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PER UN’INTERPRETAZIONE
DEGLI ANGELI DEL CATTIVO CORO: INF, 37-42
TIPOLOGIA: Inf III, 22-69
Nelle terzine di Inf III, 22-69 vengono descritte le figure degli an-
geli del «cattivo coro»: direttamente e sinteticamente attraverso le
indicazioni riguardanti esclusivamente la schiera angelica – Inf III,
37-42 –, indirettamente invece, come vedremo, attraverso quelle
fornite passim – Inf III, 22 sgg. e 43 sgg. – da riferirsi sia agli an-
geli del «cattivo coro» sia alle anime dei pusillanimi.
Dunque direttamente viene presentata la malvagia1 schiera di
angeli che non furono ribelli né fedeli a Dio, ma furono «per sé»,
mischiata alle anime dei pusillanimi:
Quindi si precisa che i cieli cacciano tali angeli, per non smi-
nuire la propria bellezza, e neppure il «profondo inferno» li rice-
ve, perché i malvagi potrebbero ottenere una qualche gloria dalla
loro presenza:
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lanimi agli angeli del «cattivo coro» – cola a terra dove è raccolto
da fastidiosi vermi15.
Allora, anche se non è possibile trarre una caratterizzazione fi-
sica precisa degli angeli del «cattivo coro», come invece dei demo-
ni infernali, degli angeli del Purgatorio e del Paradiso – prevalgono
infatti nella descrizione diretta i loro attributi spirituali (né fedeli
né ribelli a Dio ma «per sé») e il luogo e la compagnia in cui si
trovano (sono fuori dai cieli e dal profondo inferno, mescolati al-
le anime dei pusillanimi) –, tuttavia, attraverso le descrizioni indi-
rette di cui sopra, si osservano alcuni elementi che presuppongo-
no una loro certa corporeità: gli angeli del «cattivo coro» infatti
gridano, soffrono, corrono, sono nudi, piangono e sanguinano.
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Enoc33 e del Libro dei Giubilei34, piuttosto come degli angeli che
non furono sì «ribelli» – cioè non i demoni propriamente detti,
che da Inf III, 41-42 sappiamo trovarsi nel «profondo inferno» –
né, soprattutto, furono «fedeli» a Dio, nel senso che avendo rivol-
to il loro amore verso le figlie degli uomini, cioè le donne, crea-
ture mortali, lo tradirono e divennero di fatto non «fedeli»35, ma
laeque genuerunt
isti sunt potentes a seculo viri famosi.
In tale passo si dichiara che i figli di Dio («filii Dei») – cioè gli angeli in que-
stione – videro che le figlie degli uomini («filias hominum») erano belle, e
presero per mogli quelle che avevano scelto. Dall’unione tra i figli di Dio e
le figlie degli uomini vennero generati i giganti, che sono detti gli eroi di
questo secolo: non si dice espressamente fu questa sia la causa della corru-
zione che determinerà il diluvio, ma lo si lascia pensare, poiché questo pas-
so si giustappone, precedendolo, a quello in cui Dio osserva l’insostenibile
malvagità degli uomini e decide per la distruzione (Gen 6, 5-7).
33 Nel Libro di Enoc la caduta angelica era una risposta al problema del Male da
parte della cultura giudaica precristiana del IV-V secolo a.C.: il Male deriva-
va dalla colpa di alcune creature spirituali, chiamate angeli vigilanti, che, tra-
sgredendo all’ordine naturale, si unirono alle donne, creature di carne oltre-
ché di spirito, originando una contaminazione che corruppe la natura. Da
questa unione contronatura nacquero i giganti, esseri mostruosi, che fecero
violenza a uomini e animali. Allora Dio fece sì che i giganti si sterminassero
tra di loro e segregò gli angeli vigilanti nell’oscurità. Si vedano: I Enoc 6-21;
90; 106, 13-16. Edizione utilizzata: Libro di Enoc in Apocrifi dell’Antico Testa-
mento, a cura di P. Sacchi,Torino, UTET, I, 1981, pp. 413-667.
34 Il Libro dei Giubilei riprende dal Libro di Enoc la tradizione degli angeli vigi-
lanti e la sviluppa approfondendo la dottrina degli spiriti maligni. Si vedano:
Giub 4-5; 7; 8, 3; 10-11; 48-50. Edizione utilizzata: Libro dei Giubilei in Apo-
crifi cit., pp. 179-411.
Anche nei Testamenti dei XII Patriarchi contengono diffusamente, oltre a due
precisi e circoscritti riferimenti agli angeli vigilanti, T Rub 5, 6-7 e T Neft 3,
5, un’avanzata dottrina sugli spiriti maligni. Edizione utilizzata: Testamenti dei
XII Patriarchi in Apocrifi cit., pp. 725-948.
35 Il termine «fedele» ritorna alcune volte nella Vita nuova per indicare la fedel-
tà d’Amore: Vn XII, 2; Vn XIII, 2 e 3; XIV, 14; e al plurale, «fedeli d’Amo-
re»: Vn III, 9;VII, 7;VIII, 7 e XXXII, 4. Riferito direttamente a Dante, «fe-
dele» di Beatrice, il termine ricorre con analoga accezione amorosa in Vn
XXIV, 1 e Purg XXXI, 133-135. Anche in Inf II, 97-99 Dante è detto «fe-
dele» di Lucia, ma in questo caso l’accezione pare devozionale, mentre una
sfumatura lirico-amorosa è riconoscibile in Par XXXI, 100-102 per Bernar-
do, «fedele» della Madonna. Si ricordi che il concetto di «fedeltà» rimanda
anche, d’altra parte, alla nozione di fede cristiana: Purg XXII, 58-60 e Par
XXVI, 60.
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36 II Petr 2, 4:
Si enim Deus angelis peccantibus non pepercit
sed rudentibus inferni detractos in tartarum tradidit in iud
cium cruciatos reservari.
I Petr 3, 19-20:
In quo et his qui in carcere erant spiritibus veniens praedi-
cavit
qui increduli fuerant aliquando
quando expectabat Dei patientia
in diebus Noe cum fabricaretur arca
in qua pauci id est octo animae salvae factae sunt per
aquam.
37 Iud, 6:
Angelos vero qui non servaverunt suum principatum
sed derelinquerunt suum domicilium
in iudicium magni diei vinculis aeternis sub caligine reser-
vavit.
38 Si vedano: Le lettere di Pietro. La lettera di Giuda, commento di K.H. Schelkle,
Brescia, Paideia, 1981, pp. pp. 180 sgg., 252-254, 327-328, e Le Lettere Catto-
liche, commento di H. Balz e W. Schrage, Brescia, Paideia, 1978, pp. 189 sgg.,
219-223, 246-248, pp. 396-397.
39 Si veda in proposito a tali fonti: M. Chiariglione, Gli angeli del «Cattivo coro»:
If III, 37-42, in «Critica Letteraria», a. XXXII, fasc. III, n. 124/2004, pp. 555-
578; Id., Il perdono atteso e mai concesso agli angeli caduti nelle fonti del «cattivo co-
ro» (Inf III, 37-42), in corso di pubblicazione; Id., La «Visio Pauli» e alcune leg-
gende medievali nell’«Inferno» dantesco, in «E ‘n guisa d’eco i detti e le parole». Stu-
di in onore di Giorgio Barberi Squarotti, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2006,
pp. 523-545.
40 Si veda quanto viene affermato nella terza canzone del Convivio: «Tal ch’è
morto e va per terra», col commento in Conv IV,VII, 11-12.
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41 Tale ipotesi risulta complessa da giustificare all’interno del contesto del can-
to, ma anche all’interno della struttura infernale – dal momento che forse
questi angeli lussuriosi troverebbero forse più adeguata collocazione all’in-
terno del secondo cerchio – pertanto ipotesi e congettura rimane. D’altra
parte, tuttavia, in questo modo verrebbero descritte le uniche figure angeli-
che del testo biblico non presenti in altro luogo della Commedia.
42 Inf III, 13-14:
«Qui si convien lasciare ogne sospetto;
ogne viltà convien che qui sia morta.
43 Inf III, 19-42.
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