente parte civile, ottenendo alla fine giustizia); il giudice
Cesare Terranova con il maresciallo Lenin Mancuso

1980 cadono Piersanti Mattarella, presidente DC della regione, che si era battuto per la
trasparenza amministrativa; Emanuele Basile, capitano dei carabinieri di Monreale;
Gaetano Costa, procuratore capo di Palermo

23 aprile 1981. E’ ucciso Stefano Bontade; subito dopo è la volta di Salvatore Inzerillo:
Totò Riina finirà col regnare incontrastato

1982 Pio La Torre, segretario regionale del PCI, protagonista delle lotte contadine degli
anni Cinquanta e del movimento antinucleare a Comiso, è assassinato insieme al suo
collaboratore Rosario Di Salvo

3 settembre 1982. Muoiono in un agguato mafioso Carlo Alberto Dalla Chiesa, prefetto di
Palermo, la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente Domenico Russo

13 settembre 1982. Viene varata la legge Rognoni La Torre che configura per la prima
volta il reato di mafia e prevede il sequestro e la confisca di beni mafiosi, fondamentale per
colpire gli interessi economici (come dire precipui) della mafia. L’art. 416 bis recita:

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“L’associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della
forza di intimidazione, del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di
omertà che ne deriva per commettere delitti, acquisire in modo diretto o indiretto la
gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni,
appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé e per gli altri”

1983 è la volta di Giangiacomo Ciaccio Montalto, sostituto procuratore di Trapani e del


capitano D’Aleo a Monreale; nella strage di via Pipitone Federico muoiono il procuratore
capo di Palermo Rocco Chinnici con due carabinieri di scorta e il portinaio dello stabile
colpito dall’esplosione

Nel frattempo il pool antimafia del tribunale di Palermo, sotto la guida del procuratore
Caponnetto, prosegue il lavoro di Costa e Chinnici, grazie a giudici valorosi come Falcone
e Borsellino e ad altri più giovani come Ingroia e Spampinato, istruendo quello che sarà il
primo maxiprocesso alla mafia

1985 maxiprocesso nell’aula bunker all’Ucciardone; strage di Pizzolungo (Tp): in un


attentato al giudice Carlo Palermo, incolume, muoiono la sig.ra Asta e i suoi due gemellini;

cade Giuseppe Montana, capo sezione catturandi a Palermo; cade Ninni Cassarà, capo
della Squadra Mobile palermitana e l’agente Roberto Antiochia

1988 ucciso l’ex sindaco di Palermo Giuseppe Insalaco, che aveva testimoniato contro
Gioia e Ciancimino; ucciso il giudice Antonino Saetta con il figlio Stefano

1990 ucciso “il giudice ragazzino” Rosario Livatino, sulla Palermo-Agrigento, mentre
viaggiava senza scorta verso il Tribunale; ucciso Mauro Rostagno, ex militante di Lotta
Continua che aveva fondato nel trapanese una comunità di recupero per tossicodipendenti
e denunciava la mafia locale da una televisione libera; ucciso l’agente Agostino a Capaci
insieme con la moglie incinta

1991 ucciso l’imprenditore Libero Grassi, che aveva denunciato le estorsioni subite

1992 (marzo) ucciso l’eurodeputato andreottiano Salvo Lima in odor di mafia; è ucciso
anche il cavaliere del lavoro di Catania Ignazio Salvo (Graci e Salvo avevano l’appalto
della riscossione delle tasse e il controllo di parecchi lavori pubblici) ; (23 maggio) strage di
Capaci, muoiono i giudici Giovanni Falcone ed Emanuela Morvillo, sua moglie, e gli uomini
della scorta; (19 luglio) strage di via D’Amelio, muoiono il giudice Paolo Borsellino e gli
agenti di scorta, fra cui la giovanissima Emanuela Loi; (20 luglio) le donne
dell’associazione siciliana Donne contro la Mafia, insieme ad altre della società civile e dei
partiti della sinistra, iniziano uno sciopero della fame a staffetta a piazza Politeama, che
durerà un mese, per chiedere la rimozione dei responsabili dal Tribunale di Palermo (a
partire dal procuratore capo Giammanco) al Ministero di Giustizia e degli Interni; (3
agosto) si suicida Rita Atria, quindicenne collaboratrice di giustizia di Borsellino, sulle orme
della cognata Piera Aiello, che aveva denunciato le connivenze tra mafia e DC (deputato
Culicchia) a Partanna (Tp)¸13 settembre muore don Pino Puglisi, parroco di Brancaccio.

1993 attentati a Milano, Roma (contro il giornalista Maurizio Costanzo) e Firenza (via dei
Georgofili)

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Circa gli sviluppi degli anni ’90, ossia le collusioni fra mafia e politica nella cosiddetta
Seconda Repubblica, non ci sentiamo di fornire valutazioni, dato che tutti i processi sono
ancora in corso. E’ il caso però di ricordare che finalmente Giulio Andreotti è stato
riconosciuto “mafioso” nella sentenza di ultimo grado, anche se i reati attribuitigli sono
caduti in prescrizione. Andreotti è stato sottoposto a giudizio a Palermo per concorso
esterno in associazione mafiosa. Mentre la sentenza di primo grado, emessa il 23 ottobre
1999, lo aveva assolto “perché il fatto non sussiste”, la sentenza di appello, emessa il 2
maggio 2003, distinguendo il giudizio tra i fatti fino al 1980 e quelli successivi, ha stabilito
che egli ha «commesso» il «reato di partecipazione all'associazione per delinquere»
(Cosa Nostra), «concretamente ravvisabile fino alla primavera 1980», reato però «estinto
per prescrizione». Per i fatti successivi alla primavera del 1980 è stato invece assolto per
insufficienza di prove.

Concludiamo questo breve excursus sulla nostra storia recente, ricordando la differenza
fra sicilianismo, un malinteso orgoglio in cui alligna l’atteggiamento mafioso, e sicilianità,
che è forse quanto dire insularità e predisposizione alla solitudine. Leggiamo le parole di
Falcone. “La Sicilia è l’isola del potere e della patologia del potere. La cultura del passato
ci assilla, la mancanza di pragmatismo ci affligge. La cultura della morte non appartiene
solamente alla mafia: tutta la Sicilia ne è impregnata. Ritengo che sia la mancanza di
senso dello Stato, di Stato come valore interiorizzato, a generare quelle distorsioni
presenti nell’animo siciliano: il dualismo fra società e Stato; il ripiegamento sulla famiglia,
sul gruppo, sul clan; la ricerca di un alibi che permetta a ciascuno di vivere e lavorare in
perfetta anomia, senza alcun riferimento a regole di vita collettiva. Che cosa se non il
miscuglio di anomia e di violenza primitiva è all’origine della mafia? […] La mafia non è un
cancro proliferato, vive in perfetta simbiosi con tutti gli strati della società, spesso gode del
consenso della popolazione. La mafia si alimenta dello Stato e adatta il proprio
comportamento al suo. In quanto prodotto della sicilianità, la mafia, al pari dei siciliani, si
sente ferita dal disinteresse dello Stato e dagli errori perpetrati dalle istituzioni a danno
dell’isola. E quanto più lo Stato si disinteresserà della Sicilia e le istituzioni faranno marcia
indietro, tanto più aumenterà il potere dell’organizzazione”. Falcone insomma ci invita ad
una riflessione a partire da una provocazione: “la mafia ci assomiglia”.

Bibliografia minima

A.A. L’antimafia difficile, CSD G. Impastato, Palermo 1989

Francesco Renda, Storia della Sicilia, Sellerio, Palermo 2003

Gli scritti di Michele Pantaleone (ormai storici) tutti pubblicati da Einaudi:

Mafia e politica – Antimafia, un’occasione mancata – Mafia e droga

Mafia, l’atto d’accusa dei giudici di Palermo, a cura di Corrado Stajano, Editori Riuniti,
1986

M. Padovani, Cose di Cosa Nostra, intervista a Giovanni Falcone, Rizzoli, 1991

Luciano Violante, I corleonesi (resoconto dei lavori della Commissione antimafia da lui
presieduta), edizioni de L’Unità, 1993

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Salvatore Lupo, Storia della mafia, Donzelli, 1993

Umberto Santino, Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, 2000

Anna Puglisi, Donne, mafia e antimafia, CSD G. Impastato, CDS appunti 7-8, Palermo
1998

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