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La rivoluzione e la deposizione

Su consiglio del ministro Necker, il quale propose inizialmente ma invano al re di


disconoscere gli elevati debiti accumulatisi nel corso degli anni fra le spese di
corte e i finanziamenti per la partecipazione alla Guerra d'indipendenza americana
(i cui costi raggiunsero complessivamente i 2 mila milioni di Livre dell'epoca),
nel 1788 Luigi ordinò l'elezione degli Stati Generali (la prima dal 1614), allo
scopo di far approvare le riforme monetarie. L'elezione fu uno degli eventi che
trasformarono il malessere generale nella rivoluzione francese, che cominciò nel
giugno 1789. Il Terzo Stato si era autoproclamato come Assemblea Nazionale; i
tentativi di Luigi di controllarla, fra cui la chiusura dei cancelli di Versailles
il 20 giugno 1789 (ricordato come uno dei più grandi atti di totale negligenza alla
nazione), produssero come conseguenza l'uguale riunione dei deputati presso la sala
della Pallacorda, in un edificio poco distante dal palazzo del re, ove venne
stipulato il patto del Giuramento della pallacorda, la dichiarazione dell'Assemblea
Nazionale Costituente il 9 luglio e la Presa della Bastiglia il 14 luglio. In
ottobre la famiglia reale venne costretta a spostarsi nel Palazzo delle Tuileries a
Parigi da una folla tumultuante.
Re di Francia - Capetingi
Borbone di Francia

Grand Royal Coat of Arms of France & Navarre.svg


Enrico IV (1589-1610)
Figli
Luigi XIII (1610 - 1643)
Figli
Luigi XIV (1643 - 1715)
Figli
Luigi XV (1715 - 1774)
Figli
Luigi XVI (1774 - 1792)
Figli
Luigi XVII
Luigi XVIII (1814 - 1824)
Carlo X (1824 - 1830)
Figli
Enrico V (1820 - 1883)

Luigi era perplesso nei confronti delle riforme sociali, politiche ed economiche
della rivoluzione, tuttavia puntava sempre a non creare strappi violenti. I
principi rivoluzionari della sovranità popolare, benché centrali per i principi
democratici dell'epoca successiva, segnarono una rottura decisiva rispetto al
principio della monarchia assoluta che vedeva il trono e l'altare come cuore del
governo. Ledendo tali principi, radicati profondamente nella concezione
tradizionale della monarchia, nonostante le critiche del pensiero illuminista
fossero ormai una koiné intellettuale nelle élites di mezza Europa, la Rivoluzione
venne avversata da quasi tutta la precedente élite di governo francese e da
praticamente tutti i governi europei. Anche alcune figure di spicco dell'iniziale
movimento rivoluzionario erano dubbiose sui principi del controllo popolare del
governo. Alcune di esse, soprattutto Honoré Mirabeau, cercavano di deviare gli
eventi verso una forma di monarchia costituzionale all'inglese.

La morte improvvisa di Mirabeau e la depressione di Luigi indebolirono fatalmente


questi sviluppi. Il re non condivideva i propositi di restaurazione immediata e
radicale fatta propria da alcuni parenti (il Conte d'Artois e il Conte di Provenza)
e inviò a essi ripetuti messaggi pubblici e privati che li richiamavano a fermare i
tentativi di lanciare una contro-rivoluzione (spesso attraverso il suo reggente
nominato segretamente, l'ex ministro de Brienne), ma allo stesso tempo si sentiva a
disagio di fronte alla sfida al ruolo tradizionale del monarca e al trattamento
riservato a lui e alla sua famiglia. Era in particolare irritato dal fatto di
essere tenuto praticamente prigioniero nelle Tuileries, dove la moglie venne
costretta in modo umiliante a essere sorvegliata da soldati rivoluzionari nella sua
stessa camera da letto, e dal rifiuto del nuovo regime di permettergli di scegliere
sacerdoti e confessori cattolici di sua scelta, piuttosto che i "sacerdoti
costituzionali" creati dalla Rivoluzione con la Costituzione civile del clero.

Il 21 giugno 1791, Luigi tentò la fuga con la famiglia, nella speranza di


costringere la Rivoluzione a una svolta moderata, più di quanto fosse possibile
restando nella Parigi radicale, ma pecche nel piano causarono ritardi sufficienti a
far sì che venissero riconosciuti e catturati a Varennes. Questo fatto, unito ai
documenti dell'armadio di ferro, in cui si svelavano le trattative del re con le
potenze nemiche, segnò di fatto la sua fine. Luigi venne ricondotto a Parigi dove
rimase nominalmente come monarca costituzionale, ma in realtà agli arresti
domiciliari, fino al 1792.

Il 25 luglio 1792, Carlo Guglielmo Ferdinando, duca di Brunswick-Luneburg,


comandante delle forze prussiane, pubblicò il cosiddetto Proclama di Brunswick, nel
quale minacciava gli abitanti di Parigi di gravi sanzioni se fosse stato recato
danno alla famiglia reale.[2] Il manifesto venne preso come prova definitiva di una
collusione tra Luigi e le potenze straniere in una cospirazione contro il suo
stesso paese. Luigi venne arrestato ufficialmente il 13 agosto 1792, dopo essere
stato deposto due giorni prima nel corso di una feroce battaglia campale sulle
scale dello stesso palazzo. Il 21 settembre 1792, l'Assemblea Nazionale dichiarò
che la Francia era una repubblica; il deposto Luigi XVI da allora venne chiamato
ufficialmente "cittadino Luigi Capeto".
Condanna a morte ed esecuzione

Non vi era una unanimità circa la necessità di giudicare o meno il sovrano. La


maggioranza parlamentare era favorevole, ma alcuni leader montagnardi, tra i quali
Robespierre e Saint-Just, premevano per una condanna senza processo, nel timore che
un'eventuale assoluzione del re gettasse discredito sulla Rivoluzione. Il resto
della Montagna era però in linea con le idee dei Girondini - anche se questi ultimi
avrebbero preferito un rinvio - e della Pianura: il 5 dicembre la Convenzione
Nazionale decise di processare il sovrano e il 10 venne presentato un Atto
enunciativo dei crimini di Luigi.

La prima apparizione di Luigi davanti all'Assemblea avvenne il 21 dicembre. Il


sovrano decise di affidare l'organizzazione della difesa a Tronchet e Malesherbes,
i quali individuarono nel giovane Raymond de Sèze l'avvocato giusto per l'arringa,
pronunciata il 26. Dal 14 gennaio i deputati furono chiamati a esprimersi sulla
colpevolezza dell'imputato, sull'opportunità di rivolgersi al giudizio popolare e
sull'eventuale pena da infliggere al re.[3]

Il primo punto non fu soggetto a divisioni: la colpevolezza fu votata quasi


all'unanimità. Anche circa il ricorso al popolo venne subito raggiunta la
maggioranza. 423 deputati si opposero, mentre 286 votarono a favore: il timore era
che il popolo, in gran parte ancora intimamente monarchico e sconvolto in maniera
crescente dalla persecuzione inflitta a chi rimaneva fedele alla Chiesa di Roma
(pochi mesi dopo sarebbe scoppiata la consistente rivolta realista e cattolica
della Vandea), non emettesse un giudizio unanime contro il sovrano[4]. Il dibattito
sulla pena fu più lungo e combattuto, dal momento che il primo scrutinio rivelò un
grande equilibrio tra i sostenitori della pena di morte (366) e coloro che
espressero parere negativo (355). La Gironda, favorevole alla sentenza capitale, ne
chiedeva tuttavia il rinvio. Lanjuinais propose che il verdetto fosse approvato
solo con un maggioranza dei due terzi, ma Danton fece bocciare la richiesta.[5]

La condanna a morte ottenne una maggioranza sufficiente il 17 gennaio 1793, con 387
voti favorevoli e 334 contrari.[6] Raggiunto l'accordo sulla pena, restava da
deciderne l'eventuale rinvio, bocciato il 19 gennaio con 383 voti contro 310.[7]

Re Luigi XVI venne ghigliottinato il 21 gennaio 1793 in Piazza della Rivoluzione,


l'attuale Place de la Concorde. Il giorno della decapitazione, dopo essere stato
tenuto prigioniero nella Torre del Tempio, venne portato alla ghigliottina in
carrozza, vestito di bianco e con in mano il libro dei Salmi. La condanna fu
eseguita dal boia Charles Henri Sanson. Morì come cittadino Luigi Capeto e le sue
ultime parole furono:

«Signori, sono innocente di tutto ciò di cui vengo incolpato. Auguro che il mio
sangue possa consolidare la felicità dei francesi.»
(Le ultime parole pronunciate da Luigi XVI il 21 gennaio 1793, registrate da
Charles Henri Sanson esecutore della condanna.)

Un assistente del boia mise all'asta i suoi capelli e parte dei vestiti, e molti
raccolsero il sangue. L'ordine durante l'esecuzione fu mantenuto da un consistente
assembramento di soldati rivoluzionari.

Alla sua morte, il figlio di soli otto anni, Luigi-Carlo di Francia, divenne
automaticamente, per i monarchici e gli stati internazionali, il re de jure Luigi
XVII di Francia. La moglie, Maria Antonietta, lo seguì sulla ghigliottina il 16
ottobre 1793. Per l'esecuzione fu seguito il medesimo cerimoniale utilizzato per il
marito. Alla regina fu vietato di indossare abiti vedovili durante il tragitto
dalle prigioni alla ghigliottina.

Il fratello, Luigi XVIII, una volta diventato re nel 1815 fece riesumare i resti di
Luigi XVI, tumulati in una fossa comune del vecchio Cimitero della Madeleine,
seppellendoli poi nella Basilica di Saint-Denis, assieme a quelli della moglie
Maria Antonietta.
Personalità di Luigi XVI

Luigi XVI viene descritto come un uomo debole, inadatto al trono o poco capace di
prendere decisioni difficili. Sulla psicologia di Luigi XVI sono state fatte
diverse osservazioni: che fosse affetto da una nevrosi ossessiva dato la sua mania
di annotare ogni minima cosa (anche gli animali – rondini, cani, ecc. – uccisi per
sbaglio durante le sue predilette battute di caccia) o la passione sullo smontare e
rimontare orologi; che soffrisse di criptoforia, una sorta di psicosi tipica di chi
nasconde al proprio interno la "personalità fantasma", in un particolare senso
psicoanalitico, di un'altra persona, spesso un fratello o una sorella, nel caso di
Luigi, probabilmente, quella del fratello maggiore, il duca di Borgogna, morto
prima di lui, facendolo divenire erede al trono come Delfino di Francia, destino
che, da giovane, pensava forse di non dover mai affrontare, e che gli pesò molto,
imponendosi appunto di dover sostituire il fratello.[8]
Rapporto con la moglie Maria Antonietta
Luigi XVI a vent'anni

Il matrimonio tra Luigi XVI e Maria Antonietta fu relativamente tranquillo e


accomodante, nonostante i due fossero estremamente diversi sia per temperamento
fisico sia per interessi: infatti, non era possibile che scaturissero tensioni
poiché il re e la regina evitavano ogni attrito tra di loro, il primo per apatia,
la seconda per noncuranza.[9] L'unico pesante ostacolo alla felicità coniugale dei
sovrani di Francia fu rappresentato dalla mancata consumazione delle nozze nei
primi sette anni di matrimonio. Per molto tempo si ritenne che Luigi XVI fosse
affetto da una dolorosa fimosi, che gli impedì per molto tempo di avere rapporti
sessuali.[10] Tuttavia durante una visita a Parigi l'imperatore Giuseppe II,
fratello di Maria Antonietta, dopo aver parlato con il re, arrivò alla conclusione
che egli soffrisse di problemi eminentemente psicologici, e praticasse il coito
interrotto.[11] Ciò che rendeva questa situazione ancora più insopportabile per la
giovane coppia era il fatto che, in quanto sovrani, la loro vita era sotto gli
occhi di tutta la corte di Versailles, che da dietro le quinte malignava sui loro
insuccessi, come era stato per Luigi XIII, considerato a lungo impotente o
omosessuale. Luigi XVI era inibito con le donne anche dal fatto di essere cresciuto
in un ambiente dove dominavano le amanti di Luigi XV, verso le quali provava
repulsione.[12][13] L'umiliazione derivante da questa peculiare circostanza lasciò
una macchia indelebile sulla loro relazione coniugale.[14] Dal momento che non
poteva soddisfare fisicamente la moglie né metterla nella circostanza di procreare
un erede maschio per la Francia, Luigi XVI permise che la regina si desse a
divertimenti costosi e sciocchi per sopperire alle sofferenze del matrimonio e per
dimenticare mortificazione e solitudine. Maria Antonietta, tranne che nelle
questioni politiche, riusciva a ottenere dal re tutto quello che desiderava,
nonostante questi non approvasse i suoi comportamenti, le sue considerevoli spese,
né apprezzasse le persone di cui si era circondata. Tuttavia, il re cedeva sempre
dinanzi alle richieste di Maria Antonietta, come per scusarsi delle proprie colpe,
che segretamente facevano soffrire entrambi.[15]

L'arrendevolezza di Luigi XVI nei confronti della moglie faceva sentire


quest'ultima superiore al re. Tuttavia, da un punto di vista prettamente politico,
Maria Antonietta non riuscì ad avere particolare presa sul consorte, nonostante sia
l'imperatrice Maria Teresa sia l'ambasciatore Mercy l'avessero spesso esortata ad
acquistarsi le simpatie di Luigi XVI al fine di influenzare la sua politica estera
in favore della Casa d'Austria. Pertanto Maria Antonietta si sentiva autorizzata
dall'alto a pensare di essere superiore al re, un uomo che non amava e che l'aveva
per anni umiliata come donna, respingendola sentimentalmente e fisicamente.[16] In
un'occasione, poco dopo l'incoronazione di Luigi XVI nel 1775, Maria Antonietta si
azzardò, con grande scandalo della madre, a definire il marito «quel pover'uomo».
[17] Luigi e Maria Antonietta si riavvicinarono solo dopo che ebbero la prima
figlia, tanto che ne ebbero altri tre, successivamente.[18] Alla fine, soprattutto
durante la prigionia, Luigi XVI e la moglie arrivano a un profondo affetto, se non
amore, l'uno per l'altra, tanto che la regina propose a Luigi di passare l'ultima
notte insieme, prima della decapitazione del re. Luigi rifiutò, ma solo perché
voleva passarla in preghiera, come era stato alla vigilia dell'incoronazione.[19]
Onorificenze
Gran Maestro dell'Ordine dello Spirito Santo - nastrino per uniforme ordinaria
Gran Maestro dell'Ordine dello Spirito Santo

Gran Maestro dell'Ordine di San Michele - nastrino per uniforme ordinaria Gran
Maestro dell'Ordine di San Michele

Gran Maestro dell'Ordine di San Luigi - nastrino per uniforme ordinaria Gran
Maestro dell'Ordine di San Luigi

Ascendenza
Luigi XVI di Francia Padre:
Luigi di Borbone-Francia Nonno paterno:
Luigi XV di Francia Bisnonno paterno:
Luigi, duca di Borgogna Trisnonno paterno:
Luigi, il Gran Delfino
Trisnonna paterna:
Duchessa Maria Anna Vittoria di Baviera
Bisnonna paterna:
Maria Adelaide di Savoia Trisnonno paterno:
Vittorio Amedeo II di Savoia
Trisnonna paterna:
Anna Maria d'Orléans
Nonna paterna:
Maria Leszczyńska Bisnonno paterno:
Stanisalo I di Polonia Trisnonno paterno:
Conte Rafał Leszczyński
Trisnonna paterna:
Principessa Anna Jablonowska
Bisnonna paterna:
Caterina Opalińska Trisnonno paterno:
Conte Jan Karol Opalinski
Trisnonna paterna:
Contessa Zofia Czarnkowska
Madre:
Maria Giuseppina di Sassonia Nonno materno:
Augusto III di Polonia Bisnonno materno:
Augusto II di Polonia Trisnonno materno:
Giovanni Giorgio III di Sassonia
Trisnonna materna:
Anna Sofia di Danimarca
Bisnonna materna:
Cristiana di Brandeburgo-Bayreuth Trisnonno materno:
Cristiano Ernesto di Brandeburgo-Bayreuth
Trisnonna materna:
Sofia Luisa di Württemberg
Nonna materna:
Maria Giuseppa d'Austria Bisnonno materno:
Giuseppe I d'Asburgo Trisnonno materno:
Leopoldo I d'Asburgo
Trisnonna materna:
Eleonora del Palatinato-Neuburg
Bisnonna materna:
Amalia di Brunswick e Lüneburg Trisnonno materno:
Giovanni Federico di Brunswick-Lüneburg
Trisnonna materna:
Benedetta Enrichetta del Palatinato
Curiosità

In Francia il 21 gennaio di ogni anno viene celebrato il tradizionale pranzo del


Club de la Tête de Veau, che ricorda la decapitazione del sovrano con la
degustazione di piatti a base di testa di vitello.[20]. Nel suo romanzo
l'educazione sentimentale lo scrittore francese Gustave Flaubert fa dire a un ex
delegato del governo provvisorio che tale usanza sarebbe stata una parodia delle
celebrazioni che si tenevano in Inghilterra il 30 gennaio per celebrare
l'anniversario della decapitazione di Carlo I. Lo stesso Flaubert fa concludere al
suo personaggio che ciò proverebbe che "l'imbecillità è feconda" ("la bêtise est
féconde")[21].
Nella cultura di massa

Il suo personaggio compare con un ruolo da protagonista nella serie manga e anime
Lady Oscar di Riyoko Ikeda.

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