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<L'ERMA> di BRETSCHNEIDER
Ii concerto di utopia quale categoria imprescindibile
della cultura occidentale ha innervato ii moderno pensie-
ro storiografico sul mondo antico. Sulla strada autorevol-
mente aperta da Mazzarino, Finley e Gabba, i contributi
qui riuniti propongono uno spettro di analisi che pertiene
alla riflessione politologica in docurnenti che vanno dalla
storiografia alla pubblicistica, da rappresentazioni dello
spazio urbano a progetti di fondazione tra fine repubblica
e tardo impero romano. Ii volume si configura come un
dibattito infleri intorno al concetto stesso di utopia e al-
le sue potenziali applicazioni alla realtà antica.
In sovracopertina:
Pompei, Insula Occidentalis. Pannello affrescato
del triclinio estivo nella Casa del bracciale d'oro.
acuradi
Chiara Carsana
Maria Teresa Schettino
<<L'ERMA>> di BRETSCHNEIDER
(a cura di)
CI-HARA CARSANA, MARIA TERESA SCHETFINO
Utopia e utopie nelpensiero storico anti Co
Introduzione . 1
a.Itesti
In questo ambito, è superfluo, tuttavia inevitabile,ribadirela cen-
tralità della Repubblica e dde Leggi di Platone, con le implicazioni
di utopia in nuce che sono state da piii parti segnalate: hãsti qui cita-
re il contributo di Margherita Isnardi, risalente a poco meno di yen-
t'anni fa ed esemplare già dal titolo, Motivi utopici — ma non utopia-
* La prima parte di questa introduzione rielabora la premessa al panel *Pensiero utopico e prassi
politica nel mondo antico*, presentato in occasione del IV Convegno internazionale della Utopian Stu-
dies Society tenutosi a Madrid nel 2003. La stesura di quella premessa e la realizzazione dell'intero
panel non sarebbero state possibili senza ii contributo di idee e riflessioni di Sandrina Cioccolo, che qui
sentitamente ringraziaino.
2 INTRODUZIONE
M. ISNARDI PARENTE, Motivi utopici — ma non utopia— in Platone, in R. UGLIom (ed.), La cittd
ideale nella tradizione classica e biblico-cristiana, Atti del convegno nazionale di studi, Torino 1987, pp.
137-154.
2 M. VEGETrI, Katabdsis, in M. vEoarn (ed.), Platone. La Repubblica, vol. 1.1, Napoli 1998, pp.
93-104; ID., Introduzione, in Platone, La Repubblica, Milano 2007, pp. 39-42.
M. IsNAsiol PAIiENTE, Introduzione a Plot mo, Roma . Bari 1994, pp. 61-62.
L. BERTELLI, L'utopia greca, in L. FiizPo (ed.), Storia delle idee economiche politiche e sociali,
vol. 1, Torino 1982, pp. 471-474,529-532.
Falea di Calcedone, vissuto a cavallo tra V e IV secolo aC., è ii primo pensatore politico di cui
abbiamo notizia ad avere avvertito la necessità di ricomporre i conflitti sociali attraverso usia parificazio-
INTRODUZIONE 3
b. Le categorie
Nel tentativo di delineare categorie utili ad orientàre laricerca, pos-
sono essere indicate due linee, che non mancano di punti di contatto La
prima nparte dall'etimoiogia ou oroc e individua ii non-luogo entro una
geografia aitra 10 , che dali' originaria connotazione mitica (per es l'isoia
ne dei beni ottenuta grazie a <<donazioni dotali>> dei pin ricchi ai piE poveri (Arist., Pol. 1266b, 3-5). Egli
immagina una comunità agricola in cui la produzione artigianale sia sotto ii controllo diretto dello stato e
ii principio di uguaglianza si realizzi anche attraverso l'istruzione, da impartire a tutti i cittadini nella
medesima forma. Falea estende cos! ad un progetto puramente teorico alcune esperienze tipiche della
società dorica: vd. BERTELL!, L'utopia greca, pp. 474, 529-532.
Vd. pure le Politeiai dei filosofi cinici e stoici di eta ellenistica: infra, nota 23.
E. GABBA, True History and False History in Classical A ntiquity, JRS 71, 1981, pp. 50-62 [= Storia
vera e storiafalsa nell'antichità classica, in Cultura classica e storiografia moderna, Bologna 1995, pp. 23-
29]; vd. di recente anche ID., Osservazioni introduttive, in D. AMBAGLIO (ed.), A tti del Convegno "Epitoma-
tied epitomatori: ii crocevia di Diodoro Siculo", Como 2005, pp. 9-10.
8 GABBA, Storia vera, pp. 30-31.
G. PADUANO, La città degli Uccelli e Ic ambivalenze del nuovo sistema etico-politico, SCO 22,
1973, pp. 115-144; A. LOPEZ EIRE, Comedia polItica y utopia, CIF 10, 1984, pp. 137-174;E. CORSIN!, Gli
Uccelli di A ristofane: utopia o satira politico?, in R. UGLIor'u (ed.), La cittàideale nella tradizione cbs-
sica e biblico-cristiana, Atti del convegno nazionale di studi, Torino 1987, pp. 57-136; M. PELLEGRINO,
Utopie e immagini gastronomiche neiframmenti dell'A rchaia, Bologna 2000; M. FMriou, Mundus alter.
Utopie e distopie nella commedia greca antica, Milano 2001.
10
F CORDANO, La geografia degli antichi, Roma - Ban 1992, pp. 87-96; GABBA, Storia vera, pp.
23ss.
4 ThifRODUZIONE
" M. MENGHJ, L'utopia degli Iperborei, Milano 1998, pp. 29-50, 93-96.
2 S. MAZZARINO, Ii pensiero storico classico,
vol.2, Roma - Bari 1966, pp. 37-53,412 n. 555, dove
la questione si interseca con la concezione non-lineare (per taluni ciclica) del tempo nella cultura elleni-
stico-romana, in contrapposizione con quella giudaico-cristiana; sul rapporto mito-utopia vd. inoltre A.
GlAicruNi, Mito e utopia nella letteratura greca prima di Platone, RIL 101, 1967,
pp. 101-131. Di recen-
te sulla ripresa del mito delI'età dell'oro in autori latini dell'alto principato, si veda R. Evrs, Utopia
A ntiqua. Readings of the Golden A ge and Decline at Rome, London 2008.
INTRODUZIONE
13 M.I. FINLEY, Utopie antiche e moderne, in Uso e abuso della storia. II signficato, lo studio e la
comprensione del passato,trad. it., Torino 1981, pp. 267- 289,[=B.M00RE - K.H. WOLFF (edd.), The Cri-
tical Spirit. Essays in Honor of Herbert Marcuse, Boston 1967, pp. 3-201.
14 Sulle seguenti tipologie rinviamo alle osservazioni di S. CroccoLo,Tipologie greco-ellenistiche
città "già abitate" a causa della maggior facilità di applicare alle prime ii
principio dell'uguaglianza dei beni 15; Platone immaginava la città ideale
delle Leggi come colonia da fondare ex novo. L'idea dell'ottima organiz-
zazione dello spazio trova ii suo esempio pii noto nel ricordo della cob-
ha periclea di Turi, fondazione legata al nome dell'architetto Ippodàmo
da Mileto 16 . E significativo che proprio ii principio dell'uguaglianza dei
lotti primari, che trova ampia eco nelle fondazioni di "città ideali", abbia
come unica attestazione ii racconto di Diodoro relativo alla distribuzio-
ne di terra a Turi 17; essa continuerà ad evocare, nella fantasia popolare,
l'immagine di un paradiso di facile ricchezza 18•
Nell'estremo tentativo di costruire una società rinnovata dal confron-
to panellenico, si affermè la convinzione che una progettualita urbanisti-
ca capace di garantire uno spazio perfetto, cioé condizioni di vita ottima-
ii, bastasse a determinare una comunità coerente con quel livello idea-
le Erano implicite in tale convinzione l'esemplarità e la potenziale
replicabilità deli' esperimento urbanistico, previo adattamento alle carat-
teristiche topografiche del luoghi prescelti.
In questo filone del pensiero utopico valgono da fonti tanto disegni di
progetti urbanistico-architettonici irrealizzabili o irrealizzati, quanto
intere città, quartieri o edifici, in cui si sperO di avverare una scheggia di
mondo ideale. L'enorme materiale disponibile è oggetto da parte degli
storici dell'urbanistica e dell'architettura di quella disamina che diede a
Lewis-Mumford l'abbrivio able sue illuminanti opere sulla città nella
storia e sulla storia deli'utopia20.
Arist., Pol. II, 1266b, 1-2; vd. BERTELLI, L'utopia greca, p.496.
16 Vd. F. CASTAGNOLI, Ippodamo di Mileto e l'urbanistica apianta ortogonale, Roma 1956.
17
Diod. X11,1 1,3; vd. BERTELLI, L'utopia greca, p.499.
Io Metagenes,
Thouriopersai , ft. 6 Kassel-Austin; vd. L. BERTELLI, Progettare la "polis", in E. SET-
TIS (ed.), I Greci, vol.11.2, Torino 1997, p. 582.
Una ricognizione in G. PUGLIESE CARRATELLI, La città ideale: modelli e divagazioni nel mondo
classico,
19 in La città dell'utopia. Dalla città ideale alla città del Terzo Millennio, Milano 1999,
20 L. MUMFORD, pp. 3-20.
Storia dell'utopia, Bologna 1969 [= The Story of Utopias, New York, 1922]; ID.,
La città nella storia, trad. it., Milano 1963 [= The City in History, New York 1961]; vd. pure BERTELLI,
L'utopia greca, pp. 486-520; ID., Progettare la "polls", pp. 572-582.
INTRODUZIONE 7
giamenti e della follia>>, gli studi piü recenti convergono nell' ammettere
che motivi politici contingenti rendevano la penisola calcidica l'unica
sede possibile per Uranopoli, ovvero per la discesa, del 'Cielo" sulla ter-
ra 21 . Si scorge, in questo caso,la continuità con l'assimilazione ad Oura-
nos di una delle città dominanti nella storia dell'•Ellade, Tebedi Beozia.
C'6 da chiedersi se ii modello di Cadmos, mitico fondatore di Tebe, da
annovaverare fra gli "urbanisti" che guardavano gli astri, quale Metone,
architetto della città degli Uccelli, e ii famoso Ippodamo di Mileto,
<<conoscitore dei fenomeni celesti>>, non fosse presente nell'utopia di
Alessarco, che aveva tra l'altro assunto il nome di Helios.
21
Si veda ora F. LANDTJCCI GATFIN0NI, L'arte del potere: vita e opere di Cassandro di Macedonia,
Stuttgart 2003, pp. 68,90-91, 122.
22
Vd. anche M.T. ScnErnNo, La boisson des dieux. A propos du banquet de Cléopdtre, DHA 32,
2006, pp. 59-73.
23
Vd. pure le Politeiai di Diogene e di Zenone, modelli utopici di anti-città: cfr. BERTELLI, L'utopia
greca, pp. 553-556; D. HENNIG, Utopia politica, in S. Saris (ed.), I Greci. Storia, cultura, arte, Societd,
2.3, Torino 1998, pp. 503-523.
INTRODUZIONE
24
Sulla distinzione fra utopia e utopismo, su cui la critica moderna si è a lungo interrogata e che ha
trovato in R. TROUSSON (V oyages aux pays de nulle part, Bruxelles 1999 [1975) uno dei principali for-
mulatori, rimandiamo alla discussione di M. MONETI CODIGNOLA, Ilpaese che non c'è e i suoi abitanti,
Firenze 1992, pp. 8 ss.
INTRODUZIONE 9
Riferimenti bibliografici
La bibliografia che segue raccoglie, oltre ai lavori citati in nota nell'introduzione, una
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12 INTRODUZIONE
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INTRODUZIONE 13
Nel II secolo d.C. lo storico Tacito nel IV libro degli A nnales defini-
see, in una breve ma fondamentale digressione di carattere programma-
tico, la stretta connessione che esiste tra la storiografia e le forme di
governo. B appunto in questo contesto che lo storico fa riferimento alia
teoria della Costituzione Mista: <<Tutte le città e le nazioni -egli dice-
sono rette dal popolo, o dai cittadini piü insigni, o da un singolo gover-
nante. Una forma di governo mista risultante dai suddetti elementi uniti
insieme è put facile da lodare che non da attuare o, se mai si realizza, non
puô essere duratura>>'.
La Costituzione Mista non è intesa da Tacito come una realtà istitu-
zionale, ma piuttosto come un modello ideale irrealizzabile di mescolan-
za di monarchia, aristocrazia, democrazia. Ii secondo segmento dell'as-
serzione dello storico (vel, si evenit, haud diuturna esse potest) ha
anch'esso un contenuto implicitamente critico congruente eon la eonsi-
derazione iniziale: la bontà di un governo misto consiste proprio nella
stabilità e nella durevolezza che esso riesce a garantire rispetto alle costi-
tuzioni semplici, fatalmente destinate a degenerare; negare alla Costitu-
zione Mista il requisito della durata significa dunque respingere 1' attua-
bilità del modello in quanto tale.
Tali considerazioni, di CUi si cercheranno di chiarire piii avanti le
motivazioni, nascono da una riflessione consapevole che sembra investi-
re non solo la sostanza della storia delle istituzioni dello stato romano,
ma anche lo statuto della teoria della Costituzione Mista e le sue formu-
lazioni e mi hanno indotto ad una rilettura della storia del concetto
appunto in questa chiave. In che misura la teoria della Costituzione
Mista è stata, in eta antica, un filtro interpretativo della realtà effettuale
e in che misura invece un tramite di assunti ideali presentati in una for-
ma definibile come utopiea?
Un criterio di metodo si impone, comunque, preliminarmente: assu-
mere una definizione del concetto di Utopia che funga da parametro
* Una prima versione di questo lavoro e comparsa su Utopia and Utopianism 1, 2006, pp. 17-29.
Nam cunctas nationes et urbes populus ant primores aut singuli regunt; delecta ex Os et conso-
ciata rei publicae forma laudari facilius quam evenire, vel, si evenit, hand diuturna esse potest: Tac.,
A nn. IV ,33,1.
18 CHLARA CARSANA
2 Vd. L. BERTELLI, L'utopia greca, in L. Fnu'o (ed.), Storia delle idee economiche politiche e soda-
ii, Torino 1982, vol.1, pp. 463-482; M.I. FINLEY., Utopie antiche e moderne, in Usa e abuso della storia,
trad. it., Torino 1981, PP. 267-289; A.M. IACONO, L'utopia e i Greci, in S. SErrIs (ed.), I Greci, Torino
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sico, Bari 1966, vol. 11.2, pp. 329-358.
Fnu..ny, Utopie, p. 267.
Ibid., pp. 270-271.
RIFLESSIONI SULLA TEORTA DELLA COSTITUZIONE MISTA 19
10 Isoc.Vll, 31-55:
00 y?xp I6VOV TrOpi TC)) KOIVO)V cbiovOouv, CXAA& (01 iropl T)V 'I&ov Iliov TOOCOITflV ETOO1OUVTO TrpOvoIav
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&TraVTac oip1vnv i'jyov. [.1. 61Tr6AXaE yhOp T005 ply LTIvllTac TOy hxiropiOv Ta15 ipyaoiatç (01 Talc rrap1z
TOo) EX6VTO) y cLpoXEiaLç, TOOç VEC)TIpOUc TOM) aKoAaoIG)v T015 ErrrnlSEOpCXOlV Kl Ta15 aOTOy
lmtisArIaiç, TOOç & TCOXITEUOpIVOU5 TOM) TrAE0VElO)V TaLc TIlICOpiOLS Kal T( 1) II AavOOvsiv ToOç hoi-
KouvTaç, T005 TCPEOIIUTIPOUS TOy 68Uj110M) TOL5 TLIIaLS TcXLS TrO))1T1KO5 KIll TOL5 itapho TOV VECOTIPOM) OEpa-
101015. KaITOL 1005 &V 'yhvoiTo TCx6Tr5 TCXOIOV05 a1a TEOAITEIO, T1ç OSTOD KaAOç IOTrOVTODV TOo) Tt3CXy-
thTC,DV ETtljlEAllUEiOflc;
RIFLESSIONI SULLA TEORIA DELLA COSTITUZIONE MTSTA 21
nia sociale, prosperità per tutti I ceti, godimento comune della proprietà,
giustizia, assenza di guerre e di "staseis".
Quanto questa immagine conispondeva effettivamente all'Atene del
VI sec.a.C. riformata da Solone cui ii retore si riferisce nel suo discorso?
Quello di Isocrate e innegabilmente un falso storico L'Areopago non
ebbe mai ad Atene le prerogative che gli vengono attribuite nell'A reopa-
gitico: ne all'epoca di Solone, né dopo le guerre Persiane, né sotto i
Trenta Tiranni. Nei frammenti dell'opera di Solone non è inoltre possi-
bile individuare alcuna traccia delle riforme istituzionali prospettate da
Isocrate' 1 . Fu nel IV sec. a.C. che si costruI ii suo "mito" di padre della
"buona democrazia" ateniese, come si deriva anche dalla Politica di An-
stotele e dalle Leggi di Platone 12•
Ii modello di citta presentato da Isocrate come alternativa alla "catti-
va democrazia" contemporanea, viene dunque proiettato all'indietro nel
tempo in una sorta di "non luogo": una Atene circonfusa di Un' aura miti-
ca, mai veramente esistita nella realtà; una terra inventata, la cui distan-
za dal mondo reale non è data dalla collocazione nello spazio, ma dal
tempo. Questapatrios politeia, oltre ad essere una sorta di "non luogo",
puO essere ricondotta alla dimensione propria delle Utopie per i due ele-
menti che ne costituiscono le componenti imprescindibili: quello della
critica e quello del progetto Nel modello isocrateo un ruolo importante
è inoltre giocato dal fattore educativo, affidato all'organo supremo e giu-
dicato presupposto della pace sociale e del benessere diffuso cui la città
deve mirare: tutti elementi ricorrenti all'interno delle costruzioni utopi-
che'3 . B da discutere quanto le riforme prospettate dall'A reopagitico
potessero trovare concreta attuazione nell'Atene del IV sec.a.C. 14 A
fronte della concretezza delle propo ste istituzionali, ii quadro presentato,
nel suo pieno superamento di qualsiasi dimensione di conflitto, risulta
inevitabilmente inimitabile: anche in questa ambiguità tra realizzabilità
e inattuabilità mi sembra che si giochi la dimensione utopica della Costi-
tuzione di Solone descritta da Isocrate.
L'idea di una forma di governo risultante dalla mescolanza di costi-
tuzioni semplici, utilizzata da Isocrate, fra i primi, come parametro di
definizione di una "buona democrazia", viene ad esprimere uno dei piii
antichi ed accettati canoni di vita del pensiero greco: l'ideale della dora-
ta "via di mezzo", della saggia moderazione; è il riflesso di un rifiuto
degli estremi, di una tensione alla moderazione e alla stabilità che si vie-
ne a formulare drammaticamente in un momento di crisi delle istituzioni
deiuocratiche ad Atene. Lo statuto della teoria della Costituzione Mista
non .e dunque descrittivo: essa è piuttosto un tramite di assunti ideali e, al
tempo stesso, un modo di interpretare la realtà politica 15• Si profila in
questo senso, fin dalleprirne formulazioni del concetto, una duplice ten-
denza: 1) quella di interpretare la realtà esistente in chiave idealizzante:
è quello che fanno Platone ed Aristotele quando applicano la teoria del-
la Costituzione Mista a città del loro tempo come Sparta, Atene e Carta-
gine, proponendole come modelli di buon governo moderato rispetto a
forme vigenti di democrazia radicale o di monarchia assoluta; 2) quella
di presentare un modello di città ideale proiettandolo all'indietro nel
tempo in un "mitico" passato reinventato.
Tra le "operazioni di recupero" della teoria della Costituzione Mista
in eta rornaña si riscontrano ancora entrambe le prospettive. Lo storico
greco Polibio, che sara nel '700 la fonte ispiratrice dei Padri della costi-
tuzione americana, nel II sec .a.C. sottrae per la prima Volta la teoria del-
la Costituzione Mista al suo contesto originario per applicarla alla costi-
tuzione romana con modalità di rappresentazione apparentemente
descrittive; in realtà ii suo intento è quello di dare un supporto teorico
alla dimostrazione della superiorità dello stato romano e del suo diritto
all'egemonia'6.
Quasi un secolo dopo, nel De re publica di Cicerone 1' "operazione di
recupero" fa invece da schermo ad un programina di governo di matrice
aristocratica 17 . Anche Cicerone, come Isocrate ad Atene, vive una realtà
di crisi istituzionale che sfocerà nella guerra civile tra Cesare e Pompeo.
Ad essa contrappone un modello di città ideale, retta da un governo
misto che garantisca la concordia sociale, proiettandola indietro nel tem-
po e presentandola come ii frutto di una progressiva evoluzione, che mi-
ziata fin dai tempi di Romolo, avrebbe raggiunto la sua perfezione nella
prima eta repubblicana. Anche in questo caso un progetto politico, che
prende le mosse dalla constatazione di una realtà di crisi, viene identifi-
cato con una "costituzione degli antenati" che è in gran parte ii frutto di
ricostruzioni antiquarie posteriori".
Filtro interpretativo della realtà contemporanea o tramite di assunti
ideali e di modelli di "buon governo", soprattutto nei momenti di crisi
15
Vd. CARSANA, La teoria, pp.7-25.
16
Vd. CARSANA,La teoria, pp. 17-21.
17
Vd. J.-L. FERRY, Le idee politiche a Roma in eta repubblicana, in Fwr'o (ed.), Storia, pp. 723-
804.
Sulla ricostruzione in epoche successive della storia arcaica di Roma in tale prospettiva, vd. E.
GABBA, Roma A rcaica, Roma 2000.
RIFLESSIONI SULLA TEURTA DELLA COSTITUZIONE MIISTA 23
24
Aristid., Or. X X V I K, 90; vd. CARSANA, La teoria, pp. 64-Si.
25
Vd. CARSANA, La teoria, pp. 41-45.
RTFLESSIONT SULLA TEORIA DELLA COSTITUZIONE MISTA 25
ti", per us are le parole di Ronald Syme 26 . La sua opera va collocata nel
solco di una tradizione che, in una prospettiva ancora romanocentrica,
sentiva come problema politico dominante quello delle relazioni tra
l'imperatore e una aristocrazia senatoria di fisionomia prevalentemente
romano-italica. Sfuggono alla sua sensibilità politica, o forse ai suoi inte-
ressi, quelle profonde trasformazioni sociali dell'Impero, già in atto ai
tempi suoi, che stavano portando alla costituzione di una nuova classe di
governo di dimensione ecumenica. Questa è ancora vagheggiata da Dio-
ne di Prusa, che ne prospetta ii ruolo in un programma di governo di
sapore utopico. B invece celebrata da Elio Aristide come una realtà di
fatto, frutto della politica di assimilazione delle elites greco- . orientali rea-
lizzatasi ad opera degli Antonini, soprattutto da Adriano in avanti.
Chiara CARSANA
Università di Pavia
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26
R. SyME, Tacitus, Oxford 1958, Vol. 2, pp. 611-624.
LA DIMENSION UTOPIQUE DU TRAITE
CICERONIEN DE LEGIBUS
'Pour une analyse génbrale du traité, cf. J.-L. FERRARY, Le idee politiche a Roma nell'epoca repub-
blicana, dans L. Frnpo (dir.), Storia delle idee politiche, economiche e sociali, 1, L'antichità classica,
Turin 1982, P. 723-804, spec. p. 774-786; L. PERELLI, Ii pensiero politico di Cicerone, Florence 1990,
spec. p. 113-136; E. M. ATKINS, Cicero, dans C. Rowe - M. SCHOFIELD (dir.), The Cambridge History of
Greek and Roman Political Thought, Cambridge 2000, p. 477-516, spec. p. 498-502. La monographie la
plus fouillbe sur la philosophie du traité reste celle de K. M. GIRARDET, Die Ordnung der W elt, Ein Betrag
zur philosophischen und politischen Interpretation von Ciceros Schr(fl Dc legibus, Wiesbaden 1983.
Pour one lecture analytique,je renvoie a F. FONTANELLA, Introduzione al Dc legibus di Cicerone, 1, Athe-
naeum 85/2, 1997, p.487-530 et 2, Athenaeum 86/1, 1998, p. 179-208.
2 Sur la tradition manuscrite, synthbse dans L. D. REYNOLDS, Texts and Transmission, A Survey in
Latin Classics, Oxford 19862 (1983), p. 124-128. Voir surtout P. L. SCHMIDT, Die Uberlieferung von
Ciceros Schrift Dc Legibus in Mittelalter end Renaissance, Studia et testimonia antiqua, 10, Munich
1974. L'édition la plus récente do texte est celle de J. F. G. POWELL, M. Tulli Ciceronis De republica, De
legibus, Cato Maior De senectute, Laelius De amicitia, Oxford 2006.
W. W. How, Cicero's ideal in his De republica, JRS 20, 1930, p.24-42, spec. p.24.
E. RAWSON, The interpretation of Cicero's De legibus, ANRW, 1.4, Berlin 1973, p. 334-356,
repris dans Roman Culture and Society, Oxford 1991, p. 125-148 [cite dans cette edition]. L'auteur met
en garde contre une reconstruction trop poussée de l'cruvre (voir particulièrement p. 125 et 141).
C. W. KEYES, Did Cicero complete the Dc legibus?, AJPh 58/4, 1937, p.403-417.
28 SYLVIE PITFIA
6 Le theme des sources philosophiques du traitb est une quaestio uexata,je renverrai par comnlo-
dith a RAWSON, The Interpretation, p. 131-133 pour une approche synthétique. De mbme, sur la question
des affiliations philosophiques de Cicéron a l'epoque ofi ii compose la série des traiths De oratorel De re
publical De legibus, je renvoie a l'étude critique de W. GORLER, Silencing the Troublemaker: Dc legibus
1.39, dans J. F. G. POWELL (dir.), Cicero the Philosopher, Oxford 1995, p. 85-113.
Cf. GIRARDET, Die Ordnung der W elt, p. 99-105. Girardet tend a minimiser l'oppositioo entre
droit naturel et droit positif, dont l'exposb se succède dans le De legibus. Il atténue fortement Ic contraste
qu'oot souligné d'autres commentateurs entre d'une part le livre 1 et le debut du livre 2 (principes gbnb-
raux du droit oaturel) et, d'autre part, la fin du livre 2 et le livre 3 (oti les lois romaines soot investies de
la fonction de modhle). Cette interpretation est globalement critiquée par PERELLI (Il pensiero politico,
p. 121). FamirY (The Statesman, p. 68-69) se montre plus nuance sur la these de Girardet: le savant fran-
çais repreod l'analyse qui, loin d'assimiler le livre 1 a une definition on usie thborie du droit naturel, y voit
une rbflexioo sur ses limites, pour établir que la seule vraie loi est celle en accord avec la nature, ce dont
elle tire sa légitimité. Les livres 2 et 3 du De legibus présentent des lois qui ne tirent pas leur statut de
vraies lois de la conformité qu'elles présenteraient avec le droit naturel, elles sOnt bieo plutôt partie
constituante du ins naturae et rbsultent précisément de l'uoiversalité et de l'6ternit4 des lois oaturelles.
A tout le moms, l'ouvrage comportait cinq livres, comme l'atteste une citation de Macrobe Sat.
6.4.8. Les livres quatre et cinq traitaient de l'organisation judiciaire (Cie. Leg. 3.47) et de l'éducation (Leg.
3.29-30). II est vraisemblable que I'ouvrage ait été orgaoisb, comme le De republica, en six livres. Signa-
Ions que J. DAVIES (editio Cantabrigiae 1727), sur la foi du fragment du livre 5 ob il est question du soleil
an zenith, avançait l'hypothèse d'un ouvrage encore plus développb, en huit livres (hypothèse suivie par
A. Do MESNIL dans son edition du traitb, Leipzig 1879, p.5-6). Cette hypothèse s'appuie sur la fiction tern-
porelle: le dialogue philosophique était censé Se tenir an cours d'une longue journbe d'étb a la campagne.
Cf. L. BERTELLI, L'utopia greca, daos L. FIRPo (dir.), Storia delle idee politiche, economiche e
sociali, 1, Turin 1982, p.463-581 (spec. bibliographie p. 567-581); et en dernier lieu, D. HENNIG, Utopia
politica, dans S. SETTIS (dir.), I Greci, 2.3, Turin 1998, p. 503-523 (avec une ample bibliographie).
10 Cf. par exemple; G. PUGLIESE CARRATELLI, La città ideale: modelli e divagazioni nel mondo clas-
sico, dans M. BETFETINI et al., La Città dell'utopia. Dalla città ideale alla città del Terzo Millennio, Milan
1999,p.3-20.
LA DIMENSION UTOPIQUE DU TRAITE CICERONIEN DE LEGIBUS 29
TIEp L vop.wv. Cette quête chez Platon peut apparaItre comme une trahi-
son de la cite puisque le philosophe cherche son ideal dans une concep-
tion politique imaginaire, a l'écart des contraintes de la veritable TróXLç.
La speculation utopique est analysée, en particulier par Lewis Mum-
ford 12, comme la marque de la désillusion, la preuve que les auteurs ont
renoncé a concevoir des normes morales et des modèles éthiques que la
cite pourrait adopter et appliquer. Ii ne sera pas vain de retenir ce ques-
tionnement pour le traité de Cicéron. Le De legibus est-il un renonce-
ment aux theories politiques applicables a la <<Rome fangeuse de Romu-
lus>>, la Romulifaex que Cicéron opposait ala cite Wale de Platon 13 9 En
ce sens, l'interrogation sur le sens de la théorie utopique implique la
confrontation avec la realite civique Par dela le sophisme qui consiste a
poser que tout modèle, flit-il ideal, offre un caractère de réalité pour celui
qui Fa concu et pour celul qui adhere an modele 14, ii Wen demeure pas
moms que la question de l'expérience qui fonde la réflexion théorique
est posee S ' agit-il de reformer un Etat reel, sur la base d'une authenti-
que experience politique et civique, ou bien de concevoir independam-
ment de toute réalité historique un Etat proche de l'idéal philosophique?
Par bien des côtes, le traite ciceronien, sans être une constitution de
Rome, peut rappeler les textes aristotéliciens, plus descriptifs que théori-
ques, sur les constitutions d'Etats existants 15 . Je ferai volontiers miennes
les analyses de Morgen Hansen sur ce theme, lorsqu'il rappelle le carac-
tere par definition abstrait de la TrOXLç imaginaire et souligne que la cite
ideale est utople en ce qu'elle n'existe physiquement nulle part 16 . Adop-
tant une definition large du terme, Hansen l'applique a un programme
théorique ideal aussi bien qu' a un programme d' action politique. Cette
definition permet d'interroger de façon ouverte le document cicéronien,
sans préjuger du sens de l'ceuvre'7.
11 Pour dviter toute confusion entre les traiths homonymes de Platon et de Cicéron,je désignerai les
textes platoniciens dans leur transposition du titre grec et je réserverai le titre latin aux seuls ouvrages
cicéroniens.
"L. MUMFORD, The City in History: its Origins, its Transformations, and its Prospects, New York
1961 (cite dans La cite a travers l'histoire, trad. fr ., Paris 1964, P. 219 et 222-223).
° Cie. A tt. 2.1.8 (mi-juin 60). En arrière-plan do passage, il faut avoir en tête le débat sur la remis-
sio mercedis demandée par les publicains, a propos de la dime d'Asie.
I
PUGLIESE CARRATELLI, Città ideole, p. 3.
5
On pense bien sfir ala Constitution d'A thènes mais aussi, entre autres exemples, aux pages sur la
constitution spartiate (Arist. Pol. 2.9.1269a-1271b) on la constitution carthaginoise (Pol. 2.11.1272b-
1273b).
6
M. G. HANSEN, Introduction, dans ID. (dir.), The Imaginary Polis, Symposium January 7-10
2004, Copenhague 2005, p.9.
17 Rappelons a titre de comparaison le passage du Rep. 2.21-22, nO Cicéron entend dépasser la con-
tradiction entre le modèle platonicien et la cite qu'il propose, eloignée de la vie des hommes, et l'appro-
che péripatéticienne, plus empirique, qui décrit les constitutions existantes sans jamais en proposer une
W ale. Sur cc point, cf. FERRARY, Le idee politiche, p. 779-780.
30 SYLVIE PITT IA
18
HANSEN, Imaginary Polis8p.11..
19
Je passe sur les indications topographiques, qui ont surtout pour fonction de donner un decor
vraisemblable et réaliste an dialogue phi1osophique, mais dont rien ne pent être extrapolé quant an
contexte temporel. Le paysage est celui d'Arpinum, avec le <<chêne de Marius>> (1.1), non loin des rives
do Liris (1.14 et frg. cite par Macrobe Sat. 6.4.8) et de son affluent le Fibrenus (2.6). Ii en est de même
Pour l'évocation de la maison natale (23).
20
Ii exprime sa méfiance pour la democratic (3.37), resitue leg lois proposées par Marcus dans
l'histoire de Rome (2.23). Son opposition aux lois défendues par Cicéron est moms nette que celle affi-
chée par Quintus. Lea trois personnages ne prennent pas une part égale a l'exposé.
LA DIMENSION UTOPIQUE DU TRAITE CICERONIEN DE LEGIBUS 31
21 Ses interventions marquent souvent des désaccords de fond avec la position de son frère (3.26;
3.33), comme on le voit pour le role des tribuns de la plèbe (3.19-22) ou le secret du vote (3.34-37).
22 Pour les personnages et dvhnements historiques plus anciens, citons, par exemple, Cylon l'Athd-
nien (2.28); Solon (1.57; 2.64); Zaleucos (1.57); Charondas (1.57; 3.5); Clisthhne (2.41); Valerius Publi-
cola le fondateur de la Republique (2.58); A. Postumius Tubertus, le vainqueur des Sabins (2.58); le mi
des Perses, Xerxès (2.26); Un certain Diagondas de Thebes (2.37); Alexandre le Grand (2.41); Demetrios
de Phalère (2.64-66; 3.14); C. Fabricius Luscinus (2.58); la repression des Bacchanales (2.37); Scipion
l'Africain (2.57)
23
RE n'2 1. C'est le consul de 117.
24
RE n'17. C'est le consul de 133.
25
RE n'22. C'est le consul de 95.
26 Les deux frères, 3.24; Caius, 3.20 et 3.26; Tibérius, 3.20 et 3.24.
27
RE n'3. C'est le tribun de 138.
28
RE n'29. C'est le tribun de 100.
29
RE n'23. C'est le tribun de 99.
31 RE n'18. C'est le tribun de 91.
' RE n°92. C'est le tribun de 88.
32
RE n'104. C'est le consul de 74.
Cie. Fam. 8.3.1; Brut. 1; Phil. 2.4.
Autres allusions indirectes dans Cie. Leg. 2.36, 3.21.
RE n°297. C'est le consul de 54.
32 SYL VIE PITITIA
2.32, exerçant ses fonctions d'augure, place le dialogue avant 48, année
desamort.
De Pompée, il est surtout faitmention a, propos du pouvoir des tn-
buns de la plèbe, que, durant son consuhttde. 70, il restaura, contre les
decisions de la dictature syllanienne (3.26). 11 s'agit d'un rappel histori-
que assez distant. On ne peut en inférer que Pompée serait présenté
commie défunt et aucun indice certain de la mort de Pompée West repé-
rable dans la partie conservée du De legibus 36 . Ii en est de même pour
Caton le Jenne, dont rien ne rappelle le suicide: 1' allusion en 3.40 en fait
plutôt un personnage vivant. Enfin, 11 est notable que le traité ne corn-
porte pas la moindre mention ni même allusion concernant César on a sa
legislation.
Ce que nous savons de la biographie des participants au dialogue a
aussi influence les ddbats. En vertu de la lex Pompeia de prouinciis 37 et
de la phase transitoire qu'elle prévoyait avant que les consuls et prdteurs
récemment élus pussent de nouveau partir gouverner les provinces en
ayant respecté le délai prescrit, Cicéron dut accepter le gouvernement de
Cilicie, lui qui n'avait pas souhaité assumer un commandement provin-
cial a l'issue de son propre consulat. Rien dans la correspondance n'ac-
crédite l'idée que la redaction du De legibus aurait pu se prolonger
durant cette période d'eloignement et de charge administrative. Or la
conespondance avec Atticus, d'autant plus fréquente que les deux horn-
mes sont éloignés durant les années 51-50, eilt probablement recueilli
l'dcho du travail en cours Si Cicéron avait parallèlement poursuivi la
redaction du De legibus. Une seule lettre 38 de la période cilicienne a été
mise en parallèle avec le traité: la mention du différend entre Théo-
phraste et Timée concernant l'existence même de Zaleucos pourrait être
une reminiscence du passage 2.15, et plus largement, du traité récem-
ment compose 39 . Les savants ont aussi tire parti de la biographie de
Quintus, absent de l'Italie en 52 et 5140, pour contester une date de com-
position haute.
Outre les allusions a des personnages, vivants ou morts, les commen-
tateurs ont accordé une attention a la coherence même des euvres cicé-
roniennes. En 2.32, Cicéron admet l'existence de divinités et surtout la
possibilité de tirer parti des présages qu'elles sont réputées envoyer aux
hommes (posse nobis signa rerum fliturarum ostendere). Une telle
concession serait difficilement comprehensible si le De legibus était pos-
Cette legislation est mentionnhe par Suet. Div. Jul. 43.3 et D. C. 43.25.2. Cf. Z. YAVETZ, Caesar
in der Offentlichen Meinung, Düsseldorf 1979, (cite dans la version francaise, César, des limites du cha-
risme enpolitique, Paris 1990, p. 174-176).
42 Pour une approche synthetique et raisonnée de la bibliographie sur la datation du traité, cf.
N. MARINONE, Cronologia ciceroniana, 2a edizione aggiornata e corretta da E. MALASPINA, Rome-Bob-
gne 2004, spec. p.277.
a p L. Scuivimr, Die A bfassungszeit von Ciceros Schr(ft Uber die Gesetze, Rome 1969.
44
Notamment A. HENTSCHKE, Zur historischen und literarischen Bedeutung von Ciceros Schrft De
legibus, Phibologus 115, 1971, p. 118-130, spec. p. 118-120; RAWSON, The Interpretation, p. 126-127;
Feaa.s.ey , Le idee politiche, p. 774-775; GU4ARDET, Die Ordnung der W elt, p. 1-3; M. FUHRMANN, Cicero
und die römische Republik. Eine Biographie, Munich-Zurich 1999 (1989), p. 164-165; PERELLI, JI pen-
nero politico, p. 113; FONTANELLA, Introduzione 1, p. 488, n. 5.
Presque tous les commentateurs ont relevé l'absence du De legibus dans la liste de ses muvres
a
dressee en 44 par Cichron Iui-même (De diuin. 2.1). La majorité des savants incline donc penser que
l'ceuvre n'a pas ete publiée. L'hypothhse de R. Reitzenstein, selon qui le De legibus aurait ete publié en
mhme temps que les Philippiques dans le cadre d'une polemique contre Antoine, a été fermement rejetee
en particulier par C. W. Ke yes, Did Cicero complete the De legibus?, AJPh 58/4, 1937, p. 403-417, spec.
p.403. ROBINSON (Did Cicero complete the Dc legibus?, p. 112) admettait que le traité, commence après
novembre 44, avait ete repris et complete an moment de la lutte contre Antoine, quand Cicéron etait a la
tête du parti senatorial mais que la situation était devenue si désespérante a partir du milieu de l'année 43
qu'il aurait renonce a toute forme de publication.
34 SYLVIE PIflTIA
46
Dans sa dissertation publiée a Marburg en 1894.
° Cie. Fam. 9.2.5: erit enim nobis honestius, etiam cum hinc discesserimus, uideri uenisse in illa
loca ploratum potius quam natatum. Sed haec tu melius, niodo nobis stet illud, una uiuere in studiis
nostris, a quibus antea delectationem modo petebamus, nunc uero etiam salutem; non deesse Si quis
adhibere uolet, non modo Ut architectos uerum etiam utfabros, ad aedijficandam rem publicam, etpotius
libenter accurrere; si nemo utetur opera, tamen et scribere et legere TroX iTeLac, et, si minus in curia
atque inforo, at in litteris et libris, ut doctissimi ueteresfecerunt, nauare rem publicam et de moribus ac
legibus quaerere.
48
K. BUCHNER, Sinn und Enstehung von de legibus, A tti del I. congresso Internazionale di Studi
Ciceroniani (Roma, aprile 1959), vol 2, Rome 1961, p. 81-90, spec. p. 81. Sembable argumentation est
reprise par K. BUCIINER dans Cicero, Bestand und W andel seiner geistigen W elt, Heidelberg 1964, p. 233-
238.
RAWSON, The Interpretation, p. 129.
° Kovos, Did Cicero complete the De Legibus?, p. 403-417. Le titre de Particle est identique a
celui que choisit ROBINSON en 1943 (voir infra note 51).
E. A. ROBINSON, Did Cicero complete the De legibus?, TAPIIA 74, 1943, p. 109-112. L'auteur a
consacrb ala question une these, que je n'ai pas Pu consulter: The Date of Cicero's De legibus, Diss. Har-
vard, 1950.
52
Cie. Brut. 15. Sur ce passage, voir B. A. ROBINSON, The Date of Cicero's Brutus, HSCP 60,195 1,
p. 137-146, spec. p. 138 et notes p. 143-144. Le fragment de Nepos [,r Peter, HRR, 2, p. 40, n°17] est cite
et surtout commenté par E. A. ROBINSON, Cornelius Nepos and the Date of Cicero's De legibus, TAPhA
71, 1940, p. 524-531.
LA DIMENSION UTOPIQUE DU TRMTE CICEROMEN DE LEGIBUS 35
picae. M. Ruch 51 s ' est également situé dans cette perspective, considé-
rant que Cicéron aurait commence son ceuvre après novembre 44 - sans
exciure qu'il ait Pu commencer des 46 - et l'aurait terminée quand ii
mène au sein du Sénat sa lutte acharnée contre Antoine. Ruch n'excluait
pas toutefois que Cicéron elit préféré une fiction intemporelle 54 , pour
que son traité ne prIt point trop l'apparence d'un manifeste politique.
Plus récemment, A. Grilli 55 a redonné credit a ce scenario d'une compo-
sition tardive, malgré les multiples prises de position en faveur des the-
ses de Schmidt. Ses arguments méritent d'être rappelés.
Grilli considère que Cicéron a été contraint de renoncer a la concep-
tion d'un Etat excellent et stable qu'il avait défendue dans le De repu-
blica, et qui était largement fondée sur son vieil ideal, la concordia
omnium bonorum. Considérant que l'Etat souhaité par Cicéron n'était
précisément pas un Etat utopique, Grilli accentue l'infléchissement que
les défaites des Pompéiens a Pharsale puis Thapsus ont imprimé a la
réflexion cicéronienne. Sans avoir jamais été un fervent partisan de
Pompée, Cicéron ne pouvait plus croire en César. Faute de pouvoir s'im-
pliquer concrètement dans les affaires de l'Etat, comme le rappelle la let-
tre a Varron, ii lui restait possible de réfléchir sur les lois, par l'étude et
sous une forme littéraire. Grilli verse au dossier un passage du discours
Pro Marcello, que ses prédécesseurs avaient neglige 56 . C' est en se fon-
dant sur 1' expression rem publicam constituere, que Griii soutient l'idée
d'un projet de reconstruction politique, lie a Thapsus, signal d'une
défaite irréductible des Pompéiens et de la nécessaire reconstruction
politique. Si le projet de Cicéron était bien de donner une suite au De
republica, conformément au modèle platonicien, le prolongement que
constitue le De legibus n'a pas du tout le même sens s'il est élaboré en
46, en un temps oii César n'a plus de rivaux politiques et oui il est devenu
le premier personnage de l'Etat, sans partage. Selon l'expression de
Grilli, 1'Etat a un princeps même s'il West pas conforme au modèle que
Cicéron en avait donné. César est un primus mais ii ne se situe pas inter
pares 17 . Le passage du Pro Marcello invitant César a donner une consti-
tution a 1'Etat pourrait alors annoncer le modèle que propose Cicéron
dans le De legibus. Cicéron aurait redige pendant la dictature de César
une constitution qui faisait référence au mos maiorum, en modernisant
C'est dans le sens d'un code de droit public, de <<constitution>>, que le traité est interprété par
C. W.Keyns, Original Elements in Cicero's Ideal Constitution, A JPh49, 1921,p. 309-323, spéc.p. 309-312.
38 SYLVIE Pfl1IA
65
Cie. Leg. 3.9: ex urbe exeunto, duella iusta iuste gerunto [...].
66
Cie. Leg. 3.8.
67 Cie. Leg. 3.6:
68 RAWSON, The Interpretation, p. 147-148. Cichron pourrait tout simplement, sans condamner
absolument les quaestiones perpetuae, les avoir considhrhes comme impropres a un Etat ideal.
n Periocha 59.8-9. Ce sont ces dispositions dont s'inspire Auguste, cf. Suet. A ug. 89.5.
70 FCRRARY, The Statesman, p.70-71.
LA DIMENSION UTOPIQUE DU TRAITE CICERONJEN DE LEGIBUS 39
par des allusions a des événements ou des conduites que ses lecteurs eus-
sent facilement associés a tel on tel individu, voire a l'autojustification
de sa pratique comme consul".
Pourtant, Cicéron utilise bel et bien les institutions romaines et le
mos maiorum comme base pour ses propositions, d'oü les citations nom-
breuses des Douze Tables par exemple 72 . Mais ce qui ressort, c'est plu-
tot l'influence de l'histoire récente sur les propositions cicéroniennes:
ainsi la volonté d'accroItre les pouvoirs du Sénat dans la designation
d'un dictateur ou l'intention de diminuer le nombre des s6nateurs73,
l'obligation faite aux sénateurs d'être presents et experts dans la connais-
sances des affaires de l'Etat (3.11 et 41), on encore la minoration du rOle
des questeurs sont plutOt l'écho d'un bilan des années post-syllaniennes
qu'une approche prospective des institutions. La difficulté a trouver des
hommes politiques exercant correctement les tâches de la questure - dif-
ficulté dont Plutarque s'est fait 1'6cho 74 - pourrait expliquer les proposi-
tions tendant a différer dans la carrière le moment de leur pleine intégra-
tion au Sénat. De même l'imputation an président de séance de la res-
ponsabilité des troubles dans les assemblées (3.11 et 3.42) - ce qui est en
71
KEyes, Did Cicero complete the De legibus?, p. 405.
72
Cie. Leg. 1.57 (allusivement); 3.19; 3.44.
Ce point fait débat car, en 3.10 le texte n'indique pas explicitement un abaissemetit des effectifs
du Sénat. Certains savants (en particulier KEYES, Original Elements, p. 313-314), ont repoussé I'hypo-
these. La toute premiere phrase de 3.10 signifie-t-elle que tons les magistrats sont détenteurs du droit
d'auspices et du iudicium et deviennent automatiquement membres du Sdnat? On bien Cicéron pense-t-
ii seulement aux magistratEs maiores? Dans cc demier cas, l'entrée an Sénat se ferait apres avoir géré
l'édilité (c'est également ainsi que le comprend T. N. Mrrcimu, Cicero the Senior Statesman, New
Haven 1991, p 60). Cette magistrature redeviendrait plus attractive, affaiblissant l'intérêt que les horn-
mes politiques pouvaient avoir a exercer le tribunat de la plèbe. Ou bien, Cicéron aurait voulu dire que
seuls les magistrats sont aptes a être designés sénateurs mais il aurait laissé aux censeurs le soin de sélec-
tionner parmi les anciens magistrats lesquels pouvaient entrer an sénat. KEYES repousse les deux premiè-
res interpretations an profit d'une troisième. En 3.17, Cicéron laisse entendre que les censeurs ne peuvent
pas prendre de sénateurs en dehors de la liste des anciens magistrats. Cette proposition est une sorte de
compromis entre la tradition et les réformes sullaniennes, faisant place an choix des censeurs mais dans
les limites du vivier des anciens magistrats. Les § 3.7, 10ct29 poussent a recruter les remplacants en cas
de vacance parmi les anciens magistrats de rang élevé. D'autres savants comprennent plus simplement
que la questure n'ouvrirait plus les portes du Sénat et que seuls les magistrats pouvant prendre les auspi-
ces majeurs accèderaient an Conseil. RAWSON (The Interpretation, p. 143) n'exclut pas que Cicéron ait
considéré l'effectif senatorial de son époque comme trop hlevé et alt voulu que le Sénat flit réservé a des
hommes expérimentés, ayant done ghrh plusieurs magistratures. Mais, comme die le faisait rernarquer
elle-même, une telle disposition cOt rendu le Conseil moms représentatif des classes dirigeantes car nom-
bre d'Italiens et d'hommes nouveaux (au sens étendu) ne dépassaient pas l'étape de la questure. PERELLI
(Il pensiero politico, p. 132) interprète le texte comme signifiant que seuls les magistrats qui ont détenu
les magistratures majeures (au sens de celles qui possèdent le droit d'auspices) entrent an Sénat. Cette
lecture implique, outre l'exclusion des questeurs, la disparition du droit de designation conjointe par les
censeurs, source de favoritisme et clientélisme, même sila completion du Sénat par des non-magistrats
avait été bee a des circonstances ponctuelles (Cf. 3.27 et sur la cooptatio censoria, KEYES, Original Ele-
ments, p.3!4; FONTANELLA, Introduzione 2, p. 185-186).
Plut. Cat. mm. 16.3.
40 SYL VIE PITIA
soi une nouveaut6 75 - pourrait bien être directement une marque de i'm-
fluence exercée par Crassus 76 . Le traité prendrait en compte les avis
d'hommes politiques contemporains, ii ne se couperait pas du débat
public, du moms pas des opinions émises par les milieux dirigeants, ni
des logiques d' affinités politiques.
En tout cas, ii faut privilégier l'idée que Cicéron n'a pas choisi une
période historique precise comme point de référence, ni même la période
contemporaine comme repère. Sa perspective, comme le suggère a juste
titre A. Lintott 77 , n'est pas de reproduire la <<constitution>> romaine de
telle ou telle période historique, mais de proposer un ensemble coherent
de lois, qui éviterait a la res publica de connaItre corruption et dégéné-
rescence. Cicéron, dans son tableau des magistratures au livre 3, ne
paraIt tenu par aucun respect d'une réalité historique, par aucune chrono-
logie réelle. Des lors, ses interlocuteurs - et plus encore ses lecteurs -
hésitent sur l'historicité ou l'intemporalité des propositions 78 . Cicéron
admet lui-même ne rien proposer de vraiment neuf79.
Cet ancrage dans l'histoire des lois et des pratiques institutionnelles
de Rome est d'ailleurs bien plus net dans le De legibus que ce que nous
entrevoyons dans la partie conservée du De republica. Et de fait, l'idée
même d'un princeps proche de l'idéal type du monarquesemblait sans
doute aux contemporains bien plus éloignée d'une evolution acceptable
du régime républicain que ne le sont les propositions du De legibus, plus
proches de l'existant 80• Peut-on pour autant negliger les propos du traité
qui envisagent expressément l'avenir? A la difference du De republica,
situé fictivement dans la Rome historique du lie siècle, évitant donc tout
sujet d'actualité, le traité De legibus envisage expressément l'avenir: en
3.29 et 3.37 par exemple, Marcus écarte l'idée qu'il s'agisse du Sénat
contemporain et de ceux qui le composent a son époque, son discours
s'adresse explicitement a la postérité (3.29: defuturis 1...] haec habetur
oratio). Réfutant le catalogue des lois existantes (3.37: non recognosci-
mus nunc legespopuli Romani) , Cicéron se propose soit de retrouver cel-
KEYES souligne l'innovation que constitue cette reponsabilisation du président de séance (Origi-
nal Elements, p.315).
C'est ce que defend B. RAWSON, L. Crassus and Cicero: The Formation of a Statesman, Proc.
Camb. Philol. Soc. 197, 1971, p. 75-88 (repris dans Roman Culture and Society, Oxford 1991, p. 16-33
et cite dans cette edit ion), voir spec. p. 31.
A. LIN'rorr, The Constitution of the Roman Republic, Oxford 2003 (1999), p.228.
78
Cf. les remarques de Quintus, Leg. 3.12: ea (descriptio) paene nostrae ciuitatis, etsi a te paulum
adlatum est noui.
Cic. Leg. 3.12: nihil habui sane ant multum quodputarem nouandum in legibus.
80
Comme le fait remarquer, après d'autres, RAWSON (The Interpretation, p. 141-142), ii y a contra-
diction entre la théorie du princeps que les commentateurs ont dégagée du De republica, et I'affirmation
cicéronienne selon laquelle le De legibus serait la continuation de ce mbme traité. Ii n'y a pas de yenta-
ble articulation théorique sur ce point entre les deux ouvrages.
LA DIMENSION UTOPIOUE DU TRAITE CICERONIEN DE LEGIBUS 41
les qu'on aurait fait disparaItre, soit d'en écrire de nouvelles (aut repeti-
mus ereptas <leges>, aut nouas scribimus). Le rapport a l'histoire est
done dynamique t1 .: elle est une collection d'exemples qu'on pent aller
rechercher an besoin mais la pensée cicéronienne n'est pas figee dans le
passé 82 Cicéron s ' est situé face a 1' avenir dans la mesure oi ii present
un ensemble de lois - quand bien même certaines sont pen on prou des
lois existantes - dont la mise en application assurerait la pérennité de la
respublica. En même temps, ii ne crée pas une constitution nouvelle, ne
semble supprimer aucune caractéristique majeure des institutions de son
époque - rappelons qu'au pnintemps 44, Antoine, lui, supprime la dicta-
ture t3 . Ii pouvait y avoir dans ce choix cicéronien une dimension tacti-
que, dans la mesure oü la recherche des nouveautés en général attachait
un préjugé défavorable a l'auteur des propositions 84• Cicéron avait inté-
ret, pour convaincre, a paraItre plutôt conservateur et respectueux du
mos maiorum, sans nisquer que ses propositions fussent assimilées a des
res nouae. A la limite, ii importe pen que Cicéron se soit inscrit dans une
logique de restauration on dans une logique de construction nouvelle:
dans Fun et 1' autre cas, la dimension utopique de la démarche, qu ' elle ait
été entreprise pen après cet inédit institutionnel que constitue le consulat
dePompée, on pendant la dictature césarienne, reste forte.
Une des caractéristiques que Cicéron assigne aux Lois par excel-
lence, qu'il s'agisse de celles puisées dans le droit naturel on de celles
héritées de la tradition (3.49), c'est que leur est assigné un caractère irré-
vocable (2.14: nequi tolli neque abrogari potest), elles sont faites pour
1' éternité 85 . Les meilleures lois ne sont done pas celles qui peuvent être
appliquées malgré les changements du monde et être adaptées aux cir-
constances fluctuantes. Cette intangibilité doit être réinscrite dans la
théorie du traité et le modèle retenu du droit naturel. Le fondement de
cette affirmation pent We la volonté de soustraire la loi a l'utilitarisme.
Ii masque mal, toutefois, les intérêts de classe qui traversent 1'uvre
81
Je ne partage pas l'analyse de G. DE PUNvM. (praef. de l'édition C.U.F, Paris, 1959, p. LI), qui
lit la constitution du De legibus cornme nun retour an passé>>, comme <<le retour an régime qui, en portant
la republique a son apogee, a donné les preuves de sa valeur avant que la crise des Gracques et l'insurrec-
tion italienne n'en fissent éclater les faiblesses>>.
82 J. BERANGER, Ciceron precurseurpolitique, Hermes 87, 1959, p. 103-117, spec.
p. 106-107 et
115. V ide contra M. WHEELER, Cicero's Political Ideal, Greece & Rome 21/62, 1952, p. 49-56, spec.
p. 54; et surtout MITCHELL, Cicero the Senior Statesman, p. 58: le biographe met an contraire en relief
l'esprit conservateur de Cichron dans le De legibus, sa logique de restauration d'un régime traditionnel.
Les lois ne sont que la reprise de I'existant et le seul élément d'innovation tient a l'insistance sur la natu-
re morale des dieux et le lien fort entre religion et morale.
83
App. BC 3.25/94; D.C. 44.51.2; Periocha 116.7.
PERELLI, Ii pensiero politico, p. 130.
85
Le theme de la diuturnitas rei publicae était déjà très present dans le De republica, voir FEREA-
p.'z, The Statesman, p.71. -
42 SYLVIE PITFIA
86
Sur le role salvateur de l'intercessor,cf. 3.11, ob ii apparaIt que l'intercession West pas exciusi-
vement réservée aux tribuns, mais a tout citoyen soucieux du salut de l'Etat (cc qui pent paraltre Comme
une justification a posteriori des intitiatives prises pour éliminer les Gracques, entre autres). Voir aussi la
mention des <<retards bienvenus>> en 3.27 (probabiles morae) , allusion aux procedures d'obstruction liées
an droit d'auspices.
87
PERELLI (II pensiero politico, p. 128-129) relève que les exemples de lois mauvaises dont Cicé-
ron vante l'annulation sont précisbment des lois auxquelles les augures ont fait obstacle, comme cc fut le
cas pour la lex Titia agraria de 99 on les leges Liviae de 91. Voir Cie. Leg. 2.14 et 2.31. C'est contre ces
abus de l'augurat que Clodius avait tenté de réagir, cf. D. C. 38.13.3-38.14.2.
88
Cic, Leg. 2.35: non enim populo Romano, sed omnibus bonis jirmisque populis leges damus.
Signalons deux allusions indirectes a cette universalitb des lois en 1.57 et 3.4.
89
Ces dispositions imposées aux cites bithyniennes se dhduisent de Plin. Epist. 10.112, 10.114 et
10.115.
9°
Même idée chez RAWSON, The Interpretation, p. 134-135.
' PERELLI, 11 pensiero politico, p. 125-126.
LA DIMENSION UTOPIQUE DU TRAITE CICERONIEN DE LEGIBUS 43
Conclusions
Tentons pour conclure de soupeser les éléments qui sont dans la
balance. Ceux qui font renoncer a une lecture du traité comme utopie
sont précisément tous les exemples historiques, y compris ceux emprun-
tés aux autres Etats ou royaumes 9t , mais aussi ceux de l'histoire
GIRARDET (Die Ordnung der W elt, p. 9 et n. 40) comprend le passage comme la volonté d'oppo-
ser Zaleucos et Charondas a Platon. Peut-on exclure l'hypothèse que Cicéron prenne une distance person-
nelle avec son traité et souligne aussi la difficulté d'une mise en pratique? S 'ii était écrit studiis et delec-
tationis causa, le De legibus en revétirait une dimention utopique accrue.
KEYES, Original Elements, p. 310.
n Cf. par exemple Cie. Leg. 3.26 (nO Quintus reçoit le renfort d'Atticus) et 3.37. Voir FERRARY, Le
idee politiche, p. 781 et 785.
98
Xerxès et les Perses (Cic. Leg. 2.26); lois de Lycurgue, de Solon, de Zaleucos et Charondas, avec
on intérêt moindre pour Sparte (2.39; 3.16) et Athbnes (2.35-36; 2.40; 2.59; 2.64-66; indirectement en
3.46 et 3.47) face a la Grande Grbce,jugee plus intéressante (2.14-15).
LA DIMENSION UTOPIQUE DU TRAITE CICERONIEN DE LEGIBUS 45
Episode des Bacchanales (Cic. Leg. 2.37); longues discussions sur le role des tribuns de la plèbe
(3.19-21).
100
Cic. Leg. 3.32: ego autem nobilium uita uictuque mutato mores mutari ciuitatumputo.
101
How, Cicero's Ideal, p. 34.
46 SYL VIE PITTIA
102 Cie. Leg. 2.64 et surtout 3.14: Phalereus ille Demetrius [...] mirabiliter doctrinam ex umbracu-
us eruditorum otioque non modo in solem atque in puluerem, sed in ipsum discrimen aciemque produxit.
Sur Faction de Demetrios, voir Habicht, A thènes hellenistique, p. 71-84.
103 How (Cicero's Ideal,
p. 27) insiste sur le fait que Cichron utilise beaucoup l'enseignement des
péripatéticiens dans le traité mais West pas tenu par leurs conclusions. FERRARY (Le ideepolitiche, p.778)
souligne que certains passages comme 3.13-14 invitent a ne pas surestimer l'influence stoIcienne en
général et panbtienne en particulier, le traith étant clairement place sons l'inspiration de Platon, d'Aristo-
te et de l'école péripatéticienne en général, avec les mentions explicite de Théophraste et Dicéarque.
104 KEYES, Original Elements, p. 323.
105 C'est en tout cas l'opinion d'E. LEPORE, Ii principe ciceroniano e gli ideali politici della tarda
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48 SYLVIE PIA
L'utopia puè essere definita una categoria mentáie che varia ovvia-
mente nel tempo e nello spazio. L' antichità ha dato al termine un' acce-
zione e una pregnanza differenti dalle nostre. Ma un atteggiamento, una
disposizione d' ammo possono essere individuati costantemente nello
scorrere del tempo. Variano i contenuti e i modelli, ma non la forma. Per
usare un'espressione di G.W.F. Hegel, l'uomo fugge dalla realtà nel
mondo della fede ii regno che <<nicht wirkhch Gegenwart hat, sondern
im Glauben 1st>>. B ii processo denominato <<Selbst-Entfremdung>>, una
complessa operazione psicologica attraverso la quale l'individuo, motu
proprio, Si estrania da sé alla ricerca dell'identità di un'altra persona
(che, tra 1' altro, significa "maschera"). Per venire all'antichità, osservia-
mo come ii giovane Hegel abbia teorizzato che una delle ragioni fonda-
mentali dell' affennazione del Cristianesimo sarebbe stato ii (presunto)
dispotismo dell'impero romano che avrebbe soppresso la libertà e indot-
to gli uomini a confidare di cercare la felicità in cielo. Come dice J.J.
Rousseau, <<il paese delle chimere è in questo mondo ii solo degno di
essere abitato; 11 West rien de beau que ce qui West pas>>. Sarebbe fin
troppo facile scomodare i nostri classici della letteratura, ad esempio
Ugo Foscolo o Giacomo Leopardi che, ad ogni pie sospinto, ci stimola-
no a ragionare amaramente sulle illusioni come motore delle azioni uma-
ne1.
L'antichità greco-romana, come è ovvio, ha conosciuto vane forme
ed espressioni di utopie che rientrano in un genere di letteratura molto
piü diffuso di quanto non risulti dai resti che ci sono stati tramandati 2 . Se
è possibile e legittimo generalizzare, questo tipo di speculazione ha del-
le peculiarità che non si riscontrano nell' analoga e coeva produzione let-
teraria dei popoli vicino-orientali. Alludo a un fenomeno che coinvolge
E.J. BICI JvIAN - H. TADMOR, Darius I, Pseudo Smerdis, and the Magi, Athenaeum 66, 1978,
p. 249.
2 Cfr. L. BERTELLI, L'Utopia greca, in L. FIaPo (ed.), Storia delle idee politiche, economiche e
sociali, Torino 1982, vol.1, pp. 463-581; ID., L'Utopia, in Lo spazio letterario della Grecia antica, vol.
I, Roma 1992, pp. 493-524; G. Vi'orri (ed.), A ristotele. Racconti meravigliosi, Milano 2007.
50 LUCTO TROIANI
dente e coliocare cos! la realtà fuori della sua dimensione spaziale e tern-
porale. <<B purificarono i luoghi santi e trasportarono in luogo impuro le
pietre della lordura. E deliberavano cosa fare dell'altare dell'olocausto
che era stato profanato. E venne loro la buona idea di distruggerlo per
evitare che costituisse motivo di vergogna per loro, in quanto le nazioni
lo avevano insozzato; e distrussero l'altare. B riposero le pietre nel mon-
te della "casa", in luogo adatto, fino a che non arrivasse un profeta per
pronunziarsi su di esse>>. Sorge pertanto una letteratura visionaria e apo-
calittica che non costituisce spesso un filone unitarid, ma è disséminata
in una lunga serie di scritti pervenutici, in larga misura, per mezzo della
tradizione cristiana 8 . Per esempio, Origene, commentando Genesi 1,14,
introduce una citazione testuale in cui Giacobbe si esprime con queste
parole: <<Jo ho letto infatti nelle tavole del cielo quanto accadrà a voi e ai
vostri figli>>. <<Ii cielo sara sfogliato come un libro>>. Queste parole si tro-
vano in uno scritto andato perduto e conservato in frammenti dalla tradi-
zione cristiana che To intitola Preghiera di Giuseppe ed è classificato da
Origene tra <<gli apocrifi tramandati presso gli Ebrei>> 1 . L'anonimo sent-
tore qui, per cos! dire, spezza le catene del tempo. La tradizione del
popolo di Israele, quella che noi definiamo <<biblica>>, è nivisitata fin dal-
le epoche remote per tratteggiare una linea utopica di svolgimento degli
eventi. Nella Preghiera di Giuseppe, la storia di Abramo, Tsacco e Gia-
cobbe è introdotta e riscritta nel senso che questi personaggi della Bib-
bia, collocati nel tempo e nello spazio nel libro della Genesi, sono trasfe-
riti in una dimensione assolutamente fuori del tempo: <<Chi vi parla sono
io Giacobbe, anche Israele, angelo di Dio, e spirito atto a comandare; e
Abramo e Isacco furono creati prima di ogni opera; io Giacobbe, chia-
mato dagli uomini Giacobbe, ma ii rnio nome è Israel, colui che è chia-
mato da Dio Israele, l'uorno che vede Dio, in quanto primogenito di ogni
essere vivente vivificato da Dio>>. <<To, quando venni da Mesopotamia di
Siria, use Uniel, l'angelo di Dio, e disse che 10 discendevo sulla terra e
mettevo dimora fra gil uomini e che fui chiamato con ii nome di Giacob-
be>>. La tradizione "storica", cos! come è consegnata nell'Antico Testa-
mento, è trasferita nel mondo dell'irrealtà. In un altro scritto giudeo-elle-
nistico, parallelo ai libri storici della Bibbia, la cosiddetta A ssunzione di
Mosè (o Testamento di Mosè), Giosuè, figlio di Nave, vede due Mosè nel
momento del trapasso: l'uno che sta insieme agli angeli, l'altro ritenuto
degno di sepoltura sui monti, presso dirupi 10• Ancora pii significative le
1130.
17 P. LANFRANCHI, Ii sogno di Mosk nell'Exagoge di Ezechiele ii tragico, Materia giudaica 8, 2003,
pp. 105-112.
11 DENIS, Fragmenta, pp. 215-216; Introduction, pp. 1208-1209.
54 LUCIO TROJANI
Lucio TRoIi'n
Università di Pavia
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TRA UTOPIA B IDEALIZZAZIONE:
ADRIANO, DRACONE E SOLONE
Adriano è ad Atene tra l'inverno del 122/3 e ii 124/5 stando alla cronologia di Girolamo (HELM
198-199 [Berlin 1984 2 ]). Vi tomerà ancora nel 128/9 e infine nel 131/2. Sui viaggi di Adriano cfr. da ulti-
mo A. R. BII4LEY, Los viajes de A driano, in J. M. CORTES CoPem - E. Muhiz Gicijvo (edd.), A driano
A ugusta, Sevilla 2004, Pp. 57-69.
2 Cfr. V ersio A rmena (ab Abr. 2137): A drianus A theniensibus, qui ipsum precati sunt, leges a Dra-
cone eta Solone aliisque (latas) composuit; Syncell. 659,9: 0 aIde 'AOvaLots ciILolOuoiv EK mid pci -
2
KOVTOS' KdL y Ixwvoe VOIOUC ITLLOUVETaIE. In un'iscrizione ateniese molto frammentaria (IG 11 1075, 3-5)
Si h proposto di leggere (P. GRA1NDOR, A thènes sous Hadrien, New York 1973 [= II Cairo 1934], p. 32)
un riferimento ad Adriano e alla notizia del cronografi: [ITE d 'AOiva] alj$ici-o E&UKEV ETrL61[ttwv Talc
' AOflvaioLE XpfaOai T]olc liaXaLalc TflS' T26XE[W5 Ii 6EOL9], SU CUi cfr. infra.
Cenni in W. WEBER, Untersuchungen zur Geschichte des Kaisers Hadrianus, Leipzig 1907 [=
19731, pp. 165-166; GRAIND0R,Athènes, pp. 31-33; 73-74; A. R. Brni.a y , Hadrian. The Restless Emperor,
London 1997, p. 177.
J. H. OLIVER, Greek Constitutions of Early Roman Emperors from Inscriptions and Papyri, Phi-
ladelphia 1989, no 92; IG V II 72 e 3491; Orac. Sibyll. 12, 173-175: IOTOL 81 KCi d'yxaIkwvoc aoLIoc eat
vopIiwv ILETOxoC OqiLoTonIXoc TE ILKaLoC cWT65 Ii al Tr/OETaL goLpl i81 KaTOXIOUC. WEBER, Untersu-
chungen,p. 165.
58 ALESSANDRO GALIMBERTI
iudicaret in consilio habuit non amicos suos aut comites solum sed iuris
consultos et praecipue luventium Celsum, Salvium Julianum, Neratium
Priscum aliosque, quos tamen senatus omnis probasset. Del consilium
adrianeo faceva parte anche il prefetto del pretorio (con Marco Aurelio
cia diventerà la prassi) 5 . Si ritiene che Adriano fosse ii primo imperato-
re a pubblicare una raccolta sistematica dei rescripta con ii liber rescrip-
torum et propositorum 6 . Sotto Adriano avviene la codificazione del-
l'edictum perpetuum del pretore ad opera di Salvio Giuliano e sempre
sotto Adriano scrive ii giurista Sesto Pomponio, autore di un importante
Enchiridion. Adriano peraltro nel corso del suo principato diede impul-
so alla costruzione di un nuovo modello di governo in cui ii ruolo dei
funzionari specializzati e degli intellettuali rivestiva un'importanza cen-
trale nell'amministrazione 7 . Ad Adriano risalgono infine l'istituzione
deifrumentarii, la creazione della figura dell'advocatusjisci e dei quat-
tro consulares per l'Italia, nonché ii rafforzamento dei poteri del prae-
fectus urbi nella giurisdizione civile. Se dunque la richiesta ateniese di
una nuova legislazione appare senz'altro in linea con l'operato di Adria-
no, non è improbabile che ii composuit , impiegato da Girolamo in riferi-
mento al solo Adriano, debba essere esteso ai giuristi che gravitavano
attorno alla corte adrianea.
Alla luce di ciô la richiesta formulata nel 122/3 dagli Ateniesi, seb-
bene a prima vista sembri trovare solo una generica rispondenza nell'at-
tivismo adrianeo in campo giuridico, su cui i moderni hanno ripetuta-
mente richiamato 1' attenzione 8, in realtà non appare affatto peregrina,
tenuto conto soprattutto dell'attenzione che Adriano riservô ad Atene sin
dagli esordi del suo principato 9 , sia dal punto di vista politico-culturale
sia dal punto di vista urbanistico.
Ii testo geronimiano solleva tuttavia un interrogativo piü importante,
dal momento che non è di immediata evidenza a quali tra le leggi draco-
niane, soloniane e/o di altri legislatori (ai quali non è possibile al
M. A nt. 11, 10: habuit secumpraefectos, quorum et auctoritate etpericulo semper iura dictavit.
6 Sulla base di HA Macr. 13, 1 e FIRA 12 106; cfr. A. D' ORS - F. MARTIN, Propositio libellorum,
AJP1I 100, 1979, pp. 113-114, 117. In Dig. 22, 3, 13; 50, 17, 191, Iuvenzio Celso, giurista adrianeo, è ii
primo a citare dei rescripta.
A. GALIMBERTI, A driano e l'ideologia deiprincipato, Roma 2007, pp. 57-70, 182-184.
8 Per A. D'ORS, La signification de l'oeuvre d'Hadrien dons l'histoire du droit romain, in A. PIGA-
NTOL - H. TERa&ssn, Les Empereurs Romains d'Espagne. Madrid-Italica 31 mars-6 avril 1964, Paris
1965, p. 158, I'opera giuridica di Adriano <<marque done une coupure dans l'histoire du droit classiquea.
W. Eck, Provincial A dministration and Finance, in CA H X12, 2002, p. 271 ha osservato che: <<Starting in
the reign of Trajan, but particulary from Hadrian onwards, we can detect a marked increase in the num-
ber of imperial letters responding to petitions preserved on inscriptions, mainly to communities, but also
individuals>>.
Il primo viaggio in Grecia fu compiuto da Adriano quando non era ancora imperatore, nell 11/12:
in quell'occasione ad Atene fu nominato arconte (ILS 308). Per la data esatta dell'arcontato ateniese di
Adriano (111/120 112/13) cfr. Bnuoy, Hadrian, p.64.
IRA UTOPIA B IDEALIZZAZIONE: ADRIANO, DRACONE E SOLONE 59
° IG 13 104; E. RUSCHENBUSCH, ciouoc. Zum Recht Drakons und seiner Bedeutungflir das W erden
des athenischen Staates, Historia 9, 1960, pp. 129-154; R. S. STROUD, Drakon's Law on Homicide, Ber-
kley-Los A ngeles 1968; B. CANTARELLA, Studi sull'omicidio in diritto greco e romano, Milano 1976,84-
127; R. S. STROUD, The A xones and Kyrbeis of Drakon and Solon, Berkley-Los Angeles-London 1979;
M. GAGARIN, Drakon and Early A thenian Homicide Law, New Haven-London 1981; A. BIscArwI, Dint-
to greco antico, Milano 1982, pp. 284-291.
11 La costituzione di Dracone e datata da Aristotele sotto l'arcontato di Aristecmo (621/620 a.C.),
sulla ciii cronologia esprimono forti riserve G. DE SANCTIS, A tthis. Storia delta repubblica ateniese dalle
origini all'età di Pericle, Firenze 19122 (= 1975 1), pp. 207-208; F. JACOBY, A tthis: the local Chronicles
of A ncient A thens, Oxford 1949, pp. 94, 308; C. HIGRETr, A History of the A thenian Constitution to the
end of the Fifth Century B.C., Oxford 1952, pp. 307-308.
12 ApciKOVT03 81 vóioi VLiV rich, TT0XITCIG 8' ,lTapXolo8 TOrE vóiour ltflKEv.
' Contro la communis opinio che ritiene la costituzione di Dracone un falso della fine del V secolo
elaborato tra ii 411 e ii 409/8 ovvero nel IV secolo, al tempo di Demetrio Falereo (P. J. RHODES, A Com-
mentary on the A ristotelian A thenaion Politeia, Oxford 19932, 109-112), F. P. Rizzo, La costituzione di
Draconte net c. IV dell'A thenaion Politeia di A nistotele, MTh 1963, pp. 272-308, rivendica sia l'autenti-
cità della riforma costituzionale draconiana sia la storicità degli ordinamenti in essa contenuti.
14 Aristotele all'inizio del terzo capitolo dell'A thenaion politeia illustra <<L'organizzazione deIl'an-
tica costituzione anteriore a Dracone>> ('Hv 8' 1 TaILE TflE dp)(aLar ,T0XLTELaE Tfr orpo ApdKOVTOE ToLa&);
all'inizio del quarto capitolo ribadisce che <<La prima costituzione ebbe questo aspetto>> ('H lily oiw UP(1TT1
TFOXITELO TauTflv EL XE Thlu 6uo'ypa44v). Cfr. su questi passi e ii quarto capitolo M. CHAMBERS, Der Staat der
A thener von A ristoteles; Ubensetzt und erldutert von Mortimer Chambers, Berlin 1990, pp. 148,154-155;
325-326; RHODES, A Commentary, pp. 97, 109-112, secondo i quail i passi relativi alla "costituzione di
Dracone" sono ii frutto di un'interpolazione (su cui infra) . Cfr. status quaestionis in RHODES, A Commen-
tary,pp. 110-112.
60 ALESSANDRO GALIIvIBERTI
15 Cfr. D. M. MACDOWELL,
A ndokides On the Mysteries. Text edited with introduction, commmenta-
ry, and appendixes, Oxford 1962, pp. 120; 194-199. Le leggi di Dracone sono queue sull'omicidio.
16 BiscAiwl, Diritto greco,
pp. 282-283, con fonti e bibliografia. PiO in generale sul rapporto tra i
legislatori e ii loro retroterri religioso cfr. G. CAMASSA, Leggi orali e leggi scritte. I legislatori, in I Gre-
ci,H. 1, Torino l99'1, pp. 56l-576.
17 IG 161; Demosth.
Contra A ristocr. 37; DE SA NcrIs, A tthis, p. 230.
18 Plato Leg. 9, 865 b e Sch. Plat. ad loc.: 6
4K A EX 46V KOLLoOELC v61oC.
TRA UTOPIA E IDEALIZZAZIONE: ADRIANO, DRACONE E SOLONE 61
11 Oft. da ultimo i saggi in J. H. BLOK - A. P.M. H. LARDIN0IS, Solon of A thens. New Historical and
Philological A pproaches, Leiden-Boston 2006.
20
E. RUSCHENBUSCH, ZOAQNOZ NOMOI. Die Fragmente des solonischen Gesetzwerkes mit einer
Text-und Uberlieferungsgeschichte, Historia Einzelschriften, 9, Stuttgart 1966; A. MARTINA, Solon.
Testimonia veterum, Roma 1968.
21
DE SARcns, A tthis, pp. 247-289; J. H. BLOK, Solon's Funerary Laws, in BLOK-LARDINOIS (edd.),
Solon of A thens, pp. 197-247. Iricerta b l'attribuzione a Solone dell'istituzione del tribunale eliastico (L. Plc-
cIIDLLI, in M. MANFREDINT - L. Piccnur.0 (edd.), Plutarco. La V ita di Solone, Milano 1977, pp. 211-212).
22
Cfr. A rist. A then. pol. 7, 1.
23
Eius (scil. Draconis) igitur leges, quoniam videbantur impendio acerbiores, non decreto iusso-
que sed tacito inlitteratoque A theniensium consensu oblitteratae sunt. Postea legibus aliis mitioribus a
Solone compositis usi sunt. Is Solo e septem illis inclutis sapientibusfuit. Is sua lege injures own, Ut Dra-
co antea, mortis sed dupli poena vindicandum existimavit.
24
L'elaborazione politica delle figure di Dracone e di Solone in senso oligarchico-moderato avvie-
ne soprattutto ad opera degli oratori attici del IV secolo: cfr. ad es. Andoc. 1, 83; per Dracone dr. i con-
trastanti giudizi di Demade (in Plut. Sol. 17,3) e Licurgo (Contra Leocr. 65); per Solone cfr. ad es. Isocr.
7, 16,31-55; 12, 148; 15, 231, 235, 313, su Cm C. MossE, Due miti politici: Licurgo e Solone, in! Greci,
II. 1, Torino 1997, pp. 1325-l335einfra.
62 ALESSANDRO GALIMBERTI
25
M. SORDI, La prima guerra sacra, RFIC 31, 1953, pp. 320-346; L. PRA NDI, I Ciloniani e l'oppo-
sizione agli A lcmeonidi in A tene, CISA 26, 2000, pp. 4-20; cfr. da ultimo A. GIuLI<I, La città e l'oraco-
lo. I rapporti tra A tene e Delfi in eta arcaica e classica, Milano 2001, pp. 19-24, che accentua le motiva-
zioni di carattere politico-religioso per cui (24): <<uno degli obiettivi perseguiti e raggiunti da Atene (e
probabilmente dall'intera coalizione) era ottenere un mutamento neIl'orientamento dell'oracolo>>.
26
L. M. L'Horvilm-W ERY ,La perspective éleusinienne dans lapolitique de Solon, Genève 1996, pp.
63-113.
TRA UTOPIA E IDEALIZZAZIONE: ADRIANO, DRACONE E SOLONE 63
27
Tuttavia la distinzione plutarchea è solo una delle possibili: cfr. SmouD, The A xones, pp. 3-4; 28-35.
29
Faccio riferimento all'edizione Ruschenbusch citata supra.
29
RUSCHENBUSCH, ZOAQNOZ NOMOI,pp. 50-52,57-58. Nell'ultimo trentennio del II sec. a.C. Apel-
licone di Teo portd alla bce gli scritti di Aristotele e eurO le prime copie. Dopo la morte di Apellicone,
nell'82 Silla trasferl la sua biblioteca da Atene a Roma dove (forse nel 55) due grammatici, Tirannione
ed Andronico di Roth, curarono la nuova edizione e la schedatura delle opere di Aristotele.
30
Cfr. C. MossE, Comment s'élabore un mythepolitique. Solon <perefondateurs de la démocratie
athénienne, Annales (ESC) 34, 1979, pp. 425-437.
31
A then.pol. 41,6; Pol. 1273b 30-40-1274a 1-5.
32
Mossé, Due miti, p. 1331: <<II riferimento a Solone diventO on luogo comune del discorso degli ora-
tori, dato che ii suo ruolo di arbitro, grazie al quale aveva saputo mantenere una giusta equidistanza tra le
fazioni contrapposte, si adattava assai bene alla situazione presente (scil. alla sitoazione del 403) e all'inten-
dimento di ricostruire l'unitb della citth (scil. di Atene) all'indomani di una vera e propria guerra civile. A
tal fine occorreva fare di Solone il fondatore della democrazia, ma di una democrazia moderata, che riser-
vava ai "migliori" l'esercizio delle magistrature e lasciava in mann al popolo l'assemblea e i tribunalis.
RUSCHENBUSCH, ZOAQNO> NOMOI, pp. 46-47; Mossd, Due miti, pp. 1333-1335.
' Tali sono secondo MossE, Due miti, pp. 1334, Ic leggi sull'artigianato, sull'istituzione dci gine-
conomi, sull'esportazione di alcuni prodotti. Sulla connessione stabilita da Plutarco tra il carattere demo-
cratico dell'opera legislativa di Sobone e la sua legislazione commerciale cfr. Sol. 24, 1 e infra.
64 ALESSANDRO GALIMBERTI
Plut. Sol. 20, 1; Gell. NA 2, 12. Utopica appare già la norma "soloniana" circa la privazione del
diritti clviii a chi non aderisse a nessuna delle fazioni in lotta in caso di OTU0I3, presente peraltro già nel-
le Elegie soloniane in cui l'autore rivendica la sua funzione di arbitro sociale
36 Su cui cfr. 1'Introduzione a questo volume.
Hdt. 1,29 e 86; Plut. Sol. 27, 1.
38 Suet. Tib. 56: item cum soleret (scil. Tiberius) ex lectione cotidiana quaestiones super coenam
proponere et comperisset Seleucum grammaticum a ministris suis perquirere, quos quoque tempore trac-
taret auctores, atque ira praeparatum venire, primum a contubernio removit, deinde etiam ad mortem
compulit.
a COt KaTypadqoav ELC liilivois bovar 6v TIXUIOIOLC 1 TOE PLEXOOJOL OTpE01EV0U3, W v ETL eat' ipiä
lv llpuTavELw X eIosava psepb 8LEmET0.
40 -TrXT0L0v 81 TrpuTavELóv lOTtE, 11! (jI V6101L TE 01 zóXsvóa CLOt yrypajljLlvvoL.
41 Per l'influenza greca salle Dodici Tavole cfr. G. CsnoO, La legge delle X II
tavole. Osservazioni e
problemi, ANRW 1. 2, New York-Berlin 1972, pp. 115-133; M. Ducos, L'influence grecque sur la loi
des douze tables, Paris 1978.
TRA UTOPIA B IDEALIZZAZIONE: ADRIANO, DRACONE E SOLONE 65
42
In questa tradizione possono essere riversate le notizie di Cic. V err. 5, 72, 187; Pun. Ep. 5,24,4;
Flor. 1, 24, 1, che parlano genericamente di derivazione greca delle leggi romane. Su Ermodoro cfr. Stra-
bo 14, 1, 25; Plin. NH 34, 5, 2 1.
° F. WIEACKER, Solon und die X II Tafein, in Studi V olterra Ill, Milano 1971, pp. 761-768; 782-784;
cfr. già E. RUSCHENBUSCH, Die Zwolftafeln und die ro,nische Gesandtschaft nach A then, Historia 12,
1963, pp. 250-253 e ancora P. SIEWERT, Die angebliche Ubernahme solonischer Gesetze in die Zwolfta-
feln. Ursprung und A usgestaltung einer Legende, Chiron 8, 1978, pp. 338-344.
II cui tentativo di negare interferenze tra leggi soloniane e Dodici Tavole in relazione alle dispo-
sizioni funerarie (cosI anche SIEWERT, Die angebliche, pp. 331-337) lascia tuttavia spazio ad ipotesi quan-
tomeno diverse. Si veda ad es. I'esplicita testimonianza di Cic. Leg. 2, 59: lam cetera in X II minuendi
sumptus sunt lamentationisque funebris, translata de Solonis fere legibus [ ... ]. Quod eo magis iudico
verum ease quia lex Solonis id ipsum vetat. Per una valutazione pin equilibrata cfr. ora BLOK, Solon's
Funerary, pp. 197-247 (con bibliografia).
° Che incomincia laddove Tacito a 26, 3 cessa di parlare di Solone e passa a delineare una breve
storia delle leggi romane da Romolo alI'epoca di Tiberio. Con Solone si conclude la trattazione relativa
alla legislazione greca, con le Dodici Tavole (27, 1) si conclude la trattazione relativa alla migliore legi-
slazione romana a cui segue, in modo piuttosto brusco, un lungo periodo di "decadenza" iniziato con i iii-
bunati dei Gracchi, di Druso e di Saturnino (27, 2 e sgg.), interrotto solo a tratti da alcuni momenti posi-
tivi (con Silla, con Augusto e, infine, con Tiberio).
66 ALESSANDRO GALIMBERTI
46
Vale la pena notare la posizione dell'excursus tacitiano collocato entro la narrazione del princi-
pato di Tiberio, al quale lo storico riconosce ii merito di aver posto un freno al dilagare dei delatori che
forzavano la legge (28, 3). L'attenzione di Tiberio per le leggi soloniane potrebbe essere suggerita dal fat-
to che, come s'è detto, tra I frequentatori della corte tiberiana c'era Seleuco, autore di un commento agli
dovc.
° Il richiamo all'equita potrebbe far pensare nuovamente a Solone il quale, a prescindere dalle
coloriture di IV secolo, aveva già rivendicato per sé nelle sue Elegie l'immagine dell'uomo politico che
govema con imparziale giustizia e rigorosa onestà. Vale la pena ricordare che per Ammiano Marcellino
(22, 16,22) Solon [ ... ] Romano quoque iuri maximum addiditfundamentum cfr. U. ZCccHINI, Greek and
Roman Parallel History in A mmianus, in J. W. DRIJVERS et aiji (edd.), A mmianus after Julian, Leiden
2007, p. 206.
48
F. D'IPPOLITO, Le X II Tavole: ii testo e lapolitica, in Storia di Roma I, Torino 1991, p.397.
a Draco A theniensis y in bonus multaque esse prudentia existimatus est iunis divini et humani pen-
tusfuit. Is Draco leges quibus A thenienses uterenturprimus omnium tulit. In illis legibusfurem cuiusmo-
dicumque furti supplicio capitis poeniendum esse et alia pleraque nimis severe censuit sanxitque. Eius
igitur leges, quoniam videbantur impendio acerbiores, non decréto iussoque sed tacito inlitteratoque
A theniensium consensu oblitteratae Sunt. Postea legibus aliis mitioribus a Solone compositis usi sunt. Is
Solo e septem illis inclutis sapientibusfuit. Is sua lege infures non, ut Draco antea, mortis sed dupli poe-
na vindicandum existimavit. Decemvini autem nostni, qui post reges exactos quibus populus Romanus
utenetur in X II tabulis scnipserunt, neque pari severitate in poeniendis omnium genenumfuribus neque
remissa nimis lenitate usi sunt.
° Ho attirato l'attenzione (GALIMBERTI, A driano e 1 'ideologia, pp. 102-108) sulla legislazione mill-
tare adrianea,che fa della moderazione e dell'humanitas I suoi criteri guida.
Cfr. F. CASAVOLA, Giuristi adrianei, Napoli 1980, pp. 77-105.
TRA UTOPIA E IDEAUzzAzIONE: ADRIANO, DRACONE B SOLONE 67
1. Sia Dracone sia Solone sono due riformatori sul piano legislativo
e costituzionale.
2. Ambedue operano sullo sfondo di un contesto connotato dal pun-
to di vista religioso e sacrale, al centro del quale sono Delfi (sia in Dra-
cone sia in Solone) ed Eleusi (in Solone).
3. Gli c0VE3 soloniani sono oggetto di un ininterrotto interesse di
studio, avviato da Aristotele, che si estende fino ad almeno ill sec. d.C.
4. Dal IV secolo è in atto un'interpretazione mitico-utopica dell'atti-
vita di Solone e della sua figura sotto ii profilo legislativo e politico, che
ravvisa nel legislatore greco ii modello del perfetto legislatore: questa
immagine trapassa nella cultura giuridico-antiquaria romana tra ill seco-
lo a.C. e ii II secolo d.C. e viene accostata alla legislazione decemviraie
delle Dodici Tavole.
Alla luce di ciO credo ora sia possibile cogliere e illustrare put ampia-
mente ii carattere idealizzante-utopico del progetto di Adriano in Grecia.
Adriano nel corso dei suoi viaggi Si pone anch'egli come legislatore
(vooeTr) in Grecia e in particolare ad Atene. Qui l'imperatore, in una
data imprecisata, aveva emanato una legge (voioeEoia) 52 relativa al corn-
mercio dell'olio d'oliva, fissando le quote destinate ad Atene e all'espor-
tazione nonché le multe e la regolamentazione degli eventuali contenzio-
si. La critica ha riconosciuto in queste disposizioni un'eco di un'analoga
legge soloniana a cui accenna Plutarco (Sol. 24, Per quanto signifi-
cativa, quest'eco ml sembra nient'altro che un precedente, peraltro poco
perspicuo. C'è perô un aspetto della attività legislativa di Adriano ad Ate-
ne che merita maggior attenzione per comprendere meglio ii rapporto con
gli antichi legislatori presi qui a modello. Adriano infatti ad Atene è auto-
re non solo di una generale attività legislativa in quanto imperatore, ma in
quanto VO1LO06T_Q3 è, al pari di Solone e di Dracone, l'autore di riforme
che lato sensu potremmo definire costituzionali 54 : ad Atene ii principe
costituI infatti una tribii col suo nome ('A6ptavL3) e ridusse ii numero dei
buleuti da seicento a cinquecento, il numero cioè fissato da Clistene55.
52 CosI nella prima linea dell'iscrizione: Kd(tdXaLa) vo(to)t(ota) Atptavot in OLIVER, Greek Con-
stitutions, n° 92, che commenta: <<Hadrian appears here in his invited role of Athenian nomothetes as well
as emperor. He is primarly a nomothetes in a tradition going back to Draco and Solon, so that we should
not refer to the law as a part of an edict, though it would have had the same validity as an imperial edict>>.
53 1(1>) 6 y1VO1tW1) hLatOLl) Trp63 /Xaiou jió>OV .84KEV, ?IXXG 6'tdyiv /KthXUO, IM IL caTh TWV
76V TOJV dp&g ThV dpXovTa TroLetataL TrpooE Ta l ev
. t TLVLV WThV /KaT61) SpaxlIac ELS TO 8fljl69LOv (aL Trp
Tor /1L4V tOTIV 0 TOUTO1) LTEPLEXÜ1V TOL' vojov. Cfr. GRAINDOR, A thènes, pp. 74-79.
14 In un'iscrizione ateniese relativa ai dodici arconti di Delo del 119-120 d.C. (BCH 28, 1904, 172;
BCH 34, 1910,421) un certo Pitodoro è vo ioQ/ i Tlc . GRAINDOR, A thènes, p.32 nota 1, ha nsservato che: <<La
dernihre de ces dodécades est del' archontat de C. Julius Cassius (125/6)>> ed ha ipotizzato che <<Hadrien ne
se chargeat-t-il que des lois constitutionnelles et Pythdôros eut-il mission de codifier les lois usuelles tel, a
Rome, Salvius Julianus, a qui fut confiée par Hadrien la codification de l'edictumperpetuum>>. Colpisce in
ogni caso la coincidenza con le date chiave del progetto Panellenico di Adriann: 121/2 e 125/6 (cfr. infra).
55 Secondo un'ipotesi recente Adriano avrebbe restaurato anche la Pnice (M. H. HANSEN, The A the-
68 ALESSANDRO GALIMBERTI
0 all'età antonina, poichh Antioco, come attesta Filostrato (VS 568 e 524), fu allievo di Dionisio
di Mileto contemporaneo di Adriano. Cfr. L. ROBERT, Documents d'A sie Mineure, BCH 101, 1977, Pp.
119-132.
SIG3 551. Nel 120 e nel 125 oppure nel 124/5 e nel 129/130. Cfr. WEBER, Untersuchungen, p.
193; BEAUJEAU, La religion romaine, p. 185. Adriano restituiinoltre a Delfi .lapossibilità di batter mone-
ta e interrogé egli stesso l'oracolo a proposito della patria di Omero (A P 14, 102). Plutarco (De Pyth.
orac. 29) attesta la rinascita di Delfi ai suoi tempi. Su Adriano, Plutarco e Delfi cfr. S. SWAIN, Plutarch,
Hadrian and Delphi, Historia 40, 1991, Pp. 318-330; C. TALAMO, Plutarco, DeW e il Panellenio, in P.
VOLPE CACCIATORE - F. FERRARI, Plutarco e la cultura della sua eta, Napoli 2007, pp. 207-219.
OLIVER, Greek Constitutions, n. 75.
Sulla singolare coincidenza tra gli ethne presenti a Delfi che votavano anche nel Panhellenion
cfr. I. ROMEO, The Panhellenion and Ethnic Identity in Hadrianic Greece, CPh 97, 2002, Pp. 24-25.
72 ALESSANDRO GALIMBERTI
of the First Fruits with Hadrian and the early years of the Panhellenion, given the Panhellenic character
of the custom and the extraordinary interest of Hadrian in the cult>>.
84 IG 112 3386, su una base di una statua databile trail 180 cii 182 d.C.
85 Sul tradizionalismo della politica religiosa di Adriano a Roma, oltre al fondamentale BEAUJEAU,
La religion romaine, pp. 111-278, mi permetto di rinviare ad alcune mie pagine (GnvIBaRrI, A driano e
l'ideologia, pp. 125-130).
86 IG 112 1075: [ITE dr 'Ae>ae] d4IKTo E6WKEV t8[u11 TaLC AOlvaIoLC XpoOaL TIQIC T8OXaL0L9
TflC sróXe[wr V61OL3].
17 GRAINDOR, A thènes, 73.
p.
74 ALESSANDRO GALIMBERTI
si. Allo stesso tempo ii riferimento alla piii illustre tradizione legislativa
greca trova ii suo corrispettivo nella tradizione giuridica romana, assai
vivace nell'età adrianea, che individua in Solone uno dei modelli di rife-
rimento delle Dodici Tavole.
La "costituzione" adrianea e i suoi riferimenti rivelano peraltro una
certa sintonia con ii dibattito sugli antichi legislatori greci e le loro costi-
tuzioni, che già in eta traianea gode di una certa fortuna. Plutarco nella
synkrisis delle Vite di Licurgo e Numa (4, 2-4) sostiene la superiorità
della costituzione del primo in ambito educativo88 . A questo proposito
mi sembra interessante osservare che la Vita adrianea dell'HA (Hadr. 2,
8) lega espressamente ii nome di Numa a quello di Adriano in relazione
alle V ergilianas sortes che Adriano avrebbe consultato in vista della sua
successione: ii responso sarebbero stati i versi di A en. 6, 808-812 11 rela-
tivi a Numaprimam qui legibus urbemfundavit; inoltre per Aurelio Vit-
tore (14, 24)90 Adriano, come Numa, caerimonias, leges, gymnasia doc-
toresque curare occepit. Non so se Adriano, riprendendo ii modello di
Numa in ambito legislativo (e religioso) polemizzasse con Plutarco, o
meglio con una tradizione di matrice greca; tuttavia l'accostamento a
Numa rivela che, mentre Adriano in Grecia ancorô il suo progetto panel-
lenico agli ormai mitici precedenti di Dracone e di Solone, in ambito
romano ii suo fillellenismo fu senz'altro temperato dalla riproposizione
di modelli, come quello di Numa che, pur guardando alla Grecia 91 , era-
no senz' altro riconducibili a tradizioni romane.
ALESSANDRO GAUMBERTI
Università Cattolica di Milano
88
P. DESIDERI, Lycurgus: The Spartan Ideal in the A ge of Trajan, in P. A. STADTBR - L. VAN DER
STOCKT, Sage and Emperor. Plutarch, Greek Intellectuals, and Roman Power in the Time of Trajan (98-
117 A D), Leiden 2002, pp. 315-327. Secondo Desideri (p. 324), nelle esenzioni fiscali di cui godono
grammatici, retori e filosofi a partire da Vespasiano, nonché negli alimenta traianei, si pub cogliere l'ini-
no a Roma di un Sistema di "educazione pubblica", cioe di un certo controllo dell'educazione da parte del-
lo "stato" (che paga o contribuisce a pagare gli insegnanti), non pill affidata esciusivamente alla famiglia
ormai in crisi.
89
Quis procul ille autem ramis insignis olivae/sacra ferens? Nosco crinis incanaque menta/regis
Romani primam qui legibus urbem fundabit, Curibus parvis et paupere terra/missus in imperium
magnum.
Ibi Graecorum more seu Pompilii Numae caerimonias leges gymnasia doctoresque curare occe-
pit, adeo quidem, Ut etiam ludum ingenuarum artium, quod A thenaeum vocant, constitueret, atque initia
Cereris Liberaeque, quae Eleusina dicitur, A theniensium modo Roma percoleret.
Sulla formazione greca di Numa cfr. Plut. Num. 1,3-5; Cic. De rep. 2,15,28-29; Liv. 1, 18, 2-4.
TRA UTOPIA B IDEALIZZAZIONE: ADRIANO. DRACONE E SOLONE 75
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76 ALESSANDRO GALIMBERTI
* Per una trattazione pid ampia del rapporto tra la riflessiorie politica e le attese utopiche nell'età
dei Severi rinvio al mio articolo Conscience de Ia crise, utopie etperspectives reformatrices a l'epoque
des Sévères, Latomus 67, 2008, pp. 985-999.
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SCHEITINO, Cassio Diane e le guerre civili di eta severiana, Oerión 19,2001, pp. 533-558, con ulteriore
bibliografia.
2 Per una "coscienza della crisi" nella seconda metà del III secolo presso le fonti contemporanee
cfr. G. ALFOLDY, The Crisis of the ThirdCentury as seen by Contemporaries, GRBS 15, 1974, pp. 89-
Ill; diversamente L. DE BLoIs, The Third Century Crisis and the Greek Elite in the Roman Empire,
Histonia 33, 1984, pp. 358-377.
Ovvero la costituzione del principato, con l'assunzione dell'imperium maius et infinitum e della
tribunicia potestas.
80 MARIA TERESA SCHEYFINO
Ad es., la preselezione dei candidati alle elezioni o la descrizione di un senato non pin, come
quello augusteo, composto esciusivamente da italici, ma anche da membri delle elites orientali, in accor-
do con quello severiano.
Ad es., I'estensione del poteri di alcuni magistrati, senza riscontro, come l'attribuzione della giu-
risdizione capitale al praefectus urbi, o la menzione di cariche mai istituite, come quella del subcensore.
6 II rapporto con la propria epoca e generalmente ammesso: per l'interpretazione del discorso come
la risposta dionea alla crisi dei suoi tempi si veda U. ESPINOZA - Ruiz, Debate A grippa-Mecenas en Dion
Casio. Respuesta senatorial a la crisis del imperio romano en época severiana, Madrid 1982; E. GABBA,
Progetti di rforme economiche efiscali in uno storico dell'età dei Seven, in ID., Del buon uso della nc-
chezza, Milano 1988, pp. 189-212 [= Studi in onore di A mintore Fanfani, I, Milano 1962, Pp. 41-681; M.
REINHOLD, From Republic to Principat. A n Historical Commentary on Cassius Dio's Roman History
Books 49-52, 36-29 B.C., Atlanta 1987; G. Zacci-Ima, II pensiero politico romano, Roma 1997, pp. 121-
124. Per una rassegna delle posizioni del moderni sul dibattito dell. 52 di Casslo Diane basti qui 11 rin-
vio a G. Caesci M.aaoNE, Introduzione, in Cassio Dione. Storia romana, Milano 1998, pp. 19-25, con la
nota bibliografica di pp. 31-33.
Djo 52.14.3; 52.15.1; 52.31.1-32.3; 52.37.7; 52.38.3.
1 Si ricordi che ii peso tributario gravava specialmente sulla grande proprietà agraria.
STORIOGRAFIA, POLITICA E UTOPIA IN CASSIO DIONE 81
plici, quale la Constitutio A ntoniniana (estensione della cittadinanza a tutti gli abitanti deIl'impero, fatta
eccezione per alcune categorie) solamente alle necessità economiche dello stesso Caracalla, con l'unico
fine di ampliare ii bacino di riscossione delle tasse. -
3 Perfino alla nomina imperiale: valga da esempio Macrino.
82 MARIA TERESA SCHEITINO
scelto, b) ii doppio livello della soluzione offerta alla crisi, una proposta
politica intessuta di un piano di riforme puntuali.
a) Ii modeilo scelto non è posto, come nella maggioranza dei trattati
costituzionali, in un passato remoto, la cui storicità è evanescente. L'ele-
zione di Augusto e del suo principato a paradigma è, peraltro, in sintonia
con uno dei motivi della propaganda di Settimio Severo, con una conso-
nanza che non è stata messa in giusto rilievo. Settimio Severo nel suo
discorso in senato dopo la vittoria sul rivale Albino (197 d.C.), discorso
a cui Dione era presente, esplicitamente indicô quale suo modello ispira-
tore Augusto a discapito di Cesare. Con atti di studiata propaganda, egli
promosse se stesso a restaurator deil'impero, identificandosi in un nuo-
vo Romolo e in un nuovo Augusto. Non si deve ritenere scontata la scel-
ta, dal momento che, nel corso del TI secolo, la fortuna della figura di
Cesare trovô diverse attestazioni 14• Indipendentemente dalla datazione
dell'opera dionea'5 , 1' appartenenza deli' archetipo augusteo all' orizzonte
culturale severiano ne attenua ii significato polemico: essa si traduce in
un'idealizzazione funzionale ali'attualizzazione pit che al vagheggia-
mento.
b) Per quanto con alcune varianti, la descrizione complessiva delia
struttura del principato si mostra corrispondente alla realtà, tanto e vero
che ha rappresentato una delle fonti piii preziose per ricostruire storica-
mente ii funzionamento del "sistema impero" dei primi secoli. In modo
analogo, le proposte di riforma trovano, in piii di un caso, riscontro nel-
l'attività dei Severi e sono state dagli studiosi considerate coerenti con la
situazione deli'inizio del III secolo.
Inoitre, lo stesso Dione chiarisce come le modalità pragmatiche deb-
bano attenersi a uno schema modulato nei tempi e nelle forme: egli pen-
sa in termini di fattibiiità. A 74.10.3, individua ii fallimento deli'opera di
riforma intrapresa, poco prima dell'ascesa di Settimio Severo, da Perti-
nace (193 d.C.), imperatore che pure egli stima e apprezza, neila precipi-
tosità con cui egli l'ha condotta: <<La riforma dello stato richiede tempo
e saggezza>> 16 Un piano riformatore ha successo neila misura in cui pro-
cede per tappe meditate. L'accento sul metodo fa pendere, nella tensio-
ne tra spinta progettuale e realizzabiiità, la bilancia verso la seconda.
Infine, se il iinguaggio dioneo rivela un atteggiamento politico volto al
passato secondo i canoni del pensiero antico, il punto di arrivo è la icaa-
GTWJL (restauratio pit che renovatio). L'utopia, di per sé, puô prevede-
14
Non ultimo ii De vita Caesarum svetoniano, che si apre appunto con la biografia di Cesare Cifi si
attribuisce II ruolo di iniziatore del principato e capostipite dei Giulio-Claudi.
15 Si tratta di un problema annoso: per un articolato status quaestionis rinvio a SCHETTINO, Cassio
Dione, pp. 533-558.
16 Dio 74.10.3: [...] 1rOXLTLFCi IcaTdaTaaLs CaL XPO'OU Cal aollLav
XPI1.
STORIOGRAFIA, POLITICA E UTOPIA IN CASSIO DIONE 83
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L' OPTIMUS PRINCEPS DANS L'HISTOIRE A UGUSTE: MODELE
POLITIQUE OU FIGURE UTOPIQUE?
Le premier a avoir remis en cause l'existence des six écrivains et a s'être interrogé sur la date
réelle decomposition est H. DESSAU (Ober Zeit und Persönlichkeit der S. H. A , Hermes 24, 1889, p. 337-
392): pour un bon exposé de l'état des recherches sur 1'Histoire A uguste, lire A. CHASTAGNOL, Histoire
A uguste. Les empereurs romains des II' et III' siècles, Paris 1994, p. IX-XXXIV. C'est dans le texte de
cette edition qui nous citons les Vies qui Wont pas encore été publiées par les Belles Lettres.
2 Voir la classification des diffdrentes biographies par CHASTAGNOL, Histoire A uguste. Les empe-
reurs des II' et III' siècles, p. XXXVII-XLVI.
88 AGNES MOLINIER ARBO
d'un certain intérêt a 1'egard des théories politiques produites par la phi-
losophie antique, et en particulier celles de Platon 3 . Ii place ainsi la
République au nombre des lectures incontournables des bons princes 4 et
s'efforce de faire de Fun d'entre eux, Marc Aurèle, un philosophe-roi: ii
insiste sur la qualitd de uir philosophans 5 de cet empereur, et décrit le
comportement de sage qu'il eut jusqu'à sa mort 6 dans sa vie aussi bien
publique 7 que privée t . Et, même s 'ii n'ignore pas qu' ii était StoIcien 9 , il
lui fait prononcer les mots de la République posant en principe l'indis-
tinction'du philosophe et du gouvernant 10: <des cites florissantes (sont)
celles oil les philosophes (sont) rois ou les rois ph.ilosophes>>".
Ii West pourtant pas sür que le philosophe-roi lui ait paru un ideal
réellement souhaitable. Dans le recueil, la passion de Marc Aurèle pour
la philosophie est quelquefois considérée moms cornme un atout du
prince que comme un handicap. Elle laisse planer de sérieux doutes sur
son aptitude a gouverner: l'écrivain, tout en exaltant les principes et les
vertus qu' elle lui avait permis d' acquérir, s'attache a montrer qu' elle ne
le rendait pas excessivement austere et ne lui aliénait pas 1' affection de
ses concitoyens 12 A Fen croire, trop de philosophie nuit, car elle rend le
monarque contumax, ignauus et tristis et ruine une de ses qualités essen-
tielles, la coinitas 13; le co-empereur Verus, dans une lettre forgee par le
biographe, ne pretend-il d'ailleurs pas que l'usurpateur Avidius Cassius
traitait Marc Aurèle de <<philosopha aniculax 14, par opposition a ses pro-
pres vertus viriles d'homme d'action 15? Le prince était lui-même
conscient que sa philosophie le desservait auprès des Romains: la Vita
souligne qu'il avait toujours soin de répondre de vive voix ou par écrit
aux détracteurs qui lui en faisaient grief 16, et nous apprend que, lorsqu'il
quittait Rome, ii veillait aux plaisirs de la foule, car l'enrôlement des gla-
diateurs auquel ii avait été une fois contraint de procéder avait alimenté
de fâcheux bruits sur son prétendu désir de retirer an peuple ses divertis-
sements pour le contraindre a cultiver la philosophie 17•
Par la Realpolitik qu'il pratique, Marc Aurèle se révèle indéniable-
ment plus rex philosophus que philosophus rex et est pour cela place au-
dessus de Platon lui-même par le biographe, qui n'hésite pas a disquali-
fier le théoricien an profit du praticien du pouvoir 18• On West des lors pas
surpris de lire qu'une vie passée en compagnie du grand philosophe West
guère utile a un gouvernant' 9 , et 1' on ne s ' étonne plus de la superficialité
des références a 1' auteur de la Republique, simplement cite au Pantheon
des grands écrivains et philosophes gr6co-romains 20 , ou même quelque-
fois évoqué avec une gratuité qui frôle la derision 21.
14
A uid., 1, 8; le debut de la lettre, qui comporte une grossière erreur genealogique, atteste sans nul
doute possible que l'ensemble do document est un faux rbdigd par 1' auteur; cf. CHASTAGNOL, Histoire
A uguste. Les empereurs des III et III, siècles, p. 192, note 3.
Nous ne sommes finalement guère éloignés d'une conception de la philosophie pratiqude unique-
ment pendant l'adolescence, mais qu'il faut savoir abandonner a l'âge d'homme pour de plus hautes
responsabilités.
16
Voir 22, 5-6; 23, 9. La presence aux cbtés de l'empereur de philosophes mauvais conseillers est
également reprochee dans 1'Histoire A uguste a un tyran, Heliogabale: cf. Heliog., 11, 7.
17 M. A nt., 23, 4-5: A bsens populi Romani uoluptates curari uehementer praecepit per ditissimos
editores. Fuit enim populo hic sermo, cum sustulisset ad bellum gladiatores, quad populurn sublatis
uoluptatibus uellet cogere adphilosophiam. Si Yon nous permet cet anachronisme, les Romains ne crai-
gnent ici pour eux-mbmes rien d'autre que cc que Thomas More, dont l'ceuvre doit tant a Platon, avait
révé pour les habitants d' Utopie, l'enfer d'un monde ob tons les loisirs devaient btre soigneusement con-
trôlds et occupbs par des lectures blevbes.
18 Voici les paroles que l'auteur adresse a Dioclbtien, le dédicataire affiché de la vie (ibid., 19,2): sae-
pe dicitis nos uita et dementia tales esse cupere, qualisfuit Marcus, etiamsiphilosophia nec Plato esse pos-
sit, si reuertatur in uitam. CALLU (Platon dans l'Histoire A uguste, p. 474-475) a soulignb l'incongruitb d'un
parailèle qui place le grand philosophe en-dessous de Marc Aurdle, dont Dioclétien se voulait l'émule.
19 Cf. Gord. tr., 7, 1.
20 Selon une tendance propre a l'bpoque qui cherchait, face an triomphe du christianisme destruc-
teur des antiques valeurs et traditions, a rassembler sous une commune bannière tons les <<tenors>> de la
culture gréco-romaine.
21 Voici par exemple comment l'auteur - an cours d'une digression dont il admet lui-même a
demi-mot la futilitd (cf. A ur., 3, 1 et, plus loin, 4, 1) et qui suit des considerations sur l'omniprésence du
mensonge en histoire (ibid., 2, 1-2) - cherche a excuser la modeste naissance d'Aurblien (3, 4-5): A n
Platonern magis commendat, quodA theniensisfuerit quarn quad unicum munus inluxerit?A ut eo minores
inuenientur A ristoteles Stagirites Eleatesque Zenon aut A nacharsis Scytha, quod in minirnis nati Sint
uiculis, corn illos ad caelurn ornnis philosophiae uirtus extulerit? Derriere l'eloge dithyrambique de la
sagesse de Platon et des trois autres philosophes mentionnés avec lui, on pent s'interroger sur la validité
d'une comparaison de ces hommes avec on empereur décrit essentiellement comme un homme de guer-
re an temperament violent (21, 5) et qui fut one fois empéché de mettre a sac la ville de Tyane par l'ap-
parition d'un autre vénérable sage, Apollonios (24,2-9). Le rapprochement du prince et du philosophe est
ici explicitement présenté comme one simple figure do discours, sans valeur intrinsèque réelle.
90 AGNES MOLINIER ARB
22 Sur ce point, lire les rhflexions développhes par J. BOUFFARTIGUE (L'empereur Julien et la cultu-
re de son temps, Paris 1992, P. 637-640). Thhmistios (cf. Julien, Them., 253c; 255c) on Synhsios de
Cyrène dans son Discours sur la Royauté (hd. C. LACOMBRADE, Paris 1951) htaient en revanche encore
tenths de proposer aux gouvernants le philosophe-roilroi-philosophe comme modèle de prince.
23 M. A nt., 13,6; 13, 12; 26, 10.
24 Ibid., 12,12; 19, 10.
25 Jbjd 12 6.
Ibid., 27, 1.
27 Jbjd., 12,2; 12,7,9et12; 17, 1.
28 Ibid.,2 1;4,10.
29 Ibid. 17 7.
30Ibid.,8,2.
31 V oir Seu. A l., 22,4; 49,6.11 aurait mbme (cf. ibid., 29,2) place Jesus dans son laraire personnel,
parmi les âmes saintes, a côté d'A pollonius, A braham, Orphbe, les meilleurs empereurs divinisbs et ses
ancêtres. Cf. bgalement 43, 6, oh Pon apprend qu'il avait songb a edifier un temple en l'honneur du Christ
eta l'admettre an nombre des dieux; 45, 7, on encore 51,7-8, oh apparait la fameuse regle d'or des Juifs
et des Chrétiens commentée par J. STRAUB, Heidnische Geschichtsapologetik in der Christlichen Spatan-
tike. Untersuchungen Uber Zeit und Tendenz der Historia A ugusta, Bonn 1963, p. 106-124.
32 Les autres sources ne sont pas si elogieuses: cf. BERTRAND-DAGENBACH, Sdvère A lexandre et
l'Histoire A uguste, p. 125-138; nous avons empruntb la plupart de nos références a Sévère A lexandre a
cet auteur.
Lire ibid., P. 142.
Seu. A l., 4, 3: Sévère Alexandre n'était pas inabordable.
Ibid., 4, 1-2: Sévhre Alexandre refuse le titre de Dominus.
36 Ibid., 17,4; 18, 3; 23, 4; 40, let 6-11; 41, 1, etc.
37 Ibid., 18, 3: il interdit de l'adorer selon la coutume perse.
L'OPTIMUS PRINCEPS DANS L'HISTOIRE A UG USTE 91
38 Seu. A l., 12,4-5 (cela lui valut d'ailleurs le nom de Severe); 25,2; 52, 1-3; 53, 1-7; 59, 6. V oir
BERTRAND-DAGCNBACH, A lexandre Sévère et 1 'Histoire A uguste, p. 177-185.
Cf. ibid., 3, 1, o6 I'auteur insiste sur l'bducation aussi bien civile que militaire reçue par le prince.
4°
Cf. ibid., 4, 3. II est remarquable de noter qu'il partage certaines de ses vertus avec le Sbnat: cf.
BERTRAND-DAGENBACH, Sévère A lexandre et l'Histoire A uguste, p. 158.
41
Cf. Seu. A l., 15, 4.
42 Ibid., 19, 1-3; 21,5; 24, 1; 43, 1-4; 46,5 et 49,2: lire BERTRAND-DAGENBACH, A lexandre Sévère
tome de Caesaribus (35, 10), le principat de Tacite aurait étb prbcédd d'un étrange interrègne sans inter-
rois, an cours duquel le Sbnat et l'armée auraient rivalisb de bons procédés en se renvoyant mutuellement
le pouvoir de choisir le nouvel emereur; sur l'historicitb douteuse de cet episode, lire notamment A. CH.'-
STAGNOL, Sur la chronologie des années 275-285, dans Mélanges de numismatique, d'archéologie et d'hi-
stoire offerts a Jean Lafaurie, Paris 1980, p. 80; J. P. CALLU, L'interrègne de Séverine, dans Orbis Roma-
nus Christianusque. Travaux sur l'A ntiquitd Tardive rassemblds autour des recherches de Noel Duval,
Paris 1995, p. 13-31, et, en dernier lieu, S. EsTI0T, L'interregne de Sdverine et l'accession de l'empereur
Tacite: faut-il vraiment croire l'Histoire Auguste?, dans Historiae A ugustae Colloquium Barcinonense.
A tti del convegni sulla Historia Augusta VIII, éd. G. BONAMENTE et M. MAYER, Bari 2005, p. 157-180.
Tac., 6,8-9; 14, 1.
49 lbid., 12, 1.
50
On songe ici aux mots que l'auteur met dans la bouche de l'usurpateur Clodius Albinus (Clod.
A lb., 13,7-8): hic ipse Commodus quanto meliorfuisset, si timuissetsenatum? Et usque adNeronem qui-
dem senatus auctoritas ualuit, qui sordiduin et inpurumprincipem damnare non timuit, cum sententiae in
cum dictae sint, qui uitae necisque potestatem atque imperium tunc tenebat. Le dbveloppement sur i'm-
terrègne de Tacjte constitue peut-btre une réplique an debut des Histoires de l'historien homonyme (4),
oil cc demier declare qu'après la most de Néron euulgato imperil arcano, posse principem alibi quam
Romaefleri.
' A en croire Aurelius Victor (Caes., 37, 5), depuis la mont de Probus et jusqu'à l'époque de I'au-
teur de 1'Histoire A uguste, les empereurs, après avoir btb nommbs par l'armée, ne prenaient plus la peine
de Se faire investir des pouvoirs légaux par le Sénat: cf. CHASTAGNOL, Le Sdnat Romain a i 'époque impé-
riale, p. 210-212. Avant Tacite, Maxime et Balbin avaient bté choisis par le Sénat; et, selon I'Histoire
A uguste (Hadr., 4, 9), Trajan aurait songé a laisser an Sbnat le choix de son successeur.
32
Tac., 11, 1: senatum principes legere [...], leges a senatu petendas, reges barbaros senatul sup-
plicaturos, pacem ac bella senatu auctore tractanda.
Ibid., 18,2-3: [Lettre du Sénat ala Curie de Carthage] dandi iris imperil, appellandi principis, nun-
cupandi A ugusti ad nos reuertit. A d nos igitur referte quae magna sunt; 18, 5: [Lettre du Sénat ala Curie de
Treves]: creandi principis ludiclum ad senatum redüt; 19, 1 [lettre privée]: tantum auctoritas amplissimi
ordinis creuerit Ut reuersae in antiquum statum rei publicae nos principes demus, nosfaciamus imperato-
res, nos denique nuncupemus A ugustos; 19, 3 [autre lettre pnivée]: in antiquum statism senatus reuertit; nos
principes facimus, nostri ordinis sunt potestates; 19, 5: floret Roma, floret tota res publica; imperatores
damus, principesfacimus; possumus etprohibere qui coepimusfacere. Dictum sapienti sat est.
34 Tac., 12, 1.
A en croire Plutanque (Pyrrh., 19, 6), l'expression avait déjà ete employee par Cinéas, l'ambas-
sadeur de Pyrrhus; cf. F. PASCUOUD, Histoire A uguste. V ies de Probus, Firmus, Saturnin, Proculus et
Bonose, Carus, Carla et Numérien, Paris 2002, p. 90.
L'OPTIMUS PRINCEPS DANS L'HISTOIRE A UG USTE 93
56
Prob., 11, 2.
Ibid., 11, 3. Cicbron (Sest., 12) et Tite Live (8, 34, 1) avaient déjà bvoqub la maiestas du Sbnat:
Cf. PASCHOUD, V ies de Probus, Firmus, Saturnin, Proculus et Bonose, Carus, Numdrien et Carin, p. 92.
Sur la maiestas designant le pouvoir imperial, lire S. RArro, Sur la signification de Gall. 14, 11: de digni-
tate uel, Ut coeperunt alli loqui, de maiestate, dans Historiae A ugustae Colloquium Perusinum. A tti dei
Convegni sulla Historia Augusta IV, éd. G. BONAMENTE et F. PASCUOUD, Bari 2002, p. 410-412.
58 A ur.., 41,2: sancti et <uenerabiles> domini Patres Conscripti.
Prob., 11, 2: Oratio Probi prima ad senatum: <Recte atque ordine, patres conscripti, proximo
superiore annofactum est Ut uestra Clementia orbi terrarumprincipem daret, et quidem de uobis, quiet
estis mundi principes, et semperfuistis, et in uestris posteris eritis; voir sur ce point les commentaires
de D. DEN HENGST, The Prefaces in the Historia Augusta, Amsterdam 1981, p. 112; PASCHO1JD, Vies de
Probus, Firmus, Saturnin, Proculus et Bonose, Carus, Numérien et Carin, p. 90-91.
60 Clod. A lb., 13,5; 13, 10; Tac., 15,2: senatui reddat imperium.
61
Cf. C. LESSING, Scriptorum Historiae A ugustae Lexicon, Lipsiae 1901-1906, p. 260-263, part.
261-263. Lire J. BERANGER, L'expression du pouvoir supreme dans l'Histoire Auguste, B. H. A . C. 1971,
Bonn 1974, p. 2l-49, part. p. 36.
62
Voir Tac., 4, 1 et surtout l'acclamation de 4, 3: princeps senatus recte A ugustus creatur, primae
sententiae uir recte imperator creatur.
63 Tacite West en effet pas le seul princeps senatus du recueil: Valérien est censé avoir occupé cet-
te fonction avant d'accéder a 1'Empire (Gord. tr., 9, 7: princeps senatus) ainsi qu'Arellius Fuscus (Tyr.
Trig., 5,4: consularisprimae sententiae), Ulpius Silanus (A ur., 19, 3:primae sententiae) et Manlius Sta-
tianus (Prob., 12, 1: qui primae sententiae tune erat). Quant a Tacite, ii est successivement qualifié de
primae sententiae senator (A ur., 41, 4), de primae sententiae consularis (Tac., 4, 1) et de princeps sena-
tus (ibid., 4,3); ii ne fait pas de dome qu'il s'agisse d'inventions de l'auteur, même si par ailleurs d'au-
tres sources rendent plausible une <<resurrection>> de la vieille institution républicaine aux Illd/IVO sibcles:
Cf. CHASTAGNOL, Le Sénat romain a l'époque impériale, p. 217-218.
Cf. Tac., 4, 4.
94 AGNES MOUNTER ARBO
vénérable de l'Assemblée, qui, parce que ses mérites lui ont vain le droit
de donner en premier son avis au Sénat, a également vocation a gouverner
1'Empire. Ii ne tire pas sa légitimité de l'armée mais des sénateurs dont ii
est une pure emanation et qui peuvent le révoquer quand us le veulent 65 , et
surtout ne sont pas tenus de subir a sa mort la domination de son fils.
L'écrivain, adaptant l'idéal républicain a la seule réalité qu'il ait jamais
connue, esquisse ici les contours d'un régime oit le Sénat exercerait l'em-
pire, d' abord a travers son membre le plus auguste 66 , puis, peut-être, plus
tard, quand ce dernier aurait paciflé le monde, sans aucun interm6diaire67.
Cet étrange principat senatorial n'est bien sflr qu'une construction
mentale aposteriori: a supposer que les sénateurs aient réellementjoué un
role décisif dans sa nomination, Tacite était vraisemblablement, comme
tons lés empereurs qui le précédèrent et ceux qui Font suivi, un militaire68.
Le biographe Wen est sans doute même pas l'inventeur: le theme d'une
resurgence, sous le règne de Tacite, del' antique auctoritas - voire même la
fiction de 1' imperium 69 - du sénat, était déjà present chez l'epitomateur
Aurelius Victor 70, qui l'avait certainement emprunté a sa source, la Kaiser-
geshichte d'Enmann (EKG) 71 , dont le biographe s'est beaucoup inspire.
La figure de Tacite constituait peut-être un modèle en vogue au IVème sie-
cle au seinde 1' aristocratie sénatoriale, mécontente de ne plus jouer un role
prépondérant dans l'Etat et qui considérait que le principat de cet empereur
65
Ibid., 19, 5.
66
Vofr par exemple ce que Tacite declare lors de son premier discours an Shnat (ibid., 9, 1):
uestrum est [ ... ] ea iubere atque sancire quae digna uobis, digna modesto exercitu, dignapopulo Roma-
no esse uideantur.
67
Cf. ibid., 15,2: voir infra, note 78.
68
Lire en particulier R. SYME, Emperors and Biography, Studies in the Historia Augusta, Oxford
1971, p. 238-240. D'autres hypotheses ont ii est vrai été émises sur ses origines: cf. M. CHRISTOL, Essai
sur l'évolution des carribres sénatoriales dans la 2' moitié du III' apr. J. C., Paris 1986, p. 114, p. 183-
184; CHA STA GNOL, Les empereurs romains des He et Me siècles, p. 1030-103 1.
69
Cf. Aurelius victor (37, 5).
70
36, 1: Igitur tandem senatus, mense circiter post A ureliani interitum sexto, Taciturn e consulari-
bus, rnitem sane uirum, imperatorem creat, cunctis fere laetioribus, quod militari ferocia legendi ins
principis proceres recepissent: cf. SYME, Emperors and Biography, p. 238 et 240. II n'est pas impossi-
ble que les circonstances qui, one vingtaine d'années avant la redaction de 1'Histoire A uguste, entourè-
rent l'investiture de Valentinien, aient donnb une nouvelle impulsion a l'imagination de l'auteur: cf.
SYME, ibid., p. 243. Selon F. PASCHOUD (Histoire A uguste. V ies d'A urdlien et de Tacite, Paris 1996, p.
321) la joie des sénateurs qui s'exprime dans la V ie dd Tacite rappelle plutôt celle que les Patres dprou-
vèrent a la nouvelle de l'usurpation d'Eugene; V. NEiu (L'imperatore come miles, p. 373-396) pense
quanta lui a Attale, On en 409.
71
Du nom du savant quifut-le premier a postuler l'existence de cette chronique impériale d'Augu-
ste a Dioclétien dont on pense aujcmrd'hui qu'elle a hth composée aprés 337; cf. A. EtxI9itN, Eine verb-
re Geschichte der romischen Kaiser und dos Buch De uiris illustribus urbis Romae, Phibologus, Suppi.
Band IV , 1884. A . VON SADEE (De imperatorum Romanorum III p. Chr. s. temporibus constituendis,
Bonn, 1891, p. 50) pense qu'Aurelius Victor, l'Epitome et l'Histoire A uguste ont mal compris l'EKG,
qui faisait de Tacite et de son frère Florien des interreges et ont donc confondu la durhe de leurs règnes
avec celle de l'interrègne. La V ita Taciti (14, 5) en conserverait d'ailleurs des traces. Voir également E.
Hoar., V opiscus und die Biographie des Kaisers Tacitus, Klio 11, 1911, p. 284 et 316; SYME, Emperors
and Biography, p. 237-238; DEN HENO5T, The Prefaces in the Historia Augusta, p. 111.
L'OPTIMUS PRINCEPS DANS L'HISTOIRE A UGUSTE 95
avait été une experience politique qui, dans un passé recent, lui avait per-
mis de prendre, brièvement mais réellement, les rênes du pouvoir.
G Zecchini 72 a montré que des projets politiques qui nous apparais-
sent, avec le recul du temps, absurdes, étaient pris an sérieux aux IVème
et Verne siècles. Mais Si l'Anonyme se plaIt a développer jusqu'au bout
toutes les implications de son Empire du Sénat, ii West pas sür qu'il y
vole, quant a lui, autre chose qu'une utopie. La nomination de l'empe-
reur semble, dans l'uvre, le fruit du hasard et ressemble un pen a une
farce: après qu'un consul au nom fantaisiste, Velius Cornificius Gor-
dien 73 , eut pressé les Pères a la Curie de nommer enfin un empereur74,
1' écrivain raconte que le princeps senatus Tacite voulut exprimer un avis
(lequel? l'histoire ne le dit pas"); c ' est alors que 1 'attention des séna-
teurs se tourna vers lui et qu 'il fut proclame. Plus loin, 1' auteur s'amuse
A renverser une citation de Cicéron pour souligner que, somme toute,
l'épisode le plus glorieux du règne de ce prince fut son avènement car,
ensuite, il ne réalisa rien de notable 76 . La V ie s'achève enfin sur une
absurde prophétie millénariste émise par des haruspices: ceux-ci prédi-
rent que dans mille ans naItrait parmi les descendants de Tacite un
homme qui, après avoir impose le joug de Rome ala terre enti6re 77 , <<res-
tituerait le pouvoir supreme (imperium) an Sénat et vivrait selon les anti-
ques lois, devant lui-même atteindre cent vingt ans et mourir sans hen-
tien> 78 . L'auteur, qui a sans doute inventé de toutes pièces ce passage,
ironise alors longuement sur la non magna urbanitas haruspicum 79 , qui
renvoient a mule années l'accomplissement d'une fallacieuse prediction
et la réalisation d'une vaine espérance, l'empire du S6natt0.
La même prise de distance est peut-être sensible dans les extrapola-
tions auxquelles donne lieu, dans le recueil, une autre figure paradoxale
72
Lire sa contribution an present volume et, egalement, L'utopia neIl'Historia Augusta, dans
Historiae A ugustae Colloquium Bambergense, éd. G. BONAMENTE et H. BEANDT, Bari 2007, p. 343-353
[non legi]).
Lire PASCHOUD, V ies d'A urélien et de Tacite, p. 194.
74
Tac., 3, 2-7.
a Ibid., 4, 1: Post haec cum Tacitus, qui erat primae sententiae consularis, sententiam incertum
quam uellet dicere, omnis senatus adclamauit 1...].
76
Ibid., 15, 4: M. Tullius dicit magnificentius esse dicere <quemadmodum gesserit quam> quam
quemadmodum ceperit consulatum: at in isto uiro magnficumfidt quod tanta gloria cepit imperium; ges-
sit autem propter breuitatem temporum nihil magnum. Ii s'agit d'une citation de I'M Pisonem 3 : cf.
PASCHOUD, V ies d'A urélien et de Tacite, p. 298-299.
77 Ibid., 15,2.
78 Ibid.: postea tamen senatui reddat imperium et antiquis legibus uivat, ipse uicturus annis centum
uiginti et sine herede moriturus. Trad. de PASCHOtJD, V ies d'A urélien et de Tacite, p. 246.
79 Ibid., 15,4.
80
La contio 00 I'usurpateur Clodius Albinus, autre enfant chéni du Sbnat, développait lui aussi -
avec ii est vrai une connotation encore plus nettement rbpublicaine - le theme de l'imperium du Shnat,
chute de même brutalement sun cette promesse du gbnéral a ses soldats: eritis enim ipsi senatores !, ren-
dant vain tout le développement précédent.
96 AGNES MOUNTER ARBO
81 Sur le règne de cet empereur, lire la synthèse rbcente de G. KREUCHER, Der Kaiser Marcus A ure-
necessarios non jbturos; cf. bgalement 22, 4. Cette forme d'utopie a tout particulièrement retenu l'atten-
tion des chercheurs: cf. notamment J. ScriwAwrz, Du milldnarisme dans l'Histoire Auguste, B. H. A . C.
1971, Bonn 1974, p. 157-163; I. HAnr, Das "goldene Jahrhundert" des A urelius Probus, Klio 59, 1977,
p. 323-336; G. Vrruccr, L'idea di pace nella Historia Augusta, dans A tti dei Convegni Lincei 45, Passag-
gio dal mondo antico at medio evo. Do Teodosio a San Gregorio Magno, Roma 1980, p. 29-38; A. CHA-
STAGNOL, L'Histoire Auguste et l'impérialisme romain des II' et III' siècles, Ktema 7, 1982, p. 151-160;
L. P0LvEIGNI, L'utopia delta pace nella Vita Probi, dans Contributi di storia antica. La pace net mOndo
antico, Milano 1985, p. 230-245; J. A. SCHLUMBERGER, Zum spätromisch-aristokratischen Friedensideal
in der Probus-Vita der Historia Augusta, dans Klassisches A ltertum, spatantike undfruhes Christentum.
A dolf Lippold zum 65. Geburstag gewildmet, hrsg. K. Durrz, D. HENBtjo et H. KALETSCH, Wurzburg 1993,
p. 435-445; T. ZAWADZKI, L'avenir radieux. SHA (Vita Probi 23,1-3) et les utopies politiques et sociales
dans l'Empire romain, dans Historiae A ugustae Colloquium Geneuense, Bari 1994, p. 217-227;
PASCHOTJD, V ies de Probus, Firmin, Saturnin, Proculus et Bonose, Carus, Numérien et Carin, p. 146-150
et 158-161; G. ZECCHINT, L'utopia nell'Histonia Augusta, et sa contribution an present volume.
85 9, 17, 3: Hic cum bella innumera gessisset, pace parata dixit breui milites necessarios non futu-
ros.
86 37, 3: receptis omnibus pacatisque dixisse proditur breui milites frustra fore.
87 Prob., 20, 4-6: Quid ille conceperat animo qui hoc dicebat? Nonne omnes barbaras gentes
subieceratpedibus <penitus>que totum mundumfecerat jam Romanum? <Breui, inquit, mu jtes necessa-
rios non habebimusx. Quid est aliud dicere: Romanus jam miles erit nullus? Ubique regnabit, omnia p05-
sidebit mox secura res publica, orbis terrarum non arma fabricabitur, non annonam praebebit, bones
habebuntur aratro, equus nascetur ad pacem, nulla erunt bella, nulla captiuitas, ubique pax, ubique
Romanae leges, ubique indices nostri; trad. F. PASCHOUD.
L'OPTIMUS PRINCEPS DANS L'HISTOIRE A UGUSTE 97
Un peu plus loin dans le texte 88 , 1' auteur revient sur le theme:
<<quel bonheur eflt brillé par la suite s'il n'y avait plus eu de soldats sous le
règne de ce prince? Aucun habitant des provinces ne livrerait des fournitu-
res, aucune solde ne serait versée par le trésor public, l'état romain posséde-
rait des richesses inépuisables, le prince n'assumerait aucune dépense, les
proprietaires ne paleralent aucune contribution c etait vraiment 1 age d or
qu il promettait Ii n'y aurait plus eu de camps on a aurait plus nulle part dfl
entendre la trompette ni fabriquer d'armes, cette tourbe de soldats, qui
actuellement bouleverse 1'Etat par ses conflits civils, labourerait, se consa-
crerait a l'étude, s' affinerait grace aux arts, naviguerait. De plus, personne
ne serait tue a la guerre>>.
L'auteur exalte ici avec un ton inspire, non ddnué d'accents virgi-
liens 89 , l'empire universel que devait gagner a Rome la valeur de Pro-
bus 90, ainsi que sa consequence la plus naturelle, la pax, qui, depuis
l'époque august6enne 91 , était synonyme de securitas 92 . Ii évoque un age
d'or d'oü la guerre et son cortege de maux seraient bannis. S'il l'on
trouve certainement ici la trace d'un élément de la propagande officielle
de Probus 93 , un des contemporains du biographe, Claudien, promettait le
même futur radieux 94 , né d'un impérialisme universel auquel on conti-
nuait a croire a l'extrême fin du IVème si6cle 95 . Un autre, Saint Jérôme,
Ibid., 23, 2-3: quae deindefelicitas emicuisset, si sub illo principe milites non fuissent? A nno-
nam prouincialis daret nullus, stipendia de largitionibus nulia erogarentur, aeternos thesauros haberet
Romana res publica, nihil expenderetur a principe, nihil a possessore redderetur: aurëum profecto sae-
culum promittebat. Nuila futura erant castra, nusquam lituus audiendus, arma non erant fabricanda,
populus iste militantium, qui nunc bellis ciuilibus rem publicam uexat, araret, studiis incumberet, erudi-
retur artibus, nauigaret. A dde quad nullus occideretur in belbo; trad. F. PASCHOUD.
89 Certaines expressions ne soot en effet pas sans rappeler la Quatrieme Bucolique; cf. HA I-iss, Das
appelait lui aussi de ses vceux une ère de paix oü les armes seraient trans-
formées en outils agricoles 96•
Ii ne concevait pourtant pas cette pax sans la presence des armées
romaines aux frontières pour la garantir 97 . Or ici, comme 1' avaient déjà
fait avant lui Eutrope, Aurelius Victor et l'EKG, le biographe prone la
disparition des soldats. Le miles, rude et rustique 98 , ivrogne, irascible et
sans cervelle 99 , paresseux, querelleur, fornicateur et voleur 100, est la bête
noire du recueil qui dénonce la trop grande complaisance des princes a
son egard'°' et les soupconne souvent de vouloir appliquer les méthodes
militaires a la vie civile'° 2 . Probus, le plus grand d' entre eux'° 3 , était leur
antith6se 104: selon 1'Histoire A uguste, ii affirrnait que les soldats
devaient toujours gagner leur ration militaire 105 et, lorsqu'il ne les menait
pas a la guerre, les occupait a des tâches civiles d'intérêt général 106•
Comme 1' a souligne J. Schlumberger'07 , l'insistance de 1' écrivain a
vouloir faire travailler les soldats illustre le divorce, depuis longtemps
consommé a la fin du IVème siècle, entre les civils et l'armée, accusée
notamment de grever lourdement les finances de l'Etat'°8 , et dont l'en-
cette foi utopique en un empire que l'on croyait Rome encore capable d'imposer an reste du monde a la
fin dulVbmesibcle:cf. A ur., 32, 4; 33, 4; Tac., 3, 2; 4, 2; 15,2;Prob., 1,3; 12,3et5; 14,2; 15,2,etc.
Lire W . HA 1um, Röniische Kinderkaiser. Eine Strukturanalyse rdniischen Denkens und Daseins, Berlin
1951, p. 355-388; CHA STA GNOL, L'Histoire Auguste et l'impérialisme romain des II' et III' siècles, p.
154-156; Les empereurs romains des II' et ill' siècles, p. CLXXII-CLXXffl; PASCHOUD, Vies d'A urélien
et de Tacite, p. 306-307; ZECCHINI, L'utopia nell'Historia Augusta, et sa contribution an present volume.
In Es., 1, 2, 3; cf. SCHLUMBaRGER, Zum spätrömisch-aristokratischen Friedensideal in der Pro-
bus-Vita der Historia Augusta, p. 437-440.
97 V oiribid.,p. 438.
90 Cf. Sen. A l., 63, 1.
99Tac.,2,4.
100
Voir par exemple A urel., 7,5-8.
101
Maximin, dont l'Histoire A uguste dbnonce le passé exclusivement militaire (Max. d., 8, 1), ne
dbdaignait pas de se faire aimer de ses troupes grace a des primes et des profits (ibid., 8, 2), ne retirait
jamais l'annone a un soldat (8,3) et se refusait a en employer a des tkches civiles (8, 4). A noter que, de
manière a priori contradictoire avec les considerations développées par la V ita Probi, l'Histoire A uguste
place dans cette Vie (8, 5) la manière dont Maximin traitait ses soldats an nombre de ses uirtutes.
Voir par exemple Max. d., 8, 7.
103Prob.,22,1.
104
L'auteur fait ainsi dire a Probus s'adressant aux soldats qui viennent de l'acclamer (ibid., 9, 5):
non uobis expedit, milites, non mecum bene agetis; ego enim uobis blandiri non possum.
105
Ibid., 20,2: numquam militem otiosum esseperpessus est, si quidem multa opera militari manu
perfecit, dicens annonam gratuitam militem comedere non debere.
106
II leur aurait notamment fait construire un grand nombre de bâtiments publics, aménager des
fleuves, défricher et drainer des terres, assécher des marais et participer a la preparation de spectacles
destinbs a divertir le peuple romain: cf. Prob., 9,2-4; 18,8; 19,3; 20,2; 21, 2. Probus a sans doute reel-
lenient employe son armbe a des grands travaux: voir par exemple KlmucanR, Der Kaiser Marcus A ure-
lius Probus, p. 213-219.
107 Zuni spatromisch-aristokratischen Friedensideal in der Probus-V ita der Historia Augusta, p.
442-443.
108
Voir par exemple, ailleurs dans le recueil, Seu. A l., 15, 3, ob l'on apprend que l'empereur avait
jure de ne pas recruter de soldats surnuméraires.
L'OPTIMUS PRINCEPS DANS L'HISTOIRE A UG USTE 99
tretien pesait au premier chef sur les sénateurs grands propriétaires fon-
ciers, las de fournir 1' annone et de voir la main d'icuvre humaine et ani-
male en grande partie absorbée par les besoins de la guerre. Un autre
écrit, le De rebus bellicis 109, datable de la seconde moitié du IVème sie-
cle, souhaitait pour sa part transformer les soldats en. paysans contribua-
bles"°. Comme c'était déjà le cas a propos de Tacite, le biographe se fait
l'écho de projets politiques, peut-être soutenus par une propagande offi-
cielle", auxquels les contemporains accordaient une réelle créance 112:
l'optimus princeps Probus, si souvent victorieux et grand dompteur de
Barbares, avait, au siècle dernier, démontré que Rome pouvait encore,
grace a une reprise en main de l'armée, avoir les visées expansionnistes
qui auraient, a terme, permis de renoncer aux guerres.
Mais, ici encore, le biographe West sans doute pas totalement incons-
dent du caractere irrealiste d'un tel modele 113 l'emerveillement avec
lequel ii répète et paraphrase le dictum du grand homme on encore la
description d'un saeculum aureum qui devient surtout prétexte a un amer
exposé de problèmes fiscaux contemporains illustrent peut-être avant
tout le décalage entre utopie et réalité. Ii sait que l'existence de Rome est
liée a celle de son armée: il raconte plus loin que Probus tomba de la
main même des soldats qu'il avait voulu faire travailler et dont il avait
prédit la disparition114.
Ii West d'ailleurs pas impossible que l'envolée lyrique de l'auteur
soit teintée d'humour et même d'ironie: on ne pent que sourire a l'évo-
cation du populus militantium fauteur de guerres civiles, qui non seule-
ment s'est mis a labourer et a naviguer, mais a su aussi se dépouiller de
son ignorance et de sa rusticité cong6nitales" 5 pour s'adonner aux étu-
des et aux beaux-arts. Et, comme la biographie de Tacite, la Vie de Pro-
bus s ' achève sur une absurde prophétie émise par des haruspices, qui
avaient annoncé que les descendants de Probus brilleraient d'un grand
éclat au Sénat et occuperaient les charges les plus élevées dans
109 2,5.
M Lire notamnient SCHWARTZ, Du milldnarisme dans l'Histoire Auguste, p. 161-162; HAFII4, Das
ogoldene Jahrhunderts> des A urelius Probus, p.335.
Sur la paix comme slogan ala fin du IVème siècle, lire POLVERIM, L'utopia della pace nella V ita
Probi, p. 230-245.
12 Comme le souligne G. Zecchini dans sa contribution an present volume.
113 Cf. Prob., 20, 3: lire SCHLUMBERGER, Zum spatromisch-aristokratischen Friedensideal in der
Probus-V ita der Historia Augusta, p. 445, note 32; PASCHOUD, V ies de Probus, Firmin, Saturnin, Procu-
lus et Bonose, Cams, Numérien et Carin, p. 149-150.
14 Ibid., 20, 2: causae occidendi eius haecfuemunt: primum quod numquam militem otiosum esse
pemfecit, dicens annonam gratuitam militem comedere non debere. Cf. egalement Aurelius Victor, Caes.,
37,4.
15 V oir supra, note 98.
100 AGNES MOUNTER ARBO
1 'Etat 116• Et 1' auteur d' ajouter alors: <<Jusqu' a aujourd'hui cependant,
nous n'en avons vu aucun, mais ii apparaIt que ces descendants ont
devant eux 1 'éternité, et non une limite fixée>> 7 . Si nous ignorons tout
de la postérité de Tacite 118, les héritiers de Probus vise's ici par le bio-
graphe nous sont bien connus: ii s'agit de la famille chrétienne des A ni-
cii-PrObi, parmi lesquels Petronius Probus, objet des attaques d'Am-
mien Marcellin' 19 , fut consul en 371, tandis que ses deux fils, Probinus
et Olybrius, exercèrent conjointement la même magistrature en 395 120.
L'auteur insinue peut-être malignement que, tout comme n'a Pu être
tenue l'époustouflante promesse de Probus, on attend encore de voir
ses descendants réellement s'illustrer.
116
Prob., 24,2: sane quodpraeterire non potui, cum imago Probi in V eronensi sitafulmine icta
esset ita Ut eius praetexta colores mutaret, haruspices responderunt huius familiae posteros tantae in
senatu claritudinis fore Ut omnes summis honoresfiongerentur.
117
Trad. de PASCHOUD, V ies de Probus, Firmus, Saturnin, Proculus et Bonose, Carus, Numérien et
Carin, p. 42.
° Si F. PASCHOUD (V ies d'A urélien et de Tacite,p. 305) esttenté de penser que celle-ci n'existe que
dans I'imagination de l'auteur, W . Hojrae (Römische Kinderkaiser, p. 276-277, note 3), y voit one
pique lancée a une grande famille des années 390 qui aurait prhtendu compter dans ses ancêtres a la fois
l'historien Tacite et l'empereur du mbme nom.
119
27,11.
120
Cette notice constitue d'ailleurs on des arguments forts d'H. DESSAU (Uber Zeit und Personli-
chkeit der Scriptores Historiae A ugustae, p. 355) pour dater l'Histoire A uguste de l'extrhme fin do IV è-
me siècle. V oir hgalement R. Smsa, Fiction in the Epitomators, Historia A ugusta Papers, Oxford 1983,
165-166.
P* 21 Car.Num. Carin., 1,1-3,7.
122
L'assimilation des diffhrentes périodes de l'histoire d'une cite a celles des ages de la vie est clas-
sique dans la littérature antique: cf. Polybe, 6,51; Cicéron,Rep., 2,3; 2,21; velleius Paterculus, 2, 11,3;
Séneque, selon le témoignage de Lactance, Diu. Inst., 7, 15, 14; Florus, Praef., 1,4-8 et surtout Lactan-
Ce, Die. Inst., 7, 15, 14-17 et A mmien Marcellin, 14,6,4-6.
L'OPTIMUS PRINCEPS DANS L'HISTOIRE A UG USTE 101
Yule avec ses premiers siècles et sa vieillesse avec les dernières années
de la République et l'Empire' 23 , ii a superpose une conception cyclique
plus traditionnelle du temps, caractérisée par une succession ininterrom-
pue de périodes de revers et de prospérité, d' ages d' or etde fer. Peut-être
a-t-il voulu par là, a i'exemple de ses sources 124, répliquer: aux Chrétiens,
et en particulier a Lactance' 25 - qui, a partir d'une interpretation biologi-
que de l'histoire de Rome, envisageaient froidernent sa disparition pro-
chaine - par la promesse de bonheurs futurs et d'une ineluctable régéné-
rescence a venir 126: 1'Histoire Auguste formerait ainsi un pont entre deux
ages d'or, celui des Antonins et la T6trarchie127.
Le recueil constitue un peu le baroud d'honneur d'une aristocratie
palenne agonisante. On est néanmoins frappé par le pessimisme qui
caractérise le développement consacré a 1'Empire' 28 , oui les espoirs sus-
cites par les bons princes semblent avoir éte presque toujours deçus on a
demi-realises sous le règne d'Auguste, 1'Etat he fut qu'imparfaitement
régénéré, car ii perdit sa libert6 129 , et, même s 'ii brilla du plus grand éclat
23
Car., Num., Carin., 2,1-3, 1.
124
Aurelius Victor (35, 13-14), l'une des sources de 1'Histoire A uguste et témoin d'une autre d'en-
tre cues, 1'EKG, declare justement apropos de l'interrègne entre Aurélien et Tacite: Quodfactum prae-
cipue edocuit cuncta in se orbis modo uerti, nihilque accidere quod rursumnaturae uisferre nequeat
aeui spatio; adhuc uirtutibus principum res attolli facile uel afflictas, easque firmiores praeceps uitiis
dan. D'une manière génerale, le theme classique de l'alteroance des périodes de fécondité et de stérilité
connut un regain d'intérêt an tournant des Mme et Verne siècles dans la littérature tardo-antique: cf.
PASCHOUD, V ies de Probus, Firmus, Saturnin, Proculus et Bonose, Carus, Carin etNumérien, p. 328.
125 Celui-ci conclut sa description des différents ages de Rome par la conclusion (Diu. Inst., 7, 15,
17): quid restat nisi Ut sequatur interitus senectutem? Sur la proximith des textes de Lactance et de 1'His-
wire A uguste, lire A. Kiorz, Das Geschichtswerk des dlteren Seneca, RhM 56, 1901,p. 429-442; HAR-
TKE, Römische Kinderkaiser, p. 393-402; DEN HENGST, The Prefaces in the Historia Augusta, p. 150-
152; PASCHOUD, V ies de Probus, Firmus, Saturnin, Proculus et Bonose, Carus, Carin et Numérien, p.
330.
126
PASCHOUO, V ies de Probus, Firmus, Saturnin, Proculus et Bonose, Carus, Carin et Numénien, p.
XXIH-XXVI et p. 327 (voir egalement HAHN, Das "goldene Jahrhundert" des A urelius Probus, p. 332-
333) fait ainsi de l'Histoire A uguste une allhgorie historique: l'auteur, contre Lactanceet les doctrines
eschatologiques prhconstantiniennes qui considéraient la fin de Rome comme le prelude aux ultimes bou-
leversements, mais aussi contre l'optimisme postconstantinien qui faisait de l'avènement de l'ernpire
chrétien one etape irreversible de la marche vers le salut, chercherait a rassurer le cercle de:sénateurs tra-
ditionnalistes auquel ii appartient par la promesse du retour prochain del' antique:Rorne qu'ils chhrissent.
127
Voir CHASTAGNOL, Les empereurs romains des III et III, sihcles, p. CLXXIH-CLXXIV. Dans le
cours de la V ie de Carus, Carin et Numérien (18, 3), l'auteur fait effectivement l'hloge do successeur de
Carin, Dioclétien, ainsi que des Tetrarques. Dioclétien avail d'ailleurs déjà eu droit dans la biographie
d'Héliogabale (35,4) an titre d'aurei parens saeculi; mais l'auteur avail aussitht après mentionnh lefer-
reum saeculum de Maximien, en jouant peut-être sur l'ambiguIté de l'identité do personnage; sur l'ironie
qui imprègne peut-être cc passage, lire F. KOLB, Untersuchungen zur Historia Augusta, Bonn 1987, p.
14-22; voir egalement V. NERI, Storia e immagine di Costantino nella storiografia latina pagana, Bolo-
gna 1992, p. 309-312; CHASTAGNOL, Les empereurs romains des IF et III, siècles, p. CLXXIII-CLXXIV.
28 Car., Num., Carin., 3, 1-8. Cc passage contraste avec le précédent, consacré aux périodes royale
et républicaine, oh 1' auteur montrait an contraire que Rome était sortie grandie et renforcée de chaque
épreuve.
129 Ibid., 3, 1: Per A ugustum deinde reparata, si reparata dici potest libertate deposita.
102 AGNES MOUNTER ARBO
°° Ibid., 3, 2: Tamen utcumque, etiamsi domi tristisfuit, apud exteras gentes effloruit.
'' Cf. ibid., 3, 2, ofi les successeurs d'A uguste sont qualifies de tot Nerones.
132
Ibid., 3,2: per V espasianum extulit caput.
Ibid., 3,3: Nec omni Titi felicitate laetata.
114
Ibid.: per Neruam atque Traianum usque ad Marcum solito melior. Le jugement parait d'autant
plus mitigé que le siècle des Antonins est considéré comme un age d'or.
135
Ibid., 3, 4: Nihil post haec praeter Seueri diligentiam usque ad A lexandrum Mamaeae sensit
bonum; lire le commentaire de PASCHOUD, V ies de Probus, Firmus, Saturnin, Proculus et Bonose, Carus,
Numérien et Carin, p. 335.
36
Car. Num. Carin., 3,5: uti enimprincipe V aleriano non potuit.
137
Ibid., 3,6: Inuidit Claudio longinquitatem imperil [...] semper inimicafortuna.
u Ibid., 3,7: Sic enim A urelianus occisus est, sic Tacitus absumptus, sic Probus caesus.
Ibid., 3,8: medium [ ... ] uirum et inter bonos magis quam inter malosprincipes conlocandum et
longe meliorem, si Carinum non reliquisset heredem. Trad. de PASCHOUD, V ies de Probus, Firmus, Satur-
nm, Proculus etBonose, Carus, Numérien et Carin, p. 307.
Sur la valeur du recueil apropos de Palmyre et de Zénobie, lire entre autres J. ScHwAwrz, L'His-
toire A uguste et Palmyre, B. H. A . C. 1964165, Bonn 1966, p. 185-195; B. FuEzours, Le role politique
des femmes dons 1'Histoire A uguste, dans Historiae A ugustae Colloquium Genevense II, éd. G. BONA-
MENTE et F. PASCHOUD, Bari 1991, p. 134-136, et, plus généralement, ID. (éd.), Palmyre, Bilan etperspec-
tives, Strasbourg, 1976; E. W ILL, Les Palmyrdniens. La V enise des sables (P' siècle avant-IIIème siècle
après J.- C.), Paris 1992; U. HARTMANN, Daspalmyrenische Teilreich, Stuttgart 2001.
L'OPTIMUS PRINCEPS DANS L'HISTOIRE AUG US TE 103
141 La chastetb de Zénobie htait aussi lbgendaire que celle de Pescennius Niger: cf. Tyr. Trig., 30,
12: voir J. F. Gu.us, Three passages in the Historia Augusta: Gord. 21,5 and 34,2-6; Tyr. Trig. 30, 12,
B. H. A. C. 1968169, Bonn 1970, p. 107-110.
142
Ibid., 30,16 (Zdnobie): uox clara et uirilis; 30,16 (elle a un sens de l'économie ultra femineurn
modurn), on encore 30, 19 (elle employait pen de filles comme domestiques); 31, 2 (Vitruvia): Ut uirile
semperfacinus auderet.
143
Ibid., 30, 18.
Ibid., 30, 17.
145
Ibidem.
146 Ibid., 30, 18.
147
Ibid., 15, 8: non aliter etiarn coniuge adsueta, quae multorum sententiafortior marito perhibe-
tur; cf. encore 30, 6.
148 Ibid., 15,2-5.
Ibid., 15, 7: ille plane cum uxore Zenobia non solum orientern, quern iam in pristinurn reforma-
uerat statum, sed et omnes omnino totius orbis partes reformasset. Sur l'utopie de l'impérialisme univer-
se! dans 1'Histoire A uguste, voir supra, note 95.
ISO Cf. nutamment Tyr. Trig., 30, 1-2 ou encore 27, 1; A ur., 41, 9. Zbnobie et le seul fils qui lui restait
réellement, Wahballat, prirent effectivement les titres d'A ugusta et d'A ugustus: cf. WJLL, Les Palmyré-
niens,p. 186-188.
151
Ibid., 30,5: prudens in consiliis, f .. ] constans in dispositionibus, 1...] erga milites grauis, [...]
larga, cum necessitas postulet, [ ... ] tristis, cum seueritas poscet; 30, 16: larga prudenter, conseruatrix
thesaurorurn ultra fernineurn modum.
152
Ibid., 30, 16: seueritas, ubi necessitas postulabat, tyrannorum, bonorum principurn dementia,
ubi pietas requirebat.
153
Ibid., 30, 10: Quid de Gallieno loquuntur, in cuius contemptu haec bene rexit imperiurn?
Ibid., 30, 11: Quid de diuo Claudio, sancto ac uenerabili duce, qui earn, quod ipse gothicis esset
expeditionibus occupatus, passus esse dicitur imperare? Idque consulte ac prudenter, Ut illa seruante
orientalisfinis irnperii ipse securius, quae instituerat, perpetraret.
104 AGNES MOLINIER ARBO
des critiques 111 , de triompher d'une femme 116 et proclamait qu' elle avait
rendu un grand service a i'Etat en s'emparant du pouvoir car, sous sa
férule, les peuples d'Orient et d'Egypte connurent la paix 157• Bile se voit
enfin attribuer dans le recueil un ambitieux projet politique, conçu sur le
modèie du désormais normal découpage de i'Bmpire entre Orient et
Occident a la fin du Mme siècle: elle avait envisage de partager le pou-
voir avec Victoria, le seul alter ego qu' elle se reconnaissait a i' Ouest'58.
En mettant en scene une paradoxale optima princeps et en imaginant
une absurde partition de i'Empire entre deux femmes, Barbares de sur-
croIt, l'auteur pretend avoir voulu montrer quel niveau de déliquescence
avait atteint Rome a l'époque de Gailien 159 . Ii y a cependant là plus
qu'une intention morale. Zénobie, a qui le biographie attribue aussi des
descendants encore vivants a Rome 160, était sans doute un personnage a
la mode dans les cercies lettrés de la fin du Mme siècle: le biographe
évoque par exemple une de ses lettres qui aurait été traduite du syriaque
en grec par un Nicomaque 161 . Le règne de Zénobie avait peut-être été
considéré comme une experience politique susceptible de rappeier par
certains traits la cite Wale des Platoniciens 162 Une femme avait prouvé
qu'elle était au moms aussi apte qu'un homme a gouverner; et eile s 'était
fait seconder dans cette entreprise par un philosophe qui avait dirige pen-
dant plusieurs années 1 'Académie, Cassius Longinus, maître de Por-
phyre. L'Histoire A uguste mentionne la presence de ceiui-ci a Palmyre:
selon son témoignage, Longin aurait été exécuté par Aurélien après la
chute de la cite rebelle pour avoir inspire a la reine son audace et avoir
été i'âme de la résistance au pouvoir romain légitime 163•
Ibid., 30,4-11.
156 Cf. ibid., 30,5; 30, 10.
157
Ibid., 30, 7-8: Possum adserere tanto apud orientales et A egyptiorurn populos timori mulierern
fuisse Ut Se non A rabes, non Saraceni, non A rrnenii cornmouerent. Nec ego illi uitam conseruassern, nisi
earn scissem rnulturn Romanae rei publicae prqjbisse, cum sibi uel liberis suis orientis seruaret impe-
riurn.
158
Ibid., 30,23 [Zénobie a A urblien]: V ictoriarn mei sirnilern credens in consortium regni uenire, si
facultas locorurn pateretur, optaui.
' 59 Gall. d.,16,1; Tyr. Trig.,30,1;31,let7;Cl.,1,2.
160
Tyr. Trig., 30, 24-27. ii est possible que 1'Histoire A uguste reproduise ici encore des blbments de
1'EKG, car Eutrope (9, 13,2) s'en fait lui aussi l'dcho: voir A . BALDINI, Discendenti a Roma da Zenobia?,
ZPE 30, 1978, p. 145-149.
161 Tyr. Trig., 27, 6. Cette Iettre est
bien entendu un faux, inspire, selon F. PASCHOUD (V ies d'A uré-
lien et de Tacite, p. 146) par une notice de l'A nonyrnus post Dionern. Quant an nom de Nicomaque, il
constitue certainement un din d'ceil a l'une des sources de I'auteur, voire a un personnage du cercie lit-
téraire auquel il appartient: voir ibid., p. 148-149.
162 fl
ne faut pas oublier que Gallien lui-même, it l'bpoque de Zdnobie, avait projeté d'aider Plotin a
relever en Campanie une antique cite de philosophes a laquelle aurait bté donnd le nom de Platonopolis
et qui aurait été calquee sur le modèle de la Rdpublique: cf. Porphyre, V . Plot., 12.
163
A ur., 30, 3: Graue inter eos qui caesi sunt de Longino philosopho fuisse perhibetur, quo illa
rnagistro usa esse ad Graecas litteras dicitur; quern quidem A urelianus idcirco dicitur occidisse quod
superbior illa epistula ipsius diceretur dictata consilio, quarnuis Syro esset serrnone contexta.
L'OPTIMUS PRINCEPS DANS L'HISTOIRE AUG USTE 105
mais aussi marâtre pour le fils que son époux avait eu d'un premier lit 170,
devient dans le recueil une princesse de conte a propos de laquelle l'ima-
gination de l'auteur s'en donne a cur joie. Dernier din d'il, peut-être,
au lecteur: Zénobie était férue d'histoire' , comme, avant elle, Sévère
71
164 Ibid., 31, 10: Nemo in templo Pacis dicturus est me ferninas inter tyrannos [cum risu et ioco],
lyrannas uidelicet uel tyrannides, Ut ipsi de me solent <curn risu et ioco> iactitare, posuisse.
ISO Voir par exemple A ur., 26,9,28,5; 29, 1-3.
166
Cf. CALLU, Platon dans l'Histoire Auguste, p. 480: <oLe merveilleux est devenu la nouvelle
Rdpubliquea.
167 A ur., 27, 2.
166 Ibid.: mulier omnium nobilissima orientalium ferninarum et, Ut Cornelius Capitolinus adserit,
speciosissima. Voir aussi Tyr. Trig., 30,15: juit uultu subaquilo,fusci colons, oculis supra modum uigen-
tibus nigris, spiritus diuini, uenustatis incredibilis. Tantus candor in dentibus, Ut margaritas earn pleri-
queputarent habere, non dentes.
' 69 Cf. Trig. Tyr, 27,1;30,2;30,19 ;A ur.,27,3.
170 Ibid., 16, 3: Et erat circa illum Zenobia nouercali animo, qua re commendabiliorern patri eum
173
Cf. ibid., 27, 8: V itas principum bonorum uersibus scripsit. Quant a Gordien I (Gord. tr., 3, 3),
scripsitpraeterea, quemadmodum V ergilius A eneidos et Statius A chilleidos et multi alii A lexandnidos, ito
etiam ille A ntoniniados, hoc est A ntoninum Pium et A ntoninum Marcum, uersibus disertissimis libris ti-i-
ginta Uitam illorum et bella etpublice pnivatimque gesta perscribens. On pense encore ici a Tacite qui
Cornelium Taciturn, scriptorem Historiae A ugustae, quod parentem suum eumdem diceret, in omnibus
bibliothecis collocani iussit (Tac. 10, 3).
106 AGNES MOUNTER ARBO
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108 AGNES MOLINIER ARBO
qu'elles s 'en défendissent parfois, ces etudes ont adopté dans leur grande
majorité un point de vue que Pon pourrait qualifier de "vitruvien". Elles
ont suivi le principe énoncé par l'architecte: Ergo si his rationibus ad
sin gulorum generum personas, uti in libro primo de decore est scriptum,
ita disposita erunt aedficia, non erit quod reprehendatur 4 . La maison
est essentiellement appréhendée en fonction de 1' activité du dominus et
considérée comme l'instrument privilégié de cette activité.
L'architecture domestique est donc tenue pour le reflet du statut social
de son propriétaire et le prolongement de la vie publique de ce dernier. Cette
approche se fonde largement sur une relecture anthropologique des catégo-
ries de public et de privé , dont l'opposition tranchée, héritée de la bourgeoi-
sie du XJXe siècle, ne pennettait pas, aux yeux des archéologues, de rendre
compte des pratiques sociales de l'Antiquit6 5 . A. Zaccaria Ruggiu a demon-
tré que la fluidité des frontières entre espace public et espace privé détermi-
nait l'organisation et le fonctionnement de la maison romaine 6 . Ses travaux
s'inscrivent dans la continuité de l'article consacré par F. Coarelli ala "mai-
son de l'aristocratie républicaine" et aux enjeux politiques des strategies
immobiières de la nobilitas a l'epoque de Cic6ron7.
Vitt. 6.5.3 et 1.2.9. Les particularités définies par Vitruve pour chaque type de domus correspon-
dent a des spécificités fonctionnelles déterminhes davantage par des categories socio-professionnelles
que strictement sociales (6.5.2); seules sont vdritablement décrites les maisons des classes les plus aisbes,
celles des sénateurs et des chevaliers. Ii distingue en effet les maisons dont l'activité est lide a la produc-
tion agricole (caracthrisées par leurs espaces de stockage); celles des feneratores et des publicani, qui
doivent htre a la fois élhgantes et sOres; celles des hommes du barreau, qui doivent être élhgantes et spa-
cieuses (pour permettre les rassemblements); celles des nobiles et des magistrats, enfin, doivent présen-
ter toute une série d'espaces caractéristiques, offrir un aspect "royal", grace notamment a leurs dimen-
sions exceptionnelles. L'adaptation aux conditions sociales, an mhme titre que l'adaptation aux condi-
tions dimatiques, rdpond aux principes de convenance (decus) auxquels 1' architecte dolt se plier. Comme
on le salt, les habitations des categories sociales plus modestes sont définies négativement par cc qu'el-
les ne possèdent pas: Igitur is qui communi suntfortuna non necessaria magnfica uestibula, nec tablina
neque atria quod in aliis officia praestant ambiundo neque ab aliis ambiuntur (6.5.1).
V oir les remarques de N. ELIAS, Die hOflsche Gesellschaft. Untersuchungen zur Sociologie des
Konigstums und der hOfischen A ristokratie mit einer Einleitung: Soziologie und Geschichtswissenschaft,
Neuwied - Berlin 1969 (trad. fr. de P. KAMNITZER et J. ETORE, La sociétd de cour, Paris 19852, p. 17-45).
6 Voir en particulier, A. ZACCARIA Ruooru, Spazio privato e spazio pubblico nella città romana,
Rome 1995; EA D., Loca propria e loca consmunia. Lo spazio tricliniare e ii concetto di privato' in V itru-
y b, dans Techne. Studi di architettura e di urbanistica greca e romana in onore di G. Tosi, Archeologia
Veneta 21-22, 1998-1999, p. 185-204.
F. COARELU, La casa dell'aristocrazia romana secondo V itruvio, dans Munus non ingratum,
BABesch supplement 2, Leyde 1989, p. 78-187 (repris dans Revixit ars. A rte e ideologia a Roma. Dai
modelli ellenistici alla tradizione repubblicana, Rome 1996, p. 344-359). Sur les strategies immobilières
de la nobilitas, voir aussi J.-P. GIJILHEMBET, Habitaui in oculis (Cicéron, Plane., 66). Recherches sur la
residence urbaine des classes dirigeantes romaines des Gracques a A uguste (these inédite de l'Universi-
té d'Aix-en-Provence), 1995. On se reportera egalement aux importantes contributions de D. Psioami,
Cic., ad Quint. fr. 23.7, e le proprieta immobiliari tardorepubblicane sulla pendice settentrionale del
Palatino, RJA 17, 1994, p. 49-64 et de E. PASS, Domus est quae null villarum mearum cedat (Cic., Fam.
6, 18, 5). Osservazioni sulle residenze del Palatino alla meta deli secolo A .C., in M. CIIvIA - B. LA Roe-
CA (éd.), Horti romani (Actes du colloque international, Rome, 4-6 mai 1994), Rome 1998, p. 45-67. En
revanche, l'article de S. TimoolAlu, The Upper-Class House as Symbol and Focus of Emotion in Cicero,
IRA 12, 1999, p. 33-56, ne fait guhre progresser la question.
PRIVA TA MODO ET DOMESTICA NOS DELECTA NT 113
8
Sen. Ben. 6.34.1-2: Consuetudo ista uetus est regibus regesque simulantibuspopulum amicorum
discribere, et proprium superbiae magno aestimare introitum ac tactum sui liminis et pro honore dare,
Ut ostio suo proprius adsideas, Ut gradum prior intra domus ponas, in qua deinceps multa sunt ostia,
quae receptOs quoque exciudant. A pud nos primi omnium G. Gracchus et mox Livius Drusus instituerunt
segregare turbam suam et alios in secretum recipere, alios cum pluribus, alios universos. Habuerunt ita-
que isti amicosprimos, habuerunt secundos, numquam ueros. Sur le commentaire de cc texte et la hidrar-
chie sociale mise en muvre dans l'architecture domestique, COARELLI, La casa dell'aristocrazia romana,
p. 185; WALLACE-HADRILL, Houses and Society, p. 38-39; F. PesARno, Domus. Ediliziaprivata e società
pompeianafra III Isecolo aC., Rome 1997, p. 30-3 1. Un point de vue identique est exprimé par Pline
le Jenne (2.6), Iorsqu'iI s'insurge contre la discrimination des invites selon leur rang social par le choix
des mets offerts dans les banquets. -
vjt. 6.5.2: Basilicas non dissimili modo quam publicorum operum magn(ficentia comparatas.
10
P. KNUVENER, Private Bibliotheken in PompeIi und Herculaneum, in A ntike Bibliotheken, Mayen-
cc 2002,p.81-85. -
11
B. Tot, Auditorium and Palatium. A Study on A ssembly-rooms in Roman Palaces during the I"
Century B.C. and the I" Century A .D. (Stockholm Studies in Classical Archaeology 2), Stockholm-Gbte-
borg-Uppsala 1963; F. COARELLI, A rchitettura sacra e architettura privata nella tarda repubblica, dans
A rchitecture et société, Rome 1983, p. 191-217 (repris dans COARELLI, Revixit ars, p. 327-343); P. GROS,
La basilique dans la maison des notables, in M. CEBEILLAC-GERVASONI —L. LAM0INE - F. TREMENT (éd.),
A utocdlébration des elites locales dons le monde romain. Contexte, textes, images (Il e s. ay . J.-C. - lIP s.
ap.J.-C.), Clermont-Ferrand 2005, p. 311-328. -
114 RENAUD ROBERT
une forme plus modeste, la basilique pourrait egalement avoir été adap-
tee aux besoins des elites provinciales, chez lesquelles 1' activité munici-
pale n'impliquait pas moms de multiples manifestations a caractère élec-
toral 12 A. Wallace-Hadrill a ainsi rapproché l'oecus 'Egyptius de la
"Maison a l'atrium de mosaIque" (Herculanum), du plan de la basilica
forensis et propose d'y voir une veritable "basilique privée", oil auraient
été traitées les "affaires" du maître de maison 13• Une telle analyse privi-
légie évidemment le cérémonial social dans la vie domestique - tout par-
ticulièrement la salutatio matinale - et suppose que le plan de la domus
lui est en grande partie subordonné. La sequence atrium-tablinum-alae
apparaît comme l'axe principal en fonction duquel s'organisent l'espace
intérieur et la vie de la maison'4.
Le mot même de basilica, par les lointaines connotations royales
qu'évoque son étymologie, et sans doute aussi les qualificatifs d'gyp-
tius ou de Cyzicenus que Vitruve applique aux différentes formes d'oeci,
suggèrent une fois encore un rapprochement avec 1' architecture aulique
et un mode de vie fondé sur l'autoreprésentation politique 11 . C'est
encore au modèle palatial que ramène l'architécture monumentale de
l'atrium pourvu d'une loggia a colonnes ioniques engagées de la "Mai-
son samnite" a Herculanum (fin du Ile s. ay . J.-C.). Ce dispositif excep-
tionnel évoque a la fois les cours a portiques des palais hellenistiques (en
particulier dans leur déclinaison sicilienne 16) et l'amenagement intérieur
des basiliques romaines. Ce double rapprochement pourrait également
être suggéré pour un ensemble "palatial" comme la "Maison du Faune"
A Pompéi, dont les fauces sont ornées dans la partie haute d'un decor
12
E. DENJAUX, De l'ambitio a l'ambitus: les lieux de la propagande et de la corruption électorale a
la fin de la Republique, clans L'Urbs. Espace urbain et histoire, Iel s. ay . J.-C. - lIP s. ap. J.-C., Rome
1987, P. 279-304 (en particulier p. 300-301).
13
WALLACE-HADRILL, Houses and Society, p. 18-19, contra GROS, La basilique dons la maison des
notables, p. 317 pour qui la position de la pièce dans la planimétrie de la maison (assez modeste) ene se
prêterait pas a une fonction de representation aussi importante>.
14
Voir les remarques de T. P. WIsEai, Conspicui postes tectaque digna deo: the Public Image of
A ristocratic and Imperial Houses in the Late Republic and Early Empire, dans L'Urbs. Espace urbain et
histoire, p. 393-413 et surtout de E. DWYER, The Pompeian A trium House in Theory and in Practice, in
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romaine, du debut du III' s. ay . J.-C. a lafin du Haut-Empire. 2-Maisons, palais, villas et tombeaux, Paris
2001,p. 66.
16
S. AjosA, Considerazioni sull 'archittetura domestica siciliana di eta ellenistica in referimento al
V I libro del De Architectura, in G. GIorrA (hd.), V itruvio nella cultura architettonica antica, medievale
e moderna 1 (Actes du colloque intern. de Genes en l'homseur de C. Tiberi, 5-8 novembre 2001), Genes
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p. 252-257; en dernier lieu, J.-M. CROISILLE, La peinture romaine, Paris 2005, p.46.
PRIV A TA MODO ET DOMESTICA NOS DELECTA NT 115
17 Voir dans la très abondante bibliographic consacrée a cette maison: A. HOFFMANN, Die Casa del
Fauno in Pompeji. Ein Haus wie ein Palast, Basileia 1996, P. 258-259; F. PESANDO, A utocelebrazione
aristocratica e propaganda politica in ambiente privato: la Casa del Fauno a Pompei, CCG 7, 1996,
p. 189-228; F. ZEVI, Die Casa del Fauno in Pompeji und das A lexandermosaik, RM 105, 1998, p.21-145.
La simplicité du decor de premier style dans l'atrium est confirmée par la relative austérité des pavements
des pièces de reception (atrium et tablinum), simpiement ornées de motifs géométriques, alors que les
plus belles mosaiques sont réservées aux pièces d'apparat situées autour du peristyle on aux pièces inti-
mes. Tout se passe comme si la simplicite du decor conférait aux loca communia une part de monumen-
talité en raison précisément de la proximitd de cc type de decor avec ceiui des monuments publics, voir
I. BALDASARRE - A. PONTRANDOLFO - A. ROUVERET - M. SALVADORI, Lapeinture romaine de l'epoque hel-
lenistique a l'A ntiquité tardive, Milan-Aries 2003, p. 76.
IS V.M. STROCKA, Casa del Labirinto (V I 11, 8-10). Hkuser in Pompeii 4, Munich 1991, p. 115-119.
19 J• BRAGANT8NI, Problemi dipittura romana, AION ArchStAnt 2 (n.s.), 1995, p. 174-197 (en par-
ticulier p. 182).
116 RENAUD ROBERT
cune d'entre elles 20 . Mais ii faut surtout tenir compte du profond boule-
versement que connaIt la vie politique a l'époque impériale. La maison
vitruvienne, conçue pour l'oligarchie républicaine et adaptée a ses usa-
ges sociaux et politiques, ne répond plus exactement aux besoins des eli-
tes imp6riales 21 . L' architecture même de la domus manifeste clairement
une evolution planimetrique - avec notamment l'émergence dans de
nombreuses provinces des maisons a péristyle central - qui reflète sans
nul doute les changements des modes de vie 22. Sous l'influence du mode
de vie grec, la perception de la maison se transforme a partir de la
seconde moitié du Il e s. ay . J.-C.: le péristyle cherche a reproduire 1' ar-
chitecture des gymnases, le jardin évoque le paradeisos 23 . En s ' appro-
priant un tel modèle culturel, l'architecture domestique se conforme cer-
tainement a une forme d'utopie 24• Ce modèle s 'incarne tout particulière-
ment dans la villa, dont P. Zanker a montré qu'elle influençait en retour
1' architecture de la domus25.
C'est pourquoi les archéologues distinguent en général deux phases
dans l'histoire de l'architecture domestique: jusqu'à la fin de l'époque
républicaine, la maison des elites serait organisée autour de sa partie
publique (les pièces disposées autour de l'atrium); ce secteur public de
la maison est le prolongement direct de l'espace public et le cadre des
activités civiques du maître de maison. La part grandissante du secteur
réservé a l'intimité (les pièces disposées autour du péristyle) manifeste-
20 E. RAWSON,
L'aristocrazia ciceroniana e le sue proprietà, in M. I. FINLEY (bd.), La proprieta a
Roma. Guida storica e critica, Rome-Bari 1980, p. 97-118.
21
La rbflexion de Vitruve (6.5.2) parait particulièrement adaptée aux besoins des hommes politi-
ques de la pbriode des guerres civiles. Lents maisons doivent comporter de vastes pièces de reception
quod in domibus eorum saepius et publica consilia et privata iudicia arbitriaque conficiuntur. Les
assemblées (publica consilia) qui se tiennent, selon I'architecte, dans leo demeures des hommes qui
honores magistratusque gerundo praestare debent officia ciuibus et les decisions pnivées (privata iudi-
cia) qui y sont prises, rappellent leo reunions des factiones évoquées par César en 49 a y . J.-C. (Caes. Civ.
1.6), lorsque Pompbe, contraint de rester hors de Rome en raison de son imperium proconsulaire, recevait
les représentants du Sénat et ses partisans dans sa villa suburbaine. COARELLI, La casa dell'aristocrazia
romana, p. 178; E. R0MAN0, Dal De officiis a V itruvio, da V itruvio a Orazio: ii dibattito sul lusso edili-
zio, dans Le projet de V itruve. Objet, destinataires et reception du De architectura (Colloque internatio-
nal de Rome, 26-27 mars 1993), Rome 1994, p. 63-73, particulièrement p. 71-73; Gaos, La basilique
dons la maison des notables, p.313.
22
P. GROS, L'architecture romaine, p. 148-196; our leo maisons africaines a cour péristyle,
R. REBUFFAT, Maisons a péristyle d'A frique du Nord, repertoire des plans publiés, MEFRA 81, 1989,
p.659-724 et S. BULLO - F. Gimomi (dd.), Amplissimae atque ornatissimae domus. L'edilizia residenzia-
le nelle città della Tunisia romana, 2 vol., (Antenor Quaderni 2/1-2), Rome, 2003.
23
Sur les ambnagements des villas de Cicbron, voir U. SAURON, Templa serena. A propos de la "V il-
la des Papyri" a Herculanum: contribution a l'étude des comportements aristocratiques romains a lafin
de la République, MEFRA 92, 1980, p. 277-301; ID., De Buthrote a Sperlonga: a propos d'un livre recent
sur le theme de la grotte dans les décors romains, RA 1991, p. 3-42.
24
Les emprunts a l'architecture grecque, ddsormais dbconnectés de leur fonction originelle, ont
essentiellement unevaleur de citations.
25 P. ZANKER,
Die V illa als V orbild des späten pompejanischen W ohngeschmacks, JDI 94, 1979,
p.460-523 (trad. it., Pompei. Società, immagini urbane eforme dell'abitare, Turin 1993, p. 151-230).
PRI V A TA MODO ET DOMESTICA NOS DELECTA IV T 117
rait un repli sur les activités liées a l'otium et sur une nouvelle forme de
sociabilité, désormais plus informelle ou moms immédiatement politi-
que 26 . Ce type de raisonnement revient finalement a projeter sur 1' ana-
lyse diachronique la distinction vitruvienne entre partie publique de la
domus, les loca communia, et le secteur privé, les loca propria 27 . Pour
1' architecte, le caractère privé des pièces augmente de manière inverse-
ment proportionnelle a leur éloignement de la rue, l'accessibilité aux
étrangers determinant la plus ou moms grande intimité des pièces réser-
vées a la famille et a ses proches.
2. De l'otium a l'utopie?
L'insistance des chercheurs, depuis une vingtaine d' années, sur la
dimension politique de l'espace domestique peut apparaItre comme une
reaction aux interpretations spiritualistes, dont les travaux de K. Sche-
fold demeurent l'exemple le plus accompli 28 . La maison est un sanc-
tuaire en forme de pinacothèque, elle abrite une collection d'images qui
reflèterait 1' ideal spirituel du dominus. Ii est vrai que 1' approche sociolo-
gique d'A. Wallace-Hadrill réservait au decor domestique et, en particu-
her, aux representations mythologiques, une fonction essentiellement
générique, qui rendait assez superficiellement compte de la variété des
themes choisis par les commanditaires: la connaissance des mythes est
signe de culture, privilege des elites, et, a 1' instar des diverses manifes-
tations du luxe, indique avant tout le statut social du dominus. L'usage
26 J.-A. DIcIunArt't, The Peristyle and the Transformation of Domestic Space in Hellenistic Pompei,
in R. LAURENCE - A. WALLACE-HADRILL (bd.), Domestic Space in the Roman W orld: Pompei and beyond,
JRA supplement 22, Portsmouth 1997, p. 121-136; sur la signification ideologique des portiques evo-
quant la palestre grecque, SAURON, Templa serena. A propos de la "V illa des Papiri" a Herculanum,
p.285-288.
27 Vitr.6.5.1.
28
K. SCHEFOLD, Pompeianische Malerei. Sinn und Ideengeschichte, Bale 1952, cite dans la trad. fr .
de J.-M. CROISILLE (La peinture pompéienne. Essai sur l'dvolution de sa signification, Latomus 108, Bru-
xelles 1972). La démarche de K. Schefold est encore marquee par la question de la romanité de Fart porn-
phien (versus Fart greC). La peinture romaine est souvent qualifiee d ... énigme on de mystère": son appa-
rente banalitd decorative requiert une démarche hermeneutique specifique. L'art romain serait plus sym-
bolique et plus conscient que Fart grec, car ii se fonde sur d'autres conceptions éthiques et religieuses (La
peinture pompéienne, p. 41) que celles des Grecs. C'est dans I'atmosphère de religiosite de la pohsie
augustéenne qu'il conviendrait de rechercher les des de l'énigme de la peinture. Aussi étudier la peintu-
repompéienne revient-il a en déchiffrer la signification symbolique: <<rnhme si Fart n'est pas l'activité
primordiale des Romains, le besoin d'art est inseparable de la réalité romaine: la base en est religieuse>>
(p.38). Plus qu'une pinacotheque, la maison est no sanctuaire, no museion, oh des mystbres (au sens reli-
gieux du terme), lies aux traditions orphico-dionysiaques italiques, se donnent a voir, si bien que: <des
tableaux faotastiques temoignent des espérances et des idéaux des habitants et de l'engagement religieux
de leur vie>> (p. 41). Les conceptions de K. Schefold sont largement tributaires des ouvrages de
M. ROSTOVTSEFF, Mystic Italy, New York 1927 et de F. CUMONT, Recherches sur le symbolismefunerai-
re des Romains, Paris 1942.
118 RENAUD ROBERT
29
WALLACB-HADI4ILL, Houses and Society, p. 30; Cic. Off. 1.138-140; Leg. 330. Cette appropria-
tion avait commence avec le formation de collections de peintures susceptibles de rival iser avec celles
des temples de 1' Urbs; ainsi s'explique la politique mise en omwe par Auguste pour inciter les collection-
neurs a restituer an public les ceuvres d'art (Pun. NH. 35.26).
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iconographique du "deuxième style", IvIEFRA, 113/2,2001, p. 769-786.
PRIV A TA MODO ET DOMESTICA NOS DELECTA IV T 119
36 Les principaux ensembles de "deuxième style" étudiés par C. Sauron (outre les mégalographies
de la "Villa des Mystères" et de la villa dite de P. Fannius Synistor) sont: le cubiculum M de la "Villa de
Fannius Synistor" (voir Quis deum'?, p. 374-430), les fresques de la Villa d'Oplontis a Tone Annunzia-
ta, notaniment l'atrium et le salon 15 (Quis deum?, p. 431-483); voir bgalement La revolution iconogra-
phique, p. 775-779.
Il s'agit de Q . Lutatius Catulus, rival de Marius et consul en 102-101 a y . J.-C. et son fils homo-
nyme, consul en 78 ay . J.-C., voir SAURON, Quis deum?, p. 137-141 et 169-248; ID., La revolution icono-
graphique, p.780-786.
38 L'idée qu'il existe un lien programmatique entre les tableaux d'un même ensemble décoratif a été
défendue par K. Schefold contre l'opinion qui prévalait depuis A. Mau, selon laquelle aucune affinité
profonde ne pouvait ëtre htablie entre les tableaux; A. MAU, Pompeii in Leben und Kunst, Leipzig 1908,
p.501; SCHEFOLD, Lapeinture pompéienne, p. 32.
En particulier, P. ZANKER, Mythenbilder im Haus, in R. F. DOCTER - E. M. Mooaara.m (éd.), Pro-
ceeding of the X V '6 International Congress of Classical A rchaeology (Amsterdam 1998), Amsterdam
1999, p. 40-48 (trad. it. d'E. POLrrO, Immagini mitologiche nelle case pompeiane, dans Un'arte per l'im-
pero. Funzione e intenzione delle immagini nel mondo romano, Milan 2002, p. 112-132);
S. MUTH, Erleben von Raum - Leben im Raum, zur Funktion mythologischer Mosaikbilder in der
römisch-kaiserzeitlichen W ohnarchitektur, Heidelberg 1998; P. Vn y nn, But de 1 'art, propagande etfaste
monarchique, in P. VEyNE, L'empire gréco-romain, Paris 2005, p. 379-418; J. ELSNER, Viewing and
Society: Images, the V iew and the Roman House, in J. ELSNER, A rt and the Roman V iewer. The Transfor-
mation of A rt from the Pagan W orld to Christianity, Cambridge 1995, p. 48-87.
40 Voir SCHEFOLD, La peinture pompéienne, p.45-49 et les intéressantes remarques de CR0IsmLE, La
41
Plut. Brut. 23. Le jeu des correspondances entre les affects du spectateur et le tableau contempld,
tel qu'il est mis en scene dans l'épopde on le roman, exprime sans nul doute un mode subjectif de récep-
tion que connaissait certainement le spectateur antique, mais il est tout autant le produit de l'illusion lit-
téraire, car Ic récit subordosme, grace a ce procédé, la description aux besoins de la narration. Pourtant,
l'image excède toujours la signification que lui prête la subjectivitd du spectateur, dans la mesure od elle
Se prête simultanément a d'autres lectures, comme le souligne précisément Plutarque dans l'épisode de
I'embarquement de Brdtus. Deux interpretations semblent s'affronter: celle de Porcia, suscitée par l'émo-
don de la separation (la representation des adieux d'Andromaque a Hector anticipe symboliquement sa
propre separation d'avec Brutus) et celle de Brutus lui-mhme qui voit avant tout dans la figure d'Andro-
maque un exemple d'hdroIsme et d'amour de la patrie. Plutarque confronte donc a dessein les lectures
psychologique et politique du même tableau.
42
Petr. Sat., 83; Achille Tat. Leucippe et Clitophon, 1-2.
ZANKER, Immagini mitologiche nelle case pompeiane, p. 118-120; voir également, J. ELSNER,
Seductions of A rt: Encolpius and Eumolpius in a Neronian Picture Gallery, PCPhS 39, 1993, p. 30-47 et
S. GOLDIHLL, The Naive and Knowing Eye: Ecphrasis and Culture of Viewing in the Hellenistic W orld, in
S. GOLDHILL - R. Osaonsm (ed), A rt and text in ancient Greek culture, Cambridge 1994, p. 197-223.
Ce point de vue est a nuancer selon: K. LEHMANN-HARTLEBEN, The "Imagines" of the Elder Philo-
stratus, Art Bulletin 23, 1941, p. 16-44; N. BSrYSON, Philostratus and the Imagery Museum, in S. GOLDHILL
- R. Osao1uE (éd.), A rt and Text in A ncient Greek Culture, Cambridge 1994, p. 255-283. En demier lieu,
voir les etudes rassembldes dans le volume: M. CosTAwrml - F. Gu.ziAM - S. R0LET (dd.), Le deft de l'art.
Philostrate, Callistrate et l'image sophistique, Rennes 2006, en particulier la contribution de
N. V . BRAGINSKAYA - D. N. LEONOV, La composition des Images de Philostrate l'A ncien, p. 9-29.
P. ZANKER, Eine römische Matrone als Omphale, RM 106, 1999, p. 119-131 (trad. it. d'E. PoLl-
TO, Una matrona romana nelle vesti di Omfale, dans Un'arte per l'impero. Funzione e intenzione delle
immagini nel mondo romano, Milan 2002, p. 198-211).
PRIVATA MODO ET DOMESTICA NOS DELECTANT 121
Ces enquetes entendent se placer dans la perspective socio-historique d'A. Wallace-Hadrill, par
exemple Mum, Erleben von Raum - Leben im Raum, p. 49-53.
Sur la critique de la notion de programme iconographique, Mum, Erleben von Raum - Leben im
Raum, p.34-4l et p. 102-110.
P. ZA.NKER, Un 'arte per i sensi. Ii mondofigurativo di Dioniso e A frodite, in S. Sarrss (éd.), I Gre-
ci. Storia, cultura, arte, società, 2.3, Turin 1998, p. 545-616.
a Sur Hylas et Achille a Skyros, MUTH, Erleben von Raum - Leben im Raum, p. 99-196; on pent
egalement se reporter an compte-rendu trbs pertinent de l'ouvrage de S. Muth par J. BALTY dans le Bul-
letin de 1'AIEMA 18, 2001, p.452-459.
50 On notera que la notion d'otium est le rbsultat d'une elaboration philosophique qui ne vaut yen-
tablement que pour une classe de notables qui a thdorisé son rapport parfois conflictuel a la chose publi-
que et an mode de vie grec, voir J.-M. ANDeE, L'otium dans le vie morale et intellectuelle romaine, Paris
1966, en particulier p. 279-334.
122 GLI SPAZI DBLL'UTOPIA
Sur le role de la thkmatique erotique dans le decor privé: D. FREDERICK, Beyond the A trium to
A riadne: Erotic Painting and V isual Pleasure in the Roman House, ClAnt 14/2, 1995, p. 266-287. L'au-
teur insiste hgalement sur le role joué par ces images dans la construction sociale do sexe et du pouvoir
masculin; voir aussi les contributions réunies dans N. BOYMEL KAMPEN (ed), Sexuality in A ncient A rt,
Cambridge - New York 1996; ces themes sont abondamment abordés par MOTH, Erleben von Raum -
Leben im Raum, p. 292-322.
52
Mum, Erleben von Raum - Leben im Raum, p. 292 et p. 322-327.
S. MUTH, Gegenwelt als Gldckwelt - GlUckwelt als Gegenwelt? Die W elt des Nereiden, Tritonen
und Seemonster in der romischen Kunst, in T. HOLSCHER (ed), Gegenwelt. Zu den Kulturen Griechen-
lands und Roms in der A ntike, Munich - Leipzig 2000, p. 467-496.
Voir le désir d'échapper an quotidien, qualifie d'Eskapismus par Mum, Erleben von Raum -
Leben im Raum, p. 322-324.
V oir notamment, R. Evs, Searching for Paradise: Landscape, Utopia, and Rome, Arethusa 36,
2003, p. 285-307: l'auteur embrasse dans une mbme aspiration a l'idéal les allusions an Phoenix, aux
confins legendaires du monde habith on a l'Age d'Or. Ii voit dans les peintures qui ornent les maisons
romaines (paysages, viridaria et motifs vegetaux) comrne dans les jardins intérieurs (reels ou feints) des
espaces "utopiques", qui expriment un désir de maitrise tie la nature et de contrOle du temps.
56
SCHEFOLD, Le peinture romaine, p. 57. La dimension religieuse, chère a K. Schefold, est cepen-
dant nettement moms mise en avant. Ii en va de méme avec las implications politiques de certains motifs.
A propos des rinceaux augustdens et de l'Age d'Or, EVANS, Searching for Paradise, p.301-302 s'en tient
a one conception superficielle des reliefs de l'A ra Pacis. Ii ne cite pas les travaux tie G. SAURON sur le
monument (notamment: L'histoire végetalisee. Ornement etpolitique a Rome, Paris 2000) et Se fonde sur
le travail très general tie D. CASTRIOTA, The A ra Pacis A ugustae and the Imagery of A bundance in Later
Greek and Early Roman Imperial A rt, Princeton 1995.
PRIVATA MODO ET DOMESTICA NOS DELECTANT 123
Sur le Timonion d'Antoine a Alexandrie, Strabon, 17.1.9 on le locus in edito singularis, qualiflé
de Syracusae par Auguste, Suétone, A ug. 72. On pourrait également mettre sur le même plan la résiden-
ce impériale de Capri, nommée ATrpayólroXLs (sejour de l'oisiveté) par Auguste, d'après Suet. A ug. 98;
B. LA ROCCA , Ii lasso come espressione di potere, in E. LA ROCCA - M. CmSA, Le tranquille dimore degli
del (catalogue de l'exposition de Rome), Rome 1986, p. 19.
' R. FORTSCFI, A rchaologischer Kommentar zu den V illenbriefen des jUngeren Plinius (Beitrage zur
Erschliessung hellenistischer und kaiserzeitlicher Skuiptur und Architektur 13), Mayence 1993,p.48-58.
Notamment la diaeta de sa villa des Laurentes que Pline le Jenne (2.17.23-24) qualifie d'amores.
Ce lieu est un secretum, habilement isolé du bruit de la demeure par un procédé technique: Tam aid abdi-
tique secreti illa ratio, quod interiacens andron parietem cubiculi hortique distinguit, atque ita omnem
sonum media inanitate consumit. Dans cet appartement, la solitude, source de plaisir, est complete: In
hanc ego diaetam cum me recepi, abesse mihi etiam a uilla mea uideor, magnamque eius uoluptatem,
praecipue Saturnalibus, capio, cum reliqua pars tecti licentia dierumfestisque clamoribus personat.
° Cie. Parad., 5.3.36-38; sur Lucullus: Cie. Leg., 3.30-31; Romari6, Dal De officiis a Vitruvio,
p. 64-66.
124 RENATJD ROBERT
féra une retraite (honteuse aux yeux de son ami Cicéron) dans le cadre
luxueux de ses residences a une vie publique ternie par les bruyants suc-
ces de ses rivaux 61 . L'espace domestique, s'il est trop privé, inspire de la
suspicion a l'Arpinate 62• 11 est compare a un enfer, un lieu d' autant plus
décrié qu'il est voué a la uoluptas63 . Les poètes, de Térence aux satins-
tes ont touj ours associé espace privé (sinon domestique !) et érotisme 64•
Pourtant Cicéron, non sans jouer lui-même de l'ambiguIté inhérente au
statut de la demeure privée d'un homme public, se plaint de voir sa villa
de Formies transformée en "basilique" chaque fois qu'il y reside65.
Y. Thébert le premier avait clairement mis en evidence que toute la
dynamique de la maison romaine venait de la tension dialectique
privé/public. Espaces intimes et espaces de sociabilité se juxtaposent
dans la maison en fonction d'une gradation explicitement définie par
Vitruve. Mais ces espaces s'interpénètrent aussi et leurs frontières sont
susceptibles d'évoluer selon les heures du jour on les circonstances de la
vie. C'est pourquoi, une vision plus réductrice de l'espace domestique,
défini par son opposition a l'extérieur (au groupe social?) et dote d'un
decor presque uniment décrit comme une invite a fuir la réalité quoti-
dienne (Eskapismus), rejoint de manière préoccupante les aspirations
bien actuelles d'une société de loisirs.
Or, dans bien des cas, le cadre dont s ' entourait le propriétaire de la
maison paraIt avoir précisément mis en scene le conflit entre les aspira-
tions an plaisir et les exigences de la uirtus. Dans la "Villa des Papyri" a
Herculanum, M. R. Wojcik interprétait la double s6rie de portraits, sou-
verains hellénistiques et philosophes, comme une allusion aux deux
aspects de la vie des propriétaires, l'exercice du pouvoir et les plaisirs
61
Peut-être les residences de Lucullus, dont les salles portaient des noms de dieux, s'apparentaient-
elles a des palais idéaux (utopiques?): Plut. Luc. 41.6; toutefois, la retraite de Lucullus était ostentatoire
et entrecoupée au commencement d'apparitions remarqudes et efficaces sur le Forum ou au Sénat (Plut.
Luc. 42.5). Sur ses residences, voir V. J0LIvEr, Xerxes togatus: Lucuilus en Campanie, MEFRA 99, 1987,
p. 875-904. -
62
Voir Ce propos les remarques sur les diaetae composées d'une cenatio a un cubiculum dans
A . ZACCARIA RUGGIU, A bbinamento triclinium-cubiculum: un'ipotesi interpretativa, dans A bitare in
Cisalpina. L'ediliziaprivata nelle città e nel territorio in eta romana (Atti della XXXI settimana di Stu-
di Aquileiesi, 23-26 mai 2000), Antichità Altoadriatiche 49,2001, p. 59-101.
63
Dans le cas de Verrbs, la captation des c:euvres d'art des cites et des particuliers revient ales fai-
re disparaitre dans les ténèbres de ses appartements privés; Cic. V err., 1.7: simulacraque deorum, quae
non modo ex suis templis ablata sunt sed etiam iacent in tenebris ab isto retrusa atque abdita. Or la
demeure du préteur est fondamentalement souillée par ses debauches: R. ROBERT, A mbigulte du collec-
tionnisme de V errès, in J. DUBOULOZ - S. PrrrIA, La Sicile de V errès. Lectures des V errines, Besançon
2007, p. 15-34.
Ter. Eun. 580-59; voir également la diatribe de Properce, 2.6.27-44 contre l'introduction des
peintures érotiques dans les maisons. R. ROBERT, Arte et amore captus. Les collections: une appropria-
tion controversée des opera publica et in perception de i'espace privé, in A. DARDENAY - E. Rosso (ed),
Interacciones entre esfera publica y esfera privada en el espacio de in ciudad romana (Actes du collo-
que de Madrid, 27-28 février 2006), a paraitre.
61
Cie. A tt., 2.14.2: Basilicam habeo, non uillam,frequentia Formianorum.
PRIV A TA MODO ET DOMESTICA NOS DELECTA NT 125
66 M. R. WOJCIK, La V illa dei Papiri ad Ercolano. Contributo alla ricostruzione dell'ideologia del-
la nobilitas tardorepubblicana, Rome 1986; SAURON, Templa serena. A propos de la "V illa des Papyri"
a Herculanuin, p. 290-294.
67
P. ZANKER, Bilderzwang. A ugustan Political Symbolism in the Private Sphere, dans Image
and Mystery in the Roman W orld. Papers given in Memory of Jocelyn Toynbee, Gloucester 1988, P.
1-13 (trad. it. d'E. POLITO, Immagini come vincolo: ii simbolismo politico augusteo nelle sfera priva-
ta, dans Un 'arte per 1 'impero. Funzione e intenzione delle immagini nel niondo romano, Milan 2002,
p.79-91).
68
ZANKER, Una matrona romana nelle vesti di Omfale, p. 207-208, apropos de la peinture de la
"Maison de M. Lucretius Fronto" (IX 3,5); sur Mars et Venus, V.M. STROCKA, Mars und V enus in Bud-
programmen pompejanischer Hauser, in D. SCAGLIARINT C0RLArrA (ed.), I tend figurativi nella pittura
parietale antica (Atti del VI Convegno Internazionale sulla pittura parietale antica, Bologne 1995), Bob-
gne 1997, p. 129-134.
69 Ii serait intbressant de reprendre en ce sens le decor de la "Maison du Poète Tragique" (VI 8, 3-
5). Les etudes sur be motif d'Achilbe se sont multiplibes récemment: F. Grmnim, La fortune del mito di
A chille nella propaganda tardo repubblicana ed imperiale, Latomus 53/2, 1994, p. 297-316; L. ABB0N-
DANZA, Immagini dell'infanzia di A chille in eta imperiale: continuità di unparadigma educativo, Ocnus
4, 1996-1997, p. 9-33; F. GHEDtNI, A chille "eroe ambiguo" nella produzione musiva tardo antica,
AntTard 5, 1997, p. 239-264; G. L. GRASSOLI, Una toeletta particolare. A ttorno a un quadro dalla Case
di Sirico, Eidola 2, 2005, p. 95-111.
126 RENAUD ROBERT
sociologique. Bile réduit sans doute a l'excès les resonances que pou-
vaient susciter dans le public romain les images erotico-dionysiaques et
tient peu compte de l'infinie variété des images elles-mêmes, des
contextes architecturaux et fonctionnels. Les recherches récentes de
S. Wyler sur le dionysisme domestique ont bien montré que seul l'envi-
ronnement architectural . et iconographique permettait de determiner
jusqu' a quel point une image était banalisée: les attributs dionysiaques
(thyrse, pampres, masques), selon qu'iis figurent sur un "portrait" en
médailion, dans un réseau d'images de même nature, dans une scene
mythologique, dans l'oecus de la maison ou dans le cubiculum, ne revê-
tent pas la même signification et n'impliquent pas, chez ies propriétaires,
le même degré d'implication a i'égard du dionysisme70.
Ii faut, par ailleurs, tenir compte du fait que les témoignages archéo-
iogiques, qui concernent essentiellement les elites provinciales, ne coIn-
cident pas avec la documentation textuelle qui décrit presque exclusive-
ment le mode de vie des classes dirigeantes de 1' Urbs. Si la sociabilité
des nobiles républicains ou celle des hommes de cour a l'époque impé-
riale obéissaient a une codification assez stricte, celle des classes moyen-
nes était certainement plus modeste et, par IA-même, plus difficile a sai-
sir pour nous 71 . L'ostentation de l'image publique des dirigeants et le
caractère quasi public de la vie de cour, relèguent l'intimité des hommes
d'Etat dans l'ombre. Ii est tentant, par contraste, de projeter sur la "petite
bourgeoisie" des cites de province - propriétaire des maisons exhumées
par les archeologues - une vision de la vie quotidienne qui fasse la part
belie a l'otium et au soucide soi. L'espace domestique permettrait a des
preoccupations plus intimes et plus personnelles de se projeter dans un
decor presque entièrement tourné vers l'exaltation d'un ideal de vie pri-
vée. En effet, même si les demeures des elites cherchent a imiter celles
des classes dirigeantes, cela ne signifie évidemment pas que leurs modes
de vie sont identiques 72• Nous possédons fort pen de témoignages sur les
70
En particulier, S WyLER, "Dionysos domesticus": les motifs dionysiaques dans les maisons porn-
pdiennes et rornaines (II' a. ay . J.-C. - s. ap. J.-C.), MEFRA 116/2, 2004, P. 933-951
Voir les remarques de K. M. D. DUNBABIN, The Roman Banquet. Images of Conviviality, Cam-
bridge 2003, p. 74-102.
72
Ce phénomène d'imitation est bien attesté par Un texte de Cichron (Leg. 3.30-31) qui civoque
l'imitation du luxe cia Lucullus par ses voisins: <<Un grand homme et qui flit notre ami a tons, Lucius
Lucullus, aurait, a-t-on raconth, fait cette réponse, qu'on trouvait ingénieuse, lorsqu'il a dit, comme on lui
reprochait la magnificence de savilla de Tusculum, qu'il avait deux voisins: en haut, un chevalier
romain; en bas, un affranchi; quand tons deux avaient des villas magnifiques, on pouvait bien lui accor-
der ce qu'on laissait faire a des gens d'un ordre infcirieur. Mais ne vois-tu pas, Lucullus, que c'est de toi
qu'est née l'idée de leur passion? Si tu ne faisais cela, on ne le leur laisserait pas faire. Qui en effet pour-
rait tolérer ces gens-là quand on voit leurs villas pleines de statues at de tableaux pris en partie a l'Etat,
en partie a des temples on des lieux vénérés? Qui ne voudrait briser leurs convoitises, si ceux-1A qui au-
talent le devoir dales briser, n'étaient possédhs de la méme passion?>> I. Ba.o.osrru'o (Problemi dipittura
romana, p. 184) a attire l'attention sur le fait qu'il serait fallacieux de surestimer la difference qualitative
PRIV A TA MODO ET DOMESTICA NOS DELECTA NT 127
entre les officines qui travaillaient dans les maisons de Rome et celles qui oeuvraient dans les cites vbsu-
viennes; elle note en particulier des affinitbs entre les peintures de la "Maison d'Auguste" et celles de la
"Maison du Cryptoportique" a Pompbi.
Petr. Sat. 39 et 71; J.-Chr. DUMONT, Le decor de Trimalcion, MEFRA 102/2, 1990, p. 959-981.
Voir l'introduction de l'ouvrage de J.-A. DICKMANN, Domus frequentata. A nspruchsvolles W oh-
nen impompejanischen Stadthaus, Munich 1999.
Ce point de vue est dbfendu jusqu'à la caricature par l'étude de M. Ganam, Public and Priva-
te in the Roman House: the Spatial Order of the Casa del FaunoDomestic Space in the Roman W orld:
Pompei and beyond and beyond, iRA supplement 22, Portsmouth 1997, p. 137-164.
128 RENAUD ROBERT
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LA CITTA E IL NOME: PROGETTO POLITICO
B UTOPIA NELLA FONDAZIONE DI ANTINOE
Come è noto, Adriano visita 1'Egitto nel corso deli' ultimo grande
viaggio, fra ii 128 e ii 132 d.C., recandovisi per la prima volta nel 130
d.C. e di nuovo nel 131 d.C. 5 Le circostanze della morte di Antinoo sono
state ripercorse da una letteratura piuttosto cospicua anche negli ultimi
anni, ii che esime dal riconsiderare partitamente le vane interpretazioni
che ne sono state offerte: e sufficiente assumere che Antinoo sarebbe
intenzionalmente annegato nel Nilo in occasione dei Neilöa , ii 22 ottobre
del 130 d.C., sacrificandosi per garantire l'immortalità ad Adriano. Alla
morte del giovane seguono immediatamente due avvenimenti di notevo-
be portata: secondo ii codice dinastico, egli viene trasformato in astro;
subito dopo, ii 30 ottobre, l'imperatore fonda, sulla sponda opposta
rispetto al luogo in cui è avvenuto l'incidente, la città di A ntinoupolis6.
Sulle fondazioni in Egitto da parte di Alessandro e dei Lagidi vanno citati almeno V. TScHERIK0-
VER, Die hellenistische SttidtegrUndungen von A lexander dem Grossen bis auf die Römerzeit, Philologus,
Suppl. 19, 1, 1927, pp. 182-189; E. Ganco - M. TORELLI, Storia dell'urbanistica. II mondo greco, Roma-
Bari 1983, pp. 339-340; M. C. Mc CLELLAN, A lexander in Egypt, in E.C. DANIEN (ed.), The W orld of Phi-
lip and A lexander. A Symposium on Greek Life and Times, Philadelphia 1990, pp. 39-59; vari contributi
in A lessandro Magno. Storia e mito (Catalogo della mostra), Milano 1995: N. BONACASA, A lessandria
capitale e l'Egitto dei Tolomei, pp. 67-79, P. BERNARD, Le cittafondate da A lessandro in A sia centrale,
pp. 97-103, e la sezione V I. A lessandria in Egitto, pp. 264-275, con schede di N. BONACASA, E. CIAMPINI,
A. RoccATi, E.C. PORTALE, B. SCHMTTZ, G. CAPRIOTrI Virrozzi, M.R. Di MIND, K. KONTJK.
Da ultimo A.R. BIRLEY, Los viajes de A driano, in J.M. CORTES COPETE - E. Muiliz GRIJALVO
(edd.), A driano A ugusto, Sevilla 2004, pp. 57-69, in particolare p. 69: 128 d.C.: Roma, Africa, Numidia,
Mauritania, Roma, Atene; 129 d.C.: Atene, Eleusi, Asia (Efeso, Mileto), Licia (Patara), Asia (Laodicea,
Apamea, Melissa), Cappadocia, Siria (Antiochia); 130 d.C.: Siria (Antiochia, Monte Casio, Palmira),
Arabia (Gerasa, Petra?), Giudea (Gerusalemme, Gaza), Egitto (Pelusio, Alessandria, deserto, Eliopoli,
Menfi, Ossirinco, Hermoupolis, A ntinoupolis, Tebe, Ossirinco, Tebtunis); 131 d.C.: Alessandria, A nti-
noupolis, Alessandria, Siria, Cilicia, Panfihia (Phaselis) , Asia, Atene; 132 d.C.: Atene, Giudea, Atene.
6 CALDERINI, Dizionario, pp.
74-78 (vane denominazioni del centro), pp. 79-80 (fondazione), pp.
80-82 (storia degli studi). Fonti antiche sulla monte di Antinoo e sulla fondazione di Ant moe: Aur. Vict.,
hist. abr. 14,7; Cass. Dio, hist.Rom. 69, 11, 1-4; HA ., Hadr. 14,5-7; Paus. V III, 9,7. Discussioni in J. L.
VOISIN, A picata, A ntinods et quelques autres. Notes d'epigraphie sur la mort volontaire a Rome, MEFRA
99, 1987, pp. 257-280, in particolare pp. 262-266; H. MEYER, A ntinoos. Die archaologischen Denkmaler
unter Einbeziehung des numismatischen and epigraphischen Materials sowie der literarischen Nachri-
chten. Ein Bed-rag zur Kunst- and Kulturgeschichte der hadrianisch-frtihantoninischen Zeit, Miinchen
1991, pp. 183-191, 213-215 e 231-233; CALANDRA, Oltre la Grecia, pp. 132-134, 145-147, 157-161;
LA CITTA E IL NOME: PROGETTO POLITICO E UTOPIA 135
Sono questi gli atti di un unico, complesso rito, che trae avvio dalla mor-
te per autoimmolazione, prosegue con ii catasterismo, e culmina nella
fondazione, che nasce da un preciso progetto, pretestuosamente alimen-
tato dalla tragica fatalità.
Ii ricorso al nome di Antinoo, cui l'imperatore lega addirittura una
città, obbliga a una riflessione. Nella parte occidentale dell'impero,
infatti, Adriano adotta una notevole cautela, tendenzialmente limitando-
si ad aggiungere ii proprio nomen o ii praenomen al nome già in uso del-
la città; in Oriente, invece, egli adotta una condotta assai diversa 7 : fonda
e I o rifonda una serie di città, alle quali trasmette ii proprio nome 8 ; ad
altre attribuisce l'aggettivo tratto da questo, facendole diventare Hadria-
ne 9; altre ancora si vincolano a lui tramite un culto personale, attestato da
dediche, da altari, da edifici di varia natura'°. Al tempo stesso, Adriano
attribuisce denominazioni, o meglio ridenominazioni, ad altre città,
anche coinvolgendo i nomi dei membri della casata imperiale: prima di
tutto Selinunte di Cilicia, dove Traiano muore, riceve ii nuovo nome di
Traianoupolis"; ancor pill significativamente, l'imperatore accosta ad
Hadrianopolis, fondata in Tracia, città come Plotinopolis , Marcianopo-
us, Traianopolis, A ugusta Traiana (nothe sostituito a quello di Beroe),
Ulpia Nikopolis, Porta Traiana, Ulpianum: centri distribuiti nell' areale
traco-mesico, occidentale in quel tempo, ma che dill a non molto diver-
rà piattaforma nevralgica verso 1'Oriente 12•
Una rete eciStica cos! complessa trae origine dalla lezione del Mace-
A.R. BIRLEY, Hadrian. The Restless Emperor, London - New York 1997, Pp. 235-258; A. GALIMBERTI,
A driano e l'ideologia del principato, Roma 2007, pp. 95-98; E. CALANDRA, V illa A driana scenario del
potere, in M. Rizzi (ed.), A driano & i cristiani, c.d.s. Isolata la datazione al 134 d.C. della fondazione da
parte di S. FOLLET, Hadrien en Egypte et en Judée, RPh 42, 1968, pp. 54-77, che prende in considerazio-
ne ii chronicon Pascale e la documentazione numismatica.
Fonti sull'operato urbanistico ed edilizio di Adriano: CASS. Dio, hist. Rom. 69, 10, 1; Eutr., brev.
87,2; H.A .,A lex. 43,6; H. A ., Hadr. 13,6,19,2,19,9,20,4-5,20,13. Per la condotta politica di Adria-
no CALANDRA, Oltre la Grecia, pp. 120-123 (città occidentali), e pp. 124-130 (città orientali), con discus-
sione e bibliografia precedente. Per ii culto imperiale in Oriente S. R. F. Piuca, Rituals and Power. The
Roman Imperial Cult in A sia Minor, Cambridge 1984.
8 B. D'ORGEvAL, L'Empereur Hadrien. Oeuvre legislative et administrative, Paris 1950, pp. 225-
226; M. LE GLAY, Hadrien et l'A sklepieion de Pergame, BCH 100, 1976, pp. 347-372, in particolare pp.
357-358: Misia: Hadrianoi , Hadraneia, Hadrianoutherai; Lidia: Hadrianopolis; Frigia: Hadrianopolis;
Paflagonia: due Hadrianopolis; Ponto: due Hadrianopolis e una Hadrianoi; Cilicia: Hadrianopolis.
La GLAY, Hadrien, pp. 358-359: Cizico, Smirne, Nikopolis sul Lico, Nicomedia, Bithynion -
Claudiopolis, Cius, Iconium (colonia secondo A.D. MACRO, The Cities of A sia Minor under the Roman
Imperium, in A ufstieg und Niedergang der romischen W elt, 2, 7.2, 1980, pp. 658-697, in particolare pp.
674-675), Germanicopolis, Diocaesarea, Tarso, Adana, Mopsuste, A egae, Palmira (su cui D. SALZMANN,
Sabina in Palmyra, in G. BAUCHHENS (ed.), Festschrift Nikolaus Himmelmann: Beitrage zur Ikonogra-
phie und Hermeneutik, Mainz 1989, pp. 361-368).
'° Elenco in La GLAY, Hadrien, pp. 359-364.
CALANDRA, Oltre la Grecia,pp. 37-38.
° T. CORNELL - J. MATrHEWS, A tlante del mondo romano, trad. it., Novara 1984, pp. 140-141;
SCHUBERT, A ntinoopolis, p. 123.
136 ELENA CALANDRA
done, che lega il proprio nome a numerose città, di cui la piü famosa è
certamente Alessandria d'Egitto 13, ma accanto alla quale ne sorgono
alcune altre in Asia, situate costantemente in luoghi di importanza stra-
tegica14.
La nuova consapevolezza del ruolo di fondatore si coglie già nella
scelta dell'epiteto di Ktistes, che Alessandro si attribuisce per primo,
imitato poi da vari sovrani ellenistici' 5 ; lo stesso epiteto viene adottato
nel mondo romano per primo da Pompeo, Seguito da Augusto, Agrippa,
Germanico, Tiberio, Nerone, Domiziano 16: tradizione cui Adriano
ampiamente si collega17.
L'imposizione del nome del favorito dell'imperatore, con un geSto di
indubbia incisività, nonché i tratti urbanistici, conSentono di ascrivere
A ntinoe alle modalità poleografiche orientali, dal punto di vista Sia geo-
grafico Sia programrnatico. II nuovo centro (attualmente Sheik Abadeh)
sorge nel Medio Egitto, a metà strada tra PtolemaIs e A rsinoe, e di fron-
te a Hermoupolis, ubicata sulla sponda destra del Nib: tutte fondazioni
lagidi18.
Sotto 11 profilo archeobogico, peraltro, la città non è adeguatamente
conosciuta, ancorché a piü riprese esplorata e parzialmente pubblicata. Ii
sito non è nuovo a insediamenti, come teStimoniano i reSti del tempio
ramesside e di una necropoli di eta protodinastica 19• Una fase ellenistica
13
Vedasi supra nota 4.
" A. PA9JLY — 0. WissowA (edd.), Realencyclopadie der classischen A ltertumwissenschaft, I,
Stutt-
gart 1894, s.v. A lexandreja, cc. 1376-1395; TSCHER1KOVER, Die hellenistische StadtegrUndungen, pp.
136-154; MONTEVECCHI, A driano e lafondazione, p. 184.
15
Esemplificazione in PAULY - WIssowA X I, 1921-1922, cc. 2085-2087: l'epiteto è usato da Ales-
sandro, Mitridate fondatore del dominio pontico, Demetrio Poliorcete, Prusia I di Bitinia, Eumene II,
Antioco IV Epifane, Orode I degli Arsacidi, Erode Filippo II, Archelao di Cappadocia; Arato di Sicione
invece h definito oikistés.
6
Per Pompeo: MACRO, The Cities of A sia Minor, PP. 672-674; D. MICHEL, A lexander als V orbild
für Pompeius, Caesar und Marcus A nton ius, Bruxelles 1967, pp. 48-50. Per I'età imperiale PAULY - Wis-
SOWA X I, 1921-1922, cc. 2085-2087; per Agrippa anche J.-M. RODDAZ, Marcus A grippa, Roma/Paris
1984, pp. 431-450.
7
PAULY - WIssowA X I, 1921-1922, cc. 2086-2087. Per le titolature di Adriano come Ktistes, Oiki-
stds, Euergetes, Sotér: D'OROEvAL, L'Empereur Hadrien, pp. 228-229.
18
S. DONADONI, s.v. A ntinoe, in EA A I, 1958, pp. 419-420; MONTEVECCHI, A driano e lafondazione,
p. 185; SCHUBERT, A ntinoopolis, pp. 123-124; P. Roamo, L'Egitto al tempo dei Romani, in B. ADEMBRI -
Z. Miu (edd.), Suggestioni egizie a V illa A driana (Catalogo della mostra), Milano 2006, pp. 21-33, in
particolare pp. 23-24.
"Per le fasi piii antiche: A. SPALLANZANI-ZIMMERMANN, It cimitero protodinastico, in S. DoNoM
(ed . ), A ntinoe (1965-1968). Missione archeologica in Egitto dell'Universith di Roma, Roma 1974, pp.
23-31; L. BoNoi.rI FANFONI, Scavi nell'area del tempio ramesside, in S. DONADONT (ed.), A ntinoe, pp.
33-36; in generale CALDERINI, Dizionario, pp. 69-114; ii citato volume A ntinoe; I. BALDASSARRE, Alcune
riflessioni sull'urbanistica di A ntinoe (Egitto), AION 10, 1988, pp. 275-284; K. MIdHiowsKI, L'arte
dell'antico Egitto, trad. it., Milano 1990, p. 524; P. PENSABENE, Elementi di architettura alessandrina, in
S. STUCCHI - M. BoNxisNo ARAVANTINOS (edd.), Giornate di studio in onore di A chille A driani = Studi
Miscellanei 28, Roma 1991, pp. 29-85, e soprattutto P. PENSABENE, Repertorio d'arte dell'Egitto greco -
romano, Serie C, Ill, Elementi architettonici di A lessandria e di altri siti egiziani, Roma 1993,
pp. 273-
288; I. BALDASSARRE, s.v. A ntinoe, in EM H Suppl., 1971-1994,1, 1994, pp. 255-257.
LA CITFA E IL NOME: PROGETTO POLITICO E UTOPIA 137
20 Status quaestionis, discussione e ricca bibliografia in RosAn, Su Besa e su A ntinoe, pp. 51-61. La
tesi di una corrispondenza toponomastica fra 1'Attica e la zona di A ntinoe è stata sostenuta con particola-
re vigore da E. ARRIGONI, Locus ex machina e neo-divinith A ntinoo: topografia antinopolitana in Egitto
e sua geminazione nella "Besantinoe" d'A ttica, NAC 11, 1982, pp. 215-254.
21
RosArl, Su Besa e su A ntinoe, pp. 61-62.
22
SCHUBERT, A ntinoopolis, pp. 122-123.
23 BALDASSARRE, A ntinoe,
pp. 255-257.
138 ELENA CALANDRA
24
D'ORGEvAL, L'Empereur Hadrien, pp. 233-237; MONTEVECCHI, A driano e lafondazione, pp. 183-
195; per le fonti documentarie anche B. M. SMALLWOOD, Documents illustrating the Principates of Ner-
va Trajan and Hadrian, Cambridge 1966, nn. 505-507; R. K. SHERK, The Roman Empire: A ugustus to
Hadrian, Cambridge 1988,n. 153, p. 193.
25
MoNmvEcdHI, A driano e lafondazione, p. 190.
26
ZAumrr, A ntinoopolis, pp. 669-706, ma già CALOERINI, Dizionario, pp. 110-111; MONTEVECCHI,
A driano e lafondazione, pp. 190-191.
27
MONTEVECCHI, A driano e lafondazione, pp. 185-188.
28
BRAUNERT, Griechische und romische Komponenten, pp. 73-88; ZAHRNT, A ntinoopolis , pp. 669-
706; MONTEVECCHI, A driano e lafondazione, pp. 185-186; SCHUBERT, A ntinoopolis, p. 127.
29
CALDERINI, Dizionario, pp. 106-109.
LA CITFA E IL NOME: PROGETFO POLITICO E UTOPIA 139
30
Secondo CALDERIM, Dizionario, p. 108, "potrebbe anche riferirsi ad altra phylé".
31
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CA rzat, Oltre la Grecia, pp. 102-105; A. J. S. SPAWFORTH, The Panhellenion A gain, Chiron 29, 1999,
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' Si cita solo H. BENGTSON, Storia greca. I. La Grecia arcaica e classica, trad. it., Bologna 1985,
pp. 276-279 (per Maratona, settembre 490 a.C.), pp. 289-293 (per Capn Artemisio, estate 480 aC., e per
Salamina, settembre dello stesso anno).
' Aur. Vict., hist. abr. 14,4; H. A ., Hadr. 13, 1; LE GLAY, Hadrien, pp. 351-357; MEYER, A ntinoos,
p.234. Ulteriori discussioni in CALANDRA, Oltre la Grecia, pp. 105-110; GALIMBERT!, A driano, pp. 83-98;
A . GALIMBERTI, Strategiapolitica e strategia religiosa in A driano , in M. Rizzi (ed.),A driano & i cristiani.
LA CITTA E IL NOME: PROGETITO POLITICO E UTOPIA 141
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re pp. 159-160; J. BEAUJEU, La religion romaine a
l'apogde de l'Empire. I. La politique religieuse des
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e ilproblema del classicismo adrianeo, Firenze 1969, pp. 34-35; MEYER, A ntinoos, pp. 215-217.
40
Per l'analisi dell'epiteto WILLERS, Hadrians panhellenisches Programm, pp. 58-60; per i meda-
glioni H. A . THOMi'SON, The Impact of Roman A rchitects and A rchitecture on A thens: 170 b.C.-A .D. 170,
in Roman A rchitecture in the Greek W orld, S. MACREADY - F.H. THOMPSON (edd.), London 1987, pp. 1-
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41
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42
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142 ELENA CALANDRA
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48
lERErn, Gli del e gli eroi, I, p. 128 (Apollo Musagete, maestro delle Muse).
Per l'uso di Sebastós da parte di Adriano ricca esemplificazione in SMALLWOOD, Documents, pas-
sim. GALIMBERTI, A driano, p.89, nota 51, osserva che i demi di A sklepietls, Dioskour(e)ios, Herakl(e)ios,
ricorrono anche nell'iscrizione della ierofantide che inizia Adriano (IG 111900).
°° P.Giss. 3, in ALEXANDER, Letters and Speeches, pp. 143-144. Interessanti osservazioni sull'icono-
grafia apollinea di Antinoo in E. HOLM, Das Bildnis des A ntinous, Diss. Leipzig 1933, PP. 33-34.
51
KERENYI, Gli dei e gli eroi, II, pp. 106-112 (per i Dioscuri) e pp. 133-134 (per la natura semidivi-
na di Eracle).
52
Per i sesterzi P. BASTmN, Le buste monétaire des empereurs romains. II. Numismatique romaine.
Essais, recherches et documents, Wetteren 1993, pp. 372-373; per l'Ercole di Gades, già presente nelle
emissioni monetali traianee e in quelle di Adriano degli anni intomo al 120 d.C. e poi dal 124 d.C., BEAU-
mu, La religion romaine, pp. 215-217; per la moneta di Tasos CH. PIcAND, Thasos dons le monde romain,
in S. WALKER - A. CAMERON (edd.), The Greek Renaissance, pp. 174-179.
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4, 8-10; H.A ., Hadr. 6, 3. Per le questioni inerenti la successione CARANDINI, V ibia Sabina, pp. 45-49.
60
CALANDRA, Oltre la Grecia, pp. 37-42.
61
P. LEON, Traianeum de Italica, Sevilla 1988 e P. LEON, La itdlica adrianea, in J.M. C0RrEs CoPE-
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phicum urbis Romae, V , Roma 1999, s.v. Forum Traiani, PP. 258-259 (R. MENEGHINI), PP. 259-260
(C.M. A asici), PP. 260-261 (J. PACKER); G.L. GRASSIGLI, "... sed triumphare, quia viceris" (Pun., pan.
17,4). Ii nuovo Foro di Traiano. Considerazioni a margine dei risultati dei recenti scavi archeologici,
Ostraka 12, 2003, pp. 159-176.
63 Da ultimo F. PERPILLOU-THOMAS, Fetes d'Egypte ptolémaIque et romaine d'après la documenta-
tionpapyrologique grecque, Lovanii, Universitas Catholica Lovaniensis (Studia Hellenistica, 31) 1993,
PP. 151-163.
CARANDINI, V ibia Sabina, PP. 257-258: Adriano fa erigere una basilica a Nimes in memoria di
Plotina, ma avvia le celebrazioni ufficiali solo dal 127 d.C., forse.per evitare voci sul suo legame con la
moglie di Traiano; le emissioni monetali iniziano nel 128 d.C. se non nel 131 d.C.; solonel 134 d.C. per
la prima volta, e fino al 138 d.C., appare al rovescio l'immagine di Plotina, che figura come A ugusta,
come Diva e come madre.
63 Per legenealogie A. CAEALLOS RUFINO - J. M. RODRIGUEZ HIDALGO, A driano e la sua patria di
Italica, in A driano. A rchitettura e progetto (Catalogo della mostra), Milano 2000, PP. 23-30; G. Di VITA-
EVRARD, Lafamiglia dell'imperatore: per delle nuove "Memorie di A driano", in A driano. A rchitettura
e progetto, pp. 31-39.
66
CARANDINI, V ibia Sabina, pp. 22-26,57-60, 65-68, 247-265 (la datazione proposta per la gemma
è intorno agli ultimi mesi del 111 d.C. o ai primi del 112 d.C.), e REGGIANI, Un ritratto di Matidia Mino-
re, p. 16; per ii ruolo di Matidia, REGGIANI, Un ritratto di Matidia Minore, pp. 12-13. Per I'imagerie di
Marciana, M. BONANNO ARAVANTINOS, Un ritratto femminile inedito già nell'A ntiquarium di S. Maria
Capua V etere. I ritratti di Marciana: una revisione, RPAA 61, 1990, pp. 261-308. Per .i ritrattidi Ploti-
na C. VALERI, Le portrait de Plotine a Genève et la decoration statuaire des Thermes de la Porta Mari-
na, in P. DESCOEUDRES (ed.), Ostia. Port et porte de la Rome antique (Catalogo della mostra), Genbve,
Chene-Bourg-Paris 2001, PP. 303-307. Quadri d'insieme in H. TnMP0RINI - GRAFIN VITZTHUM, Die Fami-
lie der A doptivkaiser von Traian bis Commodus, in Die Kaiserinnen Roms. V on Livia his Theodora,
Mtinchen 2002, pp. 187-264; A driano. Le memorie alfemminile (Catalogo della mostra), Roma 2004.
146 ELENA CALANDRA
principesse, morte rispettivamente nel 112 d.C. e nel 119 d.C., Adriano
mostra una devozione particolare, sia fondando città, come ricordato in
precedenza, sia dedicando loro un'incisiva impresa monumentale a
Roma in Campo Marzio, comprendente ii colossale tempio in onore di
Matidia, affiancato da due basiliche, in memoria della stessa Matidia e di
Marciana 67 . Alla morte di Adriano, ii tempio memoriale di questi chiu-
derà ii recinto 68 . Nella struttura di A ntinoe, a Plotina viene dedicato un
demo al fianco di quello dedicato a Marciana, entrambi ricadenti sotto la
tribii di Matidia, dunque gerarchicamente riconosciuta come capostipite.
In quanto tale, ella appare come Kalliteknios , proprio riguardo alla pro-
le, e come Demetriei%s e Thesmophorios, attributi riferiti entrambi alla
sfera misterica, e precisamente a Demetra in quanto madre. In questo
senso, e naturale il rinvio all' iniziazione eleusina, cui si è fatto cenno in
precedenza69.
Meno visibile degli altri personaggi femminili commemorati, Paoli-
na, sorella di Adriano, ottiene comunque una posizione tutt'altro che irri-
levante: moglie di Serviano, che cospirerà contro Adriano e sara da que-
sti costretto al suicidio nel 136 d.C., premuore di poco ad Antinoo, nello
stesso 130 d.C., al seguito di Adriano in Egitto. Qui Paolina è celebrata
come sorella dell'imperatore e come sposa di Osiride, ma solo di conser-
va rispetto agli onon tributati ad Antinoo dopo la morte 70 . In realtà, il
rimando dell'epiteto di Philadeiphios è ben pit profondo, e risale alla
coppia Tolomeo II - Arsinoe II, sposi e fratelli, Philadelphioi 71 . La ripre-
sa si concretizza anche in un'interessante testimonianza, costituita da un
ritratto, rinvenuto in Egitto e conservato ad Alessandria, identificato con
buona probabilità in Paolina, effigiata con le piccole coma e la corona
(di cui resta il foro di fissaggio), attributi propri di Isis-S elene, iconogra-
fia secondo cui già Arsinoe II e Cleopatra si fanno rappresentare 72 . Pao-
67
H. TEMPORIM, Die Frauen am Hofe Trajans, Berlin/New York 1978, PP. 167-175 sulle onoran-
ze funebri per Matidia, pp. 184-202 su queue per Marciana, divinizzata dal fratello ii giomo stesso della
morte. Per la laudatiofunebris di Matidia, divinizzata poco dopo la morte, CIL XIV, 3579 = SMALLWOOD,
Documents, n. 114. Sul tempio di Matidia e sulle basiliche COAItELLI, Guida, pp. 264-265; E. M. STEINBY
(ed.), Lexicon topographicum urbis Romae, UI, Roma 1996, s.v. Matidia, templum, p. 233 (F. DO
CAPRARITS); Smma (ed.), Lexicon, I, s.v. Basilica Marciana, Basilica Matidiae, p. 182 (E. RODRiGUEZ
ALMEIDA). Unica voce discorde, che invece vede riduttivamente la portata dal ramo femminile sulla base
della valutazione della capacità economica, è M. TALIAFERRO BOATWRIGHT, The Imperial W omen of the
Early Second Century A . C., A JPII 112, 1991, pp. 513-540, in particolare pp. 517-525.
60
STEINBY (ed.), Lexicon, ifi, 1996, pp. 7-8 (M. Cn'oLLoFE).
69
Vedasi supra la nota 38.
70
GALIMBERTI, A driano, p. 96.
H. BENGTSON, Storia greca. II. La Grecia ellenistica e romana, trad. it., Bologna 1985, pp. 222-224.
72
Per la continuità fra il culto regale egizio e quello imperiale romano, con i relativi problemi, F.
DUNA ND, Culte royal et culte imperial en Egypte. Continuités et ruptures, in Trierer Studien zum Grie-
chisch - romischen A gypten. Das romisch-byzantinische A gypten, G. GRIMM - H. HEINEN - B. WINTER
(edd.), Mainz 1983, PP. 47-56; sull'imagerie di Paolina G. GRIMM, Paulina und A ntinous. Zur V ergottli-
chung der Hadriansschwester in A gypten, in Das antike Rom und der Osten, pp. 33-44. Su Serviano
LA CITFA B IL NOME: PROGETTO POLITICO E UTOPIA 147
lina come Isis, anzi, spiega meglio la ragione del demo di Isideios, cui si
affianca quello di Homognios , a significare ancora una volta la protezio-
ne della stirpe.
Le figure sin qui evocate sono tutte defunte e oggetto di commemo-
razione, tranne ovviamente Adriano e Sabina, che morirà nel 137 d.C.,
poco prima del princeps. La coppia imperiale è celebrata in vita, ma
equiparata gerarchicamente ai membri defunti della famiglia, con un'im-
plicazione ideologica non trascurabile. Sabina, sposa non amata eppure
necessaria pedina per l'accesso al potere, appare nella veste di Hera,
sposa di Zeus-Adriano (Heraiei.ls), per questo fautrice di matrimoni,
come Ganielieils e Harmonietis chiariscono; quest'ultima epiclesi, in
particolare, riflette una condizione di unificazione, di "armonia" fra i
coniugi, che certamente caratterizzè la coppia di Cadmo e Armonia,
figlia quest'ultima di Ares e Afrodite 73 , molto meno quella di Adriano e
Sabina.
Infine, l'ultimo componente femminile della casata, Vibia Matidia,
sorella maggiore di Sabina, non è invece citato - a meno di non vedere
in qualche modo adombrato ii nome di questa nella phylé intitolata alla
madre, Matidia Maggiore; Matidia Minore sarebbe morta molto dopo,
nel 165 d.C.74.
Esaminando complessivamente ii quadro delle tribü e dei demi, ne
emerge con nitidezza una sorta di atemporalità che in qualche modo
livella viventi e morti, proiettandoli nella neutralità della struttura ammi-
nistrativa: Adriano e Sabina sono vivi, e si pongono sullo stesso piano
dei membri divinizzati della casata, traendone un'ulteriore componente
divina.
B questo il caso in cui rientra A ntinoo, con la phylé di
Oseirantino(e)ios. L'invenzione del nome del nuovo dio 75 è ii corona-
mento dell'intero programma, già enunciato dal nome della città: la
fusione del nome di Osiride con quello del giovane proietta quest'ultimo
tra gli dèi, e lo rende paritetico agli altri eponimi. La scelta di Osiride nel
76
Approfondimento in S. ENSOL! V irrozzi, Musei Capitolini. La Collezione Egizia, Cinisello Bal-
samo . 46-50.
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80
Pans. V IH,4,5.
81
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LA CITA E IL NOME: PROGETTO POLITICO E UTOPIA
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150 ELENA CALANDRA
ELENA CALANDRA
Direzione Regionale
Beni Culturali e Paesaggistici
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88
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Antinoo (CALDERINI, Dizionario,pp. 88-89); in un frammento di statua colossale si è proposto di ravvisa-
re un'immagine del giovane (G. UGGERI, A ntinoo, in A ntinoe 1974, pp. 129-132). Contrario all'idea del-
la divinizzazione di Antinoo è Romeo, L'Egitto, p.28, che pensa solo all'eroizzazione; tuttavia non si puè
trascurare Hadr. 14, 7: et Graeci quidem volente Hadriano eum consecraverunt oracula per eum dan
adserentes, quae Hadrianus ipse conposuisse iactatur.
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Parte III
Utopie e distopie: descrizioni di mondi ignoti
IL RE PESCATORE:
IL VIAGGIO COME METAFORA DELLA CONOSCENZA
a) Gli Iperborei
Dall'insieme delle fonti classiche si ricava che gli Iperborei sono ii
popolo che abita piü a Nord fra quelli di cui è giunta notizia: ii loro paese
e I loro costumi sfumano perô in una connotazione semileggendaria. La
loro pertinenza alla dimensione utopica è dimo strata, fra 1' altro, dal teSto
ben noto di Teopompo di Chio (FGrHist 115 F 75c) conservato da Elia-
no nelia sua V aria Historia (3.18), che presenta una descrizione di mon-
di ignoti e proiettati sullo sfondo di una cornice utopica 1 . Da tale fonte si
ricava che gli Jperborei sono ii popolo piü felice del nostro mondo e che
al loro territorio si puô giungere per mare, come infatti avviene ai Machi-
moi, guerrieri di un mondo altro. Vi sono allusioni e riferimenti a questi
abitanti del limite settentrionale del nostro mondo anche nei racconti di
navigatori ed esploratori. La loro menzione in opere geografiche non ne
ha chiarito i contorni reali (si tratta probabilmente di un popolo che vive-
va in Scandinavia), ma ha favorito nell'immaginario antico l'elaborazio-
ne di una società utopica. Alla y enta di pericolose navigazioni certamen-
te ris ale, nell' Odissea, la caratterizzazione negativa degli abitanti delle
gelide coste del Nord, che sono descritti come esseri feroci e primitivi.
Al contrario, al pensiero mitico appartengono gli Iperborei cantati già
dal poeta tebano Pindaro. Nell' Olimpica III, nell'Istmica V ie soprattutto
I Per un esame del testo teopompeo e i dettagli della descrizione, rinvio alI'articolo di M.T. Scirern-
NO, V iaggio nello spazio e nel tempo: critica di Eliano a11'utopia di Teopompo?, in questo stesso volume.
Mi limito in questa sede a prendere in esame le analogie fra la tradizione sugli Iperborei e la rappresenta-
zione dei popoli utopici elaborata dallo storico di Chio, per la quale mi baso sull'articolo citato poc'anzi.
164 SANDRJNA CIOCCOLO
nella Pitica X (498 a.C.), Pindaro celebrô gil Iperborei coronati dali' oro,
intenti a musiche, danze e banchetti, e la "via meravigliosa", ignota ai
comuni mortali, che conduce a quelia dolce beatitudine.
Riprendendo ii mito della successione delle eta, se gli Eusebeis di
Teopompo rappresentano l'età deil'oro, I Machimoi l'età del bronzo, gil
Iperborei testimoniano quella successiva degli eroi. I tratti comuni con la
descrizione degli Eusebeis sono evidenti:
• egalitarismo e assenza di gerarchia sociale (assenza di possesso);
• condiziOne di pace perpetua all'interno e all'esterno della comuni-
tà (assenza di brama di possesso);
• economia naturale, memoria delia fase preistorica dell'economia
del raccoglitori (assenza di bisogno);
• giustizia innata (per assenza di crimini).
La somma degli elementi enunciati comune alla raffigurazione degli
Eusebeis e alla descrizione degli Iperborel induce a definire l'utopia
antica come la fantasia di una felicità senza desideri per l'individuo e la
perfezione raggiunta per assenze per la società.
Un ulteriore tratto comune fra l'elaborazione di Teopompo e le
descrizioni degli Iperborei riguarda la frequentazione degli del. La città
teopompea di Religiosa vanta visite da parte degli del, mentre gil Iperbo-
rei sono addirittura ii popolo eletto di Apollo, 11 dio della luce anche nel
sensometaforico di potenza intellettuale. La differenza sta nel fatto che
1 felici abitanti di Religiosa conducono un'esistenza che si potrebbe defi-
nire contemplativa, mentre gli Iperborei hanno la propria ragione di vita
nella continua celebrazione di riti e feste in onore del loro protettore. Al
fattore di aggregazione sociale costituito dalla guerra per i soil abitanti di
Battagliera nell'utopia di Teopompo corrisponde quello del culto attivo
e dell'allegrezza collettiva della festa. Gil Iperborei sono del resto ricor-
dati da Erodoto, che a sua volta riprende Ecateo di Mileto (VI secoio
a.C.), come l'unico popoio del Nord che non assale continuamente i pro-
pri vicini. L'assenza di desideri e passioni, che poteva concludersi nella
voragine A nostos di Teopompo, è compensata nel caso degli Iperborei
daila tensione spirituale positiva che 11 fa esistere in simbiosi con la dlvi-
nità.
Questi erol di un'utopia teologica non conoscono malattie perché il
dio Apollo, padre di Esculapio/Asciepio, protegge la salute. Nonostante
l'assenza di affanni, accade che alcuni degli Iperborei decidano di pone
fine alla loro lunga vita. La cupa voragine di Teopompo è sostituita dal-
l'abbraccio materno del mare (termine non a caso in greco di genere
femrninile), mare in cui gli Iperborel si lasciano precipitare per morire
felici. B importante sottolineare che Si tratta di una "bella morte", appil-
cazione di un Leitmotiv della cultura greca. Morire bene significava
infatti aver trovato I propri equilibri personali e ii proprio posto nella
IL RE PESCATORE: IL VIAGGIO COME METAFORA DELLA CONOSCENZA 165
b) Un'utopia gemella
Sempre nella prima metà del II secolo d.C., durante ii regno di Traiano,
predecessore di Adriano, le conoscenze di luoghi anche remoti erano
ormai ben diffuse e certamente disponibili per ii dottissimo filosofo e bio-
grafo Plutarco di Cheronea. Eppure, egli preferl tornare a schiudere sul-
l'estremo Nord dell'Occidente un orizzonte favoloso. Nel dialogo Ii vol-
to della luna (de facie in orbe lunae, 26, 940f-942d), un tale Silla narra la
rivelazione avuta da uno straniero, giunto per mare dal continente oltre la
Britannia. Tale terra gode di un clima tropicale ed è abitata dal "popolo di
Crono" e dai discendenti del "compagni di Eracle". Tale miscela di stirpi
ha dato luogo ad un cosmopolitismo utopico, scandito dal ritmo di sacri-
fici e feste rituali come per gil Iperborei. Misteriosamente sopravvive,
lassI, il dio Crono - ii tempo, spodestato e mutilato dal figlio Zeus -
immerso in un eterno sonno profetico nelle profondità di una caverna. La
consapevolezza di possedere segreti inaccessibili dà a queste genti un
tratto distintivo, la "ricerca del sapere", che si accosta senza frizioni alla
religiosita. Proprio in base a quella motivazione, conoscere e far conosce-
re, neT paese di Crono si cambia era, con un ritmo lentissimo segnato dal-
la partenza di una nave verso la "Grande Isola", come sono chiamate, in
prospettiva rovesciata, le coste del Mediterraneo. E in uno di questi viag-
giatori epocali che si e imbattuto nella sua Cartagine il Silla plutarcheo,
che dallo straniero pronto a tornare in patria ha ricevuto in dono "perga-
mene sacre" e l'esortazione ad adorare la Luna. Si tratta, dunque, del-
l'utopia "gemella" rispetto a quella degli Iperborei, adoratori del Sole. I
Greci credevano infatti Apollo gemello di Artemide, dea della Luna.
Dietro l'abitante di un luogo utopico, irrequieto malgrado la sua for-
tuna, si scorge ii mito di Odisseo, signore dell'isola di Itaca. L'eroe ome-
rico aiuta a riferire, appunto, al buon re la ricerca del sapere, attraverso
la metafora del viaggio spinta fiuio all'esplorazione di dimensioni paral-
lele. Dalla filosofia ellenistica a quella tardoantica, Odisseo si affermô
del resto come esempio del sofferto viaggio della mente verso la perfet-
ta sapienza. Sul buon re ii pensiero politico antico si interrogO sempre,
facendo dell'insieme delle sue qualita un modello sospeso dalla contin-
genza e perciè di valenza utopica. Metafore marine convengono al
sovrano, che regge la comunità come un nocchiero fa con la nave. CosI
avviene ad Eteocle, difendendo la sua polis nella tragedia di Eschilo I
Sette contro Tebe, cos! continuano ad essere definiti i regnanti in orazio-
ni e trattati del II secolo d.C.
Piace concludere con una immagine stanziale, opposta e comple-
mentare a quelle dinamiche del viaggiatore e del pilota. Ii re puO contem-
plare il mare restando sulla costa e proiettando in quella profondità l'im-
magine del potere. Cos!, sono assimilati ai pesci, per numero, i sudditi
oppure tocca ai nemici diventare una degna pesca, come consigliava ad
Alessandro Magno il sofista Anassarco. Con questa accezione positiva
IL RE PESCATORE: IL VIAGGIO COME METAFORA DELLA CONOSCENZA 167
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UN ARCHIVIO DI UTOPIE DI SECONDA MANO:
IL CASO DI DIODORO SICULO
1 Per ii rapporto tra ii contributo fornito da Diodoro alla nostra conoscenza di Evemero e quello for-
nito dagli altri basta dare un'occhiata ai frammenti da F. JACOBY in FGrHist I, nr. 63. Cfr. comunque Strab.
11.4.2 (= FGrHist 63 T 5b); VII.3.6 (= FGrHist 63 T 5c); Plut. Mor. 360 A (= FGrHist 63 T 4e). Vd. in
generale M. SToiu, Storia, utopia e mito nei primi libri della Bibliotheca Historica di Diodoro Siculo,
Athenaeum 62, 1984, pp. 492-536; J. FERGUSON, Utopias of the classical W orld, London 1975, passim.
2 B. FARRINGTON, Head and Hand in ancient Greece. Four Studies, London 1947 (trad. it. di A.
OMooco, Lavoro intellettuale e lavoro manuale nell'antica Grecia, Milano 19702, pp. 69-104).
MI. FINLEY, The Use and A buse of History, London 1971 (trad. it. di B. MACLEOD, Uso e abuso
della storia, Torino 1981), p. 269.
170 DINO AMBAGLIO
miche, mentre non sappiamo che sfruttati o subalterni abbiano mai pro-
gettato di modificare le strutture e i meccanismi della società di cui era-
no vittime.
Un modello di proprietà in comune della terra è attestato in Diodoro
V.9.4 per le isole Lipari 4; in questo caso gli elementi relativizzanti della
(presunta) utopia sono almeno due: l'uno, ambientale, Si rileva nel fatto
che le isole Lipari sono un posto non solo ben noto delle terre emerse ma
anche nient'affatto lontano dal mondo considerato civile, del quale anzi
fanno parte in quanto meta della colonizzazione greca d'età storica5;
1' altro elemento, storico, collega secondo lo stesso scrittore la vita in
comune adottata dai Liparei alla necessità di difendersi dalle scorrerie
degli Etruschi e motiva la divisione del lavoro tra combattenti e agricol-
tori in rapporto all'esigenza di mantenere una forte flotta 6 . La fonte uti-
lizzata qui - possiamo pensare a Timeo, senza scomodare Antioco -
doveva essere, al contrario di Diodoro, interessata piuttosto alle vicende
dello scontro tra Greci ed Etruschi per il controllo delle rotte e assai
meno alle questioni sociali; ne risulta evidente l'importanza attribuita ai
fattori ambientali per l'influenza che esercitano sulle circostanze di fat-
to. Sulla stessa linea di scetticismo rispetto a un tentativo di storicizza-
zione letteraria di modelli sociali avveniristici va considerata la rotazio-
ne ventennale della proprietà della terra, che, senza essere per forza rea-
le, riecheggia probabilmente problemi di gestione delle terre coltivabili
in ambiente di arcipelago. Per quel die puO valere l'argomento del silen-
zio (anche dal punto di vista cronologico), Tucidide nella breve digres-
sione sulle isole Eolie e i loro abitanti (111.88) non fa alcun cenno a strut-
ture sociali particolari presso i Liparei.
Una seconda sezione che merita di essere considerata per la presen-
za di tracce di pensiero utopico è V.41-46 (e VI. 1). Delle molte isole che
Si trovano nell'Oceano, verso gli estrenii confini dell'Arabia Felix, tre
attirano - dice Diodoro - l'attenzione di uno storic0 7 ; non deve sfuggire
che, di chiunque sia questa osservazione (di Diodoro o, come penso io,
Vd. R.J. BUCK, Communalism on the Lipari Islands (Diod. 5.9.4), CPh 54, 1959, pp. 33-39.
Nuove organizzazioni della società si configurano cos! quale esperimento in ambiti che, come le
colonie, hanno rotto i legami con ii passato e con le terre di provenienza; vd. D. AMBAGLIO, La Bibliote-
ca Storica di Diodoro Siculo: problemi e metodo, Como 1995, p. 154.
6 e [ ... ] attaccati dagli Etruschi che saccheggiavano le località costiere, allestirono una flotta e si
divisero in due gruppi: gli uni coltivavano le isole, diventate proprieta comune; gli altri si opponevano ai
pirati; avendo socializzato i beth e adottato ii sistema delle mense comuni, trascorsero un certo tempo
facendo vita in comunità. Successivamente si divisero l'isola di Lipari (sulla quale sorgeva la città) ma
coltivarono le altre isole come proprietà comune. Infine si divisero tutte Ic isole per un periodo di venti
anni, trascorso ii quale procedevano a una nuova lottizzazione per sorteggio>> (trad. it. di D.P. ORsI, in
Diodoro Siculo. Biblioteca storica, Palermo 1986).
Appena pin avanti si ribadisce che sulla Panchea molte cose meritano l'attenzione di uno storico.
UN ARCHIVIO DI UTOPIE DI SECONDA MANO: IL CASO DI DIODORO SICULO 171
8 Nel passo si legge che tre sono le isole degne di attenzione, ma poi si parla di una sola: la ridu-
14
II comportamento e tipico delle società a grado zero di organizzazione, come le tribü degli Ittio-
fagi in 111.15 sgg.; donne e figli sono in comune anche Ira gli Etiopi mangiatori di legno (111.24.4) e tra i
Trogloditi (con I'eccezione della moglie del re) in 111.32.1
° La ricorrenza del numero sette (per Ic isole, per i caratteri della scrittura, per gli amü di perma-
nenza di Giambulo e del compagno) ha certamente un significato simbolico legato al culto di Apollo: cfr.
GIA NORA NDE, Les utopies grecques, p. 125.
16
11.39.5.11 richiamo alla ricchezza vale se si accetta la lettura exousias di L. Dindorl; altri leggo-
no ousias.
17
v.19-20. Vd. G. AMIorrI, Le isole fortunate: mito, utopia, realtd geografica, CISA 14, Geogra-
fia e storiografia nel mondo classico, Milano 1988, pp. 166-177.
UN ARCHIVIO DI UTOPIE DI SECONDA MANO: IL CASO DI DIODORO SICULO 173
18
FARRINGTON, Lavoro intellettuale, p. 77 sgg.
19 Da Dionisio Skytobrachion; dr. S. MAZZARINO, Ii pensiero storico classico, II, Bari 1966, p. 38.
20 Cfr. FERGUSON, Utopias, p. 113.
21
14-24
174 DINO AMBAGLIO
della fantasia, poiché è chiaro che là, sulla tensione ideale prima che sul-
la ineperibilità del posto, si gioca la valenza utopica di una costruzione
fantastica. Se discorsivamente vale che qualsiasi fantasia è un pezzo di
utopia, chi negherebbe che una simile generalizzazione non è molto uti-
le a capire la genesi e i caratteri della cosiddetta utopia antica? Quando
Polibio in XXXIV.5.7-10 22 pone ii problema della credibilità di Pitea di
Massalia in rapporto a quella di Evemero di Messene 23 dimostra sempli-
cemente che egli non ha alcuna idea e tanto meno alcun interesse per for-
me di pensiero che noi carichiamo di valenze utopiche ante litteram,
poiché opera una riduzione concettuale della presunta utopia a un puro
argomento geografico di millantato credito in termini di esplorazione di
terre e man. Detto a margine, abbiamo l'occasione di osservare uno
degli effetti del pragmatismo di Polibio.
La cosiddetta utopia antica, quasi aurora del pensiero progressista o
nivoluzionanio, ha prodotto spesso effetti di trascinamento, da cui con-
viene stare in guardia. Qua e là sono considerate alla stregua di forme di
pensiero utopico stralci di racconti che descrivono le condizioni di
insopportabile sfruttamento in cui versano i lavoratori delle miniere egi-
ziane e ispaniche 24 o gli schiavi della campagna siciliana oppure raccon-
tano la vita grama di tnibü che abitano parti della terra estreme per posi-
zione e per dma 25 ; ma quei posti e quelle masse di sfruttati e infelici
esistevano veramente, per cui l'investitura di questi pezzi come utopisti-
ci rappresenta una retroiezione della realtà sulla fantasia mentre nel-
l'utopia dovremmo forse cercare la proiezione della fantasia sulla realtà.
Anche per le tnibi tanto arretrate culturalmente da non essersi date nep-
22
<<Meglio, dice lui (Eratostene), credere ad Evemero di Messene piuttosto che a Pitea, perché Eve-
mero afferma di aver raggiunto per mare una sola regione, la Pancaia, mentre Pitea dichiara di aver esplo-
rato tutte le coste settentrionali dell'Europa, fino agli estremi confini del mondo (affermazione cui nessu-
no potrebbe credere, nemmeno se la facesse Ermes). Eratostene poi, egli continua, chiama Evemero Ber-
geo, ma crede a Pitea, cm non aveva creduto nemmeno Dicearco>> (trad. di A. Vimercati). Anche Strabo-
ne 13.1 poneva Damaste e i logografi sullo stesso piano di Antifane di Berga, ii romanziere della geogra-
fia, e di Evemero.
23
Vd. H. BRAUNERT, Die heilige Insel des Euhemeros in der Diodor-Ueberlieferung, RhM 108,
1965, pp. 255-268. Evemero, attivo a cavallo tra IV e HI sec. a.C., svolse importanti missioni in terre ion-
tane, come I'Arabia Felix, per conto del re macedone Cassandro; è notevole che Alessarco, fratello del
sovrano, fondô Uranopoll sulla penisola dell'Athos. L'opera di Evemero si intitolava Iscrizione sacra
(Hierà anagraphe) o Logos sacro.
24
Per queste miniere vd. rispettivamente 11112-14 e V 35-38. Cfr. Posidonio FGrHist 87 F 117; R.
UR1AS MARTINEZ, A cerca de los textos de Diod. V 35-38 (= Posidonio F 117) y A gatdrquides, Sobre el
Mar Rojo ndms. 23-28, Veleia 10, 1993, pp. 297-299.
25
Vd. per es. in 111.14-24 la descrizione dei popoli che abitano la costa del golfo arabico e la Tro-
gloditica. Pin di on elemento narrativo ha proprietà utopiche: quelle tribh hanno in comune le donne e i
figli e non esiste ovviamente alcuna forma di proprieta privata; sono allegre, poichh la loro natura h incor-
rotta e identifica il bene con ii soddisfacimento dei bisogni elementari, senza cercare altri piaceri estemi.
Inoltre, ammesso ii carattere filosofico di qualsiasi utopia, assume un certo peso l'osservazione democri-
tea di Diodoro, o della sua fonte, in 1.7-8 (cfr. Diels-Kranz 6 68 B 5) che "la necessità insegna ogni cosa
alla natura, la quale secondo le circostanze si adatta a trarre l'utilità che puh sperare".
UN ARCHIVIO DI UTOPIE DI SECONDA MANO: IL CASO DI DIODORO SICULO 175
26
111.18.4.
27
Diod. 111.53.4-6; 68.5-69.4 (= FGrHist 32 F 7; 8).
28
Diod. V.41.4; 42.4. Vd. in generale E. GABBA, True History and False History in Classical A nti-
quity, JRS 71, 1981, pp. 50-62.
176 DINO AMBAGLIO
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2 Vd. B. SURTZ, Commentary to page 180, in The Complete W orks of St. Thomas More, vol.4, New
Haven - London 1965, p. 467.
Vd. C.R. THOMPSON, The Translations of Lucian by Erasmus and More, Ithaca 1940; ID., Tran-
slations of Lucian, in The Complete W orks of St. Thomas More, vol. 3,1, New Haven - London 1963, pp.
XVII-LV; T.S. DoRscH, Sir Thomas More and Lucian, Archiv für das Studium der neueren Sprachen und
Literaturen 203, 1967, pp. 347 ss.
Vd. la prefazione di More alle sue traduzioni, pubblicata nel 1506, in cui egli afferma di apprez-
zare Luciano per la sua capacità di realizzare il precetto oraziano (voluptatem [ ... ] cum utilitate coniunxe-
nt); v. SURTZ, Commentary to pages 180-182, in The Complete W orks, p. 469; C. ROBINSON, Lucian and
his Influence in Europe, London 1979, p. 131; DoRsdH, Sir Thomas More, pp. 347 ss., 363.
Vd. discussione in ROBINSON, Lucian, pp. 130 ss.
6 Vd. DORSCH, Sir Thomas More, pp. 347-362.
178 CHIARA CARSANA
11 Luc., Icar. 4: yW yap ETIL&fl TdXLG Ta E1ETawv Ta KT TOV Plov yrXoca KGL TaTreLva raL da-
La T civopthircva TravTa elipLaKoV, TrXoIToua XEYW (al. ãPXS KU). SWUUTELUa KaTa4)povr)aas d)Twv cat T1)l)
TIEpI TauTa O1TOU8I1V X0) TO.0 aXOü (Firou8acwij u1ToXa6v aVaIcuTrTElV TE KaL T1PO3 TO Tra y W)U(3XE1rEL1)
TrE1p6)U1v
vd. spec. Luc., Icar. 6-10; 15-18.
IT
Luc, Icar.19.
16 FUsILL0,Lemiroir,p. 125.
180 CHIARA CARSANA
17
Luc., Men. 2.
18
Luc., Men. 4.
11 Luc., Men. 7-10.
20
Luc., Men. 11-14.
21
Luc., Men. 20.
22
Cfr. Luc., Luct. 2-5; 10.
23
Vd. M. VThAD0, Introduzione, in Luciano, Storia V era, Dialoghi del morti, Milano 1991, pp.
XLII ss.
24
Luc., D. Mort. 1; 8; 20; 21; 26; 29; 30; vd. VIL..RDo, Introduzione, pp. XLIII-XLV; F. JOUAN,
Mythe, Histoire et Philosophie dans les "Dialogues des Morts" in A. BILLAULT, A. BUISSON (edd.),
Lucien de Samosate, Lyon 1994, P. 28.
GLI "ALTRI MONDI" NELLA SATIRA DI LUCIANO 181
25 Luc., D. Mort. 20: 4LXóao4oc "06KOUV Cal MVLTrTrE, throlou -r4v XuOepav mi Trapp1aLav Cal
TO aXUTrOV Kai TO yevvalov cal TO]) yXwTa iOvoe yoie ale) OXXuv yeXs".
Epu 'n8aals, 0110 caL lye rauTa, KOU45a yip ml TraviS 640pa ovra teal rp6 TOV KaTaSTXOUI)
Lucian as Social Satirist, CQ 11, 1961, pp.199-208; contra A. MOMTGLIANO, Review of Perelli, Luciano,
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anche discussione in J.A. HL, Lucian's Satire, New York 1981, pp. 221-242.
182 CHIARA CARSANA
21 Vd. JONES, Culture, pp. 10-23; HL, Lucian's Satire, pp. 250ss.; S. SWAIN, Hellenism and Empi-
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184 CHIARA CARSANA
* In queste pagine riprendo la comunicazione presentata alla 51h International Conference organiz-
zata dalla Utopian Studies Society, presso 1'Università di Oporto, 8-10 luglio 2004, comunicazione che
introduceva la sessione dedicata a <<Utopia in Antiquity: Sea-People and Land-People in the Ancient
World>>.
I Sul tema del viaggio nel mondo antico, cfr. L. CASSON, Travel in the A ncient W orld, London
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2 Pochi, ma autorevoli gli studi sull'utopia nella storiografia antica: S. MAZZARINO, It pensiero sto-
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186 MARIA TERESA SCHETFINO
1. Un mondo parallelo
Cfr. S. CloccoLo, Introduzione e Tipologie greco-ellenistiche di città ideali, entrambi gli inter-
venti in Pensiero utopico e prassi politica nel mondo antico, Utopia and Utopianism 1, 2006, PP. 9-17.
Per questa datazione rinvio a M.T. Scimrrmo, II passato e ii presente di Roma in Eliano, in L.
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pp. 283-3 10, con bibliografia precedente.
SPAZIO E TEMPO: CRITICA DI ELIANO ALL'UTOPIA DI TEOPOMPO? 187
6 Interpretazioni differenti sono proposte da I. LANA, Studi sul pensiero politico classico, Napoli
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188 MARIA TERESA SCHETFINO
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Utopia politica, in S. SETTIS (ed.), I Greci. Storia, cultura, arte, società, 2.3, Torino 1998, pp. 503-523.
SPAZIO E TEMPO: CRITICA DI ELIANO ALL'UTOPIA DI TEOPOMPO? 189
Vd. M. CoRs<o, Themis. La norma e l'oracolo nella Grecia antica, Galatina 1988.
10
Vd. SHRIMPTON, Theopompus' Treatment, pp. 123-144.
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in ID., La peripezia dell'eletto. Racconti eroici della Grecia antica, Palermo 1991, pp. 94-109 [= Taccui-
ni, Padova 1986, vol.2, pp. 55-701.
12
Sul concetto di oucronia cfr. H. Hu000 - P. KOJOM (edd.), De l'utopie a l'uchronie, Tubingen
1988.
° Su questo argomento cfr. F. D'ALFONSO, II ringiovanimento nelle terre dell'utopia, RCCM 15,
2003, pp. 7-32.
14
L. GERNOT, La cite future et le pays des morts, REG 46, 1933, pp. 293-330 [= La cittàfutura e ii
paese dei morti, in R. Di DONA TO (ed.), A ntropologia della Grecia arcaica, Milano 1983, pp. 113-1251.
190 MARIA TERESA SCIIEITINO
2. Ringiovanimento o rigenerazione?
L'utopia di Teopompoè sopravvissuta perché conservata nellã Varia
historia di Claudio Eliano L'opera, dei pnimi decenni del III secolo d.C.,
è una raccolta miscellanea di pensieni, notizie ed episodi di diverso argo-
mento. Come dimostra ii conimento con cui chiude ii capitolo, Eliano
propone in forma cnitica il racconto teopompeo, cui già un autore di poco
precedente, Luciano di Samosata, aveva fatto riferimento, niservandogli
SPAZIO E TEMPO: CRITICA DI ELIANO ALL'UTOPIA DI TEOPOMPO? 191
' Sui "mondi altri" in Luciano, rinvio all'articolo di C. Carsana in questo stesso volume, alle pp.
177-184.
6
In generale, sulla Seconda Sofistica vd. G.W. BOWERSOCK, Greek Sophists in the Roman Empire,
Oxford 1969.
17
Ov., Fasti , 2.684: Gentibus est aliis tellus data limite certo: / Romanae spatium est Urbis et Orbis
idem (ela terra degli altri popoli ha un confine certo: l'estensione di Roma è lo stesso mondo>>). Sull'ar-
gomento cfr. C. NICOLET, L'Empire romain: espace, temps et politique, Ktema 8, 1981, pp. 163-173; P.
ARr<oun, L'image du globe dans le monde romain, MEFRA 1984, pp. 53-116. Sul legame tra conoscen-
za del mondo e desiderio di conquista nella concezione romana, vd. C. NICOLET, L'inventaire du monde,
Paris 1988.
j Vd. C. LETFA, La dinastia dei Seven, in Stonia di Roma, 2.2, Torino 1991, PP. 678-679.
19
Sul rapporto tra utopia e visione dell'impero all'epoca dei Seven, vd. M.T. SCHETrINO, Conscien-
ce de la cnise, utopie et perspectives réformatnices a l'epoque des Sévères, Latomus 67, 2008, pp. 985-
999.
20
Sulla luna, nel pnimo libro della V era Historia; nel secondo libro, sfortunatamente l'ultimo giun-
toci, Luciano promette altre descrizioni di terre e di popoli al di là della voragine (xdopa) che segna 11
confine del nostro continente.
192 MARIA TERESA SCHEYFINO
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vd. C. STAMM, V ergangenheitsbezug in der zweiten Sophistik? Die Vaña Historia des Claudius
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TINO, II passato, pp. 283-310; D. CAMPANILE, Eliano e la sua Varia Historia, in A pproches de la Troisiè-
me Sophistique: Hommage a Jacques Schamp, Bruxelles 2006, pp. 420-430. Come è ben noto, nella
recente bibliografia vi è un forte interesse per 1' atteggiamento culturale e ii ruolo politico svolto dagli
intellettuali greci dell'epoca imperiale.
22
Suda, s.v. AtXLaóR (Al 178): thrô EpaLvEo-i-oU TRI ITaXLaS, dPXLEPEt cat 90 4laT RI [...].
23
Secondo un'ipotesi recente: cfr. SCHETTINO, 11 passato, pp.283-310.
SPAZIO E TEMPO: CRITICA DI ELIANO ALL'UTOPIA DI TEOPOMPO? 193
Su Aezio novello Cesare nei testi coevi di Merobaude e Frigerido cfr. G. ZECCHINT, Ricerche di
storiografia latina tardoantica, Roma 1993, pp. 163-179.
6 Cfr. G. ZEccifiNI,
A ttila in Italia: ragioni politiche e sfondo 'ideologico' di un'invasione, in
S. BLASON SCAREL (ed.), A ttila flagellum Dei?, Roma 1994, pp. 92-107, ripreso ora in Jo., A ttila, Palermo
2007.
Amm. 31,13,19.
8 Su Vegezio e la sua datazione eft. in particolare W.
GOFFART, The Date and Purpose of V ege-
UTOPIE MILITARI TARDOANTICHE? 197
tius' De re militari>, Traditio 1977, pp. 60-100 (eta di Valentiniano III); T.D. BARNES, The Date of
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De re militari de V egèce, Mhm. du Centre J. Paleme 1980, pp. 133-155 (eta di Teodosio I); A. MARCONE,
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ne dell'Epitoma rei militaris di V egezio. Politica e propaganda nelI'età di Onorio, SicGymn 1981, pp.
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Valentinien II, SCI 1994, pp. 67-74 (386/7, a Valentiniano II); Ph. Rlcas.rrDoT, La datation du De re
militari > de V egèce, Latomus 1998, pp. 136-147 (386/8, a Teodosio I); M.D. REEVE (ed.), Vegetius. Epi-
toma rei militaris, Oxford 2004, p. X (384/391); M.B. CHARLES, V egetius in Context, Stuttgart 2007 (eta
di Valentiniano III).
Da ultimo su Teodosio I e i Goti dopo Adrianopoli (con ridimensionamento del cosiddetto 'trat-
tato del 382') cfr. G. ZECCHINS, Laformazione degli statifederali romano-barbarici, in ID. (ed .), Ilfede-
ralismo nel mondo antico, Milano 2005, pp. 129-143.
'° Themist.1 8 ,222a ( TrXouTOE T000uTOV P69KEL aTpaT61 lciov obTroTE i) 'PwiaIuv frye Hovia); per i'm-
quadramento cronologico del discorso cfr. J. VANDERSPOEL, Themistius and the Imperial Court, Ann
Arbor 1995, pp. 10-12.
' Zos. 4,30 e 4,59,3 (l'impero romano trasformato da Teodosio I in un PappdpWV oiK1TipLov).
' Veget. 1,1,3, o''e la paucitas Romana è contrapposta alla Gallorum multitudinem.
198 GIUSEPPE ZECCHINI
13
Veget. 1,8,10-11 (elenco completo) e 1,27,1 (solo le constitutiones di Augusto e Adriano). Per
un'interpretazione complessiva di vegezio le pagine forse migliori restano queue di E. GABBA, Tecnica
militare antica, in Tecnologia, economia, società nel mondo romano, Como 1980,
pp. 210-234, soprat-
tutto pp. 232-233, macfr. ora anche la monografia di CITAILEs cit. supra alla nota 8.
4 Cfr. ZaccmNI,
Ricerche, 133 sgg.
15 Sull'
A nonymus de rebus bellicis basti II rinvio a A. GI.&lurn.6A (ed.),A nonimo. Le cose della guer-
ra, Milano-Verona 1989. Anche MAICONE, Ii De re militari, p. 136 sottolinea la maggior modernità e
capacità propositiva delI'A nonymus rispetto a Vegezio.
6
P. RIdnAajJor, V égèce et la culture militaire au Moyen A ge (V e-X V e siècles), Paris 1998,
pp. 139-
142.
UTOPIE MILITARI TARDOANTICHE? 199
17 Dalla sottoscrizione a una copia delI'Epitoma da parte di Fl. Eutropio nel 450 alle citazioni in Pri-
sciano e Giovanni Lido: cfr. RIdHDoT cit. alla nota precedente e Rnnva, V egetius, p. XI.
IS L'opera di riferimento è ancora Chr. LACOMBRADE, Le Discours sur la Royauté de Synésios de
Cyrène a l'empereurA rcadios, Paris 1951; cfr. anche A. GARZYA (ed.), Opere di Sinesio di Cirene, Tori-
no 1989, pp. 382-451 e soprattutto H .A . GARTNER, Des Synesios Rede Uber das Konigtum Tradition und
Aktualität, Festschr. A. Dihie, Gottingen 1993, PP. 105-121 e H. BRANDT, Die Rede peri basileias des
Synesios von Kyrene: ein ungewohnlicher Fiirstenspiegel, Mélanges J.-P. Callu, Rome 2003, pp. 57-70.
19
In genere cfr. R. Lizzi, Signzflcato filosofico e politico dell'antibarbarismo sinesiano, Rendicon-
ti accademia architett., lett. e belle arti di Napoli 1981, pp. 49-62 e P.J. HEATHER, The anti-Scythian Tira-
de of Synesius' De regno, Phoenix 1988, pp. 152-172.
20
Synes. De regno 19.
21
Synes. De regno 13.
12
Synes. De regno 4.
200 GIUSEPPE ZECCHINI
23 Synes. Epp.
104, 113, 125 e 130 (ove l'unica menzione dei Maceti), nonchè Philost. 11,8; in
generecfr. D. ROQUBS, Synésios de Cyrène et la Cyrénaique an has empire, Paris 1988.
24
Sugli eventi a Costantinopoli e ii soggiomo di Sinesio nella capitale cfr.T.D. BARNES, Synesius in
Constantinople, GRBS 1986, 93-112 (anni 397-400); D. ROQUES, Synésios a Constantinople 399-402,
Byzantion 1995, pp. 405-439 (anni 399-402). Sugli eventi in Tracia cfr. Zos. 5,22,1-3.
25 Su Palladio e
ilDe gentibus cfr. J.D.M. DaRNarr, The History of ePalladius on the Races of India
and the Brahmansv, C&M 1960, pp. 64-99 e 100-135; ID., The Theban Scholasticus and Malabar in c.
355-360, JAOS 1962, pp. 21-31; W. BERGHOFF (ed.), De gentibus Indiae et Bragmanibus, Meisenheim
1967; J. DESANGES, D'A ssam, auxportes de la Chine. Le voyage du Scholasticus de Thebes (entre 360 et
500 ap. J.C.), Historia 1969, pp. 627-639; B. BERG, The Letter of Palladius on India, Byzantion 1974, pp.
5-16; P. BRUNEL, Le De moribus Brachmanorum. Histoire du texte etproblèmes d'attribution, I, Mhm. du
Centre J. Palerne 1978, pp. 27-34; G. DESANTIS (ed.), Le genti dell'India e i Brahmani I Pseudo-Palladio,
Roma 1992. Derrett e Desantis preferiscono riferirsi a uno 'Ps.-Palladio', gli altri, come me, credono
plausibile l'identificazone con Palladio di Elenopoli, cioè con l'autore dell'Historia Lausiaca.
26
Oltre a BRUNEL cit. nella nota precedente cfr. anche T. PRITCHARD, The eA mbroses Text of A le-
xander and the Brahmans, C&M 1993, pp. 109-139.
UTOPIE MILITAPJ TARDOANTICHE? 201
27 Theopomp. fr.75c Jacoby apud Aelian. V H 3,18; Diod. 2,55-60 (isola di lambulo); Diod. 5,41
(Panchaia).
28 PaIlad. De gentibus 10 Berghoff, che mantiene la lezione LqnxavIae adottata dal Muller nella
edizione didotiana; nel testo traduco di conseguenza; nella tradizione manoscritta compare perb anche la
lezione alternativa dtaxLa.
29 Cos! DERREVr, The History, pp. 64-99 e 100-135.
30 Cosi in breve CHR. MOHRMANN (ed.), Palladio. La Storia Lausiaca, Milano-Verona 1974, pp.
XIll-XIV.
' Mi attengo ai dati biografici forniti dalla MoHIovlAr'mo cit. alla nota preCedente per formulare una
mia ipotesi sulla composizione dell'opera; la Mohrmann, dal canto SUO, non Crede che essa sia di Palla-
dio.
202 GIUSEPPE ZECCHINI
32
Cfr. ora G. ZECCJIINI, Filostorgio e gli Unni, in D. MEYER (ed.), Philostorge, Strasbourg in c.d.s.
° HA, Vita Taciti 15,2.
Synes. De regno 17, ma Sinesio preferisce come modello addirittura 1'Atene classica di Pericle e
di Ificrate (ibid.).
UTOPIE MILITARI TARDOANTICHE? 203
° Basti qui ii rinvio a G. ZECCHINI, A ezio: l'ultima difesa dell'Occidente romano, Roma 1983, pp.
176-178.
36 A. Mcora, Costantino ii Grande, Bari 2000, pp. 21-23.
librio internazionale dagli antichi ai moderni, Milano 2005, pp. 59-82, in particolare pp. 66-67.
40 T.D. BARNES, Constantine and the Christians of Persia, iRS 1985, pp. 126-136.
204 GIUSEPPE ZECCHIM
GUJSEPPE ZECCHINI
Università Cattolica di Milano
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BARNES 1986 T.D. BARNES, Synesius in Constantinople, GRBS 1986,93-112.
41
Syrms. De regno 16-17 (Carino sta con ogni probabilità per suo padre Caro, secondo GARZYA,
Opere di Sinesio, p.418 nota 68, ma si badi che proprio Carino godeva di ottima fama presso l'aristocra-
zia senatoria tardoantica tanto da essere ritenuto ii progenitore degli Anicii: ciO potrebbe aver influenza-
to Sinesio nella sua inesattezza).
42
SYNES. De regno 16.
ZECCHINI, L'utopia nell'Historia A ugusta, 343-353.
UTOPIE MILITARI TARDOANTICHE? 205
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206 GIUSEPPE ZECCHIM
Abramo, 51, 52,90 n. 31 123 e n. 57, 136, 138, 142, 198 e n. 13,
Achille, 121e n. 49, 125 e n. 69 202,204
Adriano (imperatore), 10, 25, 57-74, 87, 88 Aureliano (imperatore), 89 n. 21, 94 n. 70,
n. 3,97 n. 92,133-159,165,166,198en. 101 n. 124, 102 e n. 138, 103, 104 e nn.
13 158/163,105
Aezio, 195, 196 en. 5 Aurelio Vittore,72,74,91 n. 47,92 n. 51,94
Agamennone, 23 e n. 22 cnn. 69/71,96,98,101 n. 124
Agrippa (Marco Vipsanio), 79, 136 e n. 16
Alessandro Magno, 4, 31 n.22,68, 133, 134 Bruto (Marco Giunio) (cesaricida), 120 e n.
n.4, 136 en. 15, 166,175,185 41
Alessarco, 6, 7, 174 n. 23
Ammiano Marcellino, 66 n. 47, 100, 196, Cadmos, 7, 147
202,203 Carino (imperatore), 87, 101 n. 127, 102 en.
Andromaca, 120 n. 41 139,204
Anteio Antioco (P.), 71 en. 72 Caro (imperatore), 87, 102, 203
Antinoo, 133, 134 en. 6, 135, 139, 140, 142 Caronda, 31 n. 22,43,44, nn. 95/98,69
n. 50, 143, 144, 146, 147, 148, 149, 150 Caronte, 179,180
en. 88, 156-158 Cassio Longino (filosofo), 104 e n. 163
Antonini, 24, 25, 101, 102n. 134,202 Cecilio (Sesto), 66
Antonino Pio (imperatore), 24, 66,72 n. 81, Cerere, 72,74 n. 90
105 n. 173 Cesare (Caio Giulio), 22, 30, 32 e n. 40, 33,
Antonio (Marco) (triumviro), 7,33 n. 45,35, 34, 35 e n. 56, 36, 37, 82 e n. 14, 142,
41,123 en. 57,167 143, 175,204
Apollo, 4, 60, 142 e n. 48, 148, 164, 165, Cicerone (Marco Tullio), 9, 22, 28-45, 69,
166, 172 n. 15 88 n. 4,93 n. 57,95 en. 76, 112, 116 n.
Apollonio di Tiana, 89 n. 21,90 n. 31 23, 118, 119, 123, 124, 126 n. 72
Apuleio Saturnino (L.), 31,65 n. 45 Cicerone (Quinto) (fratello dell'oratore), 30
Arcadio (imperatore), 199,201, 202,204 n. 20, 31, 32 e n. 40, 33, 40 n. 78, 44 e n.
Aristobulo, 53-54 97
Aristotele, 2, 21 e n.12, 22,46 en. 103,59 e Claudiano (Claudio) (poeta), 97 e n. 94
nn. 11/14,60,63 en. 29,67,68 n. 55,89 Claudio (Gotico) (imperatore), 102 e n. 137,
n. 21 103 en. 154
Arsinoe II, 146 Claudio Puicro (Appio), 31 e n. 35
Asclepiade di Mirlea, 63 Cleopatra, 7, 146, 167
Asclepio 142,148 Clistene, 9,31 n. 22, 67,68,69 en. 62
Ataulfo, 195 en. 4, 196 Clodio Pulcro (Publio), 31, 33,42 n. 87
Attila, 196 Clodio Albino, 82, 92 n. 50, 95 n. 80
Augusto (imperatore), 36,38 n. 69,50,65 n. Commodo (imperatore), 92 n. 50,198
45,79 (Ottaviano), 80, 82, 83, 84,93,94 Comelio Nepote, 34 e n. 52
n. 71, 101 n. 129, 102 n. 131, 118 n. 29, Costantino (imperatore), 87, 91, 203
210 PERSONAGGI STORICI B MITICI B AUTORI ANTICHI
Elagabalo (imperatore), 89 n. 16, 101 n. 127 Lattanzio (Lucio Celio Firmiano), 101 e nn.
125/126
Elia (profeta), 53 e n. 16
Libera, 72, 74 n. 90
Eliano (Claudio), 10, 69, 163, 186, 190-192
Licinio Lucullo (L.), 31, 123 e n. 60, 124 n.
Elio Aristide, 24,25
61, 126 n. 72
Enea, 97 n. 91, 125
Licurgo, 44 n. 98,61 n. 24, 74, 84 n. 20
Enoch, 52,53 n. 15
Livio (Tito), 64,93 n. 57
Ercole, 120, 121, 125, 142 en. 51 (Eracle) Livio Druso (M.), 31,65 n. 45, 113 en. 8
Ernes, 148, 174 n. 22, 181 Luciano, 4, 10, 177-184, 190, 191 e nn.
Ermodoro di Efeso, 65 e n. 42 15/20
Erodoto, 64,68 n. 55, 164. Lutazio Catulo (Q.), 119 en. 37
Eschilo, 53, 166, 189 Lutazio Catulo (Q.) (figlio del precedente),
Ettore, 120 en. 41 119 en.37
Eugenio (Flavio) (imperatore), 94 n. 70, 196
Eupolemo, 53 en. 16 Maccabei, 50,54
Eutropio, 96, 98, 104 n. 160, 199 n. 17 Macrobio (Ambrosio Teodosio), 28 n. 8, 30
Evemero, 169n. 1, l74e nn. 22/23, 175 n. 19
Ezechiele ii Tragico, 53 Mamaea, 102 e n. 135
Manetone di Sebennytos, 50.
Falea di Calcedone, 2 e n. 5 Marciana, 143, 144, 145, 146 en. 67
Favorino d'Arelate, 66 Marco Aurelio (imperatore), 5 8, 72 n. 81, 88
Filippo II, 185 e nn. 5/9/12,89 en. 18, 90, 91, 102 en.
Filone Alessandrino, 52, 54 134, 105 n. 173, 182, 204
Filostrato, 71 n. 72, 120 Mario (Gaio), 30 n. 19, 31, 119n.37
Flavio Giuseppe, 50 e n. 4 Marte, 121, 125 en. 68
Massimino (imperatore), 98 n. 101
Gainas, 200,202 Massimo (imperatore), 92 n. 51, 196 (Ma-
Galerio (imperatore), 203, 204 gno Massimo)
Galla Placidia, 195, 196 Matidia (Maggiore), 143, 144, 145 e n. 66,
Gallieno (imperatore), 102, 103 e n. 153, 146 en.67, 147
104 en. 162, 198,203 Matidia (Minore), 147 en. 74
PERSONAGGI STORICI E MITICI E AUTORI ANTICHI 211
(Sono esciuse le menzioni singole e non sono riportati, per l'altissima frequenza, Greci e
Romani)
Ateniesi, 20 en. 10, 57, 58, 61, 62, 64, 68, Ittiofagi, 172n. 14,173
70 e 11. 66, 71, 73
Liparei, 170
Brachmani, 200
Goti, 103,196, 197 en. 9, 200, 201, 203 Utopiani, 177 en. 1