MacCulloch
LA RELIGIONE
DEGLI ANTICHI CELTI
Traduzione e cura di
Francesca Diano
Presentazione di F. Diano 7
Prefazione di J.A. MacCulloch 19
I. Introduzione 23
II. · Il popolo celtico 29
III. Gli dèi della Gallia e i Celti continentali 42
IV. . Il ciclo mitologico irlandese 66
V. I Tuatha dé Danann 79
VL Gli dèi dei Britanni 108
VII. Il ciclo di Cuchulainn 137
VIII. La saga di Fionn 1 51
IX. Dèi e uomini 165
X. Il culto dei morti 171
XI. Culto primitivo della natura 177
XII. Culto dei fiumi e delle sorgenti 187
XIII. Culto degli alberi e delle piante 203
XIV. Il culto degli animali 212
XV. Cosmogonia 229
XVI. Sacrificio, preghiera e divinazione 235
XVII. Tabù 253
XVIII. Festività 256
XIX. Gli strumenti del culto 277
XX. I Druidi 290
XXI. Magia 313
XXII. La condizione dei defunti 326
XXIII. Rinascita e trasmigrazione 339
XXIV. L'Elisio 352
vol. III.
I'REFAZIONE 21
INTRODUZIONE
NoTE
1 Alcuni autori hanno intravisto nella poesia bardica un sistema druidico esote·
rico e le tracce di un culto praticato segretamente dai bardi, "l'eresia neodruidica".
Cfr. Davies, Mith. o/ the Brit. Druids, 1809; Herbert, The Neo-Druidic Heresy, 1838.
Molti autori francesi hanno scorto nel "druidismo" una fede monoteista velata da
forme di politeismo.
2 Livio, V, 46; Cesare, VI, 16; Dione Cassio, VII, 70; Arriano, Ctneg., XXXV, l.
J Cesare, VI, 1 5 , cfr. v. 12, «dopo aver intrapreso la guerra, rimasero lì e colti
varono le terre».
4 Plinio, Nat. Hist., XVII, 7, XVIII, 18, sugli aratri a ruota e sulle tecniche
agricole dei Galli e dei Britanni. Cfr. anche Strabone, IV, 1 ,2, IV, 5,5; Giral
dus Cambrensis, Topographia Hibernica, l, 4, Descritio Cambriae, I, 8; Joyce, S. H. ,
II, 264.
Capitolo II
IL POPOLO CELTICO
NoTE
4 Broca, Mem. d'Anthrop., I, p. 370 e segg. Hovelaque ritiene, con Keane, che
i Galli impararono il celtico dalla gente scura di capelli e dalla testa tonda. Ma i
Galati e i Celti britannici, che non vennero mai a contatto con questi ultimi, parla
vano il celtico. Vedi Holmes, Caesar's Conquest o/ Gaul, pp. 3 1 1 -3 12.
' Cesare, I, l; Collignon, Mem. Soc. d'Anthrop. de Paris, 3me ser. I, p. 67.
6 Cesare, I, l .
11 Cesare II, 4; Strabone, VII, l , 2: i Germani sono più alti e più biondi dei Galli;
Tacito, Agricola, II. Cfr. Beddoe, JAI, XX, pp. 354-55.
1 2 D' Arbois, P.H., II, p. 374. Il gallese Gwydion e il teutonico Wuotan potreb
bero avere la stessa radice (p. 105). Il Taranis celtico è stato paragonato a Donar, ma
non vi è connessione e Taranis non era certo un dio del tuono. Buona parte della
religiosità popolare era simile, ma questo è vero ovunque.
11
D' Arbois, II, p. 25 1 .
1 4 Beddoe, L'Anthropologie, V , p . 5 16. In Francia si trovano ancora dei ti
osserva che noi non sappiamo se questi termini siano celtici (R.C., XII, p. 478).
22
Cfr. pp. 5 1 , 376.
2 1 Cesare, I, l .
24
C.B., 4 , p . 160.
25 Skene, I, cap. 8, p. 135.
26
Windisch, "Kelt. Sprachen ", Ersch-Gruber, Encyklopiidie; Stokes, Linguistic
Value o/ the Irish Anna/s.
27 T.H.S.C., 1 895-96, p. 55 e segg.
2"
C.M., XII, p. 434.
29 Nell'isola di Skye dove, considerando solo i toponimi importanti, i derivati
norvegesi stanno a quelli gaelici nella proporzione di tre a due, tale proporzione
diventa uno a cinque se si considerano i nomi di località poco importanti, non
sfiorate dall'influenza norvegese.
10
Rhrs, C.B., 4, p. 24 1 .
11
D'Arbois, Les Celtes, p . 22.
'2 Beda, Ecc!. Hist. , I, p. 12.
IL POPOLO CELTICO 41
che gli scrittori greci dicono che l'eloquenza lega gli uomini
con le catene di Hermes.
Molti dèi locali, dell'agricoltura, del commercio e della cultu
ra vennero così identificati con Mercurio e il Mercurio celtico
era talvolta venerato sulla cima delle colline, essendo uno degli
epiteti del dio, Dumias, connesso al termine celtico per collina
o montagnola. Anche gli dèi irlandesi erano associati alle colline.
Molti dèi locali vennero identificati con Apollo, nella sua
qualità sia di dio guaritore sia di dio della luce 9• Le due fun
zioni non sono incompatibili e ciò è suggerito dal nome Gran
nos, dio delle sorgenti termali, sia in Britannia che sul conti
nente. Il nome è connesso a una radice che forma parole che
significano "bruciare", "splendere" ecc. e da cui viene anche
l'irlandese grian, "sole" . In Auvergne il dio viene ancora ricor
dato in un canto intonato intorno ai falò. Si dà fuoco a un
covone di grano, che viene chiamato «Granno mio» mentre la
gente canta «Granno, amico mio; Granno, padre mio; Granno,
madre mia» 1 0• Un altro dio delle sorgenti termali era Borvo,
Bormo o Bormanus, il cui nome deriva da borvo, da cui il
gallese berw, "bollire", ed è chiaramente da ricollegarsi al gor
goglìo delle sorgenti 11 • Alcune tavolette votive recanti iscrizio
ni dei nomi di Grannos o Borvo attestano che gli offerenti
desideravano la guarigione per sé o per altri.
li nome Belenos, diffuso in una vasta area, ma soprattutto
ad Aquileia, viene da belo-s, luminoso e, probabilmente, signi
fica " colui che risplende" . È dunque il nome di un dio-sole
celtico, equiparato ad Apollo in tale funzione. Se egli è il Beli
nus a cui si riferisce Goffredo di Monmouth, il suo culto deve
essersi diffuso in Britannia dal continente ed è spesso nomina
to dagli autori classici, mentre, molto più tardi, Ausonio parla
del suo sacerdote in Gallia 12• Molti toponimi e nomi propri
stanno a indicare la popolarità del suo culto e le iscrizioni
dimostrano che egli pure era un dio della guarigione e delle
sorgenti curative. La pianta Belinuntia ha preso il nome da lui
ed era venerata per le sue proprietà curative 13 • Le funzioni
proprie del dio-sole, della luce e della fertilità si estesero facil
mente a quella della guarigione, come dimostrerà il nostro stu
dio delle festività celtiche.
46 LA RELIGIONE DEGLI ANTICHI CELTI
radice del suo nome si ritrova nell'irlandese dam, "bue " , e nel
gallese da/ad, "pecora " . La dea Brixia era la consorte di Luxo
vius, dio delle acque di Luxeuil. Nomi di altre divinità delle
acque si trovano in ex voto e su placchette che venivano poste
accanto o dentro le acque. Le ninfe romane, talvolta associate
a Bormo, erano equivalenti alle dee celtiche delle acque, so
pravvissute nelle fate delle acque delle successive credenze
popolari. Nell'area celtica alcune dee fluviali diedero il nome
a molti fiumi: i numerosi Avon presero nome da Abnoba, dea
delle sorgenti del Danubio, e i molti Dee e Dive da Divona.
Clota era la dea del Clyde, Sabrina aveva il trono «sotto le
onde traslucide» della Severn, Icauna era la dea dello Yonne,
Sequana della Senna e Sinnan dello Shannon.
Talvolta le foreste erano il regno di divinità femminili, ad
esempio la dea Arduinna delle Ardenne e la dea Abnoba del
la Foresta Nera a cagione delle acque che vi abbondano 80•
Mentre alcune dee sono note solo per la loro associazione ad
un dio, ad esempio Rosmerta a Mercurio in Gallia orientale,
altre sono rimaste isolate, come Epona, forse una dea fluviale
fusa con una divinità animale e nota dalle iscrizioni come dea
cavalla 81• Ma gli esempi più significativi si trovano tra le dee
collettive.
Tra queste, le Deae Matres, il cui nome ha assunto una
forma latina e il cui culto si è esteso ai Teu toni, sono ricordate
in molte iscrizioni sparse in tutta l'area celtica, eccezion fatta
per la Gallia orientale e nord-occidentale 82• Esse sono general
mente rappresentate in numero di tre, recanti frutta, fiori, una
cornucopia o un fanciullo: erano dee della fertilità e proveni
vano probabilmente dal culto di una grande Dea Madre, per
sonificazione della Terra, che potrebbe essere sopravvissuta
nella dea Berecynthia, venerata a Autun, dove il suo simulacro
era condotto attraverso i campi per favorirne la feracità, o nel
la dea assimilata a Demetra e Kore, venerata dalle donne su
un'isola situata vicino alla Britannia 83 • In molte religioni si ce
lano culti analoghi di una Dea Madre, il cui posto fu gradual
mente sostituito da un dio della Terra, il Dispater celtico, o
Dagda, di cui la dea divenne consorte. Dunque essa potrebbe
essere la dea con la cornucopia sui monumenti al dio ornato di
GLI DÈI DELLA GALLIA E I CELTI CONTINENTALI 59
NoTE
" Luciano, Heracles, I. In alcune monete galliche è raffigurata una testa a cui
sono legate alcune teste più piccole. In un caso i cordoni si dipartono dalla bocca.
(Blanchet, I, pp. 308, 3 1 6-17). Potrebbero rappresentare l'Ogmios di Luciano, ma ne
sono state fornite altre interpretazioni. Cfr. Robert, R.C., VII, p. 388; Jullian, p. 84.
9 Gli epiteti e i nomi sono Anextiomarus, Belenos, Bormo, Borvo o Bormanus,
Cobledulitavus, Cosmis (?), Grannos, Livicus, Maponos, Mogo o Mogounos, Sianus,
Toutiorix, Vindonnus, Virotutis. Cfr. Holder, op. cit.
10 Pommerol, Bull. de Soc. d'ant. de Paris, II fase., p. 4.
11
Cfr. Holder, op. cit. Molti sono i toponimi che derivano da Borvo, ad esempio
Bourbon l' Archambaut, che diede il nome alla dinastia dei Borboni, collegata in tal
modo a un antico dio celtico.
12 Giuliano Capione, Maxim., p. 22; Erodiano, VIII, 3 ; Tertulliano, Apol. XXIV,
p. 70; Ausonio, Pro/, Xl, p. 24.
11
Stokes fa derivare helinuntia da heljo, albero o foglia, irlandese bile, U.S.,
p. 174.
1 4 Holder, op. cit.; Stokes, U.S., p. 1 97; Rhys, H.L., p. 23.
1 5 Diodoro Siculo, II, 47.
28 Gaidoz, R.C., VI, p. 457; Reinach, C.S., pp. 65, 138; Blanchet, I, p. 160. Il
martello è anche associato a un altro Dispater celtico, assimilato a Silvanus, che
certamente non era un dio del tuono.
29 Reinach, B.F., p. 137 e segg. Courcelle-Seneuill, p. 1 15 e segg.
10 Barthelemy, R.C., I, p. l e segg.
1 1 Vedi Flouest, Rev. Arch., V, p. 17.
JJ D'Arbois, II, p. 126. Egli interpreta Nantosvelta come «colei che è brillante
nella guerra>>. Tuttavia la dea non possiede alcuno degli attributi propri delle divinità
I(Uerriere. D' Arbois vide anche in un bassorilievo del dio col martello una figura
femminile e un bambino, gli equivalenti gallici di Balor, Ethne e Lug. (R.C., XV, p.
236). Reinach identifica Sucellos, Nantosvelta e un uccello insieme a essi raffigurato
con la medesima triade, poiché lo pseudo-Plutarco (De Fluv., VI, 4) afferma che
lougos in celtico significa "corvo", ma tale conclusione è assai dubbia. In ogni caso
Ethne non possiede tratti guerrieri nella storia irlandese e, poiché Lug e Balor erano
nemici mortali, rimarrebbe da spiegare perché compaiano tranquillamente l'uno al
fianco dell'altro. Cfr. R.C., XXVI, p. 129. Forse Nantosvelta, al pari di altre dee
celtiche, era una ninfa dei fiumi. Nanto in gallico significa "valle" e nant in antico
bretone è "torrente" o "forra". Il suo nome potrebbe significare dunque "fiume
splendente" . Vedi Stokes, U.S., pp. 193, 324.
14 R.C. XVIII, p. 254. Cernunnos potrebbe essere lo Juppiter Cernenos di
19 Ibid., XVI, p. 9.
'8 Cfr. Mowat, Bull. Epig., I, p. 29; de Witte, Rev. A rch., II, p. 387, XVI, p. 7;
Bertrand, ibid., XVI, p. 3 .
4 9 Joyce, S.H., Il, p . 554; Curtin, p. 182; R.C., XXII, p . 1 2 3 , XXIV, p . 18.
50 Dom Martin, II, p. 185; Reinach, B.F., pp. 192, 199.
5 1 Per un'altra interpretazione di questo dio come equivalente dell'irlandese Lug
che uccide Balor, vedi D' Arbois, II, p. 287.
52 Vedi p. 23 1 infra.
" Reinach, B.F., pp. 162, 184 ; Mowat, Bull. Epig., I, p. 62. Rev. Epig., 1 887,
p. 3 19, 189 1 , p. 84.
54 Reinach, B.F., pp. 1 4 1 , 153 , 175, 176, 1 8 1 ; Flouest, Rev. Arch., 1 885, I, p. 2 1 ,
ritiene che l'identificazione fosse con u n più antico Silvanus ctonio. Vedi Jullian, p .
17, nota 3, il quale osserva che l e assimilazioni gallo-romane avvennero «sur le do
maine archalsant des faits populaires et rustiques dc l'ltalie». Per le iscrizioni vedi
Holder, sub voce.
55 Stokes, U.S., p. 302; MacBain, p. 274; R.C., XXVI, p. 282.
51' Gaidoz, Rev. Arch., II, 1898; Mowat, Bull. Epig., I, p. 1 1 9; Courcelle-Seneuil,
59 Per una possibile connessione tra questo bassorilievo e il mito di Gerione, vedi
due volte, 3 tre volte, l quattro volte, 2 sei volte, 2 undici volte, l quattordici volte
(Sirona), l ventun volte (Rosmerta), l ventisci volte (Epona). Trans. Gael. Soc. Inver·
ness, XXVI, p. 4 1 3 .
67 Cesare, VI, 1 7 .
611 D ' Arbois, Les Celtes, p. 5 4 ; Rev. Arch., I, p. 2 0 1 . Vedi Holder sub voce.
85 Vedi i l mio articolo " Calendar" , in Hastings, Encyclop. o/ Religion and Ethics,
.
III, p. 80.
86 C.I.L., V, pp. 4208, 577 1 , VII, p. 927; Holder, II, p. 89.
87 Per tutti questi attributi vedi Holder, sub voce.
88 Esiste un'ampia letteratura dedicata alle Matres. Cfr. De Wal, Die Moeder
Gottt'nen; Vallentin, Le Culte des Matrae; Daremberg-Saglio, Dict., sub voce "Ma
tres" ; Ihm, ]ahrbuch des Vereins von Alterth. in Rheinlande, n. 83 ; Roscher, Lexicon,
II, p. 2464 e segg.
89 Vedi Maury, Fées du Moyen Age; Sebillot, I, p. 262; Monnier, p. 439 e segg.;
Wright, Celt, Roman and Saxon , p. 286 e segg.; Vallentin, R.C., IV, p. 29. Probabil
mente le Matres possedevano già un aspetto sinistro in epoca romana, come appare
dall'iscrizione Lamiis Tribus, su un altare a Newcastle. Hiibner, p. 507.
90 Anwyl, Ce/t. Rev., 1 906, p. 28. Vedi Y Foel Mamau, «la collina delle Madri»
95 Per tutto questo vedi Holder, sub voce; Rhys, H.L., p. 103; R.C., IV, p. 34.
96 Floro, II, IV.
ora dio della guerra, ora dio della pace. Qualsiasi divinità importante poteva, all'oc
casione, trasformarsi in un dio della guerra.
Capitolo IV
NoTE
1 Per alcuni riscontri nelle Highlands sugli dèi delle saghe e delle leggende, vedi
Book o/ the Dean o/ Lismore, p. 10; Campbell, W.H.T., II, p. 77. n dio del mare Lir
è probabilmente il Liur delle ballate ossianiche (Campbell, L.F., pp. 100, 125) e suo
figlio Manannan è forse «il Figlio del Mare» di un canto gaelico (Carmichael, C.G.,
II, p. 122). Sono noti anche Manannan e le sue figlie (Campbell, Witchcraft, p. 83 ).
2 n processo di evemerizzazione si trova per la prima volta nei poemi di Eochaid
hua Flainn (X secolo), ma fu soprattutto opera di Flainn Manistrech (t 1056). È
ormai pienamente compiuto nel Libro delle invasioni.
J Keating, pp. 105 - 1 06.
in modo che narri a san Patrizio la storia di Partholan. Egli è il Caoilte MacRonan
di altri racconti, un sopravvissuto dei Fianna, chegateggiò in molte disquisizioni con
san Patrizio. Keating accusa Giraldus di aver identificato Roanus con Finntain nella
sua «storia mendace» e di averlo chiamato Roanus invece di Ronanus, errore in cui
egli «toro guida della mandria>>, fu seguito da altri.
7 Keating, p. 1 64.
8 L.L., 5a.
9 Keating, p. 1 2 1 ; R.C., XVI, p. 1 6 1 ; L.L., 6a.
10
Nennio, Hist. Brit., p. 1 3 .
Il
L.L., 6, 8b.
1 2 L.L., 6b; 127a; I.T., III, p. 3 8 1 ; R.C., XVI, p. 8 1 .
IJ L.L., 9b, I l a.
27 U.S., p. 2 1 1 .
28
D'Arbois, II, p. 52; R.C., XII, p. 476.
29 R.C., XII, p. 73.
lO
R.C., XII, p. 105.
1 1 R.C., XXII, p. 195.
45 Qualunque sia il senso della battaglia di Mag Tured, la zona in cui è stata
localizzata è piena di megaliti neolitici, dolmen ecc. Nella fantasia essi divennero in
seguito le tombe dei guerrieri uccisi in una grande battaglia ivi combattuta e quella
battaglia divenne la lotta tra i Fomori e i Tuatha Dé Danann. Mag Tured potrebbe
essere stata la scena di una battaglia tra i loro rispettivi adoratori.
46 O'Grady, II, p. 203.
47 Andrebbe osservato che, tanto nei Veda, nell'Odissea, nel giapponese Koji-ki,
quanto nelle mitologie selvagge e barbariche, nel ciclo mitologico irlandese abbon·
dano le strutture fiabesche.
Capitolo V
I TUATHA DÉ DANANN
gda, Bodb Dearg divise il sid e tuttavia anche qui si dice come
Manannan abbia concesso l'immortalità ai Tuatha Dé Da
nann 7• Gli antichi miti pagani avevano dimostrato che gli dèi
possono morire, mentre i loro rappresentanti venivano uccisi
nel rito e questo potrebbe essere stato il punto di partenza del
processo di umanizzazione. Tuttavia, la natura divina dei Tua
tha Dé Danann viene sempre richiamata. Eochaid O'Flynn (X
secolo) , in dubbio se essi fossero uomini o demoni, conclude:
«benché io abbia trattato questi dèi nel loro ordinamento,
tuttavia non li ho adorati» 8• Persino molto più tardi essi erano
considerati divinità in esilio, una visione che appare nei rac
conti romantici e nelle saghe, coesistenti con le informazioni
degli annali. Sono anche considerati re e regine delle fate e
tuttavia esseri fatati di un ordine diverso da quello della tradi
zione corrente. Essi sono «esseri fatati o folletti in forma uma
nizzata, dotati di immortalità», ma anche dèi terreni9 o side,
venerati dalla gente prima dell'arrivo di san Patrizio. Lo stesso
santo e numerosi vescovi furono chiamati dalle belle figlie
pagane di re Loegaire /ir side, "uomini del sid" , cioè dèi 1 0 I sid
prendevano il nome dai Tuatha Dé Danann che vi regnavano,
ma poiché la tradizione li localizzava in posti diversi, talvolta
molti tumuli erano collegati a un unico dio. I sid erano mera
vigliosi palazzi sotterranei, pieni di strane cose e alcuni fortu
nati mortali vi potevano andare per un certo periodo, o per
sempre. In questo sono perfettamente corrispondenti all'Elisio
d'oltremare, la terra dei beati.
Ma perché i Tuatha Dé Danann erano associati ai tumuli?
Se già in epoca pagana le fate o una stirpe di esseri analoghi
erano collegati a colline o tumuli, anche degli dèi, ora conside
rati esseri fatati, sarebbero stati a essi collegati. Joyce e O'Cur
ry pensano che i Tuatha Dé Danann siano stati preceduti nei
tumuli da una preesistente stirpe di dèi aborigeni, o gente del
sid 1 1 • Avrebbero potuto essere i Fomori, i " campioni del sid" ,
mentre nel Mesca Ulad i Tuatha Dé Danann si recano nelle
dimore sotterranee e parlano con i side che già le abitano. Noi
non sappiamo se in epoca pagana il popolo delle fate esistesse
già come tale, ma, se i side e i Tuatha Dé Danann erano un
tempo distinti, furono poi pian piano assimilati. Così il Dagda
I TUATHA DÉ DANANN 81
è detto "il dio della terra" «per il suo grande potere» 76• Gli
oggetti mitici a lui associati indicano abbondanza e fertilità: il
suo calderone soddisfa ogni ospite, i suoi maiali sono inesau
ribili, l'uno sempre vivo, l'altro sempre pronto da cuocere, un
barilotto di birra e tre alberi sono sempre carichi di frutti.
Erano nel suo sid, dove mai nessuno sperimentò la morte 77:
dunque il suo sid era un Elisio locale, non un tetro regno della
morte, ma l'oltretomba nel suo carattere originario, come terra
degli dèi della fertilità. In alcuni miti compare con una grossa
clava o forcone e D' Arbois suggerisce che egli possa essere un
equivalente del dio gallico con la mazza 78; tale corrispondenza
è probabile, dal momento che il dio gallico può essere stato
una forma di Dispater, un dio della fertilità della terra o del
mondo sotterraneo.
Se Dagda era un dio della fertilità, avrebbe potuto essere
l'equivalente di un dio la cui immagine era chiamata Cenn o
Cromm Cruaich, "Testa o Gobbo del Tumulo" , oppure "Testa
Sanguinaria o Mezzaluna" 79. Vallancey, citando un testo ora
perduto, afferma che Crom eocha era un nome del Dagda e che
un motto sull'altare sacrificale di Tara diceva «che l'altare arda
sempre verso Dagda» 80• Tali dichiarazioni potrebbero avvalo
rare questa identificazione. Il culto di Cromm è tramandato in
alcuni versi:
ancor oggi come "il Letto degli Amanti " 86• In un altro raccon
to, Dagda diventa il cuoco di Con aire il Grande 87•
n bellissimo e affascinante Oengus è talvolta chiamato Mac
Ind Oc, "Figlio dei Giovani" , cioè di Dagda e Boand, oppure
In Mac Oc, "Giovane Figlio" . Questo nome, come il mito in
cui egli spodesta suo padre, potrebbe indicare che il suo culto
soppiantò quello del Dagda. Se così fu, egli potrebbe essere
stato in seguito affili,ato al dio più anziano, come di frequente
avviene in casi paralleli, ad esempio in Babilonia. Oengus dun
que potrebbe essere stato il dio supremo di qualche tribù che
assurse al potere, soppiantando il dio supremo di un'altra tri
bù, a meno che non si supponga che Dagda fosse un dio pre
celtico con funzioni simili a quelle di Oengus e che i Celti ne
adottassero il culto, ma dessero a Oengus .un posto privilegia
to. Esiste un mito in cui la supremazia di Oengus è evidente.
Dopo la prima battaglia di Mag Tured, Dagda è costretto a
diventare schiavo di Bres ed è tormentato da un poeta satirico,
che gli strappa i pezzi migliori delle sue porzioni. Seguendo il
consiglio di Oengus, egli non solo provoca la morte del poeta,
ma trionfa sui Fomori 88• Oengus è stato definito l'Eros dei
Gaeli, ma su basi labili, perché era protettore di Diarmaid,
amato dalle donne, e perché i suoi baci diventavan-9 uccelli che
sussurravano pensieri d'amore a donne e ragazzi. E più proba
bile che egli fosse, in primo luogo, nn dio supremo della cre
scita, che veniva di quando in quando eclissato durante il
periodo in cui la natura muore, come Tammuz e Adone, e ciò
spiegherebbe la sua assenza a Mag Tured. La beliissima storia
della sua visione, in cui gli apparve una fanciulla della quale si
innamora appassionatamente, contiene troppi motivi propri
della fiaba per avere un qualche valore mitologico o religioso.
La madre di lui, Boand, manda a chiamare la fanciulla, ma
senza esito. Infine si scopre che elJa e la figlia di un semidio,
signore di un sid, al quale solo con l'aiuto di monalì fu possi
bile estorcere il segreto di come prendere la figlia. Ella era una
fanciulla-cigno e Oengus poteva averla solo in un determinato
giorno. Infine divenne la sua sposa. n racconto è interessante,
perché dimostra come talvolta gli dèi abbiano bisogno dell'aiu
to dei mortali 89•
94 LA RELIGIONE DEGLI ANTICHI CELTI
lare, benché Rhys e altri insistano sul fatto che Lug è un dio
sole. li nome del gallese Lleu, "luce", è equiparato a Lug, che
riceve lo stesso significato 1 25• Questa identificazione è stata
contestata ed è incerta, dal momento che Lugus significa pro
babilmente "eroe" 1 26• Tuttavia, i tratti solari attribuiti a Lug
prima di Mag Tured suggeriscono che egli fosse una divinità
solare e altrove le divinità solari (es. il Maui polinesiano) sono
anche divinità della conoscenza. Ma va ricordato che Lug non
è associato alle festività propriamente solari di Beltaine e Mez
zaestate (san Giovanni).
Mentre la conoscenza dei Tuatha Dé Danann si basa su una
serie di racconti mitici e altre testimonianze, quella degli dèi
dei Celti continentali, a eccezione di notazioni presenti negli
autori classici e altrove, proviene dalle iscrizioni. Ma, da quel
che si può giudicare, benché i nomi dei due gruppi raramente
coincidano, le loro funzioni dovevano essere molto simili e
l'origine certamente la stessa. I Tuatha Dé Danann erano divi
nità naturali della crescita, della luce, dell'agricoltura, poiché i
loro simboli e gli oggetti da loro posseduti suggeriscono la
fertilità, come ad esempio il calderone. Erano divinità della
conoscenza, delle arti e dei mestieri e della guerra. In Irlanda
certo esistevano molti altri dèi oltre a quelli qui descritti, men
tre alcuni di quelli forse non erano venerati in tutta l'Irlanda.
Parlando in generale, esistevano in Gallia molte divinità locali
con funzioni analoghe ma nomi diversi e questo avrebbe potu
to verificarsi anche in Irlanda. Forse i diversi nomi assegnati a
Dagda, Manannan e altri erano semplicemente nomi di dèi
locali simili, uno dei quali assunse maggiore importanza e at
trasse su di sé i nomi degli altri. Così potrebbe essere spiegata
anche l'identità tra Danu e Brigit, o il fatto che esistessero tre
Brigit. Nei testi leggiamo anche del dio del Connaught, o del
l'Ulster, e queste sembrerebbero divinità regionali, oppure del
"dio del druidismo ", forse un dio particolarmente venerato dai
druidi 127• Le origini remote di alcune di queste divinità potreb
bero essere ricercate nel culto primitivo della Terra, personifi
cazione di essere fertile, e in quelli della vegetazione e dello
spirito del grano e, in genere, degli spiriti naturali sotto ogni
loro aspetto. Alcuni di questi erano ancora oggetto di venera-
102 LA RELIGIONE DEGLI ANTICHI CELTI
NoTE
1 Rhys, H.L., p. 89; Stokes, R.C., XII, p. 129. D'Arbois, II, p. 125, lo spiega
come «la gente del dio la cui madre è chiamata Danu».
2 R.C., XII, p. 77. Il termine usuale irlandese per "dio" è dia; altri nomi sono
loro colline o alture. Esse divennero sede di culti ancestrali. Il termine "elfo" è
applicato inoltre a qualsiasi spirito divino, in seguito fata. Dunque, "elfo" e side, come
l'el/-howe (tumulo funebre, detto tumulo elfico, N.d.T.) e il sid, o tumulo, hanno
storie parallele. Vedi Vigfusson-Powell, Corpus Poeticum Boreale, I, p. 413 e segg.
20
Tuan MacCairill (L.U., p. 166) defmisce i Tuatha Dea «dée ocus andée» e vi
attribuisce il significato di "poeti e agricoltori" . Questa espressione è usata in Còir
Anmann con lo stesso significato (l. T., III, p. 355), ma qui scopriamo che era inserita
in una formula pagana di benedizione: «La benedizione degli dèi e dei non-dèi sia
su di te>>. Ma lo scrittore continua dicendo: «Questi erano i loro dèi, i maghi e i loro
non-dèi, gli agricoltori>>, il che potrebbe riferirsi alla posizione dei re-sacerdoti e dei
maghi, cioè di dèi. Rhys fa il paragone con il sanscrito deva o adeva (H.L., p. 581).
Cfr. in un poema gallese (Skene, I, p. 3 13 ) , Teulu Oeth et Anoeth, che Rhys traduce
come "Casa del Potere e del Non Potere" (C.F.L., II, p. 620) ma il senso è oscuro.
Vedi Loth, I, p. 197.
104 LA RELIGIONE DEGLI ANTICHI CELTI
2 1 L.L., lOb.
22 Cormac, 4. Stokes fa derivare Anu da (p)an, "nutrire" (U.S., p. 12). Cfr. lat.
panis.
21 Leicester County Folk-/ore, p. 4. Il Còir Anmann dice che Anu era venerata
26 Cormac, p. 23.
" Fitzgerald, R.C., IV, p. 190. Aine non ha alcun collegamento con Anu, né è
una dea lunare, come talvolta si suppone.
,. R.C., IV, p. 189.
" Knock in irlandese significa " collina" e dunque il toponimo significa " collina
di Aine" (N.d.T.).
'" Keating, p. 3 1 8; I.T., III, p. 305; R.C., XIII, p. 435.
17 O'Grady, II, p. 197.
'" R.C., XII, p. 109, XXII, p. 295; Cormac, p. 87; Stokes, T.I.G., XXXIII.
19 Holder, I, p. 341; C.I.L., VII, p. 1292; Cesare, II, 23.
•o L.L., 1 lb; Cormac, sub voce Neit ; R. C., IV, p. 36; Arch. Rev., I, p. 23 1 ;
4• Vedi p. 140.
45 Petrie, Tara, p. 147; Stokes, U.S., p. 175; Meyer, Cath Finntràga, Oxford,
4" R.C., XXI, pp. 157, 3 15; Miss Hull, p. 247. Una baobh (comune nome gaelico
per "strega") appare a Oscar e gli preannuncia la morte in una ballata del ciclo
feniano (Campbell, The Fians, p. 33). In Bretagna le "lavandaie notturne" , un tempo
fate delle acque, sono ora considerate degli spettri (Le Braz, I, p. 52 ).
4 9 Joyce, S.H., I, p. 261; Miss Hull, p. 186; Meyer, Cath Finntràga , pp. 6, 13; I.T.,
I, pp. 1 3 1 , 87 1 .
0
5 L.L., 10a.
5 1 L.L., lOa, 30b, 187c.
5 1 Vedi la personificazione delle tre corde dell'arpa del Dagda (Leahy, II,
p. 205).
54 Vedi p. 224 in/ra.
60 Luciano, Herakles.
61
R.C., XII, p. 89. ll nome compare nel gallico Gobannicnos e nel gallese Aber-
gavenny.
62 l.T., I, p. 56; Zimmer, Glossae Hibernicae, 1881, p. 270.
61 Atlantis, 1860, III, p. 389.
66 R.C., XII, p. 93 .
67 Cormac, p. 56, e Còir Anmann (l. T., III, p. 357) dividono il nome in dìa-na
1o
R.C., VI, p. 369; Cormac, p. 23.
1
7 Cormac, pp. 47 ,144; l.T. III, pp. 355, 357.
72 l.T., III, p. 355; D'Arbois, I, p. 202.
71 L.L., 246a.
a cura di Stirn, Oengus risulta figlio del Dagda e della sposa di Elcmar, il cui idillio
ebbe luogo durante l'assenza del marito. L'avvenimento è parallelo all e storie della
nascita di Mongan e Artù e contiene anche il tema del Figlio Orfano, poiché Oengus
si reca in lacrime da Mider, essendo stato insultato perché non ha né padre, né
madre. In questo manoscritto è il Dagda stesso a istruire Oengus su come ottenere
il sid di Elcmar. Cfr. R.C., XXVII, p. 332, XXVIII, p. 330.
75 L.L., 245b.
crùach, " un cumulo" ; la seconda è quella di D'Arbois (Il, p. 106), che fa derivare
Cruaich da cru, "sangue". L'idea dell'immagine piegata o deforme può essere nata dal
fatto che esso rimase in bilico per lungo tempo per effetto del miracolo di san
Patrizio.
80 Vallancey, in Col!. de Rebus Hib. , 1786, IV, p. 495.
81 L.L. 21 3b. D'Arbois ritiene che Cromm fosse un Fomoro, l'equivalente di
Taranis (Il, p. 62). Ma è venerato dai Gaeli. Crin, "vacillante", si riferisce proba
bilmente alla posizione dell'idolo dopo il miracolo di san Patrizio, non più diritto,
ma inclinato, come un uomo anziano. Hyde, Lit. Hist. o/ Ireland, p. 87, dimo
strando esagerato patriottismo, ritiene che i dettagli sacrificali siano stati copiati
da uno scriba cristiano dall'Antico Testamento e non facciano parte dell'antico ri
tuale.
82 R.C., XVI, pp. 35, 163.
81 Fitzgerald, R.L. IV, p. 175.
88 R.C., XII, p. 65. Altrove a Oengus sono attribuite tre supreme "ignoranze".
(R.L., XXVI, p. 3 1 ).
89 R.C., III, p. 342.
90 L.L., l lc; L.U. p. 129; I.T., I, p. 130. Si veda la casa di vetro, posta tra cielo
e terra, a cui Tristano conduce la regina. Bedier, Tristan et Iseut, p. 252. In una
versione frammentaria della storia Oengus è lo spasimante di Etain, ma Mider è
preferita da suo padre ed egli la sposa. Oengus non compare nella parte finale del
racconto. Nutt (R.C. XXVII, p. 339) suggerisce che Oengus, non Mider, possa essere
il vero protagonista della storia, ma che i suoi compilatori cristiani lo abbiano sosti
tuito con Mider nella seconda parte. I frammenti sono pubblicati a cura di Stim
(Z.C.P., vol. V).
1
9 Rhys, H.L., p. 146.
92 Si veda il mio Childhood o/ Fiction, pp. 1 14, 153. Il racconto possiede carat
teristiche uniche, poiché esso solo, nelle varianti delle fiabe e delle saghe occidentali
del motivo della "sposa fedele" , descrive la donna malvagia come moglie di Mider.
In altri termini, il racconto sottintende la poligamia, che di rado è presente nei
racconti popolari europei.
91 O'Grady, T.O.S., III.
94 R.C., I, p. 4 1 .
95 O'Curry, M.C., l , p . 7 1 .
96 L.L., p . 1 17a.
97 Cumont, R.C., XXVI, p. 47; D'Arbois, R.C., XXVII, p. 127, osserva la diffi-
coltà di spiegare il cambiamento di e in i nei nomi.
98 Rhys, H.L., p. 1 2 1 .
99 Vedi Crooke, Folk-I.ore, VIII, p . 3 4 1 . Cfr. Herod, I l , p . 1 3 1 .
1 00
Loth, I, p. 269.
101
Rhys, H.L., p. 563 .
102
Train, Isle o/ Man, Douglas, 1 845 , Il, p. 1 1 8; Grimm, Teut. Myth. Il, cap. 24;
Frazer, G.B.2, II, p. 99 e segg.
101
Bathurst, Roman Antiquities at Lydney Park, 1879; Holder, sub voce "No-
dons".
1
04 Vedi Rhys, H.L., p. 122; Cook, Folk-Lore, XVII, p. 30.
10
5 Stokes, U.S., pp. 194-95; Rhys, H.L., p. 128; I.T., I, p. 712.
1 06
Loth, Il, pp. 235, 296.
10
7 Joyce, O.C.R.
108
Per questi quattro Manannan vedi Cormac, p. 1 14; R.C., XXIV, p. 270; I.T.,
III, p. 357.
1
09 O'Grady, II.
1 10
Bodley Dindsenchas, n. 10; R.C., XII, p. 105; Joyce, S.H., I, p. 259; Otia
Merseiana, II, "Song of the Sea" (Il canto del mare).
111
L.U., p. 133.
1 12
Moore, p. 6.
1 11
Goffredo di Monmouth, Vita Merlini, p. 37; Rees, p. 435. Altre leggende di
santi derivano da miti, come ad esempio quella di san Barri nella sua barca, che
incontra san Scuithne mentre cammina sul mare. Scuithne sostiene di camminare su
un prato e coglie un fiore a riprova, mentre Barri lo confuta pescando dal mare un
salmone. Questo episodio ricorda quello nell'incontro di Bran e Manannan (Stokes,
Félire, XXXIX; Nutt-Meyer, I, p. 39). Spesso i santi aiutano i mortali, come si diceva
facessero gli dèi. Columcille e Brigit apparvero sopra l'esercito di Erin, aiutandolo e
incoraggiandolo (R.C., XXIV, p. 40).
l TUATHA DÉ DANANN 107
1 14
R.C., XII, p. 59.
1 15 Folk-Lore ]ournal, V, p. 66; Rhys, H.L., p. 3 14.
1 16 Lanminie, "Kian, Son of Kontje".
11
7Joyce, O.C.R., p. 37.
1 18 D'Arbois, Les Celtes, p. 39; R.C., XII, pp. 75, 1 0 1 , 127, XVI, p.
77. È pos
sibile che l'iscrizione mutila di Geitershof, Deo M. . . Sam. . . (Holder, II, 1335) sia una
dedica a Mercurio Samildànach? Un'eco della storia di Lug si trova nella Vita di
sant'Heroe, che nel suo monastero trovò un diavolo che aveva assunto forma umana,
il quale asserì di essere un buon falegname, muratore, fabbro ecc. ma che non poteva
farsi il segno della croce. Albert Le Grand, Saints de la Bretagne, p. 49; R.C., VII,
p. 23 1 .
1 19 Holder, sub voce; D'Arbois,
Les Celtes, p . 44; R.C., VII, p . 400.
120 Holder, sub voce "Lugus" .
12 1
Stokes, T.I.G., p. 103. Gaidoz contesta l'identificazione dei Lugoves e di Lug
con Mercurio e a suo parere i Lugoves sono divinità collettive come le Matres (R.C.,
VI, p. 489).
1 22 H.L., p. 425.
1 23
Vedi p. 340 in/ra.
1
24 Vedi p. 269 in/ra.
12' H.L.,
p. 409.
1 26 Cfr. Loth, R.C., X, p. 490.
12 9
The Welsh People, p. 61. Rhys ammette che la teoria del prestito «non può
essere facilmente provata».
Capitolo VI
viaggia col sole (Merlino) , mentre la Dama del lago che arriva
ogni giorno a consolare Merlino nella sua prigione incantata è
una dea dell'alba. Stonehenge fu probabilmente un tempio di
questo Zeus celtico «di cui abbiamo in Merlino una tarda
personificazione leggendaria» 1 1 3. Episodi romantici di questo
genere e un mito eziologico non possono certo essere conside
rati una salda base per idee del genere e la loro interpretazione
mitologica è più che dubbia. Il sole non è mai prigioniero
dell'alba come Merlino lo è di Viviane. Merlino e la sua casa
di vetro scompaiono per sempre, ma il sole ricompare ogni
giorno. Persino la mitologia più poetica deve conformarsi in
qualche modo ai fenomeni reali, il che non si può dire dei
sistemi interpretativi mitologici. Se Merlino appartiene vera
mente all'epoca pagana, egli fu probabilmente un mago arche
tipico o un dio dei maghi, preminente forse nella leggenda
arturiana e nei successivi romanzi, a cui vennero attribuite
un'origine misteriosa e un'altrettanto misteriosa fine, quest'ul
tima descritta in molti modi diversi.
Il vanesio Kei dei romanzi compare già in Kulhwych, men
tre in Goffredo è il siniscalco di Artù 11 4 • Nella poesia gallese
posteriore egli ha tratti più nobili; è un possente guerriero,
capace di fronteggiare persino cento uomini, e non sono da
meno le sue doti di ubriacone. Anche qui se ne compiange la
morte 115• Dunque egli avrebbe potuto essere un dio guerriero
e la sua furia in battaglia potrebbe essere descritta poeticamen
te in un curioso brano a lui riferito in Kulhwych: «Nove giorni
e nove notti resisteva il suo fiato sott' acqua. Poteva rimaner
sveglio per lo stesso lasso di tempo. Non v'era medico che
potesse sanare una ferita inflitta dalla sua spada. A suo piaci
mento poteva allungarsi quanto il più alto albero del bosco. E
quando pioveva a catinelle, qualunque cosa portasse rimaneva
asciutta sopra e sotto la sua mano alla distanza di un palmo,
tanto era il calore ch'egli emanava. Quando c'era il gelo, egli
era calore splendente per i suoi compagni» 1 16• Tutto questo
corrisponde esattamente all'aspetto di Cuchulainn nel furore
della battaglia. In uno strano poema Gwenhyvar (Ginevra,
Guinevere) pregia la sua audacia di guerriero sopra quella di
Artù e, tanto in Kulhwych che altrove, tra i due corre dell'ini-
GLI DÈI DEI BRITANNI 13 1
micizia 1 17 , tanto da far supporre che Kei sia stato il dio di tribù
ostili a quelle di cui Artù era l'eroe.
Mabon, uno degli eroi di Artù in Kulhwych e nel Sogno di
Rhonabwy, il cui nome, derivato da mab (map) significa "il
giovane" , può essere lo stesso dio Maponus, equiparato ad
Apollo in Britannia e in Gallia, forse come dio delle sorgenti
curative 11 8• Il nome di sua madre, Modron, è una forma locale
di Matrona, dea fluviale e probabilmente una dea-madre, come
il suo nome implica. Nelle Triadi Mabon è uno dei tre prigio
nieri di riguardo di Prydein. Per ottenere il suo aiuto nella
caccia al cinghiale magico, bisogna trovarne la prigione e que
sto accade tramite animali, secondo uno schema fiabesco, men
tre le parole da essi pronunciate attestano l'enorme durata della
sua prigionia, forse un accenno alla sua immortalità 1 1 9 • Ma si
diceva anche che fosse morto e sepolto a Nantlle 1 20 che, come
Gloucester, il luogo in cui si trova la sua prigione, potrebbe
essere stato un centro del suo culto largamente diffuso 1 2 1 •
Nel loro insieme, gli dèi e gli eroi dei Britanni, per quel che
ne sappiamo, come assomigliano alle divinità irlandesi nell'es
sere in seguito stati considerati quali esseri mortali, maghi ed
esseri fatati, così le ricordano anche nelle funzioni, per quanto
vagamente le possiamo percepire. Sono associati all'Elisio, si
gnori della fertilità e della crescita, del mare, delle arti della
cultura e della guerra. La posizione preminente di alcune dee
può stare a indicare ciò che già abbiamo scoperto su di esse in
Gallia e in Irlanda owero la loro importanza e indipendenza.
Ma, come le divinità della Gallia e dell'Irlanda, quelle del
Galles avevano un carattere precipuamente locale e solamente
in qualche caso ottennero popolarità e culti più diffusi.
Alcuni dèi britannici nominati su iscrizioni potrebbero es
sere identificati con quelli appena presi in considerazione:
Nodons con Nudd o Lludd, Belenos con Belinos o Beli, Ma
ponos con Mabon, Taranos (solo in iscrizioni continentali) con
un Taran nominato in Kulhwych 1 22 • Di altri si trovano riferi
menti in testi classici: Andrasta, una dea della vittoria, che
Boudicca pregava 1 23; Sul, una dea delle sorgenti calde, equipa
rata a Minerva nella località di Bath 1 24 • Alcune iscrizioni men-
132 LA RELIGIONE DEGLI ANTICHI CELTI
Anextiomarus Anextiomarus
Anu Anna (?) Anoniredi, " carro di Anu"
Badb Bodua
Beli, Belinus Belenos
Belisama Belisama
Brigit Brigantia Brigindu
Bron Bran Brennus (?)
Buanann Buanu
Cumal Camulos Camulos
Danu Don
Epona Epona
Goibniu Govannon
Grannos Grannos
Ler Llyr
Lug Llew o LLeu (?) Lugus, Lugoves
Mabon, Maponos Maponos
Manannan Manawyddan
Matres Matres
Mider Medros (?)
Modron Matrona (?)
Nemon Nemetona
Nét Neton
Nuada Nodons, Nudd
Hael, Lludd (?)
Ogma Ogmios
Silvanus Silvanus
Taran Taranis
Totatis, Tutatis Teutates
NoTE
1 Il testo dei Mabinogion è stato pubblicato a cura di Rhys e Evans, 1887, tra
1894-1895, p. 2 1 .
' Skene, I, p . 45; Meyer, T.S.C., 1895-96, p . 55.
6 Cfr. John, The Mabinogion, 190 1 , p. 19. Curoi compare come Kubert e Con
chobar come Knychur in Kulhwych (Loth, I, p. 202). Un poema del Taliesin ha per
argomento la morte di Curoi, figlio di Dayry (Curoi MacDaire), Skene, I, p. 254.
7 Loth, RC., X, p. 356; John, op. cit. , p. 19; Nutt, Arch. Rev. , I, p. 3 3 1 .
sin) potrebbe essersi verificato grazie alla fusione di Penllyn con Ardudwy e Arvon>>.
"' Rhys pensa che la famiglia di Llyr possa essere preceltica. T.S.C., 1894-95, p.
29 e segg; C.F.L., p. 552.
" Loth, I, p. 97; Lady Guest, III, p. 143 e segg.
2
1 Vedi Nutt, Folk-Lore Record, V, p. l e segg.
11
Loth, I , p. 298, I l , pp. 243-44; Goffredo di Monmouth, Hist. Brit., Il , p. 1 1 .
1 4 Loth, I , pp. 224, 265, II, pp. 2 15, 244; Goffredo d i Monmouth, II, p . 1 1 .
'" A.L., p. 13 1.
1 9 Skene, I, p. 262.
134 LA RELIGIONE DEGLI ANTICHI CELTI
ractacus.
2
1 Rees, p. 77.
Il
Così Elton, p. 291 .
14 Folk-Lore Record, V, p. 29.
40 Per questo Mabinogi vedi Loth, I, p. 1 17 e segg.; Guest, III, p. 189 e segg.
4 1 Skene, I, p. 286.
4 2 Loth, II, pp. 229, 257; e per altre indicazioni su Math, Skene, I, pp. 281,
269, 299.
41 Skene, I, pp. 296, 281 .
45 Skene, I, p. 264.
46 Rhys, H.L., p. 270. Skene, I, pp. 430, 537 dà un diverso significato a seon.
47 Skene, I, p. 264.
5 1 Loth, I, p . 240.
55 Myvyrian Archoeol., I, p. 168; Skene, I, pp. 275, 278 e segg.; Loth, II, p. 259.
come è usuale, dalla scoperta della sua anima separabile. La versione più antica di
questa fiaba è la storia egiziana dei Due Fratelli e quella di Sansone e Dalila ne è
un'altra antica versione.
57 Skene, I, p. 3 14, II, p. 342.
GLI DÈI DEI BRITANNI 135
62 Loth, II, p. 23 1 .
61 Loth, I, p. 240.
68 Skene, I, pp. 282, 288, 3 10, 543 , II, p. 145; Loth, I, p. 135; Rhys, H.L.,
p. 387.
69 Loth, I, p. 27 e segg; Guest, III, p. 7 e segg.
divinità.
7 1 Nel Mabinogi e nel ciclo feniano una mano misteriosa rapisce i bambini ap-
74 Skene, I, p. 264.
75 lbid., I, p. 276.
76 Ibid., I, p. 3 10.
7 7 Loth, I, p. 166.
1!0 Skene, I, p. 43 1 ; Loth, II, p. 278. Alcune frasi sembrerebbero collegare Beli
con il mare: le onde sono i suoi armenti, l'acqua salata è il suo liquore.
81 Loth, II, pp. 209, 249, 260, 283 .
9 1 Ibid. , p. 325.
XXXVIII, p. 339.
1 00 Skene, I, pp. 263, 274-76, 278, 281 -82, 286·87. La sua "sedia" conferisce
IL CICLO DI CUCHULAINN
quale, oltre alla sua "cecità ", il sangue gli sprizzava dalla testa
formando una nebbia magica e la sua ira provocava spruzzi di
scintille tutto intorno a lui, indica l'alba e il tramonto 21 , anche
se il sole calante suggerirebbe piuttosto un eroe che si accinge
serenamente al riposo, piuttosto che un gigante pazzo pronto
a far fuori amici e nemici. La " deformazione" , come già abbia
mo detto, è una descrizione esasperata della folle furia guerrie
ra, come il terrore che causava la morte di coloro che lo vede
vano brandire le armi è riscontrabile anche nelle tecniche dei
guerrieri maori 22• Lug, che potrebbe essere un dio-sole, non
subisce simili "deformazioni". Il raffreddamento dell'eroe in
tre tini, la cui acqua ribolle, e il suo riemergerne color rosa
fragola simboleggiano il sole che si immerge nel mare e ne
rispunta all'alba 23• Non potrebbe essere la descrizione, per
quanto esagerata, del bagno rinfrescante preso dai guerrieri in
piena frenesia, supponendo che l'acqua si scaldi per il calore
dei loro corpi 24 ? Uno dei geasa dell'eroe era quello di non
poter vedere i cavalli di Manannan, le onde; secondo un'inter
pretazione, ciò significa che il sole è prossimo alla morte quan
do si avvicina al mare. Tuttavia Lug, un dio-sole, cavalca il
destriero Enbarr, una personificazione delle onde, mentre Cu
chulainn stesso attraversa spesso il mare e vive anche con la
sposa del dio del mare, Fand, senza che mal gliene incolga.
Ancora, i cavalli magici che egli guida, di colore nero e grigio,
sono «simboli del giorno e della notte» 25, anche se non è chia
ro perché un cavallo grigio debba simboleggiare il giorno, che
non sempre è grigio, nemmeno nelle isole occidentali. Inoltre,
diversamente da un eroe solare, Cuchulainn è attivissimo l'in
verno e si riposa brevemente dai suoi massacri a mezzogiorno,
momento della maggior attività solare, tanto d'estate quanto
d'inverno.
Un'altra teoria è quella che vede in ogni visita dell'eroe in
un paese straniero una discesa all'Ade, suggerita dal sole che
tramonta a ovest. L'isola di Scathach potrebbe essere l'Ade,
ma è più probabile che sia l'Elisio, con qualche tratto desunto
dall'inferno della visione cristiana. Ma la terra di Emer, pure
visitata da Cuchulainn, non suggerisce né l'Ade, né l'Elisio.
Emer definisce se stessa ingen rig richis garta, tradotto da Rhys
144 LA RELIGIONE DEGLI ANTICHI CELTI
come «figlia del re dal volto di carbone», cioè figlia delle tene
bre. Dunque è una fanciulla-alba e diventa la sposa dell'eroe
sole 26. Nella narrazione non esiste nulla a sostegno di questa
teoria, a parte il fatto che non è chiaro, nemmeno per un'ipo
tetica mentalità primitiva, perché l'alba e il sole debbano for
mare una coppia divina. Le parole di Emer probabilmente
significano che è "figlia di un re" e "una fiamma di ospitalità"
(rz'chz's garta) 27• Cuchulainn, andandola a trovare, viaggia da
ovest a est, in senso contrario al corso apparente del sole. La
stravaganza di questa teoria solare si può ulteriormente coglie
re nell'ipotesi secondo cui, dal momento che Cuchulainn ha
altre spose, il dio-sole faceva l'amore con tante fanciulle-alba
quanti sono i giorni dell'anno 28 , come il re nel romanzo di
Louys, con le sue 366 mogli, una per ogni giorno dell'anno
inclusi i bisestili.
Non sarà necessario citare ulteriori esempi della teoria so
lare. È sufficiente vedere in Cuchulainn il guerriero ideale, i
cui tratti sono esagerazioni altisonanti e oscure di usanze e
guerre reali, oppure sono mutuati da motifs dei racconti popo
lari non esclusivamente celtici. È possibile che egli sia stato un
dio della guerra, dal momento che è associato a Badb 29 e a
Morrigan. Ma possiede anche i tratti di un eroe della cultura.
Dichiara la sua superiorità nella saggezza, nella legge, nella
politica, nell'arte dei Fz'lz'd e nel druidismo e inoltre porta vari
oggetti dal mondo degli dèi 30 . In ogni caso i Celti tributavano
onori divini agli eroi, vivi o morti 3 1 , e Cuchulainn, dio o eroe
ideale, avrebbe potuto essere oggetto di un culto. Ne risulte
rebbe così rafforzata la teoria di D' Arbois secondo il quale
Cuchulainn e Conall Cernach sarebbero gli equivalenti di Ca
store e Polluce, i Dioscuri, che Diodoro afferma venerati dai
Celti vicini all'Oceano 32. Cuchulainn, come Polluce, era figlio
di un dio ed era stato allattato, secondo alcuni resoconti, da
Finchoém, madre di Conall 33, proprio come Leda era madre di
Castore e Polluce. D'altra parte tuttavia, Cuchulainn, diversa
mente da Polluce, era mortale. D' Arbois poi identifica le due
coppie d'eroi con certe figure su un altare di Cluny, che sono
Castore e Polluce, Cernunnos e Smertullos. Egli equipara
Castore a Cernunnos e Polluce con Smertullos. Smertullos è
IL CICLO DI CUCHULAINN 145
NoTE
4 R. C., VII, p. 225; Windisch, Tàin, p. 20. Macha è una nipote di Ler, ma altrove
è detta figlia di Mider (R.C., XVI, p. 46)_
5 Rhys, C.F.L., II, p. 654; Westcrmarck, Hùt. o/ Human Mamage, cap. 2 .
IL CICLO DI CUCHULAINN 149
6 Miss Hull, Folk-Lore, XII, p. 60, cita esempi da Jevons, Hist. o/ Religion, p. 65.
7 Windisch, I.T., II, p. 239.
8 Windisch, pp. 184, 3 12, 330; cfr. I.T., III, p. 335; Miss Hull, p. 164 e segg;
rendevano bollente.
2 5 I.T., I, p. 268; D'Arbois, V, p. 103; Miss Hull, LXVI.
26 H.L., p. 448.
27 Vedi Meyer, R.C., XI, p. 435; Windisch, I.T., I, pp. 589,740. Benché richis
significhi "carbone", è glossato anche come "fiamma", dunque poteva essere solo
carbone rovente, senza alcuna idea di oscurità.
2" H.L., p. 458.
29
l.T., I, p. 107.
10
Arch. Rev., l, p. l e segg.; I.T., l, p. 213.
11
Vedi p. 169 infra.
12 Diodoro Siculo, IV, p. 56.
II, p. 217; Holder, I, pp. 46, 262. Per l'episodio della barba, vedi Windisch, Tàin
p. 308.
n I.T., III, p. 395.
1 6 I.T., I, p. 420.
45 C.M., XIII, pp. 327, 5 14. La stessa storia si narra di Fionn, ibid. , p. 5 12. Vedi
"toro della provincia", un titolo portato da Conchobar, tarb in chòicid (l. T., I, p. 72).
Questo, insieme agli epiteti assegnati agli eroi nelle Triadi, "fantasma del toro",
"principe toro del combattimento" (Loth, II, pp. 232, 243) , potrebbe essere un
appellativo indicante grande forza.
48 I.T., II, p. 24 1 e segg.; D'Arbois, Les Druides, p. 168.
LA SAGA DI FIONN
NoTE
1
Vedi Joyce, O.C.R., p. 447.
2 Montelius, Les Temps Préhistoriques, pp. 57, 151; Reinach, R.C., XXI, p. 8.
1 Le versioni popolari di questa prima parte della saga differiscono assai nei
dettagli, ma seguono in modo piuttosto uniforme lo schema principale. Vedi Curtin,
H.T.I., p. 204; Campbell, L.F., p. 33 e segg.; Campbell, W.H.T., III, p. 348.
4 In un gruppo piuttosto diffuso di racconti la conoscenza soprannaturale è
ottenuta mangiando in parte qualche animale, in genere una certa serpe. In molti di
questi racconti la persona che mangia il cibo è diversa da quella che l'ha ottenuto,
come nel caso di Fionn. Si veda la storia gallese di Gwion, p. 1 16, e quella scandinava
di Sigurd, così come altre narrazioni parallele in Miss Cox, Cinderella, p. 496; Frazer.
Arch. Rev., I, p. 172 e segg. Dunque la storia ha lo schema di un racconto popolare
applicato a Fionn, senza dubbio perché si armonizzava con la visione totemista
celtica o preceltica. Ma si basa su antiche idee concernenti la conoscenza sopranna·
turale posseduta da rettili o pesci e, tra gli Indiani americani, i Maori, gli abitanti
delle isole Salomone e altri esistono rappresentazioni di un uomo che regge un
animale di questo tipo, con la lingua attaccata alla sua lingua. Si tratta di uno scia·
mano, e gli Indiani americani ritengono che la sua ispirazione provenga dalla lingua
di una misteriosa lontra di fiume che egli ha catturato. Si veda Dali, Bureau o/ Ethnol.,
3° resoconto; e Miss Buckland, ]our. Anth. Inst. XXII, p. 29.
' T.O.S., IV; O'Curry, M.S. Mat., p. 396; Joyce, O.C.R., pp. 194, 339.
6 Per le versioni in forma di ballata, vedi Campbell, L.F., p. 1 98.
p. 465.
• O'Grady, II, p. 102. Questo, nell'insieme, si accorda con la versione in forma
DÈI E UOMINI
NoTE
4 Leahy, II, p. 6.
5 I.T., III, p. 203; Trip. Li/e, p. 507; Annali dei quattro Maestri, 14 d.C.; R.C.
XXII, pp. 28, 168. Sia i capi sia i re influenzavano probabilmente la fertilità. Se ne
trova una curiosa sopravvivenza nella credenza secondo la quale, nel lago di Dunve
gan, abbondavano le aringhe quando MacLeod giunse lì al suo castello, e nel desi
derio del suo popolo nell'isola di Skye, durante la carestia delle patate, di sventolare
il suo �essillo fatato.
6 Il riflesso di questo fatto potrebbe essere alla base delle parole attribuite al re
Ailill, «se verrò ucciso, questa sarebbe la salvezza di molti» (O'Grady, II, p. 416).
7 Vedi Frazer, Kingship; Cook, The European Sky-Dog, Folk-Lore, 1906. Cook
fornisce ampie prove dell'esistenza di dèi celtici incarnati. Sono d'accordo con lui per
quanto riguarda le sue conclusioni generali, benché alcune delle sue deduzioni ap
paiano forzate. Secondo il suo punto di vista, il re divino era un dio uranico; è assai
più probabile che sia stato il rappresentante di un dio o di uno spirito della crescita
o della vegetazione.
8 Strabone, XII, 5, 2.
10 Cicerone, De Div., I, 15, II, 36; Strabone, XII, 5, 3; Staehelin, Gesch. der
Kleinasìat. Galater.
1
1 Livio, V, 34; Dione Cassio, LXII, 6.
12 Antient Laws o/ Ireland, I, p. 22; Diogene Laerzio, I, proemio, l.
NoTE
� Le Braz, II, p. 67; Sauvé, Folk-Lore des Hautes Vosges, p. 295; Bérenger
10 Dechelette, pp. 257-58. In un altro esempio l'ariete è segnato con alcune croci
simili a quelle incise sulle immagini del dio col martello del sottosuolo.
1
1 Kennedy, p. 1 87 .
12 Lady Wilde, p. 1 1 8; Curtin, Tales, p. 54.
1 4 Le Braz, II, p. 47; Folk-Lore, IV, p. 357; MacCulloch, Misty Isle o/ Skye,
sibile che, per un motivo analogo, si svolgesse un culto dci morti durante la festa di
Mczzacstatc.
20 Miss Faraday, Folk-Lore, XVII, p. 398 c scgg.
2 2 Vigfusson-Powcll, I, p. 4 1 9.
23 Curtin, Tales, p. 157; Haddon, Folk-Lore, IV, p. 359; Le Braz, II, p. 1 15 et
passim.
24 Frazer, Adonis, p. 253 e segg.
Capitolo Xl
NoTE
1
Gildas, II, p. 4.
2 Jocelyn, Vita Kentig, cap. XXXII.
1 Trip. Lz/e, p. 3 15.
4 L.L., 12b. La traduzione è di D'Arbois, II, p. 250 e segg.; cfr. O'Curry, M.C.,
II, p. 190.
5 R.C., XXII, p. 400.
6 R.C., XII, p. 109.
1 0 Gregorio di Tours, Hist. , II, p. 10, parla della credenza diffusa nella divinità
Century, II, p. 449; Sébillot, I, p. 4 1 e segg.; MacCulloch, Misty Isle o/ Skye, p. 236.
In Bretagna si ritiene che le ragazze possano concepire grazie al potere della luna
(R.C., III, p. 452).
24 Strabone, III, 4, 16.
28 Osborne, Advice to bis Son, ( 1 656), p. 79; RC., XX, pp. 4 1 9, 428.
29 Aristotele, Etica Nicomachea, III, 7 7 ; Etica Eud. III, l, 25; Stobeo, VII, 40;
Eliano, XII, 22; Jullian, p. 54; D'Arbois, VI, p. 2 18.
30 Sébillot, I, p. 1 1 9. L'usanza di gettare qualcosa contro un "mulinello fatato " ,
vale a dire una tempesta di polvere, è ben nota i n area celtica e altrove.
JI Folk-Lore, IV, p. 488; Curtin, H.T.I., p. 324; Campbell, The Fians, p. 158. I
guerrieri feniani attaccavano il mare quando si diceva che esso ridesse di loro.
32 Mélusine, II, p. 200.
37 Meyer, p. 51; Joyce, P.N., I, p. 195, II, p. 257; R.C., XV, p. 438.
38 Holder, sub voce "Vintius".
39 Agobardo, I, p. 146.
non era certa la purezza venivano messe in tal modo alla prova
e san Gregorio di Tours racconta che una donna accusata di
adulterio fu gettata nella Saòne 60• L'ordalia dell'acqua imposta
nel Medioevo alle streghe si rifà a questa usanza, che tuttavia
è cosa diffusa 61.
n lato malefico dello spirito del pozzo è evidente nei "pozzi
maledetti " , a proposito dei quali si pensava che, se vi si gettava
dentro un oggetto su cui era scritto il nome di un nemico,
accompagnandolo con una maledizione, lo spirito ne avrebbe
causato la morte. In alcuni casi la maledizione veniva incisa su
una placchetta di piombo gettata nell'acqua, allo stesso modo
in cui, in altri casi, vi si incideva una preghiera a beneficio
dell'offerente. Oppure si sistemavano in un pozzo degli oggetti
su cui era stato fatto un incantesimo, in modo che la vittima
che ne attingeva acqua ne avesse nocumento. Un eccellente
esempio di pozzo maledetto è quello di Fynnon Elian a Den
bigh, che un tempo dovette avere una sacerdotessa guardiana,
perché nel 1 8 15 una vecchia, che ne era custode, presiedeva
alla cerimonia. Costei scriveva in un libro il nome della vittima
in cambio di un dono. Si gettava nel pozzo una spilla in nome
della vittima e, attraverso di essa e la conoscenza del suo nome,
lo spirito del pozzo agiva su di lei per farle .del male 62• Ovvia
mente, riti di questo tipo, in cui si mescolano magia e religione,
non sono esclusivamente celtici, ma è interessante notarne
l'esistenza in aree celtiche e tra il popolo celtico.
NoTE
10, 4 1 .
8 Vedi p . 340 in/ra.
200 LA RELIGIONE DEGLI ANTICHI CELTI
9 Cfr. L).T]oÙava e L).T]ouva di Tolomeo (II, 3 , 19; 1 1 , 29); gli scozzesi e inglesi Dee ;
il Divy in Galles; Deve, Dive e Divette in Francia; Devon in Inghilterra; Deva in
Spagna (il L).T]oùa di Tolomeo, II, 6, 8). Lo Shannon è soprannominato, ancora nel
VII secolo, "la dea" (Trip. Li/e, p. 3 13 ) .
1 0 Holder, sub voce; D'Arbois, P.H., II, p. 1 19, ritiene che Matrona sia ligure. Ma
R.C., 1898.
17 Sébillot, II, p. 1 95 .
un malato beveva l'acqua del pozzo, questo era un buon presagio. Per l'usanza di
seppellire animali sacri si veda Herod, II, p. 74; Eliano, XIII, p. 26.
22 Gomme, Ethnol. in Folk/ore, p. 92.
21
Trip. Li/e, p. 1 13 ; Tigernach , Annals, A.D. 1 06 1 .
24 Mackinley, p . 184.
27 Quando san Patrizio liberò l'Irlanda dai serpenti, si componò in questo modo
con gli esemplari peggiori. San Colombano annientò un mostro che terrorizzava gli
abitanti della zona intorno al lago Ness. Joyce, P.N., I, p. 197; Adamnan, Vita Co
lumb., II, p. 28; Kennedy, pp. 12, 82, 246; R.C., IV, p. 172, 186.
28 R. C., XII, p. 347 .
294; Campbell, Superstitions, p. 203, e per il Glasthyn dell'Isola di Man, una sorta
di cavallo d'acqua, si veda Rhys, C.F.L., I, p. 285. Per gli analoghi esseri francesi si
veda Bérenger-Féraud, Superstitions et Survivances, I, p. 349 e segg.
10 Reinach, C.M.R., I, p. 63 .
11
Orosio, V, 15, 6.
12
L.U., 2a. Di Eochaid si narra una variante della storia di Mida - la scopena
delle orecchie del suo cavallo. Ciò si narra anche di Labraid Lorc (R.C., II, p. 98;
Kennedy, p. 256) e di re Marco in Bretagna e in Galles (Le Braz, II, p. 96; Rhys,
C.F.L., p. 233 ). Altre varianti si trovano in regioni non celtiche e dunque la storia
non possiede valore mitologico in area celtica.
H Tolomeo, II, 2, 7.
14 Campbell, W.H.T., IV, p. 300 e segg. Rhys, C.F.L., I, p. 284; Waldron, Isle
o/ Man, p. 147 .
CULTO DEI FIUMI E DELLE SORGENTI 201
N. Counties, p. 262. Cfr. i versi, «L'Arguenon veut chaque année son poisson>>, dove
il "pesce" è una vittima umana, e «Sanguinario Dee l Ogni anno ne vuoi tre, l Ma
la Don dolce e cara l A meno ne fa>>.
41 Sébillot, II, p. 339.
42 Dindsenchas di Rennes, R.C. XV, pp. 3 15, 457. Altri esempi di punizioni in
seguito al cattivo uso di una sorgente sono in Sébillot, II, p. 192; Rees, pp. 520, 523.
Un lago irlandese non possedeva più alcun potere curativo dopo che un cacciatore
vi aveva fatto nuotare dentro i suoi cani rognosi (Joyce, P.N., II, p. 90). Una leggenda
analoga si ritrova tra i Votiak, uno dei cui sacri laghi venne rimosso dalla sua attuale
posizione, perché una donna vi aveva lavato dentro dei vestiti sporchi (L'Anthropo
logie, XV, p. 107).
43 Rhys, C.F.L., I, p. 392.
44 Giraldus Cambrensis, Itin. Hib. II, p. 9; Joyce, O.C.R., p. 97; Kennedy, p. 281 ;
O'Grady, I, p. 233; Skene, II, p. 59; Campbell, W.H.T., II, p. 147 . Spesso le acque
sommergono una città, che ora è possibile scorgere sotto le onde: la città di Is in
Armorica (Le Braz, I, p. XXXIX) o le torri sotto il lago Neagh. In qualche versione
gallese il colpevole è un uomo (Rhys, C.F.L., I, p. J 7 9). Nel caso del lago Neagh, il
guardiano della sorgente era Liban, che viveva nell'acqua come sirena. In seguito ella
venne catturata e ricevette il nome battesimale di Muirghenn, "nata dal mare". Qui
il mito di una dea acquatica, che si dice sia stata battezzata, è collegato alla leggenda
di un guardiano sconsiderato di una sorgente, con cui ella viene identificata (O'Gra
dy, II, pp. 184, 265).
4� Roberts, Cambrian Pop. Antiq., p. 246; Hunt, Popular Romances, p. 291; New
Stat. Account, X, p. 3 1 3 .
4 6 Thorpe, Northern Myth., II, p . 78.
47 Joyce, P.N., II, p. 84. Slàn si trova in molti nomi di sorgenti. Nei canoni del
p. 60.
49 Sébillot, II, p. 2 84 .
50 Dalyell, pp. 79-80; Sébillot, II, pp. 282, 374.
51 Ho tracciato questo schema del rituale dalle notizie delle usanze moderne
pp. 506-07; Scott, Minstrelsy, Introduzione, XLIII; Martin, p. 7; Sébillot, II, p. 242
e segg.; R.C., II, p. 486.
59 Jullian, Ep.to Maximin, p. 16. La pratica potrebbe essere stata collegata a
quella, notata da Aristotele, di immergere i neonati in un fiume per renderli più forti,
come egli afferma (Polibio, VII, 15, 2), ma più probabilmente come rito battesimale
e purificatorio.
60 Lefèvre, Les Gaulois, p. 109; Michelet, Origines du droit français, p. 268.
61
Se ne vedano esempi d'uso in Post, Grundriss der Ethnol. ]urisprudem;, II,
p. 459 e segg.
62 Roberts, Cambrian Popular Antiquities, p. 246.
Capitolo XIII
NoTE
1 Sacaze, Inscr. des Pyren. p. 255; Hirschfeld, Sitzungsberichte, Berlin, 1896,
p. 448.
2 C.I.L., VI, p. 46; C.I.R., pp. 1654, 1683.
' D'Arbois, Les Celtes, p. 52.
4 Lucano, Pharsalia, ed. Usener, p. 32; Orosio, V, 16, 6; Dione Cassio, LXII, 6.
5 Plinio, XVI, 44. Lo Scoliaste di Lucano afferma che i druidi divinavano con le
• Chadwick (journ. Anth. Inst. XXX, p. 26) collega questo dio supremo col
tuono e considera lo Zeus celtico (Taranis, secondo la sua opinione) come un dio del
tuono. La quercia era associata a questo dio, perché i suoi adoratori vivevano sotto
queste piante.
9 Helbig, Die Italiker in der Poebene, p. 16 e segg.
che si trovano negli alberi potrebbe essere collegata all'usanza di sistemare alcune
immagini tra gli alberi, o con la credenza che si potesse vedere una dea emergere
dall'albero in cui vive.
28
De la Tour, Atlas des Monnaies Gaul, pp. 260, 286; Reinach, Catai. Sommaire,
p. 29.
29 Plinio, H.N., XVI, 44.
10 .Si veda p. 168 supra.
1 1 Si veda Cameron, Gaelic Names o/ Plants, p. 45. In Gregoire de Rostren, Dict.
/rançois-celt., 1732, vischio è tradotto dour-dero, "acqua di quercia" e si dice che giovi
a numerosi mali.
12 Plinio, XXIV, 1 1 .
ll
lbid.
14 lbid., XXV , 9.
35 Si veda Carmichael, Carmina Gadelica; De None, Coutumes ... des Provinces de
l.
2.
3.
già notata presso alcuni gruppi di Celti, tra i Britanni era vie
tato uccidere e cibarsi di lepri, polli e anitre. Cesare dice che
essi allevavano questi animali per divertimento, ma questa
motivazione è desunta da quanto egli sapeva sull'allevamento
di animali rari che i ricchi Romani usavano come passatempo,
dal momento che nulla sapeva sull'allevamento di animali sacri
che non venivano mangiati: usanza diffusa di culto totemico o
animale 48• Boudicca si serviva della lepre per il vaticinio 49,
senza dubbio in quanto animale sacro, e si è scoperto che in
Galles la lepre è ancora circondata da un alone di sacralità. Il
Mercoledì delle Ceneri, nel corso di una cerimonia venivano
uccisi e mangiati un galletto o una gallina in quanto antichi
animali totemici oppure, meno probabilmente, come rappre
sentanti dello spirito del grano. In alcuni distretti non si uccide
la lepre, ma di tanto in tanto la si caccia nel corso di una
cerimonia annuale e la si uccide, mentre le anitre vengono
vendute esclusivamente alle fiere annuali e poi mangiate 5°.
Altrove, come in Devon, vengono formalmente uccisi e man
giati un montone o un agnello e si ritiene che consumarne le
carni porti fortuna 51• La malasorte che si suppone accompagni
l'uccisione di alcuni animali potrebbe anche essere una remi
niscenza di tabù totemici. l Metae e i Caledoni pictici non
mangiavano pesce e nel XVIII secolo alcuni abitanti delle
Highlands osservavano il divieto di cibarsi di alcuni pesci di
acqua dolce 52• Abbiamo già osservato come alcuni pesci che
vivevano in pozzi sacri fossero tabù e, secondo la tradizione,
fossero dotati di virtù oracolari. In Irlanda si evitava di man
giare la carne dell'airone e nelle Ebridi si riteneva cosa sfortu
nata uccidere un cigno 53• N elle saghe irlandesi troviamo esiti
fatali come conseguenza dell'aver ucciso o mangiato un anima
le a cui il responsabile era legato per nome o ascendenza.
Conaire era figlio di una donna e di un uccello che poteva
assumere aspetto umano e aveva il divieto di cacciare uccelli.
Una volta lo fece e per questo, oltre che per aver infranto altri
divieti, perse la vita 54. A Cuchulainn, "Cane di Culann " , era
fatto divieto di mangiare carne di cane e, dopo che fu convinto
a farlo, perse ogni forza e morì. Diarmaid, al quale era stato
proibito di cacciare un cinghiale a cui la sua vita era legata, fu
222 LA RELIGIONE DEGLI ANTICHI CELTI
NoTE
1 Reinach, B.F. pp. 66, 244. Il toro e le tre gru potrebbero essere un rebus sul
nome del toro, Tarvos Trikarenos, "il tricefalo " , o forse Trikeras, "dalle tre corna".
2 Plutarco, Marius, 23; Cesare, VII, 65; D'Arbois, Les Celtes, p. 49.
1 Holder, sub voce "Tarba", "Tarouan na", "Tarvisium" ecc.; D'Arbois, Les Drui
5 Leahy, Il, p. 105 e segg.; Curtin, M.F.I., pp. 264, 3 1 8; Joyce, P.N., I, p. 174;
7 Tacito, Germ., XLV; Blanchet, I, pp. 162, 165; Reinach, B.F., p. 255 e segg.,
C.M.R., l, p. 168; Bertrand, Arch. Celt., p. 4 1 9.
" Pennant, Tour in Scotland, p. 268; Reinach, R.C., XXII, p. 158, C.M.R., I,
p. 67.
9 Pausania, VII, pp. 1 7 , 18. Johnson, ]ourney, p. 136.
IL CULTO DEGLI ANIMALI 227
0
1 Joyce, S.H., II, p. 127 ; I.T., I, pp. 99, 256 (il festino di Bricriu e il racconto
castoro. ,
16 O'Curry, M.C., II, p. 207; Elton, p. 298.
17 Giraldus Cambrensis, Topographia Hibernica, II, p. 19; R.C. II, p. 202; Folk
42 Diodoro Siculo, V, p. 30; l.T., III, p. 385; R.C., XXVI, p. 139; Rhys, H.L.
p. 593 .
41 Mon. Hist. Brit. p. X.
•• Cesare, V, 12.
dans le Pays de Galles, in Rev. de l'Hist. des Religions, XXXVIII, p. 295 e segg., e
un analogo studio di Gomme, Arch. Rev. , 1889, p. 2 1 7 e segg. Entrambi gli autori
sembrano ritenere questi culti preceltici.
51 Gomme, Ethnol. in Folk/ore, p. 30, Village Community, p. 1 1 3 .
57 Vallancey, Col!. de Reb. Hib. , IV, n. 13; Clément, Fetes, p. 466. Per le usanze
Folktales, p. 327 .
61 Si veda Rhys, Welsh People, p. 44; Livio, V, 34.
dire sull'incesto in Galles, probabilmente reali infrazioni della legge morale tra genti
barbare (Descr. Wales, II, p. 6).
"" R.C., XII, pp. 235, 238, XV, p. 291, XVI, p. 149; L.L., 23a, 124b. In diversi
testi irlandesi si dice che un bimbo avesse tre padri - probabilmente un ricordo della
poliandria. R.C., XXIII, p. 333.
67 l.T., I, p. 136; Loth, I, p. 134 e segg.; Rhys, H.L., p. 308.
611 Zimmer, Matriarchy among the Picts, in Henderson, Leabhar nam Gleann.
Capitolo XV
COSMOGONIA
NoTE
XVI, p. 152.
1 2 Sébillot, II, p. 6.
17 Triads in Loth, II, pp. 280, 299; Rhys, H.L., pp. 583 , 663 .
20 Strabone, IV, 4, 4.
L'ostello dei Da Derga (R.C., XXII, p. 54) , dove si narra del Leviatano che circonda
il globo e con la sua coda tenta di schiacciare il mondo. Ma potrebbe essere un
riflesso di miti norreni sul serpente Midgard, identificato talvolta con il Leviatano.
Capitolo XVI
Latte e grano
Gli chiedevano con tenaci parole
In cambio di un terzo della loro vigorosa
prole 20•
Preghiera
Divinazione
81
se • La leggenda narra che, essendo andata persa la versione
originale del Tàin, il /ilé Murgan cantò un incantesimo sulla
tomba di Fergus Mac Roig. Una nube lo nascose per tre giorni
e durante questo tempo il morto comparve e gli recitò la saga.
Sia in Irlanda che nelle Highlands era in uso la divinazione
mediante l'osservazione della scapola di una pecora, per cono
scere eventi futuri o avvenimenti che si stavano svolgendo lon
tano, un residuo di epoca pagana 82• Lo scoliaste di Lucano
descrive il metodo di masticare le ghiande per poi pronunciare
profezie, proprio come in Irlanda mangiare le nocciole dei
nòccioli sacri presso la sorgente di Connla rendeva ispirati 83 •
Le "sacerdotesse" di Sena e le "druidesse" del III secolo ave
vano il dono della profezia, dono generalmente riconosciuto
anche ai /zlid, ai druidi e ai santi cristiani. Si dice che i druidi
avessero profetizzato la venuta di san Patrizio e profezie ana
loghe sono attribuite a Fionn e ad altri, come i sacerdoti di
Montezuma predissero l'arrivo degli spagnoli 84• Il termine usa
to per queste profezie - baile, "estasi" - suggerisce che il pro
feta entrava in una sorta di follia e poi cadeva in trance, duran
te la quale pronunciava la sua predizione. Anche quando na
sceva un bambino si facevano delle predizioni sul corso del suo
futuro 85• Grande attenzione era prestata alle profezie dei drui
di. Ad esempio i guerrieri di Medb rimandarono la loro spe
dizione di quindici giorni, perché i druidi avevano detto che
non avrebbero avuto successo se fossero partiti prima 86•
Nei testi irlandesi si racconta che alcuni personaggi mitici o
divinità, stessero su una gamba, con un braccio disteso e un
occhio chiuso mentre pronunciavano predizioni o incantesimi,
e non vi è dubbio che questa fosse la posizione adottata dai
veggenti 87• Un metodo analogo è noto altrove e forse era inteso
a produrre maggior forza. È forse da questo atteggiamento che
ebbero origine i miti su esseri con un solo braccio, una sola
gamba e un solo occhio, come alcuni Fomori o i Fachan, la cui
terrificante immagine Campbell di Islay dedusse da descrizioni
verbali 88•
In Irlanda i primi santi celtici descrivono occasionati rica
dute nell'ateismo, caratterizzate non da "idolatria" , ma dalla
magia, con incantesimi e /idlanna, forse un tipo di divinazio-
250 LA RELIGIONE DEGLI ANTICHI CELTI
NoTE
2 1 Vedi p. 68 supra.
22 Si
vedano comunque i racconti sugli sconsiderati sacrifici infantili in Ellis,
Po!ynesian Researches, I, p. 252, e Westermarck, Mora! Ideas, I, p. 397.
2 1 O'Curry, M.C., Introduzione, DCXLI.
24 L.U., 126a. Larminie ne fornisce una versione popolare in West lrish FolkTa-
les, p. 139.
2' Book o/ Fermoy, 89a.
26 O'Curry, M.C , Introduzione, DCXL, Il, p. 222.
umana, in modo che ella potesse raggiungere al più presto la maturità, potrebbe
essere un esempio di "cannibalismo medicinale" (I.T., III, p. 363 ) . L'usanza di man-
SACRIFICIO, PREGHIERA E DIVINAZIONE 25 1
giare i genitori tra gli Irlandesi, descritta da Strabone (IV, 5), costituiva un esempio
di " cannibalismo onorifico ". Si veda il mio articolo Cannibalismo in Hastings, Encycl.
of Re!. and Ethics, III, p. 194.
32 Diodoro Siculo, VI, 12; Pausania, X, 22, 3; Ammiano Marcellino, XXVII, 4;
Martin, p. 109.
3' Silio Italico, IV, 2 1 3 ; Diodoro Siculo, XV, 1 15 ; Livio, X, 26; Strabone, IV, 4,
39 Silio Italico, IV, 2 1 5 , V, 652; Lucano, Pharsalia, I, 447; Livio, XXIII, 24.
del XVII secolo, dove furono trovati scheletri senza testa, di cui gli isolani dicevano
che un nemico avesse loro tagliato la testa (Martin, p. 277).
" Belloguet, Ethnol. Gaul. , III, p. 100.
42 Silio Italico, XIII, 482; Livio, XXIII, 24; Floro, I, 39.
4 } Z.C.P., I, p. 106.
avevano lo stesso effetto. Gli archi di Gwerthevyr furono nascosti in diverse parti di
Prydein e preservarono il paese dall'invasione sassone, finché Gwrtheyrn non le
dissotterrò per amore di una donna (Loth, II, pp. 2 1 8- 1 9).
4' In Irlanda si estraeva il cervello di un nemico dalla sua testa, lo si mescolava
col fango e se ne faceva una palla. La si faceva indurire e poi la si metteva nell' ar
meria tribale come trofeo.
46 L'Anthropologie, XII, pp. 206, 7 1 1 . Si confronti la tradizione inglese del
l'"Holy Mawle" , che si dice sia stata usata allo stesso scopo. Thoms, Anecdotes and
Traditions, p. 84.
47 Arriano, Cyneg., XXXIII.
49 D'Arbois, I, p. 155.
' ° Curtin, Tales o/ the Fairies, p. 72; Folk-Lore, VII, pp. 178-79.
' 4 Mitchell, op. cit. , p. 147 . La corruzione di "Maelrubha" in " Maree" avrebbe
' 9 Martin, p. 28. Nel messale di Stowe è nominato uno scriba di nome "Sonid ",
p. 455.
6 1 Eliano, XVII, 19.
66 Appiano, VI, 53; Muret et Chabouillet, Catalogue des monnaies gauloises, pp.
Auscult. 86.
69 Giustino, XXIV, 4; Cicerone, De Divinatione, I, 15, 26. (Cfr. i due corvi
7 l O'Curry, M.C., II, pp. 46, 224; Stokes Three lrish Homilies, p. 103.
7 7 Giustino, XLIII, 5 .
86 L.U., p. 55.
88 R .C., XV, p . 432; Annals o/ the Four Masters, A.M. 2530; Campbell, W.H.T.,
IV, p. 298.
•• Si veda Adamnan's Second Vision, R.C., XII, p. 44 1 .
Capitolo XVII
TABÙ
NoTE
1 Le interdizioni religiose menzionate da Cesare (VI, 13) potrebbero essere con
siderate dei tabù e il bottino di guerra deposto in un luogo consacrato (VI, 18), così
come certi animali, presso i Britanni erano chiaramente posti sotto tabù.
2 Joyce, O.C.R., p. 332 e segg.
' Ibid. , p. 7.
' lbid. , p. 3 e segg.
6 L.L., 107; O'Grady, II, p. 175.
rovina di Cormac per aver infranto i suoi geasa (R.C., XXI, p. 149 e segg.).
Capitolo XVIII
FESTIVITÀ
Agli inizi l'anno celtico non era regolato sui solstizi e sugli
equinozi, ma secondo qualche metodo collegato all'agricoltura
o alle stagioni. In seguito divenne un anno lunare e sappiamo
che furono fatti dei tentativi per sincronizzare il tempo solare
e quello lunare. Ma il tempo veniva computato perlopiù con la
luna e, in tutti i calcoli, la notte precedeva il giorno 1 • Così
oidhche Samhain era la notte che precedeva Samhain (il l o
novembre) e non quella che seguiva. La tradizione soprawive
nei nostri sennight (una settimana, sei notti) e /ortnight (due
settimane, quattordici notti) . In origine l'anno era suddiviso in
due, forse tre parti e segnava i periodi della vita pastorale o
agricola, ma successivamente venne diviso in quattro periodi,
iniziando con la sezione invernale inaugurata da Samhain. Nei
testi irlandesi troviamo una doppia ripartizione, suddivisa in
quattro parti 2, che può essere schematizzata come segue:
l o quarto, Geimredh, inizia con la festa di Sam
A Geimredh hain, il l o novembre.
(la metà invernale) 2° quarto, Earrach, inizia il l 0 febbraio (talvolta
chiamata Oimelc)
3 ° quarto, Samhradh, inizia con la festa di Beltai
ne, il l 0 maggio (chiamata anche Cét-Samhain,
B Samhradh l o giorno di Samono-s; cfr. gallese Cyntefyn)
Oa metà estiva) 4 ° quarto, Foghamhar, inizia con la festa di Lu
gnasadh, il l o agosto (talvolta detta Brontro-
ghain)
Queste suddivisioni iniziavano con delle feste e in tutta
l'area celtica esistono chiare tracce di tre di esse, ma la quarta
FESTIVITÀ 257
Samhain
Beltaine
Mezzaestate
Lugnasad
NoTE
1 Plinio, XVI, 45; Cesare, VI, 18. Si veda il mio articolo Calendar (Celtic), in
Hastings, Encyclopaedia o/Re!. and Ethics, III, p. 78 e segg. per un'esauriente discus
sione del problema in questione.
2
O'Donovan, Book o/ Rights, Introduzione, LII e segg.
l O'Donovan, L.l.; Bertrand, p. 105; Keating, p. 300.
4 Samhain potrebbe significare "fine dell'estate" , da sam, " estate" , e /uin, "tra
monto" o " fine" , ma Stokes (U.S., p. 293) intende samani- come " assemblea" , vale
a dire un raduno di persone in occasione di un banchetto.
' Keating, pp. 125, 300.
6 Si veda MacBainn, C.M., IX, p. 328.
7 Brand, l, p. 390; Ramsay, Scotland and Scotsmen in the Eighteenth Century, II,
1" L'autore ha visto di persona simili falò nelle Highlands. Si veda anche Hazlitt,
p. 298; Pennant, Tour, II, p. 47; Rhys, H.L., p. 5 1 5 , e Rhys, C.F.L., I, pp. 225-26.
Nella mitologia egiziana Tifone assalì Horus sotto forma di maiale nero.
1 9 Keating, p. 300.
20 ]oyce, S.H., II, p. 556; R.C., X, pp. 214, 225, XXIV, p. 172; O'Grady, II,
p. 1 14.
Capitolo XIX
I templi
Altari
Simula cri
Simboli
NoTE
5 Holder, I I , p. 7 12. Cfr. "Indiculus" i n Grimm, Teut. Myth., p. 1739, «de sacris
7 Cesare, VI, 13, 17; Diodoro Siculo, V, 27; Plutarco, Caesar, 26.
" Se ne vedano esempi in Dom Martin, I, p. 134 e segg.; cfr. Gregorio di Tours,
Hist. Frane., I, p. 30.
9 Si veda Reinach, Les monuments de pierre brute dans le langage et !es croyances
populaires, Rev. Arch., 1893, I, p. 339; Evans, The Roll-Right Stones, Folk-Lore, VI,
p. 20 e segg.
10
Rhys, H.L., p. 194; Diodoro Siculo, II, 47 .
11
Rhys, p . 197 .
288 LA RELIGIONE DEGLI ANTICHI CELTI
Livio, V, 4 1 .
2' Cormac, p. 94.
26
Keating, p. 356. Si veda anche Stokes, Martyr. o/ Oengus, p. 186; R. C., XII,
p. 427, §15; Joyce, S.H., p. 274 e segg.
27
L.L., 2 1 3b; Trip. Li/e, I, pp. 90, 93 .
28 O'Curry, M.S. Mat. p. 284.
29 Keating, p. 49.
30 Jocelyn, Vita S. Kentig., pp. 27, 32, 34; Ailred, Vita S. Ninian, p. 6.
H Gildas, §4.
32 Per l'intero argomento si veda Reinach, R.C. XIII, p. 189 e segg. Bertrand,
Rev. Arch. XV, p. 345, sostiene una teoria analoga e, secondo entrambi gli autori,
l'arte galloromana fu il risultato dell'indebolirsi del potere dei druidi a opera dei
Romani.
J J L'Abbé Hermet, Assoc. pour l'avancement des Sciences, Compte Rendu, 1900,
3' Monnier, p. 362. L'immagine reca parte di un'iscrizione, . . . LIT ... , e si è ipo
tizzato che questa in origine fosse ILITHYA. Il nome è conforme ai riti che ancora si
svolgono di fronte all'immagine. Il che la farebbe datare a epoca romana. Se così è,
sarebbe uno scadente esempio dell'arte del periodo. Ma potrebbe anche trattarsi di
un'antica immagine nativa a cui in seguito fu dato il nome della dea romana.
36
Roden, Progress o/ the Re/ormation in lreland, p. 5 1 . L'immagine esisteva
ancora nel 1 85 1 .
3 7 Per molte d i queste figure, s i veda Rev. Arch., voli. XVI, XVIII, XIX, XXXVI;
R.C. XVII, p. 45, XVIII, p. 254, XX, p. 309, XXII, p. 159, XXIV, p. 22 1 ; Bertrand,
passim; Courcelle-Seneuil, Les Dieux Gaulois d'après !es Monuments Figurés, Paris,
19 10.
38 Si veda Courcelle-Seneuil, op. cit.; Reinach, B. F., passim, e Catai. Sommaire du
Musée des Ant. nat.\ pp. 1 1 5-16.
39 Reinach, Catai. Sommaire, pp. 29, 87; Rev. Arch., XVI, p. 1 7 ; Blanchet, I,
pp. 169, 3 16; Huchet, L'art gaulois, II, p. 8.
40 Blanchet, l, p. 158; Reinach, B.F., pp. 143, 150, 152.
41
Blanchet, l, p. 17; Flouest, Deux Stèles (Append.), Paris, 1885; Reinach, B.F.,
p. 33.
GLI STRUMENTI DEL CULTO 289
I DRUIDI
gione pura tra politeisti, non è che una teoria priva di fonda
mento. Il druidismo non era un sistema formale al di fuori
della religione dei Celti anzi, era quella religione stessa.
I primi che fanno riferimento ai druidi sono lo pseudo
Aristotele e Sozione, nel II secolo a.C., e il richiamo ci viene
conservato da Diogene Laerzio: «tra i Celtae e i Galatae vi
sono quelli chiamati druidi e semnotheoi» 25• I due termini
possono essere sinonimi, oppure potrebbero descrivere due
categorie di sacerdoti, o ancora, i druidi potrebbero essere stati
sacerdoti celtici e i semnotheoi galati. Immediatamente poste
riore è il resoconto di Cesare. Gli autori successivi danno ai
druidi un posto di rilievo e parlano in modo vago della filoso
fia e della scienza druidica. Anche Cesare fa riferimento alla
loro scienza, ma sia lui sia Strabone parlano dei loro sacrifici
umani. Svetonio descrive la loro religione come crudele e sel
vaggia e Mela, che parla del loro sapere, considera i loro sacri
fici umani cosa da selvaggi 26• Plinio non ci dice nulla dei druidi
come filosofi, ma accenna alle loro funzioni sacerdotali e le
collega ai riti di magia curativa 27• Non è facile ricavare qualco
sa da opinioni così divergenti. Ma, man mano che i Romani
familiarizzarono con i druidi, vi scoprirono meno filosofia e
più superstizione. Per i loro riti crudeli e l'ostilità verso Roma,
cercarono di sopprimerli, ma non lo avrebbero mai fatto se i
druidi fossero stati dei filosofi esoterici. Si è interpretata la
frase di Plinio «i druidi e quella razza di profeti e dottori»
come indicativa del fatto che, a causa della persecuzione roma
na, i druidi si fossero ridotti a una specie di medici-stregoni 28 •
Ma l'espressione descrive piuttosto le funzioni diversificate dei
druidi, come abbiamo visto, né fa riferimento allo stato in cui
l'editto repressivo li ridusse, ma a quello in cui li trovò. Inoltre
l'informazione di Plinio è limitata.
Questa idea generica che i druidi fossero dei filosofi è stata
ripetuta pappagallescamente scrittore dopo scrittore: costoro
consideravano le razze barbariche come Rousseau e la sua
scuola consideravano il "nobile selvaggio" . Gli scrittori roma
ni, scettici su una vita futura, erano affascinati dall'idea di
sacerdoti barbarici che insegnavano la dottrina dell'immortali
tà nelle foreste della Gallia. Per questo insegnamento il poeta
298 LA RELIGIONE DEGLI ANTICHI CELTI
gli uomini sa rebbe ro stati sp ronati al valo re, raffo rzando il pa
t riottismo con il dogma. Insegnavano anche «molte cose sulle
stelle e i lo ro movimenti, l'estensione dell'unive rso e del la te rra,
la natu ra delle cose e su lla fo rza e il pote re degl i d èi immo rta li».
St rabone pa rla anche dei lo ro insegnamenti in mate ria di scien
za mo rale 49• Come abbiamo visto, è facile esage ra re tutto que
sto. P robabilmente la lo ro astronomia e ra di sca rsa qualità e
infa rcita di ast rologia; la lo ro filosofia natu rale e ra una massa di
miti cosmogonici e di speculazioni; la lo ro teologia e ra piuttosto
mitologia; la lo ro filosofia mo rale consisteva in una se rie di
massime, quali t roviamo in tutte le comunità ba rba riche. Le
lo ro cognizioni mediche, stando a quanto ci dice Plinio, e rano
di stampo ampiamente magico. Fo rse alcuni d ruidi, ad esempio
nel Sud della Gallia, avevano accesso alla cultu ra classica e
Cesa re dice che usavano i ca ratte ri g reci. Non e ra ce rto un fatto
gene ralizzato e, in ogni caso, deve ave r sostituito l'uso di una
sc rittu ra nativa a cui si affiancava in Irlanda e fo rse anche in
Gallia l'uso dell' ogham. I d ruidi i rlandesi dovevano possede re
dei libri sc ritti, poiché re Loegai re volle che i lib ri di san Patri
zio e quelli dei d ruidi fosse ro sottoposti all' o rdalia dell'acqua,
come p rova pe r le richieste dei lo ro p rop rieta ri 50•
I d ruidi dettavano legge nelle questioni religiose, poiché
solo lo ro «conoscevano gli dèi e le divinità del cielo» 51• Essi
sov rintendevano all'o rganizzazione di tutti i riti e attendevano
«ai sac rifici pubblici e p rivati», inolt re «nessun sac ri ficio e ra
com pleto senza l'inte rven to di un d ruida»52• La crudelta dei
tet ri riti dei d ruidi riempì i Romani di o rro re e p roduce uno
st rano cont rasto con la lo ro supposta "filosofia". P raticavano
la divinazione e avevano fo rmule rit uali di incantamento e gesti
rituali con cui sc ruta van o il f uturo 53• Pri ma di ogni questione
impo rtante , so prattut to pr ima di spedizioni belliche , si ce rcava
il lo ro consiglio, poiché riuscivano a sc ruta re il futu ro.
I d ruid i, direttamente o pe r p rop ria iniziativa, imponevano
i nomi e impa rtivano una specie di b attesimo. Nei testi i rlan
desi ne rit roviamo molti esempi, così di Conall Ce rnach si dice
che «venne ro dei d ruidi pe r battezza re il bimbo al paganesimo
ed essi canta rono il battesimo pagano (baithis geintlz'dhe) sul
piccolo» e di Ailill che egli fu «battezzato nelle co rrenti d rui-
I DRUIDI 303
NoTE
R.C., XXVIII, p. 120). L'esistenza dei gutuatri è nota da alcune iscrizioni (vedi
Holder) e da Hirtius, De Bello Gallico, VIII, 38, che parla di un gutuatros messo a
morte da Cesare.
14 D'Arbois, Les Druides, p. 2 e segg. , e Les Celtes, p. 32.
" Ausonio, Professar., V, 7, XI, 24.
2 1 Filid, sing. File, viene da velo, "Io vedo" (Stokes, U.S., p. 277).
22
Fàthi è imparentato con Vates.
23 In Galles vi sono stati tanto dei druidi quanto dei bardi, ma si è persa ogni
traccia della seconda classe. Molto tempo dopo la scomparsa dei druidi, fu creata la
fantasia dei derwydd-vardd, o druidi-bardi, e gli ultimi bardi furono ritenuti i depo
sitari di una supposta teosofia druidica ed essi praticavano gli antichi riti in segreto.
Il termine recente derwydd fu inventato probabilmente da derw, "quercia", da qual
cuno che conosceva la derivazione di Plinio. Si veda D'Arbois, Les Druides, p. 81.
24 Per questi punti di vista si veda Dottin, p. 295; Holmes, p. 17; Bertrand,
pp. 192-93, 268-69.
2
5 Diogene Laerzio, I, proemio, l. Per altri riferimenti si veda Cesare, VI, 1 3 , 14;
36 Cesare, VI, 1 3 .
3 7 Trip. Lz/e, I l , p. 325, l, p . 5 2 , Il, p . 402; I.T., I, p . 373; R.C., XXVI, p . 33.
Talvolta si trova il titolo rigfile, "re-poeta".
38 Cesare, VI, p. 14.
41 Essi furono privati dei poteri giudiziari perché il loro linguaggio era divenuto
oscuro. Forse emettevano i loro giudizi in un linguaggio arcaico.
42 Diodoro Siculo, V, 3 1 , 5 .
4 1 Cesare, VII, 3 3 .
51 Lucano, I, p. 451.
52 Diodoro Siculo, V, 3 1 , 4; Cesare, VI, 13, 16; Strabone, IV, 4, 5.
53 Vedi p. 247 supra.
54 R.C., XIV, p. 29; Miss Hull, pp. 4 , 23, 141; I.T., III, pp. 392, 423; Stokes,
Félire, Introduzione, p. 23.
55 Loth, I, p. 56.
56 Si veda il mio articolo, Baptism (Ethnic), in Encyclopaedia o/ Religion and
Joyce, S.H., I, p. 234. Per il rapporto della tonsura dei druidi con la particolare
tonsura della Chiesa celtica, si veda Rhys, H.L., p. 2 1 3 , C.B.', p. 72; Gougaud, Les
Chrétientés Celtiques, p. 198.
65 Si veda Hyde, Lit. Hist. o/ Ireland, p. 88; Joyce, S.H., I, p. 239.
3 12 LA RELIGIONE DEGLI ANTICHI CELTI
81 Adamnan, Vita S. Col., I, p. }7, II, p. 35 ecc.; Reeves, Adamnan, p. 247 e segg.;
Stokes, Three Homilies, p. 24 e segg.; Antient Laws of lreland, I, p. 15; R.C. XVII,
p. 142 e segg.; I.T., I, p. 23.
82 Lampridius, Alex. Sev., 60; Vopiscus, Numerienus, 14, Aurelianus, 44.
83 Windish, Tàin, pp. 31, 22 1 ; cfr. Meyer, Contributions to lrish Lexicog., p. 176;
91 Reinach, R.C., XVIII, l e segg. Il fatto che i riti vengano detti dionisiaci, non
è un motivo per negare che si praticassero dei riti orgiastici. In genere gli autori
classici riportavano tutti i riti barbarici nei termini della loro stessa religione. D' Ar
bois (VI, p. 325) fa osservare che Circe non era una vergine e che non aveva otto
compagni.
Capitolo XXI
MAGIA
follia venivano in gene re att ribuite a un " invio" del gene re.
Molti di questi esempi hanno most rato l'uso delle fo rmule
magiche e si c redeva che il d ruida possedesse incantesimi po
tenti pe r sconfigge re un nemico o pe r ottene re alt ri effetti
magici. Egli adottava una posizione speciale - in piedi su una
gamba, con un b raccio disteso e un occhio chiuso, fo rse pe r
concent ra re la potenza dell'incantesimo 30 -, ma il pote re e ra
racchiuso sop rattutto nelle pa role p ronunciate, come abbiamo
visto nella nost ra t rattazione delle fo rmule celtiche di p reghie
ra. Queste fo rmule magiche e rano usate anche dai Filid, o
poeti, dal momento che molta poesia p rimitiva ha un ca ratte re
magico. Pa rte della fo rmazione del ba rdo consisteva nell' ap
p rende re gli incantesimi t radizionali che, impiegati insieme al
dovuto rituale, p roducevano l 'effetto magico 3 1 • Alcuni di que
sti incantesimi hanno già atti rato la nost ra attenzione e p roba
bilmente alcuni ve rsi, che secondo Cesa re i d ruidi non av reb
be ro mai pe rmesso di sc rive re, avevano ca ratte re incantato
rio 32. La fo rza dell'incantesimo stava nella fo rmula p ronuncia
ta, che in gene re conteneva il nome di un dio o di uno spi rito,
poi di un santo, così da p rocu ra rne l'inte rvento, g razie all'ene r
gia ine rente al nome. Alt ri incantesimi richiamano un effetto
già p rodotto di cui, pe r magia imitativa, dov rebbe ro ottene re
la ripetizione. I p rimissimi documenti sc ritti che rigua rdano il
paganesimo dei Celti insula ri contengono un appello alla
"scienza di Goibniu" pe r conse rva re il bu rro, ment re un alt ro,
pe r compie re una gua rigione magica, dice: «Ammi ro le capa
cità cu rative che Diancecht ha lasciato nella sua famiglia, così
da dona re la salute a colo ro che egli socco rre». Si t rovano in
un manosc ritto dell'VIII o IX secolo e, nonostante i lo ro ap
pelli a divinità pagane, e rano in uso in epoca c ristiana, come è
evidente 33• Molta della magia d ruidica e ra accompagnata da
un incantesimo: t rasfo rmazione, invisibilità, pote re sugli ele
menti e scope rta di pe rsone o cose nascoste. In alt ri casi gli
incantesimi e rano usa ti in medicina o pe r cu rare le fe rite. Così
i Tuatha Dé Danann dissero ai Fomo ri che essi non av rebbe ro
dovuto cont rasta rli, pe rché i lo ro d ruidi av rebbe ro fatto resu
scita re i mo rti e, quando Cuchulainn fu fe rito, pe r fe rma rgli il
sangue fu la magia a esse re usata piuttosto che l'a rte medica 34 •
MAGIA 319
glia che erano trascorsi molti anni, sono estensioni mitiche del
potere della musica in questi riti orgiastici. La musica dei Filid
possedeva poteri analoghi a quella dell'arpa del Dagda e pro
vocava risate , lacr ime e un deli zioso torpore 42; i racconti popo
lari celtici abbondano di analoghi esempi dell'incanto magico
della musica.
Occupiamoci ora dell'uso degli amuleti tra i Celti. Alcuni di
essi avevano un valore simbolico ed erano intesi a mettere chi
li indossava sotto la protezione del dio da essi simboleggiato.
Come abbiamo visto, un dio celtico aveva come suo simbolo la
ruota, che probabilmente rappresentava il sole, e in Gallia e in
Britannia sono stati rinvenuti numerosi piccoli dischi a forma
di ruota in materiali diversi 43• Evidentemente li si indossava
come amuleti, mentre in altri casi venivano offerti alle divinità
fluviali, poiché molti ne sono stati trovati in letti di fiumi o in
guadi. Una stele, su cui è rappresentata una persona che indos
sa una collana a cui è attaccata una di queste ruote, attesta il
loro uso come amuleti di protezione. Nei testi irlandesi un
druida è chiamato Mag Ruith, spiegato come magus rotarum,
poiché compiva le sue osservazioni druidiche usando delle
ruote 44, attestando così l'uso di questi amuleti in Irlanda. In
epoca romana divenne famoso uno strano amuleto collegato ai
druidi e descritto da Plinio. Era l "'uovo di serpente", formato
dalla schiuma prodotta da serpenti che si intrecciano tra loro.
I serpenti scagliavano l "' uovo" nell'aria e chi lo desiderava
doveva prenderlo col suo mantello prima che cadesse in terra,
precipitarsi a un corso d'acqua, al di là del quale i serpenti,
come le streghe che inseguivano Tam o'Shanter, non avrebbe
ro potuto seguirlo. Si credeva che quest'uovo permettesse al
suo possessore di accedere al re, o di vincere le cause, e duran
te il regno di Claudio un cittadino romano fu messo a morte
per aver portato a corte un tale amuleto. Plinio aveva visto
quest "'uovo " . Aveva la grandezza circa di una mela, con un
guscio cartilagineo coperto di dischi 45• Probabilmente era un
echino foss ile, sim ile a quelli trovati nelle tombe galliche 46•
Senza dubbio tali "uova" erano collegate al culto del serpente,
oppure si adoperò qualche an tico mito di un uovo prodotto
dai serpenti per spiegarne la formazione. Questa è la spiegazio-
MAGIA 321
piet ra su cui, molto tempo p rima, aveva do rmito l'e roe Fionn 53 •
Colle gata al culto delle piet re è l'osse rvanza di riti magici
p resso rocce o massi confitti nel te rreno, conside rati p robabil
mente dimo ra d i uno sp irito. Questa osse rvanza ha un 'o rig ine
p rece itica, ma fu poi se guita anche dai Celti. Le ragazze usano
scivola re lungo una piet ra pe r t rova re l 'innamo rato, le donne
g ravide pe r ottene re un pa rto facile, oppu re, a contatto con tali
piet re, le donne ste rili possono ave re figli e le pe rsone deboli
riacquistano vitalità. In gene re si lascia sulla piet ra una piccola
offe rta 54• Riti analoghi si svolgono p resso i monumenti mega
litici e, anche qui owiamente, l'usanza ha un'o rigine p receltica.
In questo caso, p robab ilmente, ci si aspettava che gli spi riti dei
defunti sostenesse ro la finalità del rito, o addi rittu ra che si
inca rnasse ro nei bambini nati come risultato dell'appello di
donne ste rili che si rivolgevano a queste piet re 55• Accade tal
volta che, quando lo scopo delle piet re sia stato dimenticato e
sia stata lo ro att ribuita qualche alt ra o rigine leggenda ria,
l'usanza si sia adattata alla leggenda. In I rlanda molti dolmen
sono conosciuti non come luoghi di sepoltu ra, ma come "il
letto di Dia rmaid e G rainme" , i luoghi dove do rmi rono questi
amanti in fuga. Dunque possiedono pote ri fecondanti e vengo
no visitati dalle donne che deside rano ave re figli. Si t ratta al
lo ra di un rito di magia pe r via simpatetica.
I dolmen bucati o i massi natu ralmente fo rati vengono de
stinati, tanto in B ritannia che in Co rnovaglia, a lle cu re magiche
delle malattie, facendo passa re il paziente att rave rso il fo ro 56
Riti analoghi si svolgono con g li albe ri, spesso p raticando nel
tronco di una giovane p ianta un pe rtugio e facendovi passa re
un bimbo ma lato. n taglio viene po i c hiuso e si gillato e se, alla
fine di un ce rto pe riodo si s al da, questo cost ituisce una p rova
della sicu ra gua rigione del ba mbino 57• In questi riti si p resup
poneva c he lo spi rito nella piet ra o nell'albe ro assistesse il
p rocesso di gua rigione, o che la malattia passasse su di lui, o
anco ra e ra p resente l'idea di una nuova nascita con il conse
guente rinnovamento della vita, dal momento che l'atto imita
va il p rocesso della nascita. Questi riti non sono confinati alle
a ree celtiche, ma appa rtengono a quell'uso unive rsale della
magia, di cui i Celti pa rtecipavano ampiamente.
MAGIA 323
NoTE
p. 215.
10 Keating, p. 341; O'Curry, M.S. Mat., p. 271.
1 1 R.C., XII, p. 8 1 .
12 Miss Hull, p. 240 e segg.
1 3 Maury, p. 14. .
14 Sébillot, II, p. 226 e segg., I, p. 1 0 1 , Il, p. 225; Bérenger-Féraud, Superstitions
and Survivances, III, p. 169 e segg. ; Stat. Account, VIII, p. 52.
15 Rev. de Trad., 1893 , p. 613; Sébillot, II, p. 224.
1 6 Bérenger-Féraud, III, p. 218 e segg.; Sébillot, I, pp. 100, 109; R.C., II, p. 484;
Frazer, G.B.2 , I, p. 67.
17 D'Arbois, V, p. 387, I.T., I, p. 52; Dixon, Gairloch, p. 165; Carmichael, Carm.
Gad., II, p. 25.
1 8 R.C., XVI, p. 152; Miss Hull, p. 243.
19 D'Arbois, V, p. 133; I.T., II, p. 373.
20 Mela, III, 6; R.C., XV, p. 471.
21 Joyce, O.C.R., p. l e segg. ; Kennedy, p. 235.
22 Donne-uccello inseguite da Cuchulainn; D'Arbois, V, p. 178; per altri esempi
si veda O'Curry, M.S. Mat. , p. 246; Miss Hull, p. 82.
21 D'Arbois, V, p. 2 1 5 .
2 4 Joyce, O.C.R., p. 279.
25 Ibid. , p. 86.
" O'Curry, M.S. Mat., p. 387. Si veda un articolo di Hartland, The Voice o/ the
Stone o/ Destiny, in Folk-Lore Journal, XIV, 1903.
'2 Petrie, in Trans. Royal Irish Academy, XVIII, 2.
51 O'Curry, M.S. Mat., p. 393 e segg.
54 Sébillot, I, p. 334 e segg.
p. 529 e segg.; Borlase, Dolmens o/ Ireland, III, pp. 580, 689, 841 e segg.
56 Rev. des Trad., 1894, p. 494; Bérenger-Féraud, I, p. 529, II, p. 367; Elworthy,
Evi! Eye, p. 70.
H Bérenger-Féraud, I, p. 523; Elworthy, pp. 69, 106; Reinach, L'Anthropologie,
IV, p. 33.
'8 Kennedy, p. 324; Adamnan, Vita S. Col., II, p. 35.
59 Vita di S. Fechin di Fare, in R.C., XII, p. 333; Vita di S. Kieran, in O'Grady,
II, p. 1 3 ; Amra Cholumbchille, in R.C., XX, p. 4 1 ; Vita di S. Moling, in R.C., XXVII,
p. 293; e altre vite passim. Si veda anche Plummer, Vitae Sanctorum Hiberniae.
60 Adamnan, II, p. 34. Questo ciottolo fu conservato a lungo, ma scompariva
misteriosamente quando per la persona che l' aveva cercato era giunto il momento di
morire.
61 Wodrow, Analecta, passim; Walker, Six Saints o/ the Covenant, a cura di Hay
Fleming.
Capitolo XXII
Ciò che la differenziava dal loro tetro aldilà era la sua vita
esuberante e l'immortalità. Questo aspetto di un paese sotter
raneo non costituiva un problema per i Celti, che possedevano
molti racconti su un mondo sotterraneo, o di una regione so t
to le acque, più belli e felici di qualunque altro luogo sulla
terra. Un tale mondo sotterraneo doveva essere quello del Di
spater celtico, un dio della fertilità e della crescita, poiché le
radici di ogni cosa ricevono nutrimento dal suo regno. Da lui
discendono gli uominF4, probabilmente un mito della loro
venuta dal suo regno sotterraneo, e a lui essi tornano dopo la
morte, a una vita gioiosa.
Molti autori, in particolare D' Arbois, ritengono che l' orbis
alius dei morti fosse l'isola celtica dell'Elisio. Ma quell'Elisio
non appare mai nei racconti come il regno dei morti. È il regno
degli dèi e di una stirpe immortale che non ha lasciato questo
mondo con la morte. I mortali lo possono raggiungere se pre
scelti, ma solo finché sono ancora in vita. Si potrebbe obiettare
che in epoca pagana l'Elisio era considerato la terra dei defun
ti, ma quando prevalse la visione escatologica cristiana, diven
ne il regno delle fate. Tuttavia i racconti esistenti non fanno
nessun cenno a questo e a un attento esame rivelano che l'Eli
sio è sempre stato un luogo ben distinto da quello dei defunti,
anche se può essersi verificata una tendenza a confonderli.
Se esisteva una credenza genuinamente celtica in un'isola
dei morti, non poteva essere altro che locale, altrimenti Cesare
non avrebbe parlato, come fa, del Dispater celtico. Tale cre
denza locale esiste ora sulle coste bretoni, ma si ricollega per
lopiù alle anime degli affogati 25 • Un'analoga credenza locale
potrebbe spiegare la storia narrata da Procopio, il quale dice
che Brittia (la Britannia) , un'isola situata oltre la foce del Reno,
è divisa da nord a sud da una muraglia oltre la quale si stende
una regione pericolosa. Questo è un ricordo distorto del muro
romano, che si sarebbe sviluppato in questa direzione, se fosse
stata consultata la mappa di Tolomeo, nella quale la Scozia
forma un angolo retto con l'Inghilterra. Lì i pescatori dell'op
posto litorale si trovano costretti a trasportare nel cuore della
notte le ombre dei defunti, invisibili ai loro occhi, ma guidate
da un misterioso capo 26• Procopio potrebbe aver mescolato
334 LA RELIGIONE DEGLI ANTICHI CELTI
terra, che agli inizi erano la terra stessa, non avrebbero potuto
diventare la divinità dei morti, finché la moltitudine delle sin
gole tombe o tumuli, in ciascuno dei quali viveva il defunto,
non fosse divenuta una vasta regione sotterranea dei morti.
Questa divinità era fonte di vita e di crescita; dunque lui o lei
erano considerati i progenitori dell'umanità, che proviene dal
mondo sotterraneo e vi ritorna con la morte. È possibile che la
visione bretone di Ankou, la personificazione della morte, sia
una reminiscenza del Dispater celtico. Egli sovrintende tutto
ciò che si trova oltre la tomba e porta con sé i defunti nel suo
regno. Ma se così fosse, le idee medievali dello "scheletro della
Morte" 34 lo hanno reso orribile. È un macabro dio della mor
te, quando invece il Dispater celtico era un benefico dio dei
defunti, che godeva di una felice immortalità. I defunti non
erano dei gelidi fantasmi, ma esseri vivi, dotati di forma fisica
e capaci di godere delle gioie di una più felice esistenza, abbi
gliati meravigliosamente e con i preziosi ornamenti che tanto
sono amati sulla terra. Dunque i guerrieri celti non temevano
la morte e il suicidio era molto diffuso, mentre i Celti di Spa
gna innalzavano inni in lode della morte e altri celebravano la
nascita di un uomo col lutto e la morte con gioia 35. Le parole
di Lucano sono l'espressione più fedele dell'escatologia celtica:
«in un'altra regione lo spirito anima le membra; la morte, se la
tua dottrina è vera, non è che il passaggio a una vita eterna».
Non esistono prove decisive circa una qualche teoria tra i
Celti pagani relativa a una ricompensa morale oltre la morte.
Forse, poiché la speranza dell'immortalità faceva sì che i guer
rieri fronteggiassero la morte senza tremare, si riteneva, come
molte altre razze hanno creduto, che i codardi non avrebbero
goduto delle gioie della vita futura. Inoltre, in alcune visioni
cristiano-irlandesi dell'Altro Mondo e nell'attuale credenza po
polare, certe caratteristiche dell'inferno potrebbero non essere
derivate dall'escatologia cristiana, ad esempio le sofferenze
causate ai morti dal freddo 36• Questo potrebbe suggerire
un'antica credenza in una regione gelida, dove venivano cac
ciati alcuni defunti. Nelle Avventure dei chierici di San Colom
bano, si giunge all'inferno superando un ponte sopra una valle
LA CONDIZIONE DEI DEFUNTI 337
NoTE
1 Skene, I, p. 370.
2 Cesare, VI, 14, 19.
3 Diodoro SictÙo, V, 28.
ranno il loro colore" , da dath, "colore"; (2) "il giorno amabile" , da data, " amabile"
(D'Arbois, I, p. 185; cfr. Les Druides, p. 135).
Capitolo XXIII
RINASCITA E TRASMIGRAZIONE
NoTE
'
1 Per i dettagli testuali si veda Zimmer, Zeit. /iir Verg!. Sprach., XXVIII, p. 585
e segg. Il racconto ovviamente è arcaico. Per una traduzione si veda Leahy, I, p. 8
e segg.
2 I.T., I, p. 134 e segg.; D'Arbois, V, p. 22. In una delle versioni di un'altra storia
si suggerisce che Setanta sia figlio di Conchobar e di sua sorella Dechtire.
' I.T. III, p. 245; R.C. XV, p. 465; Nutt-Meyer, II, p. 69.
4 Stowe, M.S., p. 992, R.C., VI, p. 174; I.T., II, p. 2 1 0; D'Arbois, V, p. 3 e segg.
5 I.T. III, p. 393. Cfr. la storia della moglie di Cormac, che rimase sterile finché
sua madre non le diede della zuppa/ Poi ebbe una figlia (R.C., XXII, p. 18).
6
Nutt-Meyer, l , p. 45, testo e traduzione.
7 Ibid., p. 58. Il motivo della nascita simtÙtanea ricorre in molte fiabe, benché
quello della futura moglie non sia molto comune.
8
Nutt-Meyer, I, pp. 52, 57, 85, 87.
9 Z.C.P., II, p. 3 16 e segg. Qui Mongan giunge direttamente dall'Elisio, come fa
potrebbe essere collegato al lituano dvaese, " spirito" , e forse con 9Eòs (Holder, sub
voce). D'Arbois vede nei dusii degli spiriti dell'acqua e vi paragona nomi di fiumi
come Dhuys, Duseva, Dusius (VI, p. 182 ; R.C., XIX, p. 25 1 ) . Il termine potrebbe
essere connesso all 'irlandese duis, glossato "nobile" (Stokes, T.I.G., p. 76). I Bretoni
credono ancora in fate chiamate duz e il termine inglese diuy potrebbe essere col
legato a dusios e dunque un tempo avrebbe indicato la pazzia conseguente alla
passione amorosa, come il greco VUJ.HpÒÀElTTOS o "il disconfono dei loro succubi",
descritto da Kirk nel suo Secret Commonwealth o/ the E/ves.
20 L.L., 12b; T.O.S., V, p. 234.
2 1 Rhys , H.L., p. 549.
22
Skene, I, pp. 276, 309 ecc.
2' Sigerson, Bards of the Gael, p. 379.
24 Miss Hull, p. 288; Hyde, Lit. Hist. of Ireland, p. 300.
2
5 R.C., XXVI, p. 2 1 .
26
Skene, II, p. 506.
27 D' Arbois, II, p. 246, dove egli fa anche derivare il panteismo di Erige-
RINASCITA E TRASMIGRAZIONE 351
n a dalle credenze celtiche, quale egli suppone esemplificato d a questi poemi.
28 L.U., 15a; D' Arboisn II, p. 47 e segg.; Nutt·Meyer, II, p. 249 e segg.
29 Un altro modo di giustificare questa conoscenza era quello di immaginare un
personaggio dalla vita lunghissima, come Fintan, che soprawisse per 5000 anni.
D' Arbois, II, cap. 4. Qui non vi era né trasformazione, né rinascita.
30 Nutt-Meyer, I, p. 24; Z.C.P., II, p. 3 1 6.
" O'Curry, M.S. Mat. , p. 78.
32 Wood-Martin, Pagan Ireland, p. 140; Choice Notes, p. 61; Monnier, p. 143 ;
Maury, p. 272.
33 Choice Notes, p. 69; Rees, p. 92; Le Braz2, II, pp. 82, 86, 307; Rev. des Trad.
Pop. XII, p. 394.
34 Le Braz2, II, p. 80; Folk-Lore ]ournal, V, p. 189.
35 Folk-Lore, IV, p. 352.
36 Carmichel, Carm. Gadel., II, p. 334; Rhys, C.F.L., p. 602; Le Braz2, I, pp. 179,
1 9 1 , 200.
37 Nutt, Voyage of Bran, ritiene che l'origine della concezione della rinascita
derivi dai culti orgiastici.
Capitolo XXIV
L'ELISIO
dal momento che si dice che Manannan viene dalla sua terra
(l'Elisio) , per corteggiare Fand. Come sembra, Labraid dalla
Mano Veloce sulla Spada (che, benché chiamato " capo dei
side" , è certamente un dio della guerra) è nemico delle truppe
di Manannan ed è contro di queste che Cuchulainn deve com
battere 8.
In un racconto ossianico molti Fianna furono trasportati
nella Terra della Promessa. Dopo molte awenture, Fionn,
Diarmaid e altri li trovano e minacciano di distruggere il paese
se non vengono restituiti. Il suo re, Avarta, accetta la restitu
zione e con quindici dei suoi uomini porta i Fianna a Erin su
un solo cavallo. Una volta giuntivi, egli gli ordina di guardare
verso un certo campo e, mentre quelli sono così occupati, lui
e i suoi uomini scompaiono 9.
3 . La Terra sotto le Onde. Fiachna, uno degli uomini del
sid, appare agli uomini del Connaught e implora il loro aiuto
contro Goll, che gli ha rapito la moglie. Loegaire e i suoi
uomini si immergono con Fiachna nel lago di Naneane e rag
giungono uno stupendo paese, dove la musica è meravigliosa
e piove birra. Insieme al popolo del sid attaccano il forte di
Mag Mell e sconfiggono Goll. Poi ciascuno riceve una donna
del sid, ma allo scadere di un anno iniziano a soffrire di nostal
gia. Vengono awertiti di non scendere da cavallo quando sa
ranno a Erin. Giunti tra la loro gente descrivono le meraviglie
di Tir fa Tonn, dove poi fanno ritorno e non saranno mai più
10
visti • Anche qui, il sid Elisio e la Terra sotto le Onde vengono
confusi e le tribù divine sono in guerra, come nella storia di
Cuchulainn.
In una sezione del racconto ossianico appena citato, Fionn
e i suoi uomini arrivano su un'isola, dove Diarmaid raggiunge
un meraviglioso paese in fondo a un pozzo. È Tir fa Tonn e
Diarmaid combatte contro il suo re, che ha usurpato l'eredità
di suo nipote, al quale la restituisce 1 1 •
4. Coestensivo con questo mondo. Un primo esempio di
questo tipo si trova nelle Avventure di Cormac. Un visitatore
divino appare a Cormac e gli dà, in cambio di sua moglie, del
figlio e della figlia, il suo ramo di mele d'oro, che quando viene
scosso produce la musica più dolce e disperde la malinconia.
356 LA RELIGIONE DEGLI ANTICHI CELTI
che, senza cibo, la vita ha termine, unita alla sua idea di im
mortalità, lo indusse a credere nell'esistenza di un determinato
cibo che rende immortali, esattamente come il cibo normale
sostiene la vita. Di esso si nutrivano gli dèi e gli esseri immor
tali. Allo stesso modo, poiché l'acqua pulisce e rinvigorisce, si
pensò che un tipo particolare di acqua possedesse questi poteri
in quantità meravigliosa. Da qui nacquero i racconti sulla
Fonte della Giovinezza e la credenza delle fonti curative. Dalla
consapevolezza del valore nutritivo del cibo si sviluppò l'idea
che alcuni alimenti erano in grado di conferire le loro qualità
intrinseche, ad esempio la carne degli animali divini mangiata
in modo rituale, e che gli dèi ricevessero la loro immortalità dal
cibo o dalle bevande. Questa è un'idea diffusa. Gli dèi babilo
nesi avevano il cibo e l'acqua della Vita; i miti egiziani parlano
del pane e della birra dell'eternità che nutrivano gli dèi; gli
indù e gli iraniani conoscevano il soma o haoma divino; e nel
mito scandinavo gli dèi rinnovavano la loro giovinezza assag
giando le mele d'oro di lduna.
Nei racconti sull'Elisio celtico, il cibo dell'immortalità è
costituito in genere dal frutto di un albero. Il frutto non dimi
nuisce mai e sazia sempre ed è il cibo degli dèi. Quando se ne
nutrono i mortali conferisce loro l'immortalità; in altre parole,
rende la loro natura simile a quella degli dèi e ciò deriva senza
dubbio dall'idea diffusa che mangiare un cibo offerto da uno
straniero fa sì che un uomo diventi un membro della sua stir
pe. Dunque, mangiare il cibo degli dèi, delle fate o dei morti
lega il mortale a essi, ed egli non può lasciare più la loro terra.
Un'ampia rassegna di miti e credenze popolari illustra questo
aspetto. Quando Connla mangiò la mela, desiderò immediata
mente di recarsi nell'Elisio e non poté più !asciarlo una volta
giuntavi; era diventato un membro della sua gente. Nelle storie
di Bran e di Oisin non si dice che essi avessero mangiato tali
frutti, ma è possibile che la redazione originale dei racconti
contenesse questo avvenimento e ciò spiegherebbe perché non
potevano mettere piede sulla terra incolumi e perché Bran e i
suoi seguaci o, nel racconto di Fiachna, Loegaire e i suoi uo
mini, che avevano bevuto la birra dell'Elisio, vi avevano fatto
ritorno. È pur vero che in altri racconti, coloro che mangiano
366 LA RELIGIONE DEGLI ANTICHI CELTI
NoTE
1 Nutt-Meyer, I, p. 2 13 .
2 Joyce, O.C.R., p. 43 1 .
3 D'Arbois, II, p. 3 1 1 ; I.T., I, p. 1 13 e segg. ; O'Curry, M.C., III, p. 190.
4 Nutt-Meyer, I, p. l e segg. testo e traduzione.
5 L.U., p. 120a; Windisch, Irische Gramm., p. 120 e segg.; D'Arbois, V, p. 384
e segg.; Gaelic ]ournal, II, p. 307.
6 T.O.S., IV, p. 234. Si veda anche Joyce, O.C.R, p. 385; Kennedy, p. 240.
7 L.U., p. 43 e segg.; I.T., I, p. 205 e segg.; O'Curry, Atlantis, II, III; D'Arbois,
V, p. 170; Leahy, I, p. 60 e segg.
8 «Da Manannan venivano i nemici».
9 Joyce, O.C.R., p. 223 e segg.
10 O'Grady, II, p. 290. In questa storia il mare è identificato con la moglie di
Fiachna.
1 1 Joyce, O.C.R., p. 253 e segg.
12 I.T., III, p. 2 1 1 e segg.; D'Arbois, II, p. 185.
13 O'Curry, M.S. Mat., p. 388.
14 Un'idea analoga si ritrova nei racconti feniani.
15 Evans, Welsh Dictionary, sub voce " Annwfn " ; Anwyl, p. 60; Gaidoz, Z.C.P.,
I, p. 29 e segg.
1 6 Loth, I, p. 27 e segg.
17 Vedi pp. 1 17 , 121 supra.
1 8 Lady Guest, III, p. 75; Loth, I, p. 29 e segg.
19 Skene, I, pp. 264, 276. Cfr. l'Ille tournoiant dei romanzi del Graal e le case
girevoli delle fiabe. In Maelduin c'è un bastione girevole (R.C., X, p. 8 1 ) .
20 Skene, I, p. 285.
21 Vedi pp. 1 14, 125 supra.
22 Chrétien de Troyes, Eric, p. 1933 e segg.; Geoffrey, Vita Merlini, p. 4 1 ; San
Marte, Geo/frey, p. 425. Un altro Liban irlandese è chiamato Muirgen, che è uguale
a Morgen. Si veda Giraldus Cambrensis, Spec. Ecc!. , Rolls Series, IV, p. 48.
23 William of Malmesbury, De Ant. Glaston. Ecc!.
24 San Marte, p. 425.
25 Op. cit. , IV, p. 49.
n D'Arbois, II, pp. 1 1 9, 192, 385, VI, pp. 197, 21 9; R.C., XXVI, p. 173; Les
Druides, p. 1 2 1 .
34 Per il testo si veda Windisch, Irische Gramm. , p. 120: «Totchurethar bii bithbi
at gérait do dàinib Tethrach ar-dot-chiat cach dia i n-dàlaib tathardai eter dugnathu
inmaini». Stokes e Sir John Rhys hanno entrambi confermato a voce l'interpretazione
sopra fornita.
n Dialogo dei Saggi, R.C., XXVI, p. 33 e segg.
36 Tethra era il consorte della dea guerriera Badb e in un testo il suo nome è
glossato badb (Connac, sub voce "Tethra" ) . ll nome è glossato anche muir, "mare"
da O'Cleary e il mare è detto "la pianura di Tethra" (Arch. Rev., I, p. 152). Queste
oscure notazioni non significano necessariamente che egli fosse il signore di un Elisio
oltremarino.
37 Nennio, Hist. Brit. § 1 3 ; D'Arbois, II, pp. 86, 134, 23 1 .
3 9 Tanto i motivi artistici quanto le usanze funebri sono simili nei due paesi. Si
veda Reinach, R.C., XXI, p. 88; L'Anthropologie, 1889, p. 397; Siret, Les Premières
Ages du Meta/ dans le Sud Est de l'Espagne.
40 Orosio, l, 2, 7 1 ; L.L., 1 1b.
4 1 D'Arbois, V, p. 384; O'Grady, II, p. 385.
42 T.O.S. III, p. 1 1 9; Joyce, O.C.R., P- 3 14. Per la versione in racconto popolare
si veda Folk-Lore, VII, p. 32 1 .
4 3 Leahy, I, p . 3 6 ; Campbell, L.F., p. 29; C.M., XIII, p. 285; Dean o/ Lismore's
Book, p. 54.
44 O'Curry, M.C., II, p. 143 ; Cormac, p. 35.
45 Si veda I.T., III, p. 2 1 3 .
58 Per l'uso rituale di un vaso come simbolo della divinità, si veda Crooke, Folk
Lore, VIII, p. 351 e segg.
59 Diodoro Siculo, V, 28; Ateneo, IV, 34; Joyce, S.H., II, p. 124; Antient Laws
o/ Ireland, IV, p. 327 . Nei testi si dice che i calderoni delle case irlandesi sono
inesauribili (cfr. R.C., XXIII, p. 397).
60 Strabone, VII, 2, l; Lucano, ed. Usener, p. 32; I. T., III, p. 2 10; Antient Laws
66 Per miti paralleli si veda Rig-Veda, l, 53, 2; Campbell, Travels in South Africa,
I, p. 306; Johnston, Uganda Protectorate, II, p. 704; Ling Roth, Natives of Sarawak,
I, p. 307; si veda inoltre il mito di Prometeo.
67 La si trova nelle storie di Bran, Maelduin, Connla, e nei racconti feniani
(O'Grady, II, pp. 228, 238), ne I figli di Tuirenn e nelle leggende gaeliche.
68 Martin, p. 277; Sébillot, Il, p. 76.
IX, X e XIV. Si veda anche Zimmer, Brendan's Meer/ahrt, in Zeitschrift /iir Deut.
Alt., XXXIII; cfr. Nutt-Meyer, cap. 4, 8.
74 R.C., IV, p. 243.
Avvertenza del tra'-:1uttore
La grafia dei nomi e dei termini può discostarsi talvolta da quella del
testo di MacCulloch. Ciò non deve stupire poiché dipende dalle
numerose varianti presenti nei manoscritti e dalle loro trascrizioni;
dunque non sempre esiste una regola precisa, infatti vi sono autori
che preferiscono una grafia più vicina al gaelico moderno e altri che
si attengono alla grafia più antica
GLOSSARIO
Albero L'albero cosmico affonda le sue radici fin nel più pro
fondo della terra e la cima raggiunge il cielo. È dunque il tramite
privilegiato del rapporto tra la terra e l'universo. Non appartiene a
una specie in particolare e dà frutti di ogni tipo contemporaneamen
te. In Irlanda vi sono tanti alberi cosmici quante sono le province. Le
lettere alfabetiche della scrittura agamica sono associate al nome di
un albero che comincia per quella lettera. A esso si associa anche il
ciclo calendariale di tredici mesi e, analogamente, quello astrologico.
Aldilà Se per noi comunemente l'Aldilà è il mondo dei morti,
contrapposto a quello dei vivi, nelle lingue celtiche non esiste un
vocabolo che indichi il concetto di un Aldilà come regno dei defunti,
in quanto i morti continuano a vivere in altra forma. È piuttosto un
" altrove " , poiché non possiamo concretamente concepirlo; è l'Altro
Mondo, il sid dove si continua vivere, ma in un'altra dimensione, più
felice e più perfetta, dove il tempo non esiste. È precluso ai viventi,
ma gli eroi possono eccezionalmente accedervi e talvolta anche qual
che mortale. È il regno degli dèi e degli esseri fatati. Solo la notte di
Samhain ( l 0 novembre) si apre un canale di comunicazione con que
sto mondo, poiché quella notte è un "periodo sospeso" .
Andrasta Dea della guerra, il cui nome significa "grande orsa" ,
da ande, "grande" , e arta, " arsa" .
Anima Nelle dottrine druidiche l'immortalità dell'anima è il
fondamento di ogni credenza spirituale. Non si realizza comunque
come metempsicosi o reincarnazione, ma come un'infinito succedersi
di esistenze in dimensioni sempre diverse, di cui la nostra è solo una,
così come quella nell'Altro Mondo. «La morte è il punto centrale di
una lunghissima vita».
Aobh Prima moglie del re Ler (Lyr) nel racconto La morte dei
quattro figli, una figlia e tre maschi, furono trasformati in cigni dalla
loro matrigna Aoife. Dopo novecento anni san Mochaomhog li con-
380 LA RELIGIONE DEGLI ANTICHI CELTI
Come il Dagda l'ebbe, vi suonò «tre nobili arie», che ogni grande
arpista deve essere in grado di suonare e cioè l'Aria del Lamento, che
muove al pianto, l'Aria dell'Allegria, che muove alla gioia e l'Aria del
Sonno, che fa sprofondare in un sonno profondo. Queste arie sono
collegate alle tre stagioni dell'anno celtico. L'arte della musica è la
prerogativa dei Tuatha Dé Danann e fu la dea Brigit che la insegnò
ai mortali.
Art Significa "orso " . È il nome di un re supremo d'Irlanda e il
suo simbolismo collega il nome alla Sovranità. Da qui deriva proba
bilmente il nome dell'Artù mitico e la sua connessione con l'animale
totem.
Arthur Re mitico dei Britanni. Sulla sua figura si impernia un
ciclo letterario vastissimo ed estremamente complesso, come è pro
prio di tutta la mitologia celtica. Tutti i testi sono di origine celtica
insulare, ma hanno poi debordato nelle letterature medievali di
tutta l'Europa. Fu per un certo periodo sovrapposto a un Artù al
leato dei Romani. La prima storia che lo riguarda compare nel
GLOSSARIO 381
Balor È il capo dei Fomori, nonno del dio Lug e gigante con un
solo occhio che paralizza. Lug lo uccide tirandogli un sasso nell'uni
co occhio con la fionda.
Banba Insieme a Fotla e Eriu, personifica l'Irlanda nel triplice
aspetto della Sovranità. È anche una regina dei Tuatha Dé Danann
e come tale simboleggia anche l'Irlanda. Il nome significa forse "por
co" , che era un animale sacro per gli Irlandesi.
Bandrui, Banfaith, Banfile "Druidessa " , "profetessa " , "poe
tessa".
Bardo Il bardo era in origine un poeta di corte e tale rimane in
Galles per tutto il Medioevo. Componeva eulogie o biasimi, ma sen
za far uso della scrittura, che anzi gli era preclusa. In Irlanda invece,
il bardo è stato poi sostituito dal file, al quale competeva anche la
scrittura, in origine un "veggente " , poi anche poeta. In antico co
munque, i bardi appartenevano alla classe sacerdotale, come dimo
stra l'estrema complessità della metrica irlandese codificata. Vi erano
" bardi liberi" , soerbaird, e "bardi non liberi " , doerbaird, e le due
382 LA RELIGIONE DEGLI ANTICHI CELTI