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Per avere una maggiore libertà di manovra, Federico II fece eleggere sul trono di Germania, in qualità di
coreggente, il figlio Enrico e concesse ai principi tedeschi ampi poteri, per ottenere il loro appoggio per ricondurre
all’obbedienza le città dell’Italia centro-settentrionale, trasformando la penisola in un enorme campo di battaglia.
In base al gioco degli interessi locali, nelle varie città nacquero un partito filo-papale (o “guelfo”) e uno filo-
imperiale (o “ghibellino”). I primi si rifacevano ai conti di Baviera e di Sassonia, cioè ai discendenti di quel Guelfo
IV che, verso la metà del XII secolo, si era invano opposto all’incoronazione di Corrado III. I secondi sostenevano
invece la casata sveva degli Hohenstaufen, signori del castello di Weiblingen.
Guelfi e ghibellini furono, dunque, etichette. Entrambe le fazioni traevano il proprio nome e legittimazione politica
dai due tradizionali schieramenti che, nell’Europa occidentale, contrapponevano i fautori del papa e i sostenitori
dell’imperatore. I gruppi contrapposti si professavano di parte guelfa o ghibellina con il solo scopo di ottenere
appoggi o favori da parte del Pontefice, o degli Angioini (Carlo d’Angiò venne chiamato direttamente in Italia da
Urbano IV nel 1262 per mettere fine al potere dello svevo Manfredi sull’Italia meridionale), oppure
dall’imperatore, dagli Svevi o dagli Aragonesi.
La contrapposizione ideologica e le lotte intestine nelle città italiane furono profonde e viscerali, connotando ogni
atto, ogni minimo episodio della vita cittadina. La divisione fu particolarmente forte e significativa in Toscana che
portò a coalizioni di città contro città. Numerose furono anche le occasioni di guerra e battaglie campali. uando, nel
1237, l’esercito di Federico II sconfisse a Cortenuova le truppe della Lega lombarda, la vittoria sembrava alla
portata della fazione imperiale, ma alcuni errori politici e l’ostilità del papa (che arrivò alla scomunica di Federico
nel 1239, per poi dichiararlo deposto nel 1245, sciogliendo i suoi sudditi dal giuramento di fedeltà), ne decretarono
la sconfitta. Federico II non fece in tempo a preparare la sua riscossa: la morte lo colse, infatti, nel 1250, all’età di
cinquantasei anni. Dopo di lui il partito ghibellino conobbe una lenta ma progressiva sconfitta in tutta la penisola.
LA FIRENZE DI DANTE
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