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parla di popolo di S. Croce o di Santo Spirito) c sempre una compagnia in cui la persona
inserita, di cui il singolo fa parte. A ben vedere alluomo medievale, poi, estraneo lo stesso
concetto di privato, non nel senso che egli non abbia una propriet privata, quanto piuttosto nel
senso che ci che possiede o ci che gli accade normalmente condiviso, partecipato ad altri:
nascite, battesimi, matrimoni, morti Ma anche beni: pensiamo quanto frequenti siano le donazioni
a monasteri, o la fondazione stessa di ospedali, confraternite
Ugualmente adatto il termine opera: la citt medievale pullula di iniziativa. Non apologetico,
ma realistico mi sembra in tal senso laffresco di Ambrogio Lorenzetti, detto del Buon Governo,
nel Palazzo Comunale di Siena, che affastella una serie di attivit, dentro e fuori le mura. E va
precisato che loperosit resa possibile dal predominio che, nellepoca di cui ci occupiamo, ha la
societ, rispetto ad un potere che da essa convalidato e che comunque in essa trova un costante
ridimensionamento, che interviene a regolare, a dare un ordine a ci che gi esiste. (1)
Una delle prime immagini che vengono in mente pensando al popolo di una citt medievale quella
delle mura. Definite generalmente come mura di difesa, esse sono, in realt, il primo elemento di
identificazione della citt stessa e del popolo che essa racchiude, in un periodo in cui lidentit
vissuta come fondante la persona. Proprio per indicare la persona spesso si fa ricorso al luogo di
provenienza ( Giovanni da Fiesole) e tale luogo de-finito, nel senso proprio di de-limitato da un
confine, che, nel caso della citt, appunto costituito dalla cinta muraria. Essere abbracciati dalle
mura significa far parte della citt: vedi i servi della gleba che divenivano liberi se avevano
respirato per tre giorni e tre notti laria della citt; o gli interventi per allargare le mura fino a
comprendere i borghi nati lungo le vie che dalla citt si allontanavano e dove si riversavano gli
abitanti del contado, quando inizia lavventura di una produzione artigiana tanto vasta da dare
origine ad un fenomeno di vero e proprio inurbamento, se vero che a Firenze, per esempio, si
passa dai 40.000 abitanti degli inizi del secondo millennio ai quasi 160.000 del 1300.
E cos che a Firenze si va dal perimetro delle mura romane, a quello delle mura bizantine (pi
ristretto per la riduzione della popolazione, a seguito della guerra greco-gotica e del successivo
dominio bizantino e delle quali resta la torre di avvistamento detta in epoca medievale la
Pagliazza); a quello della rinascita carolingia; a quello del 1078 (le mura Matildine), a quello del
XII sec., che vede comprendere anche i borghi oltrarno; a quello, ultimo, iniziato alla fine del XIII
secolo da Arnolfo di Cambio.
Lampliamento delle mura ( ben tre in tre secoli), insieme a quello delle chiese, come la Cattedrale e
comunque lintrapresa di costruzioni enormi, indice di una virt onorata nel Medio Evo, insieme
alle altre teologali e cardinali: la speranza. E speranza che si basa su una certezza vissuta nel
presente ed speranza che lopera iniziata servir ai posteri, speranza che valga la pena, che abbia
un senso e, prima ancora, speranza che ci sar chi la proseguir e la porter a termine, secondo lo
spirito di chi lha iniziata, in unepoca in cui la media della vita non era certo elevata.
Daltra parte le mura non delimitano un mondo chiuso in se stesso: attraverso le porte la citt in
costante rapporto con il contado, dal quale essa riceve il sostentamento e con la quale vive come in
simbiosi, in uno scambio continuo e reciproco di beni, come documenta la toponomastica di alcune
porte di Firenze: Porta di Balla, Porta alla Carraia. ( cfr. ancora laffresco del Buon Governo del
Lorenzetti e la lezione conclusiva del presente corso tenuta dal dott. Nanni.
Altro elemento di identificazione della citt, eletto dal popolo, con parere di tre alti prelati, il
vescovo. Il Comune sorge l dove c il vescovo, una figura che spesso ha sostituito lautorit civile,
quando questa era venuta meno, nel crollo delle strutture dellantico impero; intorno alla quale si
ristrutturata la vita cittadina, a partire dal mantenimento di una anagrafe, alla funzione di paciere o
di amministratore della giustizia.
Sappiamo che le Cattedrali che costellano lEuropa e caratterizzano le citt medievali, per le quali
anzi si aprivano gare fra le citt stesse per chi avesse la pi grande e la pi bella, sono legate alla
presenza del vescovo: Cattedrale infatti la chiesa che ospita la Cattedra episcopale
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Chi conosce l inno delle scolte di Assisi avr colto lunione intrinseca fra citt e santi: le mura
sono vigilate dalle sentinelle (le scolte) e la citt salvata dai suoi santi. Pensiamo ancora a quante
volte la citt rappresentata come sorretta dalle mani o protetta dal manto di un santo o di Maria
Se guardiamo Firenze, ci si rende conto che esiste un santo patrono per ogni quartiere, per ogni
lavoro, per ogni consorteria, per ogni confraternita. Lorganizzazione del lavoro nel Medio Evo non
conosce ferie nel senso in cui le intendiamo oggi, ma prevede sospensioni assai frequenti per
festeggiare i tanti santi, con gesti pubblici, organizzati e partecipati da tutto il popolo. Basti pensare
alla festa del patrono della citt, S. Giovanni, che durava per tre giorni e vedeva Firenze trasformata
scenograficamente in quello che era lasse portante della citt del tempo: lasse del kardo del
vecchio tracciato romano.
E lungo questo che, contrariamente a quanto accadr nellepoca successiva e come vedremo in
seguito, si sviluppa la Firenze medievale e sul quale troviamo dunque i monumenti pi significativi,
dei quali ci occuperemo, per cogliere la mentalit, il cuore, la visione della vita delluomo del
periodo: il Battistero, il Duomo, il Campanile, la sede della Misericordia e del Bigallo,
Orsammichele, il Palazzo della Signoria, la Badia Fiorentina.
Prima di avviarci alla visita pi particolareggiata ad alcuni di questi monumenti, un breve accenno
ad altri che segnano il volto della citt e che connotano il suo popolo: la chiesa di S. Miniato,
dedicata al primo e unico martire conclamato di Firenze, la quale ci ricorda che le prime chiese
della cristianit sorgono sul luogo del martirio o l dove sono conservate le reliquie dei martiri; le
chiese di S. Croce, S. Maria Novella, S. Spirito, S. Maria del Carmine, SS. Annunziata
( rispettivamente dellordine francescano, domenicano, agostiniano, carmelitano, servita, che si
insediano nei borghi inizialmente fuori delle mura, l dove si raduna la popolazione pi umile e che
hanno bisogno di spazi ampi (le piazze che ancora troviamo davanti a quelle chiese) per la
predicazione. Non dimentichiamo, tra laltro, linfluenza che ebbero i seguaci di S. Francesco,
lalter Christus, stigmatizzato come il suo Signore, nella diffusione anche iconografica del
crocifisso non pi glorioso, secondo luso orientale, ma patiente.
Un ultimo accenno a chiese come S. Trnita, S. Salvi e, pi lontana, Badia a Settimo, legate, le
prime due, alla presenza di S. Giovanni Gualberto e tutte e tre allinsorgere del popolo contro la
simonia.
Il Battistero
La fede dei Fiorentini prendeva il via nel fonte battesimale del bel San Giovanni, quello che dal
V secolo fu la chiesa con lunico fonte battesimale della citt, dove nelle notti di Pasqua e di
Pentecoste, venivano battezzati tutti i bambini nati nellanno: portati in braccio dai genitori,
entravano dalla porta a sud, venivano immersi in uno dei tanti pozzetti scavati nel basamento
ottagonale al centro della chiesa, ed uscivano dalla porta a nord. Dante narra di essere intervenuto a
salvare un che dentro vannegava, (Inferno c. XIX vv. 17 e segg.) a documento del fatto che
lintera popolazione prendeva parte a questa festa (come del resto a tutte le altre) del tempo
liturgico. In altri tempi il basamento verr fatto smantellare dal granduca Francesco I dei Medici, in
occasione del battesimo del figlio, per poter accogliere pi gente contemporaneamente, ma appunto,
si tratta di "altri tempi". Attualmente ospita un fonte battesimale, bellissimo ma pi piccolo, dove
vengono ancora battezzati i bambini della parrocchia del Duomo.
Non va dimenticato che nel periodo medievale quella di battistero non era l'unica funzione della
chiesa di San Giovanni: in essa venivano anche prese le decisioni riguardanti la vita civile e
politica, prima che sorgesse il palazzo del Capitano del Popolo, il Bargello.
Fra i monumenti presenti nella piazza il pi antico; sorto, secondo una tradizione non confermata,
su un sacello dedicato al dio Marte; sicuramente vennero utilizzate per la sua costruzione pietre di
preesistenti costruzioni romane, come documentano bassorilievi visibili alla sinistra della porta sud.
L'impianto dell'edificio risale al V secolo, quando si presentava di dimensioni pi modeste;
rimaneggiamenti successivi sono intervenuti fra lXI e il XIII secolo: ingrandimento ampliamento,
rivestimento di marmi, cupola, scarsella. Fra il 1300 e il 1500 sono state aggiunte le opere scultoree:
porte di bronzo e i gruppi statuari sovrastanti le porte.
E' interessante, esaminando l'esterno del Battistero, osservare che esso suggerisce immediatamente
dei numeri: innanzi tutto il numero tre, molto evidente nella tripartizione sia orizzontale che
verticale di tutti gli elementi in cui suddivisa ognuna delle otto facciate. E' un numero simbolico
(i medievali si esprimevano privilegiatamente attraverso i simboli) che rimanda alla SS. Trinit e
dunque sacro e fonte di ispirazione: sappiamo che Dante inventa la rima ternaria, scrive trentatr
canti per ognuna delle tre cantiche; che Beatrice ricompare nella vita di Dante ogni nove anni (tre
per tre uguale a nove, che risulta quindi il numero perfetto)...
L' altro numero che il Battistero suggerisce l'otto, perch la sua pianta un ottagono, a
rappresentare l' ottavo giorno, l'octava dies il giorno della salvezza, da aggiungere ai sette che Dio
aveva impiegato per creare il mondo e l' uomo e per riposare, compiacendosi della sua fatica; l'
ottavo era il giorno della Risurrezione di Cristo, quello che mancava per compiere la salvezza
dell'uomo, dopo il peccato d'origine, quello che d inizio al mondo nuovo, "nuovi cieli e nuova
terra". Il luogo da cui prende il via la salvezza, nel gesto sacramentale del Battesimo, ben a ragione
ha dunque una pianta ottagonale, che infatti ritroviamo in altri battisteri, a Parma, ad esempio.
C' anche un altro motivo per cui veniva scelta la pianta ottagonale ed che -sempre per la
simbologia medievale- il quadrato rappresenta la terra, il cerchio rappresenta il cielo. Ora,
l'ottagono un quadrato che "si trasforma" in cerchio, che quasi cerca di smussare gli angoli
avvicinandosi al cerchio e anche questa una rappresentazione simbolica di ci che avviene nel
Battesimo: la compenetrazione di cielo e terra.
L'itinerario della salvezza poi dispiegato nei racconti costituiti dalle formelle delle tre porte di
bronzo e dal corredo musivo dell'interno del Battistero, vera " Bibbia dei poveri", cultura condivisa
da tutti, analfabeti compresi, anche se si deve tener presente che, a detta del Bargellini, non c'era
chi, ai tempi di Dante, non sapesse almeno leggere (non scrivere!) e che in effetti, intorno alle
cattedrali nascevano le scuole e davanti alla chiesa di S. Giovanni si ergeva la cattedrale di S.
Reparata , fin dal V secolo.
Le porte, dunque, narrano storie del Vecchio Testamento (quella a est, l'ultima, in ordine
cronologico, realizzata dal Ghiberti fra il 1425 e il 1450 e che Michelangelo defin "porta del
Paradiso"); della vita di Ges ( quella a nord, sempre opera del Ghiberti, eseguita fra il 1402 e il
1425); ed infine, della vita di colui che fa da tramite fra le due Alleanze: il Battista (porta sud, opera
di Andrea Pisano che vi lavor negli anni intorno al 1330). Minuziosamente raccontata la vita di
quello che i fiorentini scelsero come loro patrono: dall'annuncio dell'angelo a Zaccaria fino alla
decapitazione e sepoltura del precursore di Cristo, che, in un altare d'argento costruito per il
Battistero (e ora custodito nel Museo dell'Opera del Duomo), rappresentato con il dito indice
lunghissimo, emblema del compito di cui la vita di Giovanni fu investita: additare il Messia.
In onore di S. Giovanni, ogni anno si svolgevano in citt feste che duravano tre giorni e che
coinvolgevano tutta la popolazione, con solenni processioni, culminanti il 24 giugno con il dono
della cera, per garantire l'illuminazione della chiesa. L'effigie di S. Giovanni compariva nel fiorino,
che nel Trecento giunse a far aggio sull'oro, fidato al punto che ne nacque il detto: " S. Giovanni
non vuole inganni". Infine il suo nome era gridato dai Guelfi, all' attacco "delle castella" del
contado o della parte avversa .
L'interno del Battistero ci accoglie con un vasto ambiente a cupola, arricchito di monumenti che
provengono da edifici romani antichi, come le colonne monolitiche, sarcofagi scolpiti e parte del
rivestimento marmoreo. Al di sopra delle colonne, che tripartiscono ogni parete, si apre il matroneo,
incluso da bifore e arricchito con decorazioni a mosaico o ad affresco.
Ripetuti rimaneggiamenti hanno modificato l'aspetto dell'aula, ma non hanno potuto sottrarle l'aurea
di sacralit che proviene dall'alzare lo sguardo ai mosaici della cupola: un "logos" poderoso, che
abbraccia tempo e spazio, che impone il senso del tempo e dello spazio, che anzi li crea, poich
senza significato tempo e spazio non esistono. E il Cristo che troneggia e giganteggia di fronte a chi
entri dalla porta del Paradiso, si pone evidentemente come il Signore del tempo e dello spazio, il
Signore della storia dell'uomo.
Egli appare innanzi tutto, nella sfera pi alta, come Alfa e Omega, cui rendono omaggio le gerarchie
angeliche: Angeli, Arcangeli, Potest, Dominazioni, Virt, Troni, Principati, Serafini; essi rifulgono
sullo sfondo dorato, che rende presente la gloria che fu degli inizi della creazione e che sar quella
definitiva, alla fine del tempo, nella quale alla lode degli angeli si unisce quella di uomini, piante e
animali (fra i quali se ne riconoscono di simbolici: cervi, pavoni, ibis, arieti).
Dove per si rende evidente la signoria di Cristo sulla storia nel suo esserne costituito Giudice:
eccolo allora, seduto sui sette cieli, nellatto di accogliere i benedetti ed allontanare i maledetti,
nellatto cio di chi sancisce definitivamente la scelta che luomo ha compiuto finch era nel tempo.
Da Lui parte e a Lui confluisce la storia del mondo, narrata nelle fasce concentriche che dal cerchio
in cui Egli racchiuso prendono il via: creazione del mondo e dell'uomo, storia del popolo eletto,
fino a Giuseppe, (prefigurazione del Cristo, tradito, ma fonte di salvezza per gli stessi che lo
avevano rinnegato), storia di Maria e di Ges, infine la vicenda di Giovanni, il Precursore. E la
storia della salvezza, che si dipana nel tempo e che, se arriva fino S. Giovanni, arriva alla citt di
Firenze, di cui Giovanni patrono, e dunque a quei fiorentini che nella sua chiesa ne entravano a far
parte, tramite il Battesimo.
La duplice rappresentazione del Cristo trova giustificazione, a mio avviso, proprio nel fatto che
Egli, seconda persona della Trinit, il Verbo per mezzo del quale tutto stato fatto (Alfa e Omega,
senza i segni della crocifissione), ed , contemporaneamente, il Verbo incarnato, Colui che ha
accettato di entrare dentro la storia delluomo, Colui che per redimerla ha "umiliato se stesso fino
alla morte e alla morte di croce" ( sono evidenti nelle mani e nei piedi di Cristo giudice le stigmate
della passione e nella prima fascia del Giudizio procedono gli Angeli che portano i segni di tale
passione). Per questo gli dato il potere (veste e manto regali) e pu richiamare in vita la carne
consunta nel sepolcro (sotto i suoi piedi si aprono le tombe); respingere con la mano sinistra i
"captivi", imprigionati fra le spire di demoni e serpenti e accogliere con la destra i santi, che
vengono convocati dalle tube degli Angeli in Paradiso. Un Paradiso dove gi prendono posto gli
Apostoli, compreso Paolo, con Maria e il Battista; ma anche i Patriarchi: Abramo, Isacco, Giacobbe,
con le anime dei giusti nel loro grembo. Ad essi si aggiunger la turba dei beati guidati dall'Angelo
sotto le cui ali compare il cartiglio con la scritta "Venite, benedetti del Padre mio; sedete nei posti
preparati per voi!" e dei quali fanno parte umili e potenti, re, vescovi, laici e monaci: gli stessi tipi
umani che sono gi proiettati, disordinatamente ed in preda al turbamento, nell'Inferno.
E da tenere presente, fra laltro, che intorno al Battistero era posto un cimitero: accedere da questo
luogo allinterno della chiesa voleva dire, per i fiorentini del Medio Evo, affermare che lultima
parola sulluomo non la morte, ma la resurrezione ed una resurrezione dove luso che essi
avevano fatto della loro libert sarebbe stato evidenziato. E impossibile comprendere la Divina
Commedia senza ricorrere a questa concezione della vita; anzi impossibile pensare che Dante
sarebbe potuto essere Dante, senza questo retroterra culturale.
Nel soffitto della scarsella, probabilmente la prima ad essere rivestita di mosaici, una grande ruota
sostenuta da telamoni inginocchiati, rappresenta la Gerusalemme celeste, con lAgnello al centro,
contornato da Patriarchi e Profeti, accompagnati da decorazioni di animali, vasi, teste di uomini e
Angeli. Ai lati lultimo dei Profeti dellAntico Testamento, Giovanni con il rotolo della Legge in
mano e Maria Theotkos, con il Bambino benedicente in braccio: lirrompere della Nuova
Alleanza. Sacra Scrittura e Creazione: le due vesti della divinit, come le definivano i medievali,
costituiscono il motivo dominante di questi mosaici, realizzati da frate Jacopo (che si firma frate di
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frate Francesco), nella scarsella e dai maestri veneziani nel soffitto del Battistero su disegno di
toscani, come Coppo di Marcovaldo e Cimabue.
Era in questo orizzonte che nasceva in Firenze la nuova creatura: l'uomo e il cristiano, come fa
dire Dante al suo antenato nel canto XV del Paradiso: "e ne l'antico vostro Batisteo/insieme fui
cristiano e Cacciaguida" (vv.134-5).
Dalla Fede che qui nasceva si generava la Speranza cui prima si faceva cenno, poich ci che la
Fede riconosceva sarebbe durato nel tempo; e si generava la Carit: un Amore alloggetto della
propria fede, Cristo, che diventava amore al prossimo, documentato dai monumenti che si trovano
di fianco al Battistero, come le sedi della Misericordia e del Bigallo.
Cattedrale
Quando il Comune ( l'insieme cio degli abitanti all'interno della mura, liberamente consociati)
decise di ampliare la Cattedrale preesistente, decise anche che doveva essere pi grande di quella di
Pisa o delle altre citt toscane, significativamente in gara fra loro per avere, pi bello, il particolare
che stava loro pi a cuore!
La nuova costruzione cominci dunque, l' 8 settembre 1296 (altri documenti parlano del '98), giorno
della nascita di Maria e ad Essa la si volle dedicare, non pi, come quella precedente, a S. Reparata,
una santa orientale, ricordo probabilmente di quei mercanti siriani che avevano contribuito a
introdurre per primi la fede a Firenze. Occorre ricordare anche che il culto della reliquie di sante
orientali, come S. Tecla, S. Atanasia, la stessa S. Reparata era stato caldeggiato dal grande vescovo
di Milano, S. Ambrogio, che aveva soggiornato a Firenze, dove aveva posto la prima pietra della
chiesa dedicata a S. Lorenzo, prima cattedrale della citt alla fine del IV secolo, cui far seguito, nel
secolo successivo, quella dedicata, appunto, a S. Reparata. Del resto in tutta Europa venivano
edificandosi, a partire dal sec. XIII, cattedrali dedicate alla Madre di Dio ( Notre Dame) o che
sostituiscono con il suo culto quello di altri santi ( S. Maria Nascente, a Milano, sostituisce S. Tecla,
appunto).
Occorreva dunque un ampio spazio, per quella che sarebbe diventata la terza chiesa pi grande del
mondo, dopo S. Pietro a Roma e S. Paolo a Londra, ( per questo la Cattedrale anche segno della
speranza di un popolo che, per quanto incrementato all'epoca da tante nascite, non era certo in grado
di riempire tutto lo spazio della nuova costruzione!) e lo si ottenne abbattendo le case costruite
quasi a ridosso della vecchia cattedrale e che appartenevano alle famiglie dei Bischeri (v. scheda ).
La nuova costruzione crebbe intorno alla prima, che rest luogo di culto, finch non fu eretta una
parete di fondo in corrispondenza di quello che sarebbe poi stato il transetto e fino a che non fu
costruito il tetto. Solo allora S. Reparata fu demolita, ma, poich la nuova cattedrale sopraelevata
di qualche metro, ancora possibile visitare le vestigia della precedente chiesa, alla quale si accede
da una scala posta all'interno del Duomo, sulla destra dell'ingresso principale.
La cosa che sorprende la continuit voluta da Arnolfo da Cambio (e da chi gli successe nei 170
anni in cui la fabbrica si distese) tra la costruzione della Cattedrale che gli era stata commissionata,
con relativo campanile, e il Battistero, il cui ottagono riprodotto all'incrocio dei due bracci della
croce latina che costituiscono la pianta del Duomo (anche la cupola soprastante, di conseguenza, a
base ottagonale e divisa in otto spicchi) e che si trova collocato sulla stessa traiettoria del Battistero
stesso, a definire lo spazio della salvezza: dal Battesimo, alla Comunione con Colui nella cui vita si
stati innestati (l'altare maggiore posto, infatti al centro dell'incrocio fra navate e transetto, al
centro dell'ottagono, cio; e dietro l'altare collocata la cattedra, il seggio del vescovo). Il
Brunelleschi, geniale costruttore della cupola che fu voltata senza il sostegno di centine, avrebbe
voluto che il suo interno fosse rivestito di mosaici, con evidente richiamo al Battistero. Ci non
avvenne, ma nel '500, quando vengono realizzati gli affreschi della cupola dal Vasari e dallo
Zuccari, si continua comunque un "dialogo" ideale con il S. Giovanni, poich il soggetto di tali
affreschi sar di nuovo il Giudizio Universale (sebbene realizzato con una sensibilit assai diversa
da quello di trecento anni prima) e Cristo in trono fronteggia esattamente quello del Battistero. Ma
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questo discorso ci porterebbe troppo lontano, rispetto a quello che vogliamo ottenere, come
conoscenza del mondo medievale.
Mondo che si manifesta nella sua peculiarit, osservando un particolare, che una recente ripulitura
ha rimesso in evidenza e che situato sulla fiancata destra del Duomo (lato sud), nello spazio che
va tra il campanile e il primo portale.
Si tratta di un' Annunciazione, una tra le pi antiche, probabilmente proveniente da S. Reparata, in
bassorilievo su marmo bianco, collocata in corrispondenza della prima pietra della Cattedrale e che
perci ricordava ai fiorentini le due grandi date riferite alla Madonna: l' 8 settembre, Nativit della
Vergine, in cui fu iniziata la costruzione e il 25 marzo, giorno dell' Annunciazione, da cui
cominciava l' anno, inteso, evidentemente, come un anno di Redenzione; consuetudine che durata
fino al '700, al tempo dei Lorena .
L'arcangelo Gabriele, con un serto fiorito in mano, rivolge il saluto a Maria che, nel gesto di ritrarsi,
turbata, offre contemporaneamente il proprio corpo, a diventare dimora del Figlio di Dio; dimora,
come l'edificio, il tempio che si trova fra le due figure, sulla copertura del quale posa la mano del
Padre, e dentro il quale si trova la colomba dello Spirito Santo. Esso rappresenta dunque il Figlio
che si incarna e contemporaneamente Maria - Chiesa che lo continua, lo incarna nella storia. E' una
rara iconografia: non c' un contesto architettonico che incornicia le due figure dell'angelo e della
Madonna, ma un tempio fra l'una e l'altra, ad indicare che l'incarnazione avviene in questo edificio,
che anche la Cattedrale stessa.
L' altro particolare interessante un campanile posto a destra di Maria, che richiama quello della
Badia Fiorentina, l' abbazia benedettina che sorgeva a ridosso delle mura est della citt, dalla quale
la popolazione "toglie e terza e nona" ( Paradiso c. XV, v. 98), che scandiva cio il tempo per
Firenze: l'incarnazione avviene dunque in un tempo e in uno spazio precisi.
Il Duomo di Firenze dedicata a Santa Maria del Fiore, dove il fiore non appena un richiamo al
nome della citt, poich il Fiore Cristo, l'ultimo virgulto della casa di Jesse e comprendere ci
significa gettare una nuova luce anche sul significato della struttura della Cattedrale, sontuosa
all'esterno ( soprattutto nella zona absidale con le tre tribune sormontate da tre piccole cupole e nei
suoi marmi policromi: il verde di Prato, il bianco di Carrara, il rosa di Siena) e spoglia all'interno.
Una pubblicazione recente di I. Lavin afferma l'identit della chiesa con la Vergine: l'esterno il suo
ricco manto, l'interno il suo spoglio grembo (I. Lavin "Santa Maria del Fiore. Il duomo di Firenze e
la Vergine incinta" Donzelli '99).
Dunque, dopo aver ammirato le fiancate e la fabbrica absidale, tralasciando la facciata, rivestita solo
nell' '800 sotto la direzione del fiorentino De Fabris, in stile neogotico, si pu accedere all'interno
del Duomo, la Domus, la casa per eccellenza, quella che tutto il popolo sente come la sua, pi di
quanto lo sia la propria e che perci deve essere bella.
Lo spazio, enorme, diviso in tre navate di quattro campate ciascuna, scandite da pilastri e da archi
a sesto acuto e chiuse da volte a crociera: lo stile gotico, ma non ha lo slancio del gotico
d'Oltralpe, perch Firenze ama la misura, l'equilibrio, tanto da inventare questo che viene definito
"gotico fiorentino".
Il pavimento, che inizialmente era costituito da mattoni rossi posti in verticale, stato sostituito nel
'500 da un rivestimento marmoreo, che giuoca con le illusioni ottiche, secondo il gusto dell'epoca.
Nella controfacciata, a destra situato il sarcofago dedicato al vescovo Orso, che sicuramente
risaltava maggiormente quando era policromo e, al centro, l' orologio di Paolo Uccello, con segnate
24 ore: un orologio liturgico, che segna il tempo, ancora il tempo della salvezza, a partire dal
vespro, il tramonto, quando, liturgicamente, inizia il nuovo giorno e funziona in senso antiorario.
Trecentesche e quattrocentesche le vetrate, comprese quelle del tamburo della cupola, alle quali
lavorarono Donatello, Ghiberti, Paolo Uccello, Andrea del Castagno. Di Donatello l'incoronazione
della Vergine che campeggia nell'occhio antistante l'ingresso.
I gigli color oro su sfondo blu che ornano parecchie vetrate laterali ricordano l' amicizia con la
Francia: Clemente IV aveva chiamato a Firenze Carlo d' Angi, per ristabilirvi i Guelfi,
precedentemente scacciati; la vicenda del "secondo popolo" prender il via da questo rapporto con
un francese e i tanti gigli francesi che troviamo a Firenze parlano di tale legame.
Sulla parete di sinistra i capitani di ventura Niccol da Tolentino e John Hawkwood ( Giovanni
Acuto per i fiorentini), immortalati rispettivamente da Andrea del Castagno e Paolo Uccello; poi "
La Divina Commedia" di Domenico Michelino.
Dietro l'altare sono situate le due sacrestie, sormontate da lunette in terracotta invetriata, opera di
Luca della Robbia, rappresentanti la Resurrezione e l'Ascensione.
Impossibile soffermarsi su ogni particolare; pu essere utile ricordare che nella sacrestia di sinistra,
detta "delle Messe" (un capolavoro di intarsi di Giuliano da Maiano) si rifugi Lorenzo il
Magnifico, sfuggendo alla congiura dei Pazzi (1478). Davanti all' altare, al momento dell'
elevazione dell' ostia nella Consacrazione, i Pazzi e i loro sostenitori si avventarono sui due fratelli
dei Medici: Giuliano muore, Lorenzo si salva, appunto barricandosi nella sacrestia.
Che la citt fosse governata allora dai Priori delle Arti ( il periodo del secondo popolo, in cui i
Magnati sono stati messi da parte) lo dice, sopra l'arco che sovrasta la cappella del Santissimo, il
simbolo dell'Arte della Lana, l'Agnus Dei, ad indicare, appunto il patrocinio di questa corporazione
sull'opera del Duomo, come invece l'Arte dei Calimala (aquila col un torsello di lana fra gli artigli)
si prendeva cura del Battistero.
Sotto l'altare di sinistra custodita la mandibola di S. Giovanni Crisostomo e sotto l'altare del
Santissimo la testa di S. Zanobi, uno dei primi vescovi di Firenze (v. scheda) in un'urna del
Ghiberti.
Campanile
Ed eccoci al Campanile, progettato da Giotto, che vi si dedic dopo la morte di Arnolfo, portato
avanti da Andrea Pisano e terminato dal Talenti: nasce come torre campanaria e tuttora svolge tale
funzione. La struttura, massiccia alla base, diventa sempre pi leggera, per via delle bifore, e delle
trifore ; ma soprattutto sulle formelle delle prime cornici che si ferma l'attenzione. Sono opera di
Andrea Pisano, anche se, per le prime fra quelle esagonali che si trovano alla base, pare esservi stato
il contributo di Giotto.
Nella formelle si riproduce, sviluppa e completa il racconto dell'opera della salvezza iniziato nel
Battistero e continuato nella Cattedrale: e l'interessante scoprire che tale opera realizzata dal
lavoro dell'uomo.
Tutto nasce dall'iniziativa di Dio: la creazione di Adamo ed Eva, dell'uomo e della donna, (formelle
a sinistra, lato ovest, di fianco al Duomo); e prosegue poi con l'iniziativa dell'uomo: il lavoro dei
primogenitori. Ecco, il lavoro riacquista, nel Medioevo, un valore, dopo che, in epoca grecoromana, era stato considerato cosa servile, da schiavi: solo l' otium (non il nec-otium, il lavoro, il
traffico di cose) era il quid della persona nobile. San Benedetto, e l'opera dei suoi monaci per interi
secoli, invece, avevano rivalutato il lavoro, come espressione dell'uomo in quanto tale: ora et
labora definiscono la creatura, a immagine del Creatore: Pater meus agricola est. Ed anche i
fiorentini, come tutti in Europa, erano debitori della mentalit che i monaci benedettini avevano
plasmato: si detto della Badia Fiorentina, un'abbazia benedettina a ridosso delle mura, ma c'era
pure S. Miniato, altra splendida abbazia benedettina sul Mons Florentinus, a vegliare sulla citt.
Il lavoro, dunque, se da una parte porta con s il marchio della maledizione, la fatica (labor) dopo la
cacciata dell'uomo dal Paradiso terrestre, , contemporaneamente, il mezzo della sua redenzione,
attraverso cui egli si esprime, manifesta se stesso, compie l' opera di quel fattore continuo che Dio
Padre, partecipa alla creazione, in un certo senso la completa, la redime mentre si redime.
Si capisce cos come vengano illustrati tutti i lavori specifici: la pastorizia, la musica, la
lavorazione dei metalli, la viticoltura (No ebbro, avendo assaggiato il frutto della vite), e pi
ancora perch, in alcune formelle, come quella della costruzione degli edifici e quella della
navigazione, sia presente una figura maschile con evidenti sembianze di Cristo: il lavoro in
compagnia con Cristo, sequela di Cristo, imitazione di una Autorit, che ha tutta la concretezza
di un capomastro o di un timoniere.
Dunque, tornando ai lavori raffigurati, troviamo, oltre quelli gi citati e collocati nel lato ovest del
campanile, l'astronomia, l'arte del costruire, lo speziale (la medicina), l' arte venatoria, l'arte
tessile, l'elaborazione della legge e, infine, un'immagine che richiama Icaro e con la quale i
medievali rappresentavano, invece, Dedalo, colui che ingegnoso e prudente, colui che ha costruito
il labirinto, che si ritrova nel pavimento di alcune cattedrali e che simbolo del cammino tortuoso
dell'homo viator, la sua ricerca della meta.
Terminato il lato sud, ecco la navigazione, e poi Ercole che uccide Caco (simbolo della
purificazione della terra da ci che malvagio e nuoce alla convivenza tra gli uomini ed
interessante questo recupero, da parte del Medioevo degli eroi dell'et classica, come fa
magnificamente Dante nel suo poema); quindi il trasporto di notizie e l'architettura (lato est). Nel
lato nord troviamo la scultura, la pittura, e poi, di Luca della Robbia, la grammatica, la dialettica,
la retorica, l'aritmetica e la geometria (formelle queste ripetute e che pare non facessero parte del
progetto iniziale).
Dunque, alla base, il lavoro; poi, invece, nei rombi sovrastanti, sempre di A. Pisano e scuola (lato
ovest) troviamo i pianeti, perch c' una nostra tendenza, diciamo una capacit innata, dataci anche
dall' influsso degli astri, da Saturno alla Luna ( anche qui, pensiamo a come ne parla Dante). Non
basta, per, l'inclinazione naturale: occorre l'esercizio della virt. Eccole allora (lato sud): le tre
teologali e le quattro cardinali : la fede ( con il calice e il crocifisso), la carit (con la cornucopia),
la speranza (con le ali e protesa alla corona di gloria); quindi la giustizia,(bilancia), la prudenza
(con lo specchio: guarda davanti ma anche dietro, alle sue spalle), la fortezza ( con lo scudo), la
temperanza ( che pesta, che tempera i colori nel pestello: la virt di chi tempera, smussa gli
angoli, i forti contrasti.
Sul lato est : Astronomia, Musica, Geometria, Grammatica, Retorica, Logica, Aritmetica, le
discipline del Trivio e del Quadrivio.
Infine l'itinerario della Salvezza si completa con i contenuti degli ultimi rombi: i Sacramenti, il
supremo lavoro, segni efficaci della Salvezza stessa: Battesimo, Confessione, Matrimonio,
Sacerdozio, Cresima, Eucarestia, Estrema Unzione.
Il tutto completato dalle nicchie superiori, con statue a grandezza naturale di Sibille e Profeti (A.
Pisano e Donatello). Vale a dire: la Salvezza qualcosa di storico, non fantasticato o immaginato,
ha delle persone concrete che la portano avanti: la Sibilla (di cui si recupera la funzione di
intermediaria fra uomo e Dio, in un mondo pagano ma, in ogni modo, religioso); e il Profeta, che,
per il popolo di Israele, era la persona che rappresentava la storicit di Dio, un Dio che vuol
compromettersi con la storia dell' uomo, come poi racconter tutta la vicenda del popolo ebraico.
Le Confraternite della Misericordia e del Bigallo
Volgendo le spalle al Campanile e ponendosi di fronte a via dei Calzaioli, a sinistra troviamo la sede
dell'Arciconfraternita della Misericordia, a destra quella che fu la prima sede della stessa e che
ospit poi la Confraternita del Bigallo.
A Firenze non si specificano neanche con la loro apposizione queste due realt, che vivono da quasi
ottocento anni, profondamente innervate nella vita civile e religiosa, specie la prima; tanto che per
gli anziani, un mezzo che passa a sirene spiegate non un'ambulanza, ma "la Misericordia". E'
questo un vero monumento della carit cristiana, fiorito come opera stabile dalla libera iniziativa di
laici e religiosi.
Si dice che un certo Piero di Luca Borsi, facchino dell'Arte della Lana, avrebbe "usufruito" delle
bestemmie dette dai suoi compagni di lavoro, per inventare la Misericordia. Pare che, nella taverna
da essi frequentata, avesse proposto che ad ogni bestemmia pronunciata, si dovesse versare un
soldo per l'assistenza degli ammalati. Cos nacque, secondo la tradizione, la Misericordia: uno
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spicciolo ad ogni bestemmia per comprare le "zane", una sorta di gerle che, messe sulle spalle,
servivano a trasportare gli ammalati allo "spitale" . Sulla facciata dell'attuale sede si trova
rappresentato un confratello con la schiena gravata dal peso di una zana, in un affresco di Annigoni.
Della vicenda di Piero di Luca Borsi non c' conferma storica. Si sa per certo, invece, che la
Compagnia della Vergine Maria della Misericordia faceva parte di una pi vasta Compagnia
Maggiore di S. Maria o Compagnia della Fede, fondata da Pietro da Verona, domenicano, ( il futuro
S. Pier Martire) che aveva soggiornato a Firenze. Della Compagnia di S. Maria faceva parte anche
un altro ramo, al quale fu affidato un ospedale detto del Bigallo (per via dello stemma che lo
individuava, recante la figura di due bipedi), nella zona di Ripoli (periferia sud-est di Firenze).
Come la Misericordia si curava dell'assistenza agli ammalati e in seguito del seppellimento dei
morti, cos il "Bigallo" sorse per dedicarsi ai vecchi e ai bambini abbandonati.
Colpisce l'aspetto del Medioevo come epoca in cui nulla viene censurato: il bene e il male sono
riconosciuti e hanno una valenza "pubblica", accadono sotto gli occhi di tutti, senza che intervenga
l'ipocrisia a chiamare bene ci che male; da qui anche il bisogno di individuare con chiarezza
l'identit della prostituta, per esempio, o del "crociato", colui che era stato crociato - segnato con la
croce, perch peccatore e come tale riconosciuto, ma anche, come tale, protetto dalla Chiesa; colui
che ha lo "statuto" di peccatore, e di peccatore che sta espiando, con il pellegrinaggio alla terra
Santa; perci egli intoccabile. Significativa a tale proposito il particolare che dell'episodio biblico
di Caino Ghiberti evidenzia, in una della formelle della porta est del Battistero: oltre al sacrificio di
Abele accettato da Dio (il fumo sale in alto) contrariamente a quello di Caino, oltre il fratricidio
commesso da quest'ultimo, Ghiberti riproduce il colloquio susseguente di Caino con Dio che lo
segna in fronte: "Guai chi tocca Caino".
Dunque il male non mascherato, ma perdonato: esiste un male che quello dell'abbandono dei
bambini, o la malattia, la morte; ma ad esso si guarda in faccia, poich nel sofferente si ravvede
Ges sofferente e ad esso si pone rimedio con la Carit. Da qui il pullulare di confraternite.
La Compagnia di S.Maria che si dedica ai bambini e che ormai nota come Bigallo, dall'ospedale
di Ripoli si sposta poi a Orsanmichele, dove un ramo forma la Compagnia dei Laudesi (che si
dedica alle lodi di Maria) , quindi nella sede della Misericordia ( che a sua volta si sposta nei locali
di fronte) che prende il nome di Loggia del Bigallo e dove si vede ancora il simbolo della
Misericordia: Effe e Emme maiuscole( Fraternitas Misericordiae), sormontate dalla croce. Nel
fianco nord visibile l'affresco con l'affidamento dei bambini abbandonati alle donne che faranno
loro da mamma; all'interno si trova l'affresco pi antico che rappresenta la Madonna della
Misericordia, prototipo di tutte quelle che seguiranno e fra le quali famosissima resta quella di Piero
della Francesca, commissionata proprio dalla Confraternita, che nel frattempo era prolificata in tutta
la Toscana.
E interessante ricordare che, nata nel 1244, la Confraternita si era cos distinta nelle opere di carit
ed aveva ricevuto tanti beni in lascito, che nel 1329 il Comune di Firenze, con una provvisione, le
conferiva il riconoscimento ufficiale di istituzione pubblica e la sollecitava a costituire ed eleggere
propri Capitani che la rappresentassero e proteggessero.
Orsanmichele
A met strada fra il centro religioso e quello politico, lungo lasse che abbiamo detto portante della
citt medievale, sorge quello che forse il monumento pi originale della citt e che non a caso
racchiude il ricordo di molti tratti della storia sia civile che religiosa di Firenze; si pu dire, anzi,
che sia un esempio di come inestricabilmente uniti fossero i due aspetti, appunto civile e religioso,
in epoca medievale. E chiesa, ma la struttura quella di un palazzo, squadrato e imponente: un
granaio.
Se il Battistero evidenzia che per luomo medievale essere uomo ed essere cristiano erano sinonimi
(convinzione rintracciabile in espressioni comuni per i nostri vecchi, quali: Sono un cristiano, mica
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una bestia!), Orsanmichele documenta quanto il lavoro fosse pensato come opus Dei (v. quanto
si diceva a proposito delle formelle del Campanile).
Il nome deriva da una chiesetta dedicata a San Michele, (larcangelo guerriero e come tale venerato
dai Goti e dai Longobardi, ariani, insieme a San Giorgio) che sorgeva fin dallVIII secolo nellorto
di un convento di suore benedettine, e che perci era detta S. Michele in Orto, denominazione
trasformata poi in Or(to di) San Michele, e quindi Orsanmichele.
Al suo posto, nel 1290 viene eretta, su progetto di Arnolfo, la Loggia del grano, destinata al mercato
delle granaglie e a riserva in caso di carestia o guerra, nonch allaiuto dei poveri. In due pilastri
della Loggia, erano dipinti unimmagine di San Michele (a ricordo dellantica chiesetta) e una della
Madonna, chiamata Nostra Signora del Pilastro e ritenuta miracolosa. Essa era venerata da grande
concorso di popolo e custodita dalla Compagnia dei Laudesi (derivazione della Compagnia
Maggiore di Santa Maria, fondata da S. Pier Martire). Distrutta da un incendio del 1304, (che per,
secondo una tradizione, non avrebbe intaccato il pilastro recante limmagine mariana) la Loggia
venne ricostruita, pi ampia, nel 1337, gi con un duplice scopo, laico e religioso, in base al quale
furono divisi gli spazi: a pianterreno la loggia, destinata a luogo di culto; nei due piani superiori i
magazzini del grano. Dopo la cacciata del Duca dAtene (Gualtieri di Brienne), avvenuta nel giorno
di S. Anna (26 luglio) del 1343, la Loggia fu dedicata alla Madonna e a S. Anna.
Infine, in ringraziamento per la fine della peste nera del 1348, fu commissionato dalla Compagnia
del Laudesi allOrcagna un tabernacolo in onore di Maria, tabernacolo che determin
definitivamente la sorte delledificio: la Signoria decideva che la mercatura non si poteva pi tenere
in quella sede che conteneva una tale preziosa opera e che, con la chiusura delle arcate (1366),
diveniva esclusivamente centro religioso e affidato (con alterne vicende legate anche alla loro
fortuna) alle Arti, delle quali divenne la chiesa tanto che, fra le arcate si aprirono nicchie che
ospitavano ognuna il santo patrono di unArte.
Le statue poste nelle varie nicchie sono opera dei pi grandi artisti del Quattrocento, da Ghiberti, a
Donatello, a Nanni di Banco, al Verrocchio.( Una sola, S. Luca del Giambologna, del 500)
Allinterno la struttura delledificio ricorda chiaramente la primaria funzione: a sinistra
dellingresso, una scala conduce attraverso una porta ai piani superiori, ai granai veri e propri; sopra
la porta si nota in bassorilievo uno staio, la misura di capacit usata per le biade e il grano; nellarco
della volta si apre un piombatorio attraverso il quale passavano i sacchi di granaglie; in due
pilastri, a sinistra di chi entra, sono ancora visibile le bocche di scarico delle granaglie stesse.
Ricordano invece la funzione tipicamente religiosa i numerosi affreschi di scuola toscana del
Trecento, con figure dellAntico e del Nuovo testamento e le vetrate con storie della vita e dei
miracoli della Vergine, degli inizi del Quattrocento. Polarizzano lattenzione i due monumenti sulla
parete di fondo: a sinistra sorge un altare votivo dedicato a S. Anna, rappresentata in una statua di
Francesco da Sangallo, insieme con Maria e il Bambino; a destra il famoso tabernacolo
dellOrcagna, in stile gotico, un vero merletto di intarsi marmorei e vetri colorati e dorati. Esso
ospita sul davanti una tavola dipinta di Bernardo Daddi con la Madonna delle Grazie, che sostitu
limmagine sacra preesistente; sul retro (visibile, attraverso una porta che resta aperta durante il
giorno, anche da via Calzaioli) mostra un altorilievo con la dormitio Mariae e lassunzione al cielo
della Vergine sempre dellOrcagna. Sul basamento del tabernacolo, bassorilievi con scene della vita
di Maria.
Che Orsanmichele fosse tenuta in grande considerazione lo dice il fatto che fu stabilito che la
Signoria ogni anno, per la festa dellAssunzione, si portasse alla chiesa e facesse offerte in cera e
che, addirittura, ogni sabato e nei giorni dedicati alla Vergine, i suonatori di piffero e di viola che
stavano al servizio dei priori, andassero a suonare le laudi che si cantavano presso laltare
dellOrcagna.
Altro modo con cui i Fiorentini esprimevano la loro devozione a Maria, venerata in questo luogo,
era luso di appendere alle pareti e alle volte della chiesa, come ex voto, sagome al naturale con
volti di cera, con vesti e armature. Ancora: quando si voleva indicare una immensa quantit di cose
o persone si solevano citare i boti presenti nella chiesa di Orsanmichele. Infine, la chiesa era
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piena di drappelloni ornati di stemmi e inviati dalle famiglie illustri, ogni volta in cui moriva un loro
membro; tanto che la Signoria decret nel 1417 che tali drappelloni non potessero restare nella
chiesa pi di dieci anni. (2)
Palazzo e Loggia della Signoria
Il Palazzo, con la piazza antistante, il luogo politico di Firenze e completa, ultimo in ordine di
tempo, lasse medievale della citt, quasi a sottolineare che a una identificazione politica si arriva
ben dopo lidentificazione religiosa.
Progettato da Arnolfo, voluto al tempo del Secondo Popolo, a seguito degli Ordinamenti di
Giustizia di Giano della Bella; cos come il Primo Popolo aveva eretto il Palazzo del Podest o
Capitano del Popolo(detto in seguito Bargello). Il nuovo palazzo doveva essere quello dei Priori,
ormai scelti da tutte le Arti e non pi solo dalle Maggiori. Le loro sedute, fino al sorgere della nuova
e definitiva sede, avevano avuto luogo nella torre della Castagna (come documenta anche Dante), o
presso case dei Cerchi, nellattuale via Pandolfini.
Il luogo scelto la piazza (stranamente ampia per una citt medievale) creatasi per la distruzione
delle case degli Uberti, ribelli di Firenze e ghibellini, avvenuta al tempo in cui, dopo la sconfitta
di Manfredi a Benevento, (1286) tutti i Ghibellini erano stati cacciati da Firenze. Per non toccare
comunque il maledetto suolo, coloro che lebbono a fare il puosono smusso, storto cio. (3)
Daltra parte lasimmetria non affatto estranea allo spirito medievale, come dimostra anche il fatto
che la torre del Palazzo pure collocata in modo asimmetrico, poich Arnolfo decide di sfruttare
una preesistente torre, detta della Vacca, appartenente alla famiglia dei Foraboschi e ancora visibile
attraverso le finestre cieche della facciata, in corrispondenza appunto della torre e allinterno del
primo cortile. Sulla destra, per, il Palazzo non aveva troppo spazio, per la presenza della chiesa di
San Piero Scheraggio ( distrutta poi dal Vasari per far posto agli Uffizi); perci si svilupp
maggiormente a sinistra, tanto che, solo a sinistra, al piano terra si apre uno spazio che sar lasciato
alla Sala delle Armi, al primo piano il Salone de Dugento, al secondo la Sala delle Udienze e la
Sala dei Gigli. Tra il muro della torre e la Sala della Armi rimasero degli spazi, uno dei quali venne
utilizzato per ricavarvi la Cappella dei Priori, dove i reggenti ascoltavano Messa ogni mattina, come
precedentemente avevano fatto in diverse chiese del centro ( e come documentato avvenisse anche
in altre citt: v. il Palazzo comunale di Siena). A sottolineare a cosa si ispirassero i reggenti nel
governo della citt, in una parete della cappella, dietro laltare, erano custoditi i due libri ritenuti
fondamentali per la vita sociale: il Vangelo e le Pandette ( lantico codice giustinianeo, ora custodito
nella Biblioteca Laurenziana).
Da notare che la torre arnolfiana alta 90 metri, l dove, per decreto di Giano, le torri delle famiglie
nobili non potevano superare i 50 bracci fiorentini e quelle che li superavano avevano subito lo
scapitozzamento; e porta in alto i merli ghibellini, a significare forse la scelta inequivocabile della
parte guelfa (Primo Popolo) da parte della citt, che si sente ormai tranquilla di poter adottare anche
il simbolo dellalterigia dei nobili, o forse un desiderio di pacificazione da parte di chi (il Secondo
Popolo) vuole misconoscere i criteri di potenza che avevano contrapposto i Grandi della citt.
Davanti alla facciata e al fianco nord del palazzo correva un ripiano, circondato da una aringhiera
e munito di sedili in pietra a ridosso del muro, che serviva ai Priori quando vi scendevano per farsi
dinanzi al popolo. Una parentesi nelluso della aringhiera si ebbe nellanno in cui la citt fu
dominata dal duca di Atene ( Gualtieri di Brienne) che, nel 1342, trasform il simbolo della libert e
della potenza delle Arti in un vero e proprio fortilizio, isolato ed estraneo alla vita della citt,
emblema della tirannia che egli esercit. Fatte ferrare le finestre, fece erigere allingresso un
barbacane che venne poi atterrato quando, il 26 luglio del 1343 il duca fu cacciato dalla citt.
Quanto larroccamento fosse estraneo alla mentalit dei Priori lo dice il fatto che essi vollero,
invece, la costruzione di una loggia, ad imitazione di quelle che mercanti e banchieri avevano al
piano terreno delle loro case, destinate allattivit pubblica della famiglia, dove venivano esercitati
gli affari, festeggiati nascite e matrimoni, svolte le esequie dei defunti. Anche il governo dei Priori
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(rappresentanti di tutte le Arti) doveva avere una loggia per le cerimonie pubbliche e per
laccoglienza delle delegazioni di altre citt. A met del Trecento fu dunque incaricato lOrcagna di
studiarne il progetto che fu poi realizzato da Simone Talenti, a partire dal 1376.
Solo pi tardi la loggia diventer luogo di esposizione di statue, che dessero lustro ai duchi residenti
in quel Palagio Novo ( tale era originariamente il nome con cui i fiorentini chiamarono il Palazzo
dei Priori) che ben presto diventer Palazzo Vecchio, quando i Signori di Firenze decideranno
lampliamento di Palazzo Pitti, scelto come propria abitazione. (4)
Badia Fiorentina
Dedicata a Santa Maria Assunta e a S. Stefano Protomartire, nota ovunque semplicemente come
Badia, cio Abbazia. Si trattava, infatti di un monastero benedettino che sorgeva a ridosso delle
mura della cerchia antica e dal cui campanile, come gi stato sottolineato, la citt traeva e sesta
e nona. Unica chiesa di Firenze ad avere la pianta a croce greca, quello che vediamo oggi il
rifacimento di et barocca di un edificio che fu costruito nel 978 da Willa, figlia del duca di Spoleto,
nuora di Ugo di Provenza (che era stato per breve tempo re dItalia), madre di Ugo di Toscana, il
vicario imperiale ( nominato tale da Ottone III) che trasfer la sede del vicariato da Lucca a Firenze.
Si tratta del gran barone di cui Dante dice che i migliori della nobilt fiorentina si onoravano di
fregiare il proprio stemma con le doghe presenti in quello del conte: ...ciascun che della bella
insegna porta, / del gran barone, il cui nome e il cui pregio/ la festa di Tomaso riconforta.( Paradiso
XVI vv.128-130). Questultimo verso si riferisce al fatto che, essendo Ugo morto nel 1001, il 21
dicembre, giorno in cui si commemora S. Tommaso, in tale giorno, al tempo di Dante come al
nostro, si celebrava e si celebra una messa in suo suffragio; il che pu dare lidea dellimportanza
che per i fiorentini ha avuto questo personaggio.
Allinterno della chiesa, nel braccio est, dove sorgeva laltar maggiore della chiesa di Willa, poi di
quella di Arnolfo (orientata verso est, come in genere tutte le chiese, mentre lattuale orientata
verso sud), si trova il monumento funebre al marchese, opera di Mino da Fiesole, che esalta, nei
bassorilievi soprastanti il sarcofago, le realt pi significative per la vita di Ugo: la Madonna, cui
sempre fu devoto (significativi i racconti tramandati in proposito), e la Carit, virt che fu da lui
particolarmente coltivata.
Vale la pena fermarsi nella Badia alla fine di un itinerario su Firenze medievale, poich enorme
linfluenza che i monasteri benedettini ebbero su tutta la civilt medievale e quindi europea: essi
furono centri di vita religiosa, economica e sociale, da cui ripart, in termini nuovi, la civilt.
Pensiamo solo al fatto che il monastero accoglie gente di ogni estrazione sociale, ricchi e poveri,
aristocratici e plebei, colti e ignoranti, in un periodo quale linizio del VI secolo d.C., quando
ancora predomina la separazione fra classi, ben nota nellantichit.
E impossibile poi non ricordare che bonifiche, lavori agricoli e di artigianato, trasmissione di libri,
fino allinvenzione dellapparecchiatura... praticamente tutto lEuropa deve ai figli di S. Benedetto
(v. La vita quotidiana secondo S.Benedetto di Leo Moulin). Gli esperimenti di tessitura e di
tintoria, messi in atto nei monasteri, daranno a Firenze stessa il primato sul mercato mondiale.
Ricordano le attivit che si svolgevano allombra della Badia le botteghe che ancora si affacciano
su piazza S. Firenze e che appartenevano a produttori di pergamene, miniaturisti, cartolai.
La visita alla Badia non pu non prevedere una sosta nel Chiostro degli Aranci (Bernardo
Rossellino), dove artisti di scuola fiorentina del primo Quattrocento hanno affrescato la vita di S.
Benedetto, rifacendosi al racconto che di tale vita fece Gregorio Magno.
Note:
(1) Cfr. intervento al Meeting dellamicizia fra i popoli 1998 del prof. Paolo Grossi, ordinario di
Storia del diritto allAteneo fiorentino.
(2) Cfr. paragrafo dedicato a Orsanmichele, nel volume Oreficeria nella Firenze del 400,
Fi,1977.
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Indicazioni bibliografiche:
P. Bargellini: La splendida storia di Firenze - Vallecchi, Firenze
P. Bargellini: Le vie di Firenze - Vallecchi, Firenze
P. Bargellini: Vita di Dante - Vallecchi, Firenze
G.
Fanelli: Firenze - La Terza
H.
Verdun: Arte fede storia. Guida alla Firenze cristiana - STEF, Firenze 99
AA.VV: Storia della solidariet a Firenze - Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 85
AA.VV: Lorificeria nella Firenze del Quattrocento - Ed. S.P.E.S. 77
G. Di Cagno: Il Duomo, il Battistero, il Campanile - Mandragora, Firenze 98
R. Pernoud: Medioevo, un secolare pregiudizio - Bompiani
L. Moulin: La vita quotidiana secondo S.Benedetto - Jaca Book
P.Aymard: Un uomo di nome Benedetto - Reggio E. 78
G. Villani: Cronica Einaudi, Torino 79
D. Compagni: Cronica delle cose occorrenti ne tempi suoi - BUR, Milano 95
VISITA A FIRENZE MEDIEVALE
ITINERARI POSSIBILI: CENTRO RELIGIOSO, CENTRO POLITICO, QUARTIERE DI
DANTE, CASE - TORRI
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CONOSCENZE PREGRESSE: ripresa delle citt, fioritura di Firenze, struttura e attivit delle
"Arti"
LAVORO IN CLASSE: individuazione su una cartina di Firenze delle cinte di mura che hanno
interessato la storia di Firenze: romana, bizantina, carolingia, matildina, prima cinta medievale,
cinta di Arnolfo . Collocazione dei principali monumenti medievali della citt,
I ragazzi vengono poi suddivisi in gruppetti ad ognuno dei quali viene affidato un monumento, che
provvederanno a fotografare nel corso della visita e a proposito del quale presteranno particolare
attenzione alla spiegazione.
Per ogni edificio dovranno essere in grado di descrivere, a visita ultimata: la collocazione, la
funzione per la quale stato eretto, le caratteristiche architettoniche, i cambiamenti principali subiti
nel tempo, l'attuale funzione.
LA VISITA : si attua in due o tre tempi; l'insegnante offre la spiegazione, facendola spesso
precedere da domande che esso pone ai ragazzi per stimolare la loro attenzione e per abituarli a
formulare ipotesi attendibili.
DOPO LA VISITA: i ragazzi rielaborano, a gruppi, gli appunti raccolti durante la visita e
preparano cartelloni che illustrano il metodo di lavoro adottato, l'itinerario percorso, i monumenti
visitati con relative foto. Con tali cartelloni possibile allestire una mostra, da illustrare a
compagni, insegnanti e genitori.
OPPURE, se invece di foto sono state scattate diapositive, si pu organizzare una sorta di
spettacolo che prevede la proiezione delle diapositive stesse, mentre una voce fuori campo le
illustra, raccontando la storia di Firenze. ( Terminando con la casa degli Alighieri, si pu dare avvio
alla lettura di brani danteschi o ad una rappresentazione teatrale di una novella boccaccesca, se si
rivisitano luoghi, quale palazzo Gianfigliazzi - v. Currado di "Chichibio e la gru"OPPURE: esecuzione di disegni o plastici che riproducono i monumenti visitati o particolari di essi
( ad esempio, le formelle del campanile di Giotto).
POSSIBILE SEGUITO: studio sulla nascita degli ospedali e funzionamento dell'assistenza nel
Medio Evo; studio delle tecniche adottate nella erezione della cattedrale e della cupola
brunelleschiana; visita ai monumenti rinascimentali della citt, per porre in rilievo la continuit
artistica tra stile romanico e stile rinascimentale e, insieme, la continuit - discontinuit culturale fra
Medio Evo e Rinascimento; visita ai locali della Confraternita della Misericordia, per informarsi
della nascita e dello sviluppo storico della medesima, per esempio dei mezzi di trasporto da essa
utilizzati nel tempo: dalla "zana" all'ambulanza.
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FIORENTINO
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31
NOTE:
H.W.DAWSON, Religione e cristianesimo nella storia della civilt,
p.258, Roma 1984
L. GIUSSANI, Perch la Chiesa, tomo 1, p. 40, Milano 1990
Guida d'Italia, Firenze e provincia, p. 290, Milano 1993
Arcidiocesi di Firenze, Arte, Fede, Storia. Guida alla Firenze
Cristiana, p. 59, Firenze 1999
Arcidiocesi di Firenze, op. cit., p. 58
M.G. CIARDI DUPRE' DAL POGGETTO, Arte, storia e utopia nel
rinascimento fiorentino, pp. 37/38, Milano 1986
S. MAGHERINI, La Sagrestia vecchia di S. Lorenzo, p. 8, Milano
1995
Guida d'Italia, op. cit., p. 290
M. G. CIARDI DUPRE' DAL POGGETTO, op. cit., p. 38
A. PAOLUCCI, La storia sacra secondo Donatello, p. 9, Bergamo
1995
F. PETRUCCI, Donato e Cosimo de' Medici: due opere, un'amicizia,
Bergamo 1995
Guida d'Italia, op. cit., p. 294
G. CIPRIANI, Storia della Toscana dal 1400 al 1800, pp. 41-61
T. VERDON, (appunti di una lezione)
Arcidiocesi di Firenze, op. cit., p. 56
Guida d'Italia, op. cit., pp. 59-60
Guida d'Italia, op. cit., pp. 60-61
S. MAGHERINI, La magnifica finzione, (appunti di una lezione),
Firenze 1992
DACOS, GROTE, GIULIANO, H. HEIKANT, PANNUTI, Il tesoro di Lorenzo
il Magnifico, Firenze 1980
E. DEL BENE, Il mito dell'Antico, (appunti di una lezione),
Firenze 1992
Arcidiocesi di Firenze, op. cit. p. 56
C. ACIDINI, Benozzo Gozzoli - La cappella dei Magi, p. 363,
Milano 1993
Guida d'Italia, op. cit., p. 287
Guida d'Italia, op. cit., p. 287
M. CARLOTTI, (Appunti di una lezione), Firenze 1999
L. GIUSSANI, op. cit., p. 50
E. GARIN, Ritratti di umanisti, p. 201, Firenze 1967
32
BIBLIOGRAFIA
- E. GARIN, Ritratti di umanisti, Firenze 1967, ed. Bibl. Sansoni
- DACOS, GROTE, GIULIANO, HEIKANT, PANNUTI, Il Tesoro di Lorenzo
il Magnifico, Firenze 1980, ed. Sansoni
- H.W.JANSON, Storia dell'arte, Milano, 1979, ed. Garzanti
- R. DAWSON, Religione e Cristianesimo nella storia della civilt,
Roma 1984, ed. Paoline
- M.G. CIARDI DUPRE' DAL POGGETTO, Arte, storia e utopia nel
rinascimento fiorentino, in Firenze capitale della cultura, Milano
1986, ed. a cura de "Il Sabato"
- L. GIUSSANI, Perch la Chiesa, tomo I, Milano 1990, ed. Jaka
Book
- AA. VV., "per bellezza, per studio, per piacere" Lorenzo il
Magnifico e gli spazi dell'arte, Prato 1991, ed. Giunti
- C. ACIDINI LUCHINAT, Benozzo Gozzoli - La cappella dei Magi,
Milano 1993, ed. Electa
- Guida d'Italia, Firenze e Provincia, Milano 1993, Touring Club
d'Italia
P. RUSCHI, La sagrestia vecchia, in San Lorenzo 393 - 1993
l'architettura - le vicende della fabbrica, Firenze 1993, ed.
Alinea
- P. RUSCHI, Il monumento di Piero e Giovanni, in San Lorenzo 393
- 1993 l'architettura - le vicende della fabbrica, Firenze 1993,
ed. Alinea
- C. ACIDINI LUCHINAT, La sepoltura terragna di Cosimo "Pater
Patriae", in San Lorenzo 393 - 1993 l'architettura - le vicende
della fabbrica, Firenze 1993, ed. Alinea
- S. MAGHERINI, La sagrestia vecchia di S. Lorenzo, in KOS n 112,
Milano, gennaio 1995, ed. Europa Scienze Cultura
- A. PAOLUCCI, La storia sacra secondo Donatello, in Donatello in
San Lorenzo a Firenze, Bergamo 1995, ed. Bolis
- F. PETRUCCI, Donato e Cosimo de' Medici: due opere, un'amicizia,
in Donatello in San Lorenzo a Firenze, Bergamo 1995, ed. Bolis
- G. CIPRIANI, Storia della Toscana dal 1400 al 1800, in "Alla
scoperta del volontariato culturale", Firenze 1998, T.A.F
- Arcidiocesi di Firenze, Arte, Fede, Storia - Guida alla Firenze
cristiana, Firenze 1999, ed. Studio Editoriale Fiorentino
DAddario A., Fede religiosa e aneliti di libert, in AA.VV., Arte e religione nella Firenze dei Medici, Firenze, 1980, Edizioni Citt di Vita, pp.23
36.
34
il viver liberi sotto un regime libero sentito come valore insieme politico, religioso e morale , come condizione necessaria per lattuazione di
una compiuta espressione della spiritualit di ciascuno e di tutta la comunit cittadina. Ibidem p.35
3
E il caso di Niccol Macchiavelli che si ritira allAlbergaccio, nei pressi di San Casciano, dove nel 1513 scrive tutte le sue opere pi importanti: Il
Principe e i Discorsi sopra la prima Decade di Tito Livio. 1524 1533,
35
Il diploma pergamenaceo, datato 1530, tuttora conservato presso lArchivio di Stato di Firenze; reca il sigilllo doro e la firma autografa di Carlo
V
37
Caco, figlio di Vulcano, eroe, era un essere mostruoso che eruttava fuoco dalla bocca e viveva in una caverna dell Aventino; fu ucciso da Ercole
poich gli aveva rubato la mandria di Gerione, che era stato loggetto della sua decima fatica
6
Si tratta di Antonio di Bartolomeo Cordini(1484-1546), nipote per parte di madre di Antonio e Giuliano Giamberti dai quali eredita con il mestiere
anche il soprannome di Sangallo. Vasari pur lodandone lopera senza riserve ne descrive il comportamento ostinato e crudele verso quelli che gli
erano pi vicini
38
Le palle sono la figura araldica che compare sullo stemma, mentre la punta di diamante utilizzata da numerosi personaggi della famiglia come
impresa personale
8
Ogni palla viene incorniciata da quattro punte di diamante
9
Lorenzo apparteneva al ramo cadetto dei Medici, comunemente detto dei popolani, che ebbe origine dal Lorenzo fratello di Cosimo il Vecchio; fu
poeta, letterato ed autore teatrale. Con la morte di Alessandro si estinse il ramo principale della famiglia, detto dei Medici di Cafaggiolo
10
Lorenzino condivideva la vita di eccessi di Alessandro, noto per la sfrenata libidine come ricorda lo storico Jacopo Nardi che egli osava in ogni
grado e condizione di donna, e specialmente in quelle che erano consacrate a Cristo. Odiandolo e nutrendo aspirazioni velleitarie di liberazione della
citt, Lorenzino lo attir in una trappola fingendo un di aver organizzato in casa sua un convegno amoroso con la propria zia materna, Caterina
Soderini, sposata con Leonardo Ginori che costituiva un obiettivo sino a quel momento irraggiungibile del Duca. Il corpo di Alessandro, la cui morte
fu inizialmente tenuta segreta, fu composto nella chiesa di San Giovannino; la notte dopo, senza alcuna cerimonia funebre fu trasferito furtivamente in
San Lorenzo e sepolto nello stesso sarcofago del Duca dUrbino.
11
Cosimo era figlio di Maria Salviati, nipote di Lorenzo il Magnifico, e di Giovanni dalle Bande Nere, del ramo dei Popolani, un capitano di ventura
tanto crudele quanto coraggioso morto nel 1526
39
40
12
Il Varchi afferma a questo proposito: N sia nessuno che si meravigli che io dica sempre Cosimo e non mai lo Stato, o i Quarantotto, n i
Consiglieri, perciocch non lo Stato, n i Quarantotto, n i Consiglieri principalmente, ma Cosimo solo governava il tutto, n si diceva o faceva cosa
alcuna, n cos grande n tanto piccola, alla quale egli non desse il s o il no
13
G. Fanelli, http://www.firenze.turismo.toscana.it/apt/itinerari/fi500text.html
41
14
42
16
La scultura fu realizzata da Vincenzo Danti tra il 1570 ed il 1573 per essere collocata nella testata Sud del cortile degli Uffizi, dove rimase fino al
1585; attualmente lopera conservata al Museo del Bargello
17
Annio da Viterbo (1430-1502); personaggio alquanto stravagante e discusso, fu tra i primi umanisti ad interessarsi degli Etruschi al punto da essere
ritenuto il fondatore dellEtruscologia. Le sue Antiquitates in 16 libri propongono le opere di scrittori antichi, ma si tratta spesso di falsificazioni in
accordo a quel gusto per linvenzione come imitazione che proprio dellepoca e comune tanto allarte figurativa che alla letteratura. Nei suoi scritti,
appoggiandosi appunto a testimonianze false di autori antichi, sostiene le origini semitiche degli Etruschi, che sarebbero discendenti di No, giunto in
Etruria con il nome di Vertumno e ritenuto fondatore della citt di origine di Annio. Anche in questo caso le spregiudicate teorie del domenicano
partecipano della temperie culturale dellepoca: le teorie linguistiche allora diffuse, infatti, vedevano nellebraico la lingua universale dalla quale
sarebbero poi derivate differenziandosi le diverse lingue antiche.
43
Nel 1495 Antonio da Sangallo e Simone del Pollaiolo detto il Cronaca avevano appunto costruito la cosiddetta sala grande, coprendo in
parte il Cortile della Dogana che era a tetto (ossia con edifici aventi solo il piano terra; la sala era destinata ad ospitare una nuova istituzione,
il Consiglio Maggiore, modellato sullesempio della Repubblica Veneta: ne erano chiamati a far parte tutti i cittadini maggiori di 29 anni
senza condanne penali, a condizione che i loro padri o nonni avessero esercitato una delle principali cariche pubbliche. Se il numero degli
idonei avesse superato i 1500, allora i consiglieri si sarebbero divisi in 3 sezioni, ciascuna delle quali in carica per sei mesi: nasce da qui il
nome tradizionale di Salone dei Cinquecento
44
contrassegnati dalle loro imprese: Cosimo I19, Giovanni dalle Bande Nere20,
Leone X,21 Alessandro de Medici22, Clemente VII nellatto di incoronare
Carlo V e Francesco I23.Lo sfondo architettonico nel quale si inseriscono le
sculture, chiaramente ispirate alla statuaria imperiale romana, , a sua volta,
realizzato sul modello degli archi trionfali romani a sottolineare lorizzonte
glorioso e venerato entro il quale intende collocarsi lautorit del principe.
Spetta al Vasari, che progetta la decorazione pittorica e scultorea del resto
della Sala in un secondo momento, enfatizzare la figura di Cosimo I come
vero creatore dello Stato mediceo. Proprio in occasione della decorazione
pittorica di Palazzo Vecchio nasce quel singolare e irripetibile sodalizio
committente - artista che fa del Vasari pi che un artista di corte un
sovrintendente in senso moderno, un funzionario dello Stato, che mette a
disposizione il suo consiglio nelle circostanze pi varie, concependo il proprio
lavoro come una prestazione intellettuale che influisce ma che non assume su
di s le responsabilit decisionali e amministrative 24, di tutte le iniziative
artistiche portate avanti dal Granduca come attivit di interesse pubblico,
facenti parte della struttura dello Stato.
Lartista aretino, chiamato a Firenze nel 1554, inizialmente come
semplice pittore, diventa in seguito progettista del riordinamento dellintero
Palazzo della Signoria, collevolversi di un rapporto di reciproca
comprensione e fiducia con Cosimo dovuto alla disponibilit del primo ed al
consenso del secondo al tema della grandezza.
Il Vasari svolge nella decorazione di palazzo Vecchio un coerente
programma iconologico, corrispondendo ai programmi ideati dagli umanisti
di Cosimo I, Cosimo Bartoli prima e don Vincenzo Borghini poi,
sviluppandone idee ed intenzioni. Soggetti storici, mitologici ed allegorici si
distendono in un ininterrotto fluire su tutte le superfici delle stanze, dai
pavimenti ai soffitti, realizzati con mille tecniche diverse (affresco, pittura,
ceramica, stucco, arazzo) a sviluppare tre tematiche di fondo:
lappropriazione della storia dei primi Medici (in particolare appartamento
di Leone X), della storia della Repubblica e la celebrazione del Granducato
Nel Salone dei Cinquecento, tra 1563 e 1565, Vasari realizza
coadiuvato da un gruppo di lavoro una celebrazione storico - geografica dello
Stato di Toscana: sul soffitto sono scandite le tappe della formazione dello
Stato come episodi di conquista di citt e territori avvenuti in epoche diverse
e sotto diverse forme di governo, culminanti nellApoteosi di Cosimo, al
centro, sovrano incoronato da una personificazione della citt di Firenze e
circondato da putti con gli stemmi del Comune, del Popolo, della Citt e delle
Corporazioni. Sulle pareti laterali, entro cornici di pietra serena su pareti
intonacate, sono raffigurati affreschi relativi alle imprese vittoriose di Cosimo
nella guerra di Pisa (sulla parete adiacente allingresso del Salone) e nella
guerra di Siena (sulla parete opposta), suddivisi in tre distinti episodi.
Appropriazione della tradizione e celebrazione del principe sono i
cardini della trasformazione di piazza della Signoria in piazza Ducale, a
partire dalluso della Loggia come quartier generale della guardia del corpo
19
limmagine della tartaruga con al vela sul guscio associata al motto Festina lente (affrettati lentamente), che intendono esprimere la prontezza
nella decisione associata alla prudenza
20
immagine: folgore; motto: (niente pi forte di ci), a significare linvincibilit del soldato
21
motto: giogo enim suave a sottolineare la clemenza
22
immagine: rinoceronte; motto: (non torno indietro senza vittoria) ad esprimere la tenacia
23
immagine: donnola; motto: amat victoria curam a significare la capacit di difesa
24
Berti L., Larchitettura del principe, Firenze, Giunti Martello, 1980, p.29
45
di Cosimo, una truppa di lanzichenecchi (da cui Loggia dei Lanzi) fino alla
commissione del Perseo al Cellini, nel 1545. Per Cosimo, limmagine di
Perseo costituisce lidealizzazione della propria persona e del proprio ruolo
nel momento in cui ha eliminato tutti gli oppositori ed ha finalmente sottratto
Firenze alla tutela dellesercito spagnolo. Se Ercole leroe delle omonime
fatiche e, dunque della lotta, Perseo incarna leroe che sconfigge ogni
difficolt, supera ogni avversit e governa un regno pacificato: come Cosimo,
infatti, Perseo di stirpe reale, deve inizialmente affrontare battaglie
dallesito incerto prima di aver ragione definitivamente dei suoi nemici, e
diventa sovrano di una citt, Micene, che con il suo buon governo guida e
difende guadagnandosi la devozione dei sudditi.
La scultura del Cellini, collocata definitivamente sotto la Loggia nel
1554, si inserisce nel complesso sistema di relazioni politico - estetiche che gi
univa i monumenti di piazza: lopera, affiancata da unaltra scultura
bronzea, la Giuditta di Donatello, crea un corrispondenza con i due colossi
marmorei sullaringhiera (Davide di Michelangelo ed Ercole del Bandinelli) e
si pone sullipotetico orizzonte visivo del Davide. In questa circostanza, che fu
lunico momento felice del rapporto Cosimo I - Cellini, il desiderio del
committente coincide totalmente con quello dellartista: realizzare unopera
esemplare alla quale legare la propria fama. Per il Granduca si tratta di
dimostrare la sua grandezza di mecenate, capace di promuovere opere darte
allo stesso, altissimo livello della tradizione repubblicana della citt; per lo
scultore alla sfida tecnica ed artistica con coloro che erano universalmente
ritenuti i pi grandi, in un contesto unico e prestigioso, si unisce la
responsabilit di corrispondere con leccellenza della propria opera agli
intenti del committente, nella consapevolezza che il riconoscimento pubblico
della propria superiorit artistica equivaleva in questo caso anche ad un
riconoscimento dellautorit politica.
Aldil del Perseo il rapporto di Cellini con il Granduca rester sempre
conflittuale: mentre lo scultore legato ancora ad una concezione del proprio
ruolo di stampo umanistico, caratterizzata in certa misura da autonomia e
indipendenza, Cosimo rifiuta il ruolo tradizionale del mecenate che ha a che
fare con lartista genio, al quale pu assicurare la possibilit di realizzazione
o lopera che lui solo in grado di fare 25 considerando piuttosto gli artisti
come alti funzionari di un servizio pubblico 26in certa misura
intercambiabili tra loro. A questa concezione granducale corrisponde la
creazione nel 1562 dellAccademia delle Arti e del Disegno, la prima di tante
analoghe istituzioni, con lo scopo di controllare e dirigere la vita artistica
dello Stato: lattivit artistica viene ad essere istituzionalizzata come attivit
di interesse pubblico ed il ruolo di artista ufficiale in certo senso garantito da
un organismo di tipo corporativo.
Nel processo di specializzazione delle aree urbane, la connotazione
della zona di piazza Signoria come area della vita governativa si definisce con
il trasferimento della residenza ducale a Pitti (1549) e la realizzazione degli
Uffizi, iniziati dal Vasari nel 1560. Ledificio destinato ad ospitare gli uffici
(appunto) delle 13 Magistrature che costituiscono gli organi amministrativi
dello Stato territoriale in seguito alla riforma della burocrazia attuata dal
Granduca ispirandosi ai principi di semplificazione e centralizzazione. Il
geniale progetto del Vasari di fatto crea un modello di edificio funzionalmente
25
26
46
49
E stato notato che nella Tribuna gli oggetti artistici non sono pi
conservati in armadi ma a vista: mentre il guardaroba diventa museo, il
potere granducale si rende oggetto di ammirazione.
2.2 FERDINANDO I: MAJESTATE TANTUM
Nel 1587 Francesco I mor senza eredi: gli succedette pertanto il
fratello Ferdinando, che regn fino al 1609. Ferdinando era Cardinale presso
la corte pontificia e contemporaneamente ambasciatore dei Medici a Roma:
la concezione del proprio ruolo come servizio alla famiglia, gli rese facile
limmediato abbandono dellabito ecclesiastico ed un altrettanto rapido
matrimonio a carattere politico con Cristina di Lorena, celebrato nel 1589 (e
concordato quando, a tutti gli effetti, era ancora cardinale). Il matrimonio di
Ferdinando I ci d gi la misura della sua statura di politico: sposando un
membro della famiglia Lorena si stacca dalla tradizionale alleanza del
Granducato con gli Asburgo, inserendo la Toscana tra gli stati filofrancesi.
Lideale politico di Ferdinando ancora quello di Cosimo, costruire
una Toscana che sia sempre pi stabile e forte, ed egli ritiene di poterlo
realizzare potenziando la base produttiva e mercantile dello Stato; con lui il
Granducato vive un periodo di prosperit e di prestigio economico,
commerciale e mercantile.
Il nuovo Granduca si richiama alla linea di governo tenuta dal padre,
nella quale avevano larga parte la committenza artistica ed architettonica,
impegnando ricchezza e potere nella realizzazione di opere di utilit pubblica
e rivitalizzando lidea dellarchitettura come testimonianza storica, e lidea
dellarte come testimonianza estetica, dello splendore del principe27.
La personalit di Ferdinando tutta nella sua impresa: limmagine
dellape regina circondata dallo sciame ed il motto MAJESTATE
TANTUM 28: assolutismo, concentrazione di potere e distacco maiestatico29
Con Ferdinando ritorna, in forma perfezionata, lidea di produzione
artistica come strumento di governo: tra i suoi primi atti in qualit di
granduca spicca nel 1588 la regolamentazione delle botteghe granducali che,
con il titolo di Opificio delle pietre Dure, vengono trasferite dal Casino
Mediceo agli Uffizi e trasformate in una vera e propria manifattura di stato,
Durante il suo dominio le botteghe vedono trasformazioni profonde sia per
quanto riguarda lo stile, caratterizzato da nuove forme e nuove modalit
esecutive che daranno vita al commesso fiorentino, il tipo di oggetti realizzati,
che precedentemente avevano carattere personale ed ora acquistano
carattere religioso e pubblico, e la destinazione del prodotto: ci che allepoca
di Francesco veniva eseguito solo per il piacere del Granduca adesso ha
committenze diverse e viene utilizzato anche come dono diplomatico.
Con Ferdinando la piazza della Signoria assume lassetto attuale: tra
1587 e 1590 infatti, il Giambologna realizza la statua equestre di Cosimo I ,
che prolunga la sequenza delle statue collocate sullaringhiera del Palazzo,
enfatizzando cos la direttrice generata dal cortile degli Uffizi.
La potenza minacciosa del sovrano ricordata ai sudditi dal Forte di
Belvedere, opera di Bernardo Buontalenti tra 1590 e 1600, che domina la
citt dalla cima della collina di Boboli: in caso di necessit la famiglia
granducale vi si pu rifugiare passando dal giardino della reggia di Pitti (e, a
27
50
51
J. Jaquot, Dalla festa cittadina alla celebrazione medicea: storia di una trasformazione, in Quaderni di Teatro, II (1980), /, pp.9 - 22
ad es. la consacrazione di S. Maria del Fiore da parte del Papa Eugenio IV dopo l'ultimazione della cupola del Brunelleschi, oppure la celebrazione
del Concilio per le chiese d'Oriente e d'Occidente
32
San Giovanni, precursore di Cristo, anche il protettore della citt; la sua festa si inscrive nellanno liturgico al termine di una serie di celebrazioni
dei misteri della fede e della meditazione di Cristo. Ma in essa coincide anche il solstizio destate e con esso culmina anche un periodo di festivit
associato al rinnovamento delle stagioni e delle generazioni () in questa festa i fiorentini prendono conoscenza della vitalit della loro citt e si
associano ai ritmi che la perpetuano. J. Jaquot, op. cit., p.10
31
52
ibidem, p.13
Interessante a proposito larticolo di Maria Luisa Minio Paluello, Unoccasione in cui la storia detta il canto alla festa, in Quaderni di Teatro, II,
(1980), 7, pp.114 134; lo studio dimostra come un canto carnascialesco, La canzona di Firenzuola, fu composta proprio in occasione della venuta di
Leone X e celebra la sua figura.
34
53
54
Distribuiva tra i suoi membri le commesse pubbliche nel campo edilizio e decorativo .
R. Galluzzi, Storia del Granducato di Toscana, Firenze, 1822, I, p.149
38
cfr. larticolo di Anna Maria Petrioli Tofani, Gli ingressi trionfali, nel catalogo della mostra Il potere e lo spazio. La scena del Principe, Firenze,
Electa, 1980, pp. 343 - 354
39
Interessante a questo proposito larticolo di Marcello Fagiolo, Effimero e giardino: il teatro della citt e il teatro della natura, nel catalogo della
mostra Il potere e lo spazio. La scena del Principe, Firenze, Electa, 1980, pp. 31 - 54
37
55
Per la storia del teatro e la sua utilizzazione cfr. gli studi di L. Zorzi: Il teatro e la citt, Torino, Einaudi, 1977, pp. 61 234 e larticolo dello stesso
autore, Il teatro mediceo degli Uffizi e il teatrino detto della Dogana, nel catalogo della mostra Il potere e lo spazio. La scena del Principe, Firenze,
Electa, 1980, pp. 355 - 360
56
ibidem; cfr. larticolo di Annamaria Evangelista, Il teatro della Commedia dellArte a Firenze, (1576 1653 circa), in Quaderni di Teatro, II,
(1980), 7, pp. 169 - 176
57
esistente dietro San Remigio), dei Disuniti nei primi anni del 1600,
degli Elevati, dei Pellegrini, dei Pietosi, degli Aquilotti denominatisi nel
1633 Instancabili che recitano nel teatro del Vangelista in via
dellAcqua (oggi via Guelfa) almeno fino al 1773.
Ma la pi importante delle Accademie quella degli Immobili che
ha statuti propri dal 1651 (dal 1644 si chiamavano i Concordi ed
avevano come proprio luogo di riunione il Casino mediceo in via del
Parione) ed opera in uno stanzone posto in via del Cocomero. Nel 1651
lAccademia si divide in due parti, la prima delle quali, conservando il
titolo di Immobili si trasferisce in via della Pergola dove fa erigere un
proprio teatro allarchitetto Ferdinando Tacca, teatro che si chiamer
della Pergola e che godr sempre della protezione granducale
diventando teatro di corte; la seconda rimane in via del Cocomero,
prende il nome di Infuocati e riesce, prendendo alcuni piani del
palazzo, a ricavarne un teatro a palchetti, denominato del Cocomero.
Possiamo quindi notare come dalla met del 1600 possibile
distinguere nella citt i primi edifici teatrali veri e propri , condotti da
Accademie che hanno ormai assunto una propria veste istituzionale con
la promulgazione di propri statuti, approvati dal Principe 42. Occorre
comunque far notare che il pubblico frequentatore di questi teatri un
pubblico di lite (accademici e intellettuali): si tratta quindi di un
teatro e di una produzione culturale che rispecchia la societ che lo
crea e a cui destinata.
4. LA CITTA ANONIMA: FIRENZE NEL PERIODO LORENESE
Con la morte di Gian Gastone, nel 1737, termina la dinastia
medicea.
Il passaggio del Granducato ai Lorena avviene nellambito di
accordi politici internazionali che dimostrano, nei fatti, la totale
subalternit dello Stato Toscano alle grandi potenze europee. Ancora
prima della morte di Gian Gastone , nei preliminari del Trattato di
Vienna, nel 1735, si stabilisce attraverso un vorticoso giro di sovrani
che la Lorena sarebbe andata alla Francia e la Toscana allAustria 43.
In questo contesto dominato da interessi personali e di stato
stupisce la gratuit del gesto di Anna Maria Luisa, erede del
patrimonio della famiglia Medici: riservati per s soltanto un
appartamento in citt ed uno in campagna con il denaro sufficiente per
vivere comodamente, lElettrice palatina don al duca di Lorena tutto il
resto tutti i mobili, effetti e rarit della Successione del Serenissimo
42
Per la storia dei teatri fiorentini cfr. P. Roselli, G. C. Romby, O. Fantozzi Micali, I teatri di Firenze, Firenze, Bonechi, 1987
Lallora duca di Lorena, Francesco Stefano, infatti, era destinato a sposare la futura imperatrice austriaca Maria Teresa; egli cedette il suo stato alla
Francia tramite il suocero di Luigi XV, Stanislao Leszczynski (che nella guerra di successione al trono della Polonia era rimasto escluso) che ne fu
sovrano pro tempore durante la sua vita. Il Granducato, accettato in cambio da Francesco Stefano, tramite il matrimonio sarebbe rimasto legato per
sempre alla dinastia imperiale austriaca.
43
58
Lo Jadot (Luneville 1710 Ville dIssey 1761) ricevette nel 1738, con il titolo di Direttore Generale, lappalto di tutte le fabbriche granducali e
lobbligo di risarcirle e mantenerle
59
45
C. Cresti, La Toscana dei Lorena politica del territorio e architettura, Amilcare Pizzi, 1987
60
62
G. Cipriani, Storia della Toscana dal 1400 al 1800, in Alla scoperta del volontariato culturale, Cesvot, Firenze, 1999, p.107
Governo della Toscana sotto il regno di sua maest il re Leopoldo II, 1790, pp. 1,2 cit. . da C. Cresti, op. cit. p.77
63
Per la politica di Pietro Leopoldo e dei suoi successori in materia teatrale cfr. L. Zambelli e F. Tei, A teatro con i Lorena, Firenze, Medicea, 1987
64
Un lungo capitolo delle Relazioni sul governo di Toscana di Pietro Leopoldo dedicato alla minuta Descrizioni dei principali impiegati sui quali
il Granduca gi da alcuni anni stava raccogliendo notizie
65
Per una storia dei bandi emessi in epoca leopoldina cfr. L. Zambelli, F. Tei, op. cit.
Lettera citata in M.I. Aliverti, Breve storia di un progetto leopoldino (1779 1788), in Quaderni di Teatro, III, (1981), 11, pp. 21 - 33
53
ASF, Segreteria di Gabinetto, f.118
52
67
pubblico; solo cos potr condurre il popolo toscano sulla via del
benessere e della felicit.
Nel rendiconto del 1790, scritto a giustificazione del suo
operato e destinato al suo successore al Granducato, Pietro Leopoldo
individuer con certezza le cause del libertinaggio (nell) ozio che
regna in tutti i ceti, il gusto per i divertimenti, linfingardaggine,
leccessivo lusso delle donne di tutti i ceti e si soffermer con
particolare insistenza sulla necessit dellunione tra i diversi ceti
sociali: va procuratogiacch il paese portato a divertirsi di
promuovere quei divertimenti o feste popolari, le quali senza dar luogo
a distinzioni o ranghi metta nel caso i diversi ceti di essere riuniti
insieme, giacch sar sempre molto utile tutto quello che potr
contribuire il governo per promuovere questa riunione e togliere la
separazione che divide i ceti respettivi 54. Rientrano in questa
concezione politico sociale il motuproprio del 1785 in cui il Granduca
ordinava la demolizione di tutti i teatri esclusi la Pergola, il Cocomero,
via Santa Maria e la Pallacorda, ed il gi ricordato Progetto del 1788
che, tuttavia non avranno mai esecuzione effettiva.
Egli stesso vuole essere un exemplum di cittadino modello con un
atteggiamento di semplicit e di normalit che spesso adotta in
pubblico e che viene esaltato dalle cronache ufficiali. Questo intento
di offrire un esempio moralmente edificante rintracciabile anche
nella sua partecipazione ad opere di bene ( elemosine, assistenza agli
orfani..) o nello zelo profuso nellallestimento delle funzioni religiose (
quelle, ad esempio, della Settimana Santa) nella chiesa di Santa
Felicita che, essendo parrocchia granducale, diventa luogo privilegiato
per esprimere questa volont.
Il successore di Pietro Leopoldo, il figlio Ferdinando III, sul
trono dal 1791 al 1824 ( con lintervallo delloccupazione francese dal
1799 al 1814) sembra lontano dalla concezione pedagogica del teatro
come scuola di morale, tuttavia anchegli non dimentica gli insegnamenti
del padre: si preoccupa di disciplinare lattivit dei teatri, partecipa
alle feste della citt, tutela lordine pubblico, disdegna il lusso
eccessivo.
Come i suoi predecessori anche Leopoldo II (figlio di Ferdinando
III) succeduto al padre nel 1824 ha molto a cuore la moralit pubblica
e attraverso gli organi competenti vigila sulla decenza delle
compagnie comiche e degli spettacoli. Nel 1853 fa istituire presso il
Ministero dell'Interno una Censura centrale per tutti i teatri del
Granducato cui deve essere sottoposta ogni produzione che si voglia
54
ELENCO DIAPOSITIVE
1. Michelangelo, Lorenzo Duca dUrbino , 1524 1533, Firenze, Sagrestia Nuova di San Lorenzo
2. Michelangelo, Giuliano Duca di Nemours, 1524 1533, Firenze, Sagrestia Nuova di San
Lorenzo
3. Michelangelo, Autoritratto, Firenze, Casa Buonarroti
4. Pianta della citt di Firenze dopo la realizzazione delle mura arnolfiane
5. ?, Ritratto di Cosimo I de Medici
6. Agnolo Bronzino, Ritratto di Eleonora di Toledo con il figlio don Giovanni de Medici , Firenze,
Galleria degli Uffizi
7. Pianta della citt di Firenze con segnalati in rosso gli interventi architettonici dei Granduchi
medicei
8. Pianta della citt di Firenze con segnalati in rosso i percorsi oggetto di riqualificazione allepoca
del Granducato mediceo
9. Bartolomeo Ammannati (su disegno di Michelangelo), Ponte a Santa Trinita, 1567 1570,
Firenze
10. Giovanbattista del Tasso, Loggia del Mercato Nuovo, 1547 1551, Firenze
11. Giulio Parigi, Loggia del Grano, 1619, Firenze
12. Bartolomeo Ammannati, Palazzo Grifoni (oggi Budini Gattai), 1557 1563, Firenze, via de
Servi
13. Bartolomeo Ammannati, Palazzo Ramirez de Montalvo, 1568, Firenze, Borgo degli Albizi
14. Arnolfo di Cambio, Palazzo della Signoria, 1299 1302, Firenze
15. Giovambattista del Tasso, Palazzo della Signoria lato via de Leoni, 1549 1555, Firenze
16. Anonimo, Pianta della Catena (partic. con veduta di Palazzo Pitti), 1470 ca.
17. Giusto Utens, Palazzo Pitti con il giardino di Boboli ed il Forte Belvedere, Firenze, Museo di
Firenze comera
18. Fasi costruttive della facciata di Palazzo Pitti (palazzo di Luca Pitti su disegno di Brunelleschi,
ampliamento di Bartolomeo Ammannati, ampliamento di Parigi)
19. Facciata attuale di Palazzo Pitti
20. Giorgio Vasari, Apoteosi di Cosimo I, Firenze, Palazzo della Signoria, Salone dei 500
21. Loggia della Signoria con il Perseo
22. Benvenuto Cellini, Perseo, 1554, Firenze, attualmente in restauro
23. Bartolomeo Ammannati, Fontana del Nettuno, 1565, Firenze, Piazza della Signoria
24. Giuseppe Zocchi, Uffizi visti dal fiume
25. Gli Uffizi visti dalla Loggia della Signoria
26. Giorgio Vasari, Corridoio vasariano, 1565, Firenze
27. Giorgio Vasari, Corridoio vasariano sopra Ponte Vecchio, 1565, Firenze
69
28. Giorgio Vasari, Corridoio vasariano davanti a Santa Felicita, 1565, Firenze
29. Busto ritratto di Francesco I de Medici, Firenze, Galleria degli Uffizi
30. Bernardo Buontalenti, Palazzo di Bianca Cappello, Firenze, via Maggio
31. Bernardo Buontalenti, Casino Mediceo (oggi Procura della Repubblica), Firenze, Via Cavour
32. Bernardo Buontalenti, Casino Mediceo (particolare del portale dingresso), Firenze, Via Cavour
33. Bernardo Buontalenti, Corridoio Est della Galleria degli Uffizi, Firenze
34. Bernardo Buontalenti, Tribuna degli Uffizi, 1584, Firenze
35. Busti ritratto in porfido di Ferdinando I de Medici, Firenze, Galleria degli Uffizi
36. Giambologna, Monumento equestre di Ferdinando I de Medici, 1608, Firenze, Piazza della SS.
Annunziata
37. Botteghe granducali, Ex voto di Cosimo II, Firenze, Museo degli Argenti
38. Giambologna, Monumento equestre di Cosimo I de Medici, 1590, Firenze, Piazza della
Signoria
39. Bernardo Buontalenti, Forte di Belvedere, Firenze
40. Bernardo Buontalenti, Palazzina del Belvedere, Firenze
41. Cappella dei Principi, veduta dellesterno, Firenze, Chiesa di San Lorenzo (progetto di don
Giovanni de Medici realizzato da Bernardo Buontalenti e Matteo Nigetti)
42. Cappella dei Principi, veduta dellinterno con il rivestimento in marmi e pietre dure policrome e
le tombe dei Granduchi, Firenze, Chiesa di San Lorenzo (progetto di don Giovanni de Medici
realizzato da Bernardo Buontalenti e Matteo Nigetti)
43. Botteghe granducali, Stemma della citt di Firenze, Cappella dei Principi, Firenze, Chiesa di
San Lorenzo
44. Cortile giardino di Palazzo Medici Riccardi, Firenze, via Cavour
45. Salone dei 500 in Palazzo della Signoria, Firenze
46. Ipotesi di ricostruzione dellapparato vasariano per il Salone dei 500 in occasione dei
festeggiamenti per le nozze tra Francesco I de Medici e Giovanna dAustria nel 1565
47. N. Greuter, Larrivo a Firenze di Maria Maddalena dAustria in occasione delle nozze con
Cosimo II de Medici nel 16 (il corteo entra in citt dalla Porta a Prato e giunge alla Reggia
passando sotto glia archi trionfali che fanno parte dellapparato effimero realizzato per
loccasione: arco in Borgo Ognissanti, piazza di Santa Maria Novella, Arco di San Lorenzo,
Cattedrale, arco del canto alla Paglia, arco di via Maggio, arco di Palazzo Pitti
48. Bernardo Buontalenti, Ipotesi di ricostruzione del Teatro degli Uffizi nel rifacimento del 1589,
in occasione delle nozze tra Ferdinando I de Medici e Cristina di Lorena
49. Bernardo Buontalenti, Linferno, IV intermezzo per La Pellegrina, rappresentata nel Teatro
degli Uffizi in occasione delle nozze tra Ferdinando I de Medici e Cristina di Lorena
50. Bartolomeo Ammannati, Cortile di Palazzo Pitti, 1558 1570, Firenze
51. La Naumachia nel cortile di Pitti, 1589
52. G.M. Terreni, Concerto notturno nel cortile di Pitti ,
53. Giulio Parigi, Anfiteatro del Giardino di Boboli, 1630, Firenze
54. Rappresentazione de Il mondo festeggiante nellAnfiteatro di Boboli, tenuta nel 1661 in
occasione delle nozze tra Cosimo III de Medici e Margherita dOrleans
55. Anonimo, Il Teatro della Pergola visto dal proscenio, 1657
56. L. Ristorini, Rilievo del Teatro degli Immobili, 1796, Praga, Archivio di Stato
57. Teatro del Cocomero (poi Niccolini) e Stemma dellAccademia degli Infuocati, 1776
58. L. Ristorini, Rilievo del Teatro degli Infuocati, 1796, Praga, Archivio di Stato
59. Busto ritratto di Giangastone de Medici, Firenze, Galleria degli Uffizi
60. Jan Frans van Douven, Ritratto di Anna Maria Luisa de Medici Elettrice Palatina,
61. Jean Nicolas Jadot, Arco Trionfale, 1739, Firenze, Piazza della Libert
62. Giuseppe Zocchi, Veduta della Piazza della SS. Annunziata
63. Giuseppe Zocchi, Veduta dello Spedale di Santa Maria Nuova
64. Teatro dellAccademia degli Arrischiati o di Piazza Vecchia (fondato nel 1759)
70
65. L. Ristorini, Rilievo del Teatro degli Intrepidi o Teatro Nuovo o Teatro della Pallacorda (fondato
nel 1778) gi in via Bufalini, 1796, Praga, Archivio di Stato
71
BIBLIOGRAFIA
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http://www.firenze.turismo.toscana.it/apt/itinerari/fi500text.html
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http://www.firenze.turismo.toscana.it/apt/itinerari/fi600700text.html
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dellArcivescovado, che sar messa in atto alla fine del secolo con il riordino del centro. Tra il
1812 e il 1813 il Del Rosso costruisce il Liceo Regio in Borgo Pinti e negli stesi anni ristruttura i
conventi soppressi di Monticelli e di Montedomini a Deposito di mendicit del Dipartimento
dellArno. Nel 1810 al posto del secolarizzato convento di S. Orsola, Bartolomeo Silvestri realizza
la Manifattura Tabacchi di via Guelfa, che costituisce uno dei primi esempi di edifici industriali
nel contesto urbano.
LElisa arreda sontuosamente palazzo Pitti trasformandolo secondo lo stile impero; mobili ed
oggetti fatti venire da Parigi influiscono sul gusto della produzione locale, come accade per la
manifattura di Doccia.
Nel quadro delle iniziative del governo per lavori di carit, cio lavori pubblici da realizzare
impiegando braccianti disoccupati, nel 1811 si comincia la realizzazione del progetto dovuto al Del
Rosso, di ridurre a comodo e delizioso passeggio, tanto per le mattine dinverno che per le serata
destate lo stradone lungo le mura dalla parte interna di qua dArno, riducendo linterramento, e
con la stessa mano dopera, si realizza la sistemazione del complesso della Galleria dellAccademia
e dellOpificio delle Pietre Dure. LElisa trasforma in parco pubblico le Cascine granducali, fino ad
allora aperte alla popolazione soltanto nella festivit dellAscensione.
Le Cascine sono anche il luogo delle esercitazioni militari, che nei giorni di rivista richiamano
grande folla. LElisa vuole un nuovo accesso alle cascine; si abbate cos il baluardo della Serpe a
porta al Prato e viene aperto un largo viale carrozzabile fino allArno fiancheggiato da Olmi che
conduce fino allestremit del parco.
Tra i provvedimenti presi dal governo di Ferdinando III nel 1817, proseguendo liniziativa francese,
c quello del Catasto Leopoldino che compilato in tutte le comunit toscane attraverso
unopera di rilevamenti e stime, che denota una capacit organizzativa e gestionale notevolissima.
Nel 1821, in tempi brevissimi per il principe Camillo Borghese, marito di Paolina Buonaparte,
viene costruito il palazzo di Via Ghibellina,; la nuova soluzione edilizia, opera del Baccani,
occupa un intero isolato, e costituisce uno degli esempi pi emblematici delle forme di intervento
del periodo.
Sotto la reggenza di Leopoldo II (1824-1859), nello stesso 1824, vengono demoliti la torre e larco
(arco dei Pizzicotti) del Palazzo Spini-Ferroni, in base alle perizie del Cambray Digny per
eliminare quella strettoia che definiva il tratto di fiume tra Ponte Vecchio e S. Trinita, come lago
chiuso: nel 1838 il palazzo viene ridotto ad albergo dEuropa e dal 1846 al 1871 sede del
Municipio di Firenze.
Il prolungamento di Via Larga da Piazza S. Marco fino alle mura, viene a costituire unalternativa
allantichissima direttrice verso Nord della Via S. Gallo; connessi con questo intervento sono
lapertura trasversale di via Silvestrina, via S. Apollonia e tutto lo sviluppo della zona intorno alla
piazza Maria Antonia (poi Indipendenza) e la sistemazione del Casino Mediceo a Dogana (184446), in relazione al percorso delle merci attraverso lasse di via delle Ruote.
Negli stessi anni 1826-30 il Baccani, su incarico della deputazione secolare sopra lopera di S.
Maria del Fiore che era stata creata nel 1818 da Ferdinando III, sistema il lato sud di pizza del
Duomo rettificando il preesistente andamento tortuoso ed irregolare e creando un fronte edilizio
unitario di tipo neoclassico.
Lallargamento di via Calzaioli con il progetto delling. Chiesi (1841-44), il primo della serie
ottocentesca, era un antico desiderio dei fiorentini e consegue lallargamento del tratto tra piazza
Signoria e Orsanmichele, di epoca medioevale.
I due ponti sospesi sullArno, a monte e a valle della citt (S. Ferdinando e S. Leopoldo) costruita
tra il 1836 e il 1837, su progetto dellimpresa dei fratelli Sguin , consentono al traffico dei veicoli
di smistarsi fuori le mura; i due ponti sospesi introducono a Firenze la tecnologia delle costruzioni
metalliche. Nel 18338 viene realizzata la trasformazione del carcere delle Stinche in Cavallerizza
con scuderia, poi convertita nel teatro Pagliano oggi Verdi.
.
74
Le linee ferroviarie toscana sono realizzate da privati con il sovvenzionamento dello stato; la
Firenze-Pisa-Livorno la seconda linea ferroviaria costruita in Italia, per collegare il porto con
lantica capitale. Progettata su istanza dei banchieri Fenzi, Senn ed altri, realizzata tre il 1841 e il
1848 su progetto delling. Robert Stephenson.
La prima stazione ferroviaria fiorentina, per la linea Firenze-Pisa, costruita nel 1847 su progetto
dellarchitetto Presenti e viene prudentemente mantenuta fuori la porta al Prato. Lanno seguente
viene costruita la nuova stazione Maria Antonia per la linea Pistoia-Roma, dietro il complesso di S.
Maria Novella che nello stesso anno vede liberara la zona absidale dalle case popolari ad essa
addossate.
Lo stile Neogotico fa la comparsa a Firenze mediante gli interventi dellarch. Baccani che realizza
il torrino per il giardino Torrigiani nel 1821 e nel 1842 il campanile di S. Croce; con il nuovo
campanile, si viene ad evidenziare nel paesaggio urbano la presenza del complesso francescano, il
quale fin allora si imponeva per la grande mole della chiesa, ma solamente nella veduta da est della
citt.
Esempio singolare di realizzazione architettonica neogotica, il palazzetto sul Prato costruito per se
stesso dallo scultore Ignazio Villa.
Nel 1840 in una tabella pubblicata dallo Zuccagni Orlandini la struttura della societ fiorentina,
appariva ancora primitiva; su centomila abitanti, solo il 60 per cento era attiva e gli indigenti era in
numero di 6918. Lincremento demografico, cos come un certo incremento dello sviluppo
dellindustria, i danni causati dallalluvione del 1844, portano a squilibri di cui sono chiari segni i
tumulti del 1848 per il caro fitti; tutto ci provoca due fenomeni che si sviluppano
contemporaneamente 1) la progressiva occupazione degli orti e dei giardini interni e\o le
sopraelevazioni; 2) la creazione di nuovi quartieri
Con la creazione del quartiere di Barbano, hanno inizio programmi di intervento urbanistico per
le aree residenziali; il quartiere fu realizzato intorno a piazza Maria Antonia ( attuale piazza
Indipendenza), tra il 1844 e il 1855 e si collegava al centro mediante il nuovo asse di via XXVII
Aprile
Il quartiere delle Cascine venne realizzato nel 1850-55, distrugge lorganica soluzione del rapporto
tra la citt murata e parco delle Cascine che si incuneava lungo il fiume fino alla pescaia di S.Rosa:
partendo dal ponte alla Carraia, il nuovo lungarno distrugge il rapporto tra gli spazi interni, della
direttrice di via Borgo Ognissanti, e quelli affacciati sullArno.
Il quartiere di Barbano viene abitato dal ceto medio, mentre quello delle Cascine riservato alle
classi pi ricche. Nel 1848 viene fondata la societ per azioni detta Societ Anonima Edificatrice
che si propone di rilanciare larte muraria ispirandosi anche a realizzazioni in Belgio e a Parigi
2
La distruzione delle mura e lespansione urbanistica fuori della cinta dei viali.
Le funzioni governative della capitale trovano sede nei grandi edifici del centro che nel tempo
hanno visto modificare la loro destinazione duso. La legge del 1866, sullesproprio del patrimonio
della chiesa, sancisce che gli istituti ecclesiastici non debbano possedere beni immobili oltre a
quelli strettamente necessari allo svolgimento liturgico e agli scopi dei vari istituti.
Le localizzazioni di queste funzioni, sono ripartite nella cosiddetta Pianta dei Ministeri, dalla
quale emerge con chiarezza che il 50% degli edifici alienati erano propriet distituti religiosi.
Tra i principali va ricordato:
1) il Convento di S. Firenze, a cui fu aggiunto un piano, per ospitare il Ministero dellIstruzione
Pubblica. (ancora per poco tempo, sede della Corte di Appello).
2) Ampliamento del Casino Mediceo, per la direzione Generale del Demanio e Tasse.
3) ricostruzione del fabbricato di via Cavour, per il Ministero della Guerra??.
75
4) ricostruzione ed ampliamento o di fabbricato interno a via della Scala ad uso del Ministero dei
Lavori Pubblici.
5) Riduzione a nuova costruzione dellex convento della Crocetta per larchivio della Corte dei
Conti.
6) Riduzione del convento di S. Croce per uso della Direzione Generale della Gabella.
7) Lavori di ampliamento dellex stazione Livornese di Porta al Prato per la direzione locale delle
Gabelle.
8) Riduzione del palazzino annesso al Carmine per caserma dei corazzieri e delle Guardie di
Palazzo.
9) Riduzione di Palazzo Vecchio con aumento della fabbrica nella parte di via dei Leoni per il
Ministero degli Affari Esteri e della Camera di Deputati (mentre il Senato aveva sede nel teatro
degli Uffizi).
Per rendere pi agevoli gli accessi alla Camera e al Senato, il Governo acquista alcune abitazioni in
via Castellani, in via della Ninna e il Comune allarga questa strada ripida e strettissima.
10) Riduzione di una parte degli Uffizi per il Senato.
11) Riduzione del Convento di S. Maria Novella a sede della restante parte del Ministero dei Lavori
Pubblici e della Corte di Cassazione.
12) Riduzione del Palazzo Medici Riccardi per il Ministero degli Interni.
13) Riduzione del Palazzo non finito per il consiglio di Stato.
14) Riduzione del fabbricato degli Uffizi per uso Posta.
15) Riordinamento del Palazzo da Capparello su via del Corso per Ministero di Grazia e Giustizia e
dei Culti.
16) Riordinamento del Convento dei Barbetti (P.zza Frescobaldi) per il Ministero della Marina.
17) Riordinamento della Villa di Poggio Imperiale per listituto S.S. Annunziata.
18) Riduzione del Palazzo Galli Tassi di via Pandolfini per il Ministero dellAgricoltura.
19) Riduzione della Badia Fiorentina per la Tesoreria Generale.
Essendo insufficienti al fabbisogno statale i locali di Palazzo Pitti, alcune funzioni accessorie
come le scuderie e le rimesse delle carrozze, vengono ubicate negli edifici oggi occupati dallIGM
e dallUniversit in piazza S. Marco: per volere di Vittorio Emanuele vengono costruite nuove
scuderie tra Boboli e il primo tratto di viale dei Colli.
Altri interventi in complessi ecclesiastici vedono il Convento di S. Salvi adattato ad ospizio per le
famiglie povere sfrattate; il Convento di Monte Oliveto a S. Gaggio viene sistemato a lazzaretto;
gli ex conventi di S. Trinit e S. Maria Maddalena dei Pazzi sono destinati a ginnasio-liceo.
IL PIANO DEL POGGIO PER LAMPLIAMENTO URBANO
La volont decisa e lintuito politico degli Amministratori, si identificano pienamente nella figura e
nel ruolo assunto da Giuseppe Poggi che ebbe a tradurre le esigenze in proposte e a dirigere
direttamente lesecuzione di tutto ci che fu realizzato in dodici anni dal 1864 al 1877.
In questo periodo il nuovo stato unitario proprio a Firenze, sperimentava le sue nuove leggi
per gli espropri dei beni privati ed ecclesiastici, strumenti che il Poggi sugger subito di adeguare
nel modo pi ampio possibile.
Per rispondere allesigenza dellarrivo della Capitale a Firenze, in soli due mesi, il Poggi presenta
un progetto di massima per lampliamento urbano, commisurato alla previsione di 50 mila nuovi
abitanti; in questo piano ci sono tutte le premesse dei successivi 50 anni di storia urbana.
Al Poggi non fu dato, come generalmente si crede , lincarico per un piano regolatore esteso
allintera citt: Il comune intendeva infatti coordinare una serie di provvedimenti e progetti fra loro
distinti che globalmente, fossero in grado di ridisegnare il volto e la struttura stessa di Firenze .
76
Lufficio dArte del comune , diretto dallarchitetto Luigi Del Sarto, stava studiando la sistemazione
del centro antico, cosi come era stata presa la decisone di costruire tre nuovi mercati e la
realizzazione del quartiere della Mattonaia.
A Giuseppe Poggi la commissione affid comunque lincarico pi importante, lo studio di un
grande viale , da costruirsi al posto delle mura, come anello di congiunzione tra la vecchia e la
nuova citt.
Cos i progetti interni ai viali , tutti diretti dal Del Sarto, costituirono un Piano a se stante,
indipendente da quello di ampliamento affidato al Poggi, e disomogeneo anche al proprio
interno, risultando una semplice sommatoria di progetti fra loro slegati.
Quando, in seguito allapprovazione del progetto dei viali e alla legge sugli espropri del giugno
1865, il comune affid al Poggi il Piano Regolatore di Ampliamento della citt, lUfficio
dArte fu incaricato del Piano Regolatore Edilizio a miglioramento dellinterno della
medesima con la sola preoccupazione di porre in armonia gli estremi con laltro progetto del
Poggi; egli fu chiamato dunque a pianificare lampliamento della citt, negandogli ogni possibilit
di intervento sul centro antico di essa.
Il Poggi affronta anche il problema dei ristretti limiti del Comune. In seguito alla legge del 27 aprile
1865 vengono ampliati i confini comunali fino a Montughi e La Pietra, a Legnaia e a Varlungo
con la soppressione dei piccoli comuni di Legnaia, del Pellegrino, di Careggi, di Rovezzano. Viene
anche inglobata una buona parte comune del Galluzzo.
Il principale elemento del piano redatto dal Poggi, e quello in cui il Poggi concentra il maggiore
impegno, sono i viali con le piazze e con le rampe del piazzale Michelangelo, nel disegno dei
quali egli ha evidentemente presenti gli esempi di Parigi e del Ring di Vienna.
I lavori di demolizione delle mura, decretati nel 1864 e iniziati nel 1865, vengono ultimati nel 1869
dalla societ Florence Land and Public Works Co. Le pietre delle mura demolite a mezzo di mine e
di piccone vengono riutilizzate per la massicciata e i marciapiedi dei viali.
Con la scomparsa delle mura, la citt perde un elemento fondamentale della sua definizione
strutturale, funzionale e formale. Cade la distinzione e anche la reciproca definizione/qualificazione
di un dentro e di un fuori e inizia anche per Firenze la storia di nuovi rapporti tra le varie parti
della citt, tra un centro e una periferia. Il fatto pi rilevante del piano proprio levidente
concezione dellespansione urbana come scacchiera indifferenziata e puramente residenziale, e
quindi fenomeno di selezione e disintegrazione delle funzioni a cui si gi accennato trattando dei
primi quartieri borghesi allinizio del secolo. Alla presenza figurativa delle strutture verticali delle
mura fronteggianti il disegno orizzontale della campagna si sostituisce la sezione alberata dei viali
di circonvallazione interposta tra i riempimenti interni allantico perimetro e le nuove espansione
esterne lungo tutto il circuito. I viali del Poggi tentano di trovare una qualificazione nelle lunghe
prospettive puntate verso le monumentali volumetrie delle antiche porte isolate sulle spianate delle
nuove piazze.
Secondo i progetti del Poggi il viale dei Colli avrebbe dovuto continuare oltre Porta
Romana, sulle colline di Bellosguardo fino al Pignone, per poi raggiungere, di qua dArno, le
Cascine.
Il piazzale Michelangelo, tanto celebrato, sembra opera poco felice, al di l dellofferta al
pubblico di unampia terrazza panoramica. Nella scelta della sua ubicazione e nella sua
qualificazione i risultati del gusto romantico per le lunghe visuali e per un panorama della citt
nella distanza sono estranei e incongruenti rispetto alle caratteristiche strutturali della citt di
Arnolfo e di Brunelleschi.
Il concetto stesso di panorama era estraneo a Firenze e si diffonde soltanto dopo la creazione del
Piazzale Michelangelo. Altri gravi scompensi nella sistemazione della zona del piazzale sono la
posizione della Loggia Caff (1873), incongruente con la stupenda mole del S. Salvatore, e la
mastodontica e del tutto ingiustificata scalinata sotto S. Miniato.
Tutta lattenzione del Poggi, fu rivolta dunque alla creazione di un percorso panoramico, il viale dei
colli, che concretizzo la sua idea di citt giardino: nellitinerario assai lungo, immerso nei giardini
77
che lo accompagnavano, il progettista riprese ci che aveva gi sperimentato nella realizzazione dei
parchi e dei viali di accesso delle ville Archinto e Strozzi; la stessa loggia del piazzale Michelangelo
denota strette analogie con la Limonaia di villa Strozzi . Il viale dei colli venne interrotto da due
ampi piazzali di riposo, che divennero i luoghi monumentali, dove la Memoria Patria rivisitava le
figure di Galileo e Michelangelo; nel secondo il monumento allartista si accompagnava alla
valorizzazione di una grandiosa veduta della citt e del suo territorio, che il Poggi era venuto
pazientemente cercando, fino ad individuare un luogo privilegiato dal quale, con le sue parole, il
nuovo piazzale avrebbe presentato da ogni lato una visuale unica e sorprendente. Imperocch da
esso si sarebbero goduti, in prospetto, i deliziosi colli di Fiesole,, di Settignano, di Montughi,
popolati di paesetti e ville storiche, aventi dietro di s i primi sproni del nostro Appennino: si
sarebbe veduta, ai piedi di detti colli,, una estesa e bella pianura divisa dallArno fino a perdita
docchio Si sarebbero godute, attesa la giusta distanza ed elevatezza dal piano della Citt, le
parti pi elevate ed imponenti dei grandi monumenti che sopressa si innalzano. Una descrizione
dai toni quasi lirici, nella quale non a caso il Poggi pare ricalcare quella pi celebre del Foscolo:
Qui a lui lAlba la Luna e il Sol mostrava, gareggiando di tinte, or le severe nubi sulle cerulee Alpe
sedenti, or il piano che fugge alle tirrene Nereidi, immensa di citt e di selve scena e di templi e
darator beati, or cento colli, onde Appennin corna dulivi e d0antri e di marmoree ville lelegante
citt, dove con Flora le Grazie han serti e amabile idioma.
Un debito, quello col Foscolo, che il Poggi aveva gi riconosciuto, con lelegia solitaria del muto
sepolcreto in piazza Donatello.
Laspetto positivo dellopera del Poggi sta nellavere saputo interpretare e coordinare le
forze in gioco e nellaver cos saputo realizzare rapidamente interventi grandiosi, in particolare
appunto i viali, che restano, malgrado tutto, le uniche opere pianificate e realizzate nella storia
moderna dello sviluppo urbano di Firenze.
Nel 1866-67 si provvede ai lavori di allargamento relativi alla via Porta Rossa e sue
comunicazioni (L. Del Sarto).
Nel 1867 vengono prese diverse deliberazioni riguardanti la realizzazione del quartiere fuori
porta alla Croce, fra la via Aretina e lArno; la sistemazione della rete stradale del quartiere
Savonarola; la nuova strada in prosecuzione di via della Scala fino a SantJacopino, la sistemazione
della via del Romito; la costruzione delle strade del quartiere del Mugnone.
Si delibera la costruzione dei nuovi macelli aggiungendo pi taredi un mercato per il besiame su
disegno dellarch. Felice Franciolini: nella seduta del 27 Luglio 1869 il consiglio comunale delibera
definitivamente di allargare via Martelli secondo il progetto delling. Guidotti e sempre nellestate
iniziano i lavori al Lungarno Torrigiani.
I NUOVI QUARTIERI E LATTIVITA DELLA SOCIETA ANONIMA EDIFICATRICE
La cronologia dei nuovi quartieri di per se stessa significativa negli anni 1862-64 viene
realizzato il quartiere del Maglio, su progetto delling. L. Del Sarto; tra il 64 e il 66 il quartiere
della Mattonaia, intorno a piazza dAzeglio, sui terreni dei poderi della villa Ginori (Il giardino
della piazza, con vasche al centro, era recinto da una cancellata al modo degli squares inglesi), e il
quartiere compreso tra la stazione, le mura e via della Scala. Anche nel quartiere della Mattonaia
lunica attrezzatura realizzata un teatro, il Principe Umberto (arch. Gustavo Mariani; inaugurato
nel 1869; distrutto da un incendio nel 1889).
Nel corso del XIX secolo i rapporti tra il momento privato e il momento collettivo,
fondamentali per la vita e la struttura della citt, si modificano profondamente. La formazione di
quartieri residenziali nettamente separati dai quartieri antichi e dalle sedi di lavoro uno
degli aspetti del prevalere della sfera privata su quella pubblica, corrispondente allimporsi
della classe borghese. Sia pure in una scala modesta si ripete nel caso di Firenze quanto
avviene per le citt maggiori del XIX secolo.
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Emilio De Fabris (1871), continuata dopo la sua morte (1883) da Luigi Del Moro. La nuova facciata
viene inaugurata ne 1887. Quanto alla facciata restano validi i giudizi di Diego Martelli: << folaga
da giorni grassi e da magro>>, <<concepimento artistico a pezzi variabili>>, <<facciata
bisessuale>>.
4
La zona del Mercato Vecchio, per le sue condizioni igieniche costitu uno dei focolai della
violenta epidemia di colera che colpisce Firenze nel 1835. Al di l delle giustificazioni ufficiale che
si rifanno allArte e alla Storia da una parte, e dallaltra a ragioni di traffico e di igiene, il
risanamento dellantico centro intorno al Mercato Vecchio dovuto soprattutto alla volont
della classe borghese di affermare il proprio prestigio; non a caso la lapide che campeggia
sullattico dellarcone trionfale della piazza recita DA ANTICO SQUALLORE A VITA NUOVA
RESTITUITA:
Il mezzo per tale operazione anche in questo caso quello della speculazione edilizia.Nel
1884 vengono avviate le pratiche per lesproprio e nel 1885 il Vecchio Ghetto gi evacuato.
Mentre continuano le demolizioni, la piazza del Mercato Vecchio viene allargata fino alle
dimensioni dellattuale piazza della Repubblica. Nel 1889 vi viene collocato il monumento a
Vittorio Emanuele, trasferito nel 1931 sul piazzale delle Cascine.
In tanti anni di discussioni non dato riscontrare alcuna serIa critica a quello che risulter
il pi grande errore urbanistico del secolo. Subito dopo cominciano i giudizi negativi e i
rimpianti. Per poter risanare il vecchio centro si rende necessario prima costruire nuovi mercati.
Gi nel 1859 Ubaldino Peruzzi, Pietro Adami e larchitetto Giuseppe Martelli avevano presentato al
governo una proposta per realizzare nuovi mercati nelle citt di Firenze e Livorno. Nel 1864 viene
deliberata la costruzione di un mercato principale a S. Lorenzo e due rionali presso porta la Croce e
in S. Frediano. Il mercato centrale di S. Lorenzo viene realizzato nellarea tra le vie dellarea tra
le vie dellAriento, s. Antonino, S. Chiara e Panicale, distruggendo le strutture residenziali ivi
esistenti, i cosiddetti Camaldoli di S. Lorenzo. costruito in ferro, su interessante progetto (1870) di
G. Mengoni, lautore della Galleria di Milano, viene inaugurato nel 1874 con una Esposizione
internazionale di Agricoltura.
Il costo sociale delloperazione di risanamento del centro altissimo. Tra laltro, nella <<fase di
lenta ma progressiva uccisione del centro, gi la popolazione pi agiata si era a poco a poco e
naturalmente allontanata verso le periferie borghesi fuori dei viali, mentre gli strati pi bassi,
resi pi miserabili dallo stato di abbandono dellintera zona, dovettero andare ad alzare
ancora la densit dei quartieri di Santa Croce e San Frediano, soprelevando edifici e coprendo
cortili e altri spazi>>
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