Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo

Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico

ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze
Galleria dell'Accademia di Firenze
Atlante delle Tebaidi
e dei temi figurativi

a cura di
Alessandra Malquori
con Manuela De Giorgi
e Laura Fenelli

Centro Di
Crediti fotografici:
Archivio Fotografico della Soprintendenza BSAE di Parma e
Piacenza; Archivio Fotografico Musei Vaticani; AXIA Gallery,
Londra; BAMS foto Rodella; Biblioteca Casanatense, Roma;
Biblioteca Civica, Treviso; Biblioteca Riccardiana, Firenze;
Bibliothèque Royale de Belgique, Bruxelles; British Library,
Londra; Byzantine & Christian Museum, Atene;
Christ Church Picture Gallery, Oxford; Christie’s, Londra;
Comune di Siena; First Ephorate of Prehistoric and Classical
Antiquities, Atene; Foto Antonia Reeve, Edimburgo;
Foto Ciabochi, Fabriano; Foto Quattrone, Firenze;
Foto Rabatti, Firenze; Foto Roncella, Orvieto; Fototeca
Federico Zeri, Bologna; Istituto Nazionale della Grafica,
Roma; Keresztény Múzeum, Esztergom; Kunsthaus, Zurigo;
Kunsthistorisches Institut in Florenz, Max-Planck-Institut,
Firenze (foto Rabatti & Domingie, Firenze); Laboratorio
Fotografico, Dipartimento di Scienze Storiche e dei Beni
Culturali, Università degli Studi di Siena (foto Fausto
Lucherini); Lambeth Palace Library, Londra; Lindenau
Museum, Altenburg; Ministero dei Beni e delle Attività
Culturali e del Turismo, Biblioteca Nazionale Universitaria,
Torino, divieto di riproduzione; Musée d’Art Thomas Henry,
Cherbourg-Octeville © Daniel Sohier; Museo Benaki, Atene;
© Opera del Duomo di Orvieto; Princeton University Art
Museum; Scottish National Gallery, Edimburgo;
Soprintendenza BBCCAA, Palermo; Soprintendenza BAP
per le Province di Siena e Grosseto; Soprintendenza PSAE-
BAP per le Province di Pisa e Livorno; Soprintendenza
Speciale PSAE e per il Polo Museale della città di Firenze;
Staatliche Museen, Gemäldegalerie (foto J. Anders);
Szépművészeti Múzeum, Budapest; The Pierpont Morgan
Library, New York; Università degli Studi, Firenze
(foto Roberto Salvini); Universiteitsbibliotheek, Gent;
© Victoria and Albert Museum, London.
L’Editore si scusa per eventuali omissioni o errori,
rendendosi disponibile per integrare ed emendare,
se informato dagli aventi diritto.
La pubblicazione di questo volume è stata resa possibile
grazie al contributo di:
The Lila Acheson Wallace-Reader’s Digest
Publications Subsidy at Villa I Tatti,
The Harvard University Center for Italian Renaissance Studies.
Ringraziamenti
Siamo grati ai molti istituti di ricerca, biblioteche e archivi,
italiani e stranieri, per l’accoglienza e il supporto nelle
ricerche e, in particolare, alla Soprintendenza Speciale per il
Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il
Polo Museale della città di Firenze e alla direzione della
Galleria dell’Accademia, nelle persone di Franca Falletti,
Daniela Parenti e Angelo Tartuferi, per aver promosso e
sostenuto il nostro progetto.
Questa pubblicazione è stata possibile grazie al generoso
finanziamento dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze e
all’altrettanto prezioso contributo di The Lila Acheson
Wallace-Reader’s Digest di Villa I Tatti, The Harvard
University Center for Italian Renaissance Studies, ai quali va
il nostro grazie più sincero.
Desideriamo inoltre ringraziare le persone che in vario modo
hanno contribuito al compimento di questo lavoro:
Cristina Acidini, Rita Alzeni, Alessandro Angelini,
Ugo Bargagli, Emanuele Barletti, Lucia Bassignana,
Susan Bates, Lucia Biondi, Eve Borsook, Miklós Boskovits,
Matteo Ceriana, Eugenia Chalkia, Sonia Chiodo,
Salvatore Conti, Lord Crawford e Lady Lindsay,
Francesca De Luca, Andrea De Marchi, Ute Dercks,
Silvia Di Pasquale, Rosanna Di Pinto, Patrizia Fabbri,
Fabiano Fagliari Zeni Buchicchio, Alberto Fraschetti,
Roberto Fraschetti, Padre Bernardo Gianni, Michel Laclotte,
Anne Leader, Térence Le Deschault de Monredon,
Maria Lidova, Alessandra e Ginevra Marchi, Marzia Marigo,
Mariano Marziali, Marco Merlo, Manola Miniati,
Patrizia Naldini, Antonio Natali, Valerio Pacini,
Antonio Paolucci, Sergio Paparo, Umberto Parrini,
Lino Pertile, Yannis Petsopoulos, Fabio Pianti,
Franca Porticelli, Antonio Quattrone, Marco Realini,
Cristiano Riminesi, Dora Sallay, Chiara Sestini, Silvia Tarchi,
Alice Ventura, Aidan Weston-Lewis, Gerhard Wolf
Copyright © 2013 Centro Di
della Edifimi srl, Firenze
edizioni@centrodi.it
www.centrodi.it
ISBN 978-88-7038-509-0
In copertina
Elaborazione grafica di Antonio incontra il centauro
(particolare), Cappella di Sant’Antonio in Santa Maria
al Sepolcro (Le Campora), Firenze.
Abbreviazioni

ASF = Firenze, Archivio di Stato

ASG = Firenze, Archivio Storico delle Gallerie
ASS = Siena, Archivio di Stato
AVO = Orvieto, Archivio Vescovile
BAV = Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica
Vaticana
BCI = Siena, Biblioteca Comunale degli Intronati
BNCF = Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale
GF = Firenze, Gabinetto Fotografico (Polo Museale di
Firenze)
GR = Firenze, Gabinetto di Restauro (Polo Museale di
Firenze)
OPD = Firenze, Opificio delle Pietre Dure
PML = Pierpont Morgan Library
SBSAE = Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed
Etnoantropologici
 Sommario

15 Atlante delle Tebaidi e dei temi figurativi, 149 c. Onofrio e Pafnuzio

A. Malquori 150 Il viaggio di Pafnuzio nel deserto e la tradizione
della Vita Onuphrii, L. Fenelli
25 I. Tebaidi 152 Sant’Onofrio nella chiesa di San Piero in Palco a
27 Introduzione, A. Malquori Firenze, M. Bandini
28 Storie degli anacoreti nel Camposanto di Pisa, 156 Le Storie di sant’Onofrio dall’ospedale di
A. Malquori Sant’Onofrio a Bologna, L. Fenelli
33 La Tebaide degli Uffizi, A. Malquori 162 L’incontro tra Onofrio e Pafnuzio della chiesa di
38 La Tebaide Budapest/Bartolini Salimbeni, Santa Trinita a Firenze, A. Delle Foglie
A. Malquori 165 Le Storie di Onofrio e Pafnuzio nel convento di
44 La Tebaide Esztergom/Christie’s, A. Malquori Santa Maria Novella, A. Malquori
51 La Tebaide di Cercina, M. Bandini 171 d. Gli eremiti pelosi, L. Fenelli
56 La “grande” Tebaide Lindsay, A. Malquori 173 Una Scena di vita eremitica nella basilica dei
64 Il “puzzle” ricostruito da Ellen Callmann, Santi Giorgio e Cristina a Bolsena, G. Ermini
M. Corsi 176 e. Gli eremiti ‘illustri’, G. Ermini
70 Una Tebaide in Palazzo Rucellai a Firenze, 178 Gli eremiti a tarsia nel coro nel Duomo di
A. Malquori
Orvieto, G. Ermini
76 La Via di perfezione attribuita a Paolo Uccello,
A. Staderini 185
80 La “piccola” Tebaide Lindsay, A. Malquori
III. Alcuni temi figurativi
187 Introduzione, A. Malquori
87 II. Storie e immagini di eremiti a carattere 189 a. La dormizione dell’eremita, M. De Giorgi
narrativo o esemplare 201 La Dormizione di sant’Arsenio (?) del Monte Sinai,
89 Introduzione, A. Malquori M. De Giorgi
91 a. Le cosiddette Tebaidi 202 La Dormizione di sant’Efrem il Siro a
92 Il ciclo della sagrestia di San Remigio a Firenze, Koudoumas (Creta), M. De Giorgi
206 La Dormizione di sant’Efrem il Siro di Andreas
M. Bandini
96 Storie di eremiti e monaci nei locali del Santa Maria Pavias, M. De Giorgi
210 La Dormizione di san Saba a Lefkada,
della Scala a Siena, M. Corsi
101 Storie di eremiti nel convento di Santa Marta a M. De Giorgi
213 La Dormizione di sant’Efrem di Emmanuele
Siena, M. Corsi
105 La Tebaide ricostruita da Michel Laclotte e da Tzanfournari, M. De Giorgi
217 La Dormizione dell’eremita di Grifo di Tancredi,
Anne Leader, L. Fenelli
A. Malquori
112 Storie di eremiti nella chiesa di San Giovanni a 224 La Dormizione di sant’Arsenio nel convento di
Carbonara a Napoli, A. Delle Foglie
115 Scene di anacoreti in preghiera e in penitenza Santa Lucia a Fabriano, A. Malquori
nell’eremo di Lecceto presso Siena, M. Corsi 230 b. L’eremita sull’albero, A. Malquori
120 Le Storie dei santi Padri nel monastero di San 241 c. La scure, V. Rouchon Mouilleron
Miniato al Monte, A. Malquori 251 d. Gli scorpioni, M. Corsi
129 b. Paolo e Antonio
257 Bibliografia
130 Note agiografiche su Paolo e Antonio, L. Fenelli
287 Indice dei nomi
132 Storie di Antonio e Paolo a Sant’Angelo in Formis,
A. Delle Foglie 291 Indice dei soggetti e dei temi figurativi
135 Storie di Antonio e Paolo nella chiesa di Le
Campora presso Firenze, L. Fenelli
141 Storie di Antonio e Paolo secondo la Leggenda di
Patras, L. Fenelli
145 Storie di Antonio e Paolo nel Libretto degli
anacoreti, A. Delle Foglie
III. Alcuni temi figurativi
 102. Eremita con
l’accetta,
particolare delle
sinopie con
Storie degli
anacoreti del
Camposanto di
Pisa.

186 Alcuni temi figurativi

Introduzione

La terza sezione è dedicata ad alcuni dei molti temi figurativi che ricorrono
variamente in queste raffigurazioni. Come messo in evidenza nel saggio
introduttivo, alcune immagini sono caratteristica costante nelle rappresenta-
zioni della Tebaide, della Dormizione dell’eremita, ma anche in altre figura-
zioni. Si tratta di immagini spesso prive di un riscontro testuale nelle fonti
agiografiche, patristiche o letterarie e per questo sono state spesso considera-
te dagli studiosi ‘scenette di genere’, inserite per abbellire la composizione, e
dunque prive di qualunque significato.
Esse in realtà sono ‘moduli’ specifici ricorrenti, temi che concorrono a ‘costi-
tuire’ lo scheletro stesso della composizione e, in alcuni casi, parti essenziali
di essa. Queste immagini, talvolta migrate da altri contesti figurativi, se poste
a confronto in modo unitario e studiate per le loro peculiarità, svelano la
loro lontana e antica tradizione, ma soprattutto uno specifico valore seman-
tico, al tempo eloquente e condiviso. Alcune potevano essere in origine ispi-
rate da fonti scritte, ma circolavano indipendentemente da queste e veniva-
no riprese e variamente modulate secondo i nuovi contesti e le nuove esi-
genze culturali, proprio in virtù dell’autonomia semantica e della forza evo-
cativa che avevano in sé. Così, a seconda del contesto in cui furono inserite
– in base alle necessità e ai gusti della committenza –, esse potevano presen-
tare il loro significato originario o variarlo. Queste immagini rivelano così la
loro non casualità e la loro valenza, anche in contesti diversi per ambito o
per cronologia.
Per convenzione, in questa sede, le abbiamo chiamate ‘temi’ volendo ribadi-
re l’esistenza di un lessico figurativo e simbolico allora noto e usuale, al quale
si ricorreva tutte le volte che si volevano esprimere precisi concetti o signifi-
cati. Questo è l’aspetto più affascinante e complesso del nostro studio e, nel
tentativo di farsi timidamente strada in questa direzione, abbiamo ritenuto
opportuno presentarne quattro: la dormizione dell’eremita, l’eremita sull’al-
bero, la scure, gli scorpioni.

Alessandra Malquori

Alcuni temi figurativi 187

b. L’eremita sull’albero
Alessandra Malquori
Mio fratello stava come di vedetta.
Guardava tutto, e tutto era come niente.
Italo Calvino, Il barone rampante, 1957
Una scena che ricorre nelle raffigurazioni della
Tebaide è quella di un monaco o di un eremita tra
le fronde di un albero. Quest’immagine singolare,
nella nostra immaginazione in bilico tra il miste-
rioso e il bizzarro, sembra prestarsi più di altre a
un giuoco di ruoli tra episodi di cui si riconosce il
carattere narrativo e immagini fortemente simbo-
liche o evocative, che nella cultura medievale
attingevano ai più disparati contesti la loro forma
e il loro significato.
L’episodio dell’eremita sull’albero, come vedremo,
è un’immagine che dipende da una complessa tra-
dizione che non è possibile analizzare debitamen-
te in questa la sede. Tuttavia, anche se in modo
sommario, vorrei indicare i termini in base a cui,
del tutto trasversalmente, alcuni temi figurativi e
alcuni passi letterari – e i loro significati – si inter-
secassero e ‘risuonassero’ tra loro con occorrenze
figurative e semantiche talvolta in apparenza lon-
tane, ma tali da formare un linguaggio figurativo
condiviso, ‘inteso’ o intuibile, anche se per noi
ormai estraneo e difficilmente comprensibile nelle
sue sfaccettature.
Le premesse
Nel mondo pagano esistevano già alcune attesta-
zioni figurative, trasmesse attraverso rilievi scolpiti,
tessuti, sigilli, piccoli oggetti d’uso in terracotta, di
Dioniso, di Apollo, di Artemide,1 rappresentati tra
i rami di una pianta, vite, cipresso, olivo o palma,
per indicarne le prerogative di culto e sottolineare
le loro differenti peculiarità.2 In epoca cristiana,
soprattutto nelle similitudini bibliche o nei com-
menti al Vecchio e al Nuovo Testamento, l’albero
ricorre in vario modo e i suoi significati metaforici
si moltiplicano. Tra questi ricordo come, secondo
230 Alcuni temi figurativi
Origene, Ambrogio, Agostino e altri3 che commen-
tano lungamente i versetti del I Salmo, il cristiano,
l’uomo giusto, è visto come l’albero sempreverde
piantato lungo il corso del fiume (Sal 1, 3) e ciò si
ricollega alla lunga e complessa tradizione dell’Ar-
bor vitae, quindi del Cristo e dell’acqua come sim-
bolo del battesimo e della conversione.4 Oltre a ciò,
l’albero della vite è figura di Cristo, dal cui costato
nascono i polloni, e i frutti saranno la sua Chiesa5
con i suoi Padri,6 le foglie saranno le parole dell’an-
nuncio e della fede. I frutti del Cristo – Arbor vitae
– daranno la vita eterna.
Nella Bibbia sono innumerevoli le immagini di
alberi carichi di frutta, come ad esempio nel giar-
dino di Susanna, che nei commenti prefigurano i
santi nella Chiesa;7 o in molti passi dei Vangeli,
come la parabola del granello di senape che da più
piccolo seme diventa un albero tra i cui rami si
annideranno gli uccelli, la cui crescita è paragona-
ta al regno dei cieli8 o, per converso, la parabola
del fico sterile che Cristo fa seccare.9 Similmente,
nell’entrata trionfale di Cristo a Gerusalemme, i
rami degli alberi fuori della porta, piegati dal peso
di chi è salito per assistere, divengono metafora
dei frutti nati al momento della salvazione. Così il
significato morale e metaforico che nel periodo
patristico viene dato all’albero della vite sembra
rielaborare l’immagine del dio Dioniso tra rami, e
neutralizzare quell’antica immagine con la sovrap-
posizione di nuovi significati.
Occorre tuttavia precisare come, nei primi secoli
del cristianesimo, vi fosse un’effettiva e attestata
presenza di forme di ascetismo estremo, partico-
larmente in Siria, in Palestina e in Asia Minore,
che si realizzavano coll’isolamento e la mortifica-
zione del corpo sulla vetta di colonne oppure su
alberi, battuti dai venti, dal sole cocente e dalle
intemperie.10 Così, nei racconti agiografici su
Davide di Tessalonica o su altri dendriti o stiliti,
sembra nascere la necessità letteraria di creare un
modello di santità nuovo rispetto a quello del mar-
tire sanguinante. L’uomo sospeso tra la terra e il
cielo è figura dell’albero del Paradiso e della futura
Redenzione,11 e corrisponde alla figura di Cristo
Arbor vitae, (“Io sono la vera vite” del passo di
Giovanni12) rappresentato dall’albero con Cristo13
o con Cristo crocifisso, ossia nella passione e
morte. A partire dalla creazione dei due alberi nella
Genesi (l’Albero della Vita e quello della Cono-
scenza14), e nelle altre rappresentazioni della salva-
zione,15 tale accezione nella raffigurazione della
crocifissone di Cristo16 diviene centrale special-
mente nelle Meditazioni sulla croce di san Bona-
ventura, il quale riprende l’identificazione del
sacro legno con l’Albero della Vita, come faranno
dopo di lui altri mistici e scrittori cristiani.17

D’altro canto nei Vangeli l’immagine di Zaccheo

tra le fronde del sicomoro su cui si è arrampicato
per cercare di vedere Cristo mentre entra nella sua
città, indica la conversione del pubblicano ricco e
truffatore. Gesù alzando lo sguardo gli dice: “Zac-
cheo, scendi perché oggi devo fermarmi a casa
tua”. Mentre la gente mormora disprezzando il
gesto di Gesù che si accosta a un peccatore e lo
predilige agli altri, Zaccheo offre la metà dei suoi
beni ai poveri e la parabola si conclude con queste
parole: “il Figlio dell’uomo è venuto a cercare di
salvare ciò che era perduto”.18 Zaccheo sull’albero
rappresenta l’uomo prima della chiamata di Dio,
e la sua ansia di conoscere, l’aspirazione per un
mutamento che sarà interiore, sono bene espresse
figurativamente da quest’immagine, assimilabile a
quella dei bambini che pendono dai rami mentre
Cristo entra trionfalmente a Gerusalemme. E
infatti Ambrogio commenta: “ad hoc (arbor) 120. Apologo di Barlaam, Benedetto Antelami, 1200 circa. Parma,
enim Christus advenit ut ex lignis non poma sed Battistero, particolare della lunetta del portale meridionale.
homines nascerentur”.19
dall’uno, corrispondano alle rinunce, alla contri-
Davide di Tessalonica zione e alla scelta radicale dell’altro.
Tutt’affatto diversa parrebbe dunque l’accezione È Palladio a raccontarci di lui nella Storia Lausia-
che possiamo attribuire alla figura di Davide, nato ca, ed è proprio dall’incontro con Davide che Pal-
a metà del V secolo in Mesopotamia. Ancor gio- ladio trae la sua vocazione. Egli ci dice di lui:
vane egli si stabilisce come solitario in Tessaloni-
ca, dove vive in una capanna costruita sopra un Per questo David chiedeva supplichevolmente tre
mandorlo fuori della porta della città.20 L’icono- cose: “la bontà, la disciplina e la sapienza”. Senza
grafia di Davide come da una icona del XV seco- bontà la sapienza è inutile; e se l’uomo da noi descrit-
lo del monastero di Vatopedi è appunto col to si corregge allontanando da sé la causa dell’abban-
nimbo, una lunga barba bianca, benedicente tra i dono divino, ossia l’orgoglio, se ritrova l’umiltà e rico-
rami frondosi di un albero che si staglia alto, nosce i suoi limiti senza esaltarsi a danno di nessuno e
accanto alla colonna su cui vive Simeone Stilita, rendendo grazie a Dio, ecco ritorna a lui la sapienza
indicando come asprezze e sofferenze sopportate con il suo angelico testimone.21

Alcuni temi figurativi 231

121. Un eremita sull’albero e un monaco dorme su uno
scheletro, particolare della “grande” Tebaide Lindsay.
I termini sono dunque l’abbandono divino legato
al peccato di orgoglio e alla ricerca dell’umiltà, per
cui Davide raggiunge la Sapienza divina. Il riferi-
mento di Palladio a Davide di Tessalonica, la
ripresa della sua vita nel Pratum spirituale di Gio-
vanni Mosco,22 assieme alle attestazioni figurative
(anche se non numerose), non fanno escludere
che la presenza di un dendrita nel dipinto attri-
buito al Beato Angelico facesse diretto riferimen-
to all’esempio di Davide.23 La tavola oggi a Buda-
pest è purtroppo mancante della parte destra dove
si trovava tale episodio, ma nel dipinto adesso agli
Uffizi abbiamo ancora, splendidamente testimo-
niata, l’intera composizione.24 È probabile che
l’Angelico, che s’ispirò al testo del Pratum, appe-
na tradotto, per creare la complessa raffigurazione
degli eremiti,25 intendesse alludere proprio a Davi-
de di Tessalonica raffigurando un dendrita con un
confratello ai piedi dell’albero che con lui dialoga.
L’immagine ricorda molto da vicino l’iconografia
degli stiliti che spesso erano raffigurati con un
compagno ai piedi della colonna, con un cesto di
cibi e un’ampolla d’acqua quasi a mostrare l’inevi-
232 Alcuni temi figurativi
tabile necessità di un aiuto esterno che permettes-
se all’asceta di perseverare nell’aspra mortificazio-
ne prescelta. Nel dipinto quattocentesco si raffi-
gura un monaco, perché di lui si scorge la tonsu-
ra. Il monaco-dendrita fa un gesto di ammoni-
mento con la mano sinistra che mostra aperta
all’osservatore, come Davide nell’icona di Vatope-
di, secondo una gestualità comune a gran parte
del santorale bizantino.
Un altro dipinto che costituisce una singolare
replica della Tebaide dell’Angelico – diviso tra il
Museo Cristiano di Esztergom (parte sinistra del
dipinto) e una collezione privata26 – ripropone l’e-
pisodio del monaco sull’albero con grande fedeltà
e lo arricchisce con il dettaglio di una cerva che sta
sopraggiungendo.
Nella Tebaide, attribuibile all’ambito del pittore
camaldolese Giuliano Amadei e databile verso la
metà del Quattrocento,27 la scena dell’eremita sul-
l’albero (fig. 121) mantiene una collocazione ana-
loga quasi a indicare che la struttura della compo-
sizione è fissa, ed è ‘conformata’ dall’occorrenza
pressoché costante di alcuni episodi, evidente-
mente caratterizzanti e significativi. Qui la scena
dell’eremita sull’albero presenta alcune interessan-
ti variazioni. Mentre il rapporto tra la gestualità
del monaco-dendrita e quella del suo interlocuto-
re in basso è assolutamente identica e rispettata, le
fronde dell’albero sono invece molto più stilizzate
e sono quasi interamente nascoste da una sorta di
nido a forma di mandorla che accoglie il religioso.
È un monaco con i capelli brizzolati, la veste color
sacco e la barba modellata in lunghi boccoli; non
ha l’aureola. Sotto di lui, il suo interlocutore è
vestito di nero e ha un mantello col cappuccio
dello stesso colore. In terra, un po’ più in basso, è
disteso a piedi nudi un monaco che ha gli stessi
lineamenti e lo stesso abito del religioso sull’albe-
ro; i capelli e la barba bianchi indicano però che è
più anziano dell’altro e il suo nimbo la sua santi-
tà. Con a fianco il suo bastone, sta dormendo
sereno su uno scheletro umano che gli fa da cusci-
no. Tutt’attorno svolazzano piccoli diavoli alati e
neri (fig. 121).
Non ho saputo trovare per questa scena alcun
riscontro testuale nelle Vitae o nelle Legendae, e
per questo non saprei dire se l’immagine alludes-
se a un episodio agiografico preciso, magari riferi-
to allo stesso protagonista, raffigurato in due
momenti successivi. In ogni caso è evidente un
legame preciso di quest’immagine con la prece- 122. Apologo di Barlaam, 1420-1435. Bruxelles,
Bibliothèque Royale de Belgique, ms. 9006, c. 48v
dente tradizione figurativa, da cui derivava. (De civitate Dei di Agostino).

L’Apologo di Barlaam Varazze. Successivamente conobbe versioni tre-

Di antica origine indiana è la leggenda di Barlaam
e Ioasaph, che ripropone in chiave cristiana la
vicenda di Buddha e della sua conversione. Il
testo, con le sue traduzioni, conobbe un’inusitata
fortuna nel Medioevo occidentale. La tradizione
attribuiva la composizione in greco a Giovanni
Damasceno, ma in seguito furono scoperte versio-
ni in arabo e in persiano, intermedie tra il testo
indiano e quello greco. Sappiamo inoltre che nel-
l’XI secolo era presente a Costantinopoli una ver-
sione definitiva del romanzo che in quella città
venne tradotto in latino su commissione di un
certo Leone di Amalfi. Nel XII secolo la fortuna
della leggenda crebbe ulteriormente ed è oggi
attestata da innumerevoli manoscritti; essa è inol-
tre presente nello Speculum Historiale di Vincenzo
di Beauvais e nella Legenda Aurea di Iacopo da
centesche in volgare e nel Quattrocento era molto
nota e diffusa quella, sempre in volgare, di Ber-
nardo Pulci.28
Altrettanto significativa è la sua diffusione figura-
tiva. La si trova ad esempio nella lunetta del por-
tale meridionale del Battistero di Parma (fig. 120)
dove, su un albero carico di frutti, un giovane
porta alla bocca del miele, a indicare i piaceri della
vita; ai piedi dell’albero due animali rodono il
tronco, mentre un drago vomita fiamme verso il
malcapitato. Ai lati, entro medaglioni, Apollo, die-
tro cui vediamo il sole, guida una biga tirata da
cavalli mentre Diana, con la luna, conduce una
biga tirata da buoi. In due medaglioni minori le
loro figure sono a mezzo busto assieme agli stessi
attributi. Come ha notato Alberto Siclari, gli ele-
menti figurativi della parabola di Barlaam, che esi-

Alcuni temi figurativi 233

stevano già prima del 1200, dovevano essere fami-
liari per Antelami, o per suoi committenti, anche
grazie a modelli letterari ma soprattutto figurativi
già presenti nell’Italia settentrionale.29 La diffusio-
ne di tale leggenda in Occidente, a partire dalle
prime traduzioni latine,30 incontrò piena rispon-
denza rispetto alle nuove esigenze spirituali del
monachesimo, sia per la congruità di quel testo
con il modello di santità monastico, sia perché
questo era conforme alle esigenze edificanti dell’e-
poca tanto da divenire un paradigma della perfe-
zione cristiana.31 “La leggenda divenne una vera
celebrazione della vita degli eremiti e del loro
impegno per la conversione dei credenti”.32
La parabola di Barlaam illustra la condizione del-
l’uomo che, distratto dalle lusinghe del mondo,
dimentica l’avvicinarsi della morte e non si cura
della sua salute eterna. Essa si prestava dunque ad
essere scorporata dal romanzo ed essere utilizzata
come racconto esemplare per l’educazione dei
laici,33 da inserirsi come un tassello in una predica
o in una raffigurazione.
Gli esempi figurativi sono molteplici e presentano
spesso alcune varianti. Tra questi il dipinto mura-
le nell’abbazia di Tre Fontane, presso Roma, sullo
scorcio del Duecento;34 il rilievo del portale della
cappella di Sant’Isidoro nella basilica di San
Marco a Venezia;35 la “Rota di Barlaam” nel Gra-
naio Bargagli (o Casa Corboli) di Asciano, dove in
un cerchio maggiore è raffigurato l’apologo e,
attorno, si dispongono otto cerchi minori a coro-
na in cui sono raffigurati altrettanti “re e potenti
del passato […] colti nell’attimo in cui incontra-
no la loro fine”.36 Ad Asciano, attorno al giovane
spiccano i frutti colorati dell’albero, alla cui base
sono i due roditori; a destra e a sinistra vi sono il
drago e l’unicorno. L’uomo ha la destra che spor-
ge con un elemento circolare, che è cifra del cielo,
e addita un’iscrizione latina in parte cancellata che
ammonisce il ricco a rammentarsi del rapido scor-
rere del tempo che gli è concesso.
La parabola di Barlaam conosce grande diffusione
figurativa soprattutto nei manoscritti, che in que-
sta sede è impossibile enumerare. Mi preme tutta-
via sottolineare come la si ritrovi espressa nei suoi
tratti essenziali, ma sovente arricchita con nuovi
234 Alcuni temi figurativi
elementi che determinano nuove accezioni. Una
potente miniatura è alla c. 48v nel ms. 9006 della
Biblioteca Reale del Belgio (fig. 122), a Bruxelles,
che conserva il testo della traduzione in francese
del De civitate Dei di Agostino,37 e riprende la
nota tipologia figurativa dell’apologo con alcune
varianti: i roditori sono sostituiti da due draghi
che simboleggiano il giorno e la notte; uno sche-
letro umano, ossia la Morte, cerca di abbattere
l’albero; l’uomo è raffigurato tra i rami, conteso
da un lato da un angelo che gli offre la vita eter-
na, e dall’altro da un diavolo che gli mostra le ric-
chezze in un forziere. Come opportunamente ha
notato Elisa Brilli, nel testo vi è un’introduzione
che lega questa miniatura a quella del libro prece-
dente in cui è svolto il tema dell’ingresso della
Morte in seguito al peccato originale.38 Un’analo-
ga rielaborazione degli stessi elementi si ritrova
nel ms. 1404 della Biblioteca Casanatense di
Roma (fig. 123),39 in cui la Morte tenta di abbat-
tere l’albero con una scure, il diavolo è pronto ad
accogliere il malcapitato stando di fianco alla
bocca spalancata degli inferi, mentre ai lati del
giovane tra i rami vediamo un angelo e, dall’altro,
la figura del Cristo flagellato che tiene tra le brac-
cia una disciplina e le verghe. Il tema del distacco
dal mondo attraverso l’elevazione a Dio viene
dunque rielaborato e amplificato con la combina-
zione di elementi ulteriori che ne sottolineano
ogni volta il differente valore.
Così, nella Tebaide fiorentina prossima ad Amadei
(fig. 121), l’accostamento della figura del monaco
sdraiato sui resti di un corpo umano ai piedi del-
l’albero su cui vive il monaco non risulta peregri-
na, né tantomeno bizzarra. Essa è l’esempio, per
niente ingenuo, di come alcune immagini evocas-
sero di per sé significati attinti da una cultura let-
teraria e figurativa variamente attestata e stratifica-
ta in diverse tradizioni; la sua riproposizione e rice-
zione avvenivano a differenti livelli secondo
modelli culturali in tempi e luoghi diversi. L’albe-
ro con il monaco è senza dubbio in primo luogo
simbolo di ascesi, penitenza e contemplazione,
secondo una precisa tradizione agiografica e prima
ancora testamentaria, ma si ricollega e si fonde
anche con il tema antico dell’Apologo di Barlaam,
123. Apologo di Barlaam, 1430-1440. Roma, Biblioteca Casanatense,
ms. 1404, c. 6r (Virtutum ac vitiorum omnium delineatio).

Alcuni temi figurativi 235

124. Martiniano sull’albero, ambito di Roberto d’Oderisio,
seconda metà del XIV secolo. New York, Pierpont Morgan
Library, ms. M 626, c. 98r (Vitae Patrum).
in cui la fuga dalla vanitas terrena, sottolineata da
quel semplice memento mori, richiama implicita-
mente tutti quegli elementi che la tradizione suc-
cessiva aveva apportato alla stessa leggenda.
Martiniano
In conclusione di questa sommaria presentazione,
vorrei aggiungere un elemento che reputo inedito,
e che riguarda la raffigurazione della vita di Marti-
niano, monaco eremita in Palestina, che presenta
contaminazioni con un’altra tradizione figurativa.
Il manoscritto italiano M 626, attualmente con-
servato nella Pierpont Morgan Library di New
York, del secolo XIV,40 mostra a piè di pagina un
ciclo di miniature che riguardano episodi della vita
del santo eremita.41 Le miniature commentano con
le immagini il concatenarsi degli eventi. Martinia-
no abitava giovanissimo su un monte, chiamato
Arceloco, prossimo al deserto, e conduceva una
vita così esemplare da godere di grande considera-
zione per la sua virtù. Questa fama attirò le atten-
zioni di una meretrice bella e ricca, che decise di far
236 Alcuni temi figurativi
cadere il giovane nella lussuria e nel peccato. Così
la donna si travestì da poverella e, notte tempo,
poco prima di una tremenda bufera, arrivò alla
casupola di Martiniano dicendo che s’era persa. Gli
chiese di trascorrere la notte presso di lui e il gio-
vane, pur temendo che si trattasse di una macchi-
nazione del demonio, pensò che di questo non
poteva avere certezza e che, cacciando la donna,
avrebbe messo a rischio la vita di lei; si risolse così
a farla entrare. Accese il fuoco, le dette da mangia-
re e si ritirò in una cella interna alla capanna. Nei
sogni Satana cominciò a istigarlo con l’ardore della
carne e Martiniano si alzò risoluto a cacciare la
donna. Ma questa, nella notte, si era svegliata
prima di lui, aveva indossato vesti lussuose e gioiel-
li che di nascosto aveva portato con sé e si era pre-
parata bella e discinta ad aspettarlo. L’eremita fu
sorpreso di trovare davanti a sé una persona diver-
sa da quella che aveva accolto nella notte: “Ma chi
sei? E da dove vieni?” la incalzò sgomento, “e per
quale ragione indossi un abito demoniaco? E per-
ché sei venuta? E perché mi sembra che il tuo abito
sia diverso? Spiegami!”42 domandava il monaco. La
donna gli rispondeva accattivante che era stata
attratta dalla sua giovane età e dalla sua bellezza e,
alle repliche del giovane, porgeva argomentazioni a
tal punto convincenti che Martiniano decise alla
fine di congiungersi con lei. Tuttavia ormai era
quasi mattina e all’alba sarebbero giunti come con-
suetudine i pellegrini che si recavano a visitarlo; per
questa ragione il monaco uscì dalla cella e salì su
un’alta roccia da dove poteva vedere da lontano se
i fedeli erano prossimi ad arrivare. Così, “uscì dalla
cella e stando in piedi su un picco di roccia con-
trollava le strade”.43 “Mentre era intento a guarda-
re, nostro Signore caritatevole, vedendo la fatica
della sua gioventù, e non rifiutando la sua preghie-
ra, mutò il suo cuore per toglierlo dai pensieri cat-
tivi e rimetterlo su quelli retti.44 Martiniano scende
dunque dall’altura su cui si trovava e raccoglie da
125. Vanitas, 1415-1420.
Treviso, Biblioteca Civica,
ms. 344, c. 8v (Fulgentius
metaforalis).
terra pezzi di legno che getta in terra nella sua cella
e li accende e, gettandosi tra le fiamme, esclama:
“Allora Martiniano! Lo capisci questo fuoco? Non
ti bastava questo primo annuncio della tua puni-
zione corporale? […] Considera quella pena, affer-
ra con la tua mente quel fuoco eterno. Questo
infatti si estingue con l’acqua, e ardendo fa luce;
l’altro fuoco in verità non ha luce e non si estin-
gue”.45 La scena è drammatica, Martiniano si rivol-
ge prima a se stesso e poi, mentre si contorce per il
dolore che gli procurano le fiamme e le piaghe,
dice alla donna: “tu […] hai conosciuto il mio
cuore perché ti ho scelta, e per la mia gioventù ti
ho desiderata, e per te ho trascinato il mio corpo
nel fuoco” facendo sì che la donna, in ginocchio,
Alcuni temi figurativi 237
sconvolta dinanzi a tanto strazio, chieda perdono e
piangendo decida di cambiare vita.
La storia di Martiniano prosegue, ma ciò che qui
interessa è la successione delle immagini che a piè
di pagina illustrano la storia. In particolare, il
momento in cui Martiniano sale sulla roccia è indi-
cato con l’immagine del monaco tra le fronde di un
albero (fig. 124), mentre in basso, nel contempo, lo
vediamo ardere tra le fiamme, per la risoluzione che
ha preso di distogliere mente e corpo dal desiderio
e dalla lussuria. A mia conoscenza l’attestazione del
ms. M 626 della Pierpont Morgan Library è il solo
esempio illustrato delle gesta dell’eremita di Palesti-
na, la cui vita raramente compare in codici latini
delle Vitae Patrum e nei Leggendari occidentali.46 È
singolare che il miniatore abbia trasformato il picco
di roccia di cui narra il testo in un alto albero che,
tuttavia, rende in maniera efficace l’idea di chi
cerca un luogo elevato per poter vedere lontano.
Nel manoscritto, a partire dalla c. 80r, si riscontra
l’uso di porre due alberelli al margine dell’inqua-
dratura nelle miniature a piè di pagina.47 La scena
di Martiniano sull’albero, centrale rispetto all’in-
quadratura istoriata in calce alla c. 98r, è tuttavia
l’unica, rispetto alle 270 immagini che fregiano
l’intero manoscritto, ad avere un alberello nella
scena che non sia strettamente funzionale a un’am-
bientazione all’aperto, e per di più con tale sor-
prendente unicità che lo lega al senso della storia. È
dunque lecito domandarsi se tale singolare peculia-
rità sia stata fortuita, o se piuttosto, ancora una
volta, non si tratti di una contaminazione consape-
vole, perché l’‘invenzione’ di Martiniano sull’albe-
ro in qualche modo non ostava, anzi rientrava,
nelle possibili altre accezioni che nel Trecento si
riferivano alla figura dell’uomo inserito su un ele-
mento vegetale.
Tutto sommato, nella vicenda di Martiniano, l’idea
del peccatore colto nell’attimo che precede la sua
salvezza spirituale è analoga e paragonabile a quel-
la di Zaccheo, il pubblicano, in alto fra i rami del
sicomoro prima della chiamata di Gesù. Tuttavia i
due uomini sono toccati da differenti passioni: l’a-
vidità per Zaccheo, la lussuria per Martiniano. Il
miniatore del bel codice adesso a New York sceglie
238 Alcuni temi figurativi
il fusto di un albero per indicare la condizione del-
l’eremita che rinuncia al piacere per la salvezza
della sua anima. Abbiamo suggerito una possibile
contaminazione o, piuttosto, una consapevole
ripresa da una delle immagini che sopra ho breve-
mente elencato, ognuna dalla variegata e composi-
ta tradizione letteraria e figurativa; ma in questo
caso può essere plausibile pensare anche a un ulte-
riore spunto che doveva essere ben presente, attra-
verso i repertori di immagini, all’illustratore del
codice o al suo committente.
Il Fulgentius
Nella Biblioteca Civica di Treviso48 è conservato
un codice illustrato trecentesco che testimonia la
circolazione e la significativa diffusione di un’ope-
ra nota come Fulgentius metaforalis che, come
altre Summae medievali di mitologia, offriva al
lettore metafore della tradizione pagana moraliz-
zate e normalizzate secondo l’etica cristiana. Alla
c. 8v del manoscritto di Treviso troviamo descrit-
ta e raffigurata Vanitas. Il testo dice:
Sicut dicit Fulgentius libro de descriptionibus anti-
qui vanitatem deum putante ipsam taliter depinge-
bant unde. Erat ymago enim sua feminea rete vesti-
ta. Super caput suum hec verba habens conscripta
scilicet vado curro vanitas, a dextris sensus virgo
sanitas, a sinistris decor fama novitas aurum honor
levitas, in pectore vero denudato continebatur et
omnia vanitas.
Un’immagine accompagna il testo (fig. 125): vi si
raffigura una giovane donna che indossa un vesti-
to scollato fatto di rete. Siede a capo scoperto
accanto a un albero tra le cui fronde s’intravede
un monaco. Nella prima metà del Trecento questa
è, in un repertorio moralizzato, l’immagine codi-
ficata di Vanitas; “et omnia vanitas” è l’iscrizione
che dovrebbe comparire sul petto discinto di lei.49
La pertinenza dell’immagine della donna con il
monaco sull’albero nel Fulgentius metaforalis con
quella di Martiniano tentato dalla lussuria con la
prostituta discinta è molto forte, e non è possibile
escludere che il saggio espediente cui ricorre l’illu-
stratore del codice di New York sia stato pensato
avendo presente la fortunata e diffusa serie di
immagini a corredo del Fulgentius o di altri mito-
grafi medievali, che rielaboravano normalizzando-
le opere anteriori. L’impiego di tali opere era
costante e imprescindibile volendo rendere esplici-
ti e ‘visibili’ vizi, virtù, concetti, personificazioni
oppure allegorie. L’immagine di ‘Martiniano sul-
l’albero’ inevitabilmente dipendeva da tale tradi-
zione e mostra come l’illustratore del codice delle
Vitae Patrum di New York avesse egregiamente
sintetizzato e risolto quel momento della storia di
Martiniano attingendo a una tradizioni figurativa
attestata che poteva offrirgli immagini eloquenti e
consone al messaggio che intendeva presentare.
Così il tema figurativo dell’uomo sull’albero, con
le sue varianti e ibridazioni, ci permette di intra-
vedere come i diversi elementi che vi ricorrono a
loro volta facessero capo ad altrettante serie di
immagini, ognuna delle quali mostrava allusioni o
citazioni che figurativamente e concettualmente si
richiamano tra loro, rivelandoci un immaginario
composito, articolato e soprattutto vitale, assai
lontano dai parametri figurativi cui attinge la
nostra cultura.
Tentare di osservare e di studiare gli esempi super-
stiti – quasi disiecta membra – di questa catena di
immagini, accostando e analizzando i moduli
figurativi che vi ricorrono, cercando ove possibile
di coglierne gli elementi portanti e le varianti, è
l’unico modo – credo – per poter arrivare ad
intendere i significati che venivano richiamati con
tali composizioni. Nel caso specifico, gli elementi
che evocavano la Vanitas, in tutte le sue accezioni,
sembrano scomporsi e ricomporsi come in un
caleidoscopio nella singolare e per noi bizzarra
immagine dell’eremita sull’albero.
1) Charalampidis 1995, p. 81 e ss.
2) Per questa ricca e articolata tradizione si veda ivi, p. 19
e ss.
3) Ivi, pp. 56-57, nota 180.
4) Barnaba, Epistola Catholica, in PG, 2, col. 769B.
5) Agostino, Enarrationes in Psalmos 1, in PL, 36, col. 68.
6) Girolamo, In Psalmos 1, in PL, 26, col. 824.
7) Come ad esempio in Hippolytus Romanus, In Susan-
nam, in PG, 10, col. 689C.
8) Mt 13,31-32.
9) Lc 13,6-9; Mt 21,19; Mc 11,13-14.
10) Delehaye 1962.
11) Charalampidis 1995, p. 82.
12) Gv 15,1.
13) Si vedano ad esempio alcune splendide icone di Ange-
los, secondo quarto del XV secolo, pubblicate in The Hand
of Angelos 2010, pp. 159-163, con ottime riproduzioni.
14) Gen 2,9.
15) Ez 47,12.
16) Schiller 1972, p. 133 e ss.
17) Vasta è la bibliografia sull’argomento, per un primo
orientamento si veda Charalampidis 1995, pp. 76-77.
18) Lc 19,1-10.
19) Ambrogius Mediolanensis, Expositio evangelii secun-
dum Lucam, in PL, 15, col. 1792B.
20) Successivamente andò ad abitare in una cella non lon-
tano dalle mura. Secondo il racconto di Palladio, da qui si
vedevano ardere fiamme durante la notte, fatto meravi-
glioso e inspiegabile, che portò lo stesso Palladio alla voca-
zione. Morto nel 540 d.C., le sue reliquie furono conser-
vate a Pavia (Loenertz 1953, pp. 205-223; Bazoche 1964,
coll. 515-516).
21) Palladio ed. Bartelink 1990, pp. 233-235.
22) Mosco narra come Davide, trasferitosi in una cella
fuori le mura di Salonicco, mostrava la propria santità con
il miracoloso comparire di notte con fiamme altissime che
provenivano dalla sua cella, senza che questa al mattino ne
risultasse intaccata (Jean Moschos, ed. Déroche 2006, pp.
79-81).
23) Un precedente della figura dell’eremita sull’albero si
poteva vedere nel grande affresco degli anacoreti di Pisa,
nelle parti integrate da Antonio Veneziano nel 1386. A
ispirare la scena di Pisa potrebbe essere Davide di Tessalo-
nica, dal momento che questi è menzionato nel testo di
Palladio, in quegli stessi anni volgarizzato da Cavalca. Le
parti dell’affresco inserite dal Veneziano mostrano inoltre
elementi di origine più spiccatamente orientale rispetto
alle iniziali scelte di Buffalmacco (si veda Malquori 2012,
p. 109, nota 101). Non possedendo dati sulla formazione
del pittore, che comunque si riteneva originario di Venezia,
città ponte verso l’Oriente, non sorprenderebbe una ripre-
sa di tale iconografia desunta probabilmente da icone
bizantine presenti a Venezia, che il pittore avrebbe potuto
facilmente vedere.
24) Sul dipinto degli Uffizi e sulla sua relazione con il
Alcuni temi figurativi 239
frammento di Budapest si vedano qui le pp. 33-38 e più
diffusamente Malquori 2012, pp. 115-169.
25) Ivi, pp. 176-180.
26) Atlante, pp. 44-50.
27) Ivi, pp. 56-63.
28) Frosini 1999, pp. 113-143; Siclari 1999, pp. 351-373;
Storia di Barlaam 2009; Frosini 2009, pp. 183-206, cui
rimando per la bibliografia.
29) Siclari 1999, p. 352 e ss.
30) Chiesa 1983, 2, pp. 521-544; Id. 1998, pp. 21-27.
31) Leonardi 1993, p. 429.
32) Siclari 1999, p. 358; Leonardi 1993, p. 442.
33) Sulla letteratura esemplare si veda Delcorno 1989, p. 9
e ss; e da ultimo Le tonnerre des exemples 2010.
34) Bertelli 1969, p. 30; Mihalyi 1991, pp. 165, 175-176,
187-188, note 116-123; Siclari 1999, pp. 364-365.
35) Siclari 1999, p. 364; Deuermann 2008, pp. 35-63.
36) Donato 1988, pp. 1237-1242.
37) Bruxelles, Biblithèque Royale de Belgique, ms. 9006,
con la traduzione e il commento in francese di Raoul de
Presles del De civitate Dei di Agostino. Il codice è in per-
gamena (mm 484 x 350), scrittura su due colonne di 47
linee, contiene i libri XI-XXII de La Cité de Dieu. La
miniatura alla c. 48v è riferibile all’atelier del Maestro di
Guillebert de Metz ed è databile tra il 1420 e il 1435 circa.
Si veda Brilli c.d.s.
38) Ibidem. Devo a Elisa Brilli la segnalazione di quest’im-
magine e le sono grata di avermi permesso di leggere il suo
prezioso lavoro quando era ancora inedito.
39) Roma, Biblioteca Casanatense, ms. 1404, c. 6r. Il
manoscritto, cartaceo (mm 405 x 303), databile al 1430-
1440, contiene Virtutum ac vitiorum omnium delineatio. Si
vedano Saxl 1942, pp. 82-133; Evans 1991, p. 9, nota 40;
Torroncelli 1993, pp. 62-63.
40) Il codice conservato nella Pierpont Morgan Library di
New York (da ora PML ms. M 626) è membranaceo, con-
tiene Vitae Patrum e altri testi ed è databile attorno al 1370.
Ha carte 135 + 2 scritte su due colonne di 46 righe e ben
270 disegni a inchiostro colorato e acquerello a fondo pagi-
na (uno a margine a c. 1v). Le miniature sono attribuite a
due personalità riferibili all’ambito di Roberto d’Oderisio
(fl. 1330-1382). Per formato e stile sono ad esso vicini due
manoscritti conservati alla British Library di Londra: il ms.
Royal 20 D. 1, con Le Fait des Romains, in cui si riscontra
anche l’uso di porre due alberelli al margine delle miniature
a piè di pagina (nel PML ms. M 626 da c. 80r), e l’Add.
19587 con la Divina Commedia. Altri codici riconducibili
allo stesso atelier sono il Vat. lat. 3550 del 1362 e la Bibblia
Hamilton (dopo il 1356) nel Gabinetto delle Stampe di
Berlino; sul PML ms. M 626 si vedano inoltre Toesca 1951,
p. 380; De Ricci 1961, p. 1473; Rotili 1972, p. 46; Italian
manuscript painting 1984, n. 16. La vita di Martiniano è alle
cc. 96r-99v; cfr. BHG 1177; BHL 5591B. Secondo W.M.
Voynich, che ha venduto il codice a J.P. Morgan nel 1916,
esso proveniva dalla Biblioteca di Cesena dei Malatesta.
240 Alcuni temi figurativi
41) Ringrazio Teresa de Robertis, Sara D’Imperio, Giam-
paolo Ermini, Giovanni Martellucci e Giulia Stanchina,
per la generosità e per l’aiuto che, in vario modo, è stato
indispensabile a questa ricerca.
42) “Que es et unde venisti? Et qua re est tibi habitus dya-
bolicus? Et propter quid venisti? Et cur habitum tuum tibi
mutatum video? Indica mihi” (PML ms. M 626, c. 97v).
43) “Haec dicens exivit de cella et, stans super petram,
considerabat vias” (PML ms. M 626, c. 98r).
44) “Illo autem speculante, pius Dominus nostro despi-
tiens iuventutis eius laborem, neque refutans suam oratio-
nem, mutavit cor eius ut averteret eum a cogitatione mala
et poneret in bonam cogitationem” (PML ms. M 626, c.
98r).
45) “Quid est, Martiniano, bene te comprehendit ignis
iste? Non suffitiebat tibi primum nuntium huisus corpora-
lis pene? Si potes durare hec, aut sufferre, ignem istum suf-
ferens et penam eterne amaritudinis? […] Considera
penam illam, Martiniane, accipe in mente tua ignem illum
eternum. Hic etenim ignis aquam extinguitur et ardens
lucem habet, ille vero ignis nec lucem habet nec aqua
extinguitur” (PML ms. M 626, c. 98r).
46) La vita di Martiniano è alle cc. 97r-100v; cfr. BHG
1177; BHL 5591B. A Napoli, Biblioteca Nazionale, si
conserva il ms. VIII. B. 10, membranaceo, 502 carte, non
miniato, del XIV secolo, che presenta una composizione
delle Vitae analoga al PML ms. M 626; Poncelet 1911, pp.
173-177.
47) Lo stesso espediente si ritrova nel codice Royal 20 D.
1 della British Library di Londra, con Le Fait des Romains,
manoscritto simile anche per formato e stile delle minia-
ture.
48) Treviso, Biblioteca Civica, ms. 344, codice membrana-
ceo, in folio (mm 327 x 230), 41 carte; databile al 1415-
1420 circa. A c. 39r la nota di possesso: “Iste liber fuit
dompni presbiteri Iohnini Burgi quondam plebani Sancti
Nicolay, qui obiit anno Domini Millesimo quadrigesimo
vigesimo, die penultimo mensis augusti, quem dimisit libra-
rie convenctus Sancte Marie Carmellitarum de Veneciis.
Frater Michael de Arbo scripsit. Rogate Deum pro eo.”
Dopo un prologo (c. 1r), il codice contiene il De formis figu-
risque deorum (cc. 1r-8v) e Metamorphoseos libri XV morali-
zati (c. 8v-39r). Il manoscritto contiene 21 vignette esegui-
te a penna e acquerello, iniziali miniate su fondo oro e altre
filigranate in rosso e blu; Vanitas è a c. 8v; un rimando al
manoscritto sta nel recente Lord 2011, pp. 271-272. Rin-
grazio Mino Gabriele per avermi segnalato quest’immagine.
49) È ciò che recita il testo del manoscritto di Treviso a c.
8v.
 Bibliografia
Indice dei nomi
Indice dei soggetti e dei temi figurativi
Fonti manoscritte Gent Raccolta di memorie e documenti,
Berlino Universiteitsbibliotheek 1414-1652
Staatsbibliothek ms. 92 ms. B.IX.19, Marcellino Altesi,
theol. fol. 275 La Valletta Ilicetana Galleria ovvero memorie
National Library of Malta istoriche e specialmente della città di
Kupferstichkabinett Siena e del convento di Lecceto
ms. 78 E 3 (Bibbia Hamilton) ms. 1, Vita Antonii abbatis
compilate da fr. Marcellino Altesi,
Bologna Londra agostiniano, fino all’anno 1633
Biblioteca Universitaria British Library ms. I.V.8
Filippino da Ferrara, Liber de Ms Royal 20 D. 1 ms. I.VI.38
introductione loquendi, ms. 1552 Add. 19352
Add. 19587 Stalden
Bruxelles Jörn Günther Collection
Bibliothèque Royale de Belgique Lambeth Palace Library Vita Antonii
ms. 9006 ms. 209 (De Quincy Apocalypse)
Torino
Città del Vaticano Monte Athos Biblioteca Nazionale Universitaria
Biblioteca Apostolica Vaticana Monastero Dionysiou ms. J. II. 17
ms. Vat. Copto 65 Cod. Dionysiou 65
Cod. Dionysiou 587 Treviso
ms. Vat. gr. 1613 (Menologio di Basilio II) Biblioteca Civica
ms. Vat. lat. 375 Napoli ms. 344
ms. Vat. lat. 3550 Biblioteca Nazionale
ms. Vat. Slavo 2 Ms VIII. B. 10
Firenze New York
Archivio dell’Accademia di Belle Arti Pierpont Morgan Library Fonti dattiloscritte
ms. CCSS inv. 1, Inventario degli ms. PML 626 Appunti sugli affreschi staccati
Oggetti di Belle Arti estratti dalle dall’altana di Palazzo Rucellai,
Chiese e Conventi soppressi nel 1808 Orvieto dattiloscritto dell’architetto Niccolò
e 1810 e raccolti nel Deposito di Arti Archivio Vescovile Rucellai in data 7/12/1973
e scienze stabilito in quel tempo nel Parrocchie 11, Santa Cristina di Giorgi 1936
Convento di S. Marco Bolsena E. Giorgi, Notizie storico-artistiche
Archivio di Santa Maria Novella Oxford dell’eremo di Lecceto, Montepulciano
ms. I. A. 11, Libro delle Cappelle e Bodleian Library 1936 (dattiloscritto)
Sepolture della Chiesa di Santa ms. Ital. f. 3 Nota dattiloscritta di Niccolò Rucellai
Maria Novella, 1617 [già attribuito Parigi indicata come: BR 22/11/1952
a N. Sermertelli O.P.] Bibliothèque Nationale OPD, Archivio Storico, GR 11639
Archivio di Stato di Firenze Nouv. acq. lat. 386
Corporazioni religiose soppresse dal Perugia
governo francese, 78, 332 Biblioteca Augusta
(Camporeanum 1) ms. 1238 (La Franceschina) Sitografia
Corporazioni religiose soppresse dal http://eprints.bice.rm.cnr.it/3375/1/
governo francese, 86, 202-209 Roma
ReportVillaLeCampora.pdf
Manoscritti, 812, N. Sermartelli Archivio di Stato
(Applicazione di tecniche 2011 on-line)
O.P., Registro e descrizione di tutte le Agostiniani Scalzi in Gesù e Maria
Cappelle e Sepolture della Chiesa e del Corso, b 129, III http://gahom.ehess.fr/thema/index.php
Convento di Santa Maria Novella di Biblioteca Angelica (Thesaurus Exemplorum Medii Aevi
Firenze, 1773 Manzoni 64 (nuova segnatura: ms. on-line)
Notarile antecosimiano B 2699 2262) http://www.liberfloridus.be
Biblioteca degli Uffizi Biblioteca Casanatense http://iconologia.archivi.info/
N. 2744 del Supplemento II al ms. 1404 http://amsdottorato.cib.unibo.it/245/
Catalogo Generale della R. Galleria ms. 3898 1/TesiDottFenelli.pdf (Fenelli 2007-
di Firenze del 1825. ms. 174/II, 2008 on-line)
Classe I. Pitture Siena
Archivio di Stato
Biblioteca Laurenziana Conventi 237
Med. Pal. 143 Conventi 3850, P. Atanasio
Biblioteca Nazionale Centrale di Marcucci, Memoriale di Lecceto
Firenze Diplomatico di Santa Marta, 1328
ms. Conv. Soppr. D. 3. 782 febbraio 6
ms. Conv. Soppr. G. 3. 676 Biblioteca Comunale degli Intronati
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