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Linguistica generale

Capitolo 1

Il linguaggio verbale

La linguistica è lo studio dei principi generali che regolano le lingue e si divide in : linguistica generale e
storica. La linguistica generale si occupa di che cosa sono e come funzionano le lingue, mentre la linguistica
storica studia l’evoluzione storica delle lingue e il rapporto tra lingue e cultura : è la glottologia.

L’oggetto della linguistica sono le lingue storico- naturali, ovvero quelle che si sono prodotte naturalmente
nel corso della civiltà umana e usate da una comunità di parlanti . Le lingue storico – naturali sono
espressione del linguaggio verbale umano.

Linguaggio = insieme complesso di facoltà; ogni lingua è un codice ed il suo fine è la comunicazione
(= trasmissione internazionale di informazione ).

Ci sono 3 tipi di comunicazione :

1) Comunicazione in senso stretto (emittente , ricevente e componente intenzionale es : linguaggio


verbale ; segnali stradali ecc… ) ;
2) Passaggio di informazione (emittente non intenzionale , in quanto non lascia il messaggio con
intenzionalità, ricevente = interprete intenzionale ;
3) Formulazione di inferenze ( nessun emittente , né interpretante => dedurre da ciò che si vede).

N.B. Emittente e ricevente condividono il sistema di conoscenze di riferimento (‘codice’) nella


comunicazione in senso stretto. La condivisione e la competenza del codice fanno sì che ad
espressione corrisponda contenuto.
Il linguaggio verbale degli esseri umani = comunicazione in senso stretto.
Comunicazione è quindi da intendere come trasmissione intenzionale di informazione.

SEGNI,CODICE
Il segno è qualcosa che sta per qualcos’altro, serve per comunicare questo qualcos’altro . Insieme di
segni + norme interpretative = codice. SEMIOTICA = branca che studia quanti tipi di segni differenti
ci sono => 5 tipi di segni che vengono classificati in base all’intenzionalità e alla motivazione relativa
cioè del grado di rapporto naturale esistente tra le due facce del segno (il 'qualcosa' e il
'qualcos'altro' per cui il primo sta):
1) INDICE (sintomi) motivati naturalmente- uso non -intenzionale ( assenza di intenzionalità e
motivazione naturale);
2) SEGNALI motivati naturali e usati intenzionalmente ;
3) ICONE = immagini in cui l’espressione rimanda analogicamente al contenuto motivati
analogicamente/intenzionali (basati sulla similarità di forma o struttura, riproducono proprietà
dell'oggetto designato. Es.: carte geografiche e mappe, fotografie,
disegni, registrazioni su nastro, diagrammi e istogrammi, simbologie impiegate in orari dei treni
e guide turistiche, onomatopee, ecc.). ;
4) SIMBOLI in cui il colore simboleggia qualcosa e sono motivati culturalmente e sono intenzionali;

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5) SEGNI ( in senso stretto) mancanza di motivazione e non sono altro che frutto di una
convenzione , sono intenzionali e ARBITRARI . (es.: messaggi linguistici; suono al telefono di una
linea occupata; molti segnali stradali [altri sono icone; altri, simboli]; comunicazione gestuale,
come la 'lingua dei segni' (il linguaggio dei gesti dei non udenti; ecc.).
Da 1 a 5 aumenta l’intenzionalità e cambia la motivazione fino ad essere assente . Dalla
categoria (1) alla categoria (5) la motivazione che lega, nei segni in senso lato, il 'qualcosa' al
'qualcos'altro' che viene comunicato diventa via via sempre più convenzionale, o, se vogliamo,
immotivata, meno diretta.

Nella comunicazione in senso stretto, c'è dunque un emittente che emette, produce
intenzionalmente un segno per un ricevente. Che cos'è che mette il ricevente in grado di
interpretare il segno? Il fatto che esso si riconduce a un codice di cui fa parte, cioè a un insieme
di conoscenze che permette di attribuire un significato a ciò che succede. Per ' CODICE' si
intende più precisamente l'insieme di corrispondenze, fissatesi per convenzione, fra qualcosa
('insieme manifestante') e qualcos'altro ('insieme manifestato ') che fornisce le regole di
interpretazione dei segni. Tutti i sistemi di comunicazione sono dei codici. Da questo punto di
vista, i segni linguistici costituiscono il codice lingua.

Le proprietà della lingua

 Biplanarità = proprietà comune a tutti i segni, anche di quelli linguistici.

Saussure ha elaborato la teoria della biplanarità : il segno ha due facce -> a) significante = ciò
che veicola il significato , parte formale del segno, realizzazione fonico-acustica (il 'qualcosa'
che sta per qualcos'altro: per esempio, la parola gatto pronunciata o scritta);

b) significato ( contenuto) = elemento non direttamente percepibile, è la parte o faccia o piano


non materialmente percepibile, l'informazione veicolata dalla faccia percepibile (il 'qualcos
'altro': nell'esempio, il concetto o idea di "gatto") .Il significante o espressione è ogni
modificazione fisica a cui sia associabile un significato, un certo stato concettuale o mentale:
quest'ultimo è il contenuto. Tutti i segni sono indissolubilmente costituiti dal piano del
significante unito al piano del significato. Un codice si può allora definire come un insieme di
corrispondenze fra significati e significanti, e un segno come l'associazione di un significante e
un significato.

 Arbitrarietà = mancanza di un legame naturalmente motivato tra significante e significato =>


per esempio l’albero non si chiama in tutte le lingue allo stesso modo, ci sono diversi termini
che lo indicano; anche se ci sono termini simili tra loro, non indicano la stessa cosa proprio
per la mancanza del rapporto tra significante e significato. Questo ovviamente non vuol dire
che tra il significante e il significato di un segno non esistano legami né rapporti: bensì vuol
dire che i legami, i rapporti che ci sono - e che costituiscono il codice - non sono dati
naturalmente, ma posti per convenzione .

Ci sono 4 diversi livelli di arbitrarietà e per definire il tipo di arbitrarietà ci sono tre entità in
ballo [triangolo semiotico] => significante, significato e referente ( = ciò a cui il segno rimanda ).

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1) Rapporto segno- referente ;
2) Arbitrarietà assoluta *= il significante ‘sedia’ non ha nulla a che vedere in sé, al di fuori della
convezione stabilita dalla lingua italiana, con il significato "oggetto d'arredamento che
serve per sedersi, ecc." ;
3) Forma e sostanza del significato (o del contenuto) -> quadripartizione del segno : nelle
lingue viene data una forma diversa al contenuto (sostanza - forma – significato )
es . <<bois>> in fr. = bosco, legno e legna. In latino c’era la differenza tra nero e bianco
opaco che in italiano non c’è. E’ arbitrario il rapporto tra forma = struttura, organizzazione
interna - e sostanza - = materia, mero insieme di fatti concettualizzabili, significabili - del
significato: ogni lingua ritaglia in un modo che le è proprio (ed eventualmente,
anzi spesso, diverso da quello delle altre lingue) un certo spazio di significato (e dà quindi
una data 'forma' ad una data 'sostanza' semantica) distinguendo e rendendo pertinenti una
o più entità.
4) Forma e sostanza dell’espressione -> fono = qualunque suono prodotto dall’apparato
fonatorio dell’essere umano , ma nelle lingue non contribuiscono tutti i suoni prodotti dagli
esseri umani => es . in italiano la lunghezza vocalica non cambia il significato della parola :
casa [kasa] = [ka:sa] , mentre in latino e inglese la lunghezza vocalica cambia il significato.
Forma = l’insieme di tutto ciò che è pronunciabile ed è il modo in cui la sostanza viene
organizzata .

Teoria dell’arbitrarietà nasce all’interno del post-strutturalismo : ogni lingua associa a un significante uno o
più significati. Sostanza = significato,contenuto VS Forma= significante,espressione.

Eccezioni arbitrarietà assoluta Al principio dell'arbitrarietà radicale dei segni linguistici esistono alcune
eccezioni. Vi sono dei segni linguistici che appaiono almeno parzialmente motivati:

 onomatopee = termini che riproducono analogicamente ciò che si vuole rappresentare ed


entrano nel sistema linguistico e vi si adeguano ;
 ideòfoni = maggiormente iconici ( nei fumetti zac; bum bum; splash) ; appartenenza al
sistema linguistico dubbia.

Ci sono state ultimamente teorie linguistiche che rivalutano la componente iconica del
linguaggio verbale :

- Morfologia naturale ( principio iconicità-iconismo) [es . ted. Kind, Kinder ; ingl. Child,
Children ];
- Fonosimbolismo = suoni che riproducono ciò che si vorrebbe rappresentare es. il suono
i sarebbe tipico dei segni che denotano cose piccole.
La struttura linguistica ha riprodotto il modo in cui noi percepiamo le cose => sistemi
linguistici si fondano su basi bio-esperienziali.

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Doppia articolazione
Articolare = poter suddividere una sequenza negli elementi che la compongono ; l’articolazione può
avvenire in due livelli : I gatti amano il pesce -> a) I gatt-i am-a-no il pesc-e = ciascun elemento ha
significante e significato ( segni minimi in cui può essere divisa la frase= MORFEMI) , il significante di
un segno linguistico è organizzato e scomponibile in unità (elementi, parti, pezzi, 'mattoni') che
sono ancora portatrici di significato e che vengono riutilizzate (con lo stesso
significato) per formare altri segni (prima articolazione);
b) II° livello unità minime al livello di significante che non hanno significato: i morfemi sono a loro
volta scomponibili in unità più piccole che non sono più portatrici di significato autonomo (sono
cioè meri pezzi di significante), si tratta di FONEMI.
La doppia articolazione : minimo -> illimitato (il vantaggio è l’economicità del funzionamento del
sistema). La doppia articolazione consiste nel fatto che il significante di un segno linguistico è
articolato a due livelli nettamente diversi.

Trasponibilità del mezzo


È di conseguenza anche molto importante nella strutturazione della lingua il principio della
combinatorietà : la lingua funziona-, fondamentalmente, combinando unità minori, possedute in un
inventario limitato, prive di significato proprio, per formare un numero indefinito
di unità maggiori (segni).
Il significante del linguaggio verbale può essere realizzato attraverso diversi mezzi attraverso il
mezzo aria, il canale fonico-acustico - sotto forma di sequenza di suoni e rumori prodotti
dall'apparato fonatorio umano (bocca e altri organi interessati alla produzione del parlare) che si
propagano come onde sonore e vengono ricevuti dall'apparato uditivo, sia attraverso il mezzo luce,
il canale visivo-grafico - sotto forma di segni.
Priorità antropologica : l’orale prima dello scritto (= priorità del parlato rispetto allo scritto)
Ontogenetica = genesi dell’essere umano (formazione e sviluppo dell’individuo)
Filogenetica = prime manifestazioni di scrittura : la pittografia => la scrittura è venuta dopo il
parlato, mentre le origini del parlato risalgono a 100.000-50.000 anni fa. Gli uomini hanno acquisito
la capacità di parlare nel momento in cui hanno assunto la posizione eretta => dovevano esistere
prerequisiti biologici per lo sviluppo del linguaggio verbale.
Ci sono numerosi vantaggi dell’oralità del linguaggio, ma attualmente abbiamo la priorità sociale
dello scritto : lo scritto ha maggiore importanza, prestigio e utilità sociale e culturale; è lo
strumento di fissazione e trasmissione del corpo legale, della tradizione culturale e letteraria e del
sapere scientifico; è il veicolo fondamentale dell 'istruzione scolastica (l'importanza dell'alfabetismo
è un cardine elementare indiscusso di ogni società civile)e ha validità giuridica .

Linearità e discretezza
Il linguaggio è dotato di linearità : gli enunciati sono prodotti nel tempo e in successione = elementi
che si susseguono nel tempo e nello spazio ( una volta rappresentati graficamente) => i segni globali
sono diversi, vengono percepiti come un tutto simultaneamente . La linearità implica anche
monodimensionalità del segno, giacché il significante si sviluppa in una sola direzione.
Un'altra caratteristica è la discretezza = gli elementi che si susseguono linearmente possono essere
ben identificati e sono ben separabili. Gli elementi devono essere identificati perché sono funzionali
e se venissero confusi gli uni con gli altri questo ne comprometterebbe il significante e il significato.

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Una conseguenza interessante della discretezza (combinata con l'arbitrarietà radicale) è che nella
lingua non possiamo intensificare il significante per intensificare corrispondentemente il significato
allo stesso modo in cui lo facciamo per esempio con grida o interiezioni.

Onnipotenza semantica
L’onnipotenza semantica consta nella possibilità di esprimere un qualsivoglia contenuto in una
lingua ; piuttosto che di onnipotenza si potrebbe parlare di plurifunzionalità delle lingue. Per
plurifunzionalità (o anche, se vogliamo, 'pluripotenza') si intende che la lingua permette di
adempiere a una lista molto ampia (teoricamente illimitata) di funzioni diverse.
Roman Jakobson si è occupato delle funzioni del linguaggio : ci sono sei elementi che possono
essere collegati a sei funzioni => Mittente-Ricevente – Messaggio - Canale (fonetico/acustico) –
Segni – Contesto (referente) ; 1) funzione emotiva (qlcs che riguarda il mittente), 2) funzione
conativa (rivolta al ricevente da cui il mittente vuole ottenere qlcs), 3) funzione poetica (=uso del
codice del messaggio), 4) funzione fàtica (quando si vuole stabilire un contatto con il ricevente) ,
5) funzione referenziale (legata al contesto : un messaggio descrive uno stato di cose ) e 6)
funzione metalinguistica (lingua usata per descrivere un’altra lingua ).

Produttività e ricorsività

Per produttività si intende che con la lingua è sempre possibile creare nuovi messaggi e la
produttività è collegata alla doppia articolazione => produttività = ‘creatività regolare’=>
produttività infinita basata su un numero limitato di princìpi e regole in genere dalla forma (molto)
semplice applicabili ricorsivamente.

Ricorsività = uno stesso procedimento può essere applicato una serie infinita di volte, pur essendo
infinito come processo si applica fin quando non si compromette la comunicazione.

Distanziamento e libertà di stimoli

Le lingue ci permettono di parlare di tutto, in quanto si possono creare messaggi che fanno
riferimento a cose lontane nello spazio e nel tempo (distanziamento mette alla luce la differenza tra

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uomo-animale). Il distanziamento consiste dunque essenzialmente nella possibilità di parlare di
un'esperienza in assenza di tale esperienza, o dello stimolo che ha provocato tale esperienza.

Libertà degli stimoli : gli esseri umani possono parlare indipendentemente dallo stimolo, mentre gli
animali comunicano SOLO in presenza di uno stimolo. segni linguistici rimandano a, e
presuppongono, una elaborazione concettuale della realtà esterna, e non semplicemente stati
dell'emittente, che inducano necessariamente ad emettere messaggi.

Trasmissibilità culturale

Ogni lingua è trasmessa per tradizione all’interno di una società e di una cultura, ma non esiste un
unico codice che gli esseri umani possono apprendere anche se quello che apprendono dipende dal
contesto socio-culturale. Le convenzioni che costituiscono il codice di una determinata
lingua, le regole specifiche che ne costituiscono la norma, e il suo patrimonio lessicale passano da
una generazione all'altra per insegnamento/apprendimento spontaneo, non attraverso
informazioni genetiche, ereditarie. Noi impariamo la lingua che è propria dell'ambiente in cui
cresciamo, e che non necessariamente è quella dei nostri genitori biologici.

Al contrario gli animali comunicano sempre con lo stesso codice indipendentemente dalla cultura .

Complessità sintattica

Sintassi = disposizione insieme degli elementi che formano un enunciato.

La complessità sintattica : possibilità di un alto grado di elaborazione strutturale dei messaggi


linguistici.

VARI ASPETTI RILEVANTI

1) Contiguità (=ordine degli elementi contigui);


2) Relazioni tra elementi non contigui e le dipendenze (es: Il brano di Manzoni sulla peste);
3) Incassature = elementi che interrompono una struttura omogenea ;
4) Ricorsività, la ricorsività conferisce alle strutture linguistiche un particolare carattere di
complessità interna;
5) Presenza di operatori logici (=congiunzioni);
6) Discontinuità nella strutturazione sintattica = Le costruzioni ammesse dalla lingua possono
ammettere, o richiedere, che elementi o parti strettamente unite dal punto di vista semantico e
sintattico non siano linearmente adiacenti.

Equivocità

La lingua è infatti un codice tipicamente equivoco. È equivoco un codice che pone corrispondenze
plurivoche fra gli elementi di una lista e quelli della lista a questa associata. Mentre un codice non equivoco
pone rapporti biunivoci (cioè rapporti tali che a ogni elemento di un insieme A corrisponda uno e un solo
elemento dell'insieme B, e viceversa),la lingua pone anzi corrispondenze doppiamente plurivoche fra la lista
dei significanti e la lista dei significati. A un unico significante possono infatti corrispondere più significati.
Sistema biunivoco = elemento corrisponde a un altro elemento (1:1)

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Nelle lingue può accadere che un elemento sia collegato a più elementi, non c’è corrispondenza 1:1 il che
vuol dire che a un significante possono corrispondere più significati (polisemia).

E’ possibile che la lingua possa essere sperimentata da altri esseri viventi ?

Secondo gli scienziati no, in quanto l’uso del linguaggio verbale dipende dall’uso del cervello e dal canale
fonatorio che è a due canne. Vagito = pianto del bambino , nei bambini piccoli la faringe è stretta e l’aria
tendenzialmente esce dal naso e per questo i loro versi sono nasalizzati.

Tre principi generali per l’analisi della lingua

La lingua è un codice che organizza un sistema di segni dal significante primariamente fonico-acustico,
fondamentalmente arbitrari ad ogni loro livello e doppiamente articolati, capaci di esprimere ogni
esperienza esprimibile, posseduti come conoscenza interiorizzata che permette di produrre infinite frasi a
partire da un numero finito di elementi'.

1) Sincronia e diacronia : indicano due diverse prospettive di indagine linguistica (-> chronos = tempo)

Diacronia studio lingue che si sviluppano nel tempo; Sincronia = elabora i principi generali nel loro stato, la
considerazione delle lingue e degli elementi della lingua facendo un 'taglio' sull'asse del tempo, e
guardando a come essi si presentano in un determinato momento agli occhi e all'esperienza
dell'osservatore, .

Es. ( linguistica storica ) Duomo = dal latino domum =casa , domus episcopi = casa del vescovo ;

(linguistica sincronica = stato della lingua italiana di oggi) => è molto difficile tenere separate la sincronia e
la diacronia e quindi sono due prospettive complementari , anche se sono due prospettive di analisi
diverse.

2) Langue e parole di Saussure

Il secondo principio importante nell’analisi linguistica è la distinzione fra sistema astratto e realizzazione
concreta, ossia la distinzione tra langue e parole.

 Langue = sistema depositato nella mente dei parlanti che appartengono alla stessa comunità
linguistica, è mentale, astratta, sociale ed è stabile.
 Parole = atto linguistico, realizzazione concreta, individuale e mutevole.

Le due sono strettamente collegate tra loro, come lo sono nella linguistica moderna anche le coppie
sistema- uso e competenza - esecuzione. Per alcuni esiste una terza entità intermedia tra langue e parole =
norma, elaborato da Coseriu che costituirebbe una sorta di filtro tra l'uno e l'altro, specificando quali sono
le possibilità del sistema che vengono attualizzate nell'uso dei parlanti di una lingua in un certo momento
storico, una lingua ha tante potenzialità => suffissi per formare nomi deverbali che vengono creati con due
suffissi diversi –amento e –azione .

Es. I suffissi –amento e –azione in alcuni casi l’uso dell’uno esclude l’altro; in altri casi vengono usati
entrambi i suffissi , ma con sfumature di significato diverse ( mutazione / mutamento).
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Ciò che interessa al linguista è la langue (il sistema, la competenza): per studiare e 'svelare' la langue il
linguista deve però partire dalla parole, che gli fornisce i dati osservabili da cui eventualmente ricavare,
servendosi anche dell'introspezione e dell'intuizione del parlante circa la propria lingua, le leggi del sistema.
Porre al centro dell'attenzione del linguista la langue significa porre l'astrazione e l'idealizzazione come
momento necessario dell'analisi scientifica.

La norma, sociale e concreta, rappresenta l’insieme delle realizzazioni condivise del sistema ed opera una
selezione all’interno della gamma di possibilità previste dalla struttura del sistema.

3) Sintagmatico e paradigmatico

Il terzo principio generale è quello della distinzione tra asse paradigmatico e sintagmatico (Saussure
separava associativo e sintagmatico), tale distinzione concerne un duplice instaurarsi di rapporti nel
funzionamento del sistema linguistico e nella produzione di messaggi verbali. . Gli elementi linguistici
instaurano dei rapporti tra loro e questi rapporti prevedono un duplice livello: a) paradigmatico = rapporto
tra un dato elemento e gli altri elementi dello stesso sistema (in absentia) ; b) sintagmatico = rapporto tra
un dato elemento e gli altri elementi dello stesso enunciato (in praesentia).

Riassumendo :

l’asse sintagmatico o delle combinazioni: è costituito dalla catena lineare in cui si posizionano gli
elementi/le parole prodotte dal parlante: il + ferro + era + rovente ; mentre l’asse paradigmatico o delle
scelte possibili: è l’inventario degli elementi/delle parole a disposizione nella competenza del parlante,
ciascuno dei quali è suscettibile di occupare una posizione sull’asse sintagmatico. (il, lo, la, i, gli, le) → il +
(clima, bevanda, strumento, ferro, oro, gatto ecc.) → ferro + (è, era, sarà, fu, diventa, diventerà, ecc.) → era
+ (bollente, torrido, rovente caldissimo) → rovente.

4) Livelli di analisi linguistica

1.) Fonetica e fonologia ( piano del significante );

2.) Morfologia (piano del significante);

3.) Sintassi (piano del significante);

4.) Semantica (piano del significato).

Questi termini designano sia il livello di analisi linguistica, ma anche la parte o sottodisciplina della
linguistica che lo studia; i sottolivelli secondari sono grafematica, pragmatica e testualità.

Capitolo 2

Fonetica e fonologia

Parte 1 . Fonetica

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 La fonetica ( dal greco <phōné>) è la branca della linguistica che studia i suoni prodotti dall’uomo
per comunicare, la componente fisica della comunicazione verbale;
 << studia i suoni prodotti e percepiti dagli esseri umani per comunicare verbalmente, e occupa un
posto importante tra le scienze del linguaggio>> (Albano Leoni-Maturi).

Circuit de la parole : Come funziona la comunicazione linguistica e delle capacità coinvolte ? Occorre
seguire le frecce da A a B e poi da B a A.

 La fonetica è interessata a quella parte del processo che va dal momento in cui gli organi del
parlante si mettono in movimento al momento in cui l’orecchio dell’ascoltatore ha trasformato gli
impulsi meccanici in impulsi nervosi. (Albano Leoni-Maturi pag.16 del manuale).
 Vista la complessità del processo in atto, la fonetica è una scienza complessa che suole essere
suddivisa in tre branche :
1) Fonetica articolatoria = si occupa della descrizione del processo di produzione dei suoni linguistici
(= foni) , studiando l’anatomia e la fisiologia degli organi umani predisposti alla fonazione
(= processo di produzione dei foni). Gli organi preposti alla fonazione costituiscono l’apparato
fonatorio. Inoltre la fonetica articolatoria fornisce i criteri e i termini per la classificazione dei
suoni.
2) Fonetica acustica = si occupa della descrizione della consistenza fisica e propagazione dei suoni in
un mezzo; è un’applicazione dell’acustica, branca della fisica.
3) Fonetica uditiva e percettiva = si occupa della descrizione dei processi di percezione dei foni, in
quanto descrive l’anatomia e la fisiologia dell’apparato uditivo.

L’apparato di fonazione

È l’insieme degli organi e delle strutture anatomiche che l’uomo utilizza per parlare. I suoni del parlare
vengono prodotti con l’espirazione, ovvero con un processo d’aria egressivo : l’aria attraverso i bronchi e la
trachea, raggiunge la laringe, dove nella glottide incontra le corde vocali (o ‘pliche faringee’). Quest’ultime,
che durante la respirazione normale, silente restano distese e separate, nella fonazione possono contrarsi e
tendersi, avvicinandosi o accostandosi l’una all’altra. Cicli rapidissimi di chiusure e aperture delle corde
vocali costituiscono le cosiddette ‘vibrazioni’ delle corde vocali. Il flusso d’aria passa poi nella faringe e da
questa nella cavità boccale. Nella parte superiore della faringe, la parte posteriore del palato (o ‘velo’), da
cui pende l’ugola, può lasciare aperto oppure chiudere il passaggio che mette in comunicazione la faringe
con la cavità nasale. Nella cavità orale svolgono importanti funzioni organi mobili o fissi : 1) la LINGUA , in
cui si distinguono una ‘radice’, un ‘dorso’ e un ‘apice’; 2) il PALATO, in cui occorre separare il velo e gli

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alveoli ( = la parte immediatamente retrostante ai denti); 3) i DENTI; 4) le LABBRA, ed anche la cavità
nasale può partecipare al processo di fonazione quando velo e ugola sono in posizione di riposo.

Nei punti compresi tra glottide e labbra al flusso d’aria espiratorio può esserci un ostacolo al passaggio,
ottenendo così rumori che costituiscono i suoni del linguaggio. Il luogo in cui viene articolato un suono che
costituisce il primo parametro fondamentale per la classificazione e identificazione dei suoni del linguaggio;
un secondo parametro fondamentale è dato dal modo di articolazione (= restringimento che in un certo
punto del percorso può ostacolare o meno il passaggio dell’aria); il terzo parametro consta il modo di
articolazione a cui contribuisce la mobilità dei singoli organi. In base al modo di articolazione abbiamo una
grande distinzione tra i suoni prodotti senza alcuna opposizione al passaggio d’aria, i suoni vocalici, e i suoni
prodotti con una parziale o totale opposizione al passaggio d’aria , i suoni consonantici. I suoni che vengono
prodotti accompagnati dalla vibrazione delle corde vocali vengono denominati sonori, mentre quelli che
presentano un’assenza della vibrazione sono detti sordi. Generalmente le vocali sono sonore, mentre le
consonanti possono essere sia sorde che sonore.

Da ricordare :

 l’aria utilizzata per la fonazione è aria espiratoria o egressiva ( ma esistono anche suoni prodotti
mediante inspirazione = flusso d’aria ingressivo o senza meccanismo pneumonico/apneumonici =
avulsivi o clicks ) ;
 le articolazioni prodotte tramite il meccanismo di compressione polmonare sono dette
pneumoniche.
 Gli organi maggiormente coinvolti nella fonazione ( solitamente provvisti di maggiore mobilità)
sono detti articolatori ( laringe, trachea , glottide e le pliche vocali).

Le pliche vocali possono assumere diverse posizioni :

 essere completamente distanziate l’una dall’altra, lasciando quindi aperto il condotto laringeo;
 oppure entrare in tensione ed essere accostate l’una all’altra.
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In questo secondo caso le pliche vocali danno vita al meccanismo laringeo ( o vibrazione) , consistente
in una rapidissima sollevazione (e apertura) e una successiva chiusura provocati dalla pressione dell’aria
in uscita.

Frequenza fondamentale

 apertura e chiusura delle pliche vocali => onda sonora;


 numero cicli di chiusura e di apertura della rima vocale per secondo = frequenza fondamentale
(f0) . L’unità di misura della frequenza fondamentale è l’ Hertz o cicli per secondo.
 È percepita come altezza del suono -> le variazioni della f 0 corrispondono alle variazioni di
altezza ( donne e bambini = 200-250 Hz / uomini = 100/150 Hz).

Il segnale glottico coincide con l’onda periodica complessa.

Classificazione dei suoni del linguaggio

I parametri

I parametri per la classificazione su basi articolatorie dei suoni del linguaggio , in particolare delle
consonanti, sono tre :

1) modo di articolazione = dipende dal tipo di diaframma/ostacolo che l’aria egressiva incontra;
2) luogo di articolazione = è la zona o punto dell’apparato di fonazione in cui viene articolato un
suono/ dove s’incontra l’ostacolo;
3) presenza o assenza del meccanismo laringeo ( suoni sonori vs sordi).

Durante la fonazione gli organi , quindi, assumono atteggiamenti o posizioni differenti ( configurazioni
articolatorie) la cui realizzazione avviene in tre fasi : a) un’impostazione, in cui gli organi articolatori si
muovono per assumere la posizione particolare necessaria alla realizzazione del diaframma; b) una
tenuta, in cui il diaframma blocca il flusso dell’aria, e infine c) una soluzione (o rilascio) del diaframma
in cui l’aria fuoriesce rapidamente.

Vocali e consonanti

Le vocali e le consonanti si distinguono per il loro modo di articolazione :

 durante l’articolazione delle vocali l’aria egressiva fuoriesce liberamente , grazie all’assenza di
ostacoli sopralaringei , e di norma agisce sempre l’azione del meccanismo laringeo ( le vocali
sono sempre sonore);
 durante l’articolazione delle consonanti , l’aria egressiva incontra sempre qualche tipo di
ostacolo , mentre il meccanismo laringeo può essere attivo ( consonanti sonore) o meno
( consonanti sorde) . Talora designazione fonetica come vocoidi e contoidi.

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Le consonanti – Modo di articolazione

I modi di articolazione delle consonanti sono sette :

1) Occlusivo ( anche plosivo, esplosivo) => ostacolo = chiusura totale (p,b);


2) Fricativo ( anche continuo , costrittivo , spirante ) => ostacolo = restringimento (s,f,v);
3) Affricato => ostacolo = chiusura + restringimento ([ tʃ], [ ʣ ]);
4) Nasale => ostacolo nel cavo orale + aria che passa anche nelle cavita nasali = diaframma rino-velare
aperto (n,m);
5) Laterale => ostacolo = occlusione centrale , l’aria passa lateralmente (l);
6) Vibrante => ostacolo = occlusioni a intermittenza (da una a sei volte) , ad es. [r];
laterali + vibranti = liquide
7) Approssimante ( o semiconsonantico o semivocalico) => al confine tra articolazione vocalica e
consonantica ( denominazioni tradizionali) , l’ostacolo consiste in un restringimento minore rispetto
a quello che si verifica nelle fricative,( [j] di ieri) .

Altro tipo di terminologia


 Ostruenti = occlusive+ fricative+ affricate ;
 Sonoranti = nasali + vibranti + laterali + approssimanti.

Esistono ancora altri modi e luoghi di articolazione, fra cui potremmo qui fare un cenno alle consonanti
cosiddette 'retroflesse' (dette anche' cacuminali' o ' invertite ' ), che vengono articolate flettendo
all’indietro la punta della lingua, o apice, verso la parte anteriore del palato, com'è per esempio nella
pronuncia siciliana di dd in beddu "bello" e di tr in tre.

Altri parametri -> energia articolatoria ( forti e leni) , presenza di aspirazione ( consonanti aspirate) ecc…

Trascrizione o traslitterazione

 Esistenza di differenti sistemi di scrittura che rendono in modo differente i suoni della lingua ;
 Tali sistemi, tradizionali, sono di vario tipo => ideografico, sillabico, alfabetico.
 Negli stessi sistemi alfabetici non c’è una corrispondenza biunivoca tra unità del piano grafico
(‘grafemi’) e piano fonetico (‘foni’) . C’è l’assenza della corrispondenza biunivoca tra il piano grafico
e quello fonetico anche nell’ortografia italiana, nonostante ciò è abbastanza ‘fonografica’ .
 Es. ita. [k] = <c> - <ch> (casa,china) rispetto a [kasa]- [kina] ;
 In ita. la <c> corrisponde a volte a [k], altre volte a [tʃ] = città [tʃit’ta] ;
 Ita. <ha> = [a] -> in inglese /ʃ/ in shy , mission , friction , ocean ecc.
/i:/ in meet , meat , niece , key, quay .
 Ma quello che conta per il linguista è il piano del suono, non quello della grafia.
 Emerge la necessità di trovare un sistema di rappresentazione uniforme , internazionale e non
ambiguo della realtà fonetica ( con corrispondenza biunivoca) .

Nell’ambito dell’International Phonetic Association (IPA o API) è stato messo appunto nel 1888 da
due fonetisti Paul Passy e Daniel Jones l’IPA ( International Phonetic Alphabet) , con il preciso scopo
di trascrivere (-> trascrizione) foneticamente porzioni del parlato di una qualsiasi lingua,
indipendentemente dalla scrittura e dall’ortografia eventualmente usata nelle diverse tradizioni

12
linguistiche. A questo fine propone un inventario di elementi grafici e segni diacritici con
un’interpretazione il più possibile univoca da un punto di vista articolatorio.

Trascrizione fonetica e fonematica

Occorre distinguere due tipi di trascrizione :

1) Trascrizione fonetica -> per rappresentare foni tra parentesi quadre […];
2) Trascrizione fonematica, fonologica -> per rappresentare fonemi tra barre oblique /…/ .

Trascrizione fonetica e fonematica rappresentano realtà diverse e sono utilizzate per scopi differenti, anche
se per entrambe si usa l’IPA.

 La trascrizione fonetica consiste in una rappresentazione scritta precisa ( in gradi differenti) delle
caratteristiche fonetiche di una determinata espressione linguistica orale ( cioè, c’è attenzione per
ciò che è effettivamente pronunciato ).
 La trascrizione fonematica , invece, indica esclusivamente i fonemi e, quindi, i tratti distintivi ;
attenzione per gli elementi del significante provvisti di funzione ( esclusione degli elementi che non
hanno tale funzione ) . Es. dizionario monolingue <pane> -> /’pane/ - [pa:ne] ; <fungo> -> /’ fungo/
- [‘ fuɳgo].

L’IPA si articola in un nucleo centrale di grafemi , arricchito nel tempo e basato prevalentemente
sull’alfabeto latino, cui si aggiunge un’ampia gamma di segni diacritici.

L’IPA chart si basa sul principio degli assi cartesiani con in ascissa i luoghi di articolazione e in
ordinata i modi di articolazione delle consonanti .

13
Anche il trapezio vocalico è descritto su assi cartesiani.

Trapezio vocalico come rappresentato dall’IPA

 La trascrizione non deve essere confusa con una diversa operazione, chiamata translitterazione!
Con il termine translitterazione si intende la resa in un sistema grafico prescelto di un’espressione
linguistica originariamente scritta in un altro sistema grafico tradizionale per esempio la scrittura
mediante l’alfabeto latino di parole arabe, o in alfabeto cirillico di parole cinesi.
 La translitterazione si basa su convenzioni che tengono conto non tanto del valore fonetico dei
singoli elementi grafici , ma piuttosto si fondano su una corrispondenza il più possibile rigida che
associ una determinata unità grafica di un sistema , con una o più unità di un diverso sistema.
 Es. di translitterazione da alfabeto greco a latino : λ = l , σ = s .

14
Classifichiamo le consonanti per ciascun luogo di articolazione, procedendo dall’esterno verso l’interno del
nostro apparato di fonazione. Il luogo di articolazione è il punto dell’apparato di fonazione in cui è
articolata una consonante , dove, cioè si crea l’ostacolo ( diaframma articolatorio ) .

Le consonanti dunque possono essere :

 Apico-dentali
 Apico-alveolari
 Dorso-palatali
 Radico-velari ecc…

Classificazione articolatoria dei foni

1) Occlusive
Bilabiali : il diaframma (= chiusura perché sono occlusive) è realizzato mediante l’accostamento
delle due labbra.
 [p] = occlusiva bilabiale sorda : it. papà [pa’pa] , ingl. spy [spai ] , fr. pis [pi].
 [b] = occlusiva bilabiale sonora : it. babbo [‘babbo], ingl. buy [bai], fr. bal [bal].

Alveolari : il diaframma è realizzato dall’incontro dell’apice della lingua con gli alveoli dentali. Le
articolazioni alveolari hanno una tipologia di realizzazione piuttosto varia nelle diverse lingue => in
alcune (per esempio in italiano) sono realizzate più in basso , con un coinvolgimento dei denti e
della lamina della lingua ; in altre (come l’inglese) sono più alte e più chiaramente apicali .

Manterremo distinto il luogo di articolazione alveolare da quello dentale con riferimento alla chiara
differenza che si presenta nelle fricative . Consideriamo , invece, convenzionalmente alveolari o
dentali tutte occlusive e le affricate realizzate dalla regione anteriore della lingua e prive di
retroflessione.

Alveolari/ dentali :

[t] = occlusiva alveolare sorda => it. tempo [‘tɛmpo]; ingl. stay [stei] , fr. thé [te];

[d] = occlusiva alveolare sonora => it. dado [ ‘da:do], ingl. day [dei] , fr. dix [dis].

Retroflesse (cacuminali o invertite)

L’apice della lingua è spinto indietro , in modo che la superficie inferiore della parte anteriore della
lingua aderisca alla regione post-alveolare.

[ɖ] = occlusiva retroflessa sonora : sardo (Nuoro) => caddu [‘kaɖɖu]

[ʈ] =occlusiva retroflessa sorda : sic. madre [ma: ʈre].

Palatali : il diaframma è realizzato dall’incontro del dorso della lingua con il palato duro .

[c] = occlusiva palatale sorda => it. (variante combinatoria ) chiesa [‘cʝɛ:za]

[ɟ] = occlusiva palatale sonora => it. (variante combinatoria) ghianda [‘ɟianda].

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Velari : il diaframma è realizzato dall’incontro del dorso della lingua con il velo palatino.

[k] = occlusiva velare sorda : it. carro [‘kar:o] , curo [‘ku:ro] , china [‘ki:na]; ingl. sky [skai].

[g] = occlusiva velare sonora : it. gamba [‘gamba], guscio [‘guʃʃo] , ghermire [ger’mi:re]; ingl. guy
[gai].

Uvulari : occlusione prodotta con la lingua e l’ugola [q,G]

[q] = occlusiva uvulare sorda .

Glottidali : il diaframma è realizzato dalle due pliche vocali . La glottide è quindi impegnata nella
realizzazione dell’occlusione e non può entrare in vibrazione.

 [ʔ] = occlusiva glottidale (sorda) o ‘colpo di glottide’: in ted. Auge [‘ʔɑʊgə] . In tedesco tutte
le parole inizianti nell’ortografia con vocale , hanno in realtà in posizione iniziale
un’occlusiva glottidale. In italiano tale consonante può trovarsi solo facoltativamente
davanti a parola cominciante per vocale => parola sillabata in italiano, le sillabe sono
staccate dall’occlusiva glottidale.

2) Consonanti fricative :

Nelle consonanti fricative il diaframma, consistente in un restringimento, ostacola l’uscita


dell’aria creando una forte differenza di pressione all’interno del tratto vocale . Per effetto
dell’ostacolo l’aria fuoriesce creando attrito nel suo incontro con gli organi articolatori e
provocando un rumore di frizione.

 Bilabiali : [φ]= fricativa bilabiale sorda => it. fiorentino capo [‘kaφo]; [β] = fricativa bilabiale
sonora : sp. Haber [a’βer].

Labiodentali : il diaframma è realizzato dall’incontro del labbro inferiore con gli incisivi superiori.

 [f] = fricativa labiodentale sorda : it. fifa [‘fi:fa]; ingl. few [fju:]; fil [fil].
 [v] = fricativa labiodentale sonora : it. viva [‘vi:va]; ingl. view [vju:]; fr. ville [vil].

ESERCIZIO 1
Occlusiva bilabiale sorda = p
[a]
Occlusiva velare sonora = g
[a]
Occlusiva alveolare sorda = t
[o] [pa’ga:to] =pagato

ESERCIZIO 2

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Occlusiva velare sorda = k
[ɔ]
Occlusiva bilabiale sorda intensa (doppia) = p:
[a] [k ɔp:a]=coppa

ESERCIZIO 3

Occlusiva bilabiale sonora = b

[a]

Occlusiva velare sorda intensa = k:

[e] [bak:e] = bacche

ESERCIZIO 4 – Scrivi in IPA le seguenti parole

Potare = [potɑ: ʀe] Durare = [ duʀɑ:ʀe]

Conto = [‘konto] Tondo = [tondo]

Lezione 16.03.20

Le consonanti fricative : sono quelle in cui l’ostacolo consiste in un “restringimento”, ma l’aria fuoriesce e
lo fa creando attrito nell’incontro con gli organi articolatori.

Nelle alveolari il diaframma si realizza al livello degli alveoli, con una parte terminale della lingua .

Occlusive = alveolari dentali.

Nelle FRICATIVE viene coinvolta la parte che va dagli alveoli alla facciata interna degli incisivi; per quel che
riguarda la lingua vengono coinvolte l’apice (= punta della lingua) oppure la lamina ( quella che circonda
l’apice). CORONA = apice + lamina.

 Fricative dentali : il diaframma è prodotto dall’incontro tra la lamina e la parte alta degli incisivi
superiori, e la lingua è spinta in posizione interdentale.

[ɵ] = fricativa dentale sorda ( la si trova in ‘think’ per esempio);

[ð] = fricativa dentale sonora ( la si trova in ‘the’ per esempio) => meccanismo glottidale attivo = vibrazione
pliche vocali.

 Fricative alveolari sono [s] e [z] : la prima è sorda, mentre la seconda è sonora.

Bisogna fare attenzione a non confondere [z] con la z ( ricordare ‘rosa’); nella lingua italiana fricativa +
consonante, la fricativa sarà realizzata sorda o sonora a seconda del fatto che la consonante che segue sia
sorda o sonora.
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 Fricative post- alveolari (palato-alveolari) : il diaframma è realizzato dall’apice che opera il
restringimento in una zona di confine ( tra gli alveoli e una zona del palato molto avanzata).
Le fricative palato - alveolari sono : [ʃ ] e [ʒ] => la prima è sorda, mentre la seconda è sonora .
 Palatali => a seconda della parte del palato coinvolta, verrà coinvolta una determinata parte della
lingua, creando un suono diverso. Le palatale usata in tedesco è [ç] ( per es. in ‘ich’).
 Fricative velari viene coinvolto nella realizzazione di questi foni il velo palatino , ovvero la
parte terminante del palato (dorso della lingua > velo palatino) . Le fricative velari sono : [x]
e [ʏ] => la prima è sorda, mentre la seconda è sonora.
 Uvulari => coinvolgono l’ugola che è la parte finale del palato ( dorso della lingua > ugola).
Le uvulari sono [ʁ] e [χ] (sorda > sonora).
 Faringali => il restringimento si crea tra la radice della lingua e la parete posteriore della faringe .
( radice della lingua > parete posteriore faringe). Le faringali si trovano nelle lingue semitiche.
 Glottidali => le due pliche vocali sono molto vicine l’una all’altra. Un esempio di glottidale sorda è
la [h].

3. Consonanti affricate : sono un ibrido che deriva da un’articolazione mista, ma fusa di


un’occlusiva seguita da una fricativa; prima c’è una fase di occlusione totale, per poi passare al
restringimento. Alcuni manuali considerano le affricate come un sottotipo delle occlusive.
Nell’IPA le affricate vengono indicate con due simboli IPA associati (occlusiva seguita da una
fricativa );in polacco l’affricata presenta un archetto per differenziarla da un’occlusiva seguita da
una fricativa .
Affricate lunghe => due possibilità grafiche : 1) si raddoppia il simbolo dell’occlusiva ; 2) si usa il
diacritico della lunghezza ( : ) che viene messo dopo l’occlusiva.
Luoghi di articolazione delle affricate
 Labiodentali : [pf] = labiodentale sorda
 Alveolari : [ts] = alveolare sorda (es. forza, pezzo) ; [dz] = alveolare sonora (es. mezzo, zero).
 Retroflesse : l’apice della lingua si volta all’indietro; si tratta di foni utilizzati nell’italiano
regionale, nei dialetti.
 Post alveolari : sono [ʧ ] e [ʤ] (sorda >sonora / ciao>gioco).

4. Consonanti nasali
Le nasali sono caratterizzate dal fatto che mentre vengono prodotte l’aria passa per la bocca ed
esce dalle fosse nasali e si differenziano dalle occlusive. Le nasali sono tutte SONORE .
Il velo palatino si abbassa e si alza : quando si solleva si accosta alla parete posteriore della
rino -faringe, chiudendo l’accesso alle fosse nasali ( suoni non nasalizzati ) ; quando il velo
palatino sta giù, l’aria fuoriesce dalla cavità orale e dal naso.
 Una nasale è la [m] che è bilabiale ( le labbra sono chiuse);
 [ɱ] è una labio - dentale ( l’ostacolo si crea tra il labbro inferiore e gli incisivi
superiori) /es: ita. ‘invece’ , ‘confetto’ => lo troviamo ogni volta in cui una nasale è
seguita da una fricativa labiodentale./ ;
 [n] è una nasale dentale (apice della lingua > alveoli o faccia interna incisivi superiori);
 [ɲ] è una nasale palatale ( dorso della lingua > palato duro) , è il suono <gn> . In ita. ci
sono 5 consonanti che in posizione intervocalica, o fra vocali e approssimante palatale
sono sempre intense.
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 [ɳ] è una nasale velare ( velo palatino > parte posteriore della lingua) , lo troviamo
quando una nasale è seguita da un’occlusiva velare (k,g). E’ il suono <ng>.

5. Consonanti laterali => il diaframma è costituito dalla lingua che blocca la fuoriuscita dell’aria nella parte
centrale, mentre l’aria fuoriesce dai lati . Le laterali sono tutte SONORE, e sono [l] e [ʎ] : la prima è sorda, la
seconda è sonora ( apice della lingua > alveoli / apice della lingua > palato duro). Quando la [ʎ] si trova in
posizione intervocalica viene realizzata sempre intensa.
Una variante della laterale alveolare è la laterale alveolare velarizzata [ɫ] => l’apice della lingua va a
contatto con gli alveoli, e la parte superiore della lingua va a contatto con il velo palatino.

6. Consonanti vibranti
Vengono realizzate mediante un’ occlusione a intermittenza (lingua>alveoli) ; in alcune lingue esistono le
monovibranti = unico ciclo di apertura > chiusura . Una consonante vibrante è la [r] = vibrante alveolare
dentale ; [ɾ] = monovibrante alveolare e la [ʀ] = vibrante uvulare .

NB : Le consonanti laterali e vibranti vengono anche denominate liquide .

7. Consonanti approssimanti o semivocali


Queste consonanti condividono qualcosa delle vocali e delle consonanti e non possono mai fungere da
apice sillabico; non c’è un vero e proprio diaframma ed occupano una posizione intermedie tra le fricative e
le vocali. Foneticamente sono simili alle vocali.
Le approssimanti, a seconda della posizione che hanno rispetto alla vocale vengono definite
semiconsonanti ( prima delle vocali) o semivocali ( dopo le vocali). Le approssimanti sono quelle che noi
comunemente chiamiamo ‘dittonghi’.
Tra le approssimanti abbiamo : [ʋ] = approssimante labiodentale, è la ‘R moscia’ dell’italiano ( labbro
inferiore > incisivi superiori); [ʝ] = approssimante palatale ( es: ieri, fiamma ); [ɹ] = approssimante alveolare
( apice della lingua > alveolare), in ingl. <run>; [w] = approssimante labiovelare ( arrotondamento delle
labbra -> parte posteriore della lingua si avvicina il velo palatino) es: uovo, fuori; [ɥ] approssimante
labiopalatale ( -> arrotondamento labbra = dorso della lingua > palato) es: colloquio.
Nell’IPA chart la labiovelare e la labiopalatale le ritroviamo fra le co-articolate .

Le vocali

Le vocali sono suoni prodotti senza che si frapponga alcun ostacolo al flusso dell’aria nel
canale orale. Le diverse vocali non sono quindi caratterizzate dal modo di articolazione né dagli
organi che partecipano allo loro realizzazione, ma dalle diverse conformazioni che assume la cavità
orale a seconda delle posizioni che assumono gli organi mobili, in particolare la lingua.
Per classificare i suoni vocalici occorre far riferimento alla posizione della lingua.
I bambini acquisiscono l’intero sistema vocalico prima di quello consonantico ( entro i 2 anni e mezzo).
Il primo periodo in cui i bambini pronunciano suoni limitati viene denominato con il termine ‘lallazione’ ,
fase durante la quale i bambini pronunciano una vocale aperta come la [a] , poi acquisiscono altre vocali
come la [i] e la [u].
La maggior parte dei sistemi vocalici delle lingue del Mondo hanno 5 vocali, ma ce ne sono anche altri di 6
vocali, e di 7. L’inglese è un’eccezione e presenta 12 monottonghi .

Il trapezio articolatorio (primario)


I simboli delle vocali sono collocati nella posizione che occupa la lingua quando li articola, le vocali
posteriori vengono articolate con un arrotondamento delle labbra , mentre le anteriori sono prodotte senza
arrotondamento delle labbra.

19
Le vocali sono classificate in base a 4 parametri, questi parametri servono ad indicare la conformazione
della cavità orale ; i primi due parametri riguardano la posizione della lingua che viene descritta su due assi,
quello anteroposteriore e quello verticale. L’asse anteroposteriore considera quale parte della lingua si
articola maggiormente nella produzione di una vocale (anteriore/centrale/posteriore). Quando la lingua si
sposta, cambia la conformazione della cavità orale .

1) Anteriorità – posteriorità
2) Grado di altezza : la lingua si può alzare o restare abbassata => lingua alzata = vocali alte (o chiuse),
lingua un po’ più bassa = vocali medio – alte (o semichiuse), ancora più bassa = vocali medio basse
( o semiaperte) e poi ancora più basse vocali basse ( aperte).
Ci sono anche le semialte ( medioalte – alte) e le semibasse ( mediobasse – basse).
([i],[u] = alte )

3) Arrotondamento : quando si articolano le vocali, le labbra hanno posizioni diverse, e possono essere
arrotondate protuse (= sporgenti) => la labializzazione prolunga il canale che passa attraverso la cavità
orale. Le vocali possono essere aprocheile o non labializzate ( labbia appiattite, con gli angoli rivolti verso
l’esterno= platichelia) . Riassumendo : le vocali con labbra arrotondate ( labializzate) , mentre quelle con
labbra non arrotondate sono dette non labializzate.

4) Nasalizzazione : il velo del palato durante la produzione delle vocali può trovarsi in posizione alzata o
abbassata . Nel primo caso, l’aria fuoriesce solo dalla cavità orale (vocali orali); mentre nel secondo caso il
velo del palato si abbassa, e l’aria fuoriesce dalla cavità orale e dalle fosse nasali ( VOCALI NASALI).

ESERCIZI

1) CONSONANTE OCCLUSIVA VELARE SONORA


2) CONSONANTE VIBRANTE ALVEOLARE
3) [a]
4) CONSONANTE AFFRICATA ALVEOLARE SORDA (intensa)
5) CONSONANTE APPROSSIMANTE PALATALE
6) [o]
7) CONSONANTE FRICATIVA ALVEOLARE SORDA
8) [i] [gra’t:ʃʝo:si] = graziosi

 In italiano le vocali in una sillaba tonica aperta (termina con vocale) sono lunghe.

Es. 2

1) CONSONANTE AFFRICATA PREPALATALE SORDA


2) [i]
3) CONSONANTE NASALE VELARE
4) CONSONANTE OCCLUSIVA VELARE SONORA (PALATALE)
5) CONSONANTE APPROSSIMANTE PALATALE
6) [a]
7) CONSONANTE LATERALE ALVEOLARE
8) [e] tʃiɳ’gʝa:le= cinghiale

20
Lezione 17.03.20

Il trapezio articolatorio delle vocali primario

Il secondo trapezio unisce la vocale che viene prodotta con arrotondamento della lingua ( a dx ) e quella che
viene prodotta senza arrotondamento della lingua.

Il trapezio articolatorio è stato realizzato da un fonetista inglese Daniel Jones: la lingua è un organo molle e
per cercare di capire la sua posizione , Jones ha fatto mettere una specie di catenella di metallo e poi ha
fatto pronunciare. Prima si sono considerate le vocali massimamente differenziate (a, i, u => quelle che i
bambini imparano inizialmente).

Vocali anteriori

[i] = vocale anteriore alta non arrotondata, lingua spostata più in avanti e più in alto ;

[ɪ] = vocale anteriore tra alta e medio – alta : è una i molto breve che troviamo soprattutto nell’inglese ;

[e]= vocale anteriore medio - alta , es: pece , pesca (atto del pescare);

[ɛ] = vocale anteriore medio – bassa , es: cella, pesca (frutto);


21
[ɑe] = vocale anteriore bassa non arrotondata , fono intermedio tra la a e la e , es: bad [bɑed].

Le vocali anteriori sono tutte non arrotondate , non labializzate.

Vocali centrali

[a] = vocale centrale bassa non arrotondata ;

[ə] = vocale centrale medio – alta non arrotondata (è detto schwa) , es : nel francese <je> = [ʒə].

Vocali posteriori

[u] = vocale posteriore alta arrotondata , es: cupo.

[ʊ] = vocale posteriore tra alta e medio – alta arrotondata , es: inglese <full > = [fʊl]

[o] = vocale posteriore medio – alta arrotondata , es: bocca, botte.

[ɔ] = vocale posteriore medio – bassa arrotondata , es: colla, botte (percosse) .

[ɑ] = vocale posteriore bassa non arrotondata => è l’unica delle vocali posteriori a essere prodotta in una
posizione in cui la lingua non è arrotondata; es: in inglese <car> = [ kɑ:] .

Trapezio vocalico secondario : ha su asse verticale la stessa posizione della lingua , mentre la posizione
delle labbra è invertita.

[y] = vocale anteriore alta arrotondata , es: francese <mur> = [myʀ] ;

[ø] = vocale anteriore medio – alta arrotondata , es : <peu> = [pø];

[ɶ] = vocale anteriore medio – bassa arrotondata , es : <peur> = [pɶ: r ] .

[ʌ] = posteriore medio – bassa arrotondata , es: inglese <but> = [bʌt];

[ɒ] = posteriore bassa arrotondata , es : inglese <dog> = [dɒg].

Dittonghi = due vocali che si trovano all’interno della stessa sillaba ; il dittongo è la combinazione di una
semi – vocale o approssimante e una vocale . A seconda della posizione dell’approssimante rispetto alla
vocale si hanno due tipi di dittonghi : discendente e ascendente .

1. Discendente : vocale + semi – vocale ( approssimante in posizione post- vocalica )


-> l’approssimante non è portatrice di accento , la vocale è quella che contiene l’accento. Quando
l’approssimante ha la funzione di un semi – vocale si indica con i grafemi .
2. Ascendente : semiconsonante + vocale ( approssimante in posizione pre – vocalica ) .

Trittongo = combinazione di due semivocali + vocale , es : aiuola = [a’jwɔ:la].

Sono esclusi dalla definizione di dittonghi gli iati = quando le vocali stanno in due sillabe diverse.

2.2 FONOLOGIA
Foni, fonemi e allofoni

22
 FONO : qualunque suono realizzato e percepito, indipendentemente dal fatto che svolga
una funzione in un determinato sistema linguistico. E’ un termine ha un duplice significato :
 può fare riferimento a un suono specifico articolato da un parlante in una data
situazione ;
 può fare riferimento alla classe di suoni concreti che condividono le stesse
caratteristiche articolatorie particolari .
Nelle lingue i sistemi delle unità funzionali sono differenti, e quando i foni diventano unità
funzionale prendono il nome di fonemi = pertinentizzazione .
 Pertinentizzare = rendere significativi i fonemi , attribuendo loro una funzione distintiva
nell’ambito del sistema linguistico.
Fonema = unità linguistica ( sul piano del significato ) minima ( non ulteriormente
scomponibile ) dotata di una funzione distintiva .
Parola che terminano in –ema hanno a che fare con le unità del sistema , della langue .
La branca che si occupa di studiare i fonemi è la FONOLOGIA o FONEMATICA = descrive
l’organizzazione e il funzionamento dei suoni nel sistema linguistico .
Esempio: mare [‘ma:re] posso pronunciarla in modi diversi, ma nonostante cambi la pronuncia
non cambia il significato > non sono fonemi ; mentre sostituendo alla m altre lettere, il
significato cambia > quelli che vengono individuati sono fonemi. *

La parola mare presenta 4 fonemi : /m/,/a/, /r/,/e/ > /’mare/

N.B. In trascrizione fonologica si usano le linee oblique; mentre per quella fonetica le parentesi quadre.

La trascrizione fonetica può essere larga o stretta , a seconda delle particolarità che voglio indicare con
questa trascrizione ( posso essere più o meno dettagliato) ; la trascrizione fonematica è detta larga , ossia
trattiene solo le caratteristiche pertinenti, quelle che contribuiscono a distinguere un fonema da un altro.

Si può utilizzare anche una trascrizione fonetica larga, più essenziale, indicando solo le principali varianti.

*Il procedimento di sostituzione di un fono ad un altro nella stessa posizione si chiama prova di
commutazione.

Una coppia di parole che differisce solo per un fonema nella stessa posizione, e quindi le due parole hanno
un significato diverso, si dice coppia minima. Es: [‘pale] / [‘sale] – [‘pale]/ [‘pile]. Una coppia minima
identifica sempre due fonemi => trovata una coppia minima bisogna trovarne altre per conferma, per
capire se si tratta di un’opposizione sistematica ( /p/> /s/ ) .

N.B. : Nella prova di commutazione le consonanti si oppongono alle consonanti; mentre le vocali si
oppongono alle vocali; non possono essere mischiate vocali con consonanti.

Qual è il rapporto tra un fonema e un fono? Il fonema è ciò che noi progettiamo di pronunciare al fine di
esprimere un concetto (=unità astratta) ; mentre il fono è ciò che realmente pronunciamo (= unità
concreta).

Nessuno di noi pronuncia le parole allo stesso modo, in quanto il fono è influenzato da ciò che lo circonda ;
nonostante ci siano differenze lievi noi non le percepiamo perché non sono funzionali a comunicare un
significato. In alcuni casi le differenze possono essere consistenti : quando ci sono fonemi che subiscono
delle variazioni, si parla di ALLOFONI o varianti di un fonema (= altre realizzazioni fonetiche di un fonema).

23
Es. 1 [‘mare] / [‘mɑere] la parola si capisce lo stesso, e dato che la diversa pronuncia fa riferimento a un
individuo si parla di variante libera o ‘individuale’.

Es. 2 : ci può essere una variazione determinata dal contesto fonotattico (> allofonia o variazione
condizionata), in questo caso gli allofoni vengono chiamate varianti combinatorie. [ => variazioni che
appaiono solo in combinazione con determinati suoni = nasale velare- labiodentale] . In genere le varianti
combinatorie si trovano in distribuzione complementare . mano [‘ma:no] > anche [‘aɳke]. Le varianti
combinatorie non si verificano in stesse posizioni fonotattiche.

Fonema /n/ -> allofoni [ɱ] [n] [ɳ] => di solito il fonema ha gli stessi tratti della variante più frequente non
condizionata ( di norma è quella in posizione pre-vocalica).

Nella lingua inglese la [ɳ] diventa un fonema; interessante è la coppia minima <sin> - <sing> = [‘siɳ] – [‘siɳ].

Fonemi e tratti distintivi

I fonemi sono descritti e analizzate in base alle caratteristiche articolatorie => è costituito da una serie di
proprietà articolatorie che vengono realizzate in simultaneità . Ad esempio , la sonorità è un tratto
distintivo della lingua italiana. Da diverse combinazioni dei tratti si generano fonemi diversi; due fonemi
diversi sono differenziati almeno un tratto binario (= a due valori) pertinente ( ad esempio la sonorità).

Sulla base di questo ragionamento è stata formulata la teoria dei tratti distintivi per cui tutti i fonemi sono
definiti da un inventario di tratti binari ( o è assente o è presente).

I fonemi dell’italiano

I sistemi fonologici variano da lingua a lingua e variano anche i tratti distintivi , dunque le lingue possiedono
gruppi di unità funzionali. Può accadere che non vi sia accordo nel definire l’inventario fonematico di una
lingua . Anche in italiano questo accade : si dice che in italiano esistano 30 o 28 fonemi ( 28 perché le
approssimanti non vengono considerati come fonemi assestanti) ; si può arrivare a 45 se si considerano le
consonanti lunghe come fonemi diversi dalle consonanti semplici.

Problemi dell’inventario dell’italiano

Per trascrivere foneticamente occorre basarsi sul modo in cui una parola è pronunciata = fonia, e non su
come è scritta = grafia. La grafia può spesso essere fuorviante, anche in italiano.

N.B. Il trigramma gli si rende con /ʎ/ la consonante laterale palatale in italiano standard quando è in
posizione intervocalica, cioè preceduta e seguita da vocale (qui, /i/ e /o/).

1. Statuto delle consonanti lunghe : pala- palla = [‘pa:la] – [‘pal:a] , il fatto di realizzare la consonante
lunga serve a distinguere una parola dall’altra , contribuisce a determinare significante e significato.
Come dobbiamo considerare la consonante laterale ? Nella parola <palla> , la /l:/ può essere
considerata come un solo fonema, se la parola è formata da 4 fonemi; se è formata da 5 fonemi ,
allora la laterale viene ripetuta due volte, dando luogo a 2 fonemi. Se la consonante lunga
costituisce un fonema a sé rispetto alla consonante scempia, allora bisogna aumentare di 15 fonemi
l’inventario fonologico italiano.

N.B. Sono esclusi dal computo :

24
 I cinque foni consonantici che nell’italiano standard, in posizione intervocalica o tra vocale
e [ʝ] sono sempre realizzate lunghe ( [ts],[dz],[ʃ],[ʎ] e [ɲ]);
 La [z] non è mai realizzata lunga , ma è sempre realizzata scempia.

[‘palla] [pal:a] corrispondono a due diverse interpretazioni fonologiche !

2. Esistenza di variazioni nella pronuncia regionali : le variazioni che ci sono annullano alcune
opposizione fonematiche ( in particolare fricative alveolari, affricate alveolari , differenza tra vocali
e approssimanti => elementi che ricorrono in numero ridotto nelle coppie minime = coppie a basso
rendimento funzionale . In alcune varietà di italiano regionale le opposizioni scompaiono e un
suono prevale sull’altro, per esempio nell’italiano settentrionale , la fricativa alveolare è sempre
realizzata come SONORA in posizione intervocalica .
3. Differenza di apertura in posizione tonica di vocali medio-alte e medio-basse ,rispettata in toscano
e romano ; mentre a Nord e a Sud si tende a neutralizzare la differenza tra medio-alte e
medio-basse per poi sovra estendere una delle due .
4. La nasale alveolare in posizione finale di sillaba : nella variante settentrionale tende ad essere
velarizzata ; ad esempio <non> = [non] (italiano std) , <non> = [noɳ] ( italiano sett.)
5. Raddoppiamento fonosintattico : allungamento della consonante iniziale di una parola quando
viene preceduta da una parola che fa scaturire questo fenomeno -> 1) parole con accento
sull’ultima sillaba; 2) univerbizzazione tra le parole ( fenomeno è molto variabile regionalmente).

Sillabe e fatti fonotattici (= si verificano quando una serie di elementi vengono disposti insieme)

Le sillabe ( deriva dal greco ‘syllabé > syllambano = prendere insieme) sono una minima combinazione
di fonemi che funzionano come unità pronunciabili. Nell’italiano e nella maggior parte delle lingue le
sillabe sono costruite intorno alle vocali e le consonanti devono appoggiarsi alle vocali . Il centro della
sillaba = nucleo, apice , perno , testa . In una parola ci sono elementi con maggiore e minore sonorità (
esistono consonanti sorde o sonore ) => perché ci sia una sillaba deve esserci una vocale, e una vocale
da sola può costituire una sillaba. In alcune lingue, come l’inglese, vibranti, laterali e nasali possono
fungere da apice di sillaba ( come ad esempio ‘little’ = ci sono due sillabe e l’accento viene indicato).

Le sillabe sono costituite dalla combinazione di vocali e consonanti . Nelle lingue queste combinazioni di
vocali e consonanti non sono libere, ma vigono su di esse delle restrizioni fonotattiche = restrizioni nella
distribuzione dei foni, suoni.

STRUTTURE SILLABICHE CANONICHE in italiano :

 CV (C= consonante e V= vocale) es: pa – ne ;


 Frequenti anche -> V (a – mo- re ), VC ( on –ta ) , CVV (sca –la ), CVC ( pan – ca ) e
CCCV ( scri – vo ).

Dove finisce una sillaba e dove inizia un’altra?

Ci sono vari criteri sia a livello fonetico che fonologico : per l’italiano facciamo riferimento al criterio
pratico = confronto tra nesso consonantico e possibilità che esso compaia a inizio di parola.

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Per esempio < lepre> = > devo verificare se il nesso consonantico –pr lo trovo in italiano anche ad inizio
parola ( in questo caso sì : premio, prurito) queste due consonanti apparterranno alla stessa sillaba ;

nel caso in cui il nesso consonantico non appare ad inizio parola , allora quelle due consonanti vanno
separate: una chiuderà la prima sillaba e l’altra aprirà la sillaba seguente (es. <canto> = il nesso –nt
deve essere staccato ; avrò can-to ).

Dittongo = semivocale ( approssimante) + vocale ( costituisce l’ APICE SILLABICO). / Trittongo = 2


semivocali + vocale .

Ci sono delle eccezioni basate sul piano fonetico !

1. Chiosco = chio - sco (CCVV - CCV) => fricativa alveolare + consonante : due elementi non vanno
insieme !
2. Voglio = vo – glio (CV – CCVV) => consonanti in posizione intervocalica o tra vocale e
approssimante palatale (- gl ) sono realizzate sempre lunghe.
3. Piscina = pi-sci-na (CV-CCV- CV ) => (-sc) = suono che in posizione intervocalica viene realizzato
intenso.
4. Contegno = con – te- gno ( CVC-CV-CCV)
5. Ozio = o-zi-o (V-CV-V).

Terminologia specifica

1) ATTACCO/INIZIO = parte della sillaba che eventualmente precede la vocale ;


2) NUCLEO = parte essenziale della sillaba che è spesso una vocale;
3) CODA = la consonante che segue la vocale , il nucleo.

Nucleo + coda = rima .

 Sillabe chiuse ( o implicate) = sono quelle che terminano con una consonante ;
 Sillabe aperte ( o libere ) = sono quelle che terminano con una vocale, non hanno coda .

In italiano se una sillaba aperta ed è tonica sistematicamente le vocali sono realizzate lunghe ( vale per
tutte le parole tranne le ossitone = parole con accento sull’ultima sillaba ) ; in trascrizione fonetica c’è il
diacritico della lunghezza , ma non in fonematica perché non è un tratto distintivo.

Fatti prosodici ( o soprasegmentali) = serie di fenomeni fonetici e fonologici rilevanti che riguardano
non i singoli segmenti, bensì la catena parlata nella sua successione lineare,
i rapporti tra foni che si susseguono, ed hanno dunque la sillaba e la successione di sillabe come
contesto basilare di azione.

Prosodia = parte della fonetica che riguarda l’accento, il tono.

Soprasegmentali = fenomeni che riguardano più parti della frase , anche un intero enunciato.

Una sequenza fonetica è una concatenazione di elementi discreti (= ben identificati ) e ciascuno di
questi elementi sono caratterizzati da una serie di coefficienti articolatori. Questa descrizione è
segmentale e può essere considerata approssimata a fini pratici => i foni stando vicini si influenzano:

26
mentre pronunciamo un fono , già ci prepariamo a pronunciarne quello successivo . Questo fenomeno
per cui i foni adiacenti assumono tratti articolatori simili, si avvicinano per assimilazione parziale prende
il nome di coarticolazione.

L’insieme di fenomeni per cui la sillaba è un punto di riferimento prende il nome di caratteristiche
prosodiche , mentre negli Stati Uniti prende il nome di soprasegmentale.

Quali sono questi fenomeni? L’accento, il tono , l’intonazione , lunghezza o durata relativa.

 Ipoarticolazione : un’articolazione “al di sotto” , è un tipo di eloquio che riduce gli elementi che
compongono una parola => si parla velocemente.
1) Accento = è la particolare forza o intensità di pronuncia di una sillaba ( e conseguentemente della
vocale che è il suo apice ) relativamente ad altre sillabe. Una sillaba che si distingue per la sua forza
(= prominenza fonica , è il caso delle sillabe toniche ) risalta rispetto alle altre (atone).
La prominenza fonica si ottiene in modi diversi che si fondano sui valori di tre differenti paramenti :
1.) Intensità o forza ; 2. ) Frequenza o altezza ( = suono più acuto o più grave) e 3.) Durata del
nucleo sillabico ( vocale tonica viene pronunciata lunga).
In italiano predomina il primo parametro e si tratta di una lingua provvista di un accento dinamico
o intensivo = forza con cui sono pronunciate le sillabe. Se prevale la frequenza tra i tre parametri si
ha un accento di tipo musicale = altezza del suono ; in altre lingue a prevalere può essere la durata
della vocale .
N.B : Non bisogna confondere l’accento prosodico con quello grafico !

Le lingue si distinguono anche per la posizione dell’accento in una parola.


La distinzione tradizionale prevede :
 Lingue ad accento fisso -> quelle lingue in cui l’accento occupa tendenzialmente la stessa
posizione nelle parole o l’accento ha una posizione rigorosa. ( per esempio : in francese è
sempre sull’ultima);
 Lingue ad accento libero -> quelle lingue in cui l’accento può cadere su una qualunque delle
sillabe di una parola (Italiano). L’accento in italiano distingue due parole diverse a seconda
della sua posizione ( l’accento ha valore pertinente).

Ci sono altre lingue in cui la posizione dell’accento dipende non dalla posizione della sillaba, ma da
criteri diversi.

In italiano , l’accento è libero :

 Le parole accentate sull’ultima sillaba sono dette tronche o ossitone (es: città);
 Le parole accentate sulla penultima sillaba sono dette parossitone o piane ( es: casa);
 Le parole con accento sulla terzultima sono dette proparossitone o sdrucciole ( es: piccolo,
contabile );
 Le parole con accento sulla quartultima sono dette bisdrucciole (es: capitano [verbo]) .

Clitici = sono elementi di una lingua che non presentano un accento e si appoggiano alla parola prima
o a quella successiva : quando si appoggiano alla parola prima si chiamano ENCLITICI , mentre se si

27
appoggiano alla parola dopo si chiamano PROCLITICI . Nelle parole con 4 o più sillabe se ci sono dei
clitici , c’è un accento secondario ( o più accenti ) [es: spediscimelo].

L’accento è importante per il ritmo = il susseguirsi di sillabe toniche ed atone nella catena parlata
( strutturazione prosodica dell’enunciato). Ogni lingua ha il suo ritmo : l’italiano = lingua a isocronismo
sillabico (tutte le sillabe atone sono pronunciate con la stessa durata ), l’inglese = lingua a isocronismo
accentuale ( tra un accento e un altro accento deve intercorrere lo stesso intervallo di tempo , dunque
le sillabe atone non vengono pronunciate con la stessa durata) .

Piede = unità ritmica di base formata da sillaba tonica + sillaba atona => l’ordine delle sillabe può
cambiare .

Tono e intonazione

L’altezza musicale (pitch) si considera come curva melodica che si realizza con la successione delle
sillabe. Il tono è l’altezza relativa pronuncia di una sillaba => tensione delle corde vocali e della laringe ,
e quindi frequenza delle corde vocali > frequenza fondamentale .

Nelle lingue che si chiamano tonali esistono diversi tipi di toni, detti tonemi=> una stessa sillaba può
essere pronunciata con un aumento, con un aumento e una diminuzione e così via; dunque i toni
possono distinguere parole diverse.

L’intonazione riguarda un’intera frase o enunciato, l’andamento melodico con cui è pronunciata la
frase o l’intero gruppo tonale o ritmico (= parte di una sequenza o catena parlata pronunciata con una
sola emissione di voce o può riguarda un intero enunciato ). L’intonazione può essere vista come una
curva melodica quasi costante (= contorno intonativo) : nelle affermazioni neutre ( enunciati
dichiarativi ) il contorno intonativo è costante; nelle domande il contorno intonativo è ascendente (=
innalzamento nella parte finale) e nelle affermazioni decise ( esclamazioni) il contorno intonativo è
discendente ( = diminuzione della frequenza fondamentale) .

Lunghezza

La lunghezza riguarda la durata , ossia l'estensione temporale relativa con cui i foni e le sillabe sono
prodotti. La durata è relativa all’estensione dell’enunciato -> nei foni brevi ( se parlo lentamente)
enfatizzerò e le sillabe sono pronunciate più a lungo, ma le sillabe toniche sono sempre più lunghe di
quelle atone.

La quantità di vocali e di consonanti può avere un valore distintivo . Gli autori del manuale non
considerano la durata delle consonanti un tratto distintivo dell’italiano . Ne deriva che se abbiamo due
parole <cane> - <canne> = [‘ka:ne] – [‘kanne] , la prima parola ha 4 fonemi e la seconda 5 ( perché la
geminata viene realizzata ripetendo la stessa) . => NO coppia minima devono avere gli stessi fonemi.

In italiano la consonante fricativa alveolare sonora è breve in tutte le posizioni ; non c’è la sequenza [zz]
e anche la [ʝ] e [w] sono sempre realizzate brevi. In italiano la durata vocalica non è un tratto
pertinente, distintivo.

 Spettrogramma = rappresentazione grafica in cui vengono rappresentate su un tracciato le


caratteristiche di frequenza e l’intensità di una parola.

Capitolo 3 - Morfologia = secondo livello dell’analisi linguistica


28
La morfologia studia la forma, la struttura della parola. Si tratta di un livello di analisi linguistica che
studia i segni minimi ( = morfemi che sono provvisti di significante e significato).

Parola = la minima combinazione di elementi minori dotati di significato , i morfemi ( costituita da


almeno un morfema) , costruita spesso ( non sempre ) attorno a una base lessicale ( morfema recante
un significato referenziale) , che funzioni come entità autonoma della lingua e possa quindi
rappresentare da sola un segno linguistico compiuto , o comparire come unità separabile costitutiva di
un messaggio.

Una parola è la combinazione di una serie di morfemi , ma è possibile che ci sia un solo morfema.

La base lessicale è la parte centrale della parola e ha un significato che rimanda all’entità .

Quattro criteri atti a definire la parola

 All’interno di una parola l’ordine dei morfemi è fisso e rigido, non modificabile;
 I confini di parola sono punti di pausa potenziale nel discorso;
 La parola è di solito separata e separabile nella scrittura ;
 Foneticamente la pronuncia di una parola non è interrotta ed è formata da un unico accento
primario ( è sempre UNO !) .

Come individuo i morfemi?

Il procedimento per scomporre una parola in morfemi è detto ‘prova di commutazione’ = si


confrontano parole dalla forma simile e man mano si eliminano gli elementi individuati.

Morfema è dunque l'unità minima di prima articolazione, il più piccolo pezzo di significante di una
lingua portatore di un significato possiamo anche dire che il morfema è la minima associazione
di un significante e un significato. Morfema = Monema.

 Chiarimenti
 La fricativa post alveolare sorda [ʃ] = - sc,sci -> quando è seguita da una vocale anteriore in
italiano si traduce con il digramma <sc> ; invece quando è seguita da /a/,/o/,/u/ si traduce con
<sci> . Il fono è sempre lo stesso , la differenza sta nel modo in cui viene rappresentato
graficamente in italiano.
 La [ʎ] traduce i suoni –gl e –gli -> quando la laterale palatale è seguita dalla –i si traduce
graficamente con <gl> ; mentre quando è seguita da /a-e-o-u/ si traduce con <gli>.
 Fricativa alveolare in posizione preconsonantica verrà realizzata sorda o sonora a seconda del
fatto che la consonante che segue sia sorda o sonora.

Lezione 24.03.2020

Quando si individua un morfema non è detto che uno stesso significante abbia uno stesso significato!

Es. Ri-facci-a ≠ facci- = omonimia morfologia, ma significato diverso .

 In can-e , la –e è il morfo che realizza il morfema del singolare => essendo segni, significante e
significato vanno considerati insieme.

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Il morfo è un morfema inteso come forma, dal punto di vista del significante, prima e
indipendentemente dalla sua analisi funzionale e strutturale.

Allomorfo (= morfo diverso) : è la variante formale di un morfema , realizza lo stesso significato di un


altro morfo equifunzionale , con cui è in distribuzione complementare . Più semplicemente , è ciascuna
delle forme diverse in cui si può presentare uno stesso morfema, suscettibile a comparire sotto forme
diverse. => Le forme diverse degli allomorfi rispetto al morfema di base si spiegano grazie alla
prospettiva diacronica.

Come individuo gli allomorfi?

Devono avere lo stesso significato e devono trovarsi nella stessa posizione nella struttura della parola.

Es. (1) : ven- , venn-, veng-, vien-,ver sono allomorfi di uno stesso morfema che per convenzione è
ven- = morfema di venire , tema del presente. I 4 allomorfi di ven- derivano dallo sviluppo dei tempi in
cui venivano utilizzati ( cause rinvenibili alla diacronia).

Es. (2) : il morfema del plurale in inglese viene realizzato in 3 modi diversi secondo il contesto fonetico
( graficamente realizzato con (-e)s ) => [z] = dogs, [s] =cats e [ɪz] = horses .

N.B. L’allomorfia può riguardare morfemi sia lessicali che grammaticali .

Distribuzione complementare = ogni morfema occupa una posizione specifica, l’uno non può sostituire
l’altro. Anche il morfema del plurale in inglese si trova in distribuzione complementare :

1. [z] = dopo foni sonori (esclusi quelli elencati al punto 3);


2. [s] = dopo foni sordi (esclusi quelli elencati al punto 3);
3. [ɪz] = dopo [z],[s],[tʃ], [ʤ],[ʒ] e [ʃ].

Lo stesso ragionamento vale per la desinenza del past tense (-ed).

Perché si possa parlare di allomorfia occorre comunque che ci sia sempre una certa affinità fonetica tra
i diversi morfi che realizzano lo stesso morfema.

L’allomorfia è un fenomeno che riusciamo a spiegare grazie alla diacronia, e nella maggior parte dei casi
è un fenomeno fonologico ( mutamenti fonetici che si sono sviluppate in diacronia) , ma anche in
sincronia . Es: PREFISSI = inutile,illecito,irregolare,impuro -> parole che da aggettivi , ne hanno formati
altri che negavano quelli iniziali. ( in latino prefisso di negazione era IN ); c’è comunque un’affinità
fonetica .

Suppletivismo = è una forma estrema di allomorfia , è quel fenomeno in cui un dato morfema lessicale
in alcune parole derivate viene sostituito da un morfema di forma diversa ( con diversa etimologia), ma
con stesso significato . Es. 1) ITALIANO andare = vado/andiamo ; acqua/idrico; cavallo/equino/ ippico;

2) INGLESE verbo go,be , comparativi e superlativi ;


3) Il suppletivismo riguarda anche termini con una stessa base che sono entrati nella lingua italiana
con un percorso diverso.

Classificazione dei morfemi


30
Ci sono 2 tipi di classificazione :

 di tipo FUNZIONALE che indica la funzione svolta dal morfema (il valore che reca) ;
 di tipo POSIZIONALE = posizione del morfema nella struttura della parola.

Nel caso della classificazione funzionale => es: canile

 can- = morfema lessicale, ha un referente preciso (cane) [significato in senso stretto]


 -il = morfema derivazionale che deriva da un morfema base un’altra parola;
 -e = morfema flessionale (indica il singolare).

Morfemi derivazionali e flessionali formano la classe dei morfemi grammaticali.

Morfemi lessicali = rimandano al lessico e formano una classe aperta ( =possono entrare nuove parole);

Morfemi derivazionali = derivano parole da altre parole e formano una classe chiusa (= raramente
vengono introdotte nuove parole);

Morfemi flessionali = danno forme diverse a una stessa parola e formano una classe chiusa.

Non sempre è evidente la distinzione tra morfemi grammaticali e lessicali , è il caso delle parole
funzionali , ossia le parole vuote come gli articoli, i pronomi personali , le preposizioni e le congiunzioni
che non si possono definire morfemi grammaticali a pieno titolo. Morfemi liberi = morfemi lessicali /
Morfemi legati = morfemi grammaticali.

Terminologia di Martinet : i morfemi lessicali vengono chiamati ‘semantemi’, mentre quelli


grammaticali vengono denominati ‘morfemi’ ; l’insieme di morfemi lessicali e grammaticali forma i
‘monemi’. La distinzione tra morfemi lessicali e grammaticali non è sempre netta , come nelle parole
funzionali (o vuote) = articoli, congiunzioni, pronomi personali… e che sono una via di mezzo tra
morfemi lessicali e grammaticali.

In ambito anglosassone sono stati distinti i morfemi liberi (lessicali) da quelli legati (morfemi grammaticali),
le parole funzionali = morfemi semiliberi. Questa classificazione nasce per l’inglese , dove car – è un
morfema libero, mentre car-s è un morfema legato. In italiano il morfema lessicale non si usa da solo, ma
prevede sempre la presenza di un morfema flessionale ( la classificazione valida per l’inglese, non vale per
l’italiano).

Derivazione e flessione sono due grandi ambiti della morfologia.

La derivazione dà luogo a parole regolandone i processi di formazione; mentre la flessione

dà luogo a forme di una parola regolandone il modo in cui si attualizzano nelle frasi.

Se una parola prevede sia derivazione che flessione, la derivazione occorre prima ( la derivazione ha anche
un legame più stretto con il lessico). La flessione è obbligatoria, mentre la derivazione no.

Classificazione posizionale : si tiene conto della posizione dei morfemi in rapporto al morfema di base, o
lessicale (radice). Gli elementi che si attaccano alla radice sono detti AFFISSI.

Distinguiamo :
31
 PREFISSI = precedono la radice (indecente, deridere => in-/de- sono morfemi derivazionali) e sono
esclusivamente derivazionali;

 SUFFISSI = vengono dopo la radice , i suffissi flessionali ( come la –e in cane ) vengono chiamati
desinenze;

 INFISSI = sono affissi collocati all’interno della radice ; in italiano abbiamo derivato
gli infissi dal latino ( es: rumpo [pres.]/ rupi [perfetto]/ ruptus [part.pass.] => la m- sta solo nel tema
del presente, così è anche in italiano [rompo]).

 CIRCONFISSI = affissi che sono formati da due parti, una sta prima della radice, un’altra che sta dopo
la radice.

La trascrizione morfematica si fa con le parentesi quadre!


Es: {dent} (=dente) - {al} (= agg.)- {e} (=sing.)
 TRANSFISSI = incastrati in modo alterno all’interno della radice ;
 es. lingue semitiche che hanno una radice triconsonantica discontinua +schema vocalico
discontinuo => radice k,t,b =scrivere,scrittura + schema vocalico –i-a (nome di oggetto singolare)
[ki’ta:b] = libro;
 stessa radice consonantica + -a-a-a ( 3psg maschile del perfettivo = [‘kataba] = egli scrisse .

Altri morfemi

Finora abbiamo considerato dei morfemi con morfi isolabili segmentalmente. In morfologia ci sono anche
morfemi non isolabili :

 Morfemi sostitutivi ( o modulari ) => il differente valore morfologico viene espresso sostituendo un
fono della radice con un altro fono , es: <oo>-<ee> in inglese foot = piede> feet= piedi /
goose = oca > geese = oche [ processo di metafonesi risalente al VII sec.]
In tedesco ci sono morfemi sostitutivi discontinui = c’è una parte suffissale , ma c’è un
cambiamento nella parte della radice .
 Morfemi soprasegmentali = > un determinato valore morfologico si manifesta attraverso un tratto
soprasegmentale (accento, tono) , es. diversa distribuzione dell’accento in coppie di parole inglesi
come record (sostantivo)/ to record (verbo).

Ci sono morfemi problematici non divisibili segmentalmente in cui non c’è rapporto biunivoco tra
significante e significato :

 Morfema zero (morfo zero) => rientrano tutti quei casi in cui una distinzione dovrebbe essere
espressa in un morfo, ma non viene rappresentata nel significante , es. plurali invariabili in inglese
(fish [sing.]/ fish[plur.]).

La mancanza di corrispondenza biunivoca può assumere altre forme come nei morfemi cumulativi .

 Morfemi cumulativi (detti anche ‘portmanteau’) => sono morfemi che mettono insieme più di un
valore, o di un significato . Nelle lingue che presentano le declinazioni , uno stesso morfo può
individuare due o tre valori ( caso- genere- numero).

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Un’altra problematica dei morfemi cumulativi è che è impossibile individuare all’interno di una delle
porzioni di significanti isolate ( in bell-e non è possibile individuare una parte che indica il femminile, e una
che indica il plurale). I due significati grammaticali sono totalmente fusi ; in morfologia si avrà un significato,
ma più significanti.

Morfoma definizione coniata da Aronoff nel 1994 ed elaborata per spiegare fenomeni legati alla diacronia.
Si tratta di una caratteristica prettamente morfologica ( uno schema o regolarità strutturale astratta) => è lo
schema di allomorfia che sta alla base delle forme dei paradigmi verbali latini e di quelle da essi derivate.

Se l’allomorfo nei verbi latini è in un certo modo nel participio passato lo sarà anche negli altri tempi : esiste
uno schema di distribuzione degli allomorfi, riconducibili a una stessa base (es. scriptus ,scriptum ,
scripturus,scriptio, scriptito , scriptor, scriptura).

Particolarità del morfema cumulativo

 L’amalgama (o morfema amalgamato): nel morfo c’è stata la fusione di due forme precedenti che
non possono più essere individuate nella forma finale. Es. <au> = à + le ( /a/ + /il/). morfema dato
dalla fusione di due morfemi in maniera tale che nel morfema risultante non è più possibile
distinguere i due morfemi all'origine della fusione.

Processi morfologici

Le possibili manifestazioni morfologici possono essere espresse attraverso diversi processi . Tra questi il più
importante è quello di reduplicazione = consiste nella ripetizione della radice lessicale o di una sua parte .

Si riprenda l'esempio riportato nel§ 1.3.2 dal indonesiano anak "bambino"/anak-anak "bambini": la
reduplicazione è appunto uno dei modi in cui in indonesiano si forma il plurale.

Lezione 30.03.2020

Morfemi derivazionali = partendo da una base lessicale già esistente permettono di formano nuove
parole, attraverso processi di prefissazione e suffissazione.

L’insieme di parole derivate dalla stessa base lessicale prende il nome di famiglia di parole.

Questione della vocale tematica

La vocale tematica è la vocale inziale della desinenza dell’infinito dei verbi . Dai verbi si derivano altri verbi
(deverbali) in cui la vocale tematica viene conservata . La vocale tematica è importante perché determina
l’appartenenza ad una classe (coniugazione) = > indica qualcosa di intralinguistico, non qualcosa che ha a
che fare con l’azione, con il suo modo di essere. Si può ritenere che la vocale tematica abbia un suo
'significato', sia pure di natura un po' speciale, del tutto esteriore, in quanto indica l'appartenenza della
forma ad una determinata classe di forme della lingua.

Es: Abile > abil – e = abil – veicola qualcosa di morfologico .

Come va interpretato ?

1) –abil- è un allomorfo che forma aggettivi deverbali e hanno un valore potenziale (es: cantabile =
può essere cantato e così via) , ha 3 allomorfi (abil, ibil,ubil);

33
2) –abil- composto da 2 morfemi = [a]+[bil] ([a] = morfema della vocale tematica, senza vero
significato/ [bil] = è un morfema derivazionale). => morfemi senza significato sono vuoti.

Entrambe le soluzioni sono accettabili!

 Terza possibilità : la vocale tematica viene considerata come parte della radice lessicale.

Non bisogna considerare la vocale tematica come morfema a sé stante.

Prefissoidi  es. psico-log-(i-a) = psico- sta per psiche che significa anima e si comporta come un
prefisso , sta ad inizio parola e è un prefissoide perché non si trova mai da solo e si prepone ad una
radice lessicale cambiandone il significato.[es: glotto-log-(i-a)] -> non sono prefissi derivazionali hanno
un significato , sono un ibrido, in quanto sono allo stesso tempo morfemi lessicali e derivazionali, radici
e prefissi.

Suffissoidi  hanno un significato lessicale, ma non li troviamo in posizione di radice , ma di suffisso.


(es: logi(-a), metr(-o) = misuratore come in cronometro, termometro).

 Sono forme derivate dalle lingue classiche; i più diffusi sono : bio- ; pseudo- ; eco- ; auto- ;
mono-; tele-; semi- ; -logia ; -fobia; -nomia . Le parole che prevedono formativi, ovvero
elementi che le compongono di questo tipo , sono dette composti neoclassici .

Il prefissoide auto- = deriva dal gr. autós che significa sé stesso  autonomia , autocritica,
autostima ( auto - = da/ di se stesso) . MA abbreviazione di automobile = auto – ha originato nuove
parole (in cui auto- è relativo alle automobili) come autovelox, autostrada ecc..

Le parole composte

Parola composta = parola formata da due o più radici lessicali , dove le radici mantengono il loro
significato  due parole si sono agganciate fra loro a formare un'entità unica in cui i due membri
sono perfettamente riconoscibili e recano il loro significato lessicale normale. In italiano i composti
prevedono che ci sia prima l’elemento di base( testa sintattica ) e poi l’elemento che modifica o
che definisce il primo [es. Cassa – forte ( modificando / modificatore)]. Tra le parole composte
abbiamo : portacenere, apriporta, lavavetro, portafinestra , asciugamano, altopiano, cassaforte,
pastasciutta, eccetera

N.B. In italiano ci sono parole che invertono l’ordine : prima modificatore e poi modificando
(es. Bagnoschiuma)

Unità lessicali plurilessematiche = unità lessicali che dal punto di vista del significato formano
un’unica parola, ma sono composte da più lessemi. ( es. Gatto delle nevi = veicolo adatto a
circolare sul suolo nevoso => il significato non risponde alla somma degli elementi che lo
compongono) . L’entità di significato a cui rimandano è unica , non corrispondente alla somma dei
significati delle parole componenti. Sono parole che si comportano come una parola unica (= non
permettono l’inserimento di elementi ulteriori) . Spesso hanno valore idiomatico : essere al verde,
arrampicarsi sui vetri, partire in quarta; sono una categoria ampia in cui rientrano i verbi
sintagmatici (phrasal verbs) in italiano : andar via, metter sotto.

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Sotto questa categoria rientrano i binomi coordinati (= due elementi collegati l’uno con l’altro, es.
usa e getta, sale e pepe)  sono elementi che si collegano in una zona di intersezione fra sintassi e
semantica.

Unità lessicali bimembri

Es. parola-chiave, sedia elettrica  parole che condividono delle caratteristiche con i composti, però non
raggiungono il loro stesso grado di fusione, infatti vengono scritte separate graficamente, ossia sono
giustapposte. Molti studiosi considerano questi elementi come composti.

Altri meccanismi di formazione delle parole

 Lessicalizzazione delle sigle = pronuncia di seguito delle iniziali [es. TFR (tiefferre),SMS
(essemmesse), IVA > Imposta sul valore aggiunto].
 Parole macedonia (blends) = unione di due parole accorciate (es. Smog = smoke+fog ;
Breakfast= breakfast + lunch), le iniziali pronunciate di seguito formano una sigla la sigla è
compatibile con la struttura fonologica della parola in italiano,diventa essa stessa una parola
autonoma.

Il processo più produttivo per produrre parole è la suffissazione . I suffissi possono cambiare la classe
della parola . ( pag. 115)

a. Nome di azione o di processo o di risultato : es. spedizione  -izion- serve per formare un
nome di azione dal verbo , in questo caso spedire;
b. Nome di agente o di mestiere : es. barbiere , fornaio , giocatore ( -ier , -tor , -a(r)i);
c. Nomi astratti (= qualità) a partire da basi lessicali aggettivali , per es. –ità [es. abilità].

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Nei meccanismi della formazione di parola rientra anche il fenomeno della cosiddetta 'conversione' ( o
'derivazione zero', o 'suffissazione zero'), vale a dire la presenza di coppie di parole, un verbo e un nome o
un aggettivo, aventi la stessa radice lessicale ed entrambi privi di suffisso, fra i quali quindi in termini
meramente derivazionali non è possibile stabilire quale sia la parola primitiva e quale la parola derivata.
Tuttavia, quando la coppia è costituita da un verbo e da un nome è spesso da assumere che la base sia il
verbo, in quanto il nome designa l'atto indicato dal verbo; di qui la definizione di 'derivazione zero'.

Es. Fiore – fiorire : si eliminano i morfemi flessionali = fior / fior ; es. 2 ) lavoro – lavorare : elimino morfemi
flessionali = lavor- / lavor- . La base è la stessa e viene usata in classi di parole diverse. Sono possibili delle
generalizzazioni : nella coppia nome / verbo la base è il verbo ; nella coppia aggettivo / verbo la base è
l’aggettivo. [es. Calmo > calmare = rendere x calmo].

Anche la prefissazione è un processo ancora in atto nella nostra lingua  prefissi = morfemi derivazionali .
Nel caso della prefissazione non cambia la classe grammaticale della parola (es. utile – inutile / decente-
indecente/ piacere – dispiacere) .

In - , dis- ,a- , s- = prefissi che negano ciò che la radice afferma ; ri - = indica il ripetersi di qualcosa.

Nella derivazione suffissale rientra l’alterazione che genera gli alterati = parole create con i suffissi alterativi
che hanno un significato uguale a quello di base , a cui si aggiunge una componente valutativa
(negativo/positivo, grande /piccolo) [es. gattino (diminutivo), librone (accrescitivo), robaccia
(dispregiativo)].

In italiano ci sono casi di omonimia tra morfemi = si scrivono e si pronunciano allo stesso modo [es. in- :
1) negazione  inadatto; 2) avvicinamento  immigrazione] oppure omonimia tra suffissi [es. –in- : 1)
gattino (diminutivo) ; 2)imbianchino, postino ( nomi d’agente ).

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Classificazione parole

1) Processo di derivazione (suffissato , prefisso) ;


2) Classe lessicale a cui appartiene la parola derivata;
3) Classe lessicale della base ( deverbale, deaggettivale …).

In conclusione, per quel che riguarda la derivazione le parole possono essere classificate :

1) Basiche o primitive = non hanno alcun affisso , es. mano ;


2) Alterate , es. manona;
3) Derivate ( tramite suffissi o prefissi) , es. rimaneggiare;
4) Composte , es . corrimano;
5) Unita plurilessematiche , es. mano morta .

Flessione e categorie grammaticali

I morfemi flessionali modificano la forma di una parola , non si creano parole nuove!

Trattandosi di flessione, essa agisce solo su parole variabili. Queste desinenze marcano ed esprimono il
valore di una determinata categoria grammaticale.

Categoria = è l’insieme di tutti i valori che può assumere una determinata dimensione semantica
basilare elementare, ciascuno rappresentato da un morfema. [es. categoria del numero (plur. /sing.) , i
valori sono rappresentati da morfemi).

Le categorie grammatiche fondamentali riflettono alcune dimensioni cognitive fondamentali


( numerosità , tempo) . Dalle categorie ontologiche derivano quelle morfologiche ; non è detto che in
tutte le lingue esistano espressioni specifiche per date categorie .

Es. aggettivo in italiano e in inglese ( in inglese l’agg. non esprime genere e numero come in italiano).

Ogni categoria grammaticale presenta più valore (o tratti morfosintattici).

Non è detto che ogni lingua abbia morfemi specifici per gli stessi valori .

Es. numero  in italiano sing. / plur. ; in greco c’è il duale => in italiano non c’è desinenza che indichi la
molteplicità, ma lo si indica con i numerali ( indichiamo la molteplicità con mezzi diversi). Le categorie
flessionali si dividono in : categorie flessionali realizzate sul nome e categorie flessionali realizzate sul
verbo.

Categorie flessionali realizzate sul nome

In italiano le categorie fondamentali sono il GENERE e il NUMERO.

Il numero :

1) Non c’è in tutte le lingue;


2) Distinzione comune tra singolare e plurale;
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3) Il duale (in greco) ;
4) Il paucale (lingue oceaniche).

Il genere :

a. Statuto diverso rispetto a numero e caso ;


b. Il comportamento del genere è diverso rispetto alle lingue che esprimono numero e caso.

Nei lessemi di categoria “nome” l’espressione del genere è INERENTE.

Ci sono elementi in cui la flessione è determinata dal contesto , possono dunque essere flessi a seconda
del contesto morfosintattico in cui si trovano ; es: gli aggettivi si accordano con il nome.

L’italiano ha due forme flesse per il numero ; mentre aggettivo e articolo, e in parte i pronomi di III pers.
sing. hanno 4 forme flesse per numero e genere.

Non tutte le lingue distinguono maschile, femminile o neutro, alcune classificano genere animato
(maschi e femmine) ed inanimato . In altri casi , nell’attribuzione del genere intervengono anche altri
dimensioni cognitive.  l’attribuzione del genere si basa su criteri che variano da lingua a lingua [morte
in italiano è femminile, in ted. è maschile].

In un sistema linguistico intervengono altri fattori nell’attribuzione del genere  in italiano , i nomi
maschili terminano in –o , mentre i femminili in –a , quindi si tende ad attribuire il genere in base a
fattori fonologici. In realtà, la categoria di genere dipende in parte da criteri semantici, in parte
fonologici . Es. Kimono (maschile) MA samba anche se termina in –a non è la samba, ma il samba!

Il caso = è una categoria non reputata universale ed è espressa da morfemi flessionali . Il caso svolge la
funzione di mettere in relazione la forma della parola con la funzione che essa ricopre nella frase.

Dà prevalentemente informazioni sulla funzione sintattica di una parola (può dire qual è il soggetto,
il compl. ogg ecc…)

In italiano il caso lo ritroviamo nei pronomi personali e nei relativi.

Es. Io = soggetto ; Me; Mi = complemento di termine ( mi ha dato un libro = l’ha dato a me);

Cui = complemento di termine (a chi ? ) , è una forma flessa del pronome relativa chi, che .

Il numero dei casi varia da una lingua all’altra .  microsistemi conservativi = pronomi personali in italiano
e in inglese.

I casi possono esprimere un valore propriamente sintattico > 2 grandi sistemi principali ( sistemi di
allineamento ) :

1. Sistema nominativo – accusativo ;


2. Sistema ergativo – assolutivo.

Il 1° tipo : nominativo = caso per i nomi con funzione di soggetto di un verbo transitivo o intransitivi;
accusativo = indica il complemento oggetto di una frase con verbo transitivo .

Es. Lupus dormit (S+Vintr.) / Lupus agnum videt (S+ C.OGG. + Vtrans.)

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Il 2° tipo : ergativo = indica il soggetto di un verbo transitivo ; assolutivo = indica il soggetto di un verbo
intransitivo e anche l’oggetto di un verbo transitivo.

Lezione 31.03.2020

Altri casi da ricordare : dativo = oggetto indiretto ( dare qualcosa a qualcuno ); genitivo = nomi che
modificano altri nomi (compl. di specificazione).

Es . a) Magister donat librum (accusativo) discipulo

b) Liber pueri = Il libro del fanciullo (indica la relazione di un nome che modifica un altro nome).

I casi secondo la maggior parte delle teorie indicano una funzione sintattica, ma in altri casi hanno un ruolo
semantico  ogni elemento della frase svolge un suo ruolo . Es. strumentale = codifica il mezzo o lo
strumento (‘Egli fu ucciso con la spada’) ; locativo = stato in luogo (domi = in casa) ; ablativo = indica
l’origine , la provenienza di qualcosa ( moto a luogo) => Profecti sumus ab Asia (preposizione + ablativo).

I nomi dei casi usati dalla linguistica occidentale derivano dalla cultura greca e romana a partire dal IV sec.
a.C.

 Caso = dal latino casus che vuol dire caduta, deviazione perché avviene una variazione nell’ultima
parte del nome rispetto al nominativo che era la forma base.
 Caso = categoria a carattere misto ;
 Manca un accordo su cosa vada considerato caso , sulla categoria;
 I casi vengono manifestati differentemente da lingua a lingua , non è detto che un caso esprima la
stessa cosa in una lingua e nell’altra. (casi sono IDIOLINGUISTICI = specifici di ciascuna lingua).
 I casi non sono un inventario chiuso, ci sono numerose relazioni semantiche , sintattiche possono
crearsi.

Categorie morfologiche

AGGETTIVI

 Marcatura per GRADO ( comparativo , superlativo)  Es. in latino viene usato un morfema
flessionale per creare il comparativo : il più veloce di = veloc- ior ; in italiano : bell-issim-o.
 Marcatura della definitezza espressa attraverso affissi ai nomi ( definitezza in italiano espressa con
articolo determinativo) , es. in arabo .
 Marcatura del possesso espressa con elementi affissi al nome , es. turco .

VERBO

Cinque categorie flessionali :

 Modo ;
 Tempo ;
 Aspetto ;
 Diatesi ;
 Persona .  Categorie che riflettono linguisticamente il modo degli
esseri umani di concepire e organizzare il mondo.

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Modo : è una categoria morfologica che ne riflette una ontologica , ossia la modalità = atteggiamento del
parlante nei confronti del contenuto dell’enunciato, di ciò che viene detto. ( certezza – incertezza, dubbio –
probabilità) L’atteggiamento viene espresso morfologicamente. Es. mangio (certezza) , mangerei
(incertezza).

Modalità fondamentali : ASSERTIVA = esprime qualcosa di certo ;

DUBITATIVA = esprime un dubbio rispetto a ciò che si dice;

EPISTEMICA = qualifica lo stato di cose come certo o come incerto rispetto a ciò che viene comunicato,
es. Mario dovrebbe mangiare un panino ;

DEONTICO = esprime uno stato di cose obbligatorio (verbi di dovere, obbligo) ;

EVIDENZIALE = evidenzia la fonte dell’informazione ( qualcosa visto direttamente – qualcosa che ci viene
riferito , il tutto espresso morfologicamente).

Distinzione tra eventi reali (indicativo) e quelli possibili, non reali > il sistema originario dell’Indoeuropeo
doveva possedere 4 modi distinti su piano formale e semantico : l’indicativo = asserzione o presentazione di
un fatto ; congiuntivo = indica la possibilità o una potenzialità , es. Cosa potrei fare? ( in latino) ;
imperativo = doveva dare un ordine ; ottativo = esprimeva augurio o possibilità.

Tempo : colloca l’evento di cui si parla in un dato momento dell’asse temporale rispetto al momento
dell’enunciazione ; tre valori basilari => presente, passato e futuro.

Aspetto : è il modo in cui un’azione viene presentata in relazione al suo svolgimento . L’aspetto è una
categoria grammaticale dei verbi che esprime diversi modi di vedere la scansione temporale interna a una
situazione [ Dall’Enciclopedia Treccani].

Distinzione fondamentale : aspetto imperfettivo > aspetto perfettivo

Aspetto perfettivo  perfetto = tempo del passato ( da perficio = portare qualcosa alla fine della sua
realizzazione, compiere fino in fondo) ;

Aspetto imperfettivo  azione è in corso di svolgimento , non è ancora compiuta fino in fondo.

[ es. In italiano passato prossimo > imperfetto ]

Altre distinzioni :

Abituale vs continuo (es. in inglese to use to = abituale) / (in italiano : Ogni sera ascolto la radio);

Continuo = si mette in rilievo di qualcosa il fatto che sta durando , es. Mentre leggevi , ascoltavo la radio.

Progressivo vs non progressivo (progressivo = azione che sta continuando e nello svolgimento focalizzo
l’istante , es. Sta piovendo).

Azionalità = lexical aspect (aspetto lessicale)

E’ un criterio importante nella classificazione dei verbi e rimanda al loro significato lessicale , indica il modo
in cui l’evento viene espresso , presentato dal punto di vista delle fasi che lo compongono.

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L’Aktionsart va distinta dall’aspetto = caratteristica grammaticale, non lessicale MA ci sono in comune delle
cose tra azionalità e aspetto grammaticale : non tutti i verbi possono codificare lo stesso tipo di aspetto.

Verbi telici vs Verbi atelici

Verbi telici = verbi che descrivono eventi che tendono ad una fine , ad un completamento ; per dire che
un’azione è avvenuta quando è completata . ( Chiara prepara la torta = azione terminata quando finisce di
preparare la torta).

Verbo atelico = verbo in cui l’azione perdura e non implica un punto di arrivo (Chiara canta).

Ci sono 4 categorie di azionalità  verbi che indicano uno STATO (es. sapere ) ed in italiano non possono
essere usati in un tempo progressivo (stare + gerundio).

Diatesi : tradizionalmente chiamata ‘voce’ (attivo – passivo) , indica il modo in cui l’evento si relaziona
rispetto ai partecipanti, in particolare rispetto al soggetto . La diatesi segnala il tipo di ruolo semantico che
svolgono gli elementi della frase . ES. Marco picchia il gatto ( Marco = soggetto sintattico , agente ; gatto =
oggetto diretto , subisce l’azione)  frase passiva : il soggetto diventa agente , il gatto è colui che subisce .

3° valore della diatesi = medio che veniva usato per indicare un particolare coinvolgimento del soggetto in
un’azione , es. verbi riflessivi : lavarsi le mani (= lavare le proprie mani -> soggetto che è agente e
paziente) / qualcuno che fa qualcosa a proprio beneficio (in greco).

La persona : indica chi compie l’azione , la forma verbale viene collegata con il verbo . La marcatura della
persona implica quella del NUMERO .

Le parti del discorso

Sono sempre categorie grammaticali, ma a livello di parola, che classificano le parole raggruppandole in
classi a seconda della natura del loro significato, del loro comportamento nel discorso e delle loro
caratteristiche flessionali e funzionali.

LESSEMA = indica le parole in quanto elementi provvisti di significato appartenenti a un dato sistema
linguistico .

Le parti del discorso sono 9 e sono suddivise in variabili = parti che possono essere flesse ( nome, articolo,
aggettivo, pronome e verbo ) e in parti invariabili = parti non modificabili (preposizioni, avverbi,
congiunzioni ed interiezioni).

Interiezioni = esclamazioni  alcuni studiosi hanno ritenuto che le interiezioni non dovessero essere
considerate parti del discorso .

C’è una difficoltà nella classificazione di alcune parole , es. i quantificatori come l’aggettivo ‘tutto’ , ma la
sua posizione è differente rispetto a quella dell’aggettivo ( i tutti libri > tutti i libri).

Le lingue non hanno tutte le stesse parti del discorso, tantomeno le classi di parole variabili e invariabili
sono le stesse  la forma di base di una classe variabile viene detta forma di citazione. (es. in italiano come
forma base si usa il maschile sing, per aggettivo - infinito presente per il verbo).

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Gli studiosi hanno pensato di avvalersi di 3 criteri nell’assegnare un dato lessema a una classe , uno
semantico , uno morfologico ed uno sintattico  possibilità di attribuire un lessema ad una classe in modo
abbastanza certo MA ci sono eccezioni , es . Il mangiare qui costa molto.

Le categorie grammaticali riguardano l’asse paradigmatico ( non si trovano in una stessa frase plurale e
singolare, maschile e femminile) . Ci sono anche categorie grammaticali sintagmatiche = riguardano il
piano della relazione degli elementi che ricorrono in una frase (es. soggetto > predicato > oggetto diretto).

Le funzioni sintattiche vengono marcate morfologicamente con i casi .

Diversi modi di funzionamento della MORFOLOGIA FLESSIONALE

Flessione inerente : riguarda la marcatura della parola in isolamento a seconda della classe di
appartenenza, non c’è alcun condizionamento ! Un altro modo di considerare inerente è il fatto che il
parlante può decidere di usare un nome al maschile singolare o plurale , un verbo al presente o al passato.
(SCELTE COMUNICATIVE DEL PARLANTE)

Flessione contestuale : La flessione contestuale è invece quella che dipende, appunto, dal contesto:
specifica una forma e seleziona i relativi morfemi flessionali in relazione al contesto in cui la parola viene
usata, dipendendo quindi dai rapporti gerarchici che si instaurano fra le parole all'interno della frase.
Marca, cioè, rapporti di natura sintattica.

ACCORDO  prevede che tutti gli ( o alcuni) elementi suscettibili di flessione all'interno di un certo costrutto
prendano le marche (i morfemi congruenti) delle categorie flessionali per le quali è marcato l'elemento a
cui si riferiscono. Es. Le forchette piccole => forchette è inerentemente femminile e decido liberamente di
usare la forma plurale ; sono definite (articolo determinativo ) e sono piccole. ( articolo e aggettivo sono
condizionate e devono essere femminili , plurali) => l’accordo marca i rapporti di tipo sintattico

N.B. In ogni fenomeno di accordo ci sono degli elementi in gioco :

 Controllore = elemento che presenta i valori inerentemente, è quello da cui parte l’accordo, es.
Forchette ;
 Target = elementi che presentano dati valori perché condizionati sintatticamente dal controllore,
es. le e piccole.;
 Dominio = parte dell’enunciato in cui l’accordo si verifica , es. I = target bambini = controllore
mangiano = III pers. plur … => accordo coinvolge l’intera frase [dominio = frase].

Alcuni studiosi distinguono tra accordo e concordanza : l’accordo lo usano quando il dominio è il sintagma
nominale; mentre quando il fenomeno coinvolge anche il predicato , si parla di concordanza .

Un secondo tipo di flessione contestuale è la reggenza = fenomeno per il quale una categoria grammaticale
attiva una serie di categorie grammaticali e morfologiche che fanno parte della stessa struttura
sintagmatica . Semplificando : un dato elemento fa sì che l’elemento che da esso dipende abbia certe
proprietà morfosintattiche , es. in tedesco : alcune preposizioni reggono un determinato caso.

Differenza tra accordo e reggenza : nella reggenza , la reggente non deve avere lo stesso valore della forma
retta , es. le preposizioni reggono un caso , ma non hanno loro stesse la marca di quel caso.

In uno stesso sintagma possono agire accordo e reggenza , es . Cum = preposizione (reggente) richiede il
caso ablativo – Fratre = nome ( controllore) in ablativo – Meo = aggettivo possessivo sempre in ablativo.
42
Lezione 6.04.20

Capitolo 4 – Sintassi

Sintassi = deriva da syn ‘insieme + tàssein ‘ordinare,disporre’ , è il livello di analisi linguistica che si occupa
della struttura delle frasi : l’oggetto di studio della sintassi è come si combinano tra loro le parole nelle frasi.

L’unità di misura della sintassi è la frase => nozione controversa, definizione approssimativa : è un’entità
linguistica che funziona come unità comunicativa, ossia blocco comunicativo sufficiente nella
comunicazione verbale ( frase = entità comunicativa che ha un senso).

La frase per avere un senso deve contenere una predicazione (= consiste nell’assegnazione di una proprietà
ad una variabile o di una relazione tra più variabili, es . Mario corre, Mario è intelligente).

Una frase è costituita da un certo numero di nominali organizzati intorno ad un predicato ( es. Maria
incontra Carlo, Maria incontra lui / lo incontra).

La sintassi classifica le frasi in base alle loro proprietà grammaticali :

a) Frase verbale  prevedono un elemento verbale , es. Fa un caldo terribile.


b) Frase nominale  il verbo non c’è e la predicazione viene attribuita agli elementi nominali , es.
Buonissima questa torta.

In italiano la frase nominale è poco diffusa, si trova più frequentemente in latino, in greco.

c) Frase con predicato nominale = verbo copulativo + elemento nominale ( sembrare, diventare,
essere) , es. Luca è bello, Luca diventerà molto alto, Luca sembra intelligente.

Frase vs proposizione : la frase designa anche frasi complesse (= prevede più di una predicazione), e
frasi semplici (= ha un’unica predicazione) . La proposizione è la frase semplice.

Le frasi possono essere scomposte negli elementi che le compongono attraverso un confronto con
strutture analoghe. Lo sviluppo degli studi concernenti gli elementi che costituiscono la frase è iniziato a
partire dagli anni ’30-’40 del XX sec. nello strutturalismo Americano ( analisi in costituenti immediati).

Il processo di analisi nei costituenti delle frasi può avvenire a diversi livelli e sottolivelli, i costituenti che
si individuano per ogni sottolivello vengono detti ‘costituenti immediati’ , fin quando non si arriva ad
un punto in cui la frase non è più scomponibile e si hanno i ‘costituenti ultimi’.

Criterio : prova di commutazione , es. 1) Mia sorella/ mangia /un gustoso panino al prosciutto /ogni
lunedì vs 2) Gianni / scrive o mangia / un gelato .

N.B. Esistono numerosi elementi intermedi che possono essere disposti con relativa libertà, relativa
perché nella lingua italiana alcune disposizioni non sono ammesse. Fra gli elementi intermedi ci sono
dei legami interni secondo cui alcune parti possono essere separate mentre altre no.

I gruppi che riconosco all’interno della frase si chiamano COSTITUENTI. Nell’ambito dell’analisi linguistica
sono stati individuati dei processi di analisi più sistematici ; l’analisi in costituenti immediati ha visto lo
sviluppo di diversi tipi di modelli . Partendo dalla frase si individuano a poco a poco delle unità che si
scompongono in unità di rango immediatamente inferiore , fino a giungere a costituenti sintattici ultimi
(parole o addirittura morfema).
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I costituenti sono unità sintagmatiche e paradigmatiche : sono unità sintagmatiche perché i costituenti
sono parte di una frase e formate da sequenze di parole; sono unità paradigmatiche perché
contemporaneamente i costituenti possono essere sostituiti con altri costituenti della stessa categoria
di parole (nome, verbo, aggettivo , preposizione…).

Ci sono stati veri modi per rappresentare in modo schematico l’analisi in costituenti , tra questi il più
diffusi è il diagramma ad albero, elaborato da N.Chomsky => è un grafo costituito da nodi da cui si
dipartono rami; ogni nodo rappresenta un sottolivello di analisi della sintassi, e reca il simbolo della
categoria a cui appartiene il costituente di quel sottolivello. Si tratta di una rappresentazione grafica di
quello che si chiama indicatore sintagmatico (‘phrase marker’). Il sintagma corrisponde circa al
costituente , dunque l’indicatore sintagmatico = schema grafico che rappresenta l’articolazione in
costituenti di una frase.

Es. F ( frase)  costituenti immediati ( nome + verbo)  Nome proprio (Gianni) + V – SN ( legge – un libro)
[nome affiancato a articoli, aggettivi predomina, è l’elemento centrale]  SN ( Articolo + Nome) .

Nel modello del diagramma ramificato , il sintagma corrisponde a una sequenza di elementi dominati dal
medesimo nodo ( che presenta il simbolo della categoria) .

Simboli : F= frase , SN = sintagma nominale, SV= sintagma verbale, SA(gg) = sintagma aggettivale, SP(rep) =
sintagma preposizionale, SAVV = sintagma avverbiale.

Possibili variazioni : Det = determinante, i determinanti sono tutti gli elementi che appaiono prima di un
nome e svolgono la funzione di determinare il referente da esso indicato. In italiano ho o il determinativo o
il dimostrativo, o il possessivo , essi hanno analoga distribuzione, dove c’è l’uno non c’è l’altro , es. Il questo
libro. Per gli articoli si usa anche Art. , ma per i dimostrativi uso Det.

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Esistono altri modelli di rappresentazione di analisi in costituenti , come la parentesizzazione, es :
Gianni corre = (F(SN Gianni) (SV Corre)).

Modello delle ‘scatole nelle scatole’

Nella lingua italiana non è obbligatorio usare i pronomi personali soggetto , es : Io corro ( lessema di
flessione –o ci rimanda alla I° persona singolare)  Sintagma nominale = Ø.

Il simbolo Ø indica che la posizione pre -verbale non è riempita da materiale linguistico, ma va sempre
rappresentata, si tratta di soggetto nullo. L’analisi in costituenti è importante anche perché permette di
disambiguare delle espressioni interpretabili in più modi , es. Le ragazze e le signore con il cappellino.

Il sintagma

Nella linguistica americana strutturalista gli elementi della frase sono denominati ‘phrase’ = sintagma.

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Il sintagma è un’unità di livello sintattico costituita da una combinazione minima di parole, ma può
essere formato anche da una sola parola . Affinché queste parole possano essere considerate un
sintagma devono presentare una coesione interna.

Vari tipi di sintagmi

Ogni tipo di sintagma prende il nome dalla categoria morfologica della parola che lo caratterizza,
ovvero è il minimo elemento che da solo costituisce un sintagma , senza il quale il sintagma non
esisterebbe e si chiama TESTA. Le altre parole che si collegano alla testa e dipendono dalla testa
(DIPENDENTI, MODIFICATORI).

 Sintagma nominale (SN) = la testa è un nome, pronome personale.


 Sintagma verbale (SV) = è costituito da un verbo .
 Sintagma aggettivale (SA) = la testa è un aggettivo.
 Sintagma preposizionale (SP(rep)) = si tratta di un costituente che è introdotto dalla
preposizione, la preposizione è sempre accompagnata da un elemento nominale.
 Sintagma avverbiale = es. Mario corre velocemente.

Sintagma nominale complesso , es. Tutti quei miei quattro bei polli sono grassi. ( in rosso i modificatori,
in giallo la testa).

I test di costituenza = testi atti a verificare se elementi, o sequenze di elementi sono costituenti o meno.

1) Test della mobilità = ogni costituente può essere spostato in blocco, nella sua interezza.
Non posso separare costituenti. Soluzioni ammesse : Ogni lunedì Maria mangia un gustoso panino
al prosciutto, Un gustoso panino al prosciutto Maria mangia ogni lunedì, Mangia un gustoso panino
al prosciutto ogni lunedì Maria.
2) Test dell’isolabilità = è possibile usare un costituente in isolamento. ES. Che cosa mangia Maria?
Un gustoso panino al prosciutto; Chi mangia un gustoso panino al prosciutto? Maria ; Che cosa fa
Maria ? Mangia un gustoso panino al prosciutto.
3) Test della scissione = è una frase semplice viene scissa in due frasi . Es. E’ ogni lunedì che Maria
mangia un panino al prosciutto ; E’ un gustoso panino al prosciutto che Maria mangia ogni lunedì;
E’ Maria che mangia un gustoso panino al prosciutto ogni lunedì.
4) Test della coordinazione = un costituente viene individuato come tale perché può essere unito ad
altri costituenti dello stesso tipo, appartenenti alla stessa categoria lessicale, solo dalle congiunzioni
e ed o . Es. E’ ogni lunedì e ogni mercoledì che Maria mangia un gustoso panino al prosciutto.
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5) Test dell’ellissi = un elemento può essere omesso , non è indispensabile , può essere recuperabile.
Es: Maria mangia un gustoso panino al prosciutto ogni lunedì e Mario mangia una fetta di torta
rustica.
6) Test della sostituibilità = alcuni costituenti in determinati contesti possono essere sostituiti da
pronomi , es : Maria mangia un gustoso panino al prosciutto ogni lunedì > Maria lo mangia ogni
lunedì.

La struttura interna dei sintagmi, in particolare quelli nominali è stata descritta con la ‘teoria x-barra’ =
dato un sintagma x , i diversi livelli di analisi dello stesso sono indicati con delle barre, o meglio apici, i
quali indicano i livelli di scomposizione in modo decrescente.

Ruolo sintagma preposizionale

a) Gianni ha letto un libro con gran piacere;  avverbi di modo specificano quanto espresso dal
verbo.
b) Gianni ha letto un libro con la copertina blu;  il sintagma preposizionale specifica una
caratteristica del nome (libro). (9)
c) Gianni ha letto un libro per tutta la notte.  il sintagma preposizionale si riferisce all’intera azione.
(10)

Principio generale dell’indicatore sintagmatico = ogni elemento che sta sul ramo di destra di un nodo
modifica l’elemento sul ramo di sinistra. Ma ci sono delle eccezioni :

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Sintagmi con due interpretazioni : si noti che questo sintagma ammette due interpretazioni, l'una in cui
Fedro è l'autore delle favole , l'altra in cui Fedro è invece chi possiede il libro.

Funzioni sintattiche

Le funzioni svolte dai sintagmi sono regolate da 3 ordini di principi che interagiscono gli uni con gli altri in
modo tale che i costituenti abbiano un ordine una gerarchia. I 3 ordini di principi : 1) funzioni sintattiche ;
2) i ruoli semantici; 3) organizzazione pragmatico – organizzativa .

1) Funzioni sintattiche = ruolo che i sintagmi assumono nella frase ( il soggetto, predicato verbale,
oggetto diretto, indiretto) . Una definizione rigorosa delle funzioni è difficile e dipende dalle teorie
linguistiche moderne. Le funzioni principali sono il soggetto (S), predicato verbale (V) e oggetto (O).
Tradizionalmente : il soggetto = colui che compie l’azione; predicato verbale = l’azione e l’oggetto =
chi subisce l’azione + numerosi complementi che in italiano vengono resi attraverso i sintagmi
preposizionali.

Le funzioni sintattiche vengono determinate a partire dai schemi valenziali = sono schemi che
descrivono lo scheletro, gli elementi essenziali della frase e si incentra sul verbo che affinché la
frase sia di senso compiuto ha bisogno che alcune posizione sintattiche siano riempite.
Per descrivere gli schemi valenziali bisogna fare riferimento a una frase non marcata
( indipendente, dichiarativa, con predicato verbale, positiva, attiva, non scissa, non topicalizzata).

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Le frasi non marcate sono classificate in base al verbo e agli argomenti, o valenze (= elementi
sintattici che se eliminati dalla frase ne produrrebbero una agrammaticale). Gli argomenti sono
richiesti dal tipo di significato del verbo.
Il predicato in base alla semantica richiede la presenza di un certo numero di elementi; il numero di
elementi richiesti dal verbo è detto schema valenziale ( = si fa riferimento al VERBO) o struttura
argomentale (= si riferisce all’intera FRASE).
In base alla struttura argomentale si possono distinguere :
 Verbi/ frasi non argomentali o zerovalenti o avalenti ( il verbo non richiede argomenti) ;
 Verbi/ frasi monoargomentali o monovalenti ( il verbo richiede un solo argomento);
 Verbi/ frasi biargomentali o bivalenti (il verbo richiede due argomenti);
 Verbi/frasi triargomentali o trivalenti ( il verbo richiede tre argomenti);
 Verbi/ frasi tetravalenti (il verbo richiede quattro argomenti) .

Strutture non argomentali = > si tratta dei verbi metereologici , es. Piove, nevica . In italiano non
c’è soggetto , mentre in inglese, in francese e in tedesco il pronome non può essere omesso
(= pronome espletivo, ma non è un argomento perché non rimanda a un referente).

N.B. I only drink red wine > *Only drink red wine (frase agrammaticale manca il pronome) ; in
italiano Bevo solo vino rosso > Io bevo solo vino rosso  italiano lingua pro – drop , a soggetto
nullo ; l’inglese , il francese e il tedesco sono lingue non pro – drop o a soggetto obbligatorio.

Strutture monovalenti o monoargomentali => i verbi monovalenti richiedono un solo argomento,


in generale si tratta di verbi intransitivi , frasi in cui l’unico argomento è il soggetto , es . Mario
dorme, Luca corre ecc…

Ma possono essere considerate monoargomentali altre frasi come le seguenti : Stamattina il malato
ha mangiato, Mario fuma , E’ piovuta tanta acqua . La (1) e la (2) sono frasi con verbo transitivo , ma
il complemento oggetto non viene espresso ; la (3) contiene un verbo meteorologico a cui si
attribuisce un soggetto lessicale.

Strutture bivalenti => verbi che richiedono due argomenti (soggetto + 2° argomento); le frasi che
prevedono queste strutture possono essere transitive o intransitive , es. Mario chiama il suo amico,
il giardiniere ha preso la vanga, Maria abita in città (= abitare è un verbo intransitivo richiede oltre
al soggetto , un sintagma che esprime il DOVE? ) .

Strutture triargomentali => verbi che richiedono tre argomenti ( soggetto + complemento oggetto
+ 3° argomento) . I verbi più frequenti sono quelli di dire, dare o mettere e mandare.

Es. La nonna racconta una storia ai bambini ; Il medico ha prescritto a Maria un lungo riposo; Mario
ha regalato una scatola di cioccolatini a Maria. ( 3° argomento = oggetto indiretto)

Es. Mario ha messo il biglietto in tasca. (3° argomento = moto a luogo, esprime il dove). ; Pietro ha
mandato suo figlio a nuoto (3° argomento = complemento di luogo). Il 3° argomento è di tipo
locativo e di solito viene espresso tramite l’uso di un sintagma preposizionale.

Strutture tetravalenti => verbi che richiedono quattro argomenti , es. Mario ha spostato la cariola
dal garage al giardino ; Mario ha tradotto la poesia dal francese al tedesco ( verbi tetravalenti =
spostare, tradurre).

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Per capire lo schema valenziale, data una frase si considerano gli elementi che possono essere
eliminati senza cambiare il significato e facendo sì che la frase abbia un senso compiuto.
Esiste la possibilità di valenze omesse , quando le valenze possono anche essere non realizzate
tutte , es: (a) Luca mangia la pasta /(b) Luca mangia . Alcuni linguisti hanno affermato che i verbi
hanno sempre lo stesso schema valenziale, ma nel caso (b) non tutte le posizioni sono saturate.
Secondo altri teorici questi verbi hanno più strutture argomentali  alcuni studiosi preferiscono
parlare di struttura argomentale della frase. Ci sono verbi con più strutture argomentali perché
polisemici, es. attaccare : Gianni ha attaccato un quadro alla parete; Gli assedianti attaccarono la
fortezza.

Nucleo = l’insieme del verbo e degli argomenti . Aggiunti o elementi extranucleari = sono gli
elementi non indispensabili per la grammaticalità della frase e non fanno parte dello schema
valenziale. Es. La settimana scorsa Mario ha incontrato Maria in un bar per un aperitivo. > * Mario
ha incontrato.

Quando gli aggiunti vengono rappresentati attraverso l’indicatore sintagmatico possono essere
modificatori a diversi livelli :

 Frase nel suo complesso;


 Sintagma verbale ;
 Sintagma nominale.

Ruoli semantici

Il secondo ordine di principi che determina la funzione e la posizione dei sintagmi nella frase è il
PIANO SEMANTICO. Si tratta della classificazione degli elementi aggiunti che rende esplicito il modo
in cui il referente di ogni sintagma (l’entità a cui si riferisce) contribuisce e partecipa all’evento
rappresentato dalla frase. La frase è la rappresentazione di una scena o di un evento.

Ogni relazione che codificano i sintagmi ha una sua denominazione. Le denominazioni nel loro
complesso sono detti ruoli tematici o semantici. Il ruolo tematico nasce dalla teoria del caso
profondo di Charles Fillmore (anni ’60 del XX sec.)

n.b. I ruoli semantici sono distinti dalle relazioni grammaticali.

Gli studiosi hanno preparato diversi inventari semantici , diversi numeri e diverse caratteristiche dei
ruoli semantici , quindi anche la terminologia è oscillante.

Ruoli semantici frequenti

1) Agente = colui che compie un’azione, che agisce o determina un cambiamento di stato, es. Il
topo ha mangiato il formaggio ; La corsa è stata vinta dal favorito.
2) Paziente = a) entità esistente in uno stato, o soggetta a cambiamenti, colui che non agisce
es. Il cielo è blu, La fiamma è diventata brillante; b) entità che è in un dato luogo, o subisce uno
spostamento , es. Il leone è nella caverna, Mario ha mosso la pietra; c) le conseguenze
dell’azione ricadono su una seconda entità, es. L’uccello ha mangiato il verme . Il paziente è un
ruolo semantico fondamentale perché ha il legame più stretto dal punto di vista semantico con
il predicato. Nella grammatica Generativa il termine paziente è sostituito da tema ; in altre

50
teorie si distingue tra paziente (= subisce l’azione) e tema (= entità non subisce l’azione, non
subisce alcuna trasformazione).
3) Strumento = indica il mezzo con cui si realizza un’attività o un cambiamento di stato, es. Silvia
ha schiacciato il ragno con una ciabatta.
4) Esperiente = l’entità che esprime una sensazione, una percezione, quindi non agisce, ma prova
un qualcosa, es: I ragazzi amano la musica; Mario vede ogni cosa (= percepire) .
Alcuni studiosi hanno distinto dall’esperiente, il ‘perceiver’ o ‘cogniser’ (= verbi di percezione).
L’esperiente può essere espresso con un sintagma preposizionale : A Mario piace la pizza.
5) Ubicazione = ruolo che indica la posizione di un’entità. Alcuni studiosi considerano la locazione
non solo in senso spaziale ma anche temporale; mentre altri distinguono ruoli spaziali da ruoli
temporali. Es: Il vaso è sopra/sotto/presso il tavolo (posizione) ; Il capodanno cade di venerdì
( posizione temporale)
6) Origine, provenienza = ruolo semantico che codifica il punto da cui si muove o deriva
un’entità , es . Hanno avuto notizie da casa (spazio) / Da giugno ogni cosa è andata bene
( temporale).
7) Percorso = il percorso lungo il quale si muove l’entità , es. Il cane inseguiva il gatto lungo il
sentiero / Sono riusciti a sopravvivere durante la siccità.
8) Meta / destinazione = è il punto al quale o verso il quale è orientata un’entità ( meta spaziale e
temporale al tempo stesso) , es. Si girò verso l’altare e camminò fino a quello (spazio) /
Marcella ha dormito fino all’alba ( tempo).
9) Ricevente = è la meta senziente , es. Marcella ha dato i suoi francobolli ai collezionisti (= coloro
che ricevono ciò che Marcella gli dà). Nei verbi di dire il terzo argomento non è il ricevente, ma
il destinatario.
10) Scopo/ fine = indica lo scopo di un’attività , es. Mario è andato al bar per un aperitivo.
11) Beneficiario ( e il suo contrario) = è l’entità animata nel cui interesse o svantaggio si compie
un’attività , es. Marcella ha fatto la spesa per sua madre / Marcella ha comprato il veleno per i
topi.
12) Modo = il modo in cui è compiuta l’attività o in cui si verifica un cambiamento di stato , es.
Mario ha elaborato un progetto con grande abilità.
13) Estensione = la distanza. l’area o l’arco di tempo in cui viene compiuta un’azione o in cui uno
stato viene mantenuto, es. Mario ha corso per tre miglia/ Il freddo è durato tutto l’inverno .
14) Possessore = è l’entità che possiede un’altra entità , spesso espresso da sintagmi preposizionali,
es. Ho visto il golf club di John.
15) Comitativo = è il ruolo semantico che indica l’entità che partecipa all’azione compiuta
dall’agente ( complemento di unione, compagnia) , es. Luisa ha discusso la tesi col professore.

Si parla di ruoli semantici anche per i verbi e vengono raggruppati in base all’entrata semantica
verbale :
a) Processo : trasformare, ingiallire, sbocciare…
b) Azione ( indica azione del soggetto ) : leggere, correre
c) Stato ( implica uno stato di cose che non prevede dinamicità) : esistere,stare.

Non esiste una corrispondenza biunivoca tra funzioni sintattiche e ruoli semantici, bensì ci sono dei
rapporti preferenziali . Il soggetto sintattico potrà codificare preferenzialmente l’agente di
un’azione ; la mancanza di una corrispondenza biunivoca emerge nella diatesi attiva, es. Gianna (A)
51
picchia Paolo (P) / Paolo (P) è picchiato da Gianna (A) [il soggetto sintattico è paziente perché
subisce l’azione e l’agente è codificato da un sintagma preposizionale].

Non tutti i verbi intransitivi sono uguali perché quando si usano le forme perifrastiche l’ausiliare è
diverso :

Mio fratello è partito / E’ arrivato il treno – Il cane ha corso/ Giovanni ha dormito.

Se si fanno frasi con participi assoluti si ottengono risultati diverse :

Partito mio fratello … / Arrivato il treno… - * Corso il cane… / Dormito Giovanni … ( verbi con
ausiliare essere generano frasi agrammaticali) .

La soluzione è distinguere nei verbi intransitivi due gruppi : verbi inaccusativi e verbi inergativi .

I verbi inaccusativi = sono i verbi in cui il soggetto condivide alcune proprietà tipiche degli oggetti
diretti e sono quelli con l’ausiliare essere. In italiano sono inaccusativi anche verbi intransitivi che
possiedono la forma transitiva , es. AFFONDARE  Il sommergibile (A) ha affondato la nave(P) /La
nave (P) è affondata ( = tempo passato di ‘La nave affonda’ – intransitivo) .

Altri esempi : Gianni peggiorato di giorno in giorno / Il tuo criceto è ingrassato (il soggetto non è
agente, ma è paziente ‘subisce’ l’azione).

In italiano sono inaccusativi i verbi intransitivi che selezionano l’ausiliare essere : accadere, andare,
dipendere, morire, sembrare ecc..

Verbi inergativi = sono i verbi che hanno come ausiliare avere: lottare, mentire , pranzare, tossire
ecc… , ed il soggetto in questo caso ha il ruolo di agente, es. Il cane ha corso / Giovanni ha dormito.

Struttura pragmatico- informativa

Il terzo ordine di principi che determina la funzione e la posizione dei sintagmi nell’ambito della
frase riguarda il piano pragmatico- informativo l’ informazione che i costituenti portano .

Al livello pragmatico (= parte della lingua che collega l’enunciato ai suoi effetti) ci sono 5 tipi di frasi:

1) Dichiarativa ;
2) Interrogativa ( polari : si o no / aperte introdotte da chi, quando, come ecc…);
3) Esclamativa ;
4) Iussiva o imperativa (= dare un ordine) ;
5) Ottativa o desiderativa ( esprime un desiderio).

Distinzione fondamentale

1) Tema (topic) = ‘ciò che è posto ’, nella frase è ciò di cui si parla, l’entità attorno a cui si predica
qualcosa ;

Rema (comment) = è la predicazione , è ciò che si dice del tema.

Mario = tema / ha comprato una macchina nuova = rema .


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Nella maggior parte dei casi, il tema è il soggetto sintattico della frase.

2) Dato e Nuovo  il dato è l’elemento già noto e fa parte delle conoscenze condivise; il nuovo è
l’elemento portato dall’informazione non nota. Accade spesso che dato e nuovo corrispondono
a tema e rema , ma non necessariamente. La differenza tra dato e nuovo riguarda la differenza
tra tipo di informazione; mentre la prima distinzione riguarda ciò di cui si parla e ciò che viene
detto. Es. Un altro studente si è prenotato per il tuo esame. ( tema = nuovo).
Nelle frasi non marcate, soggetto , agente e tema tendono a coincidere in uno stesso
costituente frasale ( > definizione di ‘soggetto’). Si tratta del costituente frasale in prima
posizione , es. Il gatto insegue il topo, MA esistono delle variazioni dell’ordine basico non
marcato dei costituenti con lo scopo di mettere in rilievo un elemento a fini informativi.

a) Dislocazione a sinistra = es. Mario mangia il gelato vs Il gelato lo mangia Mario : l’oggetto
diretto è stato spostato ad inizio frase, nell’area del tema ; è stato aggiunto un pronome
personale anaforico (= si riferisce a qualcosa che viene detto prima) . Riepilogando , un
costituente di una frase non marcata che è rematico diventa il tema e viene posto nel
margine sinistro della frase , e viene ripreso da una pronome personale clitico- anaforico , il
soggetto si sposta nella posizione del rema. Lo stesso accade con la costruzione passiva .
b) Dislocazione a destra = rende tematico un elemento che nella frase non marcata è
rematico, l’elemento che viene tematizzato viene isolato in fondo alla frase e viene fatto
precedere da un critico cataforico (= si riferisce a qualcosa che viene detto dopo).
L’elemento isolato a dx ha un valore tematico con la conseguenza dell’inversione tema-
rema > rema- tema. Es. Gianni (tema ) legge il giornale ( rema) / Gianni lo legge (rema) (,)
il giornale ( tema) .
c) Frase scissa =, che consiste nello spezzare una frase in due parti, portando all'inizio della
frase, introdotto dal verbo essere, un costituente, e facendolo seguire da una frase
(pseudo)relativa es. Maria (tema ) fa la spesa (rema) , posso mettere in rilievo una parte
della frase : E’ Maria ( focus, elemento saliente dal punto di vista comunicativo ) che fa la
spesa ( = frase pseudo relativa / presupposizione). L’alternativa è con a + infinito , se
l’elemento in focus è il soggetto ; se è un altro elemento che viene scisso non posso usare
quest’alternativa (E’ la spesa che fa Maria).
Focus = è il punto di maggior salienza comunicativa della frase , dove si concentra
l’interesse del parlante e che fornisce il massimo dell’informazione nuova.
Generalmente fa parte del rema , ed è contrassegnato da una particolare curva intonativa
enfatica.
Es. Davide di sera guarda il tg (= FOCUS) / Davide di sera guarda il tg, non le notizie sportive
(= FOCUS CONTRASTIVO , il tg viene messo in risalto grazie al contrasto con un altro
elemento.
Altri mezzi di espressione del focus  focalizzatori ( avverbi o particelle ) , es. Davide di
sera guarda solo il tg. (pag. 163 - Saltare da pp. 166- 175, riprendere da 175 )

Oltre la frase

Le frasi possono combinarsi tra di loro, dando vita a frasi complesse o periodi = sintassi del periodo
o sintassi superiore o macrosintassi . Esistono dei principi che regolano questo sottolivello di analisi,
tra questi coordinazione e subordinazione.
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La frase semplice ( o proposizione) è chiusa in sé, non contiene altre frasi : Gianni è partito.

La frase complessa contiene altre frasi , queste frasi possono essere coordinate se sono allo stesso
livello gerarchico , es. Mario è partito e Maria è rimasta a casa. Oppure le frasi possono essere
subordinate quando non si trovano sullo stesso piano ( rapporto di dipendenza), es. Il poliziotto
catturò il ladro che aveva svaligiato casa. La frase dipendente se isolata è detta agrammaticale.

Connettivi o connettori = elementi che possono collegare le frasi tra di loro in rapporti di
coordinazione o di subordinazione ( e, o, ma / perché, quando, affinché ) . Tra le frasi subordinate
esistono tre categorie principali che dipendono dal tipo di dipendenza che intercorre tra la
reggente e la subordinata.

1) Avverbiali (o circostanziali) = frasi subordinate che modificano interamente le frasi da cui


dipendono . In genere sono le subordinate causali, temporali, finali , concessive, ipotetiche,
es. Vado al teatro , benché sia stanca. Possono avere forma esplicita o implicita , es. Mario ha
punito il figlio, proibendogli la Play station ( avverbiale implicita perché il verbo non è di modo
finito, ma al gerundio ).
2) Completive = sono frasi che costituiscono un argomento della reggente , e ne sono un
elemento indispensabili, sono dette anche frasi argomentali . Si tratta delle soggettive, delle
oggettive e delle interrogative indirette. Es. Mario dice che domani sarà bel tempo
( oggettiva) / * Mario dice
3) Relative = sono in relazione a un costituente nominale della frase da cui dipendono che è detto
antecedente o testa della relativa ( nome o pronome) , es. Non ho più visto il film di cui mi hai
parlato. ( tralasciare da pp. 177 – 183)

TESTI riguarda un ulteriore livello di analisi , presenta la combinazione di frasi e il contesto


extralinguistico in cui essa funziona da unità comunicativa . Il contesto comprende sia il contesto
situazionale extralinguistico (la situazione specifica in cui la combinazione di frasi è prodotta ), sia il
contesto linguistico, ossia il COTESTO.

Il testo ha degli ambiti linguistici che si occupano di studiarlo e sono la linguistica testuale e la
pragmatica linguistica. Ci sono vari fenomeni a livello di linguistica testuale e pragmatica linguistica
come la pronominalizzazione (= sostituzione di un elemento nella frase già nominato con un
pronome) , l’anafora (= elemento del testo che si riferisce a qualcosa che è presente nel contesto
linguistico precedente), la catafora ( = anticipa qualcosa che verrà introdotto successivamente , es.
Lo hai mangiato il gelato ?).

Coreferenti = due elementi linguistici che individuano uno stesso referente. Anafora e catafora
implicano coreferenza.

I pronomi possono avere anche valore deittico .

Deissi = proprietà da parte dei segni linguistici di far riferimento a cose o elementi presenti nella
situazione extralinguistica, in particolare nello spazio e nel tempo in cui essa si situa. La deissi
comporta che per una corretta interpretazione dell’elemento deittico i parlanti devono essere
consapevoli del contesto situazionale.

Esempi : tu , ieri , là … = Lei , che cosa sta facendo ? / Lei che cosa ne pensa ? = cambia il referente

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1) Deissi personale = codifica il riferimento al parlante, all’ascoltatore e alle terze persone
( pronomi personali , persone verbali = indicano chi è il soggetto se è sing. o plur. e
i possessivi).
2) Deissi spaziale = indica la posizione di un’entità chiamata in causa rispetto al luogo in cui si
trovano i partecipanti all’interazione ( avverbi di luogo, dimostrativi, verbi di moto ecc…)
Qui lavoro bene seduta alla scrivania di casa mia / in un parco con il mio computer ( cambia il
referente di qui ) .
E’ importante distinguere i deittici prossimali dai distali . I prossimali sono quelli che indicano
una vicinanza rispetto al soggetto parlante; mentre i distali sono quelli che indicano una
distanza rispetto al soggetto parlante.
3) Deissi temporale = riguarda elementi linguistici che indicano la collocazione dell’evento nel
tempo rispetto al momento in cui si pronuncia l’enunciato ( avverbi di tempo, tempi verbali,
locuzioni avverbiale ecc…)

Gli elementi deittici possono essere anaforici o cataforici.

4) Deissi sociale = espressione che indica gli allocutivi usati per codificare le relazioni sociali tra
partecipanti ad un atto linguistico. Ad esempio l’uso del ‘lei’ è una forma di rispetto, implica una
distanza tra i parlanti a differenza del ‘tu’.

La deissi è importante nella lingua parlata. Un altro fenomeno importante è l’ellissi.

Lezione 21.04.20

L’ellissi è quando c’è un’omissione di elementi che nella frase sarebbero INDISPENSABILI e che è
possibile recuperare dal contesto linguistico, es. Coppie domanda- risposta : Dove vai ? A casa =
(Vado) a casa (= omissione predicato verbale).

Segnali discorsivi = quegli elementi estranei alla strutturazione sintattica della frase che svolgono il
compito di esplicitare l'articolazione interna del discorso, ossia segnalatori che indica come si va ad
articolare il discorso , es: allora, dunque, cioè, vale a dire ecc…

Meccanismi anaforici e segnali discorsivi rendono il testo un insieme formato da elementi collegati
gli uni gli altri in modo coeso ( COESIONE DEL TESTO).

Capitolo 5 – La semantica

La semantica (dal greco semainô = "significare") il livello di analisi linguistica che concerne il
SIGNIFICATO .

Che cos’è il significato ? Il significato è la parte immateriale dei segni non si relaziona solo con il
significante , ma anche con il referente  ci sono delle relazioni omogenee e complesse che hanno
fatto sì che il significato diventasse oggetto di studio e sono state introdotte varie prospettive di
analisi. Il significato lo considereremo in una prospettiva elementare e strettamente linguistica
(parziale).

Due modi di concepire il significato :

 Concezione referenziale o concettuale = il significato è un concetto, ossia un’idea creata


dalla mente e che corrisponde a qualcosa che esiste fuori dalla lingua.
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 Concezione operazionale o contestuale = il significato viene identificato come operazione ,
ossia la funzione dell’uso che si fa di un dato segno , ciò che accomuna tutti i contesti in cui
un segno viene usato ( quindi la totalità dei contesti in cui esso compare).

Entrambe le concezioni sono problematiche , anche se la prima è preferibile, più plausibile


intuitivamente.

Definizione generale di significato = il significato è il contenuto informativo di un segno o di


elemento linguistico  bisogna fare alcune distinzioni necessarie fra i differenti tipi di
significato.

a) Significato denotativo e connotativo


 DENOTATIVO = è il significato in senso stretto e corrisponde al valore
identificativo ; il segno rimanda in modo oggettivo diretto a un referente che
viene identificato nella sua proprietà intrinseca.
 CONNOTATIVO = è un significato indotto, soggettivo in relazione alle sensazioni
suscitate da un segno ; non ha valore di identificazione di referenti, es. gatto ,
ma anche micio, felino domestico.

b) Significato linguistico e significato sociale :


 LINGUISTICO = è il significato che il termine ha di partenza in quanto
appartenenza ad un dato sistema linguistico e codificante di una
rappresentazione mentale.
 SOCIALE = è il significato che il segno acquisisce quando viene contestualizzato
in un contesto sociale, quando ha un ruolo nella relazione tra i parlanti.

Es. Buongiorno  significato linguistico = Buona giornata ; significato sociale = dire


buongiorno a qualcuno significa che la conosco e instauro un atmosfera di cortesia;

Es. tu, lei , voi = pronomi personali di 2°, 3° e 2° persona plurale, ma quando
vengono contestualizzati socialmente diventano allocutivi , ovvero modi di
rivolgersi.

D’ora in poi , significato = significato linguistico e denotativo , concepito in modo obiettivo e neutro.

Distinzione interna al significato denotativo :

Significato lessicale = è il significato di parole piene , parole concrete o astratte che rimandano a entità o
concetti che appartengono alla realtà esterna.

Significato grammaticale = è il significato delle parole vuote, sono elementi che pur non rimandando a
entità o concetti della nostra realtà hanno un valore ed hanno a che fare con concetti o rapporti interni al
sistema linguistico, alle sue categorie o strutture ( morfologia).

Distinzione tra significato e enciclopedia : di un segno si conoscono tante altre informazioni oltre a quelle
individuate nel sistema linguistico e che dipendono dalle esperienze proprie, dalla propria cultura , tutto
questo insieme di conoscenze collegate al significato di un termine , ma che non vi rimandano al suo
significato in senso stretto sono chiamate conoscenze enciclopediche (o enciclopedia).

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Non sempre i confini tra significato e enciclopedia sono facili da stabilire.

Distinzione tra significato e senso : il significato si caratterizza per una serie di tratti obiettivi , ma può
accadere che una parola usata in contesti acquisisca significati diversi rispetto al significato denotativo, es.
finestra = finestra / finestra (computer) polisemia . Il senso è il significato contestuale, ossia la
specificazione che il contenuto di un termine (= entità astratta con valore generale, determinata all’interno
del sistema linguistico) assume ogni volta che viene usato in una produzione linguistica in un certo
contesto .

Differenze tra significati per opposizioni

ciao gatto di giacca perché pazienza buono Antonio vedere moglie Milano

Il significato di ciao è sociale, di e perché hanno entrambi significato grammaticale, buono è astratto e
valutativo, vedere è astratto e rappresenta un evento, non un oggetto; in parte è anche relazionale, in tanto
in quanto nell'uso normale si implichi "X vede Y", relazionale è il significato di moglie, dato che implica "X è
moglie di Y", giacca non è una specie naturale, bensì un artefatto; ma come gatto è tipicamente
referenziale, concreto, corrisponde a una classe di oggetti percepibili, fisicamente esistenti nel tempo e
nello spazio. Pazienza è invece astratto, ma non valutativo , Antonio e Milano sono due nomi propri,
indicano un’entità specifica e un luogo specifico, non una classe di elementi ( hanno solo estensione).

Intensione vs estensione

Intensione = è l’insieme delle proprietà che costituiscono il concetto designato da un termine, es. gattità

Estensione = è l’insieme degli elementi (astratti , concreti ) a cui il termine si può applicare, es. insieme di
gatti.

Con i nomi propri la situazione cambia perché l’estensione si riduce ad unica entità.

Il lessico è l’insieme dei lessemi di una lingua . Nello studio del significato non sono pertinente i valori
codificati dalla morfologia flessionale , i lessemi sembrerebbero coincidere più con la base o radice lessicale
di una lingua piuttosto che con una parola flessa.

LESSEMA = è la parola considerata dal punto di vista del significato , appartenente ad un dato sistema
linguistico . Si tratta dell’unità minima della semantica; l’insieme dei lessemi dà vita al lessico.

LESSICOLOGIA = studio dei vari aspetti del lessico.

LESSICOGRAFIA = studio di come si preparano e redigono le opere che raccolgono il lessico di una data
lingua.

Il lessico è un’area dibattuta dal punto di vista teorico: 1) perché è un componente essenziale della lingua
(l’altro è la GRAMMATICA); 2) è lo strato più esterno e più permeabile e suscettibile a ricevere influssi
dall’esterno  livello di analisi meno ‘linguistico’. E’ uno strato ampio , meno strutturato e costituisce un
sistema aperto (= può accogliere nuovi lessemi). Nel lessico si fondono il mondo esterno e la lingua.

Il lessico comprende un numero elevato di elementi, basti pensare che i dizionario comuni contengono tra i
90.000 e 130.000 lemmi ( voce di entrata del dizionario ) . Normalmente la competenza lessicale passiva
(= ciò che si comprende nell’ascolto, non ciò che si usa) è ridotta = 40.000 / 50.000 unità.

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Nell’organizzazione interna del lessico e del possesso che ne hanno i parlanti contano molto fattori come la
frequenza d’uso dei termini e la disponibilità dei termini (= termini che si incontrano, non sono tecnici, ma
COMUNI ) . All’interno del lessico del parlante ci sono dei lessemi che vengono usati frequentemente e che
sono disponibili, costituenti del vocabolario di base . In italiano, il vocabolario di base è formato da 7.000
unità , il cui nucleo è il vocabolario fondamentale che contiene i lessemi usati più frequentemente. A
questi bisogna aggiungere i lessemi con frequenza e/o disponibilità alta .

Rapporti di significato tra i lessemi

Omonimia = è la relazione che intercorre tra lessemi che hanno lo stesso significante (forma), ma significati
diversi non relazionati tra loro e non derivabili l’uno dall’altro, es. Riso = atto del ridere , riso = cereale.
Il fatto che due parole abbiano la stessa identità formale è una casualità .

Nell’omonimia è possibile distinguere :

 Omofoni = due parole uguali solo sul piano fonetico, non su quello grafico , es. inglese bare/bear,
meat/meet, flour/flower, right/write, too/two.
 Omografi = due parole che si scrivono allo stesso modo , ma non si pronunciano allo stesso modo ,
es. pesca (frutto/atto del pescare).

Se sono sia omofoni che omografi sono omonimi.

In italiano l’omofonia è meno diffusa, quando c’è è soprattutto in gruppi di parole o frasi intere che, pur
avendo composizione diversa, sono uguali come suono , es. “la morale” – “l’amorale”.

Gli omonimi appartengono spesso a classi di parole differenti . Se appartengono alla stessa classe di
parole si chiamano omonimi perfetti.

Polisemia = sono lessemi che hanno più significati, ovvero hanno stesso significante e diversi significati
che sono imparentati tra loro e derivabili l’uno dall’altro, es. corno , indirizzo

Stesso lessema con più significati o accezioni diverse ; mentre nell’omonimia , due diversi lessemi che
hanno lo stesso significante.

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Un tipo particolare di polisemia è l’ENANTIOSEMIA = si tratta di un lessema con più significati che sono tra
loro in un rapporto di opposizione , es. ospite = chi ospita e chi viene ospitato ; tirare può avere i due sensi,
in certo grado inversi, di "lanciare" (tirare la palla) e di "trarre, attrarre verso di sé" (tirare la barca a riva);
spuntare = perdere una punta e un germoglio che spunta (aumento).

Rapporti di similarità

Sinonimia = due lessemi sinonimi sono lessemi diversi aventi lo stesso significato, es. pietra/sasso,
iniziare/cominciare , gatto/micio , raffreddore/ rinite, padre/babbo, dono/regalo.

Condizione necessaria affinché due termini siano sinonimi è che essi siano intercambiabili in tutti i possibili
contesti. Perciò la sinonimia perfetta è rara , nella maggior parte dei casi si hanno dei quasi sinonimi.

Iponimia = relazione di inclusione semantica per cui il significato di un dato lessema è incluso il significato di
un altro lessema più generico , es. gatto /felino, rosso/colore, canguro/marsupiale…

Iponimo = lessema che ha un significato più specifico incluso nel lessema più generico.

Iperonimo = lessema che ha un significato più ampio, generico.

 Test : ‘Tutti gli x sono y ma non tutti gli y sono x’ , l’iperonimo e l’iponimo hanno un’intensione ed
un’estensione diversa : l’iperonimo ha un’estensione più ampia rispetto all’iponimo; mentre
nell’iponimo ci sarà un’intensione più specifica.

Catene iponimiche = da un iponimo si risale al suo iperonimo, si tratta rapporti iponimici con strutture
molto articolate. Ci sono gradi intermedi di dipendenza e inclusione , es. canguro – marsupiale –
mammifero – animale ( da animale a canguro aumenta la specificità)

Iponimia diretta = es. canguro – marsupiale .

Canguro è il livello ottimale che rimanda al referente.

Meronimia = significa ‘nome parte’, è il rapporto tra due lessemi di cui uni indica la parte di un tutto .

Olonimo = termine che indica il tutto di cui un x è parte .

Es. braccio/ corpo = braccio è meronimo di corpo; corpo è olonimo di braccio.

Rapporti sintagmatici

1. Solidarietà semantica (o ‘lessicale’)


Si tratta della cooccorrenza obbligatoria o fortemente preferenziale tra due lessemi e dipende dalle
proprietà semantiche dei due lessemi. Es.: miagolare/gatto, leccare/lingua, raffermo/pane; solo dei
gatti si dice che miagolano, solo con la lingua si può leccare, solo del pane si dice che è raffermo.
2. Collocazioni
Cooccorenze non obbligatorie, ma preferenziali. bandire/concorso, porta/scorrevole,
ringraziare/caldamente, saluti/ cordiali (e non gentili), rassegnare/dimissioni, avvenimento/tragico,
eccetera. A differenza del rapporto di solidarietà, che è basato sulle proprietà e restrizioni
semantiche previste dal sistema linguistico, il rapporto di collocazione riflette però piuttosto
convenzioni e idiosincrasie tipiche dell'uso della singola lingua ( IDIOLINGUISTICHE) . Non c’è legame

59
insito nei tratti dei significati. Es. italiano = accendere la luce / il fuoco; in inglese = turn on the light
/ light the fire .

Rapporti di opposizione
1. Antonimia = due lessemi hanno un significato contrario , i due antonimi sono gli estremi di una
scala che ammette gradi intermedi. Es. basso / media statura / alto – freddo /tiepido / caldo .
Implicando gradualità gli antonimi si possono gradualizzare con più o meno basso /alto ecc…
Criterio : ‘x è antonimo di y se implica non – y , ma non-y non implica x ‘, ossia basso è
antonimo di alto se implica non alto , ma non alto non implica basso.
2. Complementarità = due lessemi che sono l’uno la negazione dell’altro , sono estremi di una
scala che non ammette gradi intermedi , sono complementari due lessemi di cui uno è la
negazione dell'altro, in quanto spartiscono uno stesso spazio semantico in due sezioni opposte
es. vivo/morto, chiuso/aperto.
Criterio : ‘ x è complementare di y se implica non-y e non-y implica x’, ossia vivo è
complementare morto se implica non morto e non morto implica vivo.
3. Inversione = due lessemi esprimono o una stessa relazione semantica vista da due direzioni
opposte oppure sono i due partecipanti ad una stessa relazione , es. nonno/nipote,
comprare/vendere, dare/ricevere, davanti/dietro ecc…

Insiemi lessicali
Sottoinsiemi lessicali = gruppi di lessemi che costituiscono complessi organizzati , in cui ogni
elemento è unito agli altri da rapporti di significato.
1) Campo semantico : è l’insieme dei lessemi che coprono le diverse sezioni di un
determinato spazio semantico del nostro sistema linguistico > ogni lessema = una parte, es.
aggettivi di età , parentela, termini di colore, i verbi di movimento, gli aggettivi di bellezza.
Etichetta campo semantico è polisemica perché può indicare anche i diversi significati che
un dato lessema può assumere (area semantica).
I lessemi che appartengono ad uno stesso campo semantico sono co-iponimi di uno stesso
iperonimo immediato/ sovraordinato non necessariamente lessicalizzato.
2) Sfera semantica = insieme più ampio del campo semantico , indica un insieme più ampio
del campo semantico o lessicale perché contiene tutti i lessemi che hanno in comune il
riferimento ad un certo ambito semantico. Es. ambito semantico della moda,
dell’abitazione , dell’agricoltura (attrezzi, tipi di colture, attività agricole…) Non c’è un
rapporto stretto e determinato tra i termini come nel campo semantico.
3) Famiglia semantica = i lessemi sono imparentati nel significato e nel significante, sono
parole riconducibili alla stessa radice lessicale, es. pace, pacato, pacatezza.
4) Gerarchia semantica = un lessema è una parte specifica di un altro lessema che in una scala
di misura gli è superiore, si tratta di una meronimia strutturata, es. secondo, minuto, ora,
giorno ecc… [ogni termine è meronimo del successivo].

60
Lezione 27.04.20

Chiarimento : ARBITRARIETA’

Segno grafico – referente = non sussiste alcun rapporto naturale tra segno e ciò a cui rimanda, è qualcosa di
arbitrario, non naturale , es. ‘albero’ posso chiamarlo ‘tree’ in inglese, mancanza di vincoli, il segno può
essere applicato ad un gran numero di referenti.

Significante – significato = rapporto 1:1 , 1 significante = 1 significato , il significante gatto in altre lingue può
essere associato ad altri significanti , ma con stesso significato.

Forma e sostanza del contenuto = nell’espressione (sostanza) si hanno tutti i suoni prodotti , mentre nel
contenuto (forma / significante) ci sono gli elementi che in un dato sistema linguistico vengono selezionati.
Dunque ci sono vari modi di esprimere qualcosa in lingue diverse , es. bosco, legna, legno = ci sono 3
lessemi a cui si contrappone il francese con un solo lessema bois -> unico significante polisemico , in quanto
codifica più significati( forma diverse nelle lingue per uno stesso significato).

Forma e sostanza dell’espressione = Sostanza fatta di suoni molto simili è formata diversamente , cioè
diversamente ritagliata in fonemi da lingue diverse, es. lunghezza vocali e consonanti in italiano e inglese ,
in latino è distintiva, in italiano no.

SENSI TRASLATI = fanno parte di parole polisemiche e si sviluppano da un significato centrale per una parola;
si verifica un trasferimento del significato a partire da quello di partenza a quello figurato. Si tratta della
metafora e della metonimia .

METAFORA = somiglianza concettuale , es. Mario è un leone = è coraggioso;

METONIMIA = vicinanza concettuale , in base alle relazioni causa – effetto, contenente – contenuto ecc…

Es. Comprare una Fiat ( marca per il prodotto), Bere una bottiglia (contenente per contenuto), Ha letto tutto
Manzoni ( autore per le opere).

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Se la relazione è quantitativa (maggiore e minore) si parla di SINEDDOCHE, es : Avere trenta primavere =
avere trent’anni  parte per il tutto : primavera sostituisce anni; L’italiano ama le vacanze al mare ( singolo
italiano = minore estensione ).

Analisi del significato

E’ una questione molto complessa.

a) Analisi COMPONENZIALE ( metà XX secolo) = è l’analisi nelle componenti del significato, si scompone
il significato nei suoi componenti. Il principio su cui si basa è una trasposizione alla semantica di
quella che è la scomposizione dei numeri in fattori primi in algebra, ed è uguale alla scomposizione
dei fonemi nei tratti distintivi.
Si procede scomponendo il significato dei lessemi, confrontandoli tra loro, individuando le
differenze tra il loro rispettivo significato , per poi arrivare ad individuare delle unità di significato
(atomiche = non possono essere ulteriormente scomponibili) e sono elementi ricorrenti nel
significato dei lessemi. Nella descrizione del significato i tratti o ci sono o non ci sono , sono di tipo
binario. /Umano/, /adulto/, /maschio/ sono i tratti semantici, ed ogni lessema è definibile come
un insieme di tratti.

N.B. L’analisi componenziale non si può applicare ai sensi traslati non in modo immediato se non
ipotizzando delle variazioni nei tratti.

L’analisi componenziale funziona finché l’inventario dei tratti rimane ridotto , ad esempio i nomi astratti
sono complessi da analizzare. Ma, in realtà, solo un certo numero di tratti è fondamentale e universale,
ovvero si ritrova nei significati di certi lessemi. Fra i tratti esistono rapporti di implicazione => un tratto più
specifico è compreso in un tratto più generico.

Tabella = /+ UMANO/ implica /+ ANIMALE/ il quale a sua volta implica/+ ANIMATO/ il quale a sua volta
implica/+ ENUMERABILE/ e /+ CONCRETO/. /+ ENUMERABILE/ è il tratto semantico che accomuna tutti i
lessemi indicanti entità consistenti in singoli individui, entità che è possibile pluralizzare.

I nomi col tratto/- ENUMERABILE/ sono anche chiamati, con calco sull'inglese, 'nomi massa'./+ CONCRETO/
accomuna tutti i lessemi che indicano cose dotate di una loro realtà fisica, materiale, percepibile attraverso
i cinque sensi. Nella descrizione componenziale di un lessema è sufficiente ed economico rappresentare
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solo il componente che implica quelli gerarchicamente più ampi: basta per esempio dire che bambino è /+
UMANO/, e questo tratto contiene già quelli precedenti,/+ ANIMALE/,ecc…

Nel descrivere un tratto non si fa ricorso a tratti più generici, ma al tratto più specifico e pertinente (=
economicità) . La maggior parte dei tratti è BINARIA, ma ci sono anche casi in cui abbiamo tre possibili valori,
es. penetrabile con solidi, liquidi, gas.

L’analisi semantica è possibile anche con i verbi , ma è complesso, in quanto non entrano in gioco solo i
tratti, ma anche il loro ordine , soprattutto nei verbi che implicano causalità , es. uccidere = /(x causa) (( y
diventa) (non vivente))/.

Problemi analisi componenziale

 Termini astratti = difficoltà di descrizione ;


 Differenza tra significato ed enciclopedia => analisi componenziale troppo rigida, ed esclude parte
del significato che deriva dall’enciclopedia;
 Inventario dei tratti stessi = quali tratti sono universali?
b) Cenni di semantica prototipica ( semantica cognitiva)
La semantica componenziale si fonda su una concezione aristotelica delle categorie; mentre la
semantica prototipica si fonda su una teoria delle categorie diverse. Secondo la concezione
aristotelica una data entità appartiene ad una categoria se è caratterizzata da proprietà necessarie
e sufficienti di una data categoria che ha confini rigidi e netti e infine tutti i membri appartenenti a
una categoria condividono gli stessi tratti necessari e sufficienti, sono equivalenti.
Negli anni ’70 del XX sec. , Eleanor Rosch ha proposto una nuova concezione delle categorie
( = teoria dei prototipi)  una categoria è definita da proprietà necessarie e sufficienti, ma anche
da altri tratti graduali (= al centro l’entità che possiede tratti necessari e sufficienti + graduali,
alcune entità appartenenti ad una categoria li possiedono, altri no, non sono condivisi da tutti) ; è
delimitata da confini sfumati che si sovrappongono parzialmente a quelli di altre categorie; c’è
un’entità centrale e altre periferiche dunque i membri non sono equivalenti.
Se si applica al significato la teoria dei prototipi allora : il significato di un lessema è concepito come
prototipo che è l’immagine mentale immediata, per alcuni parlanti con una certa cultura
corrispondente a un dato, l’immagine mentale a cui si pensa subito se non vengono fornite
indicazioni utili all’identificazione. Il prototipo è il punto focale di un concetto -> il membro
centrale (prototipo) è l’elemento specifico, è l’elemento più saliente ed importante .
Es. uccello : in (a) analisi componenziale  + animale, - mammifero, + alato,+ con piume ; ogni
membro è ugualmente rappresentativo ( tutti gli uccelli condividono le stesse caratteristiche);
in (b) semantica prototipica  immagine prototipica di uccello, poi verranno altri uccelli con tratti
costitutivi + altri meno importanti = le categorie non sono insiemi chiusi di tratti necessari e
sufficienti. Esistono possibili aree di sovrapposizione tra le categorie, es. delfino > pesci/mammiferi,
sono elementi al confine tra categorie diverse , ma l’appartenenza o meno di un’entità può
dipendere da fattori diversi (dall’uso che se ne fa, usi e consuetudini di una cultura) . Non tutti i
membri di una categoria sono ugualmente rappresentativi ovvero hanno lo stesso grado di
esemplarità [ I componenti semantici, dunque, non sono più una lista fissa di proprietà tutte
necessarie (e sufficienti) per definire il significato di un lessema, distillate dal confronto fra i
significati dei termini di uno stesso campo semantico, ma diventano un insieme di criteri più o

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meno importanti nell'identificare una categoria.] Una conseguenza importante della semantica
prototipica consiste infatti nel rendere sfumati e in sovrapposizione i confini delle categorie, che
non risultano più netti e ben separabili come nella visuale, tipicamente discreta, della semantica
componenziale.

Problema dell’analisi prototipica

 Non si applica all’analisi di concetti astratti


 E’ molto utile non solo quando associata al significato, ma anche per descrivere concetti linguistici ,
es. l’agente (agente che agisce meno = chi cammina, agente che agisce di più = chi spezza una
matita); le classi di parole ( infinito usato come sostantivo = elemento periferico della categoria
nome o si trova in un’area di confine tra nome e verbo).
 Si adatta bene alla vaghezza del significato non sempre è possibile descrivere un’entità con un
significato , i confini del significato in alcuni casi sono sfumati , e alla polisemia es. corno = diversi
significati tra cui se ne riconoscerà uno centrale .

Es. di vaghezza di significato = chi di loro è calvo ? , quali di questi è un mucchio di riso?

Semantica prototipica = gradualità (più/meno) + categoricità (sì/no). L'analisi in tratti semantici può anzi
risultare compatibile con l'analisi prototipica, a patto che la rappresentazione componenziale riesca a
preservare la dimensione necessariamente graduale di alcune proprietà.

c) Cenni di semantica frasale = riguarda il significato delle frasi . Il significato della frase viene definito
di tipo composizionale , ossia il significato è la somma dei significati dei lessemi che la compongono,
ma non dipende solo dagli elementi che la compongono (contesto) .
Distinzione tra frase – enunciato
L’enunciato è una frase considerata dal punto di vista del suo concreto impiego in una situazione
comunicativa come parte di un discorso; mentre la frase è la sequenza di elementi con significato di
tipo composizionale = langue, sistema vs impiego della frase in una situazione comunicativa,
quando la si contestualizza = parole.
Quando si considera il significato dell’enunciato per interpretarlo correttamente bisogna
considerare connettivi, quantificatori, negazione.
I connettivi sono le congiunzioni = collegano di loro parti dell’enunciato e funzionano da operatori
logici ; i quantificatori sono tutti, nessuno, ognuno ecc… e la negazione.

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Composizionalità del significato
Gli studi di composizionalità del significato hanno avuto impulso particolare in ricerche semantiche
di generativisti che si sono distaccati dal Generativismo Pustejovsky ha analizzato i fenomeni che
riguardano il modo in cui i significati e le proprietà semantiche dei singoli lessemi degli enunciati
interagiscono.
A livello di enunciato è importante considerare la PRAGMATICA , ossia con che intenzione il parlante
pronuncia un certo enunciato , quindi la lingua si trasforma in modo d’agire perché le frasi
vengono poste in relazione allo scopo che si vuole ottenere pronunciandole .

Teoria dell’atto linguistico (= unità di base dell’analisi pragmatica)

La frase si classifica secondo tre livelli :

1) Atto locutivo/locutorio = livello di corretta formazione di una frase (selezione elementi del lessico,
struttura fonetica, grammaticale), es. Maria sta partendo.
2) Atto illocutivo / illocutorio = intenzione con cui e per cui si produce una frase , es. Maria sta
partendo => fornire un’informazione, Maria sta partendo => chiedere un’informazione.
3) Atto perlocutivo = l’effetto che si vuole determinare nel destinatario del messaggio , es. Maria sta
partendo può avere effetti diversi .

Es. Chiuderesti la finestra? (1) = frase interrogativa ; (2) = richiesta o ordine ; (3) = ottenere la chiusura
della finestra.

La pragmatica si occupa soprattutto dell’atto illocutivo. E’ l’atto illocutivo che definisce la natura e il
tipo dell’atto linguistico usato.

Al livello di atti linguistici, un ruolo importante lo svolgono i verbi performativi che stanno a significare
le intenzioni del parlante (atti illocutivi) , es. promettere, autorizzare, condannare, proibire … se
vengono usati alla prima persona annullano la distinzione tra atto locutivo e illocutivo (= si assume una
posizione, un atteggiamento) ; mentre se non usati alla prima persona hanno valore constatativo,
descrittivo.

Esistono modi diversi di esprimere uno stesso atto illocutivo , es : Chiuderesti la finestra?, Chiudi…, Per
favore potresti chiudere… (cortesia linguistica). Se viene usata ‘troppa’ cortesia , l’atto linguistico diventa
molto indiretto e tende ad assumere valori ironici.

Per come vengono formulati gli atti linguistici è stata elaborata la teoria degli atti linguistici = ha descritto
le condizioni di carattere generale, semantico, pragmatico che devono essere presenti affinché un atto sia
illocutivo, ossia rappresenti sia per il parlante che ne è produttore che per il destinatario una specifica
azione voluta.

Il significato implicito , le presupposizioni

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Si tratta di un fenomeno che riguarda un significato che non appartiene al significato letterale della frase,
ma è ricavato o ricavabile da ciò che viene detto nella frase e da come lo si dice, es. A: Andiamo al cinema?
B: Ho un po’ di mal di capo … = non si ha nulla letteralmente che rimanda alla risposta, ma la si ricava.

Lezione 28.04.20

Il significato implicito si ricava dal cotesto ( contesto linguistico) e dal contesto situazionale.

Per spiegare come si mette in atto il significato implicito sono state elaborate diverse teorie tra cui quella
delle quattro massime della conversazione di Herbert Paul Grice , tali massime sono:

Quantità = dare la giusta quantità di informazione

Qualità = comunicare qualcosa di vero o verificabile

Modo = ciò che viene comunicato deve essere comunicato chiaramente

Relazione = quanto comunicato deve essere pertinente con ciò di cui si parla

Le 4 massime si fondano sul principio di cooperazione = nel momento in cui si attua una conversazione si
presuppone che entrambi i parlanti vogliano portare avanti la conversazione, quindi cooperano al corretto
andamento della conversazione  è possibile violare una o più massime senza compromettere l’efficienza
dello scambio di comunicazioni. Nel caso di violazione di una o più massime si hanno le implicature
conversazionali ( in ciò che si dice c’è qualcosa che è implicito).

(1) La presupposizione è un tipo di significato implicito : è una parte di conoscenza che due parlanti
condividono in uno scambio comunicativo, ma non viene esplicitata è una base comune di
conoscenza su cui si fonda l’atto comunicativo.
(2) La presupposizione si configura come ciò che il parlante ritiene che sia noto all’ascoltatore,
assodato, indiscutibile.
Es. Il tram sta arrivando presuppone che esiste un tram, che passa lì, ecc…
Uno dei meccanismi che si usa in linguistica per capire quale parte dell’informazione è presupposta
è la prova di negazione : la presupposizione resiste alla prova di negazione  se nego ciò che dico
in un enunciato non nego ciò che è presupposto , es. Il tram non sta arrivando => non nega
esistenza del tram, né che il tram passa lì. [Non viene negata la conoscenza presupposta]
Conoscenza presupposta = perché l’enunciato (A) sia vero deve essere vera la presupposizione (B).
Le presupposizioni sono infatti ancorate alla forma linguistica, hanno il loro aggancio preciso nella
proposizione· che viene formulata; mentre le inferenze sono per lo più fondate sulla nostra
conoscenza del mondo. Finire è uno di quei verbi, detti 'verbi fattivi', come per esempio sapere, o
confessare, o rimpiangere, che veicolano automaticamente la presupposizione di verità della
proposizione che reggono.

Leggere solo da 218-220

Capitolo 6 – Le lingue del mondo

Le lingue storico-naturali nel Mondo sono migliaia, anche se molte sono in via di estinzione. Il computo
delle lingue non dà dati costanti, ma è variabile da circa 2.200 a 7.000. Le ragioni della disparità nel
computo delle lingue sono varie:

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1. in base ai criteri adottati
2. l’apparizione di nuove varietà dovuta all’avanzamento di studi nel settore
3. la difficoltà notevole nel distinguere il dialetto dalla lingua

Es. situazione italiano : quante lingue si parlano in Italia? In Italia si ha una grande varietà linguistica,
non si parla una sola lingua ( distinzione lingua nazionale – lingue delle minoranze = parlate in gruppi
più o meno consistenti di parlandi in alcune aree del paese).

Distinzione tra lingua e i vari dialetti italiani ; la distanza strutturale tra i due non è un criterio usato in
modo uniforme.

Classificazione delle lingue

Per ordinare le lingue esistenti o esistite in passato sono stati proposti vari sistemi di classificazione,
basati su criteri diversi.

1) Classificazione genealogica
Le lingue possono essere classificate in base alla famiglia a cui appartengono. Le famiglie
linguistiche sono formate da lingue che sono ‘imparentate’ tra loro e che discendono da una stessa
lingua : la LINGUA MADRE (attestata storicamente o ricostruita)
Una lingua madre ricostruita è l’indoeuropeo che viene ricostruito grazie al metodo storico-
comparativo. Es. Inglese e Italiano = lingue indoeuropee ( lingua germanica – lingua romanza)
Uno dei metodi usati per individuare la parentela linguistica è un metodo comparativo, denominato
storico- comparativo = confronto fra elementi di ambiti linguistici differenti delle lingue in
questione  LESSICO FONDAMENTALE che fa riferimento a circa 200 termini ed è costituito da
termini designanti nozioni comuni. E’ il lessico meno esposto ad interferenze linguistiche , è quello
che dà maggiore garanzia di essere originario di quella varietà.
Considerando le fasi più antiche delle lingue storico – naturali a cui risale il lessico fondamentale da
cui si confrontano elementi con significante e significato simili, se si riscontrano delle somiglianze
allora si tratta di lingue discendenti dalla stessa lingua madre.
La ricostruzione con metodo storico- comparativo è un processo complesso.
L’italiano è una lingua romanza appartenente all’italo-romanzo del gruppo occidentale del gruppo
neolatino della famiglia indoeuropea. Le altre lingue romanze sono il francese, il provenzale ed
occitano, gallego, catalano, portoghese, sardo, ladino, retoromanzo e romeno.
Le lingue romanze insieme ad altri rami linguistici costituiscono le lingue indoeuropee. I rapporti
tra le differenti lingue indoeuropee hanno luogo da millenni e le più anticamente attestate
risalgono al II millennio a.C. I rapporti più complessi in questa famiglia linguistica sono stati
schematizzati con un albero genealogico.
Oggi le lingue indoeuropee sono circa 140 ( lingue romanze, lingue celtiche, lingue germaniche,
lingua greca, albanese, lingue slave, lingue anatoliche [ittito], armeno, lingue iraniche [persiano],
varietà indiane e tocario).
Lingue non indoeuropee : lingua basca ( lingua isolata = non appartiene a nessuna famiglia) ,
estone, finlandese, ungherese (lingue ugrofinniche).
In una classificazione genealogica , la famiglia è la componente più importante, si passa poi a rami ,
a gruppi e a sottogruppi (lingue più strettamente imparentate); mentre all’apice si trova il phylum
(stock) individua un livello più ampio di quello di famiglia contiene più famiglie linguistiche.

67
La linguistica comparativa riconosce massimo 18 famiglie linguistiche, più alcune lingue singole
isolate ( come il basco). [pag. 230]
Famiglie linguistiche = lingue indoeuropee, lingue urali (lingue ugrofinniche),lingua altaiche ( circa
60,es. turco ), lingue caucasiche (georgiano), lingue dravidiche ( parlate in India), lingue
sinotibetane (cinese, circa 300), lingue paleosiberiane ,lingue austroasiatiche (es. vietnamita),
lingue kam-thai (thailandese), lingue austronesiane, lingue australiane ( es. dyirbal), lingue
indopacifiche ( es. Nuova Guinea), lingue afroasiatiche (lingue semitiche), lingue nilo(tico)sahariane
(es. nubiano), lingue niger cordofaniane (es. swahili,zulu), lingue khoisan, lingue amerindiane
(eschimese, navaho) e lingue isolate.
In Europa ci sono 5 diverse famiglie più una lingua isolata (basco).
Le 5 famiglie sono :
1. Lingue indoeuropee
2. Lingue uraliche
3. Lingue altaiche
4. Lingue caucasiche
5. Lingue semitiche (fam. Afroasiatica , es. Maltese).

Lingue pidgin e creole = sono lingue che nascono dall’incontro tra lingue in condizioni particolari e
si sviluppano con tratti molto specifici. Per questo è difficile collocarle in una famiglia precisa, anche
se nella maggior parte dei casi vengono assegnate alla famiglia che ha fornito più materiale
lessicale (lingua lessicalizzatrice).

Pidgin = sistema linguistico semplificato sprovvisto di parlanti nativi ; quando il pidgin diventa la
lingua materna di una comunità si trasforma in creolo.

Ci sono alcune lingue che possono essere considerate grandi lingue = parlate da un ampio numero
di parlanti nativi e con tradizione culturale di ampio prestigio. Per 'parlanti nativi' di una lingua si
intendono i parlanti di una lingua che hanno imparato quella lingua nella socializzazione primaria e
quindi la possiedono come lingua materna.

I criteri per giudicare l’importanza di una lingua sono vari => numero di parlanti in altri paesi dove la
lingua è parlata o è lingua ufficiale ; rapporti internazionali ; importanza politica ; tradizione
culturale letteraria e numero parlanti non nativi.

Oggi le lingue con più parlanti nativi sono 5 : il cinese mandarino, hindi-urdu, inglese, spagnolo,
arabo.

2) Classificazione tipologica
Prescinde dalla parentela linguistica, considera le lingue in base al modo in cui sono organizzate e
strutturate, considerandone le somiglianze e le differenze, in particolare comparando le diverse
strutture delle lingue per individuare ‘tipi’ diversi in cui le varie lingue possono essere classificate.
Nel corso della storia sono stati elaborati diversi tipi di classificazione tipologica ( W.Von Humboldt,
fratelli Schlegel, E. Sapir).
La tipologia linguistica prevede alla base della sua analisi la considerazione dei principi generali
diffusi tra le lingue : ci sono principi , caratteristiche o che sono comuni a tutte le lingue o che sono
articolate in una gamma di possibilità tra cui le lingue operano delle scelte possibili.
Una volta eliminato ciò che è comune, si arriva a ciò che distingue una lingua.

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Teoria degli universali linguistici = un universale linguistico non è necessariamente tale solo se è
manifestato o posseduto da tutte le lingue conosciute; l'importante è che non sia contraddetto
dalle caratteristiche di nessuna lingua. Gli universali sono le proprietà ricorrenti nella struttura delle
lingue, indipendenti dai rapporti genetici e dai rapporti di condizionamento reciproci, sia sotto
forma di invarianti necessariamente possedute dalle lingue, sia sotto forma di un repertorio di
possibilità a cui le lingue si rifanno in maniera diversa l’una dall’altra.
Due tipi di universali : universali assoluti e universali implicazionali.
Gli universali assoluti comprendono quelle proprietà che sono condivise da tutte le lingue del
Mondo perché dipendono dal linguaggio come facoltà umana, e non conoscono eccezioni, es.
vocali e consonanti, nome e verbo, costruzione negativa…
Gli universali implicazionali sono proprietà ricorrenti nelle lingue naturali la cui presenza è
condizionata ( o condiziona) dalla presenza di altre proprietà [ se una lingua ha x allora ha y]

Gli universali implicazionali rappresentano il repertorio di possibilità.

Gerarchie implicazionali = gerarchie di tratti morfologici o caratteristiche linguistiche che stabiliscono un


ordine nella loro presenza.

Es. Gerarchia del numero : singolare > plurale > duale > triale > paucale

Gerarchia di animatezza : pronomi di prima e seconda persona > pronomi di terza persona > nomi propri >
nomi comuni umani > nomi comuni animati

Tipo linguistico = è un concetto a livello più alto di astrazione che di sistema. Per tipo linguistico s’intende
l’insieme di tratti strutturali correlati gli uni con gli altri, costituendo un sistema. Non esiste nessuna lingua
al Mondo che rientri in un unico tipo, in quanto rimanda sempre anche ad un altro  una lingua realizza
fondamentalmente un certo tipo, ma non in modo assoluto.

A) Tipologia morfologica = si occupa della struttura della parola ; ci sono 4 tipi di parole :
Isolante : lingue che hanno una struttura della parola molto semplice ( le parole sono formate da
un solo morfema)  indice di sintesi = rapporto tra numero di morfemi e di parole ( di quanti
morfemi è costituita una parola) , che nelle lingue isolanti è di 1:1 = lingue analitiche .
Le lingue isolanti hanno poca o nulla morfologia derivazionale, non hanno una morfologia
flessionale, ma usano l’ordine delle parole o lessico. Le parole delle lingue isolanti oltre ad essere
monomorfematiche sono anche monosillabiche. Un esempio di lingue isolanti sono il vietnamita,
cinese, thailandese. Es. 1. sach ay hay = "quel/quei libro/-i è/sono bello/-i" "libro" DIM. DIST "bello"
(lett.: "libro quello, bello"). Anche l’inglese presenta alcune caratteristiche di una lingua isolante per
via della morfologia flessionale assai ridotta che possiede.
Lezione 4.05.20
Agglutinante : Un secondo tipo morfologico è dato dalle lingue agglutinanti. È 'agglutinante'
(agglutinare vuol dire etimologicamente "incollare insieme") una lingua in cui le parole hanno una
struttura complessa, sono formate dalla giustapposizione di più morfemi, che dànno luogo a una
catena di morfemi anche lunga; tali lingue presentano quindi tendenzialmente un alto indice di
sintesi, spesso attorno o superiore a 3: 1. Inoltre, nelle lingue agglutinanti i morfemi di solito
hanno un valore univoco e una sola funzione , ossia ogni affisso marca biunivocamente solo una
categoria grammaticale, quindi non ci sono morfemi cumulativi . All’interno della parola i morfemi
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sono ben distinti gli uni dagli altri e sono rari i casi di allomorfia ed omonimia. Tra le lingue
agglutinanti annoveriamo : il turco, l’ungherese, il finlandese, lo swahili; es. Turco  1. evlerime =
alle mie case => ev- = casa , ler- = numero plurale, im- = morfema del possessivo 1° sing., -e =
dativo.
2. kitaplarimi "i miei libri (compl. oggetto)": kitap lar im "libro" PL POSS.l" SG ACC
il suffisso del plurale compare in due forme diverse, -ler- e -lar-, e questo sembrerebbe
contraddire il fatto che lingue agglutinanti ignorino le variazioni allomorfiche, ma è spiegabile
mediante l’armonia vocalica, per cui la vocale dei suffissi si adegua al timbro dell’ultima vocale della
radice.
Flessive (o fusive) : Sono 'flessive' le lingue che presentano parole internamente abbastanza
complesse, costituite tendenzialmente da una base lessicale semplice (una radice) o derivata e da
uno o anche più affissi flessionali che spesso sono morfemi cumulativi, veicolando ciascuno più
valori grammaticali assieme e assommando diverse funzioni, quindi spesso si trovano morfemi
cumulativi. Rispetto alle lingue agglutinanti, hanno un indice di sintesi minore (di solito, attorno a
2: 1 o fra 2: 1 e 3: 1), cioè le parole sono meno complesse dal punto di vista morfologico, ma
essendoci fenomeni di fusione tra morfemi, non è sempre facile identificarli e/o distinguerli.
a) i confini tra i morfemi possono essere distinti da fenomeni di allomorfia e di fusione, es. fatto (c
e t si sono assimilate);
b) sono frequenti i fenomeni di polisemia, omonimia e sinonimia dei morfemi ;
c) la radice può subire delle modifiche al suo interno (apofonia), es. léipō, élipon, léloipa.
La lingua italiana è sostanzialmente flessiva.

Tra le lingue flessive annoveriamo : il greco, il latino e il russo. Anche le lingue romanze sono però
lingue flessive.
ESEMPI LINGUE FLESSIVE -> 1. italiano: a. buon o bon tà "buono" MASCH.SG "buono" SOST.ASTR san
ità (*buon - ità) "sano" SOST.ASTR b. nel(= in+ il): n el (?) ne l (?) "in" ART.DET.MASCH.SG "in"
ART.DET.MASCH.SG
2. latino a. puell arum ("delle ragazze") "ragazza" GEN.PL. la DECL (FEMM) b. miles Ø ("il soldato")
milit ibus ("ai soldati") "soldato"
3. russo: a. star "vecchio" b. star "vecchio" c. golóv "testa" d. govorí = "parlare"
NOM "soldato" DAT.PL.33 DECL
uju "vecchia" (compi. ogg)
ACC ogo "di vecchio"
GEN .SG .MASCH/NT Ø "delle teste"
GEN.PL l a
PASS.IMPF FEMM.SG
"io (donna)/tu (donna) /lei parlavo/-i/-a"
 Negli esempi del russo , oltre al carattere cumulativo dei morfemi flessionali, mostrano la
presenza del morfema 0il genitivo plurale di un nome come golová "testa" è costituito dalla
nuda radice lessicale (3c). Si noti anche la marcatura di genere nella forma verbale (3d).

3a ) Introflessivo : i fenomeni di flessione avvengono anche dentro la radice lessicale; i morfemi


flessionali ed eventualmente derivazionali sono in parte dei transfissi vocalici che si inseriscono

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all'interno di una base discontinua triconsonantica, intercalandosi fra le consonanti di questa.
Esempio : ARABO => radice lessicale triconsonantica k,t,b (= scrivere , leggere)- i,a = kitab = libro

Polisintentico : la struttura delle parole è più complessa , come le lingue agglutinanti hanno le
parole formate da più morfemi messi insieme, ma al contrario di queste, all’interno di una parola ci
sono due o più radici lessicali, morfemi pieni => parola-frase . Le lingue polisintetiche (la cui
denominazione si riallaccia appunto al fatto che possono sintetizzare in una sola parola elementi
che in altre lingue sarebbero più parole autonome) realizzano nella morfologia valori semantici che
di solito sono affidati al lessico. L'indice di sintesi medio nelle lingue polisintetiche è quindi 4: 1 o
superiore. Inoltre, le lingue polisintetiche presentano fenomeni di fusione che rendono poco chiara
la struttura della parola. Talvolta le lingue polisintetiche possono essere dette incorporanti = in una
stessa parola si trova il verbo transitivo e il suo complemento oggetto diretto ( radice verbale +
radice nominale) . Tra le lingue polisintetiche ci sono le lingue amerindiane , come quelle del
gruppo eschimese , ma il maggiore esempio è il GROENLANDESE  illuminii(p)puq = è a casa sua ,
illu- = casa, mi- = possessivo 3° sing. rilfessivo , nii(p)- = essere in , puq = 3° pers. sing.

Lingue analitche vs Lingue sintetiche

Passando dal tipo linguistico isolante al tipo linguistico polisintetico vi è dunque un progressivo
complicarsi della struttura della parola: le lingue isolanti sono lingue tipicamente analitiche (che
‘scompongono’ il contenuto da codificare e trasmettere in blocchi unitari semplici), le lingue
agglutinanti e ancor più le lingue polisintetiche sono lingue, appunto, tipicamente sintetiche (che
sintetizzano, 'impacchettano', assieme più blocchi di contenuto all’interno della stessa parola,
ottenendo entità complesse). Il tipo flessivo o fusivo occupa da questo punto di vista una posizione
intermedia tra l'analiticità e la sinteticità. La distinzione tra analitico e sintetico è usato per riferirsi
ai tipi di costrutti e procedimenti delle lingue, es. guidai /ho guidato ( = struttura analitica-
perifrastica). Lingue analitiche = lingue isolanti, intermedie = lingue flessive, lingue sintetiche =
agglutinanti e polisintetiche.

Nonostante la lingua italiana sia definita una lingua fusiva, ci sono meccanismi che derivano da altri tipi
morfologici : isolante, come in auto civetta; agglutinante, come nei cumuli di suffissi e/o prefissi:
ristrutturazione, probabilisticamente; e anche polisintetico, si tratta di parole composte come capostazione,
retrocederemmo. L’inglese ha caratteristiche di tipo ‘isolante’, ‘agglutinante’, ‘flessivo’, es. (1) a tall child
[aggettivi invariabili] 3 parole monosillabiche e monomorfematiche ; (2) presenza morfemi flessionali,
ben distinti ed esprimono una sola nozione [-er = comparativo, -s =plurale]; (3) pronomi flessi per genere e
per numero [ pronomi III persona : he, she, it , sono flessi per caso]; (4) forme analitiche
[comparativo,superlativo, futuro con will…]

B) Tipologia sintattica : Un secondo fondamentale criterio o principio per classificare le lingue in tipi
linguistici è basato sulla sintassi, e precisamente sull'ordine basico (normale, non marcato) dei
costituenti principali della frase ( frase attiva dichiarativa affermativa tempo presente). I costituenti
sintattici fondamentali presi in considerazione come fondamento della classificazione tipologica
sono quelli che realizzano il soggetto (S), il verbo o predicato verbale (V) e il complemento oggetto
o complemento diretto (O). La distribuzione più frequente è SOV.
C) Teoricamente, sono possibili 6 combinazioni diverse, ma le percentuali in cui sono attestate sono
diverse.

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L'italiano, come tutte le altre lingue romanze, l'inglese e altre lingue germaniche, le lingue slave, il
greco, il finlandese, l'ebraico moderno (ivrit), il vietnamita, l'indonesiano, il swahili, lo hausa, lo
yoruba, il guaranf, ecc., è lingua SVO (si noti che invece il latino era fondamentalmente SOV, col
verbo finale) italiano / inglese = la ragazza legge il libro / the girl is reading the book.
Il tedesco ha sia le caratteristiche per essere considerato una lingua SVO che SOV, in generale la si
definisce una lingua ‘verb-second’ , in quanto nelle frasi dichiarative non ammette mai il verbo in
posizione iniziale . Sono SOV fra le altre: turco, giapponese, coreano, ungherese, curdo, persiano,
pashto, hindi, bengali, tamil, kannada, tibetano, somali, quechua. Sono VSO: arabo, ebraico
classico, gaelico, gallese, maori, tongano, samoano. Il latino potrebbe essere considerato sia una
lingua SOV sia una lingua a ordine libero, data la frequenza con cui si trovano anche altri ordini
(puella librum legit , librum puella legit, legit puella librum, ecc.). Circa il 5%/10% delle lingue del
Mondo hanno un ordine VOS ( lingue America centrale); circa l’1%/5% delle lingue del Mondo
hanno un ordine OVS e infine OSV , attestato con percentuale di 1% ( dyirbal).
N.B. almeno i 2/3 delle lingue del mondo mostrano S in prima posizione; almeno 4/5 mostrano S
prima di O.
Se c’è un ordine rigido è perché c’è poca morfologia flessionale ; nonostante ciò l’individuazione
delle funzioni sintattiche è consentito dall’ordine delle parole nella frase.

Ragioni del predominio di SOV e VSO

Una prima spiegazione del perché l’ordine SOV e SVO sono i più diffusi è il fatto che molto spesso il
soggetto coincide con il tema che nell’ordine naturale dei costituenti sta in prima posizione .

In merito a questo , agiscono due principi :

a. il 'principio di precedenza', per cui fra i costituenti nominali il soggetto, data la sua prominenza e priorità
logica, deve precedere l'oggetto (principio più forte);

b. il 'principio di adiacenza', per cui verbo e oggetto debbono essere contigui, in ragione della loro stretta
relazione sintattico-semantica e morfosintattica esistente tra i due costituenti (principio più debole del
precedente).

Dunque, SVO e SOV realizzano entrambi i principi, mentre VSO solamente il primo ( S precede O, V non è
contiguo ad O).

Universali implicazionali = princìpi generalmente validi che collegano fra loro le posizioni di diversi
elementi nella frase e nei sintagmi, esistenza di correlazioni tra ordine basico dei costituenti maggiori di
frase e ordine di altri elementi , es. SOV ⊃ (AN ⊃GN).

Latino : lingua SOV , il latino preferisce AN e GN  fortunatus homo (AN) = ‘uomo ricco’, pacis foedus (GN)
=’trattato di pace’.

Es. VSO ⊃ (NA ⊃ NG)  tutti gli elementi centrali (teste dei sintagmi) sono a sinistra .

Alcuni studiosi hanno cercato di costruire tipologie complesse a partire dalla collocazione reciproca di verbo
e oggetto, tralasciando il soggetto, che è per così dire esterno al rapporto di dipendenza col verbo.

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a. lingue VO, che 'costruiscono a destra', o postdeterminanti, con l'ordine, in termini logici,
operando/operatore ( o testa/modificatore, dato che V è la testa del sintagma verbale; tali lingue sono
anche dette 'a testa iniziale');

b. lingue O V, che 'costruiscono a sinistra', predeterminanti, o 'a testa finale', con l'ordine
operatore/operando (modificatore/testa).

N.B. Le lingue del tipo VO avrebbero tendenzialmente anche NA (l'aggettivo dopo il nome), NG (il genitivo
dopo il nome), NPoss (il possessivo dopo il nome), NRel (la frase relativa dopo il nome), VAvv (l'avverbio
dopo il verbo), AAvv (l'avverbio dopo l'aggettivo), AusV (la forma verbale piena dopo l'ausiliare. Le lingue
OV avrebbero AN,GN, PossN, ReIN,AvvV,VAus, pospozioni, es. turco.

In ogni lingua c'è sempre, per ragioni storiche e di variabilità, un certo ammontare di incoerenze
tipologiche. L'italiano, per esempio, che è come abbiamo detto una lingua SVO, ha molti tratti tipici delle
lingue VO, come ci sarebbe da aspettarsi, quali NG (il libro di Mario), NRel (il libro che ho letto),
preposizioni, NA (ordine prevalente: libri difficili; ma esiste anche AN: enormi difficoltà), si può considerare
una lingua post-determinante ; ma ha anche un certo numero di tratti tipici delle lingue OV, quali Avv A
(abbastanza difficile), PossN (i miei libri), ArtN (il libro; più in generale, quindi, DetN), NumN (tre libri).

Ergatività e prominenza topicale

L’ergatività è un parametro tipologico che riguarda l'organizzazione dei sistemi di casi che traducono in
superficie i ruoli semantici connessi al verbo. Semplificando, ci sono lingue che hanno casi (latino, greco),
ma a differenza di quelle che noi conosciamo, attribuiscono una marcatura diversa al soggetto, a seconda
che sia soggetto di verbo transitivo o intransitivo. Queste lingue si chiamano 'ergative', perché attribuiscono
una rilevanza particolare alla funzione o ruolo semantico di 'agente’. Le lingue ergative identificano con uno
stesso caso il soggetto di frasi con verbi intransitivi e l’oggetto di frasi con verbi transitivi ( ASSOLUTIVO), il
caso diverso viene usato per il soggetto di frasi con verbi transitivi ruolo di agente ( ERGATIVO). Sono lingue
ergative: il basco, le lingue caucasiche, il dyirbal e molte lingue indigene d'Australia, l'eschimese, il ciukcio, il
tongano e altre lingue austronesiane della Polinesia.

Un esempio di lingua ergativa : l’avaro  1. vas vekerula "il ragazzo corre" vas- Ø-v eker ula "ragazzo".(ASS)
ASS.MASCH.SG "correre" PRES

2. jas jekerula "la ragazza corre" jas-0 j eker ula "ragazza".(ASS) ASS.FEMM.SG "correre" PRES

3. vasass jas jeccula "il ragazzo loda la ragazza" vas- ass jas-Ø- j- ecc- ula "ragazzo" ERG "ragazza".(ASS)
ASS.FEMM.SG "lodare" PRES.

Vas "ragazzo" e jas "ragazza", soggetti nelle frasi intransitive, (1) e (2), sono al caso assolutivo ( il caso
assolutivo è dato dalla forma 'nuda' della parola). Così come jas, complemento oggetto nella frase
transitiva, (3); mentre vasass in questa frase è al caso ergativo. Si noti che nelle lingue ergative non
esistono, ovviamente, i casi nominativo e accusativo. La frase (3) la si può parafrasare come : "il ragazzo
agisce in modo che la ragazza sta lodata", o "da parte del ragazzo, la ragazza è lodata".

la. puer currit it puer-(Z) "ragazzo" .(NOM.SG) curr "correre" 3" SG.IND.PRES

2a. puella currit puell "ragazza" a NOM.SG.l" DECL

3a. puer puellam laudat puer-(Z) puell "ragazzo" "ragazza" (NOM.SG) am ACC.SG laDECL curr "correre"
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laud "lodare" it 3" SG.IND.PRES at 3"SG IND.PRES

In avaro nelle frasi in cui ‘ragazza’ è soggetto , questo viene marcato dal caso assolutivo (1) e dal caso
ergativo (3) ; in latino quando ‘ragazza’ è soggetto viene indicato con il caso nominativo.

Prominenza topicale

Un altro parametro tipologico interessante è che accanto a lingue che marcano con il caso delle funzioni
sintattiche, ci sono lingue che si comportano diversamente. Certe lingue strutturano le frasi (sia che
abbiano i casi che no) affidandosi alla funzione sintattica; altre lingue fanno riferimento sia alla funzione
sintattica, grammaticale che a quella pragmatico-informativa ed infine altre lingue si basano solo sulla
funzione informativa.

Si hanno 3 tipologie di lingue : lingue 'subject-prominent (lingue indoeuropee) = posizione dei costituenti in
base alla funzione sintattica principale che è il soggetto,'topic-prominent' (il cinese, che non costruisce le
frasi secondo lo schema soggetto-predicato verbale ma piuttosto secondo lo schema topic-comment,
isolando il tema in prima posizione) = topic- comment / tema – rema ; in base all’elemento che costituisce il
tema si distribuiscono gli elementi della frase,e sia ‘subject’ che ‘topic-prominent’(il giapponese).

Es. cinese nèi-ke = quello shù= albero yèzi = foglia dà = grande  quell’albero ha le foglie grandi ( parafrasi
possibile : quanto a quell’albero, la foglia è grande); in prima posizione il tema, ossia l’albero, pur non
essendo un soggetto. Inoltre, tema e rema sono a loro volta strutturati internamente in tema e rema =>
quello (tema) albero (rema) – foglia (tema) grande (rema).

Es. 2 giapponese gakkoo = scuola wa boku = io maschio ga = soggetto isogasi- kat-ta = impegnato verbo
passivo  Quanto alla scuola (tema ), io ero molto impegnato (rema).

3)Classificazione areale

La linguistica areale si occupa dello studio delle caratteristiche di lingue non imparentate ( o non
strettamente imparentate) che coesistono o sono contigue nello spazio geografico che nel corso dei secoli
si sono influenzate, sviluppando nel tempo dei tratti comuni.

Lega linguistica = gruppo di lingue che condividono delle caratteristiche dovute alla contiguità areale.
L’esempio più noto è quello della Sprachbund (lega balcanica).

Capitolo 7 – Mutamento e variazione nelle lingue

1. La lingue lungo l’asse del tempo

Nessuna lingua è priva di variazione che si distingue sui due assi della diacronia e della sincronia, la
variazione che si osserva lungo l’asse del tempo (diacronia) prende il nome di variazione diacronica.

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Quest’ultima comprende l’insieme degli innumerevoli fenomeni riguardanti i mutamenti di una lingua
nel tempo che viene denominato mutamento linguistico. Il mutamento linguistico lo studia la
linguistica storica o diacronica o glottologia che prende in considerazione non soltanto la semplice
evoluzione della lingua lungo l'asse del tempo, ma anche la stretta interrelazione e i rapporti reciproci
fra la lingua, la cultura e la società che questa riflette.

Le lingue si evolvono e cambiano continuamento. Normalmente il mutamento linguistico avviene in


maniera più lenta , eccetto che a livello di lessico, ed occupa nello spazio più di una generazione.
Affinché questo cambiamento venga compreso, devono essere confrontati periodi tra loro
sufficientemente distanti.

Quando si giunge ad un cambiamento radicale che dà luogo ad uno stato di lingua differente da quello
di partenza , si parla di una nuova lingua ( una lingua si considera tale quando viene a mancare la
comprensibilità), es. italiano e altre lingue romanze rispetto al latino.

Le lingue romanze si originano gradualmente e differentemente rispetto alla varietà di latino parlato nei
primi secoli dopo Cristo e prosegue durante l’Alto Medioevo.

Fra X-XI secolo d.C. emergono le prime attestazioni scritte dei volgari ( dal latino vulgus = popolo), es.
Placido capuano [960 d.C.] , più antica documentazione di volgare italiano, atto notarile .

Il meccanismo del mutamento : (a) introduzione di un’innovazione nell’uso linguistico dei parlanti ;

(b) l’innovazione ed eventuale coesistenza dell’elemento nuovo con quello preesistente deve
diffondersi nell’uso linguistico di più parlanti ;

(c) il nuovo elemento si afferma e si rafforza nel sistema con la conseguente scomparsa dell’elemento
eventualmente sostituito.

Le cause e i fattori del mutamento sono molteplici e vengono divisi in interni ed esterni.

Cause e fattori esterni dovuti a cause culturali, politiche, sociali, naturali, e vi rientra la morte di una
lingua ( vs nascita di una lingua) . Se una lingua su cui si è sovrappone un’altra lingua scompare può
lasciare tracce della lingua che le subentra , determinando fenomeni di sostrato il termine ‘sostrato’
indica in generale l’influenza di una lingua precedente sulla lingua successiva nella comunità parlante.

Es. presenza di vocali ant. Arrotondate /y/ ([tyt] = tutto) nei dialetti dell’Italia del Nord ovest come nel
francese > sostrato celtico; assimilazione –nd- > -nn- nell’Italia Centrale e Meridionale > sostrato osco ;
gorgia toscana > sostrato etrusco ( messa in discussione). Il sostrato rientra nel gruppo di fenomeni
dovuti al contatto linguistico.

Cause e fattori interni : (a) tendenza dei sistemi linguistici a regolarizzarsi, acquistando coerenza e
simmetria, ottimizzando le strutture ( economia linguistica);

(b) operazioni inconsce da parte dei parlanti volte alla semplificazione di strutture linguistiche .

Secondo vari studiosi , i singoli mutamenti interni in un sistema linguistico sembrerebbero seguire un
percorso coerente in una specifica direzione. Lo statunitense Sapir ritiene che i mutamenti interni di un
sistema linguistico seguono la stessa direzione (drift = deriva ), es. Ho visto – Vidi.

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I fenomeni del mutamento

Dal momento che coinvolgono tutti i livelli di una lingua sono molteplici, eterogenei .

Fenomeni al livello fonetico = ciò che si osserva in sincronia , si verifica in diacronia, es. tennico per
tecnico. Per indicare il mutamento si usano le frecce: < = ‘proviene da’ , > = ‘diventa – dà luogo a’.
Quando si fa riferimento alla forma antica e originaria rispetto alla forma nuova , la forma antica
prende il nome di etimo.

1) Assimilazione : due foni articolatoriamente diversi nel corpo della parola tendono a diventare simili
o uguali mediante l’acquisizione da parte di uno dei due foni di uno o più tratti comuni con l’altro
fono. L’assimilazione è frequente nei nessi consonantici. A seconda di quale elemento acquista le
caratteristiche dell’altro abbiamo : l’assimilazione regressiva ( la seguente influenza la precedente)
 lat. factum / italiano fatto / lat. scripsi < italiano scrissi ; progressiva ( la precedente influenza la
successiva)  quando < dialetti meridionali [‘kwannə] / inglese want to > wanna .
Es. Palatalizzazione = influsso che una vocale (anteriore) esercita sulla consonante (velare); es.
latino centum < italiano cento [ ‘ʧεnto].
Un tipo di assimilazione tra suoni non contigui è la metafonia , normalmente si tratta del
cambiamento del timbro di una vocale interna per effetto della vocale finale , es. lat. nĭgru(m) >
napoletano [‘nirə] = nero / lat. nĭgra(m) > napoletano [‘nera]; morfema sostitutivo <oo> - <ee>
/singolare – plurale = > foot – feet ( risultato di un processo di metafonesi anglossassone del VII sec.
d.C. fōtiz > fēt > feet). Anche l’armonia vocalica del turco è un caso di assimilazione (-ler- / -lar-)
2) Dissimilazione : due foni simili o identici non contigui si differenziano , es. italiano veleno < lat.
venenu(m), it. albergo < got. *haribergo (forma ricostruita ma non realmente attestata).
3) Altri fenomeni di mutamento fonetico frequenti nel passaggio dal latino alle lingue romanze sono :
a. Metatesi = spostamento nella sequenza dei foni di una parola, es. lat. făbula(m) > lat. volgare
*flaba > ita. fiaba ( fabula e fiaba derivano entrambe dal latino).
b. Caduta o soppressione di un fono ( riguarda soprattutto vocali).

Caduta di vocali

AFERESI = quando la vocale che cade si trova in posizione iniziale, es. lat. apothēca(m) > italiano
bottega (boutique e bottega < latino < greco) ;(ĭl)lŭm = lo ,( ĭl) am = la,( ĭl)li = li > gli.

SINCOPE = quando la vocale che cade si trova in posizione interna, es. lat. domĭna(m) > domna > ital.
donna (assimilazione regressiva).

APOCOPE = la vocale che cade si trova in posizione finale , es. lat. cīvitāte > *civtate > *cittate >
cittade ( sonorizzazione della t) > ital. città.

Caduta di consonanti per lo più volta alla semplificazione di nessi consonantici complessi dal punto
di vista articolatorio , es. lat. obstācŭlu(m) > italiano ostacolo ; lat. calĭdu(m) ‘caldo’ > piemontese
[kɑwd] trasformazione laterale in approssimante .

Lezione 11.05.2020

c. Inserzione o aggiunta di foni


EPENTESI = aggiunta di foni all’interno della parola , es. lat. baptismum > ita. battesimo;
PROTESI = aggiunta di foni all’inizio della parola, es. stătu(m) > spa. estado ‘stato’;

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EPITESI = aggiunta di foni alla fine della parola , es. lat. cŏr > ita. cuore.

Leggi fonetiche = sono delle leggi teorizzate in relazione a sviluppi fonetici avvenuti in stadi linguistici
differenti, sono importanti in glottologia a partire dalla fine dell’Ottocento quando i neogrammatici le
hanno elaborate, convinti che lo sviluppo delle leggi fonetiche fosse cieco e necessario ( sistematiche e
senza eccezioni). Si tratta di mutamenti fonetici regolari che nell’evoluzione delle lingue toccano serie
intere di parole, vale a dire sono mutamenti fonetici sistematici ed investono lo stesso tipo di suono in tutto
il sistema linguistico. La legge di Grimm che è stata fondamentale per i promotori delle leggi fonetiche ed è
stata elaborata prima della fine del ‘800. Si tratta di una legge consistente nella rotazione consonantica che
ha determinato il passaggio dalle occlusive dell’Indoeuropeo al protogermanico.

Fenomeni a livello fonologico = un mutamento fonologico consiste nella trasformazione di unità al livello di
sistema, funzionali .

a. Fonologizzazione = qualcosa che non era un fonema (non dotato di una funzione distintiva) lo
diventa, es. in latino non c’erano le affricate ( ʃ,ʒ) che sono nate quando le occlusive velari (k,g)
erano seguite da vocali anteriori (i,e) => intacco palatale : allofoni palatali del latino si sono
trasformati in fonemi ( italiano k,g/ʃ,ʒ , in latino non c’è questa differenza) ; es. antico inglese wolf
[wʊlf ]- wolves [wʊlvz] , c’era un unico fonema /f/ aveva 2 allofoni [f] –[v] , il secondo in contesto
sonoro (tra due vocali) , poi [v] > /v/ (è diventata un fonema).
E’ possibile che sia in atto una fonologizzazione della [ɳ]? Gli studiosi hanno opinioni differenti a
questo proposito.
b. Defonologizzazione = ciò che prima era un fonema, quindi dotato di valore distintivo, diventa un
fono, o più spesso un allofono di un altro fonema, perdendo il suo valore distintivo . La
conseguenza del processo di defonologizzazione è la fusione tra i fonemi , es. lunghezza delle vocali
è un fonema generalmente ha valore distintivo, ma in caso di defonologizzazione si perde la
differenza nella durata della vocale : ă - ā pătrem rispetto a mātrem ( da due fonemi a un unico
fonema nell’italiano); es. ĭ – ē > /e/ , i due elementi si distinguono solo per il timbro e hanno come
esito un solo fonema : pĭlum = pelo , tēlam = tela.
c. Perdita di fonemi = un fonema scompare del tutto ; es. habēre dove /h/ scompare nella pronuncia,
dell’italiano, perdendo il valore fonetico e restando solo a livello grafico ; le lingue celtiche hanno
perso la /p/  latino porcus > irl. orc
I fenomeni considerati finora possono determinare il mutamento dell’inventario fonematico di una
lingua . Esistono anche mutamenti a catena che coinvolgono intere serie di foni o fonemi , il
numero delle unità resta lo stesso, ma cambiano le proprietà articolatorie.
Es. rotazioni consonantiche si tratta di mutamenti fonetici a catena che riguardano le consonanti
passando dall’indoeuropeo al protogermanico ( prima rotazione consonantica) : occlusive sorde >
fricative sorde ; occlusive sonore > occlusive sorde ; occlusive sonore aspirate > occlusive sonore.
Seconda rotazione consonantica (in antico alto tedesco)
Occlusive sorde > affricate in posizione iniziale di parola o postconsonantica (ted. zehn "dieci", Herz
"cuore", rispetto a ten, heart dell’inglese , o in fricative in posizione postvocalica ted. Wasser
"acqua" contro ingl. water); le fricative sonore diventate occlusive passano a sorde (ted. Gott "dio"
contro ingl. god); e la fricativa dentale sorda diventa occlusiva sonora (ted. Bruder "fratello" contro
ingl. brother).

Fenomeni a livello morfologico = il mutamento a questo livello comprende una serie di fenomeni ,
tra questi ricordiamo :
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 Scomparsa di categorie o tratti morfologici (es. dal latino all’italiano => scomparsa della categoria
del caso [ differenza tra nominativo e accusativo in un nome che non c’è in italiano] , del genere
neutro  in generale i termini neutri del latino, in ita. sono maschili ) ;
 Nascita di nuove categorie o tratti ( il condizionale esiste in italiano, ma non esisteva in latino).

 Analogia = è un tipo di meccanismo in base al quale quelle che sono le forme che il
parlante riconosce come frequenti e normali vengono estese ad altri contesti in cui
etimologicamente non si spiegherebbero, non sono appropriate (estensione analogica che
regolarizza le forme atipiche ed elimina le eccezioni) ; es. in latino l’infinito di volo ‘voglio’ è
velle , in italiano il verbo volere è il risultato di un processo di tipo analogico che ha
eliminato l’eccezione e regolarizzato la forma latina, attribuendole la desinenza in –ere.
Ipotesi di processo
Habui : Habere = volui : volere (non velle).
Es. 2 suonare (dal lat. sōno) suono, suonate => il dittongo si è esteso; il mantenimento della
situazione originaria si nota in muori, morite , senza mutamento analogico.
Es. 3 superlativo di nuovo (dal latino nōvo) = nuovissimo ( dal latino novissimum )
*novissimo < alto : altissimo = nuovo : nuovissimo; lo stesso per buonissimo ( ma c’è
ottimo).
 Rianalisi = reinterpretazione delle unità sintagmatiche, es. formazione del passato
prossimo nelle lingue romanze : lat. habeo epistulam scriptam = possiedo una lettera che è
stata scritta => scriptam = modificatore di epistulam , habeo = ho ‘possiedo’ , verbo pieno /
ho aperto gli occhi – ho gli occhi aperti (habeo epistulam scriptam). In latino tardo questo
costrutto è stato rianalizzato come un verbo complesso con valore di tempo passato che
regge un complemento oggetto : Habeo scriptum epistulam . Il verbo habeo perde il suo
significato e funziona da ausiliare ( diventa una parola vuota , priva di significato lessicale).
 Grammaticalizzazione = è il processo per cui un elemento del lessico perde il suo valore
semantico lessicale e viene assorbito dalla grammatica come parola funzionale o morfema.
( elemento lessicale > elemento morfologico). Es. suffisso derivazionale per formare gli
avverbi in –mente < mens, mentis ‘mente, spirito, disposizione intellettuale  il
complemento di modo e maniera che si formava con l’ablativo, in alcuni casi prevedeva
mente => sanā mente ‘con spirito sano’; lat. casa (m) > franc. prep. ‘chez’ = presso.

Fenomeni di tipo sintattico = i fenomeni più importanti riguardano l’ordine dei costituenti; molto spesso un
mutamento sintattico corrisponde al mutamento tipologico. Es. lat. SOV > lingue romanze SVO , dell’ordine
del latino SOV restano delle tracce in italiano antico.

Mutamento lessicale e semantico

1) Arricchimento del lessico grazie all’entrata di nuovi lessemi ( che all’inizio si chiamano neologismi)
con : materiali interni alla lingua ( processi morfologici => derivazione ) ; materiali alloglotti ( = di
altre lingue) che possono essere  PRESTITI = significante e significato sono entrambi alloglotti,
ossia la lingua prende in prestito il lessema di un’altra lingua, con vari adattamenti. Prestito
adattato : (assunzione di parole straniere, sia con adattamenti morfologici' al sistema d'arrivo,
come chattare < ingl. chat ; prestito non adattato : computer, Internet come computer, Internet.
CALCHI = ciò che viene importato è il significato, non il significante che assume la forma della lingua
di arrivo , es. Pellerossa > ingl. redskin. N.B. I calchi sono segni motivati, sono trasparenti sia

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morfologicamente e semanticamente ( il parlante riconosce gli elementi formali della parola che
fanno parte del suo sistema linguistico ), i prestiti no.
2) Perdita di lessemi : es. ōs – ōris del latino è scomparso > ‘bocca’ , puella > fanciulla.
3) Cambiamenti che derivano dalle associazioni tra significanti e significati, basati su diversi tipi di
processi  un significante già esistente acquisisce un nuovo significato; oppure un significato già
esistente viene espresso con un nuovo significante.
Esempi dei vari tipi di processi
a. Somiglianza tra i sensi ( metafora)
in lat. in origine testa = “guscio della tartaruga “ > "vaso di terracotta"> ital. testa "capo",
ital. antico gentile "nobile" (da lat. gens, gentis "famiglia, stirpe")> ital. moderno "cortese, di
modi garbati", ital. gorilla "guardia del corpo" < "grande scimmia antropomorfa", franc. voler
‘rubare’ e ‘volare’ < in francese antico c’era la pratica medievale della falconeria ( i falconi
sottraevano qualcosa a chi la possedeva), ingl. mouse ‘topo’ e ‘dispositivo del computer’.
b. Contiguità tra i senso ( metonimia) es. lat. penna ‘piuma d’uccello’ = strumento usato per
scrivere (materiale per lo strumento); contiguità materiale dei referenti lat. bucca ‘guancia’ >
ita. bocca, franc. bouche, spagnolo boca; es di pars pro toto = parte per il tutto , lat. visus =
vista > italiano ‘viso, volto’, franc. vis ; moneta nella Roma antica ‘zecca’ situata nel tempio di
Iuno Monēta > conio > moneta coniata > denaro.
c. Paraetimologia = consiste nell’alterazione della forma di una parola e le viene dato un nuovo
significato (risemantizzazione) che ha alla base una reinterpretazione del significante e del
significato volta a renderla più trasparente, l'apparentamento a una parola nota ; es. lat. cubare
"giacere" > ital. covare "stare accovacciato sulle uova", ricollegato a ovum "uovo"; ital.
negromante < necromante .
4) Cambiamenti nell’estensione dell’area semantica di una parola ( cambia l’ambito di impiego )e tra
questi rientrano ESTENSIONI o GENERALIZZAZIONI : es. lat. domĭna(m) = signora, padrona di casa,
italiano donna = donna ( da un significato più specifico si passa a uno più esteso, generico); lat.
panarium = cesta per il pane, italiano paniere = cesta di vimini; lat. egregius = capo di bestiame che
è dotato di particolari qualità , italiano egregio = eccellente, chiunque sia dotato di qualità
superlative.
RESTRINGIMENTI o SPECIALIZZAZIONI  es. lat. dŏmus =casa , italiano duomo = casa del signore ;
ingl. ant. mete = cibo , in inglese meat = carne commestibile; miglioramento in ingl. ant. knight =
ragazzo, servo > nobile,cavaliere ; peggioramento in lat. tardo villanus = abitante della fattoria > it.
ant. = contadino > it. moderno = zotico.
MUTAMENTI PER TABUIZZAZIONE ( taboo = è un processo per cui qualcosa non può essere
pronunciato con il nome che direttamente lo designa) , es. donnola , eufemismo ( gli elementi
soggetti alla tabuizzazione vengono sostituiti con dei termini che prevedono il parlar bene di
quell’entità) ,nelle lingue ha assunto delle denominazioni accattivante.
Mutamenti nei campi semantici es. campo dei colori dal latino all’italiano ( bianco – nero opaco /
brillante in latino)  nel campo semantico dei colori c’era una distinzione in relazione a brillantezza
e luminosità .
Mutamenti in pragmatica es. allocutivi = lessemi che riguardano il modo in cui ci riferisce
all’interlocutore , sono pronomi in genere : lat. tu (singolare) / vos (plurale) > italiano tu/ voi ( tu =
confidenziale ; voi = singolare, atteggiamento rispettoso) > ‘500-‘600 tu ( confidenza ) , voi
(cortesia), lei (formalità) > ita. moderno tu ( confidenziale informale, plur. voi) / lei (formale).
La variazione sincronica

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La variazione si osserva anche in un singolo stadio cronologico in quanto le lingue cambiano in
relazione al contesto situazionale in cui si trovano, variano in genere per essere funzionali ai vari
bisogni comunicativi e sociali .
Sociolinguistica = settore della linguistica che spiega le variazioni della lingua, correlandole a valori
e situazioni sociali , ossia gli usi linguistici.
Varietà di una lingua = è un insieme di forme linguistiche , che ai vari livelli di analisi, abbiano
stessa o analoga distribuzione, ossia che tendano a presentarsi insieme in concomitanza con certe
caratteristiche della società, dei suoi membri e delle situazioni in cui questi si trovano ad agire.
Semplificando, si tratta di quelle forme e strutture che vengono utilizzate insieme in una stessa
situazione, da uno stesso parlante . Queste forme che cooccorrono sono forme congruenti ; quando
si considerano i fenomeni sociolinguistici, le varietà di una lingua bisogna considerare sia aspetti
linguistici che sociali. Es. Mi scusi, mi può passare un tovagliolo? (congruente)  viene usato il ‘lei’
che designa un contesto formale di cortesia / Mi scusi , passami un tovagliolo ( NON congruente) 
tu vs lei , frase non omogenea.
Esempi di varietà linguistica = linguaggio degli SMS , linguaggio giuridico, linguaggio della pubblicità,
racconto di un parlante semicolto, varietà diatopiche (= varietà regionali). In prospettiva
sociolinguistica, la lingua può essere considerata come un insieme di varietà .
Come si individua una varietà ? Le forme che variano nelle differenti varietà linguistiche prendono
il nome di variabilità sociolinguistiche che vanno considerate nell’individuazione di una varietà.
Dunque per individuare una varietà bisogna fare sempre riferimento sia ai fatti linguistici, gli aspetti
formali interni, sia ai fatti sociali, extralinguistici, con i quali i fatti linguistici correlano.
Variabile sociolinguistica = è ogni insieme che contiene modi alternativi di dire la stessa cosa;
realizzazioni diverse di un’unità o entità del sistema linguistico, in cui le realizzazione diverse
abbiano una pertinenza sociale , rechino un significato sociale e correlino con variabili sociali (in
senso ampio).
Variante = ognuna delle possibili realizzazioni alternative di una data entità del sistema.
Lezione 12.05.20
Livello fonetico
1a . Variabile (rr) : la vibrante alveolare geminata dell’italiano standard [rr] , è realizzata scempia
nell’italiano di Roma  [‘birra] > [‘bi:ra] = [rr] > [r] sono due varianti della variabile rr
1b . Variabile (th) : (th) riguarda lo standard dell’inglese di New York in posizione iniziale di parola .
La ɵ ha come varianti non standard : [t], [tɵ]. Queste differenti realizzazioni della variabile sono
state studiate da Labov, in uno studio del 1966, dove la variabile ɵ cambiava sia dal punto di vista
diastratico (= stato sociale a cui appartengono i parlanti) sia dal punto di vista diafasico (= tipo di
situazione in cui viene usata una forma linguistica )  la variabile prende il nome di ‘contrassegno’
o ‘differenziatore’ (marker).
Diagramma : la variante standard è più frequente nelle classi sociali negli stili contestuali accurati
(D= lettura di liste di parole) ; mentre le varianti non standard sono più frequenti man mano che si
passa ad uno stile meno accurato, più spontaneo e trasandato ( C= lettura di testi, B= parlare
accurato, A= parlare spontaneo).
Livello morfologico : una variabile è il pronome clitico di terza persona obliquo (dativo) . Le varianti
sono gli / le /ci .
A1) Ho incontrato Mario e gli ho detto del tuo nuovo lavoro .
A2) Ho incontrato Maria e le ho detto …
B) Ho incontrato Maria e gli ho detto … ( gli = forma del maschile che ha come referente il
femminile)
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C) Ho incontrato Maria e ci ho detto… ( uso diastraticamente basso, ci viene usato in un contesto
basso, non colto).
Livello morfosintattico : la variazione morfologica avviene coinvolge ordini di tipo sintattico , es.
costruzione della negazione in francese = ne…pas  variante non standard solo con pas
Livello sintattico : che sovraesteso
Quella mia amica cui hanno rubato la macchina  Quella mia amica che …
Il giorno in cui ti ho portato al ristorante  Il giorno che…
La penna con cui scrivo è blu  La penna che …
E’ una persona di cui/ della quale è meglio non fidarsi  E’ una persona che …
L’albergo in cui sei stato lo scorso fine settimana  L’albergo che ci sei stato…
Livello lessicale : varianti per indicare ‘genitore di sesso maschile’ = padre, papà, babbo, fossile …
In prospettiva linguistica, una varietà di lingua è costituita da una serie di varianti tra loro
congruenti.
Le dimensioni della variazione (sincronica)
Sulla base del fattore sociale prevalente con cui le varietà si correlano , si riconoscono quattro
differenti dimensioni di variazione :
 Diatopia > variazione diatopica = variazione nello spazio geografico ;
 Diastratia > variazione diastratica = variazione che riguarda le differenti forme che la lingua
può assumere in correlazione con le variazioni nello spazio sociale;
 Diafasia > variazione diafasica = la variazione in relazione alle diverse situazioni
comunicative.
 Diamesia > variazione diamesica = secondo alcuni studiosi è una sottodimensione della
diafasia ; è una variazione che si osserva in relazione al diverso canale , mezzo della
comunicazione ( orale vs scritto).
1) Variazione diatopica = variazione che si spiega in relazione alla diffusione delle varietà
nello spazio geografico ; in italiano è rilevante nella fonetica e nel lessico => varietà
diatopiche dell’italiano sono detti ‘italiani regionali’ , mentre i dialetti sono a se stanti .
Es. fonetica : gorgia toscana la pronuncia dell’affricata prepalatale sonora in posizione
intervocalica (g) , affricata prepalatale sorda > fricativa palato-alveolare sorda
Lessico : fenomeno della geosinonimia ( numerosi termini con stesso significato, ma con
significanti diversi perché tipici di diverse aree d’Italia). Ci sono anche dei regionalismi
semantici = una parola non muta nel suo significante, ma acquisisce un dato significato a
seconda dell’uso che ha in una particolare area geografica, es. salire in Campania con valore
transitivo = portare su, mentre in italiano standard ha valore intransitivo.
Morfologia : es. suffisso –aro a Roma (rispetto allo standard –aio)
Sintassi : es. accusativo preposizionale nella varietà dell’italiano del Sud , dove quando c’è
un verbo transitivo associato ad un oggetto animato , quest’ultimo viene introdotto da a.

Hai visto a Maria?

La variazione diatopica può anche riguardare le varietà di una lingua parlata come lingua nazionale in paesi
diversi, es. Standard British English vs General American (film/movie).

2) Variazione diastratica = produzione di differenti varianti di una variabile in relazione con


fattori sociali (età, sesso, genere, grado di istruzione) e può correlare con gli altri tipi di

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variazione, es. fonetica birra a Roma [‘bi:ra] => area geografica, strato basso e contesto
informale.
Morfologia: es. clitico ci al posto di gli / le ; forme basate su processi analogici, ma
SCORRETTE del tipo dissimo per dicemmo, faciuto per fatto, diciuto per detto…
Sintassi : es. costrutti di periodo ipotetico con doppi condizionali o doppi congiuntivi…
Lessico : es. ‘malapropismi ‘ (= deformazioni motivanti di parole difficili per renderle simili a
parole note, più chiare) , come febbrite per flebite, acqua distirata per distillata ; oppure
possono esserci delle semplificazioni come accorciamento, come la spiega invece di
spiegazione, la dichia invece di dichiarazione…
Tutti questi fenomeni sono proprie delle varietà diastratiche non colte, basse e dipendono
da una cattiva conoscenza e padronanza della lingua standard da parte dei parlanti .
L’insieme di queste varietà costituisce l’italiano regionale . Es. frasi di elaborati scolastici di
allievi di una scuola in Salento : a) Venne un bimbo povero che la sua mamma era malata;
b) la penna che io scrivo è nera => CHE SOVRAESTESO; Lessico= Pure te te sei messa a
vvende, eh? / E’ annato a ppijà ‘na bira.
Per riassumere :
 Testi con lingua fortemente dialettale, di tipo romanesco ( a diversi livelli
linguistici : lessico, morfologia e fonetica ) ;
 È un uso che rimanda all’ambiente delle borgate e ad un contesto informale ;
 È un tipo di variazione che correla con la caratterizzazione geografica insieme con
fattori sociali ( livello sociale, situazione) = variazione dotata di significato sociale.
3) Variazione diafasica = variazione in relazione alle differenti situazioni comunicative. Ci
sono due grandi sottodimensioni parallele di variazione diafasica, indipendenti sono
l’asse dei registri e l’asse dei sottocodici ; parte dei fenomeni che riguardano la variazione
diastratica riguardano anche quella diafasica ( asse dall’estremo alto verso quello basso).
Registri = varietà diafasiche che dipendono dal carattere formale o informale
dell’interazione comunicativa e dal ruolo reciproco di parlanti e interlocutori.
Sottocodici (o linguaggi settoriali) = varietà diafasiche che dipendono da ciò di cui si parla e
si scrive e dalla sfera dei contenuti ed attività a cui si fa riferimento, ma anche dalla persona
con cui si parla o a cui si scrive. Registri
Situazioni formali
Produz. ling. accurata e sorvegliata

Esempi di registro basso e informale : Situazioni informali

 fenomeni fonetici = ipoarticolazioneProduz.


( parlare
ling.così veloce da
spontanea elidere
e non sillabe o parole);
accurata
 fenomeni morfologici = accorciamenti di parole come bici, tele, …
 fenomeni morfosintattici = allocutivi
 nel lessico = coppie di termini che si differenziano per il registro d’uso , come andare/recarsi; tirar
fuori / estrarre; odorato/ olfatto; prendere/ acchiappare …

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Della varietà informale , fanno parte termini fortemente espressivi (es. sfiga invece di sfortuna);,
metaforici, disfemismi ( = quando per riferirsi a qualcuno si usa un termine dispregiativo, ma non
per caratterizzarlo negativamente , es. birbante per bambino) , o termini volgari.
Nei registri alti, molto formali rientrano termini aulici, desueti e letterari come quantunque,
abbisognare, repentino…

Sottocodici = fanno parte della variazione diafasica e sono caratterizzati da termini tecnici o scientifici
(tecnicismi ) del settore ; es. sottocodice della linguistica (fonema, morfema, sintagma) , della medicina.
dell’economia e della finanza ecc…

La selezione e l’uso di registri e sottocodici dipende dalla situazione in cui il parlante si trova, compreso con
chi il parlante sta interagendo.

4) Variazione diamesica = condivide vari tratti con la variazione diafasica; la lingua


tipicamente parlata in contesti informali coincide con il registro informale, mentre la lingua
scritta con quello formale.
Due sottodimensioni fra loro connesse rispettivamente a : (a) carattere fisico del mezzo o
canale ; (b) caratteristiche strutturali di elaborazione interna del messaggio (come il
messaggio viene strutturato).
(a) Canale fonico opposto a grafico ;
(b) Parlato opposto allo scritto .  nella comunicazione moderna tendono a coesistere
caratteri strutturali del parlato e del grafico (sms).

L’insieme di varietà possibili e che si manifestano per una lingua storico-naturale in dato
periodo di tempo con le loro collocazioni lungo i diversi assi della variazione costituisce
l’architettura di una lingua.

Repertorio linguistico = è l’insieme di varietà linguistiche presenti presso una certa


comunità sociale ; il repertorio può essere formato da varietà di una stessa lingua
(repertorio monolingue) , oppure di lingue differenti (repertorio bilingue, multilingui;
situazione più frequente a livello di stato o nazione) .

Sempre a livello di stato o nazione , un repertorio prevede una varietà standard che viene
contrapposta ai dialetti.

Lingua standard = è una lingua ben codificata, le cui norme prescrittive sono state espresse
in testi, manuali come grammatiche, dizionari ; ha spesso una tradizione letteraria
prestigiosa di lunga data, è una lingua tendenzialmente unitaria che viene insegnata a
scuola come lingua ‘modello’, considerata come lingua ‘buona’ e ‘corretta’.

Dialetto= lingua di uso orale, non usata da un numero elevato di parlanti in un’area
geografica ridotta, poco codificate ed è strettamente connesso con la cultura delle realtà
locali che esprime.

Dialetto non è un concetto univoco e designa almeno due situazioni differenti :

a) Sistemi linguistici imparentati con la lingua standard, ma sono provvisti di struttura e


storia autonoma (es. dialetti italiani romanzi) ;

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b) varietà risultanti dalla diversificazione su base territoriale di una certa lingua dopo che
questa si è diffusa in un paese (es. dialetti inglesi d’America).

Possono far parte del repertorio linguistico anche le lingue di minoranza, parlate dalle
minoranze linguistiche : sono varietà non imparentate con la lingua standard , parlate da
specifiche comunità etniche con una cultura diversa da quella dominante, sono gruppi più
ridotti rispetto alla popolazione parlante la lingua standard.

In Italia ci sono tre minoranze linguistiche : la tedescofona, la slovena e la francofona + una


dozzina di altre lingue minoritarie sempre riconosciute (provenzale, neogreco, albanese,
ladino, catalano…)

Un repertorio plurilingue contiene diverse varietà che sono raramente sullo stesso piano;
nella maggior parte sono diversificate funzionalmente e godono di diverso prestigio.

Bilinguismo = c’è una compresenza di due o più varietà linguistiche non differenziate né
socialmente , il più diffuso è il bilinguismo individuale ; N.B. bilinguismo ha anche una
definizione più generica = compresenza in un repertorio di due lingue.

Diglossia (‘duplicità di lingua’) = quando in una situazione di bilinguismo , le due lingue


sono differenziate, coprono ambiti e ruoli socialmente diversi ( suddividono gli ambiti
d’uso in una distribuzione complementare) . Si distinguono una varietà alta (A o H) e una
varietà bassa (B o L)  [ Hochdeutsch ( standard) > dialetto svizzero tedesco].

Nella diglossia la varietà alta è appresa a scuola , è usata per lo scritto in contesti formali e
ufficiali, ma non è mai usata nel parlato quotidiano, non viene imparata dai bambini nella
socializzazione primaria ( = fase di educazione linguistica nella famiglia) > varietà B .

Dilalìa (‘duplicità conversazionale) = due varietà proprie di ambiti differenti ; la varietà B


usata solo nel parlato informale ; mentre la varietà A propria dello scritto, degli usi ufficiali
è usata anche nel parlato quotidiano ed è la lingua predominante della socializzazione
primaria (es. italiano standard e dialetti = compresenza varietà A e B ).

Idioletto = lingua parlata da un certo individuo , la lingua individuale.

Il contatto linguistico

Il contatto fra lingue diverse determina una serie di fenomeni e conseguenze a livello
linguistico .

L’insieme dei fenomeni che manifesta il contatto fra le lingue si chiama interferenza
linguistica . Generalmente avviene il trasporto di materiali linguistici da una lingua
‘modello’ ( che influenza) a una lingua ‘replica’ (viene influenzata). L’interferenza può
riguardare tutti i livelli linguistici, ma soprattutto il materiale lessicale; negli altri livelli è
particolarmente evidente nei parlanti bilingui : per es., venerdì su sabato per "la notte fra
venerdì e sabato" detto da un giovane immigrato italiano in Svizzera tedesca è una
formulazione fatta interamente di materiale linguistico italiano, ma che riproduce il
modello tedesco von Freitag gyf Samstag "da venerdì su sabato"

L’interferenza ha varie forme, tra cui prestito e calco.


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Prestito = introduzione in una data lingua di una parola straniera ( con il suo significante e significato).

L’elemento introdotto può appartenere a diversi livelli linguistici, in particolare a quello lessicale . Il prestito
non implica bilinguismo ed è un fenomeno normale nella diacronia linguistica; dunque il lessico è formato
da : elementi tradizione indigena + forestierismi (= lessemi provenienti da altre lingue).

Vari esempi in italiano : albicocca, algebra, carciofo, caraffa, sceriffo, zucchero… (< arabo); bisturi, dama,
escursione (< francese); albergo, baruffo, fiasco (< tedesco) ; numerosi prestiti dalla lingua inglese negli
ultimi sessanta- cinquant’anni.

I prestiti subiscono quasi sempre un adattamento, soprattutto in fonetica, ma anche in morfologia e


significato. La lingua ricevente cerca di adeguare il termine di tradizione straniera in base alle sue strutture
fonematiche, morfologiche = integrazione. L’integrazione può avvenire in gradi diversi , es. flirt, bar ,
stop // lanzichenecco (Landsknecht = servo del paese)  differenza in grado elevato.

Calco = è quando una lingua riceve il significato o la struttura interna da una lingua straniera e rende il
significante, o espressione con mezzi propri. Es. ferrovia riproduce il tedesco Eisenbahn, letteralm. "strada
di ferro"; grattacielo (< ingl. sky-scraper) ; realizzare = portare a termine, comprendere > ingl. to realize =
accorgersi, capire.

Commutazione di codice (code – switching) = fenomeno che riguarda l’atto linguistico (parole) , tipico di
parlanti bilingue; questo fenomeno consiste nell’uso alternato di due lingue diverse (codice) in una stesso
atto comunicativo . Può avvenire :

 quando c’è uno specifico contesto, situazione che genera una commutazione di codice;
 oppure può essere svincolata, e dipendere dalle competenze del parlante, dal suo stato psicologico.

La commutazione può avvenire tra due varietà qualunque di un dato repertorio, anche tra lingua e dialetto.

Es. poi io non è che mi posso mettere a fare le telefonate per niente, ogni minuto.I U telèfunu u pavu iù! "/
il telefono lo pago io" (italiano/siciliano) [code switching /interfrasale].

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