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Gli ultrasuoni

2.1 Introduzione
Si pu definire il suono come lenergia meccanica trasmessa da onde di pressione in un
mezzo materiale. Questa definizione, per quanto generale, risulta valida per tutti i tipi di suono:

quello udibile;

le onde sismiche in bassa frequenza;

gli ultrasuoni usati nelle immagini diagnostiche.

Gli ultrasuoni sono onde elastiche in tutto simili a quelle udibili che necessitano di un mezzo entro
il quale propagarsi, a differenza delle onde luminose. In particolare, sono onde meccaniche sonore
caratterizzate da frequenze che vanno da 20 KHz ai GHz. Il termine ultrasuono indica qualcosa
che al di l del suono, e, infatti, questo tipo di onde, a differenza dei fenomeni acustici
propriamente detti, non sono percepibili dallorecchio umano, sensibile a frequenze fino ai 20 KHz.
Essi sono generati utilizzando particolari materiali, i piezoelettrici, che hanno la capacit di
generare una differenza di potenziale se compressi o striati in senso trasversale; viceversa, se
viene applicata una differenza di potenziale ai loro estremi, essi si comprimono o si dilatano in
senso trasversale. Materiali diversi danno luogo a ultrasuoni con frequenze diverse.
Come tutti i fenomeni ondulatori, gli ultrasuoni sono soggetti ai fenomeni di riflessione, rifrazione,
diffrazione e sono caratterizzati da parametri quali la frequenza, la lunghezza donda, la velocit di
propagazione, lintensit e lattenuazione dovuta allimpedenza del mezzo attraversato.
2.2 Fisica degli ultrasuoni
2.2.1 Parametri caratteristici
I parametri fondamentali che caratterizzano gli ultrasuoni, come tutti i tipi di onde, sono la
frequenza, la lunghezza donda, la pressione e lintensit acustica, la velocit di propagazione e
limpedenza acustica.
Con la frequenza (simbolo f ) si indica il numero d cicli (oscillazioni) che avvengono nell'unit di
tempo. Poich il tempo che unonda impiega per compiere un ciclo completo si chiama periodo
(simbolo: T ); vale la relazione:

Lunit di misura della frequenza lHertz.


La lunghezza donda, invece, misurata in (m), rappresenta la distanza percorsa dal fascio
ultrasonoro in un periodo T e alla velocit v e si risulta inversamente proporzionale alla frequenza
secondo la seguente relazione:

Con particolare riferimento ad unonda sinusoidale si vede che la lunghezza donda non altro che
la distanza tra due picchi consecutivi:

Figura 1- Lunghezza d'onda


La pressione acustica p, misurata in Pascal, rappresenta lampiezza dellonda ultrasonica ed
legata allintensit acustica, cio alla quantit di energia che passa attraversa la superficie
nellunit di tempo (si misura quindi in Watt/m2) , dalla seguente relazione analitica:

Dove Z limpedenza acustica del mezzo interessato dalla propagazione.


Prima di definire questa grandezza e anche la velocit di propagazione degli ultrasuoni bene
sottolineare che, a differenza delle onde luminose, le onde acustiche non possono esistere nel
vuoto, dal momento che sono costituite da vibrazioni elastiche di particelle di materia:
necessario quindi essere in presenza di un mezzo solido, liquido o gassoso.
Detto ci, limpedenza acustica Z rappresenta la resistenza al passaggio del fascio ultrasonoro nel
mezzo ed espresso dalla relazione:

in cui rappresenta la densit del mezzo [Kg/m3] e v la velocit di propagazione.

Si tratta, quindi, di un parametro strettamente legato al particolare mezzo in cui avviene la


propagazione oltre che alla tipologia di propagazione degli ultrasuoni, perch, come vedremo pi
avanti, la velocit di propagazione cambia in base al tipo di onde (longitudinali, trasversali o
superficiali). Si parla di impedenza caratteristica perch tramite essa possibile legare la velocit v
a cui sottoposta una particella alla sua pressione p, attraverso una formula analoga a quella
elettrica V=ZI:

Altro parametro strettamente legato alle caratteristiche del mezzo in cui avviene la propagazione
la velocit delle onde. Bisogna distinguere tra mezzi gassosi, fluidi e solidi.
Nel caso di un gas ideale (omogeneo, isotropo e senza perdite dissipative) la velocit data da:

Dove esprime il rapporto tra i calori specifici del gas, rispettivamente a pressione costante e
volume costante, mentre o e po sono rispettivamente la densit e la pressione del gas iniziali. Per
i fluidi, invece, la relazione una generalizzazione della precedente e in particolare vale:

Dove con indichiamo la compressibilit adiabatica, ossia la riduzione percentuale di volume per
una pressione applicata.
Quindi, sia per i fluidi che per i gas, la velocit con cui si propagano le onde al loro interno una
caratteristica intrinseca del mezzo stesso e, in particolare si vede che dipende da pressione,
densit e temperatura, anche se questa dipendenza non proprio esplicita e comunque
abbastanza complessa.
Infine, per i solidi bisogna fare una distinzione tra velocit di propagazione delle onde longitudinali
e delle onde trasversali, perch, come vedremo a breve, a causa dellaltra viscosit nei solidi
possono propagarsi diversi tipi di onde, e quelle longitudinali e trasversali sono le principali. Per
onde longitudinali o di compressione la velocit nei solidi :

Dove D rappresenta la rigidit longitudinale, che esprime linerzia del mezzo a deformarsi, anche
se sollecitato. Per le onde trasversali, invece, la velocit data da:


In cui G il modulo di elasticit tangenziale, che un indice della capacit del materiale di
ritornare alle dimensioni iniziali quando sollecitato da una forza tangenziale.
2.2.2 Tipologie di onde
La propagazione delle onde ultrasonore dipende oltre che dal modo in cui sono generate, anche
dal tipo di mezzo in cui si propagano. In generale, una volta che la sorgente emette il fascio,
questo, urtando con il mezzo di propagazione, mette in vibrazione le particelle che compongono lo
compongono: il moto di ciascuna particella causa quello della particella adiacente, permettendo la
propagazione del fascio. In base alla modalit di vibrazione delle particelle distinguiamo tra:

Onde longitudinali o di compressione;

Onde trasversali o di taglio;

Onde superficiali;

Onde di Lamb o flessurali.

Nei gas e nei liquidi ci sono solo onde longitudinali, mentre nei solidi possono generarsi tutte.
Chiaramente tutte queste considerazioni valgono qualora non si superi il limite di elasticit del
materiale, altrimenti si ha la rottura dello stesso e, quindi, la propagazione si blocca.
Nelle onde longitudinali la direzione di vibrazione delle particelle coincide con quella di
propagazione del fascio. Praticamente, questo tipo di onde sono caratterizzate da fasi di
espansione e compressione delle particelle del mezzo, in seguito ad una sollecitazione esterna
alternata, che si propaga verso destra con un certo ritardo proporzionale alla distanza dalla
sorgente, come mostrato nella figura seguente:

Figura 2- Onde longitudinali

Nel caso di onde trasversali, dette anche onde di taglio, loscillazione delle particelle nella materia
normale al senso di propagazione del fascio ultrasonoro. Queste onde si propagano solo nei
solidi, perch nei gas e nei liquidi la bassa viscosit le stronca praticamente sul nascere. Le
ritroviamo solo in alcuni tipi di gas e liquidi ad altissima viscosit, ma riescono a propagarsi solo
per alcuni millimetri data lenorme attenuazione.

Figura 3-Onde trasversali

Le onde superficiali, invece, dette anche onde di Rayleigh (dal nome dello studioso che per primo
le scopr), hanno la caratteristica di propagarsi solo nello strato superficiale dei solidi (avente
profondit dellordine di una grandezza donda) seguendo il profilo del pezzo (a differenza delle
precedenti che si propagano solo in linea retta), sempre che non vi siano brusche variazioni di
forma. Nelle onde superficiali il moto oscillatorio superficiale delle particelle di tipo ellittico, dal
momento che queste onde derivano dalla composizione delle onde longitudinali e trasversali; la
direzione del moto, per, perpendicolare alla superficie del mezzo, perch, considerando tale
superficie orizzontale, si vede che la componente orizzontale di tali onde inferiore rispetto a
quella verticale.

Figura 4-Onde superficiali


Infine, le onde flessurali o di Lamb (dal nome dello studioso che le osserv per primo) si propagano
nei materiali il cui spessore comparabile con la lunghezza donda del fascio ultrasonoro e,
pertanto, si propagano nellintero spessore. Come per le onde superficiali, anche in questo caso le
particelle sono soggette a vibrazioni secondo due direzioni ortogonali. In base al modo di
oscillazione si distingue tra:

Onde di modo simmetrico;

Onde di modo antisimmetrico.

Per un dato spessore di materiale e per una data frequenza degli ultrasuoni, si ottiene un tipo di
onda piuttosto che un altro variando langolo di rifrazione del fascio generato. Inoltre per ciascuno
dei due modi si hanno onde di ordine 0,1,2 e successivamente pi complesse.
A differenza dei tipi di onde considerate in precedenza, le onde di Lamb si propagano con una
velocit di fase dipendente non solo dalle caratteristiche del mezzo, ma anche dalle caratteristiche
dellonda stessa, cio dal modo ed ordine della vibrazione.

2.2.3 Propagazione degli ultrasuoni


Le onde acustiche, in particolare gli ultrasuoni, similmente a quanto accade per le onde luminose,
sono soggette ai fenomeni di riflessione, rifrazione e diffusione quando si propagano da mezzo con
impedenza acustica Z1 ad uno con impedenza Z2.
Con riferimento alla figura seguente, si consideri un ultrasuono che incide su un punto della
superficie di separazione tra due mezzi un certo angolo i rispetto alla normale alla superficie di
separazione z.

Z1

n1

Z2

Si
n2

defini
sce

kr
kt
r

piano
t

di
z

incide
nza il

ki

piano
forma
to
Figura 5-Esempio di incidenza di un fascio ultrasonoro su una superficie di separazione
tra due mezzi

dalla
direzi

one di propagazione dellultrasuono ki e la normale alla superficie di separazione z. Si vede che


parte dellonda viene riflessa (fenomeno della riflessione) e parte viene rifratta, cio penetra nel
secondo mezzo (fenomeno della rifrazione). Indichiamo con r e t gli angoli di riflessione e
rifrazione rispettivamente. Definiamo coefficiente di riflessione il rapporto tra lintensit acustica
riflessa Ir e quella incidente Ii, legato alle impedenze caratteristiche dalla seguente formula:
(

Mentre il rapporto tra lintensit acustica trasmessa It e quella incidente per definizione il
coefficiente di trasmissione, legato alle impedenze nel seguente modo:
(

Tra coefficiente di trasmissione e coefficiente di riflessione sussiste il seguente legame:


1 + =
Sottolineiamo che le relazioni tra coefficienti e impedenze sono state date nel caso particolare di
incidenza normale (i= /2) per semplicit, ma bastano per le considerazioni che verranno fatte a
breve.
Questi coefficienti sono importanti per calcolare la quantit di energia che viene riflessa e
trasmessa rispettivamente, noto ovviamente il valore dellintensit dellonda incidente. Lampiezza
di queste onde non lunica caratteristica che bisogna calcolare, perch, come si vede dal grafico,
mentre il fascio di partenza incide con un angolo i, i fasci generati dallimpatto con la superficie di
separazione si propagano secondo direzioni diverse, formando angoli diversi con lasse z (r e t).
Ci si spiega ricordando che la direzione di propagazione del fascio ultrasonoro k dipende dalla
velocit con cui il fascio si propaga secondo la relazione:

dove

la pulsazione dellultrasuono (=2 f). Come visto precedentemente, quando cambia il

mezzo varia la velocit dellultrasuono, quindi la direzione di propagazione. Quello che non cambia
la frequenza dellultrasuono. Comunque, proprio da questa considerazione ( in realt anche da
altre pi tecniche) discende la cosiddetta legge di Cartesio o della riflessione:
i= r
Dunque, fascio incidente e fascio trasmesso hanno la stessa direzione di propagazione.
Per determinare, invece, la direzione di propagazione del fascio trasmesso nel secondo mezzo, che
invece viene deviato o riflesso (di qui il nome rifrazione) rispetto a ki, si utilizza legge di Snellius
della rifrazione:

dove v1 e v2 sono le velocit del fascio nel primo e nel secondo mezzo rispettivamente.
Rispetto a queste leggi generali possono presentarsi dei casi limite:

Riflessione totale, quando si passa da un mezzo pi denso a uno meno denso (Z1>Z2), per cui il
rapporto Z1/ Z2 tende allinfinito e di conseguenza anche il coefficiente di riflessione . In

realt questo fenomeno si verifica anche quando langolo di incidenza supera un certo angolo,
detto angolo critico, e langolo di rifrazione risulta pari a /2;

Assenza di riflessione, quando Z1=Z2 e quindi risulta uguale a 0.

Inoltre, qualora i mezzi consentano la propagazione di onde sia longitudinali che trasversali, la
legge di Snellius assume la seguente forma:

Il primo pedice di V si riferisce al mezzo ed il secondo al tipo di onda. Il pedice di indica il mezzo.
Lapice singolo indica langolo tra la normale alla superficie di separazione e la direzione del fascio
longitudinale, mentre lapice doppio indica langolo con la direzione trasversale del fascio. In tal
caso si hanno onde longitudinali e trasversali riflesse nel primo mezzo (RL e RT) e trasmesse nel
secondo (TL e TT), come mostrato nella figura seguente:

Al

Z1

variar

Z2

RT

TL
RL

1
1

della

TT
2

ngolo
2

1 si
posso
no
avere
onde

Figura 6-Presenza di onde trasversali e longitudinali nel passaggio del fascio


ultrasonoro da un mezzo a un altro

longit
udinal

i o trasversali nel mezzo 2. Si definiscono due importanti angoli:


1 angolo critico (1,primo critico) = E il valore dellangolo dincidenza 1 in corrispondenza del quale
langolo di rifrazione delle onde longitudinali 2 vale 90;
2 angolo critico ( 1,secondo critico) = E il valore dellangolo dincidenza 1 in corrispondenza del
quale langolo di rifrazione delle onde trasversali 2 vale 90.

Nella figura precedente illustrata la situazione per cui:

In tale condizione si ha la trasmissione nel secondo mezzo delle sole onde trasversali
TT. invece, quando langolo dincidenza 1 uguale al 2 angolo critico, si ha la propagazione nel
secondo mezzo delle sole onde superficiali, mentre per angoli dincidenza superiori si
ha la totale riflessione del fascio.
La validit delle semplici leggi geometriche pocanzi ricordate subordinata ad una duplice
condizione, e cio che le dimensioni della superficie di separazione fra i due mezzi siano grandi
rispetto alla lunghezza donda , e che eventuali irregolarit superficiali siano piccole
rispetto a . Quando anche una sola di queste condizioni non soddisfatta, si manifesta il
fenomeno della diffusione. Questo, detto anche scattering, si verifica ogni volta che un fronte
d'onda incontra una minuscola discontinuit (piccolo riflettore) con dimensioni pari a o minori; in
questi casi l'ostacolo investito ridistribuisce parte dell'energia dell'onda in varie direzioni, nello
spazio circostante. Quindi, non c pi un fronte donda che si propaga regolarmente, perch
subisce delle distorsioni.
La quantit di energia diffusa dipende dalle condizioni della rugosit della superficie su cui le onde
elastiche incidono, dal valore della lunghezza d'onda e dall'angolo di incidenza. Normalmente una
superficie tecnica considerata speculare (ossia, riflettente con assenza di diffusione) quando la
relativa rugosit, misurata come dislivello fra cima e fondo, ossia Rt, minore di 0,1. Invece, per
rugosit maggiori, il fenomeno della diffusione non
trascurabile e aumenta al crescere di Rt.
Naturalmente in questo caso i segnali di eco saranno meno intensi che non nel caso della
riflessione speculare da una superficie ad orientamento perfettamente normale al fascio
ultrasonoro.
2.2.4 Attenuazione degli ultrasuoni
Con ci pu ritenersi conclusa la panoramica sui fenomeni che caratterizzano la propagazione
delle onde: resta da capire cosa accade una volta che londa ha superato la superficie di
discontinuit. E intuitivo che il fascio ultrasonoro si attenuer allontanandosi dalla sorgente e
lattenuazione dipende fortemente dalle caratteristiche fisiche del mezzo in cui si propaga. In
generale, una volta penetrato nel secondo mezzo, lultrasuono si attenua, come descritto in figura,
secondo la seguente legge:

A
Ao

A= Ao exp (- z)

Figura 7-attenuzione ultrasuono all'interno del mezzo

Dove il coefficiente di assorbimento e dipende, oltre che dal materiale, dalla frequenza
secondo la seguente relazione:

Con K costante di proporzionalit dipendente dal mezzo.


2.3 Effetto Doppler
Leffetto Doppler un fenomeno fisico che consiste nel cambiamento apparente della frequenza o
della lunghezza donda di unonda percepita da un osservatore che si trova in quiete o in
movimento rispetto alla sorgente delle onde, anchessa in quiete o in movimento.
Abbiamo gi detto che la velocit delle onde dipende dal mezzo in cui esse si propagano: quindi,
bisogna calcolare la velocit dellosservatore e dellemettitore in relazione a quella del mezzo in
cui si sono trasmesse le onde e leffetto Doppler totale sar dato dal moto di entrambi.
E importante sottolineare che in realt la frequenza di unonda emessa da una sorgente non
cambia: a causa del moto relativo tra sorgente ed emettitore che si ha questa percezione. Un
semplice esempio pu chiarire a fondo questo concetto: qualcuno lancia una serie di palline ogni
secondo nella nostra direzione. Assumiamo che le palle viaggino con velocit costante. Se colui
che le lancia fermo, riceviamo una palla ogni secondo; al contrario, se si sta muovendo nella
nostra direzione, ne riceviamo un numero maggiore perch diminuita la distanza spaziale.
Ovviamente, se, invece, il lanciatore si allontana, ne riceviamo un numero minore. Quindi, il
cambiamento di distanza tra sorgente ed emettitore a generare questo fenomeno.
Se una sorgente in movimento emette onde con una frequenza f o, allora un osservatore
stazionario (rispetto al mezzo di trasmissione) percepisce le onde con una frequenza f data dalla
seguente relazione:

Dove v la velocit delle onde nel mezzo e vr,s la velocit della sorgente rispetto al mezzo,
positiva se verso losservatore, negativa se nella direzione opposta. La frequenza Doppler, definita
come la differenza tra la frequenza percepita dellonda e quella emessa, risulta:
(

Se, invece, losservatore in movimento con una velocit vo e la sorgente in quiete, la frequenza
osservata vale:
(

In medicina leffetto Doppler utilizzato per effettuare indagini in cui il misurando in movimento
rispetto allosservatore: il caso pi comune la rilevazione della velocit del flusso sanguigno e i
dispositivi utilizzati sono i flussimetri Eco- Doppler, di cui si vedr il funzionamento nei prossimi
capitoli.
2.4 Ultrasuoni in medicina
Lavvento degli ultrasuoni in medicina ha consentito, cos come era avvenuto per i raggi X, di
ottenere immagini di strutture interne al corpo umano senza dover ricorrere a pericolosi e
dolorosi interventi chirurgici [3]. Generalmente, essi sono utilizzati per scopi diagnostici, ma ben si
prestano anche ad applicazioni di tipo terapeutico. La differenza principale tra gli ultrasuoni e i
raggi X che gli ultrasuoni non utilizzano pericolose radiazioni ionizzanti, rendendo possibile il loro
uso per tempi lunghi e in modo ripetuto, e su pazienti maggiormente a rischio, quali donne gravide
e bambini.
La maggior parte delle tecniche mediche basate sulluso degli ultrasuoni impiega frequenze
comprese tra 1 e 15 MHz. Inoltre, tali tecniche sfruttano principalmente la propagazione di onde
pressorie longitudinali, cio onde nelle quali il moto delle particelle avviene nella stessa direzione
di propagazione dellenergia.
Nonostante tutti gli aspetti positivi della tecnica ultrasonora, chiaro che si tratta sempre di onde
elettromagnetiche, quindi bisogna prestare molta attenzione ai seguenti parametri per evitare
danni ai tessuti:

Frequenza;

Intensit del fascio;

Tempo di esposizione.

Per quanto riguarda i primi due parametri, stato gi detto nei paragrafi precedenti che
allaumentare della frequenza aumenta il coefficiente di assorbimento: questo vuol dire non solo
che aumenta lattenuazione delle onde e quindi, che diminuisce la profondit di esplorazione, ma
anche che aumenta la temperatura dei tessuti stessi a causa dellassorbimento. Pi avanti
vedremo che il riscaldamento proprio uno dei possibili danni che un ultrasuono pu causare.
Di seguito riportata una tabella che mostra i coefficienti di assorbimento e le impedenze
caratteristiche di alcuni tessuti: le ossa hanno un altro coefficiente di assorbimento, per cui
mascherano le strutture circostanti.

Tabella 1- Propriet acustiche di alcuni materiali


Materiale

(25c)

(1Mhz)

(kg/m3)

(m/s)

(106Kg s/m2)

(m-1)

Aria

1,2

331

0,0004

20

Acqua

997

1497

1,493

0,025

Sangue*

1050

1560

1,638

Muscolo

1060

1570

1,642

33

Osso

1850

3360

6,216

150

(*) calcolato a 37C

Riportiamo poi un grafico che mostra i tempi di esposizione sicuri in funzione della densit di
potenza per un fascio di ultrasuoni con frequenza compresa tra i 0,5 e i 6 MHz:

Intensit acustica

(W/cm2)

10

10

Zona a rischio

10

10
Zona a
minimo
rischio

1
-1

10

10-2

Tempo (s)
-7

10

-5

10

-3

10

10

-1

10

10

10

Figura 8-Tempi di esposizione


La maggior parte dei sistemi diagnostici ad ultrasuoni progettata per produrre in uscita una
potenza compresa tra 5 e 50 mW/cm2: si colloca, quindi, nella zona a minimo rischio.
Concludiamo il capitolo con lanalisi dei meccanismi da cui possono derivare danni biologici, che
sono principalmente di tipo termico ed elettrico [4]. Per quanto riguarda gli effetti termici,
abbiamo gi detto che lassorbimento degli ultrasuoni da parte del tessuto determina un aumento
della temperatura: se lincremento eccede la soglia di sicurezza possono verificarsi danni
irreversibili al tessuto. Invece, per quanto riguarda gli effetti meccanici si distingue tra: cavitazione
e streaming. La cavitazione consiste nella formazione di microbolle di gas in seguito al passaggio
del fascio ultrasonico; talvolta le bolle possono mettersi in vibrazione con conseguente aumento
della pressione nel punto in cui si formano: la pressione potrebbe raggiungere valori tali da
produrre la rottura di macromolecole o di membrane cellulari. Infine, il fenomeno dello streaming
consiste nella sollecitazione, e nei casi pi estremi nella rottura, delle membrane cellulari poste tra
due zone a diversa pressione, a causa della non uniformit dei fenomeni di assorbimento degli
ultrasuoni nei diversi tessuti.
2.5 La generazione degli ultrasuoni: sensori piezoelettrici
2.5.1 Effetto piezoelettrico
Come accennato allinizio del seguente capitolo, i materiali pi utilizzati per la generazione e la
trasduzione degli ultrasuoni sono i cristalli piezoelettrici, per la particolare propriet di fornire una

differenza di potenziale quando sollecitati meccanicamente, o di deformarsi reversibilmente se


sottoposti allazione di un campo elettrico esterno [5]. Tale particolarit presente in natura in
alcuni quarzi, ma pu essere indotta artificialmente nei materiali ceramici come il titaniato di bario
BaTiO3, il niobato di litio LiNbO3 o nelle pi diffuse ceramiche piezoelettriche, indicate con
lacronimo PZT.
Leffetto piezoelettrico riconducibile, a livello microscopico, alle distorsioni subite dal reticolo
cristallino del materiale. Questultimo un CFC, cristallo a facce centrate, che ha ai vertici atomi
metallici, al centro delle facce atomi di ossigeno e al centro del reticolo stesso un atomo pi
pesante, confinato nella regione tra due spazi ottaedrici, posizioni di minore energia, nei quali non
si pu spostare senza deformare il reticolo. Sotto lazione di un campo elettrico, latomo centrale
supera la soglia di potenziale e si sposta in uno dei due spazi ottaedrici, realizzando una
configurazione a minore energia e causando uno squilibrio di cariche che si manifesta nella
formazione di un dipolo elettrico. Quindi, la natura piezoelettrica intimamente legata alla
simmetria del cristallo e, infatti, non pu verificarsi in materiali completamente isotropi.
Lanisotropia dei materiali in questione rende indispensabile la differenziazione delle
caratteristiche elettriche, meccaniche e piezoelettriche lungo le tre direzioni spaziali. Vengono
convenzionalmente definite le tre direzioni 1, 2, 3 coincidenti con gli assi cartesiani x, y, z e le
rotazioni intorno agli assi corrispondenti 4, 5, 6 come mostrato in figura:

z (3)
(6)

y (2)
(4)
(5)
x (1)

Figura 9-indici convenzionali per le propriet piezoelettriche

Le propriet piezoelettriche di un materiale sono equivalentemente descritte dalle seguenti


costanti fisiche:

Coefficiente (piezoelettrico) di deformazione- strain coefficient- dij (C/N): rappresenta la


densit di carica sviluppata per una data tensione meccanica o, analogamente, la
deformazione per unit di campo elettrico applicato; ad esempio, d 31 rappresenta la
deformazione lungo la direzione 1 quando il campo elettrico applicato nella direzione 3.

Coefficiente di tensione elettrica gij (V m/N): rappresenta il campo elettrico sviluppato per
unit di stress meccanico apllicato; g33, ad esempio, denota il campo sviluppato nella direzione
3 per una tensione applicata nella stessa direzione.

Queste due costanti sono legate dalla seguente relazione, dove

la permittivit o costante

dielettrica del materiale:

In cui si osserva che unelevata permittivit fa diminuire il coefficiente di tensione e, quindi, la


sensibilit del piezoelettrico.
Un ultimo parametro per la caratterizzazione dei materiali piezoelettrici il coefficiente di
accoppiamento kij, adimensionale, ossia il rapporto tra lenergia immagazzinata e quella applicata.
E un indice dellefficienza del materiale, perch ci permette di stabilire la capacit con cui il
materiale converte lenergia da meccanica ad elettrica, e viceversa.
2.5.2 Caratteristiche del fascio generato
La forma e le dimensioni del traduttore piezoelettrico, che contenuto in una scatola metallica
formando la cosiddetta sonda, influenzano la geometria del fascio generato. In particolare,

Intensit ultrasuono

utilizzando forme piane landamento degli ultrasuoni generati mostrato nella figura seguente:

xmax

sorgente
Fresnel zone

Fraunghofer zone

Figura 10-Andamento dell'intensit del campo al variare della distanza dalla sorgente

Si distinguono due zone: la zona di di Fresnel e zona di Fraunghofer. Nella prima contenuta
lenergia dellonda, mentre nella seconda inizia la divergenza di questultima. Questa
differenziazione abbastanza chiara se si ricorda che una volta generato dalla sorgente,
lultrasuono inizia a propagarsi (allontanandosi da essa) perdendo intensit.
La zona dinteresse si estende fino a una distanza massima pari a:
se r2 >>
Dove r il raggio del trasduttore e la lunghezza donda, che come vediamo deve essere molto
pi piccola del raggio, altrimenti il fascio diverge in tutte le direzioni. Rispettando questa
condizione assicuriamo un fascio che si propaga lungo una direzione privilegiata almeno entro la
distanza xmax, in cui garantita una buona risoluzione delle immagini ottenute mediante tecniche
a ultrasuoni.
Oltre tale distanza lultrasuono inizia a divergere secondo un angolo tale che:

La divergenza del fascio diminuisce con laumentare del raggio e della frequenza.
Qualora la sonda non fosse piana o, comunque, si vuole stabilire entro quale zona deve essere
concentrata lenergia emessa si effettua una semplice operazione detta focalizzazione. Tecniche
pi avanzata permettono di effettuare una focalizzazione elettronica, come si vedr meglio pi
avanti, mentre le principali tecniche di focalizzazione meccanica consistono nellaccoppiamento
del trasduttore con una lente acustica esterna, cilindrica o sferica, a seconda che la focalizzazione
necessaria su una linea o su un punto. Tale processo pu anche essere attuato interamente al
trasduttore, lavorando direttamente la sua superficie per attribuirle una curvatura opportuna, ma,
quando si lavora a frequenze al di sopra dei 5 MHz, lo spessore del trasduttore talmente ridotto
da essere difficilmente lavorabile, per cui obbligata la scelta delle lenti acustiche. Comunque, il
parametro principale che caratterizza la focalizzazione la distanza focale F, cio la distanza tra il
trasduttore e la zona focalizzata, e il diametro della lente che deve essere minore del diametro del
cristallo.

Inoltre, facendo riferimento allo schema del pi semplice trasduttore piezoelettrico, cio quello
costituito da un singolo elemento a facce piane e parallele, su cui sono depositati gli elettrodi in
forma di film metallici, mostrato in figura:

Verso di
polarizzazione

Figura 11-Schema di un elemento piezoelettrico a facce piane parallele

E facendo riferimento ad alcuni elementi dalla teoria dei campi [6], pu accadere che:
1.

Le dimensioni laterali del trasduttore siano molto pi grandi dello spessore (L>>l, w>>l) e
quindi la propagazione avviene solo lungo la direzione dello spessore stesso (modo
fondamentale, poich la direzione dello spessore stata assunta come direzione di
polarizzazione). Questo tipo di propagazione detto thickenss mode;

2.

Le dimensioni nelle tre dimensioni siano simili e in tal caso vengono eccitati sia il modo
fondamentale che quelli nelle direzioni perpendicolari alla direzione di polarizzazione; inoltre,
tali modi risultano accoppiati e laccoppiamento tanto pi forte quanto pi le tre dimensioni
sono simili.

Questo legame tra i modi e le dimensioni geometriche appare chiaro se ricordiamo la relazione
che sussiste tra la frequenza fondamentale di ogni modo e la dimensione del mezzo, indicata con l,
lungo cui si propaga:
(

Quindi, quando c una differenza sostanziale tra le tre dimensioni L, l e w, c differenza anche tra
le frequenze dei modi corrispondenti: nel caso considerato al punto 1. ci sar una frequenza
dominante, molto pi grande delle altre due, mentre nel caso 2. le frequenze sono dello stesso
ordine di grandezza e, quindi, si verifica laccoppiamento.

2.5.3 Circuito equivalente


Andiamo ora ad analizzare il circuito equivalente di un trasduttore piezoelettrico, di grande utilit
sia per la progettazione, sia per prevederne lefficienza e la capacit di trasferire potenza.
Un semplice trasduttore a facce piane e parallele che oscilla in thickness mode pu emettere e
irradiare da entrambe le facce (si parla in questo caso di carico acustico simmetrico, symmetrical
load), oppure da una sola faccia, nel caso laltra sia in contatto con laria o con qualunque mezzo
che causi un forte disaccoppiamento di impedenza, che ne preclude lemissione (air-backed). Un
trasduttore air-backed ha una superficie radiante che complessivamente la met di un
trasduttore a symmetrical load. Quindi se si indica con il fattore di conversione utilizzato per
convertire le impedenze meccaniche in impedenze elettriche per un trasduttore a symmetrical
load, un fattore 2 deve essere usato per un trasduttore a air-backed.
Per ottenere il circuito equivalente bisogna considerare tutte le grandezze che determinano
limpedenza dingresso totale: sicuramente c la capacit Co, perch un materiale piezoelettrico si
comporta come un normale condensatore elettrico; la resistenza RL, dovuta alle perdite nel
trasduttore, in serie con limpedenza di carico ZR, uninduttanza L dovuta alla massa del
trasduttore e una capacit C dovuta a propriet meccaniche del materiale piezoelettrico. E stata
trascurata la resistenza interna del trasduttore; trascurando anche la resistenza R L, come
possibile nel caso di trasduttori con alto fattore di qualit Q, di cui si dir a breve, i circuiti
equivalenti per le due configurazioni sono i seguenti:

Co
C
ZR

Figura 12-Circuito equivalente per un semplice trasduttore piezoelettrico a facce piane e


parallele operante in thickness mode

L
Co
C
ZR

Figura 13-Circuito equivalente per un semplice trasduttore piezoelettrico a facce piane e


parallele operante in air-backed

In condizioni di risonanza, L=1/C, inserendo due resistenze RD e RS, al fine di tener conto
rispettivamente delle perdite dielettriche e delle perdite interne, il circuito si semplifica in questo
modo:

IT

I1

I3

I2

RS
RD

Co

ZR

Figura 14-Circuito equivalente di un trasduttore piezoelettrico in condizioni di risonanza

Possiamo calcolare lefficienza del trasduttore, definita come il rapporto tra la potenza di ingresso
e la potenza di uscita del sistema stesso, facendo riferimento al circuito equivalente in condizioni
di risonanza, perch bisogna necessariamente tener conto delle perdite allinterno del trasduttore,
che sono una delle principali cause del calo di prestazioni.
Quindi, con riferimento alla figura 24, la potenza di uscita del trasduttore :

Mentre quella in ingresso vale:


(

Da cui lefficienza del trasduttore risulta:


(

)(

Dalla teoria dei circuiti, il principio di massimo trasferimento di potenza da un generatore a un


carico esterno afferma che per aumentare lefficienza di un dispositivo limpedenza di carico deve
essere la coniugata dellimpedenza del generatore. Inoltre, possibile migliorare laccoppiamento
di impedenza aggiungendo sul trasduttore piezoelettrico uno strato lungo /4 di un materiale che
presenta una bassa impedenza acustica, per ridurre il meno possibile lampiezza del segnale
generato dal sensore.

Aria

Mezzo di
trasmissione

Piezoelettrico

Mezzo di accoppiamento /4

Figura 15-Schema di un trasduttore piezoelettrico con uno strato /4 di accoppiamento al mezzo


di trasmissione

Detto ci, introduciamo un altro parametro caratteristico di un trasduttore, il fattore di qualit Q,


definito come il rapporto tra lenergia immagazzinata nelle componenti reattive e lenergia
dissipata nelle componenti resistive. Dalla figura 23, trascurando le perdite reattive, il fattore di
qualit vale:

E un indice della rapidit di variazione della curva di risonanza: tanto pi il valore di Q elevato,
tanto pi stretta e ripida la curva di risonanza ed elevata lampiezza del segnale generato;
viceversa, minore il valore di Q, tanto pi la curva di risonanza larga (estesa su un intervallo di
frequenze pi ampio) e pi basso il suo valore massimo.
Generalmente i trasduttori piezoelettrici sono caratterizzati da un alto fattore di qualit. Il risultato
che se vengono sollecitati con impulsi di breve durata essi rispondono oscillando per un periodo
di tempo anche molto pi lungo della durata dellimpulso applicato. Questo fatto non costituisce
un problema quando si opera in regime continuo, ma se il trasduttore destinato a funzionare in
regime alternato (come nella maggior parte delle applicazioni diagnostiche) necessario ridurre la
durata dellimpulso generato, per evitare sovrapposizioni tra impulso diretto e impulso riflesso.
Per fare ci si applica sulla faccia retrostante del piezoelettrico un materiale con forte
smorzamento interno, creando il cosiddetto strato di backing. Chiaramente, limpedenza
acustica del materiale utilizzato ha effetti sullefficienza complessiva del trasduttore, per cui si
scelgono materiali con impedenza compresa tra 3 e 7 Mrayl (unit di misura utilizzata per
limpedenza acustica, dal nome del fisico che la intodusse Lord Rayleigh; 1 rayl=1 Pa s/m).

Trasduttore

Elemento
piezoelettrico

Basso smorzamento

Input

Impulso generato
Trasduttore

Elemento
piezoelettrico

Alto smorzamento

Input
Strato di backing

Figura 16-Trasduttore piezoelettrico non smorzato e smorzato con lo strato di backing

Lintroduzione di questo strato ha effetti anche sulla larghezza della banda del trasduttore: infatti,
diminuendo la durata dellimpulso la risposta in frequenza diventa pi estesa (dal principio di
indeterminazione della teoria dei segnali, ad una diminuzione della durata del segnale
corrisponde un aumento della sua banda, e viceversa ).
In definitiva, un trasduttore a singolo elemento costituito da un cristallo piezoelettrico,
solitamente in forma di disco sottile sulle cui facce sono depositati gli elettrodi, in forma di film in
oro e argento, e da uno strato di backing e di accoppiamento a /4. Questi tre elementi
fondamentali sono racchiusi in un contenitore isolato elettricamente (la sonda, come abbiamo gi
detto), che fornisce il necessario supporto strutturale, e sono circondati da uno schermo a radio
frequenza posto elettricamente a terra sullelettrodo frontale, per ridurre le interferenze. Spesso
ci sono lenti acustiche di cui si detto prima.

2.5.4 Trasduttori a schiera


Sebbene i trasduttori a singolo elemento abbiano tuttora importanti applicazioni, specie in campo
terapeutico, a iniziare dagli anni Settanta avanzamenti decisivi nella strumentazione diagnostica
sono stati favoriti dallintroduzione di trasduttori a multi-elementi, detti trasduttori a schiera,
costituiti da schiere di trasduttori elementari disposti lungo una sola direzione (linear array), lungo
un anello (anular array), secondo una geometria planare (planar array) o geometrie pi complesse,
e controllabili singolarmente sia in recezione che in trasmissione. Schematicamente, un
trasduttore a multi-elementi viene realizzato, come esemplificato in figura 27, a partire da
ununica struttura stratificata contenente backing, ceramica piezoelettrica, strato a /4 e lente
acustica se necessaria, che viene poi opportunamente sezionata per ottenere i singoli trasduttori
contigui. Su una dimensione lineare variabile orientativamente tra 75 e 120 mm un simile
trasduttore pu contenere fino a 512 elementi rettangolari distinti.
Nel suo funzionamento pi elementare, un array lineare opera in modo sequenziale (sequential
linear array); i singoli elementi vengono attivati in successione temporale e ciascuno genera (o
riceve) un fascio di ultrasuoni lungo il proprio asse di simmetria. Il risultato una scansione lineare
rappresentata da un numero discreto di righe uguale al numero di elementi di cui composto il
trasduttore.
Tra i maggiori inconvenienti di questa modalit di impiego, ormai utilizzata solo in alcune
applicazioni specifiche, vi il fatto che le ridotte dimensioni dei singoli elementi comportano la

generazione di campi che tendono a divergere rapidamente gi a distanze molto prossime al


trasduttore. Linconveniente superato nei linear stepped array, in cui i diversi elementi vengono
combinati in sottogruppi in modo che essi operino contemporaneamente come un singolo
elemento di dimensioni pi grandi. Tuttavia, questa configurazione comporta che, a parit di
elementi del trasduttore, la scansione rappresentata da un numero inferiore di righe. Per
mantenere una densit di righe sufficiente si ricorre al linear step-down array, consistente in
pratica in una sovrapposizione parziale dei sottogruppi. Il numero di righe e quindi la risoluzione e
la qualit delle immagini dipende dal grado di sovrapposizione dei sottogruppi.

w
L

passo
Matching
Piezo

Backing

Figura 17-Schema di un array lineare di trasduttori piezoelettrici

Gli array lineari presentano intrinsecamente alcune limitazioni importanti. Limmagine prodotta ha
un formato rettangolare, con una larghezza del campo di vista imposta dalla lunghezza fisica della
schiera di elementi, e il massimo numero di righe della scansione coincide al massimo con il
numero di elementi. Inoltre le relativamente grandi dimensioni del trasduttore impediscono
laccesso a strutture in cui viceversa disponibile una finestra acustica ristretta.
Una flessibilit decisamente maggiore offerta dai linear phased array, array a multi elementi in
cui tutti i singoli componenti vengono impiegati per formare ciascuna riga della scansione. Se tutti
gli elementi sono attivati simultaneamente, le onde generate da ciascuno di essi si combinano in
modo da formare a una certa distanza dal trasduttore unonda piana progressiva che si propaga
parallelamente alla superficie dellarray. Per ottenere, per, una maggiore focalizzazione, anzich

attivare i singoli elementi, che pur generando fasci stretti, garantendo quindi una buona
risoluzione, hanno dimensioni troppo piccole per cui i campi prodotti divergono rapidamente, si
attivano sottogruppi di elementi con piccoli ritardi temporali tali da realizzare la distanza focale
richiesta. Questa tecnica va sotto il nome di focalizzazione elettronica e i suoi vantaggi sono
mostrati nella seguente figura:

(a)

(b)

(c)

Sequenza di
attivazione

Figura 18-Confronto tra fascio ottenuto con le diverse tecniche di attivazione degli elementi del
trasduttore

Praticamente, quando si attivano contemporaneamente tutti gli elementi si ha un fronte donda


parallelo al trasduttore (a), ritardando ogni singolo elemento del trasduttore si ottiene un fronte
donda crescente verso laltro (b), mentre attivando gli elementi laterali poco prima il fronte
donda arriva in fase in un punto preciso che risulta focalizzato (c). Se poi si vuole modificare la
distanza focale bisogna semplicemente modificare il ritardo attraverso lelettronica del cosiddetto
beamforming. I phased arrays sono gli unici trasduttori, tra quelli citati, che ben si prestano a
questa tecnica.
Le caratteristiche del linear stepped array e del linear phased array sono incorporate in un unico
elemento: il vector array. Gruppi di elementi trasduttori sono attivati temporalmente in modo da
variare opportunamente langolo di scansione ed possibile ottenere campi di vista pi ampi
rispetto ai phased array.

Lanular array, invece, ha una struttura con un trasduttore circolare centrale circondato da una
serie di elementi disposti su anelli concentrici, in un numero variabile tipicamente da 6 a 8. I
trasduttori sono attivati con ritardi temporali tali da focalizzare il fascio alla profondit voluta
lungo lasse di simmetria in una regione molto piccola, da 1 a 3 mm; lanello pi esterno viene
attivato per primo, e via via quelli interni verso il centro.
Uno dei principali problemi dei trasduttori a schiera la formazione di lobi secondari di emissione
acustica, che possono risultare causa di difficolt di vario genere nella formazione e
nellinterpretazione delle immagini. Due tipi di lobi vanno presi in considerazione: i lobi laterali
(side lobe) e i cosiddetti grating lobe. I primi si manifestano nei trasduttori a singolo elemento e
negli array vengono ridotti attenuando progressivamente lampiezza del segnale applicato agli
elementi periferici della schiera; i gratin globe, invece, sono propri della periodicit della struttura
a multielementi e richiedono un trattamento pi complesso.
Ricordiamo che lampiezza totale Atot del campo generato dalla contemporanea emissione di n
onde di ampiezza A dato da:

Dove langolo formato tra il punto in cui si trova il bersaglio e il trasduttore.


Quindi per n/2=k tale quantit si annulla, mentre quando numeratore e denominatore, per
=2k , si annullano contemporaneamente ci saranno i punti di massimo. In particolare, per k=0 ci
sar il massimo centrale che quello dinteresse, tutti gli altri sono i grating lobes da eliminare. La
posizione angolare dei lobi

, dove d la distanza tra i singoli elementi dellarray;

quindi se e soltanto se k/d minore o al pi uguale di 1 (per definizione di seno) possono


generarsi tali massimi: per evitare i grating lobes basta che k/d sia maggiore di 1, cio che gli
elementi siano posti a una distanza pari almeno a met lunghezza donda. Pertanto, il problema
pu essere affrontato ricorrendo a una tecnica chiamata subdicing, che consiste nel suddividere
gli elementi di un array in sotto-elementi di dimensioni pi piccole e gestiti elettronicamente in
modo da realizzare una pi piccola distanza tra gli elementi emettenti. Si tratta, per, di una
tecnica poco pratica, per cui spesso si preferisce ricorrere allapodizzazione, che consiste nel fatto
che limpulso inviato al cristallo lungo lapertura viene variato di intensit, massimizzandolo al
centro e riducendolo verso la periferia. In questo modo lampiezza dei lobi laterali viene ridotta
anche di 60 dB rispetto a quella centrale. Nella figura seguente si vede come, scegliendo d=0,5 si
evitano i lobi laterali, che invece compaiono per d=2,0.

Figura 19-Esempio di formazione dei lobi laterali

2.5.5 Accoppiamento sonda-materiale da investigare


Per ottenere un buon accoppiamento tra la sonda ed il materiale sotto esame necessario
eliminare l'aria che vi si interpone, cosa che viene ottenuta mediante l'utilizzo di un mezzo di
accoppiamento da interporre tra la sonda e la superficie da esaminare. Il mezzo di accoppiamento
deve avere buone caratteristiche di bagnabilit, ed una buona trasparenza agli ultrasuoni. Il mezzo
di accoppiamento deve essere scelto in modo da non danneggiare la superficie del particolare. In
base all'esigenza tale mezzo pu essere scelto tra:

olio tipo SAE 30;

gel per ultrasuoni;

acqua;

glicerina.

Strumenti di misura ad ultrasuoni


Le principali classi di sistemi ad ultrasuoni sono gli ecografi, per la rappresentazione mono e
bidimensionale di strutture interne al corpo, e i flussimetri, per le misure della velocit dei flussi
ematici. Le recenti apparecchiature cardiologiche integrano i due tipi di informazioni, presentando
i valori del campo di velocit sovrapposti alle immagini delle camere cardiache [7].
3.1 Limmagine ecografica
Lecografia rappresenta una modalit di immagine che si basa sullinvio di impulsi ultrasonori e
sulla recezione dei segnali provenienti dalle varie discontinuit della regione investigata, secondo
le leggi della riflessione discusse nel capitolo precedente [8].
3.1.1 Principi operativi
Lo schema generale che rappresenta il funzionamento di un ecografo il seguente [9]:

Logica di controllo
Timer
Generatore di impulsi

Trasduttore
Amplificatore
Demodulatore

Conv.
A/D

Scan
convert

Conv.
D/A

Circuito TGC

Display

Figura 20-Schema funzionale di un ecografo

La logica di controllo del trasduttore sensibilmente diversa nel caso cha la scansione sia
realizzata elettronicamente (linear phased array) o meccanicamente (anular array). Nel primo caso
la sua funzione principale consiste nel selezionare i cristalli dallarray a cui applicare gli impulsi di

eccitazione. Nel caso di scansione meccanica la logica di controllo provvede a codificare la


posizione angolare del trasduttore. Un generatore di impulsi consente di eccitare i cristalli
piezoelettrici del trasduttore e, quindi, di generare londa ultrasonora. Le modalit di attivazione
del trasduttore possono essere diverse: si pu collegare un generatore sinusoidale per applicare
una tensione alternata al cristallo, oppure si pu produrre una shock excitation tramite la scarica
di un condensatore sul cristallo, che viene stimolato a vibrare alla sua frequenza fondamentale, o
infine, come si fa attualmente, si pu inviare un burst di 1-3 cicli di radioonde quadrate ad una
frequenza pari alla frequenza centrale desiderata, nellambito della banda consentita dal
trasduttore.
Il segnale viene poi inviato ai tessuti che, in base al coefficiente di attenuazione e secondo le leggi
di riflessione discusse nel precedente capitolo, generano gli echi di ritorno. Questi sono rilevati dal
trasduttore e, grazie alla reciprocit del fenomeno piezoelettrico, trasformati in un segnale
elettrico di ampiezza proporzionale allintensit degli echi ricevuti. Il segnale viene inviato ad un
amplificatore il cui guadagno modificabile in maniera dinamica per mezzo di unopportuna
tensione di controllo generata dal circuito TGC (Time Gain Compensation). Tale circuito consente
di incrementare lintensit degli echi provenienti da interfacce profonde, modificando il guadagno
in senso inverso alla curva di attenuazione. Dal punto di vista algoritmico, il segnale ricevuto viene
moltiplicato per una funzione di guadagno g(t), che aumenta al crescere del tempo di risposta e,
quindi, della profondit da cui si genera leco, come mostrato in figura 29.
Il segnale amplificato viene poi demodulato per rimuovere le oscillazioni ad altra frequenza,
inviato ad un convertitore analogico-digitale e memorizzato nello scan-converter. In questa fase
pu aver luogo unoperazione di pre-elaborazione del segnale. Infine, i dati numerici, ritrasformati
in analogico attraverso una conversione digitale-analogico, vanno a formare il segnale video
visualizzabile sul monitor, insieme ai segnali di sincronismo generati da un circuito apposito.

Ampiezza pre-amplificata

Successione di
interfacce
riflettenti

Soglia di
percezione

g(t)

Ampiezza post-amplificata

Figura 21-Principio di funzionamento del TGC

3.1.2 Parametri fondamentali degli ecografi


Gli ecografi e in generale qualunque sistema di misura utilizzato nellambito dellimaging devono
avere caratteristiche tali da generare immagini comprensibili e chiare per esperto umano. Sono
stati definiti tre parametri che permettono di valutare lefficienza dello strumento in questo senso:
la risoluzione geometrica, la risoluzione in contrasto e luniformit su tutto il campo di vista.
La risoluzione geometrica una misura dellabilita dello strumento a separare strutture vicine tra
loro. Si distingue tra: risoluzione assiale (lungo lasse del fascio ultrasonoro) e risoluzione laterale
(lungo le direzioni ortogonali al fascio). La prima indice della capacit dello strumento di
distinguere tra due oggetti vicini che si trovano lungo la direzione di propagazione del fascio, la

seconda, al contrario, esprime la capacit dello strumento di distinguere oggetti vicini posti
perpendicolarmente al fascio. Inoltre, la prima dipende dalla frequenza degli ultrasuoni e quindi
dalla lunghezza donda: maggiore la frequenza, minore la lunghezza donda e, quindi, migliore
sar la risoluzione assiale. Comunque, non pu essere minore della lunghezza donda. Invece, la
risoluzione laterale dipende dalla dimensioni dei cristalli piezoelettrici.
La risoluzione in contrasto permette di differenziare i tipi di tessuto e di vedere strutture
debolmente riflettenti in presenza di riflettori molto forti. Pu essere migliorata con le tecniche di
elaborazione delle immagini, in particolare scegliendo appropriatamente i livelli di grigio da
associare ad ogni segnale ricevuto.
Infine, luniformit rappresenta labilit del sistema di presentare le stesse caratteristiche
(risoluzione geometrica e di contrasto elevate) su tutto il campo di vista. Spesso, invece, si osserva
una buona risoluzione nella zona focale e un progressivo sfuocamento nel campo lontano.
3.1.3 Limpulso emesso
Limpulso ultrasonoro generato dal trasduttore un segnale che occupa una banda di frequenze
pi o meno centrata intorno al valore fo, detta appunto frequenza centrale. Le frequenze esterne
della banda, f1 e f2, sono quelle frequenze in corrispondenza delle quali lampiezza del segnale
diminuisce di 3 dB rispetto a quella relativa alla frequenza centrale. La differenza
rappresenta lampiezza dello spettro del segnale. Quando il segnale emesso una semplice
sinusoide con frequenza f (come avviene in alcune applicazioni, ad esempio il Doppler continuo), la
banda ridotta a un unico punto. Pi comunemente, per, lemissione avviene a impulsi e la loro
frequenza di ripetizione (PRF, pulse repetition frequency) pu essere variata dalloperatore,
tenendo presente che leco relativo al primo impulso deve essere ricevuto prima che parta un
secondo impulso; quindi, la PRF limitata dalla massima profondit zmax e dalla velocit c
dellultrasuono nel mezzo, nel modo seguente:

La durata di un impulso completo chiamata pulse duration (PD) e viene formalmente definita
come il tempo che intercorre tra linizio dellimpulso e il punto che si trova a 20 dB al di sotto della
massima ampiezza picco-picco dellonda.
Il duty factor, DF, invece, la percentuale di tempo in cui il trasduttore in trasmissione e si
calcola attraverso la seguente formula:

Un tipico trasduttore con PD pari a 1s e una PRF di 1kHz trasmette solo per lo 0,1 del tempo e si
trova pertanto in modalit di recezione o attesa per il 99,9% del tempo.
La lunghezza dellimpulso detta spatial pulse lenght (SPL) ed calcolata moltiplicando la
lunghezza donda corrispondente alla frequenza centrale per il numero di cicli dellimpulso n:

Come abbiamo gi detto, essa influenza la capacit del sistema di rilevare i dettagli spaziali, quindi,
per produrre due eco distinti da due diverse discontinuit, limpulso deve essere molto breve. In
particolare, vale la seguente formula empirica:

3.1.4 Tecniche di rappresentazione del segnale


La rappresentazione del segnale richiede luso di un monitor. Originariamente venivano utilizzati
semplici oscilloscopi, strumenti capaci di visualizzare landamento di una tensione elettrica in
funzione del tempo attraverso luso di un tubo a raggi catodici. Praticamente, dopo la loro
emissione, un pennello di elettroni pu essere deviato da due coppie di placchette deflettrici,
pilotate dalle tensioni applicate, e poste a 90 tra di esse per corrispondere rispettivamente agli
assi x e y. Gli elettroni colpiscono lo schermo ricoperto di materiale fluorescente e diventano
visibili sotto forma di punti luminosi. Applicando ad una coppia di placchette una successione di
rampe a dente di sega, lo spostamento lungo lasse x proporzionale al tempo t. il segnale che si
vuole visualizzare inviato, invece, allaltra coppia di placchette e pilota lo spostamento del
pennello lungo lasse y.
La traccia visualizzata, per, si cancella molto rapidamente: questa la limitazione dei primi
oscilloscopi, superata utilizzando oscilloscopi a memoria, nei quali limmagine semplicemente
presente o assente in base ad una soglia pre-assegnata. Con lintroduzione degli scanner a
convertitori analogici prima, e poi digitali, stato possibile associare a un certo numero di livelli di
grigio lampiezza del segnale di eco prodotto dai tessuti.
A partire dalla fine degli anni Settanta, la tecnologia degli oscilloscopi stata progressivamente
sostituita dai display a cristalli liquidi LCD, nei quali possibile controllare lintensit del punto
luminoso che compare sullo schermo con due filtri polarizzatori posti a 90 e un sistema di
controllo della direzione del fascio basato sulla tensione applicata. La luce attrvaersa un primo
filtro polarizzatore che permette il passaggio in una sola direzione e, in assenza di tensione, viene
intercettata dal secondo filtro e non produce immagine. Al crescere della tensione applicata,

cresce langolo con cui viene deviato il fascio e dunque lintensit del fascio stesso, che supera il
secondo filtro permettendo la visualizzazione dellimmagine. Questultima viene prodotta riga per
riga, applicando una tensione che regola la deflessione orizzontale.
In base alle diverse modalit di visualizzazione del segnale ecografico distinguiamo tre tipi di
rappresentazione: A-mode (dove A sta per amplitude, cio ampiezza), M-mode (dove M sta per
movement, cio movimento) e B-mode (dove B sta per brightness, cio luminosit).
3.1.5 A-mode
La rappresentazione A-mode o A-scan permette di stabilire la posizione della struttura in analisi. Si
sfrutta il fatto che lampiezza delleco dipende dalla distanza dallemettitore, dal coefficiente di
attenuazione del mezzo e dal coefficiente di riflessione del bersaglio. In particolare, i tempi di
ritorno del segnale corrispondono alla profondit z della superficie riflettente. Pertanto,
collegando il generatore di impulsi allasse orizzontale e il segnale ricevuto e(t), poi corretto dal
TGC ep(t), allasse verticale del monitor possibile evidenziare la posizione assiale dei tessuti
dinteresse.
Nello schema seguente mostrato il principio di funzionamento dellA-scan: il sincronizzatore
invia un impulso di tensione p(t) al trasduttore, che origina il segnale ultrasonoro e
contemporaneamente invia un comando che attiva un clock che misura il tempo intercorso tra
linvio del segnale e la recezione delleco.

p(t)
Timer

Asse x

Sonda

TGC
Asse y
e(t)

ep(t)

Figura 22-Principio di funzionamento dell'A-scan

Questa metodica ormai scarsamente utilizzata , fatta eccezione per leco-encefalografia , per
determinare la posizione della linea mediana del cervello e, pi in generale, lesioni che alterano la
simmetria della struttura cranica, e per leco-oftalmologia, che individua efficacemente i distacchi
di retina e i tumori alla coroide.
Un esempio di ecografia A-mode riportato di seguito:

Figura 23-Esempio di ecografia A-mode

3.1.6 M-mode
Questo tipo di rappresentazione permette di visualizzare eventuali movimenti ciclici delloggetto
in esame e sostanzialmente consiste nellacquisizione successiva dellA-scan. Per questa modalit,
necessario inviare un treno di impulsi distanziati da un tempo T inferiore al periodo del
movimento ciclico in esame, ma superiore al massimo tempo di volo:

Spostando il trasduttore, che tenuto in posizione dalloperatore, in modo da investigare un piano


come successione di linee ad una certa distanza luna dallaltra, possibile acquisire il segnale di
ampiezza in funzione delle profondit lungo diverse linee di vista, ottenendo una scansione 2D. In
questo caso, nella visualizzazione sulloscilloscopio, la base dei tempi che regola la deflessione
orizzontale determinata dalla periodicit degli impulsi inviati, mentre la deflessione verticale
deve tener conto di una molteplicit di segnali in arrivo dalle diverse strutture in moto; lintensit
del display invece regolata dallampiezza segnale che torna al trasduttore. Le interfacce ferme
producono linee rette sul monitor, quelle in movimento, invece, danno luogo a linee che variano
secondo la periodicit del movimento stesso, permettendo di apprezzare velocit, frequenza e
ampiezza del movimento.
In figura 31 schematizzato il funzionamento di un M-scan.

p(t)
Timer
Asse y
Sonda
Asse x

TGC
Asse z
e(t)

ep(t)

Figura 24-Principio di funzionamento dell'M-scan

Una delle principali applicazioni dellM-mode la visualizzazione del movimento del cuore, delle
sue valvole e dei suoi vasi. Di seguito infatti riportata unecografia M-mode della valvola
mitralica, in cui compare anche il tracciato elettrocardiografico:

Figura 25-Esempio di ecografia M-mode


3.1.7 B-mode
La modalit pi comunemente utilizzata nellimaging ecografico il B-mode o B-scan, che si basa
sulla possibilit di usare leco ricevuto dai tessuti per modulare lintensit della rappresentazione
della risposta da ciascuna singola superficie riflettente.
E possibile ottenere immagini bidimensionali della sezione esaminata investigandola attraverso
uno o pi fasci ultrasonori direzionati lungo linee di diverso orientamento. Le linee di vista sono
normalmente generate muovendo meccanicamente il trasduttore, ad esempio facendolo ruotare
o vibrare, oppure tramite apparecchi a specchio.
Lungo ciascuna linea di vista viene inviato un impulso e ricevuto un segnale opportunamente
ritardato in funzione della distanza dallemettitore, che corrisponde alla riflessione dei tessuti
investiti dallonda. Ciascuna linea di vista (x,y) viene monitorata e memorizzata. I tempi di ritorno
permettono di posizionare in senso assiale un pixel in corrispondenza delle superfici, mentre un
opportuno segnale ep(t) di modularne lintensit attraverso un livello di grigio proporzionale
allampiezza del segnale (si va dal bianco, massima intensit, al nero, assenza di echi). Al termine

viene selezionata una linea di vista vicina e si procede alla medesima procedura, visualizzando le
corrispondenti strutture con una linea di pixel che si aggiunge alla precedente, formando
progressivamente unimmagine bidimensionale persistente. Al termine della scansione completa
della regione bidimensionale, le linee verticali vengono progressivamente sostituite dai nuovi
segnali e limmagine viene aggiornata.
Di seguito si riporta lo schema che illustra le procedure appena esaminate.

Generatore di
coordinate (x,y)
p(t)
Assi x e y

Timer

Sonda
Aggiornamento

TGC
Asse z
e(t)

ep(t)

Figura 26-Schema di funzionamento di un B-scan


In figura 37 vi un esempio di immagine ecografica B-mode, che in particolare mostra la presenza
di un linfonodo sospetto.
Vi sono importanti limitazioni al numero di linee di vista visualizzabili, essenzialmente legate al
fatto che una linea di vista successiva pu essere esplorata soltanto quando siano ritornati tutti gli
eco della precedente. I parametri importanti di cui tener conto sono in particolare:

La profondit di penetrazione P; poich il tempo necessario per investigare un tessuto che si


trova alla profondit di 1 cm mediamente di 13 s, il tempo richiesto da ciascuna linea di
vista sar 13 P s;

Il numero di linee N che vengono investigate.

Figura 27-Esempio di ecografia B-mode

Il tempo totale sar dato da 13 P N s, ne consegue che il frame rate FR, ossia il numero di
immagini acquisibili al secondo, sar:

Il massimo numero di immagini acquisibili al secondo sar esprimibile in funzione della velocit di
propagazione e della PRF come:

Per incrementare il frame rate occorre pertanto ridurre necessariamente la profondit o il numero
di linee. Per ovviare a questo problema e nel contempo migliorare la qualit dellimmagine con un
numero di linee sufficiente (locchio umano richiede circa 400 linee per non percepire la
discontinuit dellimmagine) vengono rappresentate linee aggiuntive ottenute con tecniche di
interpolazione.
I limiti fondamentali di questa modalit di visualizzazione sono legati al fatto che la
rappresentazione non in tempo reale, che necessita di tempi lunghi e che lattrezzatura troppo
voluminosa e costosa. Pertanto, essa non viene pi praticata dagli anni Ottanta.
Per ottenere unimmagine in tempo reale si utilizza una particolare tecnologia, detta
beamforming, che permette di investigare in contemporanea, o con un minimo ritardo, tutte le
linee di vista in un dato piano. Essa richiede che i trasduttori siano incorporati in ununica unit

elettronica che ne controlla il funzionamento, condiziona i segnali di radiofrequenza che li attivano


e provvede alla formazione dellimmagine. E necessario, quindi, utilizzare trasduttori a schiera
piuttosto che trasduttori a singolo elemento.
La conseguenza un aumento enorme della complessit del sistema, nonch dei fattori di
regolazione che determinano il risultato finale.
Anche nella modalit real-time esistono le restrizioni sul frame rate, FR, per il quale il valore
massimo si calcola come visto in precedenza. Ci comporta che il beamformer richiede almeno
una trasmissione per ricreare linformazione di una linea, e poich la qualit dellimmagine
proporzionale al numero di linee contenute in un frame, la qualit dellimmagine limitata dal
numero degli eventi di trasmissione per frame. Anche per migliorare il rapporto segnale/rumore
occorrono eventi multipli di trasmissione e conseguente riduzione del frame rate. Questi sono i
limiti principali della tecnologia beamforming in trasmissione. Anche in recezione, per, ci sono
diversi problemi, in particolare legati al fatto che le linee vengono processate separatamente,
senza considerare eventuali legami tra linee diverse, con la conseguenza che il rapporto
segnale/rumore dellintera immagine lo stesso di una singola linea. Inoltre, questa tecnica
utilizza unapprossimazione basata sulla costanza della velocit di propagazione degli ultrasuoni
nei tessuti: tale ipotesi non sempre verificata, per cui si ottiene una focalizzazione accurata solo
laddove tale approssimazione rispecchia la velocit reale.
Viste le numerose problematiche del beamforming, sono state proposte tecniche pi avanzate,
come la SonoCT Real-time Compound Imaging, messa a punto dalla Philips, che migliora
limmagine sovrapponendo varie immagini complanari ottenute utilizzando angoli di insonazione
diversi da quello ortogonale generalmente usato. Questo permette di ottenere un significativo
incremento del rapporto segnale/rumore, di migliorare il contrasto e di aumentare la confidenza
diagnostica dellesame.
3.1.8 Limitazioni e artefatti dellimmagine ecografica
Le problematiche che derivano dalle dimensioni finite del fascio ultrasonoro, dalla durata limitata
degli impulsi e dal range di frequenze utilizzate per il trasduttore costituiscono le cosiddette
limitazioni dellimmagine ecografica. Gli artefatti, invece, sono dovuti alle assunzioni fatte sulle
caratteristiche di propagazione degli ultrasuoni.
Le principali limitazioni che si manifestano sono:

La zona morta, ossia quella parte di regione investigata prossima al trasduttore dalla quale
non si ricevono echi, a causa della particolare frequenza scelta per il trasduttore stesso;

La limitata profondit di penetrazione, anchessa legata alla frequenza a cui opera il


trasduttore, che riduce la capacit dello strumenti di rilevare echi deboli provenienti da
interfacce situate ad una certa profondit;

La limitata risoluzione laterale, a causa della larghezza limitata del fascio ultrasonoro: mentre
un sistema ideale riprodurrebbe unimmagine puntiforme di un punto, nella realt limmagine
appare dilatata. Quanto pi il punto viene investito dalla regione periferica del fascio, tanto
pi leco debole e limmagine meno intensa, mentre i punti che non si trovano nella zona
focale sono dilatati.

La limitata risoluzione assiale, dovuta alla ridotta estensione temporale degli impulsi. In
particolare, questo tipo di risoluzione dipende dal numero di fronti di salita del pacchetto di
ultrasuoni emesso e non pu essere minore della lunghezza donda. Per tanto, per migliorare
la risoluzione assiale si ricorre ad un compromesso tra laumento delle frequenze utilizzate
(che, per, aumenta lattenuazione nel tessuto) e laumento dello smorzamento del cristallo
piezoelettrico.

Invece, per quanto riguarda gli artefatti, una fonte di incertezza dellimmagine ecografica
sicuramente lassunzione che la velocit di propagazione nei tessuti sia costante. Infatti, spesso
questa ipotesi non verificata, con la conseguente errata misura delle distanze
tessuti/trasduttore. Le immagini prodotte sono quindi distorte: uno degli esempi pi comuni
riguarda la rilevazione delle cisti sferiche, che vengono, invece, ovalizzate dal momento che la
velocit nei fluidi generalmente minore.
Anche lipotesi che lattenuazione nei diversi tessuti sia costante d luogo a diversi errori: in
particolare, quando lattenuazione effettiva minore rispetto a quella attesa, si manifesta il
fenomeno dellenhancing, cio si osserva un segnale pi intenso proveniente da zone pi profonde
rispetto a quello proveniente da zone prossimali; al contrario, quando lattenuazione effettiva
maggiore non arriva leco e si osservano zone dombra distali (fenomeno dello shadowing).
Invece, lassunzione che leco rilevato abbia percorso la linea di minima distanza tra la sorgente e il
riflettore fa si che quando si investigano regioni curve, come la parete uterina, la deviazione del
fascio ultrasonoro interpretato come proveniente da oggetti lungo la linea retta e vengono
create immagini artefattuali (nel caso della parete uterina si visualizzano due immagini distinte).

Un'altra tipologia di artefatto si presenta quando il fascio di ultrasuoni percorre superfici iperriflettenti. In tal caso, allinterfaccia si verificano riflessioni multiple, per cui gli echi sono ricevuti
con tempi diversi e diverse intensit, fornendo false informazioni sullesistenza e la profondit dei
tessuti. In particolare, gli echi provenienti in tempi successivi vengono interpretati con lesistenza
di interfacce multiple. Normalmente tale artefatto svelato dallequidistanza delle superfici
fantasma ed facilmente riconoscibile se si riduce lintensit del segnale, dal momento che
leffetto pi evidente al crescere dellintensit. Inoltre, a valle di queste superfici iper-riflettenti
si formano delle strisce dense di echi, che hanno direzione parallela al fascio ultrasonoro, per cui ci
si pu accorgere dellartefatto modificandone la direzione.
Infine, poich il fascio ultrasonoro non perfettamente delimitato, la sua parte centrale raggiunge
la parte interna delloggetto che deve essere visualizzato, mentre le sue componenti laterali di
minor intensit possono interagire con le pareti laterali delloggetto in esame, generando echi
supplementari che si sovrappongono allimmagine centrale. Fortunatamente, nella maggior parte
dei casi sono distinguibili perch fuori asse rispetto al fascio.
3.2 Flussimetri
Come gi anticipato allinizio del capitolo, i flussimetri consentono di ottenere informazioni circa la
velocit del flusso sanguigno allinterno dei vasi: se necessario porre il dispositivo direttamente
sul vaso esposto, si parla di flussimetri a tempo di transito, mentre se non necessario effettuare
laccesso diretto al percorso del fluido in esame, si parla di flussimetri Doppler.
3.2.1 Flussimetri a tempo di transito
I flussimetri a tempo di transito pervengono alla misura della velocit del sangue determinando la
differenza t tra i due diversi tempi che unonda ultrasonora impiega per attraversare un mezzo in
movimento, secondo che si propaghi in verso concorde o opposto alla velocit del fluido. Lo
schema a blocchi di tale flussimetro riportato di seguito:

Sensore

Rilevatore

Figura 28-Schema a blocchi di un flussimetro a tempo di transito

Il sensore costituito da due cristalli piezoelettrici, fatti funzionare alternativamente da


emettitore e ricevitore. Come mostrato in figura 34, i due cristalli sono posizionati a distanza d
sulle pareti opposte del vaso.
Nel caso di profilo piatto di velocit, u(r)=uo, la relazione t-u tra la differenza dei tempi di transito
e la velocit media del fluido, pu facilmente essere ricavata osservando che i due tempi di
transito, secondo e contro corrente, risultano rispettivamente:

Dove c la velocit di propagazione dellultrasuono nel mezzo, mentre langolo formato tra la
congiungente i due cristalli e lasse del vaso, come mostrato in figura:

u(r)

Figura 29-Principio di funzionamento di un flussimetro a tempo di transito

Di conseguenza si ha:

E quindi:

Nel caso di moto laminare, invece, la velocit ha un andamento parabolico del tipo:
( )

Dove uo la velocit media, mentre R il raggio del vaso.


La differenza t si pu ricavare con riferimento alla figura 19 che individua la zona a rischio e
minimo rischio per lesposizione di un tessuto agli ultrasuoni, osservando che il tempo per andare
da x a x+dx dato da:
( )

( )
( )

Dove lapprossimazione si ottenuta facendo lo sviluppo binomiale del secondo membro. Per
integrazione si ha:
(

Da cui:

Se avessimo utilizzato la relazione per il profilo piatto in questo caso avremmo sovrastimato la
velocit di oltre il 30%. Infatti, avremmo avuto:

Invece, nel caso di moto turbolento il profilo di velocit sostanzialmente piatto e in genere si ha:

Poich la differenza tra i tempi di transito piccola, dellordine dei nano secondi, non si possono
utilizzare dispositivi distinti per le due misure, perch piccole differenze di sensibilit o di fuori
zero darebbero errori inaccettabili sulla misura della differenza: pertanto, si ricorre allo stesso
dispositivo per misurare entrambi i tempi di transito.
3.2.2 Flussimetri Doppler
Per quanto riguarda i flussimetri Doppler, abbiamo detto che si tratta di un esame non invasivo,
che ha anche il vantaggio di non alterare apprezzabilmente le propriet fisiche del fluido di cui si
vuole misurare la velocit. E necessario, per, che il fluido contenga particelle in grado di riflettere
gli ultrasuoni, condizione largamente verificata nel caso del sangue. Diversamente dai flussimetri a
tempo di transito, i dispositivi Doppler risalgono alla velocit del fluido in esame attraverso la
misura della differenza di frequenza tra londa emessa e londa riflessa dalle particelle in
movimento presenti nel sangue. Il principio fisico di funzionamento mostrato in figura 38.

Figura 30-Flussimetro Doppler

Sfruttando semplicemente leffetto Doppler, di cui si detto nel precedente capitolo, una
particella P che si muove con velocit assiale u, quando viene investita da un fascio ultrasonoro a
frequenza fs, percepisce una frequenza fi data da:
(

Supponendo lemettitore fermo e indicando con

la componente della velocit della

particella lungo la direzione di propagazione dellultrasuono.


Il ricevitore R, poi, percepisce la frequenza fr pari a:
(

Poich il ricevitore fermo, mentre la particella, che in questo caso la sorgente, ha una
componente di velocit lungo la direzione di propagazione pari a

In definitiva, risulta:

Dove si posto

) e

; il cosiddetto angolo di insonazione.

Vediamo, quindi, che c proporzionalit tra la velocit e la frequenza riemessa, per cui, attraverso
unanalisi del contenuto frequenziale del segnale ricevuto, possibile ricavare informazioni sul
regime di velocit del sangue nei vasi e sul movimento di organi interni.
Lo schema generale di un flussimetro Doppler mostrato in figura 36:

Sensore

Pre-elaborazione

Rivelatore

Figura 31-Schema a blocchi di un flussimetro Doppler

Un trasduttore eccita ad una frequenza generalmente compresa tra 2 e 15 MHz un sensore


piezoelettrico, il quale genera unonda ultrasonora, che pu essere continua o di tipo impulsivo, a
seconda che il flussimetro sia ad onda continua, CW, o a onda pulsata, PW (di questi due tipi di
flussimetri si discuter meglio pi avanti).
Il blocco di pre-elaborazione include le seguenti operazioni:

Unamplificazione a radio frequenza, perch generalmente si riceve un segnale di intensit


molto bassa;

Una demodulazione, per estrarre il doppler shift dal segnale portante, con lausilio di un mixer
che effettua la moltiplicazione tra il segnale inviato e quello ricevuto: si ottiene, come noto
dalle formule di prostaferesi, un segnale con due componenti frequenziali, la prima pari alla
somma e la seconda alla differenza tra la frequenza del trasmettitore e quella del ricevitore;

Un filtraggio passa-basso, per eliminare la componente ad alta frequenza, dal momento che il
doppler shift ha un basso contenuto frequenziale.

Lultimo blocco sostanzialmente costituito da un rilevatore di spettro, poich nel volumetto di


fluido insonorizzato ci sono particelle con diversa velocit, cosicch il segnale alluscita del filtro
avr diverse componenti frequenziali che corrispondono alle diverse velocit di ampiezza
corrispondente al numero di particelle che si muovono con quella velocit, la cui analisi dettagliata
richiede un analizzatore di spettro. Il segnale di uscita, per, una tensione continua, quindi, per
poter ricavare informazioni di tipo frequenziale necessario effettuare un campionamento.
Si procede nel seguente modo, supponendo di insonare un vaso, il cui profilo di velocit pu
variare istante per istante:

Si divide la registrazione in brevi intervalli di tempo;

Si acquisisce e si campiona il segnale in ciascun intervallo;

Si ricavano tutte le frequenze contenute nel segnale per costruirne lo spettro (tramite la
procedura di FFT);

Si definiscono e si estraggono i parametri di misura.

Ciascuna di queste procedure comporta una serie di problemi tecnici cui si accenna brevemente.
Innanzitutto, la scelta della durata dellintervallo determina la risoluzione temporale della misura.
Immaginiamo che il segnale in esame sia periodico di periodo T e venga segmentato in N intervalli
di ampiezza Dt. Poich

(il suo inverso la frequenza di acquisizione fs), per avere

una buona risoluzione temporale occorre scegliere N grande. Nella scelta di N, per, bisogna tener
presente che questo parametro entra in gioco nella procedura di FFT, in particolare si sceglier un
numero di punti k corrispondente ad una potenza intera di
frequenziale

. Anche la risoluzione

migliora al crescere di N. Purtroppo, non si pu dividere il segnale il un

numero N abbastanza grande di segmenti su cui effettuare la FFT perch ci sono limitazioni
sullestensione dei buffer. Potremmo, allora pensare di incrementare N aumentano il numero di
punti k, ma aumenterebbe di troppo il tempo per effettuare la FFT di ogni singolo blocco, con la
conseguenza che la procedura non sar in tempo reale. Conviene, pertanto, dimensionare k in
modo tale che il tempo di FFT sia inferiore al tempo di campionamento, e usare pi blocchi di dati

in condizione di overlapping, ossia con una parziale sovrapposizione, che permette di aumentare il
numero di campioni, come mostrato in figura 37:

FFT
FFT
(a)

(b)

Figura 32- (a) Campionamento del segnale; (b) Overlapping

Va inoltre ricordato che, per evitare distorsioni del segnale campionato la frequenza di
campionamento non pu essere scelta a caso, ma deve essere almeno doppia rispetto alla
massima che si vuole riconoscere nel segnale (teorema di Nyquist). In questo caso, la massima
frequenza del segnale data da:

Ricordando che la FFT trasforma gli N punti campionati in N/2 intervalli equistanziati di frequenza.
Se non viene rispettata questa condizione si verifica il cosiddetto fenomeno dellaliasing, cio si
crea una frequenza fittizia pari a

, che deforma il segnale, impedendo la corretta

ricostruzione dello stesso. In ogni caso, queste frequenze spurie si creano sempre ai bordi del
segnale, per cui si utilizzano delle opportune finestre (quelle pi utilizzate sono quella di Hamming
e quella di Hanning), cio dei particolari filtri a campana che riducono il contributo della parte
periferica del segnale campionato.
Comunque, dopo aver effettuato la FFT possibile calcolare lo spettro di potenza di ciascun
segmento, dato da |

| , e con opportuni passaggi quello totale P(f). Dalla conoscenza dello

spettro possibile ricavare, a meno di un fattore Ki, le seguenti grandezze:

Potenza del segnale, che fornisce indicazioni sullentit del segnale riflesso dalle particelle in
movimento:

( )

Frequenza media, che fornisce indicazioni circa la velocit media delle particelle:

( )

( )

Lintegrazione, per, dovrebbe limitarsi al solo range di frequenze contenuto allinterno del
segnale di doppler shift, perch alle frequenze pi alte il contributo allintegrale
rappresentato da solo rumore. Vedremo a breve che questo una delle limitazioni dei
flussimetri doppler.

Frequenza massima.

Una volta terminate le operazioni di elaborazione, il segnale trattato pronto per la


visualizzazione. Dal momento che in quasi tutte le applicazioni si ottiene un segnale che rientra nel
dominio delludibile, i primi dispositivi Doppler utilizzavano la semplice analisi acustica, attraverso
un altoparlante collegato allo strumento. Per ottenere informazioni pi dettagliate e precise, per,

bene rifarsi ad una rappresentazione grafica, cio al cosiddetto sonogramma. Per ottenere
questo tipo di immagine si utilizza lasse delle ascisse come asse dei tempi, quello delle ordinate
come asse delle frequenze; poi, in ciascun intervallo temporale si definisce il doppler shift
massimo, mentre le ampiezza corrispondenti alle frequenze inferiori vengono codificate attraverso
un livello di grigio, facendo corrispondere valori elevati di ampiezza con toni pi chiari. La
rappresentazione temporale, tramite una curva il cui inviluppo costituito dal doppler shift
massimo e la parte di piano compresa tra linviluppo e lasse dei tempi rappresentata da un pixel
con gli opportuni livelli di grigio, detta sonogramma. Un esempio di sonogramma di una valvola
aortica, con relativa ecografia, mostrato nella figura seguente:

Figura 33-Esempio sonogramma


3.2.3 Confronto tra i flussimetri Doppler a onda pulsata (PW) e a onda continua (CW)
Il principio di funzionamento descritto fin ora valido sia per un flussimetro ad onda pulsata che
ad onda continua: la principale differenza tra i due tipi di dispositivi risiede, come gi accennato,
nella natura dellonda ultrasonora emessa, in un caso continua, nellaltro impulsiva. Inoltre,
mentre nei flussimetri CW sono necessari due trasduttori, uno in modalit di trasmissione, laltro
in modalit di recezione, nei flussimetri PW c un unico trasduttore che funziona alternatamente
come trasmettitore e ricevitore. Chiaramente, il trasduttore pu essere abilitato alla recezione
solo dopo un certo ritardo dallemissione, td, che garantisce che la riflessione provenga solo da un

volumetto posto a una distanza dallemettitore pari a

, dove 2d la distanza percorsa tra

andata e ritorno dal fascio. Quindi, il vantaggio dei flussimetri PW proprio che permettono di
ricevere echi solo dalla regione di interesse, oltra al fatto che utilizzano un unico trasduttore;
invece, i flussimetri CW hanno un miglior rapporto segnale/rumore, ma non sono in grado di
selezionare una regione di interesse, per cui il fascio riflesso proviene da tutto il volume
insonorizzato, cio dalla zona delimitata dal fascio di ultrasuoni e le pareti del vaso irradiato, nel
quale possono esserci particelle con velocit anche molto diverse tra loro.
I flussimetri PW hanno, per, un limite intrinseco sulla profondit massima alla quale effettuare
misure di velocit. Infatti, sappiamo dal teorema di Nyquist che la frequenza di ripetizione del
segnale PRF deve essere almeno doppia della massima frequenza rilevabile nel segnale:

Inoltre, il tempo di risposta t deve essere necessariamente inferiore rispetto al periodo (t<T),
dunque:

Ne consegue che sono rilevabili soltanto i valori sul piano (z,v) che stanno al di sopra di uniperbole
definita dallequazione:

Quindi, le sonde a bassa frequenza potranno investigare un campo pi ampio di profondit e


velocit rispetto a quelle a frequenza pi elevata.
3.2.4 Le limitazioni e gli artefatti della metodica Doppler
Dalla formula fondamentale che definisce la frequenza Doppler:

evidente che lerrore relativo sulle velocit dipende essenzialmente dalla precisione con cui
viene misurato il doppler shift e dallangolo di insonazione. In particolare, al crescere dellangolo
(indipendentemente dalla precisione con cui stato determinato) cresce lerrore di misura, dato
da:

Che diventa inaccettabile quando supera i 25-30. Fortunatamente molti ecografi permettono di
angolare il fascio, in modo da rendere pi piccolo langolo tra il fascio stesso e la direzione
dellasse del vaso. Questa operazione denominata appunto correzione dangolo e langolo di
correzione dato dal complementare di (

). Quindi, bisogna far attenzione che esso sia

superiore ai 60.
Comunque, le limitazioni principali dei un flussimetro doppler sono legate:

Al volume campione, in quanto insonando soltanto una parte parziale del vaso (insonazione
non uniforme), solo una parte di esso viene campionata e quindi si ottiene un segnale che non
rappresentativo dellintera distribuzione di velocit, con la conseguente errata valutazione
dei parametri che dipendono da tale distribuzione. Infatti, se il volume campione include
anche le regioni periferiche del vaso contribuiscono al sonogramma anche le particelle che si
muovono pi lentamente (basse frequenze), mentre insonando solo la parte centrale del vaso
si ottiene un sonogramma sposato verso le alte frequenze: non cambia la velocit massima,

Ampiezza

ma quella media, come mostrato in figura:

Ampiezza

frequenza

frequenza

Figura 34-Limitazioni dovute alla scelta del volume campione

Problemi simili si ottengono anche quando il volume campione non centrato in modo simmetrico
sul vaso;

Al piano di insonazione, che deve passare per il centro del vaso, altrimenti vengono

sottorappresentate tutte le velocit pi elevate corrispondenti alle particelle che si muovono al


centro del vaso, con conseguente errore nella stima della velocit massima;
Per quanto riguarda gli artefatti dello strumento, invece, ricordiamo:

Lassunzione che la velocit di propagazione sia uguale per tutti i tessuti;

La ridotta frequenza di ripetizione dellimpulso PRF, che come sappiamo dovrebbe essere
almeno doppia del pi alto valore di doppler shift che si ritiene sia contenuto nel segnale per
evitare il fenomeno dellalinsing; se, invece il PRF troppo elevato, il segnale ottenuto pu
provenire da zone di vaso non appartenenti al volume campione scelto;

Lassunzione che esiste soltanto una componente assiale di velocit che contribuisce al
segnale Doppler. Questo rigorosamente vero solo nei vasi rettilinei, mentre nei vasi curvi la
forza centrifuga responsabile della comparsa di componenti non assiali che vengono
percepite dalla sonda, dando luogo ad artefatti potenzialmente vistosi. Simile a questa
lassunzione che la direzione del movimento del flusso sanguigno sia la medesima dellasse del
sistema vascolare insonato: ci sono strutture vascolari, come il cordone ombelicale, in cui i
vasi presentano un andamento elicoidale intorno allasse del cordone. In questo caso langolo
di insonazione effettivo varia da punto a punti e non coincide con langolo di insonazione del
cordone ombelicale.

3.3 Ecodoppler, tecniche Color e Power


3.3.1 Principi introduttivi
I primi ecodoppler, i cosiddetti duplex, nascono come evoluzione del flussimetro doppler PW
combinato alla tecnica dellimaging. Infatti, abbiamo visto che con questo tipo di flussimetro
possibile ricevere echi solo dal volume campione selezionato, con la conseguente possibilit di
scegliere diversi piccoli volumi campioni allinterno del vaso, in modo da ottenere le velocit nei
diversi punti. Lecodoppler utilizza appunto diversi gate per investigare un unico vaso (i primi
prototipi utilizzavano 16 gate per lavorare su unarteria) e allo stesso tempo permette di
visualizzare la geometria e la posizione della zona sotto esame, sovrapponendo alla normale
immagine B-mode uninformazione legata alla presenza di sangue in moto tramite colore. In linea
di principio, limmagine viene formata inviando impulsi in tempi successivi da ununica sonda (al
contrario dei primi prototipi che utilizzavano una sonda di tipo doppler e una di tipo ecografica) e

gli echi, oltre ad essere elaborati per i tempi di ritardo, vengono demodulati per monitorare la loro
variazione in frequenza rispetto allimpulso originale. Se il segnale proveniente da un dato volume
campione non presenta alcuna variazione in frequenza, il corrispondente volume viene
interpretato come un tessuto e si procede alla sua rappresentazione B-mode in scala di grigi. Per
tutti i volumi campione la cui frequenza non risulta variata non si procede allimaging B-mode, ma
si rappresenta sulla figura una regione nera, che individua il profilo del vaso, su cui verr
codificata, con tecniche diverse, linformazione relativa al movimento del sangue.
Luso di ununica sonda per entrambe le rappresentazioni comporta una serie di problemi, tra cui il
pi importante quello dellangolazione. Infatti, mentre per limmaging il tessuto viene indagato
con raggi il pi possibile perpendicolari, nel caso del Doppler langolazione ottimale quella
parallela al vaso sanguigno. A questo si ovvia con un sistema di steering del fascio, che consente
un angolazione di 20-30 rispetto alla perpendicolare.
Gli apparecchi si distinguono in sincroni o asincroni a seconda che limmagine in scala di grigi e
linformazione sulle velocit vengano acquisite in contemporanea oppure no. Inizialmente gli
strumenti utilizzati erano asincroni: la sonda inviava dalla sua prima apertura un impulso diretto
perpendicolarmente e utilizzava il ritorno per limaging della regione, quindi quella stessa apertura
inviava un secondo impulso (talvolta con frequenza diversa) con diversa direzione di steering e
utilizzava il segnale riflesso per elaborare linformazione doppler. La stessa procedura veniva
eseguita dalle successive aperture fino al completamento della scansione. Il procedimento
mostrato nello schema seguente:

Fascio deviato

Figura 35- Schema di funzionamento di un ecodoppler asincrono

Ovviamente, dal momento che si effettuano due scansioni, il frame rate ridotto. La maggior
parte del tempo di elaborazione viene speso per la riproduzione dellinformazione di flusso: infatti
per limmagine in scala di grigi sufficiente un impulso per linea, mentre per limmagine color
occorrono pi impulsi. Inoltre, anche le due risoluzioni spaziali sono diverse, perch lintervallo di
campionamento assiale maggiore per il Doppler.
Nel caso di modalit sincrona, invece, tutte le aperture vengono attivate contemporaneamente sia
per la produzione dellimmagine in B-mode sia per lacquisizione del segnale Doppler. Questa
metodica permette di avere lo stesso campo di vista e la stessa risoluzione per le due immagini.
3.3.2 Demodulazione del segnale
Sia i flussimetri doppler che lecodoppler sfruttano lanalisi della densit spettrale di potenza del
segnale per ottenere informazioni circa il movimento del sangue, ma c una sostanziale differenza
nella modalit con cui si ottiene tale spettro: infatti, mentre i flussimetri doppler sfruttano la
trasformata veloce discreta di Fuorier (FFT), che per quanto precisa causa di un basso frame rate
(e quindi di problemi quali laliasing) e ha tempi di campionamento molto lunghi, lecodoppler fa
uso della cosiddetta funzione di autocorrelazione, che meno precisa, ma molto pi rapida.
Infatti, come chiarito nel primo capitolo, la funzione di autocorrelazione e la densit spettrale di
potenza sono una coppia di trasformate di Fourier: dalla prima ricaviamo lo spettro e anche
informazioni circa la frequenza media contenuta nel segnale e la varianza, per stabilire quanto lo
spettro si discosta dal valore medio e quindi leventuale presenza di flussi turbolenti.
3.3.3 Procedura di elaborazione del segnale di flusso
I passaggi necessari per la realizzazione dellimmagine visualizzata su uno strumento doppler sono
i seguenti:

Generazione del segnale;

Discriminazione sangue-tessuti;

Autocorrelazione;

Rappresentazione su monitor.

Per quanto riguarda la generazione del segnale, abbiamo gi detto che per la determinazione del
doppler shift medio generato da ogni volume campione necessario un numero maggiore di

impulsi rispetto al B-mode (il rapporto di 1 a 10), con il conseguente aumento del frame rate del
sistema. Per rendere questo requisito meno stringente si cerca di limitarlo soltanto ad una parte di
interesse dello schermo, chiedendo alloperatore di selezionare un box. In questo modo la
riduzione della profondit e dellampiezza del box permette laumento del frame rate soltanto per
quei volumi campione.
Invece, per capire tra tutti i volumi da cui si riceve il doppler shift quali parti di immagine
rappresentano il tessuto e quali i vasi si utilizzano tre tecniche:

Si pone una soglia di ampiezza per il segnale doppler: dal momento che le regioni di tessuto
che si muovono lentamente hanno doppler shift ampi, ma di bassa frequenza, un filtro, detto
clutter filter, le pu eliminare. Dopo il filtraggio, il segnale prodotto dal sangue sar dunque
pi intenso di quello del tessuto, per cui con la scelta di una soglia da parte delloperatore,
tramite il comando color gain, si pu determinare se il pixel rappresenter un segnale di
tessuto o di fluido. Per realizzare un clutter filter si pu procedere sommando due echi
successivi (di cui il secondo capovolto) ricevuti da uno stesso volume campione: se
questultimo un tessuto fermo, dalla somma si ottiene un segnale piatto e quindi
certamente filtrato, se invece il volume campione in movimento, la seconda eco risulter
sfasata e, sommando il suo inverso alla eco precedente, si ottiene un segnale oscillante che
pertanto d contributo alla valutazione delle velocit ematiche. Il principio di realizzazione di
un clutter filter mostrato nello schema seguente:

Prima eco

Seconda eco capovolta

Figura 36-Schema di un semplice clutter filter

Per tener conto che, se il tessuto si muove in modo sufficientemente rapido, il clutter filter
non sar efficace a filtrare il segnale proveniente dallo stesso, si discrimina questultimo in
funzione delle intensit. Poich i tessuti generano segnali pi intensi (per riflessione) rispetto
alle particelle in movimento contenute nei vasi (per diffusione), mettere un filtro sullintensit
pu essere determinante;

Infine, per cancellare i segnali di moto rapido, probabilmente indotti dal movimento del
trasduttore rispetto al paziente, molti apparecchi hanno un flash filter che individua ed
elimina tutti i movimenti troppo rapidi.

Loperazione di autocorrelazione viene eseguita per ciascuna cella in cui viene suddiviso il box sullo
schermo di cui si detto prima e, come gi anticipato, fornisce in contemporanea tre stime:

La frequenza doppler media;

La varianza;

La potenza complessiva del segnale (integrando la densit spettrale di potenza).

Alluscita dellautocorrelatore sono quindi prodotti tre diversi codici di colore che corrispondono a
ciascuna informazione e che possono essere rappresentati a monitor in modo indipendente o in
combinazione. Le prime macchine utilizzavano un codice di colore legato alla frequenza media,
scegliendo una scala basata sul rosso per il flusso in direzione della sonda e sul blu per il flusso in
direzione opposta. La varianza, invece, era rappresentata con un colore verde che,

sovrapponendosi ad altri colori, indicava le regioni a supposta turbolenza. Tale modalit viene
tuttora utilizzata prevalentemente in ecocardiografia. Inoltre, necessario anche definire un
codice di colore per il rumore, al fine di riconoscerlo e rendere lesame efficace: la tecnologia color
doppler usa un mosaico multicolore, mentre nella modalit power doppler (di queste tecniche si
discuter a breve) si manifesta come una bassa e uniforme saturazione di colore.
3.3.4 Similitudini e differenze tra la tra tecniche color (CD) e power (PD) doppler
I principi di funzionamento descritti fin ora valgono in generale per qualunque tipo di ecodoppler.
Bisogna, per, distinguere tra due diverse tecniche di eco che vanno sotto il nome di color
doppler e power doppler, entrambe differenti dalla classica metodica Doppler, che analizza lo
spettro in frequenza del segnale, per i parametri presi in considerazione: esse, infatti, stimano la
variazione nel tempo delle componenti in frequenza degli echi, della loro potenza o intensit
relativa e della direzione del flusso.
Nel caso di CD si ottiene una rappresentazione bidimensionale, rappresentando la direzione del
flusso e un valore rappresentativo della frequenza, generalmente la media, in funzione del tempo.
Uno dei problemi principali di questa tecnica che quando si aumenta il guadagno del sistema,
diventano pi intensi sia il segnale che il rumore e, poich questultimo ha una pi ampia
distribuzione in frequenza, le corrispondenti velocit vengono rappresentate da un mosaico di
colore che pu mascherare il segnale dinteresse. Questo limita la possibilit di alzare il guadagno.
Nella figura seguente riportato un esempio di color doppler, per visualizzare il flusso di sangue
nellatrio e ventricolo sinistro: il rosso indica un flusso in direzione della sonda, il blu in direzione
contraria. Le diverse gradazioni di rosso e blu indicano flussi pi o meno rapidi: ad esempio, il
giallo indica un flusso pi veloce rispetto al rosso.

Invece, il PD visualizza lintensit del segnale diffuso (che dipende dal numero di particelle in moto
piuttosto che dalle frequenze contenute in esso) in funzione del tempo, con una maggiore o
minore saturazione in colore. Poich il rumore ha una potenza molto bassa e uniforme, esso viene
codificato nelle immagini PD con un colore di back-ground scuro, che va a confondersi con la
rappresentazione B-mode. Invece, i segnali provenienti dalle particelle in moto sono facilmente
distinguibili dal rumore, per cui nel PD non ci sono limitazioni sul valore del guadagno del sistema,
permettendo la recezione di segnali provenienti anche da regioni vascolari pi ridotte.
Un altro requisito importante del PD la sua minore dipendenza dallangolo di insonazione, che
permette di visualizzare meglioFigura
i vasi 37-Esempio
tortuosi e le di
geometrie
pi complesse. Poich al crescere
color doppler
dellangolo la corrispondente frequenza diminuisce (fino ad annullarsi a 90) si avr una
progressiva diminuzione del segnale di frequenza, ma poich il numero di particelle in moto

rimane costante, il segnale di potenza rilevato dal volume campione rester pressoch costante.
Inoltre, essendo indipendente dalla frequenza, il segnale PD non soggetto allartefatto
dellaliasing che si manifesta quando la PRF troppo bassa nelle modalit Doppler spettrale e
color.
Al contempo, una limitazione del PD consiste proprio nel fatto che, non valutando la direzione ma
lo stato di moto delle particelle, il segnale risulta pi sensibile agli artefatti da movimento: il moto
dei tessuti molli causa segnali di bassa frequenza ma di elevata intensit detti clutter, che vengono
visualizzati come flash di luce che talvolta disturbano la rappresentazione del cuore o dei grandi
vasi. A questo problema si ovvia con lausilio di filtri detti anticlutter, basati sulla media di

sequenze temporali. Nella figura seguente riportato un PD che mostra la biforcazione della
carotide.

Figura 38-Esempio di Power Doppler

3.3.5 Limiti e artefatti delle tecniche color e power doppler


Oltre alle problematiche gi discusse, quale il rumore casuale dovuto al movimento e al guadagno
eccessivo, laliasing per il PRF troppo basso (soprattutto nel CD, anche se facilmente
riconoscibile, perch si manifesta come una zona di colore anomalo che indica la presenza di un
flusso invertito nella regione di massima velocit), la dipendenza dallangolo di insonazione (a cui
si ovvia utilizzando modalit di steering del fascio), un artefatto particolare costituito dagli effetti
di bordo: si osserva la fuoriuscita del colore dai confini in cui rappresentato il vaso, che appare
dunque pi ampio del vero. Si tratta di un effetto che dipende dal guadagno, quindi si evita
regolando correttamente questultimo.
3.4 Applicazioni terapeutiche
Prima ancora di essere utilizzati come potente strumento diagnostico, gli ultrasuoni sono stati
utilizzati come mezzo terapeutico: infatti, risalgono agli anni Trenta del secolo scorso i primi studi
orientati in questo senso, anche se nellultimo decennio che c stato uno sviluppo pi

significativo. Nella maggior parte dei casi, per, si tratta di metodi emergenti, su cui la ricerca
ancora molto attiva, e le cui potenzialit non sono ancora del tutto sfruttate.
In termini qualitativi e dal punto di vista della potenza acustica impiegata, si possono distinguere
due classi di applicazioni:

Quelle che sfruttano ultrasuoni ad alta intensit (per lo pi applicazioni chirurgiche e la


litotripsia);

Quelle che sfruttano ultrasuoni a bassa intensit (per esempio lipertermia e il rilascio e
trasporto di agenti terapeutici).

La differenza principale tra luso degli ultrasuoni come mezzo diagnostico e luso per scopi
terapeutici che mentre nel primo caso si vogliono ottenere informazioni di alta qualit senza
danneggiare loggetto in esame, nel secondo caso necessario esporre i tessuti interessati a un
qualche effetto reversibile o irreversibile, a seconda dello scopo del trattamento. Inoltre, mentre
in diagnostica preferibile utilizzare segnali di tipo impulsivo, in terapia sono maggiormente
utilizzati ultrasuoni in regime continuo o sotto forma di lunghi treni di impulsi.

3.4.1 Ultrasuoni a bassa intensit


Tra le terapie che sfruttano ultrasuoni a bassa intensit ricordiamo in particolare lipertermia e il
rilascio di agenti terapeutici.
Per quanto riguarda lipertermia, che consiste nel forte aumento della temperatura corporea,
dovuta in questo caso allassorbimento degli ultrasuoni da parte dei tessuti, si utilizzano particolari
trasduttori ad ultrasuoni in grado di generare campi molto focalizzati su piccoli volumi. Si tratta di
trasduttori, per lo pi a multi-elementi, a curvatura sferica , cosicch la regione focale tende ad
essere stretta e lunga, con dimensioni dipendenti da frequenza, diametro e raggio di curvatura. In
questo modo si riesce a riscaldare soltanto la particolare zona dinteresse, mentre i tessuti
circostanti e la pelle subiscono solo un lieve riscaldamento: questo il vantaggio fondamentale
della tecnica ultrasonica rispetto ai raggi X, che talvolta surriscaldavano solo le regioni circostanti e
non il tessuto interessato.
Invece, per il trasporto e il rilascio di agenti terapeutici, si sfrutta il fatto che gli ultrasuoni possono
essere inviati a delle microbolle conteneti i principi attivi dinteresse e in seguito allurto si ha la
rottura di tali microbolle con il conseguente rilascio degli agenti terapeutici. La distruzione delle

microbolle crea pori nelle membrane che favoriscono la diffusione delle sostanze terapeutiche.
Questo fatto, per, potrebbe causare danni a cellule e tessuti, pregiudicando i benefici della
tecnica utilizzata: pertanto, questa applicazione ancora in fase sperimentale.

Fascio di ultrasuoni

Figura 39-Esemplificazione della tecnica di rilascio di agenti terapeutici

Infine, rientrano nelle applicazioni terapeutiche degli ultrasuoni a bassa intensit anche alcuni
piccoli interventi chirurgici, che sfruttano le vibrazioni meccaniche a frequenza ultrasonica
(compresa tra i 20 e i 60 kHz) per pilotare piccoli strumenti come lame, seghe, sottili punte
metalliche. Queste tecniche utilizzano un sistema costituito da un generatore di potenza, un
trasduttore generalmente piezoelettrico, un amplificatore meccanico della vibrazione e una punta
vibrante in cui inserito lo strumento specifico per lutilizzo previsto.
Lintensit amplificata giunge sulla punta vibrante con valori compresi tra 25 e 850 W/m 2, mentre
lampiezza della vibrazione dipende dal tipo di applicazione e va da 40-50 m a 25 kHz per il taglio
delle ossa, a 170-190 m a 35 kHz per dissezioni intorno a strutture neurologiche critiche, o anche
fino a 320 m a 35 kHz per rimozione di ossa in neurochirurgia della spina dorsale e facciale. Danni
ai tessuti possono manifestarsi fino a distanze di quasi 10 mm, a seconda delle applicazioni,
mentre lalta temperatura raggiunta dallo strumento metallico pu bruciare vasi di diametro
inferiore ai due millimetri.
Tra le applicazioni pi diffuse degli strumenti chirurgici pilotati da ultrasuoni c la rimozione di
cataratte dallocchio e la pulizia dentale in campo odontoiatrico. In particolare, per rimuovere
meccanicamente la placca e il tartaro sulla superfice dentale si utilizzano strumenti costituiti da
punte metalliche poste in oscillazione longitudinale tra 25 e 42 kHz, con ampiezza di vibrazione tra

6 e 100 m. In realt, lazione in questo caso non puramente meccanica, ma un qualche ruolo
da attribuire anche a fenomeni di cavitazione e diffusione acustica allinterno del getto dacqua
refrigerante che viene emesso per prevenire possibili surriscaldamenti.
3.4.2 Ultrasuoni ad alta intensit
Sfruttano ultrasuoni ad alta intensit alcuni interventi chirurgici veri e propri e la litotripsia, come
gi anticipato.
Le applicazioni degli ultrasuoni come mezzo chirurgico sfruttano fasci intensi e fortemente
focalizzati, al fine di produrre intenzionalmente nei tessuti una lesione locale e controllata,
utilizzando frequenze elevate, comparabilmente con la profondit di penetrazione necessaria, per
concentrare al massimo lenergia acustica.
Ultrasuoni di frequenza compresa tra 1 e 10 MHz comportano lunghezze donda nei tessuti di circa
0,15-1,5 mm. Ci permette agevolmente la focalizzazione di un fascio su regioni dellordine di 1-2
mm di diametro e di 10-20 mm di lunghezza. Questa propriet viene sfruttata per implementare
una tecnica, detta HIFU (high intensity focused ultrasound), che consente di ottenere intensit
focalizzate di 1-4 kW/cm2 e temperature localmente superiori a 60 C, tali da provocare in pochi
secondi lesioni ai tessuti in aree ben circoscritte, salvaguardando i tessuti circostanti. La lesione
indotta dallesposizione a ultrasuoni a forte focalizzazione coinvolge principalmente due
meccanismi: il primo di natura ovviamente termica, il secondo legato a fenomeni di cavitazione.
Leffetto termico dipende dalla temperatura raggiunta e dalla durata dellapplicazione dellHIFU:
se la temperatura sale oltre la soglia di 56 C per un tempo di esposizione di 1 s, c la morte
istantanea delle cellule. Tra la regione focale trattata e quella non focale circostante si determina
un gradiente di temperatura fortissimo, che riduce a sole 6-10 cellule il margine tra cellule morte e
cellule vive. Invece, i fenomeni di cavitazione sono indotti dalla presenza di numerosi nuclei
gassosi allinterno dei tessuti che, esposti a un campo di ultrasuoni, iniziano ad espandere fino a
collassare, con conseguente compressione e aumento di temperatura del gas contenuto da tali
nuclei. Ci causa chiaramente danni ai tessuti, che, rispetto a quelli dovuti al riscaldamento,
risultano meno prevedibili in estensione e forma. Per questo motivo si cerca di evitare la
cavitazione, anche se potrebbe essere fruttata come un mezzo immediato per produrre lesioni,
riducendo il tempo di esposizione dei tessuti agli ultrasuoni. In ogni caso, non possibile fare una
distinzione netta tra i fenomeni termici e gli effetti dovuti alla cavitazione, quindi il processo di
necrosi delle cellule deve essere considerato come una combinazione tra gli stessi.

Come gi accennato, il volume focale di un trasduttore HIFU ha allincirca la forma regolare di un


sigaro lungo 10-20 mm, con diametro di 1-2 mm, e in linea di principio la lesione riproduce la
stessa forma. Tuttavia, stato dimostrato che a intensit molto elevate la lesione pu tendere a
spostarsi verso il trasduttore e mostrare qualche asimmetricit. Le cause possono essere di diversa
natura: le bolle in cavitazione sul fronte della lesione possono aumentare lenergia assorbita
localmente e mascherare la parte sottostante la regione focale; lincremento del coefficiente di
attenuazione con la temperatura comporta un maggior assorbimento sul fronte della regione
focale, quindi una diminuzione dellenergia che raggiunge la parte retrostante. Comunque, tra i
requisiti principali richiesti a un trasduttore HIFU vi quello di fornire un picco elevato di intensit
nella regione focale e, invece, unintensit sufficientemente bassa in tutta la zona pre-focale lungo
lasse, quindi presentare lobi laterali di emissione di ampiezza trascurabile, come mostrato in
figura:

Pressione acustica normalizzata

Fuoco

Distanza assiale

Figura 40-Pressione acustica lungo l'asse generata da un trasduttore HIFU

La ragione legata soprattutto allelevato coefficiente di assorbimento della pelle, che a 1,7 MHz
fino a 6 volte pi grande di un tessuto molle come il fegato, e che quindi pu facilmente essere
surriscaldata e bruciata se irradiata con fasci di ultrasuoni di intensit elevata.

La litotripsia, invece, una tecnica per la rimozione di calcoli renali, biliari, uretrali che sfrutta
onde acustiche di grande ampiezza, la cui propagazione quindi fortemente non lineare e
comporta la formazione di un fronte di shock.
La generazione di onde shock pu essere attuata o sfruttando la scarica ad alta tensione di un
condensatore o trasduttori piezoelettrici a multi elementi (per una maggiore efficienza di
emissione).
I meccanismi di frantumazione del calcolo non sono ancora del tutto chiari: certamente un
contributo importante dovuto allonda di pressione vera e propria che agisce sulla superficie del
calcolo, ma si fa sempre pi strada lipotesi che fenomeni di cavitazione giochino un ruolo
determinante. Uninterpretazione plausibile che londa di shock provochi una diffusa
fessurazione del calcolo e il violento collasso delle bolle in cavitazione nellacqua che lo circonda
determina la definitiva frammentazione.

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