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Capitolo I La Risonanza Magnetica Nucleare

Capitolo I

LA RISONANZA MAGNETICA
NUCLEARE

1.1-Principi fisici

Il termine “ risonanza” indica il risultato di uno stimolo di frequenza

uguale a quella caratteristica di un altro sistema che ne riceve

l’ energia imposta. L’ effetto è massimo quando i due sistemi hanno

caratteristiche intrinseche uguali, come ,ad esempio,la frequenza di

oscillazione.

Nella Risonanza Magnetica (RM) il sistema accettore di energia è

rappresentato dai nuclei atomici, spesso di idrogeno, ordinati

all’ interno di un campo magnetico statico (CMS) di elevata intensità.

Tale proprietà degli atomi fu scoperta già nel 1946 da Bloch e Purcell

ma solo recentemente, grazie all’ avvento di nuove tecnologie

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nell’ eccitare un segnale proveniente da un piccolo volume e nel

creare mappe spaziali di tale segnale, è divenuta la base di una delle

più moderne, ad alta risoluzione e non invasive tecniche di imaging

medico detta, appunto, MRI (Magnetic Resonance Imaging).[Wright

G.A.]

I nuclei atomici sono masse cariche positivamente composte da

protoni e neutroni ed alcuni di essi sono dotati di un movimento

rotazionale attorno al proprio asse, regolato dal numero quantico di

spin. Questo movimento delle cariche produce un campo magnetico,

tale da poter assimilare questi nuclei a microscopici magneti con

polarità nord-sud e orientati in tutte le direzioni. Nel corpo umano

sono molti gli elementi che si prestano a questa visione, ma la scelta

dell’ idrogeno è dovuta principalmente alla sua abbondanza sia sotto

forma di acqua che legato chimicamente a formare zuccheri, grassi,

proteine.

All’ interno dei tessuti biologici i nuclei di idrogeno sono orientati

casualmente ma quando vengono sottoposti ad un campo magnetico

statico di elevata intensità, costante nel tempo ed omogeneo nello

spazio, si vanno ad orientare secondo tale campo nella direzione

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parallela (up) od antiparallela (down) a seconda della minore o

maggiore energia dei nuclei.[Dal Pozzo]

La differenza numerica tra questi due gruppi non è molta così da poter

considerare un unico vettore risultante detto di magnetizzazione

macroscopica (MM); aumentando l’ intensità di CMS, cresce

proporzionalmente anche quella del vettore MM con conseguente

aumento della quantità di segnale utile per le immagini RM. Oltre a tale

magnetizzazione i nuclei acquistano un moto di rotazione lungo la

superficie di un cono ideale attorno al proprio asse, detto di

precessione (Fig.1.1).

Fig.1.1-Movimento di precessione del nucleo atomico.

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Tale moto è rappresentato da una costante detta giromagnetica (γ) che

dipende direttamente dall’ intensità del campo magnetico (I) nel quale

sono immersi i protoni del tessuto biologico da esaminare ed è

costante per ogni specie nucleare.

La condizione indispensabile affinché si verifichi il fenomeno della

risonanza magnetica è che l’ onda RF di interrogazione sia di

frequenza uguale a quella di precessione dei protoni di H, secondo la

legge di Larmor:

ω= γ Ι

La costante γ per l’ H è pari a 42.6 MHz/T pertanto per un campo di

0.5 Tesla la frequenza di risonanza risulta di 21.3 MHz, per un campo

di 1.5 T di 63.9 MHz.

Se andiamo a eccitare il sistema con un impulso RF a 90° i nuclei

orientati nel verso parallelo, appartenenti, quindi, al livello energetico

minore, ma più numerosi, si andranno a disporre nel verso

antiparallelo, fino al raggiungimento dell’ equilibrio numerico delle

due popolazioni ed in corrispondenza di questo avrà luogo una totale

sincronizzazione di fase.

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Macroscopicamente, in presenza di un impulso RF a 90°,il vettore MM

allarga il raggio della propria orbita precessionale, fino a porsi in

rotazione sul piano trasversale.(Fig.1.2).

Fig.1.2-Eccitazione protonica: impulso RF a 90°.

Se la durata dell’ impulso RF si protrae, la popolazione protonica

acquisisce ulteriore energia e genera un aumento della popolazione

down fino ad invertire lo squilibrio numerico in assenza di eccitazione.

Inoltre a causa di questo impulso, detto impulso RF a 180°, la

sincronia di fase viene persa ritornando al defasamento iniziale. Il

vettore di magnetizzazione macroscopica trasversale (MMT), creato

dall’ impulso RF a 90°, prosegue il proprio moto spiroidale fino ad

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invertire quello iniziale, cioè si determina una opposizione del verso

del vettore di magnetizzazione macroscopica longitudinale (MML) e

l’ inversione del suo senso di precessione.

Quando l’ impulso a RF cessa, il sistema protonico cerca di ritornare

nelle condizioni iniziali eliminando l’ energia in sovrappiù accumulata

durante l’ eccitazione. Questo riassetto energetico degli spin, detto

rilassamento, comporta l’ emissione di un segnale RM chiamato free

induction decay (FID).

Il FID è, praticamente, la variazione della forza elettromotrice indotta

dalla mutazione spaziale del campo magnetico costituito dalla MMT e

si misura con un’ antenna, opportunamente tarata, posta

trasversalmente rispetto alla MML..

L’ intensità massima del segnale RM dipende dalla percentuale dei

protoni allineati all’ interno del CMS, la densità protonica (DP), e dalla

differenza della quantità di spin up e down, mentre la durata è

determinata dalla velocità con la quale viene abbattuta la MMT e

ripristinata la MML.(Fig.1.3).

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Fig.1.3-Segnale RM o Free induction decay (FID)

Essendo i nuclei protonici immersi in ambienti molecolari diversi, la

cessione di energia avrà modalità diverse in relazione alla

composizione chimica dei tessuti: alcuni ostacoleranno la cessione del

sovrappiù di energia (rilassamento più lungo), altri ne accetteranno il

passaggio (rilassamento più breve).

I principali parametri del segnale RM sono:

a) la densità protonica(DP),

b) il tempo di rilassamento T1,

c) il tempo di rilassamento T2.

Il primo termine è la quantità di protoni di idrogeno risonanti per unità

di volume di tessuto (voxel). Tale grandezza, responsabile

dell’ ampiezza del segnale RM, aumenta con l’ aumentare

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dell’ intensità del campo magnetico, poiché sarà più elevata la

probabilità di allineamento dei protoni nella direzione del campo.

Il tempo T1 o tempo di rilassamento longitudinale o spin-reticolo

regola il ripristino della MML dopo un impulso RF. Matematicamente è

il tempo necessario al recupero del 63% del valore globale di MML.

(Fig.1.4).

Fig.1.4-Tempo di rilassamento T1.

Il tempo T2 o tempo di rilassamento trasversale o spin-spin regola

l’ annullarsi della MMT creata da un impulso a RF e matematicamente

è esprimibile come il tempo necessario all’ annullamento del 63%

della MMT.(Fig.1.5).

A prima vista i due fenomeni potrebbero sembrare legati da una

proporzionalità inversa, in realtà il recupero della MML è

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genericamente più lungo del decadimento della MMT e quindi T1

rispetto a T2; ciò dipende principalmente dalla struttura molecolare

nella quale si trovano i protoni e risultano uguali solo nei liquidi puri.

Fig.1.5-Tempo di rilassamento T2.

Unito ai tempi T1 e T2 abbiamo il tempo di correlazione che esprime il

tempo medio tra due collisioni molecolari ed è tanto più lungo quanto

più “ statico” è il sistema molecolare. Pertanto i tessuti con tempi di

correlazione più brevi sono quelli strutturalmente meno rigidi, ad

esempio l’ acqua, mentre crescono per acqua contenente proteine e

grassi e si allungano notevolmente per le strutture solido cristalline

come le fibrosi e l’ osso compatto.

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Per le sostanze liquide sia il tempo T1 che T2 sono molto lunghi ed

all’ incirca uguali, all’ aumentare del tempo di correlazione T2

decresce costantemente fino ad diventare molto breve nelle strutture

cristalline, mentre T1 risulta più breve per tempi di correlazione

intermedi, come nel grasso o liquidi fortemente corpuscolari.

Riassumendo, al cessare dell’ impulso RF di interrogazione il sistema

protonico si trova in situazione di instabilità e l’ energia in sovrappiù

viene ceduta attraverso i tessuti circostanti che la riemettono

sottoforma di segnale RM o FID.

Tale segnale, rilevato tramite un’ antenna accordata sulla frequenza

di risonanza, ha un’ ampiezza determinata dalla DP ed una durata

regolata da T1 e T2. Ogni liquido organico ed ogni tessuto, normale o

patologico, emette un segnale diverso, dipendente dallo stato di

aggregazione molecolare che lo compone; la formula matematica che

rappresenta quanto detto è:

S= DP e-(TE/T2)[1-e-(TR/T1)]

dove TR è il tempo di ripetizione della sequenza di impulsi e TE il

tempo di eco dopo il quale si effettua la registrazione del segnale RM.

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Per trarre informazioni sulla localizzazione spaziale e quindi

distinguere i nuclei mediante la direzione del loro momento magnetico,

si impongono variazioni spaziali sul campo magnetico mediante

l’ applicazione di gradienti di campi magnetici che fanno oscillare le

regioni del volume in esame ciascuna ad una propria frequenza.

Il gradiente di campo magnetico utilizzato è lineare in modo che il

campo e la frequenza risultante varino linearmente con la distanza

lungo l’ oggetto in esame.

Con l’ utilizzo del gradiente di campo magnetico si ottiene che la

frequenza di risonanza nei piani perpendicolari alla direzione del

gradiente è costante: in questo modo, nell’ analisi dello spettro del

segnale ricevuto l’ ampiezza spettrale di una particolare frequenza

corrisponde direttamente al contributo al segnale di tutti i nuclei

giacenti in un piano perpendicolare alla direzione del gradiente di

campo applicato.[J.P.Harnak].

Il segnale FID ricevuto viene quindi analizzato mediante la

Trasformata di Fourier per ottenere la mappa della distribuzione

spaziale dei momenti magnetici.

Le principali tecniche di ricostruzione dell’ immagine sono:

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-metodo della successione di punti, che utilizza una sequenza di

impulsi a RF di eccitazione e tre gradienti lineari ortogonali per la

localizzazione spaziale, ideale quando sono richieste sensitività

puntuali;

-metodo della successione di linee, in cui viene evidenziata la

distribuzione dei nuclei lungo una linea selezionata;

-metodo della successione di piani, che permette l’ osservazione di

un intero piano di imaging mediante la variazione della direzione dei

gradienti applicati.

L’ intensità dell’ immagine ottenuta è largamente dipendente dalla

velocità di rilassamento dei nuclei, per cui è possibile utilizzare

quest’ ultima come fattore di discriminazione tra tessuti biologici.

Le velocità di rilassamento sono utilizzate per modulare le intensità

dei singoli pixels, mediante delle tecniche che utilizzano sequenze di

impulsi per ottenere determinate informazioni dall’ ampiezza della

magnetizzazione; le principali sono:

-recupero di saturazione, che utilizza una serie di impulsi a 90°

intervallati di un certo tempo t;

-recupero di inversione, in cui gli impulsi che fanno ruotare la

magnetizzazione di 180° sono seguiti ciascuno da un impulso a 90°;

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-spin-echo, dove un impulso che ruota la magnetizzazione di 90° è

seguito da una successione di impulsi a 180° [R.S.

Khandpur].(Fig.1.6).

Fig.1.6-Sequenza di impulsi spin-echo.

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1.2-L’ hardware in MRI

I principali componenti di un apparecchio o tomografo a Risonanza

Magnetica, come si può vedere in fig.1.7, sono:

-magnete;

-sistema shimming;

-bobine a radiofrequenza;

-gradienti di campo magnetico;

-computer.

Fig.1.7-Schema a blocchi di un tomografo di RM.

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Il magnete è la componente principale di un tomografo RM: deve

generare un CMS di intensità opportuna, con grande omogeneità e

stabilità nel tempo: una bassa omogeneità di campo darà origine ad

immagini di scarsa qualità poiché i protoni del campione in esame non

trovandosi alla stessa intensità di campo magnetico, non risentiranno

tutti dell’ impulso RF e non precederanno alla stessa frequenza di

risonanza.

Esistono in commercio tomografi che utilizzano diversi tipi di magnete

e che possiedono, quindi, caratteristiche tecniche differenti, ma anche

costi di acquisto e di gestione diversi.

I più usati sono:

• magnete permanente,formato da blocchi di materiale ad alta

memoria magnetica che, una volta magnetizzati, mantengono

“ indefinitamente” il CM;

• magnete resistivo, paragonabile ad una elettrocalamita, formata

da spire di materiale conduttore nel quale circola costantemente

corrente ad alta intensità;(Fig.1.8)

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Fig. 1.8-Magnete resistivo

• magnete superconduttivo, costruito con materiali che alla

temperatura prossima allo zero assoluto, si lasciano

attraversare dalla corrente elettrica opponendo praticamente

resistenza nulla e creando così un CMS di elevata intensità;

• magnete ibrido, costruito unendo le tecnologie relative ai

magneti permanenti ed ai magneti resistivi.

Nella tabella sottostante se ne riassumono le varie caratteristiche:

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Magnete Magnete Magnete Magnete

Permanente Resistivo Supercondut. Ibrido

Intensità

di CMS 0.3 T 0.2 T 0.5 – 4 T 0.4 T

Orientamento Verticale o Verticale o

di CMS orizzontale assiale Verticale Verticale

Omogeneità di

CMS Difficile Difficile Elevata Difficile

Configuraz. Aperta Aperta Chiusa Aperta

Dispersione di

CMS Minima Discreta Bassa Alta

Peso Alto Basso Basso Medio

Sistema di

Raffreddam. No Acqua Elio Acqua

Costo Bassi Medi Medi Alti

I magneti shimming sono bobine di compensazione utilizzate per

aumentare l’ omogeneità del campo magnetico, possono essere

sistemi passivi od attivi: i primi sono realizzati in fase di costruzione

del magnete e correggono inomogeneità dovute al magnete stesso, i

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secondi utilizzano bobine inserite internamente all’ apparecchio

oppure gli stessi gradienti di campo al fine di correggere le

disomogeneità nel volume centrale del magnete.

Le bobine a radiofrequenza si possono considerare come delle vere e

proprie antenne che servono ad emettere i segnali a RF necessari a

perturbare l’ allineamento protonico al CMS (bobine di trasmissione)

ed a ricevere i deboli segnali emessi dai tessuti durante la fase di

rilassamento (bobine di ricezione).

Nei moderni sistemi RM esiste una bobina di trasmissione, fissata

nella parte interna del magnete, che trasmette i segnali generati dal

generatore di forme d’ onda (wave form generator) e amplificati

dall’ amplificatore di potenza. Tale bobina, denominata body coil è la

stessa utilizzata per lo studio di grandi volumi corporei, quali

l’ addome ed il torace, sia come bobina trasmettente che ricevente.

Sono inoltre presenti bobine di trasmissione aggiuntive utilizzate, per

esempio, per scansionare la testa.

Le bobine di ricezione si dividono in bobine di volume ed in bobine di

superficie.

Le prime hanno di solito la forma di un cilindro cavo, al cui interno si

posiziona la struttura da esaminare; vengono dette anche bobine a

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“ sella” e sono caratterizzate dal “ fattore di riempimento” : più è

alto tale fattore, più è alto il rapporto segnale rumore conseguente.

Per questo motivo si hanno bobine di volume di differenti misure, a

seconda della parte anatomica da studiare. Ultimamente tali bobine

sono state sostituite da quelle a “ gabbia di uccello” (

birdcage),(Fig.1.9), composte da una serie di sbarre dette rod,

ciascuna delle quali riceve il segnale, migliorando notevolmente

l’ SNR.

Fig.1.9-Modello di birdcage per la testa.

Le bobine di superficie, come lo stesso nome indica, sono in grado di

ricevere il segnale dalle strutture superficiali contigue, con una caduta

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del segnale RM ad andamento quadratico, con l’ aumentare della

distanza tra campione in esame e bobina.

Con il loro utilizzo si ha il vantaggio di poter adottare piccoli FOV

senza pregiudicare il SNR, inoltre non si hanno significativi artefatti da

ribaltamento (fold over).(Fig.1.10).

Fig.1.10-Bobine di superficie circolare e quadrata.

Per migliorare sia la trasmissione che la ricezione viene utilizzato il

sistema rice-trasmittente detto “ in quadratura” . Con tale metodo le

bobine convenzionali sono costituite da due componenti elettriche e

geometriche, ortogonali tra loro ma con identica accordatura,

permettendo così l’ acquisizione simultanea della fase negativa e

positiva del segnale mediante due canali di ricezione sfasati di 90°,

con conseguente aumento del rapporto segnale rumore.

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I gradienti di campo sono bobine che generano campi magnetici

variabili nello spazio e nel tempo che si sommano al RF.

Vengono posizionati lungo le tre direzioni dello spazio X, Y, Z attorno

al magnete e possono essere di selezione, di preparazione o lettura,

permettendo l’ identificazione spaziale di ogni voxel in esame e la

ricostruzione dell’ immagine. Vengono caratterizzati dal parametro

slew-rate, che indica il rapporto fra massima potenza e tempo

necessario al raggiungimento del 100% del duty-cicle, si misura

pertanto in mT/m/msec.

Infine il computer, nel tomografo, rappresenta il cervello del sistema e

controlla , tramite opportune interfacce, tutte le operazioni eseguite,

dalla sintonia delle bobine, alla digitalizzazione dei segnali analogici

ricevuti, alla trasformata di Fourier , alla ricostruzione e la

visualizzazione dell’ immagine, a tutte le operazioni di post-

processing, come il calcolo di distanze, superfici, intensità di segnale.

Proprio per questo deve possedere una elevata capacità di calcolo

oltre ad una grande memoria ed un alta velocità di acquisizione dei

dati.

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1.3-I phased array

Le bobine phased array sono particolari antenne di ricezione,

costituite da più unità poste in parallelo. Ciascuna bobina riceve

indipendentemente dalle altre e lo stesso nome sottolinea questo

comportamento, ricordando proprio il funzionamento dei phased array

nei radar e negli ultrasuoni.(Fig.1.11)

Fig.1.11-Bobina phased array toracica.

La prima formulazione teorica riguardo a tali tipi di bobine ed al loro

utilizzo si deve a Roemer e Hayes nel 1989 ed a oggi sono

praticamente presenti in ogni scanner di Risonanza Magnetica, grazie

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alla possibilità di ottenere così un’ immagine con ampio campo di

vista, come da una body coil,e con un alto rapporto segnale rumore,

come per una bobina superficiale, non incrementando il tempo di

scansione.

Il numero massimo di bobine utilizzabili in un array dipende

dall’ omogeneità del magnete e dal fatto che ogni bobina necessita di

un proprio ricevitore e di un hardware per l’ acquisizione dei dati.

Inoltre se si considerano due bobine identiche, risonanti alla stessa

frequenza f0 e si affiancano,la mutua induttanza tra di loro porta ad

uno “ splittamento” della f0 in due diverse frequenze di risonanza,

con la conseguente riduzione di sensibilità alla f0.(Fig.1.12).

Risposta
coil

fo
Fig.1.12-Splittamento della f0.
f

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Per eliminare o ridurre questo accoppiamento si possono sovrapporre

le bobine fino ad avere mutua induttanza uguale a zero: nel caso di

bobine circolari, rilevazioni sperimentali hanno indicato come distanza

ottima dei centri il 75% del diametro, in quelle quadrate il 90% del

lato.(Fig.1.13).

Fig.1.13-Tre bobine circolari sovrapposte

Tuttavia questo accorgimento non basta in un array con più di due

bobine, in quanto rimane un accoppiamento mutuo tra bobine non

adiacenti, inoltre la sovrapposizione minimizza la mutua induttanza ma

non la mutua resistenza di rumore che ci da informazioni riguardo alla

correlazione di rumore tra bobine, ed è un parametro importante nella

seguente ricostruzione dell’ immagine. Si riduce questa interazione

andando a connettere ogni bobina ad un preamplificatore a bassa

impedenza.(Fig.1.14).(Roemer et al.)

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coil 1 coil 2 coil 3 coil 4

preamp preamp preamp preamp


low low low low
z z z z

Fig.1.14.Connessione di ogni bobina al preamplificatore.

Si considerino due bobine superficiali interagenti modellizzate come le

sezioni primarie e secondarie di un trasformatore.(Fig.1.15).

Z
C C2a

L2b
Coil 1 Coil 2
R
A M=kL C2b
L L
pream

R R

Fig.1.15.Circuito di modellizzazione di due bobine accoppiate.

Quando la bobina 2 è isolata, la sua impedenza vista dal

preamplificatore vale:

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X 2C2b
Zb = + j( XL2b − XC2b )
R1

Per trasformare la resistenza serie R1 nel valore di 50 ohm, la scelta

ottima di XL2b e XC2b è data da:

XL2b = XC2b = 50 R1 = X 2

Se l’ impedenza di ingresso del preamplificatore è nulla, l’ induttore

XL2b forma un circuito risonante parallelo con la capacità di uscita

XC2b e blocca la corrente che scorre nella bobina, impedendo

trasferimenti di segnale al preamplificatore. Quando, durante la

ricezione, una piccola corrente scorre nella bobina, il rumore ed il

segnale NMR non si accoppiano tra le bobine e tutte ricevono

indipendentemente.

Si suppone che le due bobine siano indipendentemente sintonizzate

alla stessa frequenza di risonanza, cioè:

X L − X C 2 a − X C 2b = 0, X L − X C1 = 0

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Senza la seconda bobina, l’ impedenza serie del loop primario vista

dal terminale A è data da R1, mentre con la seconda bobina presente e

connessa al preamplificatore, l’ impedenza vista dal primario vale:

ω 2 L2 k 2
Z A = R1 +
R1 + ( X 2
2 / RP )

Il secondo termine rappresenta la potenza di rumore accoppiata tra le

bobine. Se k=0 o se Rp=0, questo termine si annulla ed il rumore è

determinato solo da R1, come se fosse una bobina singola.

Nello stesso modo, quantifichiamo il segnale NMR che si trasferisce

tra le bobine, determinando la tensione ai terminali A:

jω Lk
V A = V1 − V2 2
R1 + ( X 2 / R P )

ancora, se k=0 oppure Rp=0, si ottiene il segnale NMR della bobina

isolata. Ovviamente, questo è il caso puramente ideale e, nel caso

pratico, il disaccoppiamento sarà tanto più grande quanto più bassa

sarà la Rp del preamplificatore.

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