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1º maggio 1947
Oltre a quello denunciato da Pisciotta, ci furono altre ipotesi sui mandanti. Una di queste fu quella
sostenuta da Girolamo Li Causi in sede parlamentare, dalle forze di sinistra e dalla CGIL, secondo la
quale il bandito Giuliano era solo l'esecutore del massacro: i mandanti, gli agrari e i mafiosi, avevano
voluto lanciare un preciso messaggio politico all'indomani della vittoria del Blocco del Popolo alle
elezioni regionali.
Sul movente dell'eccidio furono formulate alcune ipotesi già all'indomani della tragedia. Il 2 maggio
1947 il ministro dell'Interno Mario Scelba intervenne all'Assemblea Costituente, affermando che dietro
all'episodio non vi era alcuna finalità politica o terroristica, ma che doveva essere considerato un fatto
circoscritto.
Salvatore Giuliano
Salvatore Giuliano, noto come il bandito Giuliano, il Re di Montelepre, detto "Turiddu" (Montelepre, 16
novembre 1922 – Castelvetrano, 5 luglio 1950), è stato un brigante italiano. A capo di una banda
armata, per alcuni mesi sfruttò la copertura dell'EVIS, il braccio armato del Movimento Indipendentista
Siciliano attivo a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, ma il suo nome resta principalmente
legato alla strage di Portella della Ginestra (1º maggio 1947), in cui morirono undici persone e altre
ventisette rimasero ferite. Il 5 luglio 1950 il ventisettenne Giuliano venne ritrovato morto nel cortile della
casa di un avvocato di Castelvetrano: un comunicato del Comando forze repressione
banditismo annunciò ufficialmente che era stato ucciso in un conflitto a fuoco avvenuto la notte
precedente con un reparto di carabinieri alle dipendenze del capitano Antonio Perenze, un ufficiale del
colonnello Luca. Sin dall'inizio apparvero però diverse incongruenze nella versione degli inquirenti sulla
fine del bandito. Giuliano fu ucciso dal Pisciotta nel sonno nella casa di Castelvetrano dove si
nascondeva; il cadavere sarebbe poi stato trasportato nel cortile della casa stessa, dove gli uomini del
colonnello Luca e del capitano Perenze inscenarono una sparatoria per permettere a Pisciotta di
fuggire e continuare così la sua opera di confidente sotto copertura.[3] Successivamente
nel 1954 Pisciotta fu avvelenato nel carcere dell'Ucciardone dopo aver bevuto del caffè con
della stricnina.
Sulla morte di Giuliano esistono almeno cinque differenti versioni ed è stata oggetto di segreto di
Stato fino al 2016. Alcuni, come il ricercatore storico Giuseppe Casarrubea, addirittura sostengono che
il Giuliano morto in Sicilia fosse un sosia, e che il vero Salvatore fu fatto fuggire all'estero oppure
divenne latitante e fu ucciso solo alcuni anni più tardi, in un bar di Napoli, con un caffè al cianuro.
Secondo un'ultima ipotesi, al posto del bandito fu ucciso, forse intenzionalmente, un suo sosia, per
essere poi tumulato al suo posto. Per queste ragioni lo studioso Giuseppe Casarrubea ha chiesto alla
Procura di Palermo di riaprire la bara tumulata nella cappella della famiglia Giuliano a Montelepre per
accertarne l'identità. La riesumazione è avvenuta il 28 ottobre 2010 ma l'esame del DNA e gli
accertamenti medico-legali hanno confermato che i resti sepolti nella tomba della famiglia Giuliano
appartengono realmente al bandito e quindi l'inchiesta è stata archiviata
A tappitu e a vintagghiu,
mitragghiavunu la genti
Comi fauci chi meti
cu lu focu 'ntra li denti,
c'è cu cianci spavintatu,
c'è cu scappa e grida ajutu,
c'è cu jetta 'i vrazza a l'aria
a difìsa comu scutu..
E li matri cu lu ciatu,
cu lu ciatu - senza ciatu:
– Figghiu miu, corpu e vrazza
comu 'nchiommur' aggruppatu!