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Le trame nere di Guérin-Serac

– Andrea Sceresini, 20.08.2022

Ombre del Novecento Sulle tracce di un uomo senza volto e senza storia, protagonista
della destra internazionale

Il 9 marzo scorso, in Francia, è morto un uomo che per tutta la vita ha cercato di non farsi
trovare. Aveva 95 anni, era nato a Ploubezre, in Bretagna, e il suo nome era Yves Guillou.
Nel ricovero per anziani di Le Revest-les-Eaux, il villaggio alle porte di Tolone dove ha
trascorso gli ultimi cinque anni della sua esistenza, tutti lo ricordano come un signore
sorridente e pacifico, la cui indole taciturna era certo da attribuirsi al morbo di Alzheimer di
cui soffriva da tempo. Nessuno, a Le Revest-les-Eaux, poteva immaginare che quel
vecchino dai modi gentili, con i capelli argentati e lo sguardo un po’ vacuo, avesse qualcosa
di terribilmente inquietante da nascondere.

Portogallo
Era il 22 maggio 1974 quando un plotone di fucilieri di marina al comando del tenente
Matos Moniz fece irruzione al civico 13 di Rua das Praças, nel centro di Lisbona. In
Portogallo era scoppiata la rivoluzione dei Garofani, e il Movimento das Forças Armadas
stava dando la caccia a tutti i collaboratori del vecchio regime neofascista. Al 13 di Rua das
Praças – secondo alcune segnalazioni – aveva sede una finta agenzia stampa che agiva
sotto copertura per contro della Pide, la polizia politica di Salazar, e dunque bisognava
andare a darci un’occhiata. Il nome dell’organizzazione era «Aginter Press» e i suoi uffici
consistevano in quattro stanzoni stracolmi di carte e schedari. Al tenente Matos Moniz
bastarono pochi attimi per intuire che ad «Aginter Press» ci si occupava di tutto tranne che
di giornalismo: c’erano macchinari per la fabbricazione di documenti falsi e microfilm,
manuali di controguerriglia, lunghi schedari con nomi di militanti di estrema destra, appunti
sulla guerra psicologica, sulla sovversione e sui colpi di Stato. Uno dei faldoni conteneva un
breve foglio dattiloscritto, «La nostra azione politica». Il testo, in francese, recitava così:
«Noi pensiamo che la prima parte della nostra azione politica debba essere quella di
favorire l’installazione del caos in tutte le strutture del regime. Questo porterà a una
situazione di forte tensione politica, di paura nel mondo industriale, di antipatia verso il
governo e verso tutti i partiti. In questa prospettiva deve essere pronto un organismo
efficace capace di riunire attorno a sé gli scontenti di ogni classe sociale: una vasta massa
per fare la nostra rivoluzione». I militari portoghesi non potevano saperlo, ma il nome di
quella strana agenzia era già comparso cinque anni prima in un appunto redatto dai servizi
segreti italiani all’indomani della strage di piazza Fontana, il 17 dicembre 1969: «La mente
organizzatrice [degli attentati] – vi si leggeva – sarebbe tale M. Guérin-Sérac, cittadino
tedesco, il quale risiede a Lisbona ove dirige l’Agenzia Ager Interpress». Il vero nome di
Guérin-Sérac – che aveva cittadinanza francese e non tedesca, essendo nato a Ploubezre,
in Bretagna, nel 1926 – era Yves Guillou.

Banca dell’Agricoltura
Cosa fosse esattamente «Aginter Press» probabilmente non lo scopriremo mai. Grazie alle
ricerche dei giudice Guido Salvini, che negli anni Novanta condusse l’ultima inchiesta
sull’eccidio della Banca Nazionale dell’Agricoltura, sappiamo che la finta agenzia stampa di
Rua das Praças fu fondata nel settembre 1966 da Yves Guillou e dal suo braccio destro
Robert Leroy, un ex membro della Legione Wallonien delle Waffen SS. Guillou aveva
all’epoca quarant’anni e si proclamava un paladino dell’anticomunismo più intransigente.
Giovane ufficiale dell’undicesimo Régiment parachutiste de choc, aveva combattuto in
Corea, Indocina e Algeria. Nel 1962 aveva aderito all’Oas, l’organizzazione terroristico-
militare che si opponeva alla decolonizzazione del Nordafrica francese. Poi, dopo la vittoria
del Fln, aveva trovato rifugio nel Portogallo di Salazar «per continuare la lotta ed estenderla
alla sua vera dimensione, che è quella del pianeta», come avrebbe specificato in uno dei
suoi rari interventi pubblici. I mezzi, ovviamente, non sarebbero stati quelli di Gandhi.

In Italia
A cominciare dalla metà degli anni Sessanta, Guillou e Leroy iniziarono a stringere legami
operativi con i maggiori gruppi eversivi del neofascismo mondiale. In Italia i principali
contatti furono con Ordine Nuovo ed Avanguardia Nazionale, i cui militanti venivano invitati
in Portogallo per addestrarsi all’uso delle armi e degli esplosivi. È certo che tra il 30 gennaio
e l’1 febbraio del 1968 Yves Guillou ebbe un lungo incontro con Pino Rauti, mentre i
rapporti con Stefano Delle Chiaie si sarebbero prolungati per buona parte degli anni
Settanta. Così, nel giro di poco tempo, «Aginter Press» divenne la centrale operativa della
cosiddetta «Internazionale nera», le cui spire si estendevano dall’Europa occidentale al
Sudafrica dell’Apartheid.

Africa
Nel Terzo Mondo gli uomini di Aginter si misero al servizio dei movimenti anti-
decolonizzazione, organizzando attentati e operazioni di controguerriglia in Algeria,
Repubblica del Congo, Tanzania, Angola e Costarica. Sarebbero stati loro – secondo gli
inquirenti italiani – ad assassinare nel 1969 il leader del Fronte di Liberazione del
Mozambico Eduardo Mondlane, «reo» di essersi ribellato alle autorità portoghesi. Ma la vera
specialità dei «lisbonesi» era soprattutto l’infiltrazione: sul finire degli anni Sessanta, dopo
essersi spacciato per un reporter maoista, l’ex Waffen SS Robert Leroy riuscirà a intrufolarsi
in diversi gruppi dell’estrema sinistra italiana, spingendoli su posizioni eversive e offrendo
loro armi e tritolo. «A nostro avviso – si legge ancora nel documento La nostra azione
politica -, la prima azione che dobbiamo lanciare è la distruzione delle strutture dello Stato
sotto la copertura dell’azione dei comunisti e dei filocinesi. Ciò creerà un sentimento di
antipatia verso coloro che minacciano la pace di ciascuno e della nazione». È lo schema-
base di quella che sarà chiamata la strategia della tensione: organizzare attentati, farne
cadere la responsabilità sui gruppi di sinistra e innescare così la reazione repressiva dello
Stato. Di lì a poco ci sarà la strage fascista del 12 dicembre – e il capro espiatorio, non a
caso, saranno gli anarchici.

Ha dichiarato alcuni anni fa l’ex terrorista nero Vincenzo Vinciguerra, già militante di Ordine
Nuovo e Avanguardia Nazionale, e autore, nel 1972, dell’attentato di Peteano: «Gli agenti di
Guillou parteciparono direttamente ai fatti italiani, compresa l’operazione di piazza
Fontana». Vinciguerra e Guillou si sono conosciuti a Madrid nel 1974. Erano entrambi
latitanti: il primo fuggiva da un mandato di cattura della magistratura italiana, il secondo
aveva dovuto abbandonare precipitosamente Lisbona dopo il trionfo della rivoluzione dei
Garofani. «Ideologicamente, Guillou era un fondamentalista cattolico – racconterà
Vinciguerra -. Era un uomo molto pericoloso, molto affascinante e molto intelligente. Alle
sue spalle c’erano senza dubbio i servizi segreti americani: l’obiettivo era sconfiggere i
movimenti operai e stabilizzare l’Europa in senso anticomunista».

Volantini
Quale sia stato l’esatto ruolo di «Aginter Press» nella strage della Banca Nazionale
dell’Agricoltura non è dato a sapersi. Di certo, oltre a quella celebre velina del 17 dicembre,
c’è il fatto che vicino al luogo dell’eccidio furono rinvenuti alcuni finti volantini ornati di
bandiere rosse, con la scritta: «Autunno 1969, l’inizio di una lotta prolungata». Spiegherà
l’allora sostituto procuratore Ugo Paolillo, che fu il primo magistrato a indagare sulla strage:
«Accertammo che la carta veniva dalla Svizzera e che i manifesti erano ricollegabili
all’Oas». E poi: «Era una firma che riconduceva a Guérin-Sérac, il responsabile militare
dell’Aginter Press. Proprio di Sérac mi parlò una persona, forse collegata ai servizi segreti,
che chiese di vedermi a poche ore dalla strage. Non fidandomi registrai il colloquio.
Purtroppo quel nastro è andato perduto».

Nella primavera del 1974, mentre gli uomini del comandante Matos Moniz facevano
irruzione a Rua das Praças, i reduci di «Aginter Press» avevano già trovato rifugio nella
Spagna franchista. Da lì, grazie anche al supporto di Vinciguerra e di altri «fuoriusciti»
italiani, organizzarono numerose operazioni di «controguerriglia» in Portogallo e nelle isole
Azzorre, nel vano tentativo di rovesciare il nuovo governo antifascista. L’impresa più
clamorosa risale però all’estate del 1975, quando Guillou e i suoi luogotenenti idearono una
serie di attentati dinamitardi contro le sedi delle ambasciate algerine di Roma, Bonn, Parigi
e Londra. Le azioni furono tutte rivendicate da un’organizzazione inesistente, i «Soldats de
l’Opposition Algérienne», ma la cosa che più spiccò all’occhio fu che per confezionare
l’ordigno deposto in Germania erano state utilizzate nove cartucce di esplosivo militare C4,
prodotto negli Stati Uniti e in dotazione alle forze Nato.

Cile
Fino agli anni Novanta l’unica immagine nota di Yves Guillou era una vecchia istantanea in
bianco e nero, peraltro ripresa di spalle. Il «grande vecchio» della strategia della tensione
era un uomo senza volto e senza storia. Nessuno sapeva che fine avesse fatto: dopo la
morte di Francisco Franco, nel novembre del 1975, si era probabilmente trasferito nel Cile
di Pinochet, ponendosi al servizio di nuovi assassini e nuovi macellai. Dopodiché, era
letteralmente scomparso nel nulla. Tra il 1999 e il 2010, nell’ambito delle indagini sulla
strage di piazza della Loggia, la procura di Brescia produrrà sul suo conto due distinte
rogatorie indirizzate alle autorità francesi e spagnole. Per tutta risposta, oltre a una recente
fotografia in formato tessera dell’ormai anziano ex militare, i magistrati lombardi
riceveranno un lungo elenco di presunti indirizzi di residenza sparsi tra le isole Canarie,
Madrid, Siviglia e la Costa Azzurra – tutti immancabilmente deserti. «Se ne conclude –
chiosa l’ultima relazione del Fiscalía Provincial di Madrid – che Yves Guillou si trova in luogo
sconosciuto».

Com’è possibile che le istituzioni di due paesi europei, dietro precisa richiesta della
magistratura italiana, non siano state in grado di individuare un cittadino residente sul
proprio territorio è un’altra questione che resterà probabilmente insoluta. Ciò che sappiamo
con certezza è che il 12 marzo scorso, su un sito internet francese, è comparso il seguente
annuncio: «Siamo addolorati di informarvi della morte di Monsieur Yves Guillou, avvenuta a
Le Revest-les-Eaux all’età di 95 anni». È da qui che siamo partiti.

Per raggiungere Le Revest-les-Eaux bisogna inerpicarsi lungo una strada tortuosa fatta di
infiniti tornanti. Il villaggio sorge arroccato sul cucuzzolo di una collina, ai piedi di un’antica
torre saracena del XIII secolo. Gli abitanti sono poco più di tremila, per la maggior parte
molto anziani e molto benestanti. È in questo angolo di paradiso che il fondatore di «Aginter
Press» si è spento con serenità in un tiepido giorno di fine inverno. Non è stato difficile,
presentandosi agli impiegati comunali come vecchi amici di famiglia, scoprire che Yves
Guillou ha avuto come ultima residenza la locale maison de retraite, una piccola casa di
riposo dalla facciata bianca e piena di vetrate. Era malato di Alzheimer – ci hanno detto – e
perciò parlava molto poco. «Il povero signor Yves è arrivato qui nel 2017 – racconta in un
inglese strascicato la direttrice dell’istituto -. Di rapporti con la famiglia non ne aveva ormai
da anni. Però gli restavano molti amici, ed era gente che gli doveva essere parecchio
affezionata. Venivano a trovarlo praticamente ogni giorno, nonostante il fatto che avere un
dialogo con lui fosse quasi impossibile. Era un tipo proprio speciale, il nostro signor Yves».

Quanto il «signor Yves» fosse effettivamente «speciale» la direttrice della maison de


retraite non può nemmeno figurarselo. I misteriosi amici che venivano a chiacchierarci con
tanta assiduità in barba all’Alzheimer, invece, è probabile che ne sapessero qualcosa in più.
Dopo qualche insistenza, sempre giocando la carta dei vecchi legami famigliari, siamo
riusciti a ottenere il contatto di uno di loro. Lo chiameremo Monsieur B., ha circa 65 anni e
fa l’imprenditore in una cittadina della Côte d’Azur. La storia che ci ha raccontato è la
seguente: lui e Yves Guillou si sono conosciuti circa un decennio fa a Villefranche-sur-Mer,
una tranquilla stazione balneare alle porte di Nizza. All’epoca l’ex ufficiale divideva un
appartamento con la propria compagna e Monsieur B. era suo vicino di casa. Nel 2016 la
fiancée di Guillou morì all’improvviso e i figli di lei, che evidentemente non lo avevano mai
avuto in simpatia, sbatterono il vecchio militare in mezzo a una strada. Così Monsieur B.
accompagnò il suo anziano vicino a Le Revest-les-Eaux e lo aiutò a sistemarsi nella piccola
casa di riposo in cima alla collina. «Lo andava a trovare spesso?», gli abbiamo chiesto.
«Certo, tutte le settimane». «E si è mai fatto raccontare la storia della sua vita?» «Oh no, di
quello il signor Guillou non parlava proprio mai – si è affrettato a rispondere Monsieur B. -.
So che è stato militare in Corea e Algeria, e credo che abbia anche avuto dei problemi legali
con le autorità francesi. Ma di cosa abbia fatto in seguito, diciamo tra il 1960 e il 2010, non
ne ho la benché minima idea. È probabile che a Villefranche-sur-Mer fosse conservato
qualche documento a riguardo, ma quando hanno sgomberato l’appartamento i figli della
signora hanno gettato tutto nell’immondizia. Sapete: è gente che fa uso di droga…».

Non farsi trovare, in un mondo interconnesso come quello in cui viviamo, è qualcosa di
assai complicato. O forse basta avere gli amici giusti, specie se il tuo silenzio fa ormai più
comodo agli altri che a te. Yves Guillou da Ploubezre, che ha trascorso una vita al servizio
del potere, facendo assassinare innocenti e cercando di riportare indietro le lancette della
storia, alla fine è riuscito nel suo intento. Oggi lo abbiamo trovato, ma quello che avrebbe
potuto dire non lo dirà mai più.

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