Sei sulla pagina 1di 3

UDA INTERDISCIPLINARE: XENIA ovvero “SPATRIATI”

Quando l’altro sono io:


il fenomeno migratorio agli inizi del Novecento e il caso di Sacco e Vanzetti
Per comprendere l’atmosfera di pregiudizio e di intolleranza in cui si svolse il processo a Sacco e Vanzetti, è
necessario tracciarne lo sfondo, cioè l’America del 1919, nonché descrivere brevemente quali fossero le
condizioni di vita dei due emigranti italiani dall’arrivo negli Stati Uniti.

Tra il 1865 e il 1915, circa 26 milioni d’immigrati giungono in America dall’Europa sud-orientale. Le
caratteristiche di quest’ondata migratoria creano subito diffidenza e sospetto negli americani di più antico
insediamento. Gli immigrati non conoscono la lingua, sono cattolici, poco istruiti e occupano i livelli più
bassi del mercato del lavoro.

La povertà e la fame di lavoro dei nuovi arrivati permette, quindi, lo sfruttamento di quest’ondata umana,
sottoposta a vessazioni e salari miseri, che sembra non ribellarsi pur di mantenere un impiego.
Parallelamente sorgono nelle città i quartieri etnici, dove gli immigrati vivono in ambienti malsani e
affollatissimi; in cui però si tramandano le tradizioni nazionali, si sviluppa un micro commercio e si svolgono
attività culturali.

Negli anni Dieci del Novecento, i nuovi immigrati riescono ad inserirsi meglio nella società americana,
arrivando a diventare operai specializzati, partecipando alle lotte operaie o politiche, ma talvolta anche
avvicinandosi ad attività criminose. Tutto ciò accresce la diffidenza nei loro confronti, fa emergere
sentimenti xenofobi e movimenti razzisti che rifiutano qualsiasi ipotesi di accoglienza e melting pot in nome
di ideali di purezza della razza anglosassone, minacciata dalle razze inferiori, meno intelligenti e assai
prolifiche.

Questa situazione delicata, di difficile integrazione si acutizza dopo la Prima guerra mondiale quando il
diffondersi dell’americanismo si accompagna ad atteggiamenti sempre più razzisti, dettati soprattutto dalla
paura di una Rivoluzione sociale.

La paura che gli scioperi diventino l’anticamera della rivoluzione anche negli USA si diffonde, ha inizio la red
scare (la paura dei rossi); il governo federale cercherà di prevenire, con metodi al limite della legalità, il
diffondersi dell’ideologia sovversiva e radicale.

La red scare raggiunge l’apice di violenza negli anni 1919-1920, a seguito di diversi attentati dinamitardi
anarchici che danno inizio ad una spirale di persecuzioni, i Palmer raids, rivolti verso tutti coloro che
vengono considerati sovversivi. Gli agenti irrompono in uffici, sezioni e centri culturali gestiti da sospetti,
arrestano migliaia di persone, molte delle quali saranno poi rimandate nei Paesi di origine; le garanzie
costituzionali sembrano essere sospese per far fronte all’emergenza rivoluzionaria.

In questo clima di paura e di isteria collettiva si colloca la vicenda di due immigrati italiani: NICOLA SACCO E
BARTOLOMEO VANZETTI

Bartolomeo Vanzetti, figlio di un agricoltore, era nato nel 1888 a Villafalletto nel Cuneese. A vent'anni entra
in contatto con le idee socialiste e, dopo la morte della madre Giovanna, decide di partire per l'America,
miraggio di una vita migliore per gli italiani dei primi del Novecento.

"Al centro immigrazione, ebbi la prima sorpresa. Gli emigranti venivano smistati come tanti animali. Non
una parola di gentilezza, di incoraggiamento, per alleggerire il fardello di dolori che pesa così tanto su chi è
appena arrivato in America" "Dove potevo andare? Cosa potevo fare? Quella era la Terra promessa. Il treno
della sopraelevata passava sferragliando e non rispondeva niente. Le automobili e i tram passavano oltre
senza badare a me".
Anche Nicola Sacco arrivò negli USA nel 1908; aveva diciassette anni. Sacco, che in Italia era stato calzolaio
di professione, trovò lavoro in una fabbrica di calzature a Milford, nel Massachusetts. Si sposò ed ebbe due
figli: Dante e Ines. Lavorava sei giorni la settimana, dieci ore al giorno. Nonostante ciò, partecipava
attivamente alle manifestazioni operaie dell'epoca, attraverso le quali i lavoratori chiedevano salari più alti
e migliori condizioni di lavoro. In tali occasioni teneva spesso dei discorsi. A causa di queste attività venne
arrestato nel 1916.

Le vite di Sacco e Vanzetti trascorrono così, senza incontrarsi, fino alla primavera del 1917, l’anno in cui si
formerà in embrione la trama di quello che un giorno diventerà “il caso Sacco e Vanzetti”.

Nel 1917 gli Stati Uniti entrano nel conflitto della Prima guerra mondiale fra un indescrivibile entusiasmo.
Solo gli anarchici – per la maggior parte italiani – non partecipano a quell’entusiasmo patriottico: la loro
dottrina proibisce ai lavoratori di prestare servizio militare. Nei tumulti del momento, gli anarchici emigrati
non si accorgono di essersi posti fuori della comunità americana e non sanno che, un giorno, questo sarà
fatto pagare loro duramente.

Nel maggio del 1917, il presidente Wilson firma un decreto (il Selective service act) che impone a tutti i
cittadini maschi dai 21 ai 30 anni residenti sul suolo americano di registrarsi agli uffici della leva, ancorché
gli unici passibili di coscrizione obbligatoria sono i cittadini americani. Vanzetti, che aveva richiesto il first
paper, primo passo per accedere alla cittadinanza americana, rientra tra questi. Sacco, invece, non
avendola chiesta avrebbe solo dovuto registrarsi.

È in questo periodo che Sacco e Vanzetti si conoscono. Si incontrano a Boston ad un comizio di anarchici e
simpatizzano immediatamente. Così tutto il collettivo del Massachusetts decide di fuggire in Messico. Il
soggiorno in Messico dura pochi mesi. Nell’ottobre del 1917 Sacco rientra negli Stati Uniti e trova lavoro in
una piccola fabbrica di calzature a South Stoughton, nei pressi di Brockton, Massachusetts. Vanzetti, a sua
volta, riprende ad utilizzare il suo nome e cognome originale e avvia un lavoro in proprio: ogni giorno si reca
al porto, compra del pesce e va a rivenderlo di strada in strada, trascinando una piccola carretta a mano.
Rientrati negli Stati Uniti, Sacco e Vanzetti, ormai amici, riprendono a frequentare i circoli anarchici, ed in
particolare, il gruppo autonomo di Boston

Ed è proprio dopo una riunione che Nick & Bart vengono arrestati su un tram fra Brockton e Bridgwater il 5
maggio del 1920. Bloccati da agenti in borghese, forse informati da una “soffiata”, i due italiani finiscono
dentro. Hanno nascosto nei loro cappotti armi e volantini anarchici. Tre giorni dopo il procuratore legale
Gunn Katzman, arrivato da Boston, contesta a Sacco e Vanzetti i reati di duplice omicidio, accusandoli di
aver organizzato e realizzato una rapina il 15 aprile precedente a Sounth Baintree, sobborgo di Boston, ai
danni del calzaturificio “Slater and Morrill”, uccidendo il cassiere della ditta e una guardia giurata a colpi di
pistola. E' l'inizio di un “processo di stato” che porterà all'omicidio, sulla sedia elettrica, di Nicola e
Bartolomeo.

Dopo tre processi, i due italiani vengono condannati a morte nel 1921 nonostante contro di loro non ci sia
nessuna prova certa, ma addirittura la confessione del detenuto portoricano Celestino Madeiros, che
ammette di aver preso parte alla rapina e di non aver mai visto Sacco e Vanzetti. Naturalmente non è
creduto. Anni dopo il gangster italo-americano Vincent Teresa nella sua autobiografia “Piombo nei dadi” ha
scritto che gli autori della rapina erano stati i fratelli Morelli e che uno di questi, Butsey, gli aveva detto:
“Quei due imbecilli ci andarono di mezzo. Questo ti mostra cos'è la giustizia!”.

I sette lunghi anni nel carcere di Charlestown vedono una grande mobilitazione in favore di Nick & Bart, con
azioni legali, campagne stampa, comitati, appelli, persino di Mussolini: tutto inutile.

Nicola Sacco, 36 anni, viene fulminato da una scarica elettrica alle ore 0,19: sette minuti dopo è la volta di
Bartolomeo Vanzetti, 39 anni. E' il 23 agosto 1927.
Poteva essere questa la fine di una tragica storia, ma così non è stato come già aveva dichiarato al suo
accusatore Bartolomeo Vanzetti nella sua celebre requisitoria, guardando in faccia i giurati:

“Mai vivendo l'intera esistenza avremmo potuto sperare di fare così tanto per la tolleranza, la
giustizia, la mutua comprensione fra gli uomini...Il fatto che ci tolgano la vita, la vita di un buon
operaio e di un povero venditore ambulante di pesce...è tutto! Questo momento è nostro
quest'agonia è la nostra vittoria!”.

Il destino dei due anarchici italiani, capri espiatori di un'ondata repressiva contro la «sovversione», non solo
smosse le coscienze degli uomini dell'epoca, ma, come un fantasma, continuò ad agitare l'America per
decenni. Finché nel 1977, cinquant'anni dopo la loro morte, il governatore del Massachusetts Michael
Dukakis riconobbe in un documento ufficiale gli errori commessi nel processo e riabilitò completamente la
memoria di Sacco e Vanzetti.

Potrebbero piacerti anche