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Il movimento antroposofico italiano

durante il regime fascista


di Michele Beraldo


Introduzione

Un ruolo importante nella vita e nella cultura italiana della prima metà
del Novecento fu esercitato da forti correnti spiritualiste, quasi sempre
d’importazione straniera, che si diffusero in Italia fino agli anni Venti.
Queste correnti di pensiero, unificate dalla comune avversione al posi-
tivismo e alla ricerca di una via spirituale conciliabile con la scienza e la
modernità, delle quali facevano parte personaggi in vista della società
italiana, spesso legati alla Massoneria, trovarono una forte opposizione
prima nell’emanazione delle leggi contro le associazioni segrete del
, e più ancora a causa della firma del Concordato tra Stato e Chiesa
nel . Quest’ultimo evento, in particolare, innescò quel processo di
dissolvimento da una parte, e tentativo di omologazione dall’altra, che
mise fine al variegato mondo dello spiritualismo italiano e ne determinò
la decadenza anche nel secondo dopoguerra.
Il movimento esoterico italiano nei primi anni del Ventennio era
composto principalmente dalla Massoneria, dalla Società teosofica ,
dalla Lega teosofica indipendente, da un nutrito gruppo di persone
che si rifacevano all’antroposofia steineriana, da coloro che seguivano
Giuliano Kremmerz, Guido De Giorgio e il pensiero antimoderno di
R. Guénon, e da una piccola comunità che ruotava attorno alla Bestia
Aleister Crowly, per un periodo residente in Italia a Cefalù e poi rispe-
dito in patria dal governo fascista. Della complessità della costellazione
spiritualista italiana il governo fascista poco o nulla sapeva e le informa-
tive che la polizia raccoglieva spesso risultavano limitate da un’incerta
lettura del fenomeno da parte degli stessi funzionari. La grossolanità
delle indagini conduceva, per esempio, a ignorare la presenza in Italia di
numerosi soci aderenti alla Lega teosofica indipendente facente capo a
Decio Calvari e sua moglie Olga, animatori della rivista “Ultra” e di un
Gruppo di studi romano (il “Roma”) fedele alla linea blawatschiana, in
contrapposizione a quella besantiana.
Le leggi promulgate nel  contro le associazioni segrete – rese ese-
Dimensioni e problemi della ricerca storica, n. /
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MICHELE BERALDO

cutive a partire dal  novembre – erano prevalentemente finalizzate alla


soppressione delle logge massoniche del Grande Oriente d’Italia, detto
di palazzo Giustiniani, e della Grande Loggia, detta di piazza di Gesù,
e quindi ostacolarono solo indirettamente l’operato certo non segreto
delle due società teosofiche e quello meno ufficiale, ma pur sempre alla
luce del sole, degli steineriani.
Non è qui il caso di accennare alla complessità delle questioni collega-
te al movimento massonico, sarà sufficiente accennare alla componente
massonica nelle alte sfere della gerarchia fascista e ai tentativi che lo
stesso Mussolini fece per costituire prima una massoneria in chiave an-
ticoncordataria e poi, dopo il , di stampo cattolico. L’attenzione di
questo studio è quindi rivolta soltanto verso il movimento antroposofico
italiano e alla sua problematica coesistenza con il regime fascista.


Il sorgere del movimento antroposofico in Italia
e il suo radicarsi nella cultura esoterica degli anni Venti

La diffusione in Italia dell’antroposofia è da farsi risalire all’anno ,


allorché Rudolf Steiner, che in quel periodo non aveva ancora lasciato la
Società teosofica tedesca di cui era a capo, visitò l’Italia sostando a Roma
dal  marzo al  aprile, dove tenne presumibilmente otto conferenze
su invito di Elika del Drago, principessa d’Antuni. Esse si svolsero in
palazzo del Drago, eccetto quella del  marzo e del  aprile che tenne
nella nuova sede del Gruppo “Roma”, in via Gregoriana , affiliato alla
Lega teosofica Indipendente di Decio Calvari.
A Roma Rudolf Steiner ebbe modo di incontrare la personalità che
più di altre avrebbe contribuito alla diffusione dell’antroposofia in Italia:
il medico chirurgo Giovanni Romano Colazza, già massone e vicepresi-
dente del gruppo teosofico Roma, conferenziere apprezzato ed estensore
di alcuni articoli comparsi sulla rivista antipositivista e di ispirazione
teosofica la “Nuova Parola”, alla quale collaborava il suo intimo amico
e compagno di classe Giovanni Amendola. A seguito dell’incontro con
Rudolf Steiner, Colazza si convinse della necessità di una diversificazione
tra teosofia orientale e occidentale, confusione invece su cui si fondava il
pensiero della presidente della società, Annie Besant. Con una conferenza
intitolata La respirazione e l’occultismo, tenuta nella sede del gruppo Roma
nell’aprile del  (nello stesso mese Steiner fece nuovamente quattro
conferenze: tre a palazzo del Drago dalla principessa d’Antuni e una
presso la sede del gruppo teosofico della Lega indipendente), Giovanni
Colazza rafforzò i concetti espressi da Steiner, sconsigliando l’applicazione
di forme orientali di meditazione in chi vive entro organismi fisici non più


IL MOVIMENTO ANTROPOSOFICO ITALIANO DURANTE IL REGIME FASCISTA

adattabili alle antiche correnti spirituali e inseriti in un tessuto sociale,


quello occidentale, assai diverso, per forma e costituzione, da quello
orientale: «Il voler applicare esclusivamente i metodi indiani nel nostro
tempo e alla nostra razza, significa non tener conto né dell’evoluzione
che ha modificato considerevolmente la possibilità del nostro organismo,
né delle nuove correnti spirituali immesse nel mondo».
Gli incontri romani in casa della principessa del Drago portarono alla
fondazione di un gruppo di studio riservato a coloro che intendevano
aderire alla visione steineriana del mondo anche in Italia. Fu Steiner stesso,
nel frattempo uscito definitivamente dalla Società teosofica e dimessosi
dall’incarico di presidente per la Germania, ad incaricare Giovanni Co-
lazza di condurre il primo gruppo di studi italiano di antroposofia che
chiamò “Novalis”, tuttora operante in Roma.
Nel medesimo periodo a Milano sorsero due distinti gruppi: il primo
costituito dalla principessa Troubetzkoi il  febbraio del  e chiamato
“Lombardia” del quale non restano tracce. Un secondo, e più importan-
te, venne fondato il  febbraio dello stesso anno da Charlotte Ferreri e
dalla poetessa per l’infanzia Lina Schwarz con il nome di “Leonardo da
Vinci”, attivo fino a pochi anni fa. In definitiva, nel  erano attivi in
Italia cinque gruppi ufficiali (cioè riconosciuti dalla Società antroposofica
internazionale): i due di Milano, quello di Colazza a Roma e il successivo
diretto dalla baronessa de Renzis, sempre a Roma, chiamato “Pico della
Mirandola”; inoltre v’era un quinto gruppo a Firenze, l’“Etruria” guidato
da Agnes Steineger.
Terminata la prima guerra mondiale, la componente antroposofica,
non ancora costituitasi in società nazionale, continuava a radunarsi
a Milano e a Roma all’interno dei gruppi ufficiali, mentre numerosi
studiosi sparsi per l’Italia conducevano in proprio o in circoli ristretti lo
studio delle opere di Rudolf Steiner e analoghi cicli di conferenze. Nel-
l’immediato dopoguerra, i maggiori interpreti e divulgatori del pensiero
antroposofico furono a Milano Lina Schwarz, a Roma Colazza, il duca
Colonna di Cesarò, sua madre la baronessa Emmelina de Renzis, il poeta
Arturo Onofri e Alcibiade Mazzerelli. Si aggiunga poi il compositore e
poeta Lamberto Caffarelli di Faenza che, già teosofo, approfondì l’opera
steineriana grazie alla mediazione di Alcibiade Mazzerelli, di fatto segre-
tario del Gruppo Novalis.
Mazzerelli fu una delle figure chiave dell’intero movimento antro-
posofico italiano. Nato a Foiano della Chiana in provincia di Arezzo
nel , lavorò a Roma presso la Real Casa a servizio della Regina Mar-
gherita fino ai termini del pensionamento, per poi tornare al suo paese
d’origine dove visse fino alla morte nel . Responsabile, assieme a
Giovanni Colazza, del Gruppo Novalis, divenne, assieme alla poetessa


MICHELE BERALDO

Lina Schwarz e a Emmelina de Renzis, il referente principale di Steiner


in Italia per l’opera di traduzione dei numerosi cicli di conferenze. Più
di altri egli si produsse in una efficientissima opera di divulgazione degli
scritti ciclostilati e più volte copiati, che venivano spediti a chiunque ne
avesse fatto richiesta.
Un altro importante protagonista degli ambienti antroposofici, ma
anche personaggio politico, dell’Italia nei primi decenni del secolo scorso
fu Giovanni Antonio Colonna duca di Cesarò. Nato a Roma nel , si
dedicò all’attività pubblicistica e, eletto deputato nel  con il partito
radicale, si distinse subito per il suo violento antigiolittismo. Teorizzatore
di un «imperialismo democratico», mirante all’espansione commerciale
e finanziaria, sostenne tiepidamente l’entrata in guerra dell’Italia. Nel
dopoguerra divenne autorevole esponente del partito Democratico sociale
e fu ministro delle Poste nel governo Facta () e in quello Mussolini.
In posizione critica nei confronti della politica di Mussolini, si dimise
però dall’incarico il  febbraio . Decaduto dal mandato parlamentare
il  novembre , aderì al movimento antifascista liberal-conservato-
re dell’Alleanza nazionale per i pochi mesi che esso riuscì ad operare
(giugno-novembre ). Da allora in avanti si astenne da ogni impegno
politico, per dedicarsi ai suoi studi di antroposofia, cooperando con la
madre, Emmelina de Renzis, alla diffusione delle opere di Steiner in Italia.
Fondò e diresse, assieme a Vincenzo Picardi, la rivista di politica e cultura
“Rassegna contemporanea”, attraverso la quale tenne informati i lettori
sugli eventi che portarono alla fondazione della Società antroposofica
nel . Dal  febbraio  fino alla chiusura nel dicembre dello stesso
anno, diresse la rivista “Lo Stato democratico. Rassegna quindicinale di
Politica”, che ospitò numerosi interventi dell’allora antifascista ma anti-
democratico Julius Evola. Probabilmente, con lo pseudonimo di Arvo,
partecipò all’esperienza evoliana di “Ur”; mentre con lo pseudonimo Saro
Giudice l’orientalista e antroposofo Pappacena suppone abbia tradotto
le tre conferenze di Steiner su La filosofia di Tommaso d’Aquino (Carabba,
Lanciano, ); sua è anche la prefazione a Le entità Spirituali nei corpi
celesti e nei regni della natura di Steiner, pubblicato a Milano  ITE nel
. Considerato tra i maggiori esponenti della massoneria meridiona-
le, viene ricordato anche per una corrispondenza con Kandinskj, del
quale tradusse Della spiritualità nell’arte, particolarmente nella pittura.
La madre di Colonna, baronessa Emmelina Sonnino (sorella di Giorgio
Sidney Sonnino), in seconde nozze divenuta de Renzis, manteneva in Italia
«l’esclusiva concessionaria per le traduzioni delle opere antroposofiche
steineriane» e conduceva il secondo gruppo romano di studi antropo-
sofici, il Pico della Mirandola, con l’aiuto del figlio e del poeta Arturo
Onofri. Delle sue vicende biografiche abbiamo poche e scarne notizie – lo

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IL MOVIMENTO ANTROPOSOFICO ITALIANO DURANTE IL REGIME FASCISTA

stesso Pappacena, per l’opera Di alcuni cultori della scienza dello Spirito,
non riuscì che a raccogliere pochissimi elementi biografici – tanto che
non si conosce la data di nascita e si presume solamente quella di morte,
avvenuta comunque durante la seconda guerra mondiale. La de Renzis
conobbe Steiner durante il IV convegno internazionale di filosofia nel 
a Bologna, dove ebbe forse modo di accordarsi in vista di successive
traduzioni delle sue opere.
Nella sua casa, dapprima in via Po , successivamente in via Gregoria-
na , nello stesso stabile in cui era la sede del gruppo Roma appartenente
alla Lega teosofica indipendente, si riunivano abitualmente gli antroposofi
per discussioni e conferenze. Insieme al figlio, e alla poetessa per l’infanzia
Lina Schwarz, rappresentò i soci italiani durante il convegno di Natale
del , a Dornach, nel quale venne fondata la Società antroposofica
universale.
Nel , con l’avvento al potere di Mussolini, l’ambiente antro-
posofico italiano non sembrò rispondere negativamente. Il fatto che al
governo venisse confermato l’onorevole Colonna di Cesarò diede forse
loro l’illusione di ispirare una certa simpatia al nuovo esecutivo, tanto
che il maggior esponente culturale in ambito antroposofico, il poeta
romano Arturo Onofri (-), auspicava, in seno alla rivoluzione
fascista, una resurrezione dei valori dello spirito, secondo i caratteri an-
troposofici. La traduzione di un capitolo del libro Tra Sfinge e Gral dello
studioso steineriano Ernst Uehli, commentato nel  su “Le Cronache
d’Italia”, e intitolato Il rinnovamento del sangue nell’artista come base
dell’espressionismo, veniva perciò, come si legge nell’incipit, dedicato
«A S. E. Giovanni Gentile Ministro della Pubblica Istruzione»:

E certo se ne renderà conto il nuovo Governo che oggi è realmente il più elevato
esponente della nazione; senza una vasta, intensa e costante campagna di rinno-
vamento spirituale, senza liberare lo spirito asservito alla falsa politica, cioè alla
politica economica di uno stato oramai decrepito, senza un’ardente campagna di
rinnovamento della coscienza dei valori superiori ed inferiori, senza la fondazione
di una nuova gerarchia sociale, non si potranno vincere del tutto le coalizioni del
ventre, le sette, le cricche, i partiti, gli egoismi cinici, gli sfruttamenti sfrontati,
i ciarlatanismi, le reali e finte ignoranze, gli isolamenti micidiali che tentavano,
tentano e tenteranno di ingoiare o soffocare la grandezza del nostro presente e
dell’avvenire imminente. La mediocrità più volgare e il banditismo affaristico,
che si finge politico ma è solo quattrinaio, riprenderanno inesorabilmente il
sopravvento, e in tal caso, novellamente coalizzati, tutto ingoieranno. Bisogna
ridare ai nostri fratelli il senso dell’eterno e dell’universale, che è andato smarrito,
bisogna far sentire che la vita ha un altro scopo. Bisogna dare all’Italia nuova un
nuovo contenuto, una nuova realtà spirituale.

Questa attestazione di fiducia verso il nuovo esecutivo non riuscì però


MICHELE BERALDO

ad impedire a Vincenzo Gerace di definire, in un articolo sul “Mondo”,


l’estetica dell’Uehli, e di riflesso quella onofriana (che con questo com-
mento poneva le basi del libro Nuovo Rinascimento come arte dell’Io)
come veicolatrice di pangermanismo assieme ad una buona dose di lutera-
nesimo. Pertanto le teorie antroposofiche sull’arte sarebbero state capaci
di sovvertire la tradizione italica, fondata sulla latinità e l’universalità, da
conservare e difendere «in tanto è nazionale, in quanto è cattolica e non
luterana». La proposta culturale di Onofri andava pertanto a scontrarsi
con la corrente nazionalista di tradizione cattolica maggioritaria all’in-
terno del movimento fascista, nel cui alveo erano tuttavia presenti anche
le correnti dell’idealismo gentiliano, della massoneria, fino alle frange
kremmerziane, martiniste, teosofiche e parte di quelle antroposofiche.
Nel caso del movimento teosofico, per esempio, si osservavano al suo
interno due correnti, quella besantiana, ostile alla politica nazionalista e
dittatoriale del duce, e quella strettamente blavatschiana, pre-Krischna-
murti che, per ragioni forse di opportunismo, stendeva, per tramite del
suo presidente sulla rivista “Ultra”, accorati appelli di riprovazione verso
gli attentati al duce e che, per spirito di sopravvivenza, si univa al coro dei
concordatari felicitandosi della raggiunta intesa tra Stato e Chiesa.
Non è un caso che la rivista di Decio Calvari, che nel suo campo era
la più longeva d’Italia, e che contava tra i suoi autori i maggiori studiosi
d’esoterismo dell’epoca, cessasse nel  le pubblicazioni per ragioni
unicamente commerciali, cioè la «constatata ripetuta insufficienza degli
abbonamenti in confronto delle spese di stampa». Non quindi per
ragioni politiche o di censura, come era accaduto al quindicinale di com-
battimento evoliano “La Torre”, naturale continuazione dell’esperienza
esoterica sorta in seno alle riviste “Ur” e “Krur”, che nei primi mesi dello
stesso anno, e dopo pochi numeri, dovette chiudere per l’intransigenza
politica di alcuni gerarchi verso l’intento «superfascista», del già teosofo
e antifascista Julius Evola, di ricondurre a un ordine aristocratico dello
spirito, in seno alla tradizione pagana, il regime mussoliniano.
Se da un lato dunque vi fu un tentativo, seppur modesto, di incidere
il corso della storia politica italiana attraverso la cultura esoterica da
parte di un ramo del teosofismo (la Lega teosofica indipendente) e da
parte dell’antroposofia attraverso una rimeditazione del cristianesimo,
nell’ambito esoterico si affermò d’altra parte anche un filone strettamente
anticristiano, rifacentesi alla tradizione romana, che auspicava una restau-
razione in senso “pagano” del fascismo. Quest’ultimo gruppo – formato
da Amedeo Rocco Armentano (-), il massone Arturo Reghini
(-), suo discepolo, già teosofo, Giulio Parise (-), e Julius
Evola (-) – doveva avere espressione palese (attraverso le riviste) e
contemporaneamente occulta influenzando per via sottile le gerarchie del


IL MOVIMENTO ANTROPOSOFICO ITALIANO DURANTE IL REGIME FASCISTA

fascismo. Ma, come scrive Renato del Ponte, «l’auspicata svolta in senso
pagano da parte del fascismo sperata dalla corrente tradizionalista romana
non solo stenta a verificarsi, anzi è messa pericolosamente in forse dalle
mene degli ambienti cattolici e clericali». Mussolini da parte sua, se da
un verso prestava occultamente il fianco ai frondisti del tradizionalismo
pagano, dall’altro si impegnava per una soluzione conciliatrice tra Stato
e Chiesa. In questo contesto, volto a persuadere il duce della necessità di
una riattualizzazione dello spirito tradizionale romano, si inserisce l’espe-
rienza del gruppo di “Ur”, forse l’ultimo tentativo di influenzare secondo
scopi esoterici la politica fascista. “Ur. Rivista di indirizzi per una scienza
dell’Io”, sorta nel , e diretta formalmente dal solo Evola, ospitava
sotto pseudonimi gli esponenti migliori dell’esoterismo italiano dell’epoca.
Molti di loro furono antroposofi come Arturo Onofri (Oso), Giovanni
Colazza (Leo e molto probabilmente Breno e Krur), il duca Colonna
di Cesarò (probabilmente Arvo, ma l’attribuzione non è sicura), il poeta
Girolamo Comi (Gic) inizialmente steineriano, poi cattolico, Corallo
Reginelli (Taurulus) anch’egli inizialmente antroposofo, fino ad Aniceto
Del Massa (Saggitario) che fu più di un simpatizzante dello Steiner.
Assieme a loro, che erano la maggior parte, collaborarono attivamente
lo stesso Evola e Reghini, il futuro psicoanalista Emilio Servadio, Giulio
Parise, i cattolici eterodossi Guido De Giorgio e Nicola Moscardelli as-
sieme al kremmerziano Ercole Quadrelli, oltre ad una manciata di nomi
non identificati o dall’incerta attribuzione.
Il valore che la rivista assunse in seno alla compagine esoterica italiana
ed europea fu di gran lunga superiore rispetto ad altri più settari tentativi
di condizionare in senso esoterico l’azione politica mussoliniana, come
le riviste “Ignis” e “Atanor”, se non altro per la compagine steineriana
al suo interno che influiva sull’orientamento spirituale permettendo
una convergenza fra le forme della tradizione – e così accontentare la
fronda pagana – e il cristianesimo. L’influenza esoterica e operativa si
sarebbe dovuta realizzare non tanto, però, su di un piano meramente
intellettuale, ma piuttosto attraverso un’azione di natura psichica, cioè
attraverso una catena di persone entro la quale «potesse innestarsi, per
evocazione, una vera influenza dall’alto». Quello che veniva conside-
rato tra i più importanti veicolatori di tale energia era colui che in quel
periodo rappresentava il movimento antroposofico in Italia e verso il
quale Evola dimostrava assoluto rispetto: Giovanni Colazza, fondatore
e presidente del gruppo Novalis di Roma. La misura della “devozione”
che Evola provava nei confronti del medico antroposofo è evidente nella
sua costanza di divulgare – attraverso articoli firmati Leo – quanto veniva
detto durante le riunioni di gruppo. Questa esperienza di catena psichica,
che ambiva ad «esercitare, da dietro le quinte, un’azione perfino sulle


MICHELE BERALDO

forze predominanti nell’ambiente generale di allora», che non mancò


di suggestionare il superstizioso Mussolini, continuò per l’anno 
fino a quando Evola venne accusato di plagio dal coredattore e amico
Reghini per il contenuto del libro Imperialismo pagano, ultimo tenta-
tivo da parte del filosofo e pubblicista di far desistere dall’accordo con
la Chiesa il regime fascista; il titolo e il contenuto del testo erano molto
simili ad un vecchio articolo del  di Reghini. La querelle, che ebbe
un seguito giudiziario e vide tra i testimoni di Evola lo stesso Colazza, si
concluse con una ritrattazione da parte del direttore di “Ur”.
“Ur”, nel frattempo, proseguì le pubblicazioni con il titolo “Krur.
Rivista di scienze esoteriche” mantenendo la stessa linea editoriale della
precedente testata, con l’esclusione però di Reghini e di Parise, che rifon-
darono, per un solo numero, la vecchia rivista “Ignis”. Sul finire del 
anche “Krur”terminò la sua esistenza confluendo in una nuova rivista
di breve durata e di minore speculazione esoterica (“La Torre. Foglio
di espressioni varie e di tradizione una), cui Evola fece però mancare
l’apporto degli steineriani. Nei tre anni in cui esistette, comunque, la
rivista “Ur-Krur” permise a un gruppo rappresentativo di antroposofi di
esporre parte della concezione del mondo steineriana e di rendere nota,
attraverso le notifiche ai margini dei risvolti della rivista, la già ampia,
per l’epoca, pubblicistica antroposofica: le opere dello Steiner in lingua
tedesca, quelle del poeta Arturo Onofri, finanche l’opera dello Wach-
smuth, Le forze eteriche plasmatrici nel cosmo, nella terra e nell’uomo,
pubblicate dalla Atanor nel .
Un’altra rivista che concesse molto spazio al movimento steineriano
fu “I nostri Quaderni”, pubblicata in Lanciano e diretta dall’indologo
e antroposofo Enrico Pappacena. Tale rivista esauriva in ciascun nu-
mero un diverso argomento letterario, filosofico, politico, contribuendo
a rendere noti in Italia il pensiero e la poesia di vari popoli d’Europa e
del mondo. Nel giugno del  un fascicolo venne dedicato all’opera di
Rudolf Steiner, con interventi di Hans Erhard Lauer, Alfred Meebold,
amico di Giovanni Amendola e Giovanni Colazza, Lamberto Caffarellie
di Caroline von Heydebrand, insegnante nella scuola Waldorf di Stoc-
carda.
In quello stesso anno Pappacena, constatando la presenza di numerosi
articoli in riviste italiane e straniere su Steiner e l’antroposofia, tali però da
non soddisfarlo completamente, decise di scrivere di suo pugno un lungo
articolo sulla scienza dello spirito che pubblicò ne “I nostri Quaderni”
nel , dedicandolo ad Arturo Onofri, scomparso prematuramente
nel dicembre del .


IL MOVIMENTO ANTROPOSOFICO ITALIANO DURANTE IL REGIME FASCISTA

L’istituzionalizzazione della Società antroposofica d’Italia

Il  gennaio del  si costituì a Trieste la Società antroposofica d’Italia


con a capo Maria Kassapian-Gentilli in funzione di presidente e l’avvocato
Ettore Martinoli, segretario. Nello statuto, approvato il  gennaio del
, venivano redatti i seguenti punti:

. Fanno parte della Società Antroposofica d’Italia tutti i membri della Società
Antroposofica Universale che, risiedendo in Italia, ne facciano domanda.
. Oggetto della Società è lo studio dell’Antroposofia secondo è esposto nello
Statuto Generale.
. La sede della Società è a Trieste.
. Qualsiasi membro della Società Antroposofica Universale, il quale si trovi per
un tempo più o meno lungo in Italia potrà partecipare all’attività della Società
Antroposofica d’Italia.
. Col consenso della Presidenza potranno esser ospitati dalla Società anche non
Soci, da iscriversi in apposito registro.
. Organi sociali sono: a) la Presidenza; b) l’Assemblea Generale.
. Alla Presidenza sono devoluti la rappresentanza, la direzione e l’amministrazio-
ne della Società. L’Assemblea fisserà i canoni sociali e delibererà sugli oggetti
di sua competenza, come d’uso.
Approvato dai presenti il suesteso Statuto, si procede all’elezione della Presidenza
nella persona della Signora Maria Kassapian Gentilli, che accetta la carica.

I dieci soci fondatori, tutti iscritti alla Società universale con sede a Dor-
nach, erano: l’ex moglie di Giovanni Colazza, Febe, Silvia Schwarz, suo
marito Carlo Weis, Giuseppina Neumayer, Giorgio Brusadin, Renato
Colautti, Laura Eulambio, Paolo Gentilli, la presidente Kassapian e il
segretario Martinoli, il quale nel dopoguerra assunse lo pseudonimo
di Catarino. Nella domanda di autorizzazione all’esercizio delle attività
sociali previste dalla legge di Pubblica Sicurezza, Martinoli, di provata
fede fascista, si proponeva quale garante morale di una Società che aveva
sede all’estero e vantava intenti di natura filosofica e spirituale.

Potrà costituire elemento di garanzia morale, per codesto Ecc.mo Ministero,


agli effetti della presente istanza, la considerazione del fatto che il sottoscritto,
Segretario della “Società Antroposofica d’Italia”, è stato volontario di guerra;
è fascista con anzianità dal luglio ; ha coperto cariche pubbliche [...] quale
designato del Partito Fascista, ed ha esplicato nel partito un’attività continua e
nota alle Autorità gerarchiche; ed ha infine ricevuto la nomina a Cavaliere della
Corona d’Italia dopo la marcia su Roma. Ha pure collaborato nei vari giornali
del Regime La Fiamma e Il Popolo di Trieste.

La Prefettura di Trieste, dopo essersi rassicurata sulle finalità della Società


MICHELE BERALDO

e verificato che le persone iscritte erano di «regolare condotta morale»,


non avendo dato luogo a «rimarchi con i loro atteggiamenti politici»,
esprimeva parere favorevole al riconoscimento dell’associazione e alla
conferma in carica dei dirigenti designati.
Nei primi mesi del , com’era accaduto a Trieste, si costituì a Roma
il “Gruppo Italiano per lo Studio dell’Antroposofia o Scienza Spirituale”
il quale scelse di non dipendere dalla Società antroposofica d’Italia, ma
direttamente dalla Società universale di Dornach. Allo stesso modo, anche
l’associazione romana venne autorizzata a proseguire i lavori potendo
aderire alla Società antroposofica universale. Alla carica di presidente
del Gruppo Italiano per lo studio dell’Antroposofia fu eletto Giovanni
Colazza, a casa del quale, in corso d’Italia , si tenevano le riunioni; soci
fondatori furono la baronessa Aliotti, il marchese Calabrini, segretario del
gruppo che si occupò del riconoscimento, la moglie Elsie, il compositore
faentino Caffarelli, la signorina Gifford, l’ingegner Longhi, la signora
Onofri, vedova del poeta Arturo, infine la contessina Rzyszczewski.
Come il suo corrispettivo triestino, anche il marchese Calabrini,
iscritto al PNF fin dal maggio del , era apertamente favorevole al
regime. La scelta di questi due garanti rivela come entrambi i gruppi
avessero deciso di farsi presentare al regime da rappresentanti autorevoli
e apertamente favorevoli al fascismo per garantirsi un sereno svolgimento
delle attività.
Dopo Trieste e Roma, in data  gennaio , venne inoltrata al
ministero degli Interni la «domanda d’autorizzazione per la Sezione di
Milano della Società antroposofica d’Italia, a sensi dell’art.  del Testo
Unico delle Leggi di p.s.» con a capo un consiglio direttivo composto
nelle persone di Lina Schwarz, presidente, Vittorio Bianchi, segretario,
Virginio Vita, consigliere. Alla domanda veniva allegato l’elenco dei 
soci già iscritti alla Società antroposofica d’Italia di Trieste, intenzionati
a far parte della costituenda sezione di Milano. Da fonti informative
della Prefettura di Milano giunse al ministero il nulla osta sui membri
del consiglio direttivo che risultavano «di buona condotta morale e po-
litica», e pertanto autorizzati a dirigere la sezione di Milano della Società
antroposofica d’Italia.
Un altro centro di studi antroposofici che, in conformità alla legge
di pubblica sicurezza sulle associazioni, richiese d’essere affiliato quale
sezione indipendente alla Società antroposofica d’Italia, fu il gruppo di
San Remo coordinato dalla dottoressa Podreider Fanny, presidente,
iscritta al Fascio femminile di Milano dal marzo del , ma figlia di
genitori socialisti, dal segretario Augusto Ferretti e dal consigliere Carlo
Rampi, a cui si aggiungevano nove soci tra i quali il direttore del casi-
nò municipale, Marco Spaini, «di sentimenti favorevoli al Regime». Il


IL MOVIMENTO ANTROPOSOFICO ITALIANO DURANTE IL REGIME FASCISTA

verbale dell’assemblea costitutiva della sezione sanremese della Società


antroposofica di Trieste, fu inviato molto più tardi rispetto alla sezione
milanese: il  ottobre del  e l’autorizzazione del ministero arrivò il
 marzo del .
Una cerchia molto ristretta di appassionati cultori d’antroposofia si
trovava infine a Faenza, i quali però non erano costituiti in sezione. Tra di
essi spiccava la figura del compositore Lamberto Caffarelli, già fondatore
del gruppo italiano di Roma, e per diversi anni quella dell’antifascista
Armando Cavalli, figura tra le più elevate della cultura faentina. Degne
di nota sono la sua partecipazione alle riviste gobettiane “Rivoluzione
liberale” e “Baretti”, dove non mancava di segnalare la validità del metodo
d’indagine scientifico spirituale di Rudolf Steiner.
Suscita un certo stupore la costituzione di due società, a Trieste e
Roma, entrambe con la pretesa di costituire la Società antroposofica d’Ita-
lia, nonché la coincidenza della richiesta per il riconoscimento ufficiale da
parte del ministero (nei primi mesi del ). Si può ipotizzare, però, che
questa coincidenza fosse dovuta più a mancanza di comunicazione tra i
gruppi che a una concorrenza, come scrive Alcibiade Mazzerelli:
Caro Maestro, [...] Sono stato a Roma come terza volta dal  marzo al  c.m. e
ho preso parte alla commemorazione del Dottore. Nell’occasione ho saputo che
non c’è nulla di nuovo, circa la situazione del gruppo da quel che si era fatto e
ottenuto in febbraio. Come le avevo scritto il Dr. Colazza, preoccupato di un
certo articolo del nuovo codice penale si era dato cura di ottenere dal Capo
della Polizia il permesso di costituire un Gruppo italiano di studi antroposofici.
Il permesso venne ma sembra, a un più calmo esame della cosa, che si sia stati
troppo paurosi da un lato, in quanto che, trattandosi di un gruppo italiano puro
e semplice, non c’era ragione di temere ostacoli, né bisogno di permessi della
Polizia. Il permesso è necessario per Gruppi italiani collegati con organizzazioni
residenti e operanti all’estero: e questo particolare non è stato debitamente portato
in rilievo; sicché sembra che la cosa e come si fatta non passi, e che ad ognuno
di noi incombe l’obbligo di procurarsi per proprio conto questo permesso. Così
[illeggibile] [avre]bbe invece fatto Trieste, che ha chiaramente chiesto di essere
riconosciuto nel suo rapporto con Dornach. Ma non si sa che risposta abbia
avuto dalle Autorità. Di Milano non so nulla. Peccato che i  [dirigenti], anzi ,
comprendendo la Bar. D. R. non abbiano riconosciuta la necessità di accordarsi
per un’azione comune! [...].
Per quanto riguarda i gruppi antroposofici costituiti in precedenza – il
gruppo milanese Leonardo da Vinci (quello della principessa Troubetzkoi
da tempo aveva cessato di esistere), quello romano Novalis e il suo “con-
corrente” Pico della Mirandola gestito dalla baronessa de Renzis – la
scelta sembra sia stata quella della “messa in sonno”. Con ogni probabi-
lità continuarono ad agire sotto la copertura delle due società approvate
ufficialmente. È però improbabile che il gruppo della de Renzis avesse


MICHELE BERALDO

deciso di confluire all’interno della società presieduta da Colazza, con il


quale non esistevano buoni rapporti, e decidesse per il suo scioglimento
alla vigilia dell’entrata in vigore della legge di pubblica sicurezza. Cono-
sciamo invece, dal solito Mazzerelli, la sorte del gruppo Novalis:
Fogliano della Chiana (Arezzo)  febbraio 
Che cosa è avvenuto del nucleo Leonardo da Vinci di Milano? Il Novalis di Roma,
dove sono stato lo scorso mese alcuni giorni, ha deciso di sciogliersi, mandare le
tessere in deposito al Dr. Steffen, e cercare di ricostituirsi in armonia alle nuove
norme dei moderni [recensori], regolatori occhiutissimi della vita corporea, ani-
mica e spirituale della stirpe! * Cordiali saluti dal suo aff. A. Mazzerelli.

Malgrado queste difficoltà, sappiamo però che, nonostante i legami


internazionali e la presenza di numerosi stranieri ed ebrei fra gli iscritti,
nel corso dei primi anni Trenta le attività delle due società e delle sezioni
affiliate proseguirono senza problemi. È solo a partire dal  che la
polizia comincerà a controllare quanto accade nella sede del Gruppo
italiano di studi antroposofici di Roma.
Roma,  maggio 
Gruppo Italiano di Studi Antroposofici
Questa sera, alle ore . ha avuto luogo la prima delle annunciate conferenze del
corso di “Medicina occulta”, oratore il Dott. Giovanni Colazza. Come è noto, il
gruppo ha la sua sede nel piano terra dello stabilimento al n.  del Corso d’Italia:
una bussola a vetri immette dallo androne del palazzo in un cortiletto interno;
a sinistra vi è una porticina su cui una targa metallica porta la scritta “Gruppo
Italiano ecc.”. Quando arriviamo dinanzi questa porticina (che è socchiusa) è
trascorso appena qualche minuto dall’ora indicata per la conferenza. Chiesto
ripetute volte permesso senza che nessuno ci risponda, entriamo dopo aver sol-
levata una pesante tenda: penetriamo in una saletta modestamente addobbata.
Nessun quadro alle pareti; un armadio, un attaccapanni già colmo di cappelli,
qualche sedia, un minuscolo tavolo sul quale sono esposte diverse copie di due
pubblicazioni; sopra un cartello con “pubblicazioni in vendita”. I nomi degli
autori sono tedeschi; ma quelle esposte sono edizioni italiane; una porta il titolo
“Saggi di antroposofia”. Un doppio triangolo intrecciato sovrasta sul nome
dell’editore ma l’ispezione è rapida perché sopravvengono persone. Poiché uno
dei sopravvenuti ha l’aria di essere di casa, ci presentiamo salutando. Il signore ci
accoglie con molta cortesia, dice di essere il segretario del gruppo; ci apre la porta
e ci introduce nella sala delle conferenze. Anche qui la porta è nascosta all’interno
da una pesante cortina. L’oratore ha appena iniziato la conferenza [...]. Prima di
intrattenerci sull’argomento trattato dall’oratore, ci sembra interessante parlare
della sala e dell’uditorio. L’impressione che si riceve entrando è quella di essere
penetrati in un “tempio massonico”, almeno secondo le descrizioni lette durante
le polemiche giornalistiche, svoltesi prima dell’avvento del Regime Fascista, che
resero noti gli addobbi e l’arredamento delle logge anche ai profani. Naturalmente
mancano i dipinti e i contrassegni caratteristi [sic] delle officine; ma la sala ha


IL MOVIMENTO ANTROPOSOFICO ITALIANO DURANTE IL REGIME FASCISTA

senza dubbio qualche cosa che le arieggia e le ricorda da vicino. Le pareti sono
ricoperte da tela grigia e nude completamente: nessun quadro, nessun ritratto.
Ossia vi sono due piccoli ritratti rinchiusi in modeste cornici; uno è di donna,
l’altro di uomo. Non portano alcuna leggenda [sic]; le fisionomie sono nuove.
Una arcata centrale divide la sala in due settori: sulle due colonne che sostengono
l’arco due triangoli luminosi danno luce alla sala che è anche illuminata da una
grossa lampada centrale, coperta da una grande coppa opaca, che diffonde una
luce assai discreta. In fondo alla sala una cattedra, con un leggio, ricoperto da
panno nero. Diverse file di sedie si allineano; sono quasi tutte occupate. Vi è aria
di raccoglimento. Una quarantina sono gli uditori e per una buona metà donne.
L’elemento straniero, specialmente fra le donne, deve essere in prevalenza, e deve
trattarsi di elemento di grado sociale elevato, poiché fuori dal palazzo vi sono
diverse lussuose automobili che le attendono e con le quali le vediamo allontanarsi
alla fine. Tra le signore, tutte giovani ed anche giovanissime, spicca un’anziana dai
capelli bianchi a zazzera come quelli che un tempo usavano i “liberi pensatori” e
che li facevano facilmente riconoscere. Il conferenziere all’entrata del gruppetto
ha avuto una pausa ed ha fissato intensamente i sopravvenuti passandoli (la mossa
è stata perfettamente individuata dallo scrivente) in rapida rassegna. [...]. Ma
parliamo della conferenza... per quanto è possibile riassumere, dato l’argomento
abbastanza astruso.[...] Ma non siamo così sicuri di aver riferito tutto ciò che
abbiamo ascoltato e che – dobbiamo confessarlo – ci ha costretto ad uno sforzo
intellettuale quale rare volte ci occorse ascoltando una conferenza, anche quando
l’argomento non ci era consueto.

L’opera di “spionaggio”, cominciata il  maggio , sarebbe poi pro-


seguita ininterrottamente fino all’ febbraio . Sappiamo così che
conferenze si tennero dapprima il martedì e in seguito anche il venerdì di
ogni settimana, da ottobre a luglio finanche ad agosto. Il tema del corso
fu sempre la “Medicina occulta”.
Il rapporto del  maggio , riguardante la seconda lezione di quel-
l’anno, sottolineava «l’assoluta antitesi, etica e spirituale, dell’antroposofia
con i principi della religione cattolica» e «la spiegazione data dal dott.
Colazza (anche con disegni tracciati sulla lavagna) del simbolo della croce;
esso, a dire dell’oratore (e se ben ricordiamo, in analogia a quanto afferma
il neopaganesimo nazista), si ritrova fra i popoli antichissimi, anche prei-
storici, quale simbolo delle relazioni dell’uomo con i tre regni della natura
[...]». Nell’ultimo rapporto, datato  febbraio , si avvisava che «la
Società di Antroposofia ha trasferito la sua sede, dal Corso d’Italia , in
via dei Gracchi » e che quindi le lezioni di medicina occulta sarebbero
continuate in quella sede sempre nei giorni di martedì e venerdì.
Per quanto riguarda la Società antroposofica d’Italia con sede a Trieste
e le due sezioni a lei affiliate (Milano e San Remo), non abbiamo documen-
tazione relativa alle loro attività. I lavori di studio e le conferenze dovevano
quindi evidentemente svolgersi con una certa tranquillità, almeno fino al


MICHELE BERALDO

 per la Società di Roma. A Trieste, invece, nel settembre del , con
l’entrata in vigore dei provvedimenti antisemiti, la Società, composta in
maggior parte da persone di origine ebraica, e diretta dall’ebrea Maria
Kassapian, venne sciolta. «Da tale epoca – era scritto nel documento della
Prefettura di Trieste datato  dicembre  – non consta che la Kassapian
siasi interessata di detta società o, comunque, di antroposofia. La società
in parola aveva sede in via Macchiavenni  e contava una sessantina di
soci, in prevalenza ebrei. Tanto la Kassapian che gli ex soci non hanno
mai dato luogo a rilievi con la loro condotta morale e politica».Non
appare del tutto chiaro se la Società triestina sia stata chiusa d’autorità
oppure se si sciolse autonomamente. Sembra più probabile la seconda
ipotesi, dal momento che segretario della Società era l’avvocato Martinoli,
fascista della prim’ora, il quale dovette probabilmente valutare l’ipotesi di
sciogliere l’associazione antroposofica prima dell’entrata in vigore delle
leggi razziali, per non scontrarsi con le istituzioni alle quali lui stesso era
appartenuto e continuava ad appartenere. Si ha da aggiungere poi che,
nonostante il gruppo non comparisse più ufficialmente, avrebbe comun-
que proseguito le attività oltre il  e per tutta la durata del conflitto
ma forse diviso all’interno da una scissione che rifletteva la crisi della
Società antroposofica Universale di allora.
Con lo scioglimento della Società antroposofica d’Italia di Trieste,
nei primi giorni di settembre del , le due sezioni affiliate, Milano e
San Remo, inviarono alla Direzione generale della Pubblica Sicurezza in
data  ottobre  una lettera con la quale precisavano la loro volontà
di proseguire comunque le attività antroposofiche:
I sottoscritti, per incarico delle Sedi di Milano e San Remo della Società An-
troposofica d’Italia, si permettono di far noto a codesto On. Ministero che la
comunicazione di scioglimento della Sede di Trieste della Società Antroposofica
d’Italia riguarda solo detta Sede, e non le altre due, che furono già separatamente
autorizzate da codesto On. Ministero rispettivamente: Milano con Decreto in data
 febbraio  XII, e San Remo con Decreto in data  marzo  XVI. […].
Per la Sede di Milano: Per la Sede di San
Remo:
rag. Vittorio Bianchi Dott. Fanny
Podreider
A causa dello scioglimento della Società antroposofica d’Italia con sede a
Trieste, il Gruppo italiano di studi antroposofici romano diveniva quindi
l’unico referente italiano della Società antroposofica universale. Nello
statuto originario della Società triestina venne introdotto al punto  il
cambio di indirizzo, non più Trieste ma: «La sede della Società è a Roma
in Corso d’Italia n. ». La conferma viene riportata da un appunto per
la Divisione Affari Generali e Riservati datato  gennaio . In quel


IL MOVIMENTO ANTROPOSOFICO ITALIANO DURANTE IL REGIME FASCISTA

periodo, la sezione milanese dell’allora Società triestina venne affiliata


a quella romana con a capo il rag. Vittorio Bianchi, già segretario, ma
presumibilmente, dal , dirigente unico. La sezione, che contava 
soci, non aveva dato luogo a rilievi. È comunque molto probabile che
la presidente della sezione, l’ebrea Lina Schwarz, si fosse fatta da parte
prima del , per non incorrere nelle disposizioni delle leggi razziali.
A partire dal  luglio del , come avveniva da tempo a Roma, fu
organizzato un servizio di vigilanza anche per la sezione sanremese, che
comunque, per voce della presidente, si premuniva di avvisare di anno in
anno la data d’inizio delle riunioni settimanali che di norma si svolgevano
il mercoledì o il venerdì.
Le verifiche e gli incroci, che periodicamente si disponevano tra
ministero degli Interni e Prefetture in relazione alle attività della Società
antroposofica, riconfermavano la situazione iniziale. Così come le altre,
la sezione di San Remo, «nota al Ministero, è composta da persone di
tendenze mistiche e non è in contrasto con le norme vigenti sulle asso-
ciazioni, né con la Dottrina Fascista. Viene però esercitata dagli organi
di polizia la dovuta vigilanza in proposito».
Qualche cosa dovette cambiare alcuni mesi più tardi: una riservata,
partita dalla Direzione generale della Pubblica Sicurezza il  luglio del
, disponeva «lo scioglimento dei gruppi esistenti nel Regno della
Società Generale Antroposofica, aderenti alla anonima Società inter-
nazionale con sede in Dornach (Svizzera)».Tra l’agosto e il settembre
del  vennero inoltrate a tutte le Prefetture del Regno disposizioni
affinché accertassero la presenza di sezioni della Società antroposofica
nel loro territorio e l’ordine di procedere, qualora le ravvisassero, allo
scioglimento e alla confisca dei beni sociali. Questo avvenne nel solo
caso di Milano dove si provvide allo scioglimento della sezione e alla
confisca dei beni («costituiti da un fondo di cassa di lire ,; da una
biblioteca di oltre quattrocento volumi, e da alcuni mobili ed oggetti di
arredamento») devoluti al locale Centro di rieducazione Mutilati, in
data  maggio .
È da notare che da Milano in data  giugno  venne inviata al
Capo del Governo la domanda di autorizzazione a promuovere e dirigere
un’associazione per lo studio dell’antroposofia, da parte del già socio
della sezione milanese della Società antroposofica d’Italia, Carmelo Maria
Arena. Possiamo soltanto ipotizzare che con il finire dell’anno sociale
(giugno ) la decisione di interrompere ufficialmente i lavori a causa
della guerra non venisse condivisa dal socio Arena.
Nello stesso periodo in cui le Prefetture di tutto il Regno svolsero le
indagini, la sede romana, presieduta in quei mesi dal marchese Calabian-
chi Caldani (richiamato alle armi col grado di Capitano di Cavalleria),


MICHELE BERALDO

risultava, secondo quanto riportato dalla nota della Regia questura di


Roma, avere  iscritti ai quali, come sempre, il dott. Colazza impartiva
lezioni di medicina occulta due volte alla settimana. Per quanto si possa
soltanto ipotizzare, le indicazioni provenienti dal ministero dell’Interno
riguardanti la disposizione di scioglimento dei gruppi antroposofici, non
maturarono a causa della loro attività. Le indagini infatti constatarono
più volte l’estraneità ai temi della politica da parte dei soci, che nella
maggior parte dei casi professava un’adesione al fascismo. La ragione è
allora da vedersi sia nell’adesione che le sezioni italiane avevano con la
Società Generale antroposofica, la cui sede principale era a Dornach in
Svizzera, paese estraneo agli schieramenti politici e bellici, che ospitava
in quel periodo molti fuorusciti italiani, sia nelle coincidenti persecuzioni
verso gli antroposofi in Germania.


Rudolf Steiner e la cultura antroposofica durante il fascismo

Dalla documentazione ritrovata presso l’Archivio Centrale dello Stato


emergono informazioni sufficienti per considerare, dal punto di vista dei
funzionari di polizia, e per questo non senza un elevato grado di confu-
sione, la figura di Rudolf Steiner e la dottrina antroposofica. In una me-
scolanza di dati infondati, di mezze verità e di qualcosa di vero, troviamo
anche episodi comici. Nel modestissimo fascicolo personale della Polizia
politica sul conto di Rudolf Steiner, infatti, veniva data notizia nel ,
direttamente da Dornach, che «nella riunione dei Capi del movimento
teosofico internazionale, che ha qui la sua sede ed il suo maestro Steiner
e che ha tuttora delle sezioni in molte città italiane, lo Steiner ha lanciato
un appello alla divinità a favore del povero popolo abissino oppresso,
augurando la fine sulla forca degli aggressori italiani. Il fatto va meditato
in Italia». Lo zelante informatore aveva però trascurato non poco le sue
indagini per non accorgersi che nel , Rudolf Steiner era morto da 
anni! Occorse del tempo, esattamente un anno, perché il fatto venisse
notato e si constatasse l’impossibilità da parte sua ad aver parlato in
quell’occasione «perché da anni deceduto». Errori di questo tipo, e ve
ne furono molti, potevano benissimo essere evitati semplicemente con un
più attento dialogo tra gli uffici della stessa divisione di Polizia politica,
se è vero che già nel  un appunto per la Divisione Affari Generali e
Riservati indicava essere Albert Steffen, «poeta notissimo in Germania,
in Austria e in Svizzera, capo dell’antroposofia dopo la morte di Rudolf
Steiner».
Con l’istituzione della Società antroposofica d’Italia in Trieste e
con la fondazione del Gruppo italiano per lo studio dell’antroposofia


IL MOVIMENTO ANTROPOSOFICO ITALIANO DURANTE IL REGIME FASCISTA

in Roma, prevedibilmente aumentarono, su richiesta delle questure o


viceversa dal ministero, informazioni sulle attività che si svolgevano nella
sede principale di Dornach. Da Berna, il  gennaio del , arrivò la
seguente nota:

Su una collinetta nelle vicinanze di Dornach vi è un tempio di una setta di


teosofi, seguaci della teoria della metempsicosi, costituito or sono cinque anni.
Tale setta religiosa fu fondata da un dottore svizzero, che invano cercò di erigere
un tempio nella Germania meridionale, dove esistono i più numerosi seguaci,
a causa dell’opposizione dei cattolici. Il Cantone di Soletta diede a lui tale au-
torizzazione: il primitivo tempio in legno fu distrutto dal fuoco or sono cinque
anni: si crede incendiato da fanatici cattolici aizzati dal clero. Numerosi seguaci
di detta setta abitano nei dintorni del tempio, in numerose villette ivi costruite.
Vestono costumi strani: portano i capelli lunghi e calzano sandali. Professano
la teoria dell’amore libero. Non si sono mai occupati di politica e tanto meno
di fascismo. Nel gran salone del Goetheanum i fedeli eseguono delle danze di
genere di quelle professate da Isadora Duncan.

Al di là delle maldicenze e di una trascurabile serie di imprecisioni,


questa descrizione appare fra le tante la meno densa di insensatezze.
Degna di nota per la completezza e quel tanto di spregiudicata analisi che
faremo emergere, è l’informativa proveniente dall’Ufficio provinciale di
Investigazione politica di Napoli, inserita entro il fascicolo riguardante
l’«Ordine Teosofico» con il titolo «Sulle Associazioni mistiche a tipo
massonico (L’Antroposofia)». L’informatore, in questo caso, conosce
molto bene la storia della teosofia e soprattutto la sua matrice inglese, a
cui contrappone l’antroposofia quale baluardo centroeuropeo alle incli-
nazioni espansionistiche britanniche. Secondo questa interpretazione,
geopolitica più che dottrinaria, è da leggersi la rottura tra Rudolf Steiner
e Annie Besant nel :

La ragione è da ricercarsi nella nazionalità austriaca del Segretario Generale


della Società Teosofica [di Germania] e del convinto spionaggio della Besant a
beneficio dell’Inghilterra e naturalmente di tutta l’Intesa. Lo scopo apparente
di questa scissione fu dottrinale. La Besant affermava che il Karma (destino)
dell’Occidente era quello di sottostare al dominio spirituale e politico dell’Im-
pero Britannico e le ideologie religiose nella libera prassi frammassonica. Egli
– Steiner – invece rivalutava il principio Rosa + Croce, Cristiano Cattolico, quale
si era manifestato in Italia col Templarismo, col neoplatonismo italiano e con
tutte le Società segrete del -. Alla teologia buddistica sviluppata dalla
Blavatschy con il suo occultismo tradizionale, Steiner oppone la ricostruzione
aristotelica, in un senso Tomistico, traendo da S. Tommaso e da Hegel, elementi
disparati. Per lui il Cristo è un Dio solare fatto [illeggibile] dopo l’evento del
Golgota, centro e anima della terra.


MICHELE BERALDO

Lo stesso informatore colloca la dottrina steineriana nell’ambito del


cattolicesimo, addirittura convergente, per quanto riguarda la questione
sociale, con i «postulati segreti dell’Enciclica di Leone XIII».
Singolare pertanto l’atteggiamento verso l’antroposofismo di alcuni pensatori-
prelati della Chiesa Romana, atteggiamento che è ostile solo nella forma, ma
simpatizzante nella sostanza.[...]. Sorge dunque spontaneo il sospetto che questo
ampio movimento dottrinale-iniziatico, prodottosi per inquinare il teosofismo di
marca Inglese che ispirato a ideologie ultra-democratiche che nell’ordine della
Stella d’Oriente arriva fino al momento in cui assume l’aspetto di un comunismo
mistico-sociale, debba avere ben altri scopi che non unicamente quello di iniziare
a delle verità sovranormali i propri adepti.

Tuttavia, sebbene l’antroposofia, secondo l’interpretazione dell’infor-


matore, che sembra muoversi a suo agio nelle correnti della massoneria
– pur definendo erroneamente tale anche l’antroposofia – giocava un
ruolo “ideologico” di contrapposizione all’espansionismo massonico
imperialista inglese, avvicinandosi più al Cristianesimo cattolico romano
che al protestantesimo anglosassone, essa presentava comunque un «pe-
ricolo per le sane dottrine italiane», dal momento che, attraverso la sua
diffusione, poteva favorire lo sviluppo dello spirito cattolico medievale e
così «preparare [,] in caso di tentativi politici Cattolici, il terreno adatto
per opporsi alla prassi italiana fascistica».
In definitiva il movimento antroposofico, di volta in volta inserito dagli
informatori entro le correnti massoniche o teosofiche, non era considerato
pericoloso come la teosofia besantiana, la massoneria e alcuni componenti
del gruppo di “Ur” che, se pure per ragioni differenti, sembravano poter
ostacolare l’alleanza del fascismo col cattolicesimo romano. La posizione
cristocentrica degli antroposofi, slegati com’erano dall’influenza angloa-
mericana della massoneria e dall’esotico indottrinamento della teosofia
angloindiana, permetteva infatti loro una presenza accettabile all’interno
della cultura ufficiale.
Questo spiega come l’antroposofia e le opere di Rudolf Steiner
conoscessero una certa fortuna durante il fascismo, o perlomeno non
subissero limitazioni di diffusione e di censura. Anche dopo il  l’opera
del filosofo austriaco non subì contraccolpi, garantita com’era dall’af-
fissione in ciascun libro di una manchette che rassicurava sulle origini
ariane dell’autore. Rinaldo Kufferle, elzevirista del “Corriere della Sera”,
direttore della collana “Conosci te stesso” della casa editrice milanese
ITE e nel dopoguerra fondatore e direttore della rivista “Antroposofia”,
avrebbe poi rassicurato i cultori della razza con una lettera inviata a “Re-
gime Fascista”, garantendo personalmente sulla arianità dello Steiner
in quanto lui stesso «ariano cattolico fascista».


IL MOVIMENTO ANTROPOSOFICO ITALIANO DURANTE IL REGIME FASCISTA

Il pubblico ci scrive
Roma  settembre -XVI
Caro direttore, nel settimanale Quadrivio del  corrente, in un articolo siglato
G. S., ricorrono le seguenti espressioni: “ricetta giudaica di R. S.”, “libri ebraici
dello Steiner”, e si parla della collezione “Conosci te stesso” della casa editrice
I.T.E. di Milano, come di “un miasma da eliminare”. L’autore dell’articolo citato
dimostra di essere in errore sul conto del filosofo e naturalista tedesco Rudolf
Steiner, il quale è un ariano purissimo, come risulta da un documento notarile, di
cui sono in possesso. Da tale documento risulta altresì che “tutti gli ascendenti di
R. Steiner erano romano cattolici”. Questa mia dichiarazione, che affido all’ospi-
talità del vostro giornale, non vuol essere soltanto la rettifica di un’asserzione
che può ledere gli interessi di vari editori italiani dello Steiner e creare equivoco
in quanto sono il direttore della collezione “Conosci te stesso”, intorno alla mia
persona di ariano cattolico fascista, ma è anche un rilievo d’ordine generale.
Sarebbe dal nostro comune punto di vista politico, augurabile una maggiore
cautela nell’attribuzione, da parte di collaboratori giornalistici del tipo di G. S.,
della qualifica di ebrei ad ariani, per evitare a quest’ultimi la sorpresa incresciosa
di vedersi “attaccati” e la conseguente necessità di “difendersi”. Vi ringrazio sin
d’ora per l’obbiettiva comprensione, con la quale vorrete certamente accogliere
e pubblicare questa lettera, e Vi saluto cordialmente. Rinaldo Kufferle

Nel  lo stesso Kufferle, nelle pagine dello stesso giornale, aveva inter-
vistato l’allora segretario generale della Società antroposofica universale
Albert Steffen, durante un suo viaggio in Italia, mettendo in evidenza la
coincidenza del «quadro catastrofico di Versaglia e di Ginevra, tratteggia-
to da Steffen, col fallimento dell’idea wilsoniana proclamato dal Duce».
Furono soprattutto gli editori Bocca e Laterza a diffondere durante il
Ventennio l’opera steineriana. Marco Spaini si fece tramite con l’editore
milanese Bocca finanziando la pubblicazione delle opere dello Steiner
in italiano e, al fine di facilitarne lo studio e la diffusione, nel  dotò
dell’intera serie pubblicata ( volumi, compresi alcuni di Albert Steffen,
successore dello Steiner) le biblioteche delle maggiori città italiane.
Sembra, invece, che il direttore de “La Vita Italiana”, l’antisemita
Giovanni Preziosi, avesse mediato tra l’editore Laterza e la baronessa
de Renzis affinché si giungesse a pubblicare le opere dello Steiner uscite
tra il  e il  nella collana di “Studi religiosi, iniziatici ed esoterici”,
più nota come “Biblioteca esoterica”. “La Vita Italiana” vide tra i suoi
collaboratori, oltre a Colonna di Cesarò, Massimo Scaligero e Ettore
Martinoli, del quale si ricorda un articolo del  decisamente apolo-
getico della figura di Rudolf Steiner, intitolato Un preannunziatore della
nuova Europa: Rudolf Steiner, lo stesso pensatore austriaco, il quale, nel
 scelse la rivista di Preziosi per far conoscere in Italia il proclama “Al
popolo tedesco e al mondo civile”, che auspicava il superamento della


MICHELE BERALDO

tragedia bellica attraverso un germanesimo rinnovato.


Tra gli scritti a carattere politico-sociale di Rudolf Steiner vasta eco
ebbe anche in Italia il libro I punti essenziali della questione sociale,
pubblicato nel  dai Fratelli Bocca a un anno solo di distanza dalla
fortunata (. copie vendute) edizione tedesca. Lina Schwarz, che era
la traduttrice dell’opera, la recensì in “Bilychnis”.Questo libro, che si
affaccia in Italia nel pieno della crisi politica e sociale del dopoguerra, è
collegato anche a due episodi storiograficamente poco o per nulla noti
riguardanti Mussolini. Sembra infatti siano stati fatti due tentativi di far
conoscere al duce I punti essenziali della questione sociale. Il primo, ad
opera del Duca Colonna di Cesarò nel periodo in cui ricopriva la carica
di ministro nel governo Mussolini, non riuscì mancandovi l’occasione
giusta per farlo. Il secondo, molti anni dopo, pare durante la Repubblica
Sociale Italiana, per opera dello scrittore Fabio Tombari ebbe invece esito
favorevole. Tombari, scrittore assai apprezzato e di notevole successo du-
rante il ventennio e per molti anni ancora nel dopoguerra, era riuscito a
far sì che Mussolini prendesse conoscenza della “triarticolazione sociale”
di Rudolf Steiner. Questa ipotesi è credibile in quanto è documentata
la conoscenza di Tombari con il duce e l’interesse di quest’ultimo alla
lettura delle opere, nonché delle vicende personali del giovane scrittore.
Del resto, l’entusiasmo di Tombari verso il duce era tale che Mussolini
in persona ritenne eccessivamente apologetico un suo ritratto scritto nel
 da Tombari, con il titolo “Un esaminatore d’eccezione”, arrivando
a vietarne la pubblicazione.
Probabilmente in piena guerra avvenne – secondo la testimonianza
di chi ha goduto personalmente delle confidenze dello scrittore – che
Tombari, il quale durante la Repubblica Sociale Italiana, lavorava a Ve-
nezia presso l’Ispettorato scolastico, riuscisse a consegnare il libro sulla
“Triarticolazione sociale” nelle mani di Mussolini. Questi nel leggerlo vi
avrebbe addirittura posto delle note ai margini. Questa vicenda potrebbe
testimoniare un certo interesse di Mussolini verso l’opera sociale dello
Steiner, nei confronti del quale infatti non avrebbe mai mosso – stando
alla documentazione d’archivio – alcuna nota di censura o di rifiuto. Un
interesse comunque limitato senza dubbio alla sfera sociale, dato il suo
disinteresse verso i temi dello spiritualismo.
Il tema della triarticolazione sociale steineriana è al tempo stesso
parte di un tentativo di colpo di Stato ai danni del regime fascista
presumibilmente nei primi anni del conflitto, architettato da un ardito
della prima guerra mondiale con i consigli di un noto protagonista del
movimento antroposofico nel dopoguerra, Massimo Scaligero, assiduo
collaboratore de “La Vita Italiana”, per la quale scrisse alcuni articoli tesi
a distinguere, sul filo di un razzismo spiritualista di marca evoliana, il


IL MOVIMENTO ANTROPOSOFICO ITALIANO DURANTE IL REGIME FASCISTA

valore della razza mediterranea (o più propriamente romano-germanica)


da quella semitica. Scaligero, che da Julius Evola era stato avvicinato negli
anni Trenta alla figura di Colazza, fu giornalista professionista (collabo-
rava con moltissimi quotidiani e periodici) e redattore capo dell’“Italia
Marinara”, organo della Lega navale italiana, dal  al . Divenne
dopo la guerra un punto di riferimento per molti giovani appartenenti ai
reparti della RSI che volevano ricondurre l’esperienza fascista entro una
dimensione dello spirito, simile nei valori a quella presente all’interno
della corrente esoterica della Legione SS italiana, per la quale le opere
di Rudolf Steiner costituivano uno dei maggiori punti di riferimento.
Ed è proprio nella sede del giornale, per anni centro di studi e incontri
spirituali, frequentata tra gli altri da Evola, Tilgher e Marco Spaini, che
Scaligero fece la conoscenza di Guglielmo Longo, ex ardito della prima
guerra mondiale, il quale intendeva mutare corso al regime sciogliendo
il Partito fascista, e sostituendolo con quel progetto di sistema sociale su
basi spirituali di cui Scaligero gli parlava:

Realizzando punto per punto il suo programma, ebbe modo di accostare per-
sonaggi-chiave della Cultura e delle Forze Armate: alcuni di loro aderirono
“intenzionalmente”, ossia rifiutando una partecipazione diretta all’azione, ma
accettando di assumerla, ove altri fossero capaci di realizzarla. Nel tracciare il
quadro dei dirigenti estra-politici del nuovo regime, che avrebbe dovuto realizzare
la tripartizione dell’organismo sociale, ossia l’assoluta autonomia della cultura,
del corpo giuridico e dell’attività economica dalla politica e il potere dello Stato
come garanzia dell’autonomia delle tre forze e della loro obbiettiva correlazione,
il Longo e i suoi collaboratori progettarono l’assegnazione di compiti di respon-
sabilità a determinate personalità della Scienza e della Cultura, valide di là da
qualsiasi tendenza di parte, le quali, invero, ignare di tutto, vennero coinvolte,
ma senza conseguenze. Il movimento cospiratorio raggiunse una tale perfetta
organizzazione di capi civili e militari, che avrebbe certamente conseguito il
suo scopo, se non si fosse inceppato nella più volgare delle difficoltà: quella
dei mezzi finanziari. [...] Dopo qualche tempo il Longo veniva arrestato [...] gli
arresti furono limitati ed io, riconosciuto come consigliere assolutamente disin-
teressato, come può esserlo un medico agli affari di un suo cliente, ebbi soltanto
un pedinamento di qualche mese da parte della Polizia.
Se da una parte il tema della triarticolazione steineriana sembra essere
oggetto dell’interesse di chi era pienamente inserito all’interno della
cultura fascista, come Tombari e Scaligero, d’altro lato vi furono due
protagonisti dell’antifascismo che in ugual misura condivisero gli stessi
temi. Uno fu Eugenio Curiel, medaglia d’oro alla memoria al valor militare
(venne ucciso dai fascisti a Milano nel ), per un periodo direttore
de “l’Unità” clandestina e il cui interesse verso l’opera steineriana, in
particolare quella inerente all’aspetto sociale, è documentato. L’altro,
degno d’essere ricordato, è il mazziniano Armando Bussi, medaglia d’oro


MICHELE BERALDO

al valore partigiano, ucciso per rappresaglia alle Fosse Ardeatine. Egli,


che fu tra i dirigenti del Partito Repubblicano durante l’occupazione
nazifascista di Roma, divenne promotore dell’idea della triarticolazione
steineriana come via per la soluzione della questione sociale. Il suo im-
pegno all’interno dell’ambiente antroposofico romano, che frequentava
dal , era inteso a chiarire e promuovere proprio questo aspetto, tra i
più conosciuti dell’opera dello Steiner ma tra i meno praticati. Di Bussi
rimangono una conferenza del  giugno  intitolata “Sulla questione
sociale” e un articolo dedicato ai giovani scritto nel , poco prima di
morire, e pubblicato sulla rivista clandestina “Italia Libera” con il titolo
“Prepariamo l’avvenire”. Sia la conferenza che l’articolo sono raccolti
in un opuscolo curato dalla figlia Leandra con la prefazione di Ernesto
Bonaiuti – la cui ammirazione per l’opera dello Steiner è qui ora confer-
mata – e da una introduzione alla conferenza “Sulla questione sociale”
scritta da Giovanni Colazza.


L’attentato a Mussolini

Nel medesimo giorno della morte di Giovanni Amendola, il  aprile ,


mentre presiedeva alla cerimonia di insediamento del nuovo direttorio
fascista, Mussolini venne colpito al viso dal colpo di una pistola impu-
gnata da Violet Gibson, irlandese psicopatica, che con il suo gesto aprì la
serie di altri attentati nel medesimo anno. Alcuni risvolti personali della
Gibson furono tali che condussero gli inquirenti ad indagare la Società
antroposofica e il duca Colonna di Cesarò, sospettato di essere il mandante
del tentato omicidio. Dalle indagini emerse infatti da subito la difficoltà
estrema nel trovare un movente che fornisse delle motivazioni plausibili
al gesto sconsiderato di una giovane donna irlandese «affetta da paranoia
e pericolosa a sé e agli altri». Si pensò in un primo tempo al complotto
di alcune società segrete irlandesi, le quali, stando alla testimonianza di
una inglese raccolta dalla Regia Questura di Roma, «si servirebbero di
persone squilibrate per i loro atti violenti e terroristici [...] proponendosi
l’attuazione con qualsiasi mezzo dei loro fini personali». La Gibson,
inoltre, aveva alloggiato in via Gregoriana , accanto quindi alla sede
del gruppo Roma della Lega teosofica indipendente che aveva sede al n.
, lo stesso edificio che in seguito venne abitato da Colonna di Cesarò.
Ma dalle indagini svolte all’interno del gruppo e tra i suoi dirigenti, non
emersero elementi che dimostrassero questa frequentazione.
Le indagini condussero a due filoni diversi: da una parte si appurò
l’appartenenza dell’irlandese alla Christian Scientists, così come riportato
in una relazione del ministero degli Affari Esteri, in realtà da scriversi


IL MOVIMENTO ANTROPOSOFICO ITALIANO DURANTE IL REGIME FASCISTA

Christian Science. Fondata in America da Mary Baker Eddy nel ,


raggiunse la sua massima diffusione negli anni Venti del Novecento
quando furono migliaia le Chiese del Cristo Scientiste attraverso le quali
sarebbe stato possibile pervenire alla guarigione dal male fisico e morale
con l’intercessione diretta di Dio. D’altra parte le autorità di Pubblica
sicurezza britanniche parlarono dell’affiliazione dell’attentatrice irlandese
alla Società antroposofica:

Nel  si venne a sapere che la Gibson apparteneva alla cosidetta Società An-
throposofica con sede a Dornach in Isvizzera, istituzione pacifista eminentemente
anti-Britannica. Essa da Parigi, dove risiedeva allora, andò a Dornach e si incontrò
con Frau Steiner, una russa fanaticamente germanofila [...].

Dal ministero degli Affari Esteri pervenne alla Regia legazione di Berna
la richiesta di trasmettere informazioni nei riguardi della Società antro-
posofica di Dornach:

Questa Società fu fondata nel  dal noto filosofo austriaco Rodolfo Steiner,
ora deceduto, e dopo varie peregrinazioni di sede poté acquistare a Dornach una
proprietà e costruirvi il suo “Goetheanum”, che andò bruciato l’anno scorso e
che è ora in ricostruzione. Parecchie villette di forma stranissima e con i tetti e
le decorazioni a forma di serpenti, ospitano i membri della Società che risiedo-
no a Dornach. Ha soci dovunque, nel mondo intero, i più facoltosi sussidiano
o lasciano fondi alla Società stessa che dispone così di un capitale di qualche
milione. Vi sono soci ordinari e soci quotati. Essi pagano  franchi all’anno,
ma i quotati pagano un supplemento di  franchi all’anno. La Società ha per
scopo: l’amministrazione della Società antroposofica e la pubblicazione del suo
giornale speciale; la gestione del tempio “Goetheanum”, la gestione della clinica
terapeutica di Arlesheim presso Dornach. Lo scopo principale è piuttosto filoso-
fico e osteggia le religioni attuali. L’individuo deve sviluppare al massimo grado
la libertà del proprio io, e coltivare l’analisi e il perfezionamento della propria
anima. Ammette l’emigrazione delle anime, e le sue teorie si avvicinano a quelle
buddistiche. Il tempio del “Goetheanum” ne è la scuola. La società si occupa
anche di questioni economiche ed ha costituito a tal fine la Società “Futurum
S. A.” che si è occupata di imprese industriali e commerciali, ma senza gran
successo. La fantasia popolare attribuisce a questa Società ogni sorta di delitti
e di malefici, ma non si tratta che delle solite leggende. Ciò probabilmente
perché gli affiliati a questa Società appaiono e sono spesso degli esaltati e anche
nell’aspetto esteriore hanno qualcosa di bizzarro e di strano. I dirigenti attuali
sono: Albert Steffen scrittore a Berna, Presidente; Ita Wegman, Dr. in medicina,
olandese residente ad Arlesheim; Guenther Wachsmut Dr. Jur. tedesco, residente
a Dornach, segretario tesoriere. Non risulta a Basilea che detta Società abbia
carattere antibritannico.

Durante gli interrogatori Violet Gibson non diede mai alcuna spiegazione


MICHELE BERALDO

su quanto aveva fatto. Questo contribuì a rivestire il suo gesto di una


luce “mistica” e a sospettare un coinvolgimento dello steineriano ex
ministro Colonna di Cesarò:

Roma  ottobre 


Informazioni
Le notizie pubblicate dai giornali di ieri circa gli interrogatori subiti da Miss
Violet Gibson, hanno provocato viva impressione negli ambienti di opposizione.
In questi ambienti si diceva che citando gli interrogatori durante i quali la Gibson
avrebbe indicato un ex membro del Governo come colui che le avrebbe fornito
l’arma per attentare alla vita del Presidente del Consiglio, si voleva senza dubbio
alludere all’on. Di Cesarò; e che forse si vuole colpire quest’ultimo, aprendo un
procedimento contro di lui. Questi rilievi formano oggetto di molti commenti
nei predetti ambienti.

Le indicazioni della Gibson riguardo al mandante che le avrebbe dato


l’arma furono effettivamente prese in considerazione: emerse che il
giorno dell’attentato, il  aprile, l’on. Di Cesarò, come di consueto, era
probabilmente uscito di casa verso le dieci del mattino, ma non si poteva
sapere dove fosse andato, in quanto la vigilanza si limitava a controllare
l’abitazione e a seguirlo quando egli si allontanava da Roma. Di fatto Co-
lonna di Cesarò era controllato a vista fin dal  in quanto protagonista
dell’“Aventino” e personaggio politico di primo piano. Un’intensificazione
del servizio di vigilanza avvenne a partire dal giugno del , quando il
suo nome fu fatto in questa inchiesta, non più limitato al solo controllo
dell’abitazione ma esteso al pedinamento per mezzo di «agenti ciclisti»
che con molta difficoltà, e non pochi episodi comici, seguirono i suoi
spostamenti automobilistici. A quattro mesi da quelle disposizioni che
furono impartite oralmente (non vi è traccia infatti – dati i termini delicati
dell’indagine – di una disposizione scritta) una “riservatissima” della
Regia Questura di Roma diretta alla Direzione Generale della P. S. faceva
notare l’esito negativo del pedinamento, chiedendo se fosse stato ancora
utile proseguire. Sul finire del  vi fu un’inchiesta, ancora una volta
a carico di Colonna di Cesarò, su un presunto “complotto realista” ai
danni del fascismo. La perquisizione della casa romana dell’ex deputato
avrebbe portato a scoprire «documenti assai gravi circa un’organizzazione
segreta a tendenze monarchiche». A seguito di questo evento «in Borsa
circolava con insistenza la notizia dell’arresto avvenuto di Colonna di Ce-
sarò», notizia priva di fondamento. Cautelativamente si proseguì nella
vigilanza e nel pedinamento, che con il passare del tempo divenne per il
nobiluomo motivo di insofferenza e di rabbia. Di certo l’esasperazione e
lo stato d’impotenza dinanzi alle restrizioni della sua libertà motivarono
la teorizzazione della soppressione del duce:


IL MOVIMENTO ANTROPOSOFICO ITALIANO DURANTE IL REGIME FASCISTA

Non vi è che una via per uscire dall’impasse – ha più volte dichiarato il Colonna
all’Hercolani – ed è il delitto politico. Si poteva per un certo tempo ritenere che
il popolo italiano, molto sensibile in fatto di libertà, si sarebbe sollevato contro
la tirannide, e non l’ha fatto. [...] Una guerra? L’On. Mussolini agita sempre
lo spauracchio d’una guerra, ma quando s’accorge che esso è preso sul serio
all’estero, allora è disposto a tutte le viltà pur di evitare la guerra. Ma se anche
essa scoppiasse contro la sua volontà, e fosse terminata da una sconfitta, non
v’è ragione di credere che gli italiani non si stringessero a lui, in una specie di
“union sacrée”! Non c’è dunque che la soppressione dell’uomo. Finito lui, finisce
tutto. Tutti lo odiano e coloro che gli sono più vicini lo odiano più degli altri. È
questione di saper dar loro fiducia. Non l’attentato di strada di esito pressoché
impossibile, ma l’attentato compiuto tranquillamente da qualcuno che ha libertà
di accostarlo. L’On. Colonna di Cesarò non aggiunse, a quanto riferisce l’Her-
colani di aver in animo di farsi lui stesso l’istigatore e il sobillatore del delitto. Il
principe Hercolani ha notato però uno strano, intenso e misterioso movimento
di gente intorno a Colonna di Cesarò.

Il  ottobre del  il Questore di Roma informò la Divisione Affari


Generali e Riservati della Pubblica Sicurezza che «Il noto ex deputato
Colonna di Cesarò Giovanni, ha chiesto il permesso per il porto della
rivoltella». La richiesta fu negata in quanto «a giudizio di questo ufficio
il Di Cesarò non ha alcuna necessità di andare armato, giacché gli agenti,
che, com’è noto, lo vigilano ininterrottamente, tutelano implicitamente
anche la sua persona. Trattasi inoltre di individuo estremamente violento
[...]. Sarebbe pericoloso consentirgli il porto dell’arma, dato lo stato di
esasperazione in cui egli si trova, per la vigilanza che viene esercitata in
suo confronto».
Un’altra informativa, forse con un maggiore senso di realtà ci di-
pinge lo stato d’animo di Colonna, mettendo in luce una visione tanto
pessimistica quanto preveggente sul conto dell’Italia fascista e sulla sua
impossibilità d’essere presente al riaffacciarsi della democrazia. Morirà
infatti il  novembre del .

Il Duca Colonna di Cesarò, incontrato in Roma, dice che egli è continuamente


seguito da agenti e sorvegliato come individuo pericoloso. Dichiara che non
occorre affatto farlo pedinare, giacché egli, pur non avendo nessuna simpatia per
il Regime, non ha nemmeno tanto poco cervello da voler agire contro il Regime.
Come già in precedenti occasioni, il Duca di Cesarò è stato molto misurato nelle
sue espressioni. Egli sembra piuttosto addolorato di quella che egli considera
una follia collettiva del popolo italiano pel fatto palese della sua completa elimi-
nazione dalla vita politica alla quale, come è noto, egli teneva moltissimo. Le
sue previsioni per il futuro sono naturalmente pessimistiche. Avendo il feticcio
della democrazia attaccato al cervello, egli trova che tutto quello che contrasta
con gli “immortali principi” è destinato a cedere o prima o poi. Ammette che, in


MICHELE BERALDO

ogni caso, né lui né gli altri della sua generazione che la pensano come lui, hanno
probabilità di assistere ad un ritorno dell’Italia all’idea democratica.

Nel , alla vigilia dell’estate, Colonna di Cesarò scrisse una lettera per-
sonale a S. E. l’on. Alessandro Dudan, direttore generale della Pubblica
Sicurezza, affinché si ponesse termine alla insopportabile vigilanza che
l’accompagnava oramai da diversi anni quotidianamente e in ogni parte
d’Italia (buon ultimo l’episodio di due agenti che a Venezia si infilarono
nella stessa gondola con la quale lui e la moglie avrebbero voluto provare
il romantico piacere di un comunissimo giro turistico). Il  giugno del
, per disposizione di S. E. il Capo del Governo, finalmente si dispose
che il duca di Cesarò «fosse lasciato libero».

Si può concludere, quindi, che a parte il caso personale di Colonna di


Cesarò, il regime fascista non ebbe sufficienti motivi nel perseguitare,
come invece avvenne in Germania (anche se i distinguo da fare sarebbero
molti) la Società antroposofica, nonostante essa mostrasse apertamente
il proprio carattere internazionale e “pacifista”. Dovrebbe far riflettere
il fatto che gli organi investigativi e di polizia italiani erano a conoscenza
sin dal  che la Società antroposofica germanica era stata chiusa in
quanto «ente di carattere internazionale [che] mantiene sempre relazioni
con i frammassoni, ebrei, pacifisti [e i cui] principi pedagogici del fon-
datore Steiner – sempre usati nella scuola antroposofica – sono basati
sull’insegnamento individuale, e quindi non ha nulla di comune con i
principi del nazionalsocialismo». Questa tolleranza, la cui diversità di
grado, in Germania e in Italia, sta nella diversa koinè spirituale che fu alla
base dei due regimi, può anche essere compresa alla luce del sostanziale
carattere “antibritannico” che la Società antroposofica fece intendere di
possedere.

Note
. Il  ottobre  fu fondata a New York la società detta «di ricerche spiritualiste» a
capo della quale vi era il colonnello Henry Steel Olcott, mentre Helena Petrovna Blavatsky
assunse il ruolo di segretaria. Fra i membri vi erano alti dignatari della Massoneria. Steel
Olcott e la Petrovna Blavatsky, teosofi e massoni, riscontrarono numerosi punti di contatto
esistenti tra le due dottrine. La stessa Annie Besant (presidente della Società teosofica dal
) appartenne a un ordine misto. Dopo appena due settimane, il  novembre , la
società cambiò nome in Società Teosofica, su proposta del suo tesoriere, ricco spiritista,
che per riguardo alla sua ricchezza, venne accontentato. Olcott, avvocato e giornalista di
New York, rimase a capo della Società Teosofica fino alla sua morte avvenuta nel .
. La Lega teosofica indipendente faceva capo alla sezione internazionale indipendente
della Società Teosofica con sede a Benares (India), distaccatasi dalla Società Teosofica di
Adyar nel , in seguito al “caso Leadbeater”. Charles W. Leadbeater, braccio destro


IL MOVIMENTO ANTROPOSOFICO ITALIANO DURANTE IL REGIME FASCISTA

della Besant, fu espulso nel  dalla Società Teosofica perché accusato di corruzione
di minorenni. Il suo reinserimento ai vertici della stessa sul finire del , per espressa
volontà della presidente Besant, provocò la dimissione di molti soci e la creazione di un
organismo indipendente.
. Rudolf Steiner, a capo della sezione tedesca della Società teosofica, fondò la So-
cietà antroposofica nel  in seguito al “caso Alcione”, quando Annie Besant indicò in
Krishnamurti l’entità corporea preposta ad accogliere la reincarnazione del Cristo. Evento
che Rudolf Steiner e i suoi seguaci rifiutarono, considerando l’incarnazione del Cristo,
sul piano della fisicità, unica ed irripetibile. Steiner, prima di essere invitato a presiedere
la Società teosofica tedesca, ebbe l’incarico dall’Archivio di Goethe a Weimar, di curare
l’edizione completa degli scritti scientifici del naturalista e letterato tedesco, i cui primi
volumi di morfologia (botanica e zoologia) sono stati per la prima volta editi in Italia, a
cura di Emilio Ferrario, dall’editrice Il Capitello del Sole di Bologna. Per una bibliografia
completa delle opere di Rudolf Steiner cfr. Opera Omnia di Rudolf Steiner, Sommario,
Editrice Antroposofica, Milano .
. Vasto seguito ebbe in Italia nei primi decenni del secolo scorso la Scuola iniziatica
Myriam di Giuliano Kremmerz (-), pseudonimo di Ciro Formisano. Alcuni suoi
membri parteciparono all’esperienza evoliana delle riviste “Ur” e “Krur”. Per un’intro-
duzione al pensiero kremmerziano cfr. A. Verniero, Giuliano Kremmerz e la sua Scuola
Iniziatica, parte biografica. Con una raccolta di rare fotografie del Maestro a cura di Pier Luca
Pierini R., Edizioni Rebis, Viareggio .
. Del cattolico tradizionalista Guido De Giorgio (-), il quale intesse dal 
al  una corrispondenza con Guénon, si è interessato Piero Di Vona in Evola, Guénon,
De Giorgio, Edizioni Sear, Borzano . Di De Giorgio cfr. La tradizione romana, Flamen,
Milano ; Id., Aforismi e Poesie, Archè, Milano .
. Cfr. P. L. Zoccatelli (a cura di), Aleister Crowly. Un mago a Cefalù, Mediterranee,
Roma .
. Il gruppo “Roma”, fondato nel lontano  per iniziativa della noblesse inglese,
dipendeva, fino al , dalla centrale teosofica di Adyar, quando, in seguito al caso Lea-
dbeater se ne distaccò per aderire alla Lega teosofica indipendente.
. Le leggi del  furono emanate per combattere espressamente le logge masso-
niche, e per soddisfare la richiesta delle frange più violente e squadriste del regime, che
vedevano come fumo negli occhi ogni possibile tentativo, anche teorico, di sovversione
occulta. La barbara irruzione nella sede massonica di palazzo Giustiniani conteneva in
sé, non già l’effettiva dismissione di un’organizzazione che comunque operava alla luce
del sole, con elenchi e riviste consultabili, ma la palese volontà di infliggerle una vera e
propria damnatio memoriae, attraverso la requisizione e la distruzione dell’intero apparato
simbolico e liturgico.
. Le leggi emanate con lo scopo preciso di debellare la massoneria dal territorio
italiano, produssero, negli ambienti della polizia e nella pubblicistica clerico-fascista, la
qualifica di massonismo deliberatamente e genericamente attribuibile a ogni organizza-
zione esoterica. «Durante il Ventennio – scrive Dana Lloyd Thomas – le organizzazioni
dell’ambiente esoterico erano regolarmente bollate “di tipo massonico” a prescindere dalla
loro derivazione filosofica o iniziatica». Cfr. l’interessante e articolato saggio intitolato Il
tempio assalito. Introduzione allo studio della campagna antiesoterica nell’Italia fascista,
in Politica Romana, Associazione di Studi Tradizionali “Senatus”, Messina, n. /-,
pp. -.
. Uno degli ultimi studi sulla massoneria realizzati sulla base del materiale d’archivio
presente in ACS è quello di Romano Canosa il quale dedica un capitolo de I servizi segreti
del Duce. I persecutori e le vittime, Mondadori, Milano , alla massoneria. Capitolo che
consiste in una parziale riproduzione di alcuni documenti relativi alla massoneria, espunti
senza un criterio filologico e storico, nonché privi di un’analisi interpretativa filtrante molte
grossolanità. Valga l’esempio di Reghini, chiamato erroneamente dall’informatore di turno


MICHELE BERALDO

Beghini e con questo nome dal Canosa riportato nell’indice.


. Cfr. R. De Felice, Mussolini il fascista. La conquista del potere, -, Einaudi,
Torino , p. .
. Mi riferisco a documenti inediti presenti in ACS i quali, per ragioni di spazio e per
il tema affrontato, non possono essere oggetto di questo studio.
. La rivista venne fondata nel gennaio del  grazie ai finanziamenti della teosofa
inglese Mrs Scott (la stessa che finanziò la Biblioteca filosofica di Firenze) e diretta da
Arnaldo Cervasato. Alcuni dei collaboratori furono, oltre a Colazza e Amendola, che si
firmava anche con lo pseudonimo Reader, L. Zuccoli, L. A. Villari, E. Bodrero, B. Vari-
sco, U. Della Seta, G. Papini, G. Prezzolini, E. Schurè, M. Maeterlinck, O. Calvari, A.
Fogazzaro, M. Morasso.
. Rimane fondamentale per seguire l’itinerario spirituale di Giovanni Amendola il
testo di Alfredo Capone, Giovanni Amendola e la cultura italiana del Novecento (-).
Alle origini della “nuova democrazia”, Editrice Elia, Roma . Questo testo, assieme a
quello di Daniela Coli, Croce, Laterza e la cultura europea, Il Mulino, Bologna , è uno
strumento indispensabile per comprendere a fondo il retroterra culturale dell’esoterismo
italiano nei primi decenni del Novecento.
. Dal riassunto pubblicato in “Movimento teosofico” di “Ultra”, maggio-giugno
.
. I riferimenti sono in “Mitteilungen fur die Mitglieder der Deutschen Sektion”,
Rudolf Steiner Verlag, Dornach , p. .
. Dei gruppi Lombardia ed Etruria non rimangono tracce. Si ritiene pertanto che
essi si sciolsero a seguito della guerra.
. Compositore faentino (-) pervenne a una certa notorietà con l’opera mu-
sicale Galeotus. Il carattere schivo e l’assoluta indifferenza che mostrava per il successo,
ne fecero un solitario ricercatore, non solo nell’ambito musicale, che era prevalente, ma
anche in quello della matematica, dell’astronomia, della letteratura e in special modo
dell’occultismo. Visse a Faenza dove fu organista e direttore della Scuola di musica della
città. La sua biblioteca, i suoi scritti musicali e letterari, assieme ad una vasta corrispon-
denza, sono conservati presso la Biblioteca Manfrediana di Faenza. Cfr. A. Casanova,
Lamberto Caffarelli, vita, catalogo delle opere, scritti, bibliografia, Stab. Grafico F.lli Lega,
Faenza ; E. Golfieri, Lamberto Caffarelli. Un enigma esistenziale, in “Torricelliana”,
bollettino della Società torricelliana di scienze e letteratura, n. , Faenza ; R. Savini,
I faentini dello stradario, Faenza ; G. Cattani, Lamberto Caffarelli e i suoi inediti, in
“Torricelliana”, n. , .
. A testimonianza della sua attività rimangono oggi la traduzione di Iniziazione e
Misteri dello Steiner, con un’appendice «sui metodi iniziatici: Orientale (yoga) - Cristiano
- Gnostico - Rosacruciano»; e un articolo sull’antroposofia, commissionatogli dal vulcanico
spiritualista Pietro Zanfrognini e da Augusto Hermet, per un numero monografico della
rivista “Delta” di Fiume, dedicato interamente «alla rinascita mistico-spirituale dell’Italia»,
pubblicato nel .
. Entrambe furono anche rivenditrici delle opere steineriane fino a quel tempo
pubblicate in italiano.
. Fondata nel , inizialmente fu mensile, dal  divenne quindicinale per poi
essere trimestrale nell’ultimo anno di vita, il . La Biblioteca della Rassegna Contempo-
ranea (tramite le edizioni Bontempelli e Invernizzi di Roma), aveva stampato al settembre
del  tre libri di Steiner: La direzione spirituale dell’Uomo e dell’Umanità (); Una via
per l’uomo alla conoscenza di se stesso (); Dalla cronaca dell’Akasha ().
. Cfr. M. Rossi, “Lo Stato Democratico” () e l’antifascismo antidemocratico di
Julius Evola, in “Storia Contemporanea”, a. XX, n. , febbraio .
. Cfr. Di alcuni cultori della Scienza dello Spirito (Cenni. Note. Profili), Andriola,
Palo del Colle-Bari .
. ACS, Min. Interno, Div. Polizia politica, materie, f.  (Roma massoneria), b. .


IL MOVIMENTO ANTROPOSOFICO ITALIANO DURANTE IL REGIME FASCISTA

. Wassili Kandinsky - Giovanni Antonio Colonna di Cesarò -. Un carteggio


inedito, pubblicato nel catalogo della mostra “Kandinsky tra oriente e occidente”, Firenze,
palazzo Strozzi,  aprile -  luglio , a cura di Marichia Simcik Arese.
. Religio, Roma . Scrisse inoltre Il mistero delle origini di Roma. Miti e tradizioni,
La Prora, Milano , in netta ma rispettosa polemica con le tesi enunciate da J. Evola
in Imperialismo pagano; saggio d’interpretazione del vangelo di Luca, Guanda, Modena
; “L’Uomo”, in Arturo Onofri, -, Vallecchi, Firenze . Suoi scritti vennero
pubblicati su numerose riviste: “La Voce politica”, “La Vita Italiana”, di Giovanni Pre-
ziosi, “Religio. Rivista di studi religiosi” diretta da Ernesto Bonaiuti, “Bilychnis. Rivista
di studi religiosi”, “Ricerche Religiose”, “Lares”, “Società di etnografia italiana”, “Nuova
Antologia. Rivista di Lettere, Scienze ed Arti”.
. Così si legge nella prima edizione italiana de La scienza occulta, Laterza, Bari
.
. Rudolf Steiner venne iscritto a parlare nella V sezione “Filosofia della religione”. La
conferenza aveva per titolo: “I fondamenti psicologici dell’antroposofia e la sua posizione
rispetto alla teoria della conoscenza” ed è raccolta nell’opera omnia n. . Pubblicata per
la prima volta in italiano in “Antroposofia” del , venne divisa in due parti con il titolo:
“Le basi psicologiche e la posizione gnoseologica dell’antroposofia”. Ora anche in S. Curti
(a cura di), Rudolf Steiner a Bologna in occasione del LV convegno internazionale di filosofia
del , Il Capitello del Sole, Bologna .
. In rappresentanza dell’Italia e per incarico della Presidenza venne invitata la
baronessa de Renzis; in rappresentanza del gruppo Novalis, Colonna di Cesarò; in rappre-
sentanza del Leonardo da Vinci di Milano, Lina Schwarz. La delegazione italiana risultava
essere la più numerosa: oltre alle pesone già citate, erano presenti Alcibiade Mazzerelli e
Lamberto Caffarelli; questi, già presente al Convegno “Est-West” di Vienna nel , dove
aveva conosciuto personalmente lo Steiner, venne incaricato di musicare alcuni dei Canti
spirituali di Novalis. In rappresentanza di Honolulu vi era Charlotte Alexander Ferreri,
che già assunse la direzione del Leonardo da Vinci alla sua fondazione. Cfr. il resoconto
stenografico de Il convegno di Natale per la fondazione della Società antroposofica Universale,
 dicembre  -  gennaio . Dattiloscritto, tradotto da Mario Garbari, a cura della
Società antroposofica in Italia, s. d.
. E. Uehli, assieme a Emil Leinhas e Carl Unger faceva parte della Presidenza centrale
della Società antroposofica, prima che essa divenisse, con il Convegno di Natale (-),
“Società antroposofica universale” con a capo Rudolf Steiner. Qualche accenno a Uehli
lo si può trovare nel libro di F. Hiebel, Tempo di decisioni con Rudolf Steiner, esperienze
ed incontri, Edizioni Arcobaleno, Oriago .
. Anno I, n. -, novembre . L’articolo venne riedito tale e quale in “Graal.
Rivista di scienza dello Spirito”, anno I, n. , gennaio  e n. , aprile .
. “Die Blutserneuerung des Kunftlers als Grundlage des Expreffionismus” alla p. 
di Zwischen Sphinx und Gral, Goetheanum Bucherei, . Tra i libri pubblicati di E. Uehli,
sono a conoscenza di Die Mosaiken von Ravenna, Benno Schwabe & co. Verlag, Basel,
e Die Geburt der Individualitat aus dem Mythos (precedente al libro del : Tra Sfinge
e Gral), tradotto in italiano nel  dai Fratelli Bocca editori, nella biblioteca scientifica
spirituale diretta da R. Kufferle, con il titolo La nascita dell’individualità dal Mito come
esperienza artistica di Riccardo Wagner.
. Per un rinnovamento spirituale, II, in “Graal”, a. I, n. , , p. .
. Laterza, Bari .
. La teosofia in soccorso dell’arte. Un estetico pangermanista, in “Il Mondo”, 
febbraio .
. Non credo possa essere ininfluente il fatto che Decio Calvari, direttore della rivista,
era vicedirettore negli uffici della Camera del Deputati.
. Il primo numero risaliva al gennaio del .
. Da Commiato in “Ultra”, n. -, settembre-dicembre .


MICHELE BERALDO

. “Foglio di espressioni varie e di tradizione una”, uscì, quindicinale, dal febbraio
al  giugno del .
. R. del Ponte, Il movimento tradizionalista romano nel Novecento. Studio storico
preliminare, Sear Edizioni, Borzano , p. .
. Tutti gli articoli di contenuto anticristiano apparsi a firma del Reghini sarebbero
stati scritti in comune accordo con Mussolini. Il Reghini «avrebbe prospettato al Duce
la necessità di mantenere in Italia una ben decisa ala anti-cattolica come spauracchio al
Vaticano e come preparazione di uno stato d’animo laico in Italia», ACS, Min. Interno,
Div. Polizia politica, materie, b. , f. .
. La riedizione completa in anastatica (eccetto le copertine e i risvolti) venne stam-
pata per le edizioni Tilopa di Roma tra il  e il  in tre volumi.
. In un mio recente elaborato per la Fondazione Evola, Julius Evola - Arturo Onofri,
Esoterismo e Poesia. Lettere e documenti (-), in “Quaderni di testi evoliani”, n. ,
, scrivo della possibilità che Breno e Krur non possano essere Evola (come Renato del
Ponte associa), ma lo steineriano Giovanni Colazza, avvalendomi non solo di un’analisi
testuale ma anche di documenti dell’Archivio Centrale dello Stato.
. Cfr. A. Del Massa, Pagine esoteriche, a cura di A. Iacovella, La Finestra, Trento
.
. J. Evola, Il cammino del cinabro, All’insegna del pesce d’oro, Milano , p. .
. Ibid.
. «[...] Risulta che il Prof. Evola davanti a varie persone non fasciste e in vari periodi
di tempo si sarebbe vantato di “poter uccidere S. E. il Capo del Governo con le forze me-
dianiche che egli dispone e cioè nel momento in cui si crederà più opportuno”», ACS, Min.
Interno, Div. Polizia politica, fasc. personali (Evola Giulio), b. . Dirà Evola a riguardo
dello stesso argomento: «Può tuttavia essere forse interessante accennare che, in un altro
contesto, Mussolini per un momento credette che si volesse agire magicamente su di lui
[...]. Ribattevamo dicendo che dal punto puramente fisico un tale potere era certamente
superiore a quello occorrente per spostare alcune molecole o fibre di un cervello tanto
da provocare una emorragia cerebrale, epperò la morte della persona; che se tale potere
era “oggettivo” [...] avrebbe dunque potuto essere anche quello di un “capo di governo”.
[...] Ebbene, a Mussolini qualcuno riferì tendenziosamente questa argomentazione, ac-
cennando che con “un capo di governo” intendevamo proprio lui». In Evola, Il cammino
del Cinabro, cit., pp. -.
. Evola, Imperialismo pagano. Il Fascismo dinnanzi al pericolo euro-cristiano, seguito
da un’appendice polemica sulle Reazioni di parte guelfa, Edizioni Atanor, Todi-Roma
.
. Cfr. A. Iacovella, Il Barone e il Pitagorico: J. Evola e A. Reghini, in “Vie della
Tradizione,” n. , aprile-giugno . Cfr. anche Una polemica giornalistica tra Evola e
Reghini su “Roma Fascista” e “Patria”, in “Politica Romana”, n. , .
. Sul primo numero della rivista comparve una poesia inedita postuma di Arturo
Onofri dal titolo Fra il glaciale profumo del sereno. Cfr. la ristampa completa della rivista,
Società Editrice Il Falco, Milano , con un’introduzione di M. Tarchi.
. Per l’opera, davvero sterminata, di Pappacena cfr. l’articolo di A. Masci, Enrico
Pappacena, in Note di Antroposofia, n. , anno ; A. Lestingi, Enrico Pappacena (nel
cinquantenario della sua attività scientifico-letteraria). Qualche testimonianza, Andriola,
Bari .
. Rudolf Steiner e il pensiero moderno, tratto da L’opera di Rudolf Steiner.
. Rudolf Steiner e l’iniziazione. Meebold ebbe già modo di scrivere in merito a Rudolf
Steiner e l’occultismo moderno per la rivista “La Lucerna”, anno IV, n. , aprile .
. Rudolf Steiner e gli orizzonti esoterici dell’arte.
. Rudolf Steiner e l’arte di educare.
. Si tratta di Notarelle Spirituali, in “I nostri Quaderni”, anno IX, fasc. I-II, gennaio-
febbraio .


IL MOVIMENTO ANTROPOSOFICO ITALIANO DURANTE IL REGIME FASCISTA

. La rivista venne fondata nel  e terminò, a leggere quanto riportato da Augu-
sta Lestingi, nel dicembre del . Masci la fa cessare nel . Invece è evidente la sua
esistenza almeno fino al .
. Maria Gentilli (-) sposò Aram Kassapian, di origine armena, divenuto in
seguito cittadino italiano con il cognome Cassini. Visse alcuni anni a Roma dove conobbe la
baronessa de Renzis e con essa l’antroposofia. Fu socia della società fin dal . Stabilitasi
a Trieste fondò la Società antroposofica d’Italia e, assieme alla Gretzer e a Febe Colazza,
fece fiorire una regolare scuola di Euritmia organizzando alcune rappresentazioni con
gli artisti del Goetheanum, al teatro comunale Giuseppe Verdi. Nel dopoguerra fu tra le
fondatrici della sezione italiana della Società antroposofica universale. Cfr. Pappacena,
Di alcuni cultori della Scienza dello Spirito, cit.
. ACS, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di Pubblica Sicurezza (d’ora in
poi DGPS), Div. Affari generali e riservati, associazioni G, b. , f. , Società generale
antroposofica con sede a Dornach.
. Articolo  introdotto col R. Decreto n. , del  giugno .
. ACS, Ministero dell’Interno, DGPS, Div. Affari generali e riservati, associazioni G,
b. , f. , Società generale antroposofica con sede a Dornach.
. Il  agosto del  il Capo del Governo decretava l’autorizzazione a dirigere la
Società antroposofica con sede a Trieste.
. ACS, Ministero dell’Interno, DGPS, Div. Affari generali e riservati, associazioni G,
b. , f. , Società Generale antroposofica con sede a Dornach.
. Precedentemente già iscritta alla sezione milanese dipendente dalla Società di
Trieste.
. ACS, Ministero dell’Interno, DGPS, Div. Affari generali e riservati, associazioni G,
b. , f. , Società generale antroposofica con sede a Dornach.
. Da una lettera inedita di Mazzerelli a Caffarelli, datata  aprile , spedita da
Foiano della Chiana a Faenza e conservata nell’Archivio Caffarelli presso la Biblioteca
comunale Manfrediana di Faenza. Per gentile concessione della Direttrice (sottolineature
nel testo).
. La conferma viene da un memoriale di Maria Cassini sulle origini del movimento
antroposofico italiano in cui riferisce che, mentre ella frequentava il gruppo della de Renzis
– siamo negli anni Venti –: «Ignoravo allora che a Roma ci fosse un secondo gruppo di
studiosi, diretto dal dott. Colazza; non ebbi mai occasione di frequentarlo, come nessuno
di quei soci venne mai da noi. Fra i due dirigenti non correva buon sangue e tutto ciò
rimane un mistero per me». Per gentile concessione del gruppo di studi antroposofici di
Trieste.
. Attualmente “Pico della Mirandola” è il nome del gruppo antroposofico di Bo-
logna, fondato nei primi anni Sessanta da Lamberto Caffarelli.
. Lettera inedita a Caffarelli (sottolineature nel testo).
. ACS, Ministero dell’Interno, DGPS, Div. Affari generali e riservati, associazioni G,
b. , f. , Società generale antroposofica con sede a Dornach.
. Ibid.
. Martinoli, terminata la guerra, fu inquisito per i suoi trascorsi politici e per essere
stato uno dei più noti fascisti di Trieste. Venne prosciolto da ogni accusa e sembra che a
scagionarlo ulteriormente furono le testimonianze degli ebrei, che si dice, egli abbia salvato
nascondendo nella propria abitazione.
. «Il lavoro ci rende felici; esso venne continuato anche durante la guerra; allora
la nostra massima preoccupazione fu di mantenere il contatto spirituale con Dornach
e possiamo affermare di esservi riusciti, anche quando tutte le comunicazioni esteriori
vennero a mancare. Avevamo sempre coltivato fra noi un rapporto di grande fiducia
[...]. Ridotti a pochissimi – molti erano partiti, altri richiamati –, senza una sede fissa; ci
riunivamo con puntualità cronometrica nelle varie case che ci ospitavano. Vi erano rap-
presentate fra noi le varie nazionalità e religioni che formano il problema etnico di questa


MICHELE BERALDO

città [...]. Ad ogni riunione avevamo l’impressione di trovarci in un’oasi di pace in mezzo
alla tempesta, anche se causa gli allarmi, il buio e le altre mille difficoltà che tutti sanno
ci volesse uno sforzo di gran buona volontà per arrivarci. Appena terminata la guerra ci
facemmo premura di chiedere al Governo Militare Alleato il permesso di costituire la
Società antroposofica a Trieste. Questo permesso giunse proprio il giorno  febbraio
, anniversario della nascita del nostro venerato Maestro». Da Buona Volontà a Trieste,
resoconto delle attività antroposofiche triestine dopo la guerra. Per gentile concessione
del Gruppo antroposofico di Trieste.
. Dalla morte di Steiner in poi, e per molti anni a seguire, la Società antroposofica
Universale di Dornach di fatto proseguì le attività con una scissione interna che vedeva
schierati da una parte i seguaci di Marie Steiner e Albert Steffen, i quali rimasero fedeli
al magistero di Rudolf Steiner, alle sue conferenze e ai suoi scritti. Dall’altra parte coloro
che riconoscevano naturale continuatrice dell’opera steineriana più esoterica la dottoressa
Ita Wegman. Martinoli, a quanto pare, appoggiava la corrente di Marie Steiner e pertanto,
con alcuni componenti del gruppo triestino si staccò dalla Società antroposofica d’Italia.
Diversamente, Maria Cassini e il fratello Paolo Gentilli avrebbero appoggiato la corrente
di Ita Wegman. Da un archivio incompleto della Società antroposofica passato attraverso
il mercato librario, ho potuto invece verificare una lettera in difesa di Albert Steffen a
firma di Maria Cassini, datata  febbraio , su carta intestata “Società Antroposofica
d’Italia”, via Carducci , Trieste.
. ACS, Ministero dell’Interno, DGPS, Div. Affari generali e riservati, associazioni G,
b. , f. , Società generale antroposofica con sede a Dornach, Milano  ottobre 
XVI.
. Documento della Prefettura di Milano, datato  dicembre , ACS, Ministero
dell’Interno, DGPS, Div. Affari generali e riservati, associazioni G, b. , f. , Società
generale antroposofica con sede a Dornach.
. Ivi, Divisione Polizia Politica, Appunto per la Divisione Affari Generali e Riservati,
Roma  gennaio  (anno XIX).
. ACS, Ministero dell’Interno, DGPS, Div. Affari generali e riservati, associazioni G,
b. , f. ; Società generale antroposofica con sede a Dornach.
. Ivi, Prefettura di Milano al Ministero dell’Interno, Direzione Generale P. S.,
Roma, in data  gennaio .
. Ivi, Regia Questura di Roma,  ottobre  anno XIX.
. Approfittando del “volo” di Rudolf Hess, il quale proteggeva, fino a che gli era
consentito, gli antroposofi tedeschi, il ministro della propaganda Goebbles, il  giugno del
, annunciò l’arresto di tutti gli «astrologi, magnetopati, antroposofi, e così via». Cfr. R.
N. Proctor, La guerra di Hitler al cancro, Raffaello Cortina Editore, Milano , p. .
. ACS, Ministero dell’Interno, DGPS, Div. Polizia Politica, fasc. pers. Steiner Rudolf,
...
. Ivi, ...
. ACS, Ministero dell’Interno, DGPS, Div. Affari generali e riservati, associazioni G,
b. , f. , Società generale antroposofica con sede a Dornach.
. Ibid.
. ACS, Ministero dell’Interno, DGPS, Div. Polizia Politica, materie, b. , f. , Ordine
Teosofico, Napoli  novembre . Mi preme ricordare che in un primo tempo questo
documento mi venne gentilmente segnalato dallo studioso Dana Lloyd Thomas.
. Ibid.
. “Regime Fascista”, mercoledì  ottobre . Pubblicata anche nel libro di G. Fabre,
L’elenco. Censura fascista, editoria ed autori ebrei, Zamorani editore, Torino .
. Presso l’Archivio centrale dello Stato esiste un fascicolo personale della Polizia
politica a nome di Rinaldo Kufferle. In esso sono poche le informazioni che consentirebbero
di definire autentica la sua adesione al fascismo. L’informatore osserva come egli al 
non avesse ancora rinnovato la tessera del partito e che il suo impegno al “Corriere della


IL MOVIMENTO ANTROPOSOFICO ITALIANO DURANTE IL REGIME FASCISTA

Sera” stava per finire. Ci si chiede se egli «in fondo non fosse rimasto svizzero repubblicano
come lo scultore suo padre». Nel  viene definito «di incerta nazionalità e molto tiepido
in fatto di passione politica», ACS, Polizia politica, fasc. pers. b. . Occorre pertanto
valutare l’intervento a “Regime Fascista” nella possibilità che, pur di poter continuare
a pubblicare le opere dello Steiner, Kufferle garantisse sull’arianità del filosofo facendo
intendere una, vera o falsa che fosse, adesione da parte sua al regime.
. Steffen fece tappa anche a Trieste dove tenne una conferenza nella sede della
Società antroposofica d’Italia.
. Colloquio con Steffen, l’autore della requisitoria contro Ginevra, in “Il Regime
Fascista,”  dicembre .
. Cfr. Pappacena, Di alcuni cultori della Scienza dello Spirito, cit., p. .
. A questo proposito si leggano le lettere della de Renzis a Laterza nel capitolo VII
“L’anticroce di Giovanni Laterza: la Biblioteca esoterica”, del libro di Coli, Croce, Laterza
e la cultura europea, cit.
. Il primo di tre articoli era intitolato La nuova Russia e la questione adriatica, a. V, f.
LVII,  settembre . Cfr. G. Trevisonno, Indici per autori e materie del “La Vita Italiana”
dal  al , con prefazione di R. Farinacci, Cremona  XVIII.
. Il primo di una lunga serie di articoli fu La saggezza antimoderna e il suo significato
nella cultura fascista, , L, lg., n. . Cfr. Trevisonno, Indici per autori e materie, cit.
. La Vita Italiana, Rassegna Politica, pubblicazione mensile de “Il Regime Fascista”,
anno XXX, giugno , n. , pp. -.
. La Vita Italiana, rassegna mensile di politica, VII, , , poi in I punti essenziali
della questione sociale, Editrice antroposofica, Milano , pp. -, e in “Graal. Rivista
di scienza dello Spirito”, anno XI, vol. XI, n. -, giugno , pp. -.
. La tripartizione dell’organismo sociale secondo lo Steiner, anno IX, fasc. VIII, agosto
, pp. -.
. La notizia è tratta da una testimonianza scritta del compositore Claudio Gregorat,
ex segretario della Società antroposofica Italiana, che ne ebbe notizia orale nel periodo
del secondo dopoguerra.
. L’opera che lo elevò agli onori della critica, inquadrandolo entro la corrente
letteraria di “Strapaese”, di cui sarebbe stato il più qualificato rappresentante, fu Tutta
Frusaglia, pubblicata nel  e varie volte riedita. Naturalmente in seguito furono ancora
molti i successi editoriali.
. ACS, Segreteria particolare del Duce, corrispondenza nominale, b.  (Tom-
bari), cc. .
. Lo scrittore Vitaliano Brancati ricorderà come Mussolini desse, a riguardo del-
l’opera La vita, «alcuni giudizi, di qualità straordinaria». Cfr. Interviste, visite a Mussolini
(-), c) Visita a Brancati (giugno ), in R. De Felice, Mussolini il Duce. Gli anni del
consenso (-), Einaudi, Torino , p. .
. Si tratta dell’allora giovane pittore e insegnante Waldorf, Luigi Sertori.
. Tombari raccontava spesso ciò che Mussolini gli chiese quando seppe del suo
interesse verso Steiner: «Spiritista? – disse Mussolini – No, spiritualista!» – rispose
Tombari.
. Di Massimo Scaligero (-), la cui opera scritta è stata per la maggior parte
pubblicata dall’editrice Tilopa di Roma, cfr. l’esauriente saggio “Il coraggio è un’abitudine”.
Ricordo di Massimo Scaligero a vent’anni dalla scomparsa, in “Graal. Rivista di scienza dello
Spirito”, a. XVIII, vol. XVIII, n. -, giugno , pp. -.
. Cfr. S. Corbatti, M. Nava, Sentire, pensare, volere: storia della Legione SS italiana,
Ritter, Milano , p. .
. Cfr. M. Scaligero, Dallo Yoga alla Rosacroce, Perseo, Roma , pp.  ss.
. Ibid. Di Massimo Scaligero, pseudonimo di Antonio Massimo Sgabelloni, è stato
rintracciato un solo documento informativo della Polizia politica, datato  settembre 
e visionato l’ settembre dello stesso anno. Sottolineo le date perché evidentemente l’in-


MICHELE BERALDO

formativa non è da riferirsi ai fatti sopra menzionati, ma dipendente alla fase di transizione
di quei giorni e pertanto interpretabile non più dal punto di vista della Polizia politica
fascista. «Roma,  settembre . In questi ultimi tempi frequentava la biblioteca Vittorio
Emanuele di Roma il giornalista Scaligero Massimo, della redazione del giornale “Razza”
persona di sentimenti fascisti avanzati, un cerebrale cultore di studi filosofici, di idee molto
spinte. Orbene egli fra i giovani del suo temperamento fa opera di abile propaganda di
rivendicazione fascista ed è riuscito a trarre a sé fra l’altro un giovane studente, pure lui
appassionato di questioni filosofiche seguace del Gentile, ardente fascista reduce da un bat-
taglione “M” già operante in Russia, il quale avrebbe lasciato improvvisamente la famiglia
domiciliata in Roma Rione Quadraro per seguire il Massimo Scaligero, come Segretario
in un attaccamento che il giornalista deve avere con un altro ufficiale tedesco. Trattandosi
di un elemento idealista e passionale, e di idee ultra utopiste lo segnalo potendo questa
condotta con ufficiali tedeschi nascondere manovre ed orientamenti di elementi contrari
all’ordine attuale». ACS, Polizia politica fasc. personali, b. , Scaligero Massimo.
. Cfr. N. Briamonte, La vita e il pensiero di Eugenio Curiel, Feltrinelli, Milano ;
E. Colotti, voce Curiel Eugenio, in Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza, vol. I,
La Pietra, Milano , pp. -.
. È utile ricordare che Bonaiuti pubblicò, nel , per la sua casa editrice romana,
le Edizioni Religio, il ciclo di conferenze dello Steiner intitolato Antroposofia, Psicosofia,
Pneumatosofia.
. Nel  vi furono, oltre all’attentato della Gibson, il  aprile, quello dell’anarchico
Gino Lucetti l’ settembre, e quello di Zamboni il  ottobre. Prima di allora, nel ,
venne sventata l’organizzazione di un attentato ad opera del deputato socialista Zaniboni
e del generale Luigi Capello, massone. Oltre ad un inasprimento della campagna gior-
nalistica verso le opposizioni si eseguirono i provvedimenti di chiusura, resi poi attuabili
dalla legge contro le associazioni segrete, verso tutte le logge della Massoneria di palazzo
Giustiniani, della quale il generale Cappello faceva parte, e vennero poste sotto custodia
quelle della Massoneria di Piazza del Gesù.
. ACS, J Gibson Violet, b. , f. “Attentato a S. E. il Capo del Governo”. Nel
novembre  la magistratura propose il rinvio a giudizio della Gibson; nel  fu però
– date le sue condizioni mentali e in seguito a pressioni del governo inglese – liberata e
rimpatriata. Cfr. R. De Felice, Mussolini il Fascista, l’organizzazione dello Stato fascista,
-, Einaudi, Torino , pp. -.
. ACS, J Gibson Violet, b. , f. “Attentato a S. E. il Capo del Governo”.
. Cfr. M. Introvigne, Le nuove Religioni, Sugarco edizioni, Milano .
. ACS, J Gibson Violet, b. , f. “Attentato a S. E. il Capo del Governo”.
. Ibid.
. La Gibson, secondo una nota dei periti psichiatri – che non escludevano la
possibilità che essa fosse stata suggestionata per compiere l’attentato – «discorrendo con
le infermiere, avrebbe dichiarato, alludendo ai Magistrati ed ai periti: “Essi insistono per
sapere per conto di chi ho agito; ma io non lo dirò mai”». Ibid.
. Ibid.
. Nei lunghi pedinamenti per mezzo di agenti ciclisti o motorizzati, Colonna di
Cesarò metteva a dura prova la resistenza degli uomini e dei mezzi. Da Cortina, dov’era
in villeggiatura, arrivò la notizia che «causa deficienza della macchina» s’era persa di vista
l’automobile del duca che di norma risultava più competitiva delle auto a disposizione
della Polizia.
. ACS, Pubblica Sicurezza, A  b.  (Colonna di Cesarò).
. ACS, Polizia politica, fasc. personali, b.  (Colonna di Cesarò). Esito negativo
ebbe invece la perquisizione nell’abitazione di Palermo eseguita dal Prefetto Mori su
incarico del ministero dell’Interno.
. Alla notizia del possibile arresto di Colonna di Cesarò, l’impressione di Nenni
fu che: «il Fascismo va a fondo anche contro i Monarchici ma non bisogna commuoversi


IL MOVIMENTO ANTROPOSOFICO ITALIANO DURANTE IL REGIME FASCISTA

perché questi sono stati e sono i complici della politica fascista». Ibid.
. ACS, Ministero dell’Interno, Polizia politica, fasc. pers. b.  (Colonna di Ce-
sarò).
. ACS, PS A  b.  (Colonna di Cesarò).
. Nel presentarsi a Kandinsky, il  novembre , scriveva: «[...] ho studiato diritto,
e sono un politico passato di moda e messo in disparte per i suoi principi. Mi consolo
pensando che potrei essere qualcosa di ancor peggio, per esempio un politico ancora in
attività di servizio per la sua mancanza di scrupoli!». In Wassili Kandinsky - Giovanni
Antonio Colonna di Cesarò (-). Un carteggio inedito, cit., p. .
. ACS, Ministero dell’Interno, Polizia politica, fasc. pers. b.  (Colonna di Ce-
sarò).
. Sui rapporti tra alcuni membri della Società antroposofica e il regime nazista
la letteratura di casa nostra non offre nulla. Con spirito di discernimento è utile valutare
quanto all’estero è stato pubblicato: P. Staudenmaier, Anthroposophy and Ecofascis, in
Institute for Social Ecology, http://www. Social-ecology.org; J. Biehl, “Ecology” and the
Modernization of Fascism in the German Ultra-right, in http://www.spunk.org. Sulla
persecuzione del movimento della Christen-Gemeinschaft (espressione religiosa-cultuale
dell’antroposofia) cfr. R. F. Gadeke, Die Grunder der Christen-Gemeinschaft, Phil. anthr.
Verlag an Goetheanum, Dornach . Sui rapporti di protezione esercitati da Rudolf
Hess nei confronti della scuola Waldorf di Dresda e sul movimento antroposofico cfr. R.
Maikowski, Schicksalswege auf der Suche nach dem. Lebendigenn Geist, Die Kommendn,
Friburgo .
. ACS, Ministero dell’Interno, DGPS, Div. Affari generali e riservati, associazioni G,
b. , f. , Società antroposofica con sede a Dornach.
. Cfr. infra.



Antroposofia
Mi è stato richiesto di parlarvi ancora di un soggetto che, si può proprio dire, ha da un lato milioni
di sostenitori entusiasti, mentre dall’altro trova i piú violenti avversari. Avversari dello spiritismo che
non solo lo combattono, ma che lo mettono anche in ridicolo e lo assimilano alla piú nera superstizione:
avversari cioè che hanno intenzione di cavarsela con espressioni superficiali di scherno e di disprezzo.
Ora, non è poi tanto facile, specialmente nel nostro tempo, trattare un tema simile, che suscita imme-
diatamente le piú ardenti passioni sia pro che contro. Vorrei quindi pregare quelli tra voi che sono forse
entusiasti seguaci dello spiritismo, di non dare subito giudizi negativi se quanto dirò non vi sembrerà
corrispondere esattamente alle vostre vedute. Ricordate che noi che seguiamo questa Via di conoscenza,
siamo comunque uniti allo spiritismo da una cosa, dal desiderio cioè di indagare i mondi spirituali supe-
riori, quei mondi che vanno oltre ciò che quotidianamente udiamo con le orecchie, vediamo con gli occhi,
possiamo toccare con mano. Su questo punto siamo d’accordo. E dall’altra parte vorrei pregare i cultori
della scienza di rendersi conto che il movimento nel cui nome io sto parlando ha scelto – non come una
semplice etichetta o come frase, ma nel senso piú serio – il seguente motto: “Nessuna opinione umana
vale piú della verità”. Vorrei pregare dunque gli scienziati di tener presente che col passar del tempo
anche le opinioni scientifiche hanno subíto mutamenti, e che quello che è oggi scientificamente affermato
non può essere considerato valido per tutti i tempi.
Permettetemi cosí – senza che io parteggi per l’uno o l’altro campo ma considerando che nessuna
scienza umana conta piú della verità – di tratteggiare brevemente l’evoluzione del movimento spiritistico.
Vorrei anzitutto sottolineare che i fondatori del movimento teosofico, la signora Helena Petrovna
Blavatsky e il grande organizzatore, colonnello Henry Steel Olcott, sono partiti anch’essi dallo spiritismo,
ne erano profondi conoscitori e si sono dedicati al movimento teosofico solo dopo aver cercato energica-
mente la verità nello spiritismo senza trovarla.
Non si tratta dunque di combattere lo spiritismo, ma di cercare la verità dove la si può trovare.
Vorrei ancora premettere qualcosa che stupirà forse alcuni di voi, ma non certo chi è piú avanzato.
Ecco di cosa si tratta: l’ultima parola sullo spiritismo e soggetti analoghi non la udrete mai pronunciare
da persone che, come me, ne devono parlare. Sapete che in tutte le scienze vige una legge, giustificata
proprio dal metodo scientifico, per cui si espongono i risultati scientifici in modo divulgativo al grande
pubblico, ma se si vuole arrivare alla conoscenza piú approfondita di questi risultati, se si vuole conoscere
la verità piú profonda, è necessario un percorso piú lungo, una via che passa per i diversi metodi e
approcci. Generalmente gli studiosi non sono in condizione di esporre nelle conferenze popolari che cosa
avviene all’interno di un laboratorio, o all’interno di un osservatorio astronomico. Se già le cose stanno
cosí per la scienza fisica, ancor piú accade per le conoscenze spirituali, per le quali esiste una legge che
riguarda tutti i grandi movimenti spirituali del mondo: chi deve parlare di queste cose non deve dire parole
definitive, perché queste sono di natura completamente diversa. Sono di natura tale da non poter essere
pronunciate in pubblico. Cosí, non udrete mai da chi è vero occultista l’ultima parola su questo argomento,
a meno che non vogliate seguire fin nel piú profondo la sua via e siate in grado di farlo. Tuttavia, per colo-
ro che hanno già qualche nozione in materia, il modo stesso in cui sarà esposta, ciò che verrà detto non
solo fra le righe, ma persino fra le parole, potrà portare qualche maggiore chiarimento.
Dopo questa introduzione, passiamo al tema stesso, che ha un significato storico-culturale importante
anche per chi vuole minimizzare l’argomento. Parlerò del tema in un modo veramente illuminante, ossia
dal punto di vista seguente: che cosa cerca lo spiritismo odierno? Qualcosa di nuovo o di molto antico?
Le vie di questa ricerca sono completamente nuove o sono state già percorse dall’umanità da secoli, forse
anche da millenni?
Queste domande ci conducono innanzitutto a ciò che riguarda la storia dello spiritismo. Quello che
ricercano gli spiritisti è senza dubbio come prima cosa la conoscenza di quei mondi che si trovano oltre il
nostro mondo dei sensi, e poi il significato di questi mondi per lo scopo e il destino di noi uomini.
Nel caso ci si chieda se questi problemi non siano stati il compito dell’umanità da quando ha cominciato a
faticare sulla terra e a volere qualcosa, la risposta è sí. E dato che senza dubbio questi sono i compiti piú
alti, sembrerebbe già a priori assurdo che proprio su tali questioni fosse emerso nel mondo qualcosa di
totalmente nuovo. I piú forti detrattori si appigliano al fatto che al mondo è stato portato qualcosa di
assolutamente nuovo, mentre i loro avversari dicono che mai come oggi è stato necessario combattere
questo movimento. Deve essere avvenuto nell’umanità un cambiamento di punto di vista in merito.

26 L’Archetipo – Giugno 2010


Ci si chiarirà tutto quando avremo compreso che gli uomini si sono comportati in tre modi diversi rispetto
a quegli eventi che noi chiamiamo spiritici: c’è un modo che ritroviamo in tutta l’antichità, e che si tra-
sforma solo in epoca cristiana; c’è poi un altro modo di affrontare il problema, che dura dal Medioevo fino al
XVII secolo; c’è poi, a partire dal XVII secolo, un ulteriore aspetto di ciò che oggi viene chiamato spiritismo.
Le domande alle quali vuole rispondere lo spiritista sono state per tutta l’antichità argomento dei Misteri.
Cerchiamo di tratteggiare brevemente che cosa si intende per Misteri. Nei tempi antichi non si usava esporre
pubblicamente gli alti contenuti della saggezza: si aveva una opinione diversa sulla verità e sulla saggezza.
Durante l’antichità si riteneva che per arrivare alla conoscenza della verità fosse necessario formare prima gli
organi sovrasensibili. Si sapeva bene che negli uomini sono sopite forze spirituali che nell’individuo medio
non sono completamente sviluppate, e che queste forze possono essere risvegliate e perfezionate per mezzo di
lunghi esercizi, attraverso diversi gradi di sviluppo che dai discepoli dei Misteri erano considerati molto
difficili. Quando poi qualcuno aveva risvegliato in sé quelle forze ed era diventato un indagatore della verità,
si pensava che a quel punto, come indagatore della verità, doveva condursi nei riguardi dell’uomo comune
come un vedente con il cieco nato. Questo si operava nei Misteri: qualcosa di simile al chirurgo che opera il
cieco nato. È evidente che, come per il cieco nato che acquista la vista emergono i colori della luce e le forme
delle cose, cosí per coloro cui si erano risvegliati i sensi interiori appariva un nuovo mondo che la ragione
abituale non può percepire. In tal modo il discepolo dei Misteri cercava di trasformare un uomo di natura
inferiore in un uomo di sviluppo superiore, un Iniziato. E solo l’Iniziato poteva arrivare a comprendere alcune
delle verità sovrasensibili per mezzo della visione immediata, dell’intuizione spirituale. Alla gran massa la
verità poteva invece essere data solo per immagini. I miti
dell’antichità, le saghe degli Dei e della creazione del mondo
che oggi – e in un certo senso a ragione – ci sembrano pen-
sieri infantili dell’umanità, non sono altro che verità sovra-
sensibili mascherate. Per mezzo di immagini, l’Iniziato
comunicava al popolo ciò che aveva potuto vedere nel tem-
pio dei Misteri. Tutte le mitologie – quelle orientali, greche e
romane, quella germanica e quelle dei popoli primitivi – non
sono che rappresentazioni simboliche e per immagini di ve-
rità sovrasensibili. Chi studia i miti non solo secondo l’antro-
pologia o l’etnografia ma secondo il loro spirito, può render-
sene pienamente conto. Può comprendere che un mito come
quello di Ercole nasconde una profonda verità, dove la con-
quista del vello d’oro da parte di Giasone rappresenta una
conoscenza profonda da studiare per giungere alla sua verità.
Con la nostra èra si è giunti ad un altro approccio. Posso
darvi solo accenni rapidi e generali in merito. Un certo in-
sieme di base delle verità fu stabilito e destinato ad essere Ercole bambino strangola i serpenti
argomento delle comunità religiose, delle comunità cristiane. Pompei – Casa dei Vettii
E questa base di verità spirituali fu tenuta da parte, esclusa
da ogni ricerca umana, isolata da ogni aspirazione umana immediata. Chi ha studiato il Concilio di Nicea
[325 d.C., condanna dell’arianesimo] sa a cosa alludo, cosí come chi comprende le parole di Sant’Agostino,
che dice: «Non crederei alla verità della rivelazione divina se non ne fossi costretto dall’autorità della
Chiesa» [Contr. Epist. Manich. 5, n. 6]. La fede che stabilisce un certo numero di verità, sostituisce le
antiche verità dei Misteri espresse per immagini. È questa un’epoca in cui la massa non riceve piú la verità
per immagini, ma la riceve per mezzo dell’autorità di coloro che devono istruire sul Mondo sovrasensibile.
Nei riguardi delle verità superiori, questo è il secondo tipo di comportamento verso la massa, da parte di
coloro che dovevano guidarla. Ciò che i Misteri avevano trasmesso per immagini, nel Medioevo era
imposto con l’autorità. Tuttavia, oltre a coloro che avevano il còmpito di mantenere la verità nella massa
per mezzo della fede e dell’autorità, nei secoli XII e XIII vi furono persone – ve n’erano state in tutti i
tempi, ma non si erano manifestate – persone che volevano salire alle piú alte verità per visione propria e
immediata. Cercavano queste verità per le stesse vie degli antichi Misteri. Cosí, nel Medioevo, oltre a
quelli che erano normali sacerdoti, troviamo anche mistici, alchimisti, occultisti, persone che per i nostri
tempi materialistici e razionalistici parlavano una lingua quasi incomprensibile. Troviamo persone che erano

L’Archetipo – Giugno 2010 27


penetrate nei segreti attraverso vie che sfuggono ai sensi. E in lingua ancora piú incomprensibile parlavano
quelli che – come gli ierofanti dei Misteri – avevano la guida dei fatti dello Spirito. Cosí sappiamo di uno
che aveva la facoltà di mandare i suoi pensieri a distanza; di un altro che asseriva di poter trasformare in
oro il mare, se fosse stato permesso. E di un altro ancora che dichiarava di essere in grado di costruire
uno strumento, una macchina, con la quale avrebbe potuto muoversi nell’aria.
Vi sono state epoche in cui non si comprendevano questi discorsi, né si sapeva come interpretarli. Inoltre,
fin dai tempi piú antichi esistevano forti pregiudizi contro un tale tipo di ricerche. È facile capire da dove
provengano questi pregiudizi. Quando al principio della nostra èra la cultura cristiana si diffuse nei Paesi
mediterranei, si vide che gli atti del culto e le cerimonie del cristianesimo, come anche la maggior parte dei
dogmi cristiani, corrispondevano alle antiche tradizioni pagane, e non differivano molto, anche se erano in
un certo modo piú diluiti, da ciò che avveniva negli antichi mitrei. Coloro che avevano il compito di difendere
il punto di vista della Chiesa, dissero allora che erano stati gli spiriti maligni ad istruire i pagani, e che questi
spiriti avevano scimmiottato nel paganesimo le rivelazioni di Dio alla Chiesa. Strano scimmiottamento, che
precede l’originale! Tutto il cristianesimo – per usare le parole degli accusatori – è stato imitato nei Misteri,
ossia è stato imitato ciò che è nato piú tardi! Accadde allora che fosse ritenuta errata ogni via diversa dalla
fede cristiana autoritaria, del tipo descritto da Agostino, anzi col passar del tempo fu addirittura creduta come
rivelata da forze negative, perché solo la Chiesa era la mediatrice delle forze positive.
Questo atteggiamento proseguí per l’intero Medioevo. Tutti coloro che volevano giungere indipenden-
temente, per vie proprie, alle piú alte verità sovrasensibili, erano creduti stregoni, alleati del Male o degli
spiriti maligni. La pietra miliare è la leggenda di Faust. Faust è il rappresentante di coloro che volevano
arrivare ai segreti per mezzo della sua sapienza, quindi doveva essere caduto in preda alle forze del Male.
Si poteva indagare solo nei testi stabiliti dall’autorità, e solo la fede portava alle forze soprannaturali.
Malgrado questo, gli Iniziati, anche se diffamati e perseguitati come stregoni, sapevano bene che sarebbe
tornato il giorno in cui si sarebbe potuto avanzare nella Verità per vie umane e individuali.
Vediamo cosí che dalla metà del Medioevo sorgono in Europa società segrete che portano i loro adepti a
sviluppare forze intuitive superiori secondo la via degli antichi Misteri. Cosí che in queste società – come
nella Rosacroce, fondata da Christian Rosen-
kreutz – si seguiva la via verso le Verità su-
periori secondo il metodo dei Misteri. Questa
corrente può essere seguita con criteri rigoro-
samente storici fino al XVIII secolo avanzato.
Non posso dare troppi particolari, ma posso
citare il grande rappresentante della scienza
occulta nel XVI e XVII secolo, çRobert
Fludd. Chi ha la comprensione di queste cose,
trova in tutti gli scritti di Fludd che egli co-
nosce la via della Verità, che sa come si svi-
luppano quelle forze differenti dalle normali
forze in noi, da lui collocate in un nostro cor-
po luminoso. E parla anche della Società dei
Rosacroce, in modo tale che la relazione è
chiara per ogni Iniziato. Proprio per mostrarvi
come erano camuffate tali questioni a quei
tempi, vi presenterò tre domande di cui egli
dice che chiunque sia giunto anche solo al
gradino piú basso, può dare risposta intel-
ligente. Queste domande, e anche le loro ri-
sposte, potrebbero sembrare insensate ai ra-
zionalisti e ai materialisti. Questa è la prima
domanda a cui deve rispondere colui che vuole giungere degnamente alle sfere spirituali superiori: «Dove
abiti?». La risposta è: «Abito nel Tempio della Saggezza, sul Monte della Ragione». Comprendere
veramente questa prima fase, averne esperienza interiore, significa aver già sviluppato alcuni sensi interiori.
La seconda domanda è questa: «Da dove ti giunge la Verità?». E la risposta: «Mi viene dalla sfera
creativa». Viene poi una parola che non si può nemmeno tradurre, quindi: «…dall’Altissimo potente

28 L’Archetipo – Giugno 2010


Spirito universale, che ha parlato per mezzo di Salomone, che mi istruirà in alchimia, magia e Kabbala. Dopo
la seconda domanda, questa è la terza: «Che cosa costruirai?». La risposta è: «Un tempio costruirò, come un
Tabernacolo, come il Tempio di Salomone, come il Corpo del Cristo, e come…», ma questa è una cosa che
non si può pronunciare.
Vedete, non occorre continuare, né potrei farlo, dato che in queste società le verità sovrasensibili erano
avvolte in oscurità profonda e misteriosa per tutti i non-Iniziati, e il non-Iniziato deve diventarne degno e
raggiungere un alto livello intellettuale e morale. Chi non ne aveva dato le prove, chi non aveva in sé la
forza di ritrovare interiormente queste esperienze, non era stimato degno, non era ammesso all’Iniziazione.
Si considerava pericoloso conoscere queste verità. Si sapeva che la conoscenza era collegata con una forza
immensa, con uno sviluppo di forze che l’uomo medio non immagina nemmeno. Solo chi ha raggiunto quel-
l’alto livello morale e intellettuale può prendere possesso di tali conoscenze, di tali forze, senza diventare
pericoloso per l’umanità. Si diceva: se non ha raggiunto quel dato livello, arrivando in possesso della verità si
comporterebbe come un bambino mandato in una polveriera con i fiammiferi.
In tutto quel periodo si diceva che sulle manifestazioni – che sono state descritte dovunque nelle leggende
popolari, descritte per millenni, e che sono le stesse che presenta oggi lo spiritismo – su tali manifestazioni
non poteva esprimere opinioni se non chi fosse stato in possesso delle verità sovrasensibili. Ciò che accade
oggi nello spiritismo non è cosa nuova, ma antichissima. Già nei tempi piú antichi si diceva che l’uomo
può arrivare ad agire sulle cose in modo
diverso dal consueto: alcuni fanno udire
rumori di colpi, fanno muovere oggetti
contrariamente alla forza di gravità, fan-
no volare oggetti senza usare forza fisica
e cosí via. Fin dai tempi piú antichi si
sapeva che certe persone possono essere
indotte in uno stato speciale – oggi dicia-
mo in trance – durante il quale parlano
di argomenti di cui nulla saprebbero con
la coscienza di veglia, e in cui danno co-
municazioni su temi che non riguardano
il nostro mondo sensibile. Si sapeva che
esistono persone che per mezzo di segni
spiegano quanto percepiscono nei mondi
sovrasensibili. Si sapeva che esistono
persone in grado di vedere avvenimenti
lontani parecchie miglia e di descriverli;
persone che per dono profetico possono
prevedere eventi futuri e predirli. Tutto
questo (non ci occuperemo oggi di esa-
minarne la verità), riguarda un’antichissi- Una seduta spiritica della celebre medium Eusapia Palladino
ma tradizione. Coloro che credono di po-
ter accettare questi fatti come verità, li ritengono innegabili. Queste manifestazioni non fisiche e non sensoriali
sono state tenute per vere durante tutto il Medioevo. La Chiesa del tempo, è vero, le considerava prodotte con
arti malefiche, ma non è questo il punto che ci interessa. Comunque, tra il XVII e il XVIII secolo la via per il
Mondo sovrasensibile non fu cercata per mezzo di queste manifestazioni. Né a quei tempi qualcuno sosteneva
che il Mondo sovrasensibile poteva essere in qualche modo spiegato da un tavolino che balla, dall’apparizione
di un fantasma visto con gli occhi o in un certo stato di trance. Se qualcuno avesse raccontato, per esempio,
di vedere da qui un incendio sviluppatosi ad Hannover, sarebbe anche stato creduto, ma senza trovare in
ciò qualcosa che poteva dare informazioni serie sul Mondo sovrasensibile. Le persone che volevano avere
percezioni sovrasensibili le cercavano sviluppando le loro forze interiori nelle società segrete. E i competenti
pensavano che non si potesse cercare il sovrasensibile in altro modo.
Rudolf Steiner (1. continua)
R. Steiner, Psicologia spirituale dell’anima e meditazioni sul mondo, O.O. N. 52 – Conferenza tenuta il
30 maggio 1904 presso l’Architektenhaus di Berlino. Traduzione di Giovanna Scotto

L’Archetipo – Giugno 2010 29


Antroposofia

Con l’inizio di una nuova epoca dell’evoluzione occidentale, venne il tempo in cui si cominciò a cercare
la verità in ciò che oggi chiamiamo la via delle scienze naturali. Si accettò la visione copernicana del mondo e
lo studio della fisiologia. Prese avvio la tecnica, si scoprí la circolazione del sangue, l’ovocellula ecc. Si
riusciva a guardare all’interno della natura per mezzo dei sensi. Chi studia il Medioevo non con pregiudizi
ma per conoscere la mentalità medievale nel suo vero aspetto, si accorge che nel pensiero medievale inferno
e paradiso non rappresentano luoghi nello spazio, ma qualcosa di spirituale. A nessun uomo medievale
intelligente sarebbe mai venuto in mente di sostenere quelle opinioni che oggi si attribuiscono fantasiosa-
mente agli studiosi di quei tempi. Non in questo senso il copernicanesimo fu una novità. Esso fu nuovo in
tutt’altro senso, nel senso che dal XVI secolo divenne decisiva, per essere ritenuta verità, l’evidenza sensoria,
ciò che si può vedere, ciò che si può percepire con i sensi. L’immagine medievale dell’universo non era falsa
come si dice oggi, era invece qualcosa che non si vedeva con gli occhi fisici: l’immagine corporea era il
simbolo di qualcosa di spirituale. Anche il Paradiso e l’Inferno di Dante non erano rappresentati in senso
terrestre: dovevano essere intesi come spirituali.
Questa visione delle cose fu poi abbandonata, come riconosce ogni vero studioso dell’evoluzione
umana. Fu portato avanti ciò che era percepibile in modo sensoriale, e cosí, progressivamente, i sensi
conquistarono il mondo. L’uomo però vi si abituò senza accorgersene, e solo un ricercatore spirituale
che approfondisce l’evoluzione è in grado di farsene un’idea. L’uomo si abituò a tale cambiamento e iniziò
a conoscere tutto attraverso i sensi, a considerare vero solo ciò che percepiva con i sensi. Cosí, senza
accorgersene, diventò legge fondamentale dell’umanità far valere solo ciò che si poteva conoscere fisica-
mente, di cui ci si poteva persuadere solo per mezzo dell’apparato sensorio. Non si aveva alcuna stima per
quegli ambienti in cui si parlava di una Iniziazione che conducesse a verità sovrasensibili per vie occulte:
tutto doveva essere dimostrato con i sensi.
Che ne è stato allora della visione sovrasensibile del mondo? Come ritrovare il sovrasensibile in un mondo
in cui si era voluto riconoscere la verità solo nelle manifestazioni sensibili? Le varie manifestazioni che non
potevano essere spiegate come opera di forze naturali conosciute erano rare e definite manifestazioni anomale.
Dato che lo scienziato, il fisico, non riusciva a spiegarle, e per il fatto che si accettava solo quanto si conosceva
attraverso i sensi, quelle manifestazioni furono negate. Ma proprio a quelle manifestazioni tramandate da
millenni l’uomo tornò allora a rivolgersi: ora le ricercava. Di contro all’esclusiva considerazione per l’apparire
sensibile, il sovrasensibile trovò rifugio in quelle manifestazioni. Ciò che non poteva essere spiegato secondo
la critica scientifica, era appunto quello che si voleva conoscere: si voleva sapere di cosa si trattasse. Quando
si cominciò a cercare in quelle manifestazioni le prove dell’esistenza di un altro mondo, nacque lo spiritismo
moderno. Possiamo dirne l’ora e il luogo di nascita. Nel 1716 un socio della Royal Society pubblicò un libro
con la descrizione delle isole occidentali della Scozia, in cui era raccolto tutto quanto si può sapere sulla
“seconda vista”, ossia quello che non si può vedere con gli occhi fisici ma si può apprendere solo per mezzo
dell’indagine sovrasensibile. Avete qui il precursore di tutto ciò che è stato fatto da parte della scienza per
esplorare i fenomeni spiritici.
Ci troviamo dunque all’inizio del movimento spiritistico dei tempi moderni. La personalità dalla quale è
partito questo movimento è una delle piú straordinarie al mondo: Swedenborg. Tutto il XVIII secolo ha subíto
la sua influenza, lo stesso Kant lo ha studiato. Per la sua stessa natura, doveva essere Swedenborg la persona
che avrebbe dato vita allo spiritismo moderno. Nacque nel 1688 e morí nel 1772. Per la prima metà della vita
fu un naturalista, e si trovò all’avanguardia della scienza della sua epoca, acquisendola tutta. Nessuno può
trattare Swedenborg da ignorante. Sappiamo che non solo era un competente indiscusso nella scienza del suo
tempo, ma che anticipò anche molte verità scientifiche che furono scoperte assai piú tardi nelle università.
Quindi, agli inizi, egli non solo pensava che tutto dovesse essere indagato per mezzo dei sensi e dei calcoli
matematici, ma addirittura nella scienza egli superava i suoi stessi tempi. In seguito però si dedicò completa-
mente a quello che si definisce la visione degli spiriti. Ciò che Swedenborg sperimentò – chiamatelo veggente,
o visionario, è lo stesso – è un determinato gruppo di manifestazioni. E chiunque abbia qualche nozione in
questo campo sa che Swedenborg poteva sperimentare solo quel tipo di manifestazioni.
Diamo qui solo qualche esempio. Swedenborg vide un incendio a Stoccolma da un luogo lontano 60
miglia. Lo comunicò al gruppo di persone tra cui si trovava, e qualche tempo dopo si venne a sapere che
l’incendio aveva avuto luogo proprio come Swedenborg l’aveva descritto. Un altro esempio. Un personaggio

L’Archetipo – Luglio 2010 31


altolocato voleva conoscere un segreto che suo fratello non aveva potuto comunicargli prima di morire.
Questo personaggio si rivolse a Swedenborg chiedendo di rintracciare che cosa suo fratello avesse voluto
dire. Swedenborg assolse l’incarico in modo tale che il personaggio in questione non dubitò che avesse
appreso il segreto. Un terzo esempio ancora per mostrare come Swedenborg si muovesse nel mondo
sovrasensibile. Uno scienziato amico andò a fargli visita. Il domestico gli disse: «Dovrà aspettare un
momento». Lo scienziato si sedette. Dalla stanza vicina udiva una conversazione, ma gli giungeva solo
la voce di Swedenborg e non le risposte. Però la cosa che lo colpí di piú era che lo udiva parlare in un
magnifico latino classico, e rimase poi esterrefatto quando il discorso cominciò a trattare con familiarità i
fatti dell’imperatore Augusto. Poi Swedenborg si avvicinò alla porta e fece un inchino parlando a un
personaggio invisibile. Tornò poi indietro e disse all’amico: «Scusami se ti ho fatto aspettare, ma ho avuto
una visita importante: è venuto a trovarmi Virgilio».
Di tutto questo si può pensare quel che si vuole. Una sola cosa è importante: Swedenborg credeva a questi
fatti e li riteneva reali. Ho detto che solo una personalità come Swedenborg poteva arrivare a questo tipo di
indagine: proprio perché era ben solidamente impiantato nella scienza del suo tempo, giunse a questo tipo di
esperienze sovrasensibili. Era un uomo che in quell’epoca di affermazione della scienza si era abituato a
considerare solo il visibile, lo sperimentabile per mezzo dei sensi, come sanno tutti quelli che lo conoscono –
quali siano le ragioni lo spiegherò nella prossima conferenza “Ipnotismo e sonnambulismo” – e cosí si
conduceva quando cercava lo spirituale nel mondo. Dato che insisteva a considerare esatto solo quello che
poteva raggiungere e percepire per mezzo dei sensi, il mondo sovrasensibile prendeva l’aspetto che doveva
avere per lui: il mondo sovrasensibile fu attirato in una sfera inferiore per effetto delle abitudini del pensiero
scientifico. Ho già detto i motivi per cui si presenta in modo simile alle esperienze del mondo sensibile, la
prossima volta vedremo come si verifica tutto ciò. Le premesse però sono date dall’evoluzione spirituale
propria dell’uomo abituato all’evidenza dei sensi.
Non intendo ora parlare della verità né del significato di quello che vedeva Swedenborg, voglio solo dire
che quando si entra nel campo cui credeva Swedenborg, si vede ciò per il quale si è conformati: si vede ciò
che produciamo in noi. Posso dimostrarvelo con un esempio.
Quando la moda
dello spiritismo si
diffuse anche in
Baviera, verso la
metà del XIX se-
colo, si fecero al-
cuni esperimenti.
E cosí si vide che
nel corso di esperi-
menti fatti in luo-
ghi diversi in pre-
senza di scienziati
erano state date co-
municazioni dif-
ferenti. In uno di
questi esperimenti
era stato chiesto se
l’anima umana si
eredita dai genitori
o se invece sia cre-
ata per ogni essere
Carmelo Nino Trovato «I giardini della notte» umano. In una as-
sociazione spiriti-
stica la risposta fu che l’anima umana è creata ex novo. Quasi contemporaneamente in un’altra associazione
alla stessa domanda la risposta fu che l’anima non è creata di volta in volta, ma è ereditata dai genitori.
Si scoprí poi che i componenti di una società erano seguaci della cosiddetta teoria creazionista, mentre
nell’altra società era presente uno scienziato seguace della teoria opposta. Quali che siano i fatti e le ragioni
di questi, è dimostrato che l’uomo riceve come rivelazione ciò che corrisponde alle sue vedute. Che la riceva

32 L’Archetipo – Luglio 2010


come semplice manifestazione intellettuale o che gli compaia come visione davanti agli occhi è la stessa
cosa: l’uomo riceve come rivelazione ciò che corrisponde a ciò in cui crede.
Avvenne cosí che questa ricerca di prove sensibili-sovrasensibili divenne figlia della scienza dell’epoca
materialista. E difatti si stabilí il concetto che la ricerca del mondo sovrasensibile dovesse avvenire nel modo
in cui si esplora il mondo sensibile. Come si constata in laboratorio la presenza di energie magnetiche o
luminose, cosí si voleva constatare l’evidenza del mondo sovrasensibile per mezzo dei sensi, per mezzo
di quello che si vede con gli occhi. Gli uomini avevano dimenticato come esplorare lo Spirito in modo
spirituale. Avevano dimenticato come si sviluppa la fede nelle forze sovrasensibili e come si riconosce
ciò che non è sensibile né simile al sensibile, e che può quindi essere afferrato solo per mezzo del-
l’intuizione spirituale. Avevano preso l’abitudine di mediare tutto per mezzo dei sensi, e cosí anche per
queste cose volevano il tramite dei sensi. L’indagine seguiva questa via. Vediamo tuttora continuare il metodo
di Swedenborg. Quello che ci si presenta non offre nulla di nuovo: lo spiritismo non offre nulla di nuovo!
Lo rivedremo in seguito e lo spiegheremo meglio.
Tutte le manifestazioni conosciute dallo spiritismo sono state spiegate in questo modo. Vediamo Oetinger,
della Germania meridionale, che inventò la teoria di una sostanza sovrasensibile che può essere vista come
manifestazione fisica. Però, aggiunge, questa sostanza non ha le caratteristiche grossolane della materia fisica,
non presenta né impenetrabilità né il miscuglio grossolano: questa sarebbe la sostanza da cui provengono le
materializzazioni.
Ci fu poi un altro personaggio, il Dottor Johan Heinrich Jung, detto Stilling, che pubblicò un esauriente
resoconto sugli spiriti e le loro manifestazioni, facendone un’esauriente descrizione. Egli tentò di spiegare
tutto in modo da giustificare le manifestazioni dal suo punto di vista di cristiano credente. Data la sua predi-
sposizione cristiana, gli sembrava che l’universo non rivelasse altro che le verità della fede cristiana. E dato
anche che la scienza faceva contemporaneamente valere le sue ragioni, troviamo nelle sue descrizioni un
misto di opinioni puramente cristiane e di opinioni scientifiche. Per una via che noi chiamiamo occulta
questi fenomeni sono spiegati come il penetrare del Mondo spirituale nel nostro.
Tutte queste manifestazioni sono elencate nelle opere di coloro che hanno scritto sullo spiritismo, sulla
demonologia, magia ecc., in cui troverete anche qualcosa che va oltre lo spiritismo, come in Ennemoser, per
esempio. Vediamo qui accuratamente annotato come un uomo possa mettersi in condizione di percepire
i pensieri di persone che si trovino in una stanza lontana. Queste indicazioni sono riportate sia in testi di
Ennemoser che di altri. Nel secolo XIX ci fu un certo Meyer, che scrisse un libro sull’Ade dal punto di vista
dello spiritismo: l’Ade sarebbe la rivelazione di manipolazioni spiritiche, e già presso di lui trovate la dottrina
della reincarnazione, e una teoria, riportata poi dalla teosofia, che ci mostra come le antiche fiabe siano
l’espressione di verità preparate per il popolo. Meyer arrivò a questo attraverso esperienze sensorie visive.
In Justinus Kerner, scrittore di grande autorità morale, troviamo tutte le manifestazioni che conosce lo
spiritismo. Ad esempio il fatto che nelle vicinanze della veggente di Prevorst certi oggetti, come cucchiai ecc.,
erano respinti da lei, e si racconta come questa veggente avesse rapporti con esseri di altri mondi. Kerner ne
annotò tutte le comunicazioni. La stessa gli diceva di vedere entità di altri mondi che la attraversavano,
ma che potevano essere da lei perfettamente percepite, e che venivano anche in compagnia di altre enti-
tà di tipo umano. Di queste cose si potrebbe dire che Kerner le ha immaginate e che si è lasciato ingannare
dalla sua veggente. Vorrei però aggiungere solo questo: voi tutti conoscete David Friedrich Strauss, amico
di Justinus Kerner. Anche lui conosceva la veggente di Prevorst. Sapete anche che le opere di Strauss sono in
contrasto con la corrente spiritistica. Ebbene, Strauss dice che le comunicazioni della veggente di Prevorst
sono vere, in quanto fatti debitamente registrati, e su questi chi ne sa qualcosa non ne può discutere, e che la
veggente, secondo lui, era una persona di nobili sentimenti, al di sopra di ogni sospetto.
Benché numerose persone se ne occupassero, questi argomenti finirono col perdere interesse. Ciò dipese
soprattutto dalla posizione della scienza, che rifiutò di accettare tali manifestazioni come dichiarazioni veri-
tiere, e questo verso il 1840, quando fu scoperta la legge della conservazione dell’energia e furono cosí poste le
basi della nostra fisica, quando si scoprí la cellula, quando si preparava il darwinismo. Le scoperte di quel-
l’epoca non potevano essere favorevoli agli pneumatologi. Cosí si dimenticò tutto quello che avevano da dire.

Rudolf Steiner (2. continua)


R. Steiner, Psicologia spirituale dell’anima e meditazioni sul mondo, O.O. N. 52 – Conferenza tenuta il
30 maggio 1904 presso l’Architektenhaus di Berlino. Traduzione di Giovanna Scotto

L’Archetipo – Luglio 2010 33


Antroposofia
Si ebbe in quel tempo un avvenimento che rappresentò una
vittoria per lo spiritismo. E questo avvenne non in Europa, ma
nel Paese dove il materialismo dell’epoca celebrava i suoi mag-
giori trionfi, dove ci si era abituati a riconoscere per vero solo ciò
che si poteva toccare con mano. Accadde proprio in America,
dove l’abitudine al pensiero materialistico da me descritta si era
sviluppata ampiamente.
Partí dalle manifestazioni che nel senso piú grossolano fanno
parte di quelle che possiamo chiamare abnormi, e tuttavia sensorie:
i famosi colpi, gli spostamenti e i colpi del tavolino, le voci udibili
che risuonavano nell’aria, accompagnate da comunicazioni intelli-
genti e che non avevano origine sensoria. Tutto ciò indicava in modo
tangibile l’esistenza di un mondo sovrasensibile proprio in America,
là dove si attribuisce tanta importanza all’esteriorità. Come per un
uragano, si affermò l’opinione dell’esistenza di un mondo sovra-
sensibile, di esseri che non appartengono al nostro mondo e che
possono manifestarsi, rivelarsi al nostro mondo dei sensi. Fu proprio
come un uragano che percorse il mondo.
Un uomo, é Andrew Jackson Davis, che si era occupato di queste manifestazioni, fu chiamato a
spiegarlo. Era un veggente del tipo di Swedenborg, di cui però non aveva la profondità. Era stato un
giovane contadino americano ignorante, mentre Swedenborg era uno svedese assai colto. Davis aveva
scritto nel 1848 un libro: La filosofia dei rapporti spirituali. Era un’opera prodotta dalle necessità piú
moderne dovute alla lotta continua, al voler valutare solo l’aspetto esteriore dei sensi, all’egoismo
personale di ognuno, al cercare ognuno di afferrare quanto piú poteva, ad inseguire la felicità. In un
mondo simile, secondo le abitudini mentali ormai aderenti al materialismo, non era possibile avere una
fede che uscisse dal mondo dei sensi. Si voleva vedere e si voleva avere una fede che soddisfacesse le
necessità e i desideri dell’umanità moderna. Per prima cosa Davis dichiarò senza ambagi che l’uomo
moderno non può credere che una parte dell’umanità sia beata e l’altra dannata. L’uomo moderno non lo
poteva piú accettare, doveva essere introdotta l’idea di evoluzione. E Davis si fece comunicare una verità
che era la fedele immagine del mondo sensibile. Eccone un esempio.
Quando gli morí la moglie, Davis pensò di risposarsi. Aveva qualche dubbio, ma un messaggio sovra-
sensibile fece sí che si sentisse autorizzato. In questo messaggio la prima moglie gli fece sapere che si
era risposata nel Paese del Sole, cosí Davis si sentí giustificato a contrarre un secondo matrimonio.
Nella prima parte del libro, ci racconta di essere stato un contadinello, ma di aver presto capito che la
fede cristiana non porta a nulla, perché l’uomo moderno deve sapere perché e come e dove lo porta la
sua via. «Fui mandato –cosí racconta – dai miei genitori nel campo. Venne un serpente, gli andai
addosso con il forcone da fieno, ma uno dei denti si ruppe. Presi questo dente e pregai. Ero persuaso
che la preghiera avrebbe potuto servire. Invece, ecco… [manca il resto dell’episodio nella trascri-
zione] …e come posso credere in un Dio che mi fa sperimentare queste cose?» si disse. E diventò
miscredente.
Assisté poi a sedute spiritiche, imparò ad entrare in trance e diventò uno dei piú fecondi scrittori
spiritistici. Insistette sempre sul fatto che nell’altro mondo le cose hanno all’incirca l’aspetto che presen-
tano in questo mondo dei sensi: sarebbe errato credere che un buon padre non si occupi dei suoi figli, se
proprio per loro fa lunghi viaggi, e cosí via…
Vedete che il mondo terrestre è trasferito nell’altro mondo e proprio per questo si diffuse come un
lampo in tutto il mondo questo modo di pensare. Ben presto gli aderenti allo spiritismo furono milioni.

32 L’Archetipo – Agosto 2010


Già nel 1850 a Boston si contavano i medium a
migliaia, e in breve tempo si era raccolto il capitale
di 1.200.000 marchi per fondare un Tempio dello
spiritismo. Che tutto questo sia di grande impor-
tanza storico-culturale non lo metterete in dubbio.
Però, secondo il pensiero moderno questo movi-
mento avrebbe avuto la possibilità di successo solo
se la scienza se ne fosse impadronita, ossia se la
scienza vi avesse creduto.
Se facessi una conferenza di Scienza dello Spi-
rito, descriverei in modo piú approfondito le forme
che si trovano dietro la messa in scena delle mani-
festazioni spiritiche: dietro alle quinte agiscono pro-
fonde Forze occulte. Ma non è questo il mio
compito di oggi. Ne parlerò un’altra volta e dirò
chi è il vero Inscenatore di queste manifestazioni. Il primo tempio dello Spiritismo a Boston, 1883
Ma una cosa è sicura: questo Inscenatore voleva
che le manifestazioni persuadessero veramente il mondo materialistico dell’esistenza di un mondo sovra-
sensibile, e perché la persuasione fosse durevole, occorreva conquistare gli ambienti scientifici. E questi
ambienti non erano poi una conquista tanto difficile. Tra quelli che pensavano logicamente e profondamente,
furono molti dei piú intelligenti che si rivolsero allo spiritismo. In America Lincoln ed Edison, in Inghilterra
Gladstone, il naturalista Wallace, il matematico Morgan. Anche in Germania un gran numero di studiosi di
prim’ordine, ben saldi nelle loro specialità, si lasciarono persuadere da manifestazioni medianiche, come
Weber e Gustav Theodor Fechner, il fondatore della psico-fisica. A questi si aggiunga Friedrich Zöllner, di
cui solo le persone che non capiscono nulla possono dire che era diventato pazzo quando eseguì i famosi
esperimenti con Slade. Poi ancora una persona che oggi non è stimata come merita: il barone Hellenbach,
morto nel 1887. Nei suoi numerosi libri, in quello sul magnetismo biologico e in quello sulla magia dei numeri,
ha presentato in modo cosí geniale le sue esperienze spiritiche che le sue opere saranno una vera miniera per
studiare quali vie lo spiritismo abbia seguito nei cervelli piú illuminati della seconda metà del secolo XIX.
Al movimento americano si aggiunse un impulso europeo partito da un uomo immerso nella cultura
europea, da un allievo di Pestalozzi, e proprio in un momento significativo anche per altre scoperte.
Quest’uomo è Allan Kardec, che scrisse nel 1858 la sua Teoria del mondo degli spiriti; nello stesso anno
uscirono varie opere nei diversi campi, tutte significative per la cultura europea. Basta indicarne alcune
per richiamare i fatti piú importanti della vita spirituale di quel tempo. Una è L’origine delle specie, l’altra è
un lavoro fondamentale di Fechner, nel campo della psicofisica. La terza è un libro di Bunsen, che comunica
l’analisi spettroscopica e ci permette per la prima volta di conoscere le sostanze che compongono gli astri.
La quarta era Il capitale di Marx e la quinta era l’opera di Kardec sullo spiritismo, ma di tutt’altro tenore
di quelle americane.
Kardec sosteneva la teoria della reincarnazione dell’anima umana. Questo spiritismo francese raccolse in
breve tempo una numerosa schiera di seguaci, altrettanto numerosa quanto quella degli spiritisti americani.
Si diffuse in Francia, in Spagna e specialmente in Austria. Era anche in accordo con gli antichissimi inse-
gnamenti della teosofia, ed era tale che vi si interessarono spiriti come l’importante uomo politico Hellen-
bach. Questi, che ebbe una parte importante nella vita politica austriaca dal 1860 al 1870 circa, che in ogni
suo scritto dimostra di essere stato un uomo dal pensiero limpido e netto, fu un sostenitore della forma di
spiritismo fondata da Kardec: dello spiritismo in forma scientifica. E cosí in Germania lo spiritismo prese
un aspetto scientifico. Questo spiritismo scientifico in Germania fu fondato non solo da quelli che, come
Gladstone, Wallace e Crookes, vedevano gli spiriti dell’antico cristianesimo in forma di angeli, ma anche da
coloro che volevano occuparsi delle reincarnazioni dell’essere umano e della vicinanza di Esseri sconosciuti

L’Archetipo – Agosto 2010 33


di cui Hellenbach lascia indefinito l’aspetto. Ma anche coloro che non volevano nemmeno sentir parlare di
un altro mondo, non potevano fare a meno di constatare i fatti in quanto fatti. Persone come lo stesso
Edward von Hartmann, che non accettavano le teorie degli spiritisti, dovevano ammettere che i fatti erano
innegabili, e non si lasciarono confondere nemmeno nel periodo in cui i medium furono smascherati. Il
piú celebre smascheramento fu quello del medium Bastian ad opera del principe ereditario Rodolfo e
dell’arciduca Giovanni d’Austria. I medium che avevano persuaso i nostri ambienti scientifici, con il
medium Bastian furono smascherati.
Ma chiunque abbia qualche nozione in questo campo, sa quanto ha ragione Hellenbach quando dice:
«Nessuno potrà mai affermare che non esistono parrucche. Non si deve però nemmeno credere che non
ci siano capelli veri solo perché sono state scoperte delle parrucche». E per chi lavora nell’occulto, vale il
detto che di certe banche si è potuto dimostrare che facevano imbrogli, ma prima di fare questi imbrogli
non hanno forse anche fatto affari veri? Il giudizio sulle verità spiritiche si nasconde sotto queste analogie.
Abbiamo visto che le abitudini del
pensiero scientifico-materialistico si
erano perfettamente adattate al pen-
siero moderno fin dal XVIII seco-
lo, possiamo infatti indicare il 1716
come l’anno di nascita dello spi-
ritismo. Si cercò un modo nuovo
per avvicinare le verità sovrasen-
sibili, ed ognuno che faceva questi
tentativi cercava di comprendere a
modo suo. La fede cristiana vi trovò
conferma delle antiche credenze del-
la Chiesa, gli ortodossi se ne occu-
parono per trovare conferme favo-
revoli alla loro causa, mentre altri
furono confortati nella loro visione
Seduta spiritica con Linda Gazzera fotografata da Enrico Imoda materialistica che giudica tutto secon-
do le condizioni materiali. Anche
alcuni scienziati piú profondi come Zöllner, Weber e Fechner, e matematici noti come Simony ecc.,
cercarono di chiarire il problema passando dallo spazio tridimensionale alla quarta dimensione. O filo-
sofi individualisti, che non potevano credere che nel mondo spirituale esistesse l’evoluzione come nel
mondo materiale, dopo studi ed esami approfonditi furono portati ad ammettere che il modo di essere
dell’uomo, il modo sensoriale di vedere con gli occhi corporei, udire con gli orecchi corporei, potrebbe
rappresentare solo uno dei tanti modi di essere. I rappresentanti dello spiritismo sovrasensibile, come
Hellenbach, trovavano conferma delle loro idee nei fatti spiritici. E se potete immaginare un uomo che
sapeva comprendere le caratteristiche tipiche dei veri medium, che sapeva adattarsi alle situazioni piú
difficili, tanto che era una vera gioia incontrarlo, questi era Hellenbach. Ognuno spiegava dunque le
cose a modo suo, anche quelli che parlavano di una forza psichica per cui non si pensa molto né è
necessario pensare molto, come Eduard von Hartmann, o anche spiriti come Du Prel. Di questi parlerò
la prossima volta.
Di teorie ce n’erano molte, dalle spiegazioni popolari di quelli che si occupavano di manifestazioni
spiritiche, di scrittura medianica, di medium parlanti, di comunicazioni per mezzo di colpi, ai ricerca-
tori credenti alla maniera antica, fino agli spiriti piú illuminati: ognuno spiegava a suo modo queste
manifestazioni. E ciò al tempo in cui la confusione regnava in tutti i campi, in cui questi fenomeni non
potevano piú essere negati, ma gli spiriti umani si dimostravano assolutamente incapaci di compren-
dere il mondo sovrasensibile.

34 L’Archetipo – Agosto 2010


In quello stesso tempo furono preparate le basi per il rinnovamento della via mistica, per rinnovare
quella via che nei tempi antichi era stata seguita nella scienza occulta e nei Misteri, ma che ora doveva essere
presentata in modo che diventasse accessibile a chiunque volesse seguirla. Per aiutare a comprendere questa
via, da Helena Petrovna Blavatsky fu fondata la Società teosofica. In questa Società fu fatta rivivere
l’esplorazione della saggezza come la si praticava nei Misteri antichi e presso i Rosacroce nel Medioevo.
Il movimento teosofico nacque per diffondere ciò che si ricercava all’epoca per vie diverse, basandosi
sulle antiche correnti ma anche sulle piú recenti indagini.
Chi conosce piú profondamente tale movimento, vedrà che la via della Scienza dello Spirito, che con-
duce alle verità sovrasensibili, è non solo veramente spirituale, ma risponde anche alle domande: da dove
viene l’uomo, dove va, qual è il suo destino.
Sappiamo che agli uomini dell’antichità si doveva parlare in un modo, in un altro all’uomo medievale,
e ancora in un altro modo all’uomo moderno. I fatti della teosofia sono antichissimi. Ma se li indagherete
tramite la Scienza dello Spirito, vedrete che questi fatti – se compresi e penetrati nella loro antichissima
forma – rispondono ugualmente a tutte le esigenze della scienza moderna. Sarebbe cattivo studioso chi
volesse abbandonare una verità scientifica per amore della Scienza dello Spirito. Conoscenza sulla via
limpida e chiara della scienza vera sí, ma non una conoscenza che si limiti alle percezioni dei sensi, che si
limiti a ciò che accade all’uomo tra la nascita e la morte, ma anche conoscenza e scienza di ciò che esiste
oltre la nascita e la morte. E senza l’ausilio della Scienza dello Spirito questo non può essere ottenuto
nell’epoca materialistica. Essa sa bene che alla fine tutti i movimenti spirituali dovranno confluire verso
una grande mèta, che gli spiritisti troveranno infine nella Scienza dello Spirito. Essa cerca però la via
spirituale per sentieri piú ampi; sa che lo Spirito non può essere raggiunto nel mondo dei sensi con sistemi
di pura natura sensoria, né con una vista analoga a quella dei sensi. Sa che esiste un mondo che si può
riconoscere quando si è subita un’operazione spirituale analoga a quella che ridà la vista al cieco nato.
Sa che non è giusto che l’uomo moderno dica: «Mostrami il sovrasensibile in modo sensibile». Sa che la
risposta è: «Uomo, innalzati fino alle sfere superiori del Mondo spirituale, diventando tu stesso sempre
piú spirituale fino a collegarti con il Mondo spirituale, nello stesso modo in cui sei unito al mondo sensi-
bile per mezzo degli occhi e degli orecchi».
La Scienza dello Spirito ha le stesse vedute espresse da un
credente del Medioevo, da un profondo mistico: è Meister
Eckhart, che affermò come il vero Spirito non possa essere in-
dagato come un fatto fisico. Nel XIII-XIV secolo egli disse chia-
ramente che non si raggiunge lo Spirito per mezzo dei sensi né di
ciò che è simile ai sensi. Cosí egli esprime la grande verità che
conduce allo Spirito: «La gente vuole vedere Dio con gli occhi,
come vedono e conoscono una mucca. Vogliono vedere Dio come
se stesse qui e lí. Non è cosí: Dio e Io sono uno nella conoscenza».
Non dunque con i mezzi con cui vogliono farci percepire il
Mondo detto superiore, cioè con i sensi, con colpi o altro, non con
questi mezzi solo apparentemente sovrannaturali, ben descritti nella
frase “questa gente vuole vedere Dio come vede una mucca”, non
cosí vogliamo vedere lo Spirito, ma vogliamo vederlo per mezzo
dell’evoluzione degli occhi spirituali, cosí come la natura ci ha
formato gli occhi fisici per vedere il mondo fisico. La natura ci ha dato i sensi esterni perché potessimo
percepire il mondo fisico. Ma la via che ci fa progredire dal sensorio fino allo spirituale, per poter vedere
lo Spirito con gli occhi spirituali, questa via spirituale dobbiamo percorrerla da noi, in libero progresso,
anche nel senso dell’evoluzione moderna.
Rudolf Steiner (3. Fine)
R. Steiner, Psicologia spirituale dell’anima e meditazioni sul mondo, O.O. N. 52 – Conferenza tenuta il
30 maggio 1904 presso l’Architektenhaus di Berlino. Traduzione di Giovanna Scotto.

L’Archetipo – Agosto 2010 35


Antroposofia
Oggi sarà mio compito mostrarvi come nel Cristianesimo giustamente inteso sia da ricercare la vera
Antroposofia, dirò anzi di piú, preciserò i compiti dell’Antroposofia nei confronti del Cristianesimo.
La Scienza dello Spirito non vuole essere altro che la servitrice del Cristianesimo. Vuole servirlo co-
struendo il nucleo piú profondo, la vera essenza delle credenze religiose cristiane. E con questo spera di
non togliere nulla a chi tenga al Cristianesimo, a chi abbia il cuore legato al Cristianesimo. Al contrario,
coloro che comprendono l’Antroposofia sanno che il cristiano può raggiungere molto di piú; che gli infi-
niti dissensi che si sono formati oggi nella fede cristiana dovranno sparire, se verrà finalmente alla luce il
vero nucleo che non può essere che quell’unico nucleo.

Carmelo Nino Trovato «Il Dio dell’Ultima Ora»


Non posso esaurire in tutta la sua ampiezza e profondità questo tema grandioso, e vi prego quindi di con-
tentarvi delle poche indicazioni che vi darò ora. Ma è il momento di dare al nostro tempo, al tempo presente,
quanto è possibile.
La nostra epoca non è un tempo che ami sollevarsi fino allo Spirito nella sua vitalità. Esistono, sí, ideali
ai quali tendono gli uomini, e di ideali si parla molto, ma il XIX secolo e l’inizio del XX non sembrano
voler realizzare questi ideali, né che lo Spirito possa essere efficacemente presente, e che sia nostro compito
riconoscerlo. Questa nostra epoca si distingue nettamente dal tempo in cui i grandi spiriti, appoggiandosi al
Fondatore del Cristianesimo, hanno costruito il Cristianesimo delle origini. Tornate ai primi tempi del
Cristianesimo, per esempio a Clemente Alessandrino, e vedrete che tutta la scienza, tutta l’erudizione di
quel tempo servivano solo a una cosa: a capire come la Parola Vivente, la Luce del mondo, avesse potuto
incarnarsi. La nostra epoca non ama invece innalzarsi a queste altezze della conoscenza spirituale. Come per
le conoscenze scientifiche, ci siamo limitati a vedere solo ciò che è materiale, ciò che appare agli occhi, ciò
che i sensi possono percepire, cosí anche le fedi religiose sono piene di questi modi di vedere materialistici.
E proprio i rappresentanti di queste opinioni materialistiche crederanno di comprendere la fede nel modo
migliore, senza comprendere che con la forza, e senza che lo si notasse, si è fatto largo il pensiero materia-
listico. Ve ne darò qualche esempio.
Il XIX secolo ha tentato di comprendere il Cristianesimo lavorando seriamente. Ci si è messi al lavoro
servendosi della critica, e si è tentato di indagare le fonti in modo rigorosamente scientifico per vedere fino a
L’Archetipo – Gennaio 2010 17
che punto contengano la verità storico-reale. Sí, dalla verità reale partono oggi anche gli studiosi di religione.
Si è esaminato alla lettera in ogni modo possibile se l’uno o l’altro degli evangelisti abbia detto la pura e
oggettiva verità su ciò che può essere realmente avvenuto, su ciò che può aver avuto veramente luogo
davanti agli occhi della gente a quel tempo. Tale indagine è il compito di quella che si chiama teologia
storico-critica. Vediamo come in questo modo l’immagine del Dio incarnato abbia preso una colorazione
materialistica. Permettetemi di aggiungere una cosa che ha sempre preoccupato coloro che cercano la verità.
David Friedrich Strauss intorno al 1830 ha cominciato ad esaminare il nucleo storico dei Vangeli. E dopo
aver tentato di spiegare che cosa sia questo nucleo di verità storica, ha tentato di tracciare un’immagine
indipendente del Cristianesimo. Quell’immagine è veramente un prodotto del suo tempo, di un tempo che
non poteva credere che si fosse realizzato nel mondo qualcosa che tanto trascendeva l’uomo, qualcosa che
derivava dalle vette dello Spirito, che era nato veramente dallo Spirito. D.F. Strauss aveva scoperto questo:
il vero Figlio di Dio non può essere rappresentato da una persona unica. No, soltanto l’intera umanità, la
specie umana, il genere umano, può essere la vera rappresentazione di Dio in terra. La lotta dell’intera
umanità, intesa simbolicamente, è il Dio vivente, non un individuo singolo. E tutti i racconti sulla persona
del Cristo che si sono creati al tempo in cui è sorto il Cristianesimo non sarebbero altro che dei miti prodotti
dalla fantasia popolare. Nella volontà di rappresentare il Figlio di Dio come la lotta e l’aspirazione di tutta
l’umanità, Strauss ha fatto dissolvere il Figlio di Dio in un ideale divino.
Esaminate ora i Vangeli, esaminate le fedi cristiane: una parola non vi troverete mai, e una rappresenta-
zione non troverete in Gesú: proprio quella rappresentazione dell’uomo ideale come l’ha costruito Strauss.
Il genere umano pensato in astratto non si trova in alcun passo dei Vangeli. È caratteristico che il XIX
secolo sia arrivato a un’immagine di Gesú partendo da una rappresentazione cui Gesú in vita sua non ha mai
accennato, né ne ha mai parlato.
Altre persone si sono dedicate via via al compito di esaminare criticamente il contenuto dei Vangeli. Mi
prenderebbe troppo tempo descrivere qui le varie fasi. Negli ultimi anni, però, si sono udite parole che hanno
dimostrato quanto poco piaccia al nostro tempo guardare verso quel Dio, quell’Entità spirituale che si è
incarnata in una Personalità, come si faceva invece nei primi secoli del Cristianesimo, quando tutta la cultura,
la saggezza e il sapere erano usati per concepire e comprendere questa manifestazione unica. Si è usata
un’espressione, e questa espressione è: “il semplice uomo di Nazareth”. Si è lasciato cadere il concetto di Dio.
Si vuole – è la tendenza che si manifesta in queste parole – far valere solo come uomo quella Personalità
che è all’inizio del Cristianesimo, e dare valore di fantasia nebulosa a tutto il resto, qualificato come impaccio
dogmatico. Si vuol togliere tutto questo e considerare la persona di Gesú come quella di un uomo, solo di un
uomo, che ha qualità superiori alla media degli altri uomini, ma sempre uomo tra gli uomini, in un certo
senso un uomo come gli altri. Ecco come anche dal punto di vista teologico si vuole riportare l’immagine
del Cristo nel campo dei semplici fatti.
Questi che vi ho presentato sono i due estremi: da un lato il pensiero di D.F. Strauss con il concetto di
Dio che annulla l’immagine divina, dall’altro il semplice uomo di Nazareth, con una dottrina adattata al-
l’umanità. E in fondo, è proprio questo che possono conoscere coloro che non vogliono sentir parlare di un
Fondatore del Cristianesimo. Abbiamo visto anche questo, che i seguaci di una dottrina etica generale hanno
costruito la teoria che Gesú ha praticato e insegnato la stessa etica praticata oggi dalla “Società per la cultura
etica”. E credono di innalzare Gesú mostrando che anche prima del XIX secolo gli uomini professavano ciò a
cui siamo arrivati noi per mezzo della speculazione kantiana o dell’Illuminismo. Si trattava invece, in realtà,
dell’insegnamento che un tempo era celato nei Misteri piú elevati, e il contenuto di quella saggezza era
rivelato solo a chi si era innalzato ai massimi livelli concessi all’uomo.
Domandiamoci ora: quando accettiamo l’una o l’altra di queste idee sul Cristo, ci troviamo ancora sul
piano del Vangeli? Non ho tempo oggi per dilungarmi a spiegare perché non posso essere d’accordo con
quei sapienti teologi che considerano il quarto Vangelo meno autorevole e meno autentico degli altri tre.
Chi esamini tutto con attenzione e chiarezza non troverà alcuna ragione per cui il Vangelo di Giovanni, che
è quello che eleva tanto il nostro animo, debba essere lasciato da parte, alla ricerca della vera obiettività. Si
crede che i primi tre Vangeli – quello di Matteo, di Marco e di Luca – presentino meglio il puro e semplice
uomo di Nazareth, mentre il Vangelo di Giovanni ha la pretesa di riconoscere in Gesú il Verbo fatto carne.
Il desiderio inconscio che vive nelle anime sarebbe l’origine di un tale pensiero. Se però il Vangelo di Gio-
vanni fosse meno autentico, il Cristianesimo non reggerebbe piú. Sarebbe allora impossibile dire dell’in-
segnamento cristiano sulla personalità di Gesú che si tratti di qualcos’altro che non il semplice uomo di
Nazareth. Ma nessuno, né io né gli altri che hanno davanti agli occhi gli scritti dell’antica fede, possono negare

18 L’Archetipo – Gennaio 2010


che coloro che hanno parlato originariamen-
te del Cristo Gesú hanno parlato veramente
del Dio incarnato, del piú alto Spirito divi-
no che si è realizzato nella persona di Gesú
di Nazareth.
È dunque compito principale dell’antro-
posofia dire come dobbiamo intendere que-
sta espressione adoperata prima di tutti da
Giovanni: «E il Verbo si fece carne». Infatti,
si capiscono meno gli altri Vangeli se non
si parte dal Vangelo di Giovanni. Ciò che
dicono gli altri evangelisti diventa chiaro,
luminoso e comprensibile se si adottano le
parole del Vangelo di Giovanni come inter-
pretazione, come spiegazione.
Non posso descrivere tutti i particolari
che mi portano ad esporre l’argomento di
oggi, ma posso almeno indicare i fatti prin-
cipali che urtano particolarmente il teologo
materialista. A questi appartiene la storia
della nascita che dice che Gesú non è nato
come gli altri uomini. E questo è un argo-
mento che anche D.F. Strauss ha utilizzato
per negare la verità dei Vangeli. Che cosa si
intendeva per nascita piú elevata? Ci diven-
ta chiaro se comprendiamo il Vangelo di
Giovanni. I primi versetti del Vangelo di
Giovanni, del vero annuncio del Verbo che
diviene carne, dicono: «In principio era il
Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo
era Dio. Egli era in principio presso Dio. Il Perugino «Il Battesimo nel Giordano»
Tutte le cose furono fatte per mezzo di Lui e E il Verbo si fece carne
senza di Lui nulla si fece di ciò che è stato
fatto». Si annuncia che il Verbo è sempre esistito, con altro aspetto, ma che in questa Individualità si è
realizzato, è divenuto esteriormente visibile. E udiamo anche che per mezzo dello stesso Verbo, o, dicia-
mo, per questo Spirito divino che vive in Gesú, è stato creato il mondo: «In Lui era la vita, e la vita era la
Luce degli uomini. E la Luce splendeva nelle tenebre, ma le tenebre non l’accolsero. Vi fu un uomo man-
dato da Dio, il suo nome era Giovanni. Egli venne qual testimone al fine di rendere testimonianza alla
Luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era egli la Luce, ma era per rendere testimonianza alla
Luce. Ché la Luce, quella vera, era per venire tra gli uomini». Che cosa doveva venire con Gesú Cristo? Ma
subito udiamo che Egli era già venuto: «Egli era nel mondo, ma il mondo non lo riconobbe. Venne nella sua
casa, ma i suoi non l’accolsero. Ma a coloro che l’accolsero, a coloro che credettero nel Suo nome, Egli
dette potere di manifestarsi come figli di Dio, i quali non per via di sangue, né per volontà di carne, né per
volontà di uomo, ma da Dio sono nati». Avete qui, in una traduzione abbastanza esatta e corrispondente al
senso, il significato del Dio incarnato e anche che cosa significa che il Cristo non è nato in modo “uma-
no”. Il Verbo era sempre esistito, e ogni uomo avrebbe dovuto fin dal suo principio dare alla luce in sé il
Cristo. Nel nostro cuore tutti noi abbiamo la possibilità di realizzare il Cristo. Ma mentre questo Verbo
vivente, il Cristo, dovrebbe trovare posto in ognuno di noi, gli uomini non lo hanno accolto, non lo hanno
percepito. Questo ci mostra il Vangelo: che il Verbo è sempre stato, che l’uomo l’avrebbe potuto acco-
gliere e non l’ha accolto. E piú avanti ci dice che alcuni lo hanno ricevuto. Vi sono sempre stati uomini
che hanno svegliato in sé lo Spirito vivo, il Cristo vivente, il Verbo vivente, che si nominavano dal Suo
nome, i quali esistevano non per il sangue, né per il volere della carne, né per volontà umana, ma da Dio.
Questo dà anche la giusta spiegazione del Vangelo di Matteo. Ora comprendiamo perché la nascita di
Cristo è “da Dio”. E ciò contraddice le affermazioni di Strauss. Tutto il genere umano non era in condizione

L’Archetipo – Gennaio 2010 19


di ricevere il Cristo in sé, benché il Cristo fosse per tutta l’umanità, per tutto il genere umano. Doveva prima
venire Uno che rappresentasse in sé, in un momento unico, tutta la pienezza dello Spirito. Questa Individualità
acquistò cosí il suo significato speciale per i primi Maestri cristiani che sapevano di cosa si trattava. Sapevano
che non si trattava di un concetto nebuloso, né di un singolo uomo nella sua realtà, ma che era veramente
ed effettivamente l’Uomo-Dio, una Personalità unica nella pienezza della verità.
Ora dobbiamo comprendere questo, che tutti coloro che annunciarono nei primi tempi la buona novella
del Cristo, non seguivano soltanto l’insegnamento e la persona reale, ma sostenevano principalmente
l’idea dell’Uomo-Dio; erano persuasi che Colui che avevano visto era un Altissimo, un vero Uomo-Dio.
I primi cristiani non erano uniti dalla dottrina, non dall’insegnamento del Cristo. I primi cristiani non si
credevano uniti da questo. Ecco qui un altro fatto che contraddice quelli che vogliono sostituire il Cristia-
nesimo con una dottrina etica. Ma allora non sono piú cristiani.
Era importante che questa dottrina fosse portata nel mondo non da una persona qualsiasi, ma che il suo
creatore si fosse realmente incarnato. È per questo che agli inizi del Cristianesimo si dava meno importanza
alle prove che al ricordo vivente del Signore. Lo si nota continuamente. È una tale Personalità, l’Indivi-
dualità ricolma di Dio, che tiene unite le piú grandi comunità. Per questo i primi Maestri della Chiesa ci
ripetono continuamente che è merito dell’evento storico da cui è iniziato il Cristianesimo. Ireneo ci dice di
aver conosciuto persone che a loro volta avevano conosciuto gli Apostoli – coloro cioè che avevano visto il
Signore faccia a faccia – e sottolinea che il quarto papa, Clemente Romano, aveva conosciuto ancora molti
Apostoli che avevano veduto in volto il Signore. È cosí. E perché dà tanta importanza a questo fatto? I primi
Maestri non volevano parlare solo della dottrina, solo delle prove logiche, volevano invece ricordare parti-
colarmente che avevano visto con gli occhi e toccato con mano Chi era sceso dall’Alto nel mondo terrestre,
e che essi non andavano nel mondo per dimostrare qualcosa ma per dare testimonianza del Verbo vivente.
Non si trattava dunque dell’Individualità che poi è stata chiamata “il semplice uomo di Nazareth”, ma
di quella che era stata annunciata dalla prima dottrina del Cristianesimo. Una semplice frase di un testi-
mone sicuro indica che esiste qualcosa di superiore. Non si potrà mai valutare abbastanza questo detto di
Paolo: «Se il Cristo non è risorto, è nullo il nostro messaggio e vana la nostra fede». Paolo cita come fonda-
mento del Cristianesimo il Cristo risorto, non il Cristo che viveva in Galilea e a Gerusalemme. Vana è la fede
se il Cristo non è risorto, vano è il Cristo se non può essere riconosciuto per il Cristo risorto.
Che cosa si intendeva per il Cristo risorto? Anche questo lo possiamo apprendere da Paolo, che ci dice
netto e chiaro su che cosa si fonda la sua fede nella Resurrezione. Tutti sanno che Paolo è un Apostolo
venuto dopo, e che deve la fede nel Cristo all’apparizione del Cristo che ormai da tempo non è piú sulla
terra. Tale manifestazione di un’Entità superiore può essere ben compresa nella sua realtà proprio da un
antroposofo: un antroposofo sa che cosa significa quando un Iniziato come Paolo dice che gli è apparso
vivente il Cristo risorto. Paolo ci dice ancora di piú, e dobbiamo tenerlo ben presente. Ci dice in Cor. I,
15, 3-8: «Vi ho riferito prima di tutto come ho appreso io stesso che il Cristo è venuto per i nostri peccati,
che è morto e risorto il terzo giorno, che poi è apparso a Kephas e ai Dodici, e dopo questa apparizione a
piú di cinquecento fratelli. Di questi la maggior parte vive ancora, ma alcuni si sono addormentati. E
infine la manifestazione è avvenuta anche a me, come ad un nato prematuro».
Paolo mette sullo stesso piano la propria esperienza con quella che ebbero gli Apostoli e sulla quale fonda-
rono la loro fede. Considera che il Cristo si manifestò a lui nello stesso modo in cui si manifestò agli Apostoli
dopo la morte. Si tratta qui di una manifestazione spirituale, di una manifestazione dello Spirito che non
dobbiamo immaginare come qualcosa di nebuloso, come qualcosa di nebulosamente ideale, ma come una
realtà, come l’antroposofo si rappresenta lo Spirito. È una manifestazione dello Spirito che non ha nulla di
fisico, ma che è piú vera e piú reale di qualsiasi verità esteriore percepibile per mezzo dei sensi. Se teniamo
presente tutto ciò, possiamo comprendere chiaramente come nei primi tempi del Cristianesimo si parlasse del
Verbo diventato carne, dell’Uomo-Dio che non è il semplice uomo di Nazareth bensí il vero, altissimo Spirito
di Dio realizzato. Se contempliamo tutto ciò, siamo sul piano dell’antroposofia. E nessuno può essere un
antroposofo nel vero senso della parola piú del nunzio del miracolo della Resurrezione, dell’Apostolo Paolo.
Nessun antroposofo può immaginare di vedere nell’Apostolo Paolo altro che un vero Iniziato: uno di coloro
che conoscono ciò di cui ora abbiamo trattato.
Rudolf Steiner (1. continua)

R. Steiner, Psicologia spirituale dell’anima e meditazioni sul mondo, O.O. N. 52 – Conferenza tenuta il
4 gennaio 1904 presso l’Architektenhaus di Berlino. Traduzione di Giovanna Scotto

20 L’Archetipo – Gennaio 2010


Antroposofia
Non è permesso abbassare l’altissima manifestazione del Verbo divenuto carne – che è unica al mondo –
e portarla nella interpretazione materialistica. La via al Fondatore del Cristianesimo non passa per quelle
regioni dove sono solo “uomini semplici”, solo ideali, ma deve condurre verso l’alto, dov’è lo stesso Spirito
del Cristo. Questo facevano i primi Cristiani. Questa era la Via che volevano seguire per comprendere la
Parola Vivente. Potreste ora dire che poco alla volta molte cose sono cambiate, ed è vero. Nel corso dei
secoli l’uomo ha formato il senso della realtà, ha imparato a sviluppare i sensi, a munirli di strumenti, e cosí
ha potuto progredire nella conoscenza del mondo esterno. Tuttavia questi immensi progressi nei nostri
rapporti con il mondo, questo penetrare il firmamento stellato con la visione copernicana, questo penetrare
nei piú piccoli organismi viventi col microscopio – cosí come ogni cosa ha le sue ombre – tutto questo ci ha
portato le sue ombre. Abbiamo acquistato ben determinati modi di pensare, abitudini del pensiero che
dipendono prima di tutto dalla realtà oggettiva, da ciò che si percepisce con i sensi. Questa maniera di
pensare dipendente dai sensi è diventata un’abitudine – nel modo piú naturale – e si è arrivati al punto che
anche per le piú alte verità religiose si è tentato di comprendere lo Spirito e il suo contenuto come il natura-
lista vuole comprendere la natura per mezzo dei sensi esteriori.
Lo scienziato materialista arriva ancora a comprendere quegli ideali che contengono concetti astratti,
parla allora di verità, bellezza, bontà, che vogliono realizzarsi nel mondo. E si rappresenta concetti nebulosi.
Può ancora arrivare a una “semplicità” nel rappresentare umano, ma il suo senso scientifico, con le sue
abitudini di pensiero ormai secolari, non lo può portare a concepire qualcosa di piú alto, una vera spiritualità.
Queste abitudini di pensiero hanno raggiunto oggi il culmine. E come ogni cosa che si è sviluppata unilate-
ralmente ha bisogno di essere completata, cosí anche il pensiero materialistico richiede un approfondimento
spirituale che lo compensi: richiede quella conoscenza che ci innalza alle vette della spiritualità. E questo
innalzamento allo Spirito e alla sua realtà è ciò che vuole l’antroposofia. Per questo motivo vuole attenersi
principalmente a ciò di cui non parla la concezione materialistica, ma che ascende alle piú alte vette della
conoscenza umana, da cui si può intendere che cosa significa comprendere il divino nel corpo umano.
Il Cristo non si poteva sempre esprimere senza veli. Conoscete tutti l’espressione “davanti al popolo parlava
per parabole, ma quando era con i discepoli spiegava loro queste parabole”. Perché il Fondatore del Cristiane-
simo parlava, diciamo cosí, due lingue? Un sem-
plice paragone basterà a spiegarcelo. Se vi serve
un tavolo non andate a chiederlo a una persona
qualsiasi ma ad uno che lo sa fabbricare. E quan-
do lo ha fabbricato, non vi vantate di aver fabbri-
cato voi quel tavolo, ma ammettete tranquilla-
mente di essere incapace di fabbricare tavoli. La
gente non vuole ammettere invece di essere in-
competente nelle cose piú elevate che esistano,
non vuole ammettere che la semplice ragione che
si trova, per cosí dire, allo stato naturale, debba
salire a vette piú alte. Da questo è nato il desiderio
di abbassare la verità piú sublime al livello della
media ragione umana. Ma cosí come noi, pur in-
capaci di fabbricare un tavolo, siamo in grado di
riconoscere quando un tavolo è stato ben fabbri-
cato, e sappiamo come usarlo, cosí quando udia-
mo la verità sappiamo se parla al nostro cuore, se
il nostro cuore può utilizzarla. Non dobbiamo
però presumere di ottenere la conoscenza col solo
cuore o con la sola ragione umana. Da questo
deriva la differenza che nei tempi antichi è stata
fatta tra sacerdoti e profani. Nei tempi antichi
esistevano saggi sacerdoti; le massime verità non
erano proclamate in pubblico ma all’interno dei
templi dei Misteri. Gustave Doré «Il Cristo predica alle moltitudini»

L’Archetipo – Febbraio 2010 25


La massima saggezza era esposta solo a coloro che erano sufficientemente preparati. Essi udivano
parlare dei regni dello Spirito, perché erano queste le piú profonde verità sul mondo, sull’anima umana e su
Dio. Si doveva prima diventare Iniziati, Maestri, poi si aveva il concetto, l’immediata rappresentazione di ciò
che è il contenuto della piú alta saggezza. Cosí per secoli la saggezza era fluita nei templi dei Misteri. La
folla, invece, stava fuori e riceveva solo ciò che la saggezza dei sacerdoti riteneva dovesse essere comunicato.
Tra sacerdoti e profani si apriva un abisso sempre piú profondo. Iniziati erano detti coloro che avevano cono-
sciuto la verità del Dio vivente. Molti gradini si dovevano salire prima di essere condotti all’altare davanti
al quale si annunciava ciò che i piú saggi avevano comunicato e svelato della conoscenza del Dio vivente.
Questa era stata la consuetudine per secoli. Venne poi un tempo – il tempo della nascita del Cristianesimo –
in cui sul grande palcoscenico della storia si realizzò come fatto storico, davanti agli occhi del mondo, per
tutti gli uomini, ciò che prima si era manifestato solo per i ricolmi di Spirito, per coloro che erano stati ini-
ziati ai Misteri.
Secondo i saggi sacerdoti, nei tempi antichi potevano arrivare alla vera beatitudine solo coloro che nei
templi dei Misteri scrutavano i segreti dell’esistenza. Nel Fondatore del Cristianesimo, però, viveva l’altissima
misericordia di far seguire a tutta l’umanità un’altra via, che concedesse la beatitudine a coloro che non
vedevano, che cioè non potevano penetrare nei templi del Misteri, a coloro che potevano giungere a questa
beatitudine solo attraverso il sentimento, solo attraverso la fede.
Si doveva cosí diffondere una sola fede, una buona novella secondo le intenzioni del Fondatore del
Cristianesimo, una fede che si esprimesse diversamente dagli antichi saggi sacerdoti, un messaggio pro-
nunciato, sí, dal piú profondo della saggezza e dall’immediata conoscenza spirituale, ma tale che potesse
anche trovare risonanza nel cuore degli uomini semplici. Il Fondatore del Cristianesimo voleva raccogliere
intorno a sé discepoli e apostoli. Dovunque vi fossero pietre – cuori umani – da cui trarre scintille, questi
cuori dovevano essere iniziati al Mistero. Dovevano sperimentare l’esperienza massima, la vittoria sul
Verbo. Alla folla parlava per immagini, per parabole, ma quando era solo con loro gliele spiegava.
Ecco alcuni esempi di come il Cristo cercava di accendere la Parola vivente, di come voleva far scintillare
la vita nei cuori dei singoli uomini. Abbiamo udito di quando il Cristo conduce i suoi discepoli Pietro,
Giacomo e Giovanni sul monte e si trasfigura davanti ai loro occhi. Udiamo che Mosé ed Elia si trovano ai
due lati di Gesú. L’antroposofo conosce il significato dell’espressione mistica “ascendere il monte”. Si devono
conoscere queste espressioni nel loro particolare
significato, cosí come si deve conoscere la lingua
di un popolo per essere in grado di studiarne lo spi-
rito. Che cosa significa condurre sul monte? Niente
altro che condurre nel tempo dei Misteri, dove
vedendo – vedendo misticamente – si può attingere
la persuasione immediata dell’eternità dell’anima
umana, della verità dell’esistenza spirituale.
Quei tre discepoli dovevano ricevere dal Maestro
un grado di conoscenza piú elevato degli altri. Do-
vevano prima di tutto arrivare a persuadersi del fatto
che il Cristo era veramente il Verbo vivente fatto
carne. Ecco perché si presenta loro nella Sua spiri-
tualità, quella spiritualità che è al di sopra del tempo
e dello spazio, quella spiritualità per cui non c’è né
prima né dopo, in cui tutto è presente. Anche il
passato è presente. Il passato è reale quando Elia e
Mosè appaiono accanto al presente di Gesú. Ora i
discepoli credono allo Spirito divino, ma dicono: è
scritto che prima che venga il Cristo deve tornare
Elia ad annunciarlo. Leggete ora nel Vangelo le pa-
role che seguono, che indicano quanto ho descritto,
parole altamente significative: «Elia è venuto ma
non l’hanno riconosciuto e hanno fatto di lui ciò che
hanno voluto». «Elia è venuto…», teniamo presenti
Carl Heinrich Bloch «La Trasfigurazione» queste parole. Poi il Vangelo continua: «E i discepoli

26 L’Archetipo – Febbraio 2010


intesero che aveva parlato di Giovanni Battista». Gesú aveva detto in precedenza: «Non dite a nessuno quello
che avete appreso oggi prima che il Figlio dell’Uomo sia risorto». Siamo introdotti in un Mistero. Tre discepoli
sono stati ritenuti dal Cristo degni di conoscerlo. E che cos’è questo Mistero? Che Giovanni è Elia reincarnato.
La reincarnazione è sempre stata insegnata nei templi dei Misteri. E il Cristo ai suoi discepoli piú fidati
non ha comunicato altro che questa verità occulta. Essi dovevano apprendere la dottrina della reincarnazione,
ma anche acquistare la Parola vivente che doveva uscire dalla loro bocca, vivificata e spiritualizzata dalla
persuasione di quanto doveva in seguito sopravvenire: dovevano avere prima la convinzione immediata della
Resurrezione. E una volta ottenutala, dovevano andare per tutto il mondo e far sgorgare nei cuori semplici le
stesse scintille che erano state accese in loro. Questa era una delle Iniziazioni, una delle immagini che il
Cristo aveva dato e spiegato ai suoi discepoli piú fedeli.
Un’altra cosa ancora. La stessa Cena non è altro che un’Iniziazione, un’Iniziazione al piú profondo signifi-
cato di tutta la dottrina cristiana. Chi comprende la Cena nel suo vero significato comprende anche la dottrina
cristiana nella sua verità e spiritualità. È ardito esporre questo insegnamento come ora farò, perché si presta
ad aggressioni da ogni parte, perché contraddice la lettera. La lettera uccide, lo Spirito vivifica. Solo con
grande fatica ci si può innalzare fino alla conoscenza del vero significato della Cena. Non posso oggi darvi i
particolari, ma posso accennarvi per grandi linee a cosa significhi questo che è tra i piú profondi misteri
del Cristianesimo. Il Cristo riunisce i Suoi Apostoli per celebrare con loro l’istituzione del sacrificio incruento.
Cerchiamo di comprendere questo. Per preparare la via a comprendere un tale evento, torniamo ad un fatto
meno noto, che ci mostra però come dobbiamo intendere la Cena. Leggiamo nel Vangelo che il Cristo passò
davanti a un cieco nato. Quelli che erano con Lui gli chiesero:
«Costui ha forse peccato, o lo ha fatto uno dei suoi genitori,
che è nato cieco per punizione?». Il Cristo rispose: «Non costui
ha peccato, né i suoi genitori, ma è nato cieco perché si mani-
festassero le opere di Dio», o anzi: «perché si manifestasse il
modo divino di governare il mondo».
Dunque, con le parole “perché si manifestasse il modo divi-
no di governare il mondo” si spiega il fatto che sia nato cieco.
Infatti, se egli non ha peccato in questa vita, né i suoi genitori,
la ragione deve essere cercata altrove. Non possiamo fermarci
alla singola personalità, o ai suoi genitori, o agli antenati, ma
dobbiamo pensare eterna l’interiorità dell’anima del cieco na-
to, dobbiamo sapere come ricercare l’origine nelle anime pre-
esistenti, nelle anime che hanno sperimentato l’effetto di una
vita precedente. Qui è indicato, anche se non espresso, ciò che
noi chiamiamo karma. E vedremo subito perché non è espresso.
Che le colpe dei padri siano vendicate dai figli e dai figli dei
figli, è la dottrina di coloro tra i quali si è incarnato il Cristo, e
cosí quella che le colpe dei padri siano espiate dai figli e dai
figli dei figli. È una dottrina che però non corrisponde a ciò
che il Cristo ha detto nei riguardi del cieco nato. Se si segue la
dottrina per cui non poteva dipendere che dalla colpa dei padri, che colpa ed espiazione esistono solo nel
mondo fisico, allora il cieco avrebbe dovuto soffrire per ciò che avevano commesso i padri. Questo ci mostra
però che il Cristianesimo eleva i suoi ad un nuovo concetto di colpa ed espiazione, ad un concetto che non ha
nulla in comune col mondo fisico, che non vale per la realtà che percepiamo con gli occhi. L’antico concetto di
peccato, legato all’eredità fisica e ai fatti fisici, era un concetto che il Cristo voleva che fosse superato dai
Suoi. E non era proprio questa idea della colpa legata ai fatti fisici che spiegava l’antico concetto di
sacrificio? Gli antichi sacrifici erano fatti fisici. Ma – insegna il Cristo – nei fatti fisici non si può cercare
colpa ed espiazione. Perciò l’Altissimo, lo stesso Spirito divino, il Verbo vivente, può essere esposto ai
fatti fisici fino a morire – come il Cristo – senza essere colpevole. Tutti i sacrifici esteriori non possono
essere compresi nel concetto di colpa ed espiazione. L’Agnello di Dio era il piú innocente, e poté morire
della morte della vittima.
Rudolf Steiner (2. continua)
R. Steiner, Psicologia spirituale dell’anima e meditazioni sul mondo, O.O. N. 52 – Conferenza tenuta il
4 gennaio 1904 presso l’Architektenhaus di Berlino. Traduzione di Giovanna Scotto

L’Archetipo – Febbraio 2010 27


Antroposofia
Sul teatro della storia è stato mostrato a tutto il mondo
che colpa ed espiazione non si manifestano nei fatti fisici,
ma vanno ricercati in un piano superiore, nel piano della
vita spirituale. Se il colpevole potesse essere raggiunto dalla
punizione solo nella vita fisica, se bastasse al colpevole
offrire un sacrificio, l’Agnello innocente non avrebbe dovuto
morire sulla croce. Per liberare gli uomini dalla credenza
che colpa ed espiazione possano essere trovati nei fatti este-
riori, dalla credenza che la pena sia conseguenza del peccato
ereditato fisicamente, per liberarli da questa opinione il Cristo
prese su di sé il sacrificio della croce. E cosí è morto vera-
mente per la fede di tutti gli uomini, per testimoniare che
non si deve ricercare nella coscienza fisica il senso della
colpa e dell’espiazione. Questo dovevano ricordare tutti. Lo
stesso sacrificio sulla croce non è la cosa piú importante:
solo quando l’uomo si solleva oltre la colpa e l’espiazione
per ricercare l’origine e l’effetto delle sue azioni nel campo
spirituale, solo allora ha raggiunto la verità.
Per questo l’ultimo sacrificio, il sacrificio incruento, è
anche la prova della improprietà del sacrificio materiale,
cosí che questo sacrificio incruento è stato istituito perché
Mara Maria Maccari «La crocifissione» l’uomo ricerchi colpa ed espiazione, la coscienza dei rappor-
ti e delle conseguenze delle sue azioni, nel campo spirituale.
Questo dobbiamo tenere sempre a mente. Perché non si deve pensare che l’essenziale sia il sacrificio della
vita, ma che invece l’essenziale è che il sacrificio cruento sia stato sostituito dal sacrificio incruento. La
Cena è dunque il simbolo del fatto che la colpa e l’espiazione delle azioni umane vivono sul piano spirituale.
Questa è la dottrina del karma secondo la Scienza dello Spirito, che cioè tutto ciò che l’uomo ha fatto con
le sue azioni produce effetti secondo leggi puramente spirituali, ovvero che il karma non ha nulla a che
vedere con l’eredità fisica. Di questo è segno esteriore il sacrificio incruento: la Cena.
Nella fede cristiana non è espresso in parole che la Cena è simbolo del karma. Il Cristianesimo aveva
un altro compito, come ho già accennato. Karma e reincarnazione – le conseguenze del destino sul piano
spirituale e la reincarnazione dell’anima umana – erano tutte profonde verità esoteriche insegnate all’in-
terno dei templi misterici. E il Cristo, come tutti i grandi Maestri, le ha insegnate ai Suoi all’interno del
tempio. Ma costoro dovevano poi andare per il mondo, dopo che in loro si fossero accesi la forza e il
fuoco di Dio, cosí che anche quelli che non vedevano potevano credere e diventare beati.
Perciò riuní i Suoi, al principio per dire loro che non avrebbero dovuto essere solo Maestri nel regno del-
lo Spirito, ma anche qualcosa di piú. E questo è il senso profondo delle prime parole del Discorso della
Montagna: «Beati i mendicanti dello Spirito, perché trovano in se stessi il Regno dei Cieli». Si deve intendere
cosí – quando è ben tradotto – in che modo è possibile arrivare alla contemplazione vivente della conoscenza.
Quelli che mendicheranno lo Spirito troveranno con il loro cuore semplice le vie per il Cielo, per il Regno
dello Spirito. Gli Apostoli non dovranno parlare in pubblico delle piú alte conoscenze, ma dovranno rivestirle
di parole semplici. Essi stessi dovranno però essere perfetti. Ecco perché vediamo che quelli che devono
essere i portatori della Parola di Dio insegnano una vera Antroposofia, una vera Scienza dello Spirito.
Prendete e comprendete le parole di Paolo, di Dionigi l’Areopagita e poi di Scoto Erigena – che nel suo
libro Della divisione della natura insegna, come nell’antroposofia, la divisione dell’uomo in sette parti – e
allora saprete che la loro spiegazione del Cristianesimo era quella stessa che coltiva oggi la Scienza dello
Spirito. L’Antroposofia non vuole portare alla luce nulla di diverso da quello che hanno insegnato i Maestri
cristiani nei primi secoli; vuole servire il messaggio cristiano, spiegarlo nelle verità e nello Spirito. Questo è il
compito dell’Antroposofia nei riguardi del Cristianesimo. Non per superare il Cristianesimo esiste l’Antropo-
sofia, ma per riconoscerlo nella sua realtà. Basta che comprendiate il Cristianesimo nella sua verità per avere
l’Antroposofia nella sua pienezza. Non è necessario che vi rivolgiate a un’altra religione, potete restare cristiani,
e non dovrete fare altro che quello che hanno fatto i veri Maestri cristiani: salire per attingere alle profondità

26 L’Archetipo – Marzo 2010


spirituali del Cristianesimo. Cosí si smentiscono anche quei teologi che credono che l’antroposofia sia
una dottrina collegata al buddismo, e si smentisce anche l’opinione che vuole che si giunga ai piú profondi
insegnamenti del Cristianesimo non risalendo verso l’alto ma attirandolo verso il basso. La Scienza dello
Spirito può portare a comprendere sempre meglio il mistero dell’Incarnazione, a comprendere la Parola che,
malgrado tutti gli sforzi razionalistici per negarlo, si trova nel Nuovo Testamento. Chi approfondisce il
Vangelo non può concordare con il razionalismo, con David Friedrich Strauss e con i suoi seguaci. Può ac-
cettare solo le parole di Goethe, che vedeva in questo campo molto piú profondamente di tanti altri. Go-
ethe dice: «Il Nuovo Testamento resta sempre il libro dei libri, il libro del mondo che, compreso giusta-
mente, deve diventare il mezzo per l’educazione cristiana dell’umanità, se è in mano dei saggi e non dei
presuntuosi» [J.P. Eckermann, Conversazioni con Goethe].
Ancella della Parola è in questo senso l’Antroposofia, che condurrà gli spiriti volenterosi ad elevarsi fino
al Fondatore del Cristianesimo, a quello Spirito che non solo ha significato umano, ma anche cosmico; a
quello Spirito che non solo aveva compassione per i semplici cuori degli uomini mossi dalle vicende quoti-
diane, ma che aveva quella immensa comprensione per il cuore umano proprio perché il Suo cuore penetrava
nei profondi segreti del cosmo. Per indicare tutto ciò non c’è espressione migliore che un episodio che non
si trova nei nostri Vangeli ma che ci è stato tramandato in altro modo. Gesú con i suoi discepoli si trovò a
passare davanti a un cane morto che già cominciava a decomporsi. I discepoli se ne distolsero. Ma Gesú
guardò con compiacimento la bestia e ne ammirò la bella dentatura. Questa immagine può essere paradossale,
ma può condurci a una piú profonda comprensione dell’essenza del Cristo. È la prova che l’uomo sente in
sé il Verbo quando non passa davanti alle cose senza comprendere, quando sa approfondire tutto e sa
immergersi in tutto ciò che esiste, ed incontra anche ciò che è apparentemente ripugnante mostrando
misericordia e comprensione: quella comprensione che ci fa riconoscere fin le cose piú piccole, e che ci
solleva fino alle piú elevate, quello sguardo a cui nulla sfugge, che non trascura nulla, che lascia venire tutto
a sé con la piú completa tolleranza, e che porta nel cuore la persuasione che veramente tutto ciò che esiste
– in qualsiasi forma – è “carne della nostra carne, sangue del nostro sangue”. Chi è arrivato a capire tutto
ciò sa veramente cosa significhi che lo Spirito vivente di Dio si è realizzato in una sola Persona: quello
Spirito vivente di Dio dal quale tutte le cose sono state create.
Questo è il senso che l’antroposofo renderà di nuovo vivente. Un senso che non era mai stato completa-
mente perduto nel passare dei secoli, il senso di colui che non cerca la misura dell’Altissimo partendo dalla
regione media, da un punto di vista subordinato, ma che cerca prima di innalzarsi, di crescere, di arrivare
alle piú alte conoscenze, perché ha una convinzione: quando si sarà purificato, spiritualizzato, lo Spirito si
chinerà verso di lui. «Se il Cristo nasce anche mille volte a Betlemme e non in te, sei perduto in eterno».
Cosí dice il grande mistico Angelo Silesio. Silesio sapeva cosa significa una dottrina quando diventa massima
conoscenza, quando diventa vita. Gesú disse a Nicodemo: «Chi è rinato dall’Alto pronuncia cose non piú
per esperienza umana, ma parla dall’Alto». Dice parole come quelle di Angelo Silesio alla fine del Viandante
cherubico: «Se vuoi leggere di piú, va’ e diventa tu stesso scrittura, e tu stesso l’essenza».
Ecco l’esigenza di coloro attraverso i quali parla lo Spirito. Non li si deve solo udire, non si devono solo
ascoltare le loro parole, ma lasciar risuonare in sé ciò che viene espresso da loro. Per questo lieto annuncio,
il Cristo ha scelto coloro che potevano parlare e dire queste parole: «Ciò che esisteva fin dall’inizio, l’eterna
legge del mondo, noi lo abbiamo visto con gli occhi e toccato con mano. Questo vi annunciamo». Colui che
aveva vissuto come uomo singolo, nello stesso tempo viveva nelle parole dei discepoli.
Ma un’altra cosa è stata detta, di cui gli antroposofi devono essere particolarmente consapevoli: che Egli
non è stato sulla Terra soltanto per il tempo in cui è vissuto e ha insegnato, ma anche per il tempo che tramanda
la frase significativa: «Sarò con voi tutti i giorni, fino alla fine dei tempi».
L’antroposofia sa che Egli è con noi, che oggi come allora può dare ali alle nostre parole, formare le nostre
parole, e che oggi come allora Egli può guidarci affinché le nostre parole esprimano ciò che è Lui stesso.
L’antroposofia però deve impedire una cosa: deve impedire che accada che si dica: «Egli è venuto, è qui,
ma non l’hanno riconosciuto. Gli uomini hanno fatto di Lui ciò che hanno voluto». No, l’antroposofo deve
innalzarsi alla fonte della vera spiritualità, cosí che gli uomini riconoscano che Egli è qui, che sappiano dove
trovarLo e odano la parola vivente di Colui che ha detto: «Sarò con voi fino alla fine dei tempi».
Rudolf Steiner (3. Fine)
R. Steiner, Psicologia spirituale dell’anima e meditazioni sul mondo, O.O. N. 52 – Conferenza tenuta il
4 gennaio 1904 presso l’Architektenhaus di Berlino. Traduzione di Giovanna Scotto

L’Archetipo – Marzo 2010 27

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