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VINCENZO SALVATORE TORRIO

Il giorno di Natale del 1883 nacque, in una casa posta in Strada S. Eufemia a Montepeloso, Vincenzo
Salvatore Torrio, figlio di Luigi Antonio Michele e Maria Rosa Pallottino. Il padre era caffettiere e la madre
filatrice.

I suoi genitori si sposarono il 25 Settembre del 1873, e fu il sesto di nove figli, nati in un arco temporale che
va dal 1874 al 1891. Si può tranquillamente ipotizzare (ma da verificare quando si potrà nuovamente
accedere all’Archivio Vescovile di Irsina) che discendesse da Francesco Paolo Torrio, primo con quel
cognome che ho trovato a Irsina, che fu Giudice Regio a’ Contratti e poi Sindaco di Montepeloso nel 1777,
antenato comune sia del nostro che di John Donato Torrio (l’onomastica dei due rami ha molti punti di
contatto).

Le scarne e qualche volta imprecise notizie biografiche che ho trovato, raccontano che conseguì il diploma
di scuola superiore, e che svolse la professione di Maestro elementare e di bancario.

Come tanti suoi concittadini (veramente imponente fu il flusso migratorio Irsinese verso le Due Americhe, a
cavallo tra l’800 e il ‘900), il T. decise di emigrare in Argentina, partendo da Genova col piroscafo
Principessa Mafalda e arrivando nel porto di Buenos Aires il 20 Settembre 1912. Andò a ricongiungersi con
suo fratello Tommaso e sua sorella Marianna, che erano emigrati lì ma due anni prima. Anche sua sorella
Maria Emmanuela emigrò, ma soltanto nel 1926.

L’esperienza argentina fu di breve durata, di soli tre anni, in quanto il T. si fece espellere per propaganda
sovversiva socialista. Ritornato in Italia (e non sappiamo se partecipò alla Grande Guerra), pose la sua
residenza non più a Irsina ma a Potenza, dove probabilmente si sposò per la prima volta. Si risposò poi con
Margherita Radogna di Matera.

Diresse il periodico “Il Lavoratore”, Settimanale della Federazione socialista lucana e della Camera del
Lavoro provinciale di Basilicata, poi Settimanale della Federazione provinciale socialista di Basilicata, poi
Organo quindicinale della Federazione provinciale socialista di Basilicata, dal 1919 al 1922.

Ovviamente, come tutti gli esponenti di spicco del Socialismo Lucano, con l’avvento del Fascismo e
l’instaurarsi di un regime di polizia, anche il Torrio fu “attenzionato” (uso un termine da questurino), e iniziò
un lungo calvario che se non gli procurò il confino, lo costrinse a diversi trasferimenti in realtà sperdute
della provincia di Potenza e a qualche arresto.

Da tenere ben presente che in quegli anni, bastava veramente poco per incorrere negli strali del regime. A
titolo di esempio: “Inoltre verso la metà di aprile del 1937, lungo la strada nazionale che conduce a Gravina di
Puglia, a pochi chilometri dall'abitato di Irsina furono rinvenute a caratteri cubitali sui paracarri le scritte : «
Abbasso il re », « Abbasso Mussolini », « Viva il Negus », « Viva i rossi spagnoli », « Viva l'on. Blum », « Viva
Thorez », « Viva Caballero ». La mattina del 1° maggio furono ancora rinvenuti, sparsi per terra, foglietti di
carta con le scritte : « Viva il Primo Maggio festa dei lavoratori. Attenti per l'assalto. Ricordiamoci del passato.
Compagni attenti, Viva la Russia ». Malgrado i ventidue arresti operati, successivamente furono trovate
nell'abitato altre scritte inneggianti al comunismo per cui il 13 giugno, mentre una quindicina degli arrestati
venivano rimessi in libertà, sei furono trattenuti in carcere e denunziati per l'assegnazione al confino. “ ( tratto
da” Il popolo al confino- La persecuzione fascista in Basilicata” di DONATELLA CARBONE). I sei Irsinesi
assegnati al confino ebbero pene variabili tra 1 e 4 anni, scontate principalmente nell’Isola di Ponza.
Constatata l’impossibilità di proseguire la sua azione politica anche clandestina (per fare ciò avrebbe avuto
bisogno di auto esiliarsi in paesi come la Francia), il T. visse quietamente (ma con quanta rabbia in corpo è
facilmente intuibile) fino al 1943, anno della caduta di Mussolini.

Divenuto capo del PSIUP lucano di Pietro Nenni (vecchia denominazione del PSI, ma seguire tutte le
scissioni e ricomposizioni della sinistra italiana è veramente cosa ardua), fu incaricato nel 1945 di far parte
della Consulta Nazionale, organo transitorio del Regno d’Italia creato per sostituire il Parlamento, fintanto
che non fossero state indette nuove regolari elezioni, cosa che avvenne nel 1946 con l’elezione
dell’Assemblea Costituente, finalmente repubblicana.

A queste elezioni il T. partecipò nelle liste del PSIUP, risultando non eletto con 4228 voti. E’ interessante
notare che il PSIUP a livello di provincia di Matera ebbe il 13,49%, mentre a Irsina, terra natale di Torrio,
appena un modesto 11,13%, superato anche dal partito dell’Uomo Qualunque. Segno evidente che i legami
tra il T. e Irsina si erano definitivamente allentati.

Fu anche Pro-Sindaco di Potenza, dal 1949 al 1950, anno della sua morte.

Nota dolente che mi preme evidenziare, è che a Irsina no vi è nemmeno una targhetta commemorativa
sulle case natie di questo e di altri suoi Figli, per esempio di Tommaso Morlino presidente del Senato,
costerebbero pochissimo ma servirebbero ad avvalorare il senso di appartenenza a questa fiera Comunità.

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