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«Mi attribuiscono il motto "Il Congresso danza, ma non va avanti". Ed esso non stilla
nulla come il sudore di questi signori che ballano. Credo anche d'aver detto: "Questo è
un congresso di guerra, non un congresso di pace."»
«La città di Vienna offre ai presenti una visione spettacolare; tutta l'Europa è qui
rappresentata dalle più illustri personalità. L'imperatore, con l'imperatrice e le grandi
principesse di Russia, il re di Prussia con parecchi principi della sua casa, il re di
Danimarca, i re ed i principi ereditarii di Baviera e del Württemberg, i duchi ed i
principi delle case di Meclemburgo, Sassonia-Weimar, Sassonia-Coburgo, Assia ecc.,
metà dei vecchi principi e dei conti dell'Impero, e poi un numero immenso di
diplomatici provenienti dai più vari reami d'Europa. Tutto questo non fa che dar vita
ad un movimento ed a una tale varietà di immagini ed avvenimenti che solo la
straordinaria epoca, nella quale noi viviamo, sarebbe in grado di produrre. Gli affari di
Stato nel frattempo, con lo sfondo di tali singolari cose, non stanno andando avanti
affatto.»
Tuttavia, alcuni storici sono dell'opinione che il Congresso non trascurò i suoi
impegni effettivi tra i vari balli e tutti gli altri intrattenimenti, ma stabilì le linee guida
del nuovo ordine di pace e stabilità dell'Europa, anche se la grossolana quanto
pungente opinione del feldmaresciallo Blücher sembrerebbe dare un'altra
impressione.
«Il Congresso assomiglia ad una fiera in un piccolo paese, in cui ognuno dà una
lucidata al dorso del proprio bestiame per venderlo e barattarlo.»
Partecipanti[modifica | modifica wikitesto]
Il Duca di Wellington
Al Congresso, il Regno Unito fu prima rappresentato dal ministro degli esteri, il
visconte Castlereagh; dopo il febbraio 1815, dal Duca di Wellington; e nelle ultime
settimane, dopo che Wellington se ne andò per affrontare Napoleone, dal Conte di
Clancarty. L'Austria era rappresentata dal principe Klemens von Metternich, il
ministro degli Esteri, e dal suo delegato, Barone Wessenberg. La Prussia era
rappresentata dal principe Karl August von Hardenberg, il cancelliere, e dal
diplomatico e studioso Wilhelm von Humboldt.
Lord Castlereagh
La Francia di Luigi XVIII era rappresentata dal ministro degli Esteri Charles Maurice
de Talleyrand-Perigord. Sebbene la delegazione ufficiale della Russia fosse guidata
dal suo ministro degli Esteri, il Conte Karl Vasil'evič Nessel'rode, lo
zar Alessandro I per lo più operò personalmente. Inizialmente, i rappresentanti
delle quattro potenze vincitrici sperarono di escludere i francesi da una seria
partecipazione ai negoziati, ma Talleyrand riuscì abilmente a inserirsi nei
dibattiti interni sin dalle prime settimane.
Poiché la maggior parte del lavoro al Congresso fu svolta da queste cinque potenze
(assieme, per certi temi, con le rappresentanze di Spagna, Portogallo e Svezia; sui
temi tedeschi, di Hannover, Baviera, e Württemberg; su quelli italiani, dello Stato
Pontificio e dei Regni di Sardegna e di Napoli), la maggior parte delle delegazioni
non ebbe molto da fare al Congresso, e l'ospite, imperatore Francesco I
d'Austria sostenne splendidi intrattenimenti per mantenerle occupate.
Le materie su cui si discusse furono molteplici e in generale solo le perdite territoriali
a danno dei francesi non furono oggetto di discussione. Queste erano già state decise
riportando i confini francesi a quelli precedenti le avventure napoleoniche.
Il principe di Talleyrand
L'oggetto più controverso al Congresso fu, infatti, la cosiddetta crisi sassone-polacca.
I russi e prussiani avanzarono una proposta secondo la quale la maggior parte dei
territori austriaci e prussiani della Polonia sarebbero andati alla Russia, che avrebbe
creato un regno polacco indipendente in unione personale con la Russia, con lo zar
Alessandro quale re.
In cambio, i prussiani avrebbero ricevuto come compensazione tutta la Sassonia, il
cui re veniva considerato abdicante per non aver abbandonato Napoleone abbastanza
in fretta. Gli austriaci, i francesi, e gli inglesi non approvarono questo piano, e,
ispirati da Talleyrand, firmarono un trattato segreto il 3 gennaio 1815, consentendo
alla guerra, se necessario, per impedire che il piano russo-prussiano producesse il suo
effetto.
Sebbene nessuna delle tre potenze fosse particolarmente pronta alla guerra, i russi
non vollero sfidarle, e si elaborò presto una composizione amichevole, per cui la
Russia ricevette il grosso del Ducato napoleonico di Varsavia come Regno di
Polonia (chiamato Polonia del Congresso), ma non ricevette il distretto
di Poznań (Granducato di Poznan), che fu dato alla Prussia, né Cracovia, che rimase
una città libera. La Prussia ricevette il 40% della Sassonia (più tardi nota come
provincia di Sassonia), con la restante parte resa al re Federico Augusto I di
Sassonia (Regno di Sassonia).
La Gran Bretagna ne uscì come la potenza che aveva più interesse per l'equilibrio in
Europa, ma all'esterno dell'Europa si rafforzò acquisendo le ex colonie francesi
delle Indie Occidentali o che appartenevano a stati in passato alleati della Francia:
acquisì così dai Paesi Bassi il Sudafrica e il capo di Buona Speranza. L'Inghilterra era
rappresentata da lord Castlereagh, ministro degli esteri, un nobile irlandese che aveva
ricevuto istruzioni di poter mettere sulla bilancia dei negoziati i territori inglesi
extraeuropei per potersi avvantaggiare in Europa. Ma egli non seguì tale indicazione,
percependo che gli altri stati non si erano resi conto dell'importanza delle colonie:
quest'abile mossa permetterà alla Gran Bretagna di rimanere la più grande potenza
coloniale sino alla fine della seconda guerra mondiale.
La Santa Alleanza
Joseph de Maistre
Il Congresso di Vienna segna l'inizio dell'età della Restaurazione dove avanzava
ispirata dal Romanticismo una nuova concezione della storia che smentiva
quella illuminista basata sulla capacità degli uomini di costruire e guidare la storia
con la ragione. Le vicende della Rivoluzione francese e il periodo napoleonico
avevano dimostrato che gli uomini si propongono di perseguire alti e nobili fini che
s'infrangono dinanzi alla realtà storica. Il secolo dei lumi era infatti tramontato nelle
stragi del Regime del Terrore e il sogno di libertà era sfociato nella tirannide
napoleonica.
Da questa nuova visione della storia opera della volontà divina si promanano due
visioni contrapposte: la prima è una prospettiva reazionaria che vede nell'intervento
di Dio negli eventi umani una sorta di avvento di un'apocalisse che metta fine alla
sciagurata storia degli uomini ai quali non rimane che volgersi al passato (così per
esempio in François-René de Chateaubriand, in Joseph de Maistre), la seconda, che si
potrebbe definire liberale, alla luce dell'ideale «conservare progredendo»[11], vede
invece nell'azione divina una volontà diretta, nonostante tutto, al bene degli uomini e
auspica un nuovo cristianesimo per una nuova società (ad esempio: Lamennais, Saint
Simon).
Lo zar Alessandro I di Russia
Con lo zar Alessandro l'ideale di una politica concepita in termini di mistica religiosa
sembra costituirsi con la formazione della Santa Alleanza. Lo zar voleva impegnare
in questo patto sacro i contraenti di Prussia, Russia, Austria a conformarsi nel
governo dei loro popoli ai principi della carità cristiana scritti «nell'eterna religione
di Dio salvatore»[12].
Il Principe di Metternich
Sebbene ampiamente derisa da molti statisti (Castlereagh lo chiamava «un pezzo di
sublime misticismo e assurdità» e Metternich un «nulla altisonante»), il 26
settembre 1815 i sovrani europei vi aderirono, con l'eccezione: del Papa, avverso a
un'alleanza che univa assieme cattolici, luterani e ortodossi, del sultano della Turchia,
che non era particolarmente interessato ai princìpi cristiani, e del Principe-Reggente
del Regno Unito, che non poteva assentire a un tale trattato senza coinvolgimento
ministeriale (in effetti egli firmò nel suo ruolo di Reggente di Hannover), ma
soprattutto perché il Regno Unito temeva che questa alleanza nascondesse la volontà
della Russia di avere mano libera nei Balcani.
In seguito, la Santa Alleanza fu progressivamente associata con le forze della
reazione in Europa, e particolarmente con gli orientamenti politici di Metternich, che
aveva come supremo criterio di politica internazionale quello del mantenimento
dell'ordine europeo.
Quadruplice e Quintuplice Alleanza[modifica | modifica wikitesto]
Il 20 novembre 1815 fu redatto un secondo patto tra Prussia, Austria, Russia che con
l'adesione della Gran Bretagna prese il nome di Quadruplice Alleanza.
Al Congresso di Aquisgrana, dell'ottobre-novembre 1818, gli alleati, in cambio del
pagamento delle riparazioni di guerra (ancorché ridotte), approvarono il ritiro dei
propri corpi di occupazione, stanziati in Francia sin da Waterloo. La Francia di Luigi
XVIII venne invitata ad aderire al patto che prese il nome di Quintuplice Alleanza e
che sopravvisse fino alla morte dello zar Alessandro nel 1825[13].
La presenza della Francia era ancora formale data la diffidenza delle altre quattro
potenze europee che avevano stipulato contemporaneamente anche un protocollo
segreto, che confermava la garanzia reciproca in funzione anti-francese.
La vera promozione della Francia da potenza sconfitta ad alleato dev'essere fatta
risalire, al Congresso di Verona del 9-14 ottobre 1822, quando, nonostante il dissenso
inglese, Austria, Russia e Prussia autorizzarono i ministri di Luigi XVIII
alla spedizione militare in Spagna per restaurare il governo assoluto di Ferdinando
VII di Borbone: quello fu, in effetti, il vero evento che sancì il reingresso di Parigi nel
consesso delle grandi potenze europee. Il corpo di spedizione denominato "I
centomila figli di San Luigi" con la vittoriosa battaglia del Trocadero (1823)
[14]
restaurò l'assolutismo monarchico di Ferdinando VII di Borbone[15].
Gli strumenti dell'alleanza[modifica | modifica wikitesto]
Per il mantenimento dell'ordine, l'alleanza si basava sul principio di intervento: nel
caso uno Stato avesse avuto dei problemi causati da disordini rivoluzionari che non
fosse in grado di sedare e che potessero contagiare gli altri Stati, questi si ritenevano
in obbligo d'intervenire per sedare le rivolte. Al principio di non ingerenza negli
affari interni di uno Stato si sostituiva così il principio politico della sovranità limitata
degli Stati e l'ideale della solidarietà internazionale, da attuarsi con la periodica
consultazione dei governi europei nei Congressi e tramite quello strumento di polizia
internazionale che era la Santa Alleanza.
I paesi coinvolti nel Congresso si accordarono infatti di riunirsi a intervalli, a norma
dell'Articolo VI:
«Per assicurare l'esecuzione del presente Trattato e consolidare i legami ora così uniti
i Quattro Sovrani per la felicità del mondo hanno concordato di rinnovare i loro
incontri a periodi prefissati […] per la considerazione di misure per la serenità e
prosperità delle Nazioni e per il mantenimento della Pace in Europa.»
Ciò portò all'istituzione del sistema del Congresso, e ai successivi congressi: i più
importanti saranno quelli di Aquisgrana (1818), di Troppau (1820),
di Lubiana (1821), che autorizzò l'intervento austriaco nel napoletano, e infine
il congresso di Verona (1822) già citato.
Critiche ed elogi
«Raramente l'incapacità dei governi a frenare il corso della storia si è manifestata in
maniera più evidente che nella generazione successiva al 1815. Prevenire una seconda
Rivoluzione francese, o la catastrofe ancora peggiore di una rivoluzione generale
europea sul modello di quella francese era l'obiettivo supremo di tutte le potenze che
avevano impiegato vent'anni a sconfiggere la prima; e questo era persino l'obiettivo
della Gran Bretagna che non aveva in simpatia gli assolutismi reazionari… e sapeva
che le riforme non potevano né dovevano essere evitate, ma temeva una seconda
espansione franco-giacobina… Eppure mai nella storia europea lo spirito
rivoluzionario era stato così endemico…»