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UNIVERSIT DEGLI STUDI DI NAPOLI

LORIENTALE

FACOLT DI LETTERE E FILOSOFIA

CORSO DI LAUREA
IN
LINGUE E CULTURE ORIENTALI E AFRICANE

TESI DI LAUREA
IN
LINGUA E LETTERATURA GIAPPONESE

LA VISIONE DELLA NATURA DAL LUOGO NATIO AL


COSMO IN MIYAZAWA KENJI

RELATORE:

CANDIDATO:

PROF.SSA

ALESSIA AVECONE

GALA MARIA FOLLACO

ANNO ACCADEMICO 2013/2014

AF/00345

INDICE

Introduzione1
Capitolo I

Miyazawa Kenji: la vita e le opere...4

Capitolo II Il paesaggio provinciale nella visione di Kenji10


Capitolo III Il rapporto con la natura tra spiritualit e scienza.16
III.I. Identit e interdipendenza dei fenomeni della natura........16
III.II. Scienza, religione e vera felicit....26
Conclusioni50
Bibliografia.52
Sitografia54

INTRODUZIONE
Miyazawa Kenji una delle pi interessanti figure letterarie del
Giappone moderno. Uomo straordinariamente energetico ed eclettico,
durante la sua breve ma intensa esistenza svolse un gran numero di
occupazioni diverse. Fu, infatti, scrittore e poeta, scienziato, agronomo,
pensatore

religioso,

musicista,

riformatore

sociale,

insegnante,

agricoltore, ingegnere, e a molte di queste attivit si dedic con grande


impegno e passione, dimostrando uneccezionale capacit di pensiero e
di espressione. Per la singolare visione cosmologica e lo stile esuberante,
basato su un uso originale dellonomatopea e del dialetto della periferica
prefettura di Iwate, egli certamente uno scrittore senza eguali nella
tradizione letteraria giapponese.
Scarsamente considerato in vita, la fama di Kenji crebbe rapidamente
dopo la sua morte, fino al boom degli ultimi anni. Oggi esiste su di lui una
letteratura critica sterminata. La sua opera completa stata pubblicata in
numerose edizioni ed praticamente impossibile trovare uno studente
delle elementari o delle medie che non abbia letto almeno una delle sue
poesie o storie. Anche nel mondo non accademico egli diventato una
figura estremamente popolare. Sono stati infatti prodotti numerosi
fumetti e film danimazione ispirati ai suoi racconti, mentre a Hanamaki,
sua citt natale, varie opere pubbliche lo commemorano.
La situazione al di fuori del Giappone , naturalmente, alquanto
diversa, ma negli ultimi anni si registrato tra gli studiosi un crescente
interesse nei confronti di Kenji e della sua letteratura.

Nelle opere dello scrittore di Hanamaki confluisce una molteplicit di


temi e motivi, che comprendono la visione buddhista del cosmo, la
morte, le ultime innovazioni scientifico-tecnologiche, la preoccupazione
per le precarie condizioni dei contadini della sua terra, linterazione
uomo-natura, lopposizione centro-periferia. Oggetto del presente studio
quello di approfondire un aspetto basilare del pensiero e degli scritti
kenjiani, ossia la visione della natura, in cui si riflette la sua caratteristica
tendenza a sintetizzare particolarismo e universalismo.
La trattazione suddivisa in cinque parti: la corrente introduzione, tre
capitoli e una sezione conclusiva.
Nel Capitolo I brevemente delineata una biografia dellautore, con
particolare enfasi su quegli aspetti della sua vita che hanno contribuito in
maniera fondamentale sulla sua visione della natura e delluniverso in
generale.
Il Capitolo II incentrato sul ruolo cruciale svolto dal paesaggio
provinciale, base della sua intera opera letteraria nonch del suo
interesse per le scienze naturali. In particolare, viene esaminato il modo
in cui Kenji riesce a superare la dicotomia ai suoi tempi esistente tra
centro e periferia, rifiutando gli stereotipi allora dominanti su una
campagna tanto idilliaca quanto immune al progresso e trasformando,
a tal fine, la sua terra dorigine in una landa fantastica (che pure non
taglia tutti i ponti con la realt), dimodoch i lettori suoi contemporanei
potessero guardarla senza i pregiudizi diffusi dallalto.
Nel Capitolo III si passa dal particolare del paesaggio periferico
giapponese alluniverso nella sua totalit. Il capitolo in questione analizza
il modo in cui le due principali componenti della sua personalit, ossia
conoscenze

scientifiche

profonda

religiosit,

si

fondono

indissolubilmente, dando vita a una visione inclusiva del cosmo in cui


tutte le cose, persino scienza e fede spesso inconciliabili nella mentalit
occidentale si compenetrano e ogni distinzione viene annullata. in
virt di questa visione che le opere di Kenji sono caratterizzate da una
costante interazione tra immagini tratte dal mondo delle scienze e delle
moderne tecnologie da un lato e temi dispirazione buddhista dallaltro.
Il capitolo conclusivo, infine, riassume quanto stato detto nelle
sezioni precedenti, rimarcando limportanza della sua fiducia nel
progresso scientifico-tecnologico e del suo messaggio di armonia e
tolleranza universali, che lo rendono figura cos atipica nel panorama
letterario del Giappone del XX secolo.

CAPITOLO I
MIYAZAWA KENJI: LA VITA E LE OPERE
Kenji nacque il 27 agosto 1896 a Hanamaki, prefettura di Iwate, nel
Thoku, allestremit nord-orientale dello Honsh, primo di cinque figli.
I genitori gestivano un banco dei pegni, unattivit molto redditizia in
una societ agricola in cui le coltivazioni, principale fonte di
sostentamento, erano spesso danneggiate da condizioni climatiche
sfavorevoli. Attraverso lattivit paterna, il giovane Kenji impar a
conoscere le drammatiche condizioni di vita dei contadini della regione,
nei confronti dei quali svilupp una forte sensibilit che lo avrebbe
accompagnato nel corso di tutta la sua vita, in stretta correlazione con il
suo interesse per la natura.
Gli anni delle scuole elementari furono per lui ricchi di stimoli. In
seguito alla politica del bunmei kaika (civilt e illuminismo) lanciata dal
governo Meiji (1868-1912) al fine di diffondere la cultura occidentale a
tutti i livelli della societ giapponese, il Giappone fu invaso da un flusso
di traduzioni di opere letterarie e scientifiche che arrivarono sin nelle pi
remote province, e alcune letture fatte in classe lasciarono unimpronta
indelebile nellimmaginazione del futuro scrittore. Di grande impatto
furono anche le lezioni di scienze naturali, che seguiva con passione,
tanto che gi allet di dieci anni cominci a compiere esplorazioni per
raccogliere insetti e minerali, guadagnandosi il soprannome di Ishikko
Ken-san (Ken delle pietre).

Fondamentale per la sua formazione fu anche latmosfera religiosa


che si respirava in casa Miyazawa. Suo padre, devoto seguace della
Jdshinsh1, aveva creato un gruppo di studio a cui intervenivano monaci
e studiosi del pensiero buddhista. Kenji aveva cominciato a prendervi
parte fin da bambino insieme ai fratelli e alla sorella Toshiko.
Nel 1911, allet di quindici anni, cominci a comporre tanka2, che nel
giro di qualche anno sarebbero diventati un migliaio.
Diplomatosi nel 1914, in quanto primogenito avrebbe dovuto
ereditare lodiato banco dei pegni di famiglia, ma, dopo vari scontri, il
padre gli permise infine di iscriversi alluniversit. Mentre si preparava
per gli esami di ammissione, lesse una copia della traduzione giapponese
del Stra del Loto della Legge Meravigliosa (Saddharmapundarika stra);
profondamente toccato da questa lettura, decise di convertirsi al
Buddhismo di Nichiren (Nichirensh), secondo cui il Stra del Loto
rappresenta l'espressione degli autentici insegnamenti del Buddha
kyamuni, fondatore della dottrina buddhista.
Studi agraria alluniversit di Morioka, laureandosi nel 1918. Seki
Toyotar, un professore che gi da tempo lo aveva notato, gli propose
di restare alluniversit per svolgere attivit di ricerca sulla natura del
suolo e sulluso dei fertilizzanti. Da questo momento, Kenji comp sotto
la guida di Seki lunghe escursioni in giro per il Thoku, proseguimento
delle avventurose spedizioni dellinfanzia e delladolescenza, ora
integrate da un approccio scientifico. La sintesi tra la visione favolosa
della natura e un linguaggio che attinge al lessico delle scienze naturali

1 Scuola del Buddhismo della Terra Pura fondata dal monaco Shinran (1173-1263). Secondo
il Buddhismo della Terra Pura, chiunque pu essere salvato grazie alla fede nel Buddha
Amida, rinascendo nel suo Paradiso Occidentale.
2 Classica forma poetica giapponese in trentuno sillabe con schema 5-7-5-7-7

deve molto a questa fase della sua vita, cos come la ricerca sui
fertilizzanti determinante per il suo impegno teso al miglioramento
delle condizioni di vita degli agricoltori.
Durante lestate dei 1918 scrisse due racconti, Kumo to namekuji to
tanuki (Il ragno, il lumacone e il tasso) e
Futago no hoshi (Le stelle gemelle), i primi di una vastissima
produzione, parallela a quella poetica. Lautore chiamava i suoi racconti
dwa , cio fiabe, ed cos che sono universalmente conosciuti,
nonostante le loro aperture visionarie, la complessit di certe metafore e
i loro echi filosofico-religiosi sembrerebbero renderli adatti a un
pubblico maturo piuttosto che infantile. Eppure egli utilizz sempre
questo termine in quanto credeva che le sue storie potessero essere
comprese meglio dai bambini, in virt della loro purezza danimo, che
dagli adulti corrotti.
In seguito divenne membro del Kokuchkai, lassociazione
ultranazionalistica fondata dal monaco e studioso buddhista Tanaka
Chigaku con lo scopo di diffondere gli insegnamenti di Nichiren. A
causa dei suoi insistenti tentativi di convertire i genitori, si acu la frattura
gi esistente tra padre e figlio. Un giorno, allinizio del 1921, due volumi
del Stra del Loto caddero da uno scaffale e gli piombarono addosso:
interpretando ci come un segno, Kenji part subito alla volta di Tky
per propagandare la dottrina di Nichiren.
Nella capitale, lo scrittore inizi la stesura di alcuni tra i suoi migliori
dwa, ma nel 1922 dovette tornare a casa per assistere Toshiko,
gravemente ammalata. Dopo il suo ritorno a Hanamaki, scrisse
Kussetsuritsu (Lindice di rifrazione) e Kurakakesan no yuki

(Le nevi del monte Kurakake), due poesie


moderniste (shi ) in versi liberi e lingua parlata che costituirono il
primo nucleo della raccolta Haru to shura (La primavera e gli
asura)3, una delle pi importanti opere poetiche della letteratura
giapponese contemporanea. Toshiko mor il 27 novembre di quellanno
e nello stesso giorno Kenji compose tre delle sue poesie pi famose, in
cui espresse con grande commozione il suo dolore: Eiketsu no asa
(Il mattino della separazione eterna), Matsu no hari (Aghi
di pino) e Musei dkoku (Lamento muto). Nel 1924 scrisse
Kaze no Matasabur (Matasabur del vento), uno dei suoi
dwa pi lunghi, pubblic il primo volume di Haru to shura e la raccolta di
fiabe hatov dwa: chmon no i ryriten
(Fiabe di hatov: Un ristorante pieno di richieste), opere che
furono quasi del tutto ignorate. Nel frattempo insegnava e continuava a
scrivere dwa e a comporre poesie moderniste per la seconda raccolta di
Haru to shura. A questo periodo risale anche la prima stesura di Ginga
tetsud no yoru (Una notte sul treno della Via Lattea), uno
dei suoi racconti pi famosi.
Lanno successivo inizi una corrispondenza con il poeta Kusano
Shinpei e divenne collaboratore della sua rivista Dora (Gong).
Nel 1926 lasci la cattedra alluniversit e la casa paterna per andare a
vivere da solo in campagna, dove coltivava la terra, progettava aiuole,
organizzava gruppi di ascolto di dischi con i suoi ex-studenti e si

Nella divisione buddhista dellesistenza in sei sfere (giap. rokud ), gli asura (shura o
ashura in giapponese) sono esseri semi-umani dominati dallarroganza, dal sospetto e
dallinvidia per coloro che occupano le sfere superiori
3

esercitava con il violoncello. Divenne anche sostenitore del neofondato


Rdnmint, il partito popolare degli agricoltori e degli operai. Nei primi
mesi di quellanno pubblic su una rivista tre storie fra cui Obber to z
(Obber e gli elefanti), parabola sullo sfruttamento del
lavoro. Appartiene allo stesso periodo il saggio Nmin geijutsu gairon ky
(Elementi essenziali dellarte agraria), in cui lo
scrittore espose il suo progetto per migliorare le condizioni di vita dei
contadini, aumentando le possibilit di sfruttamento del suolo grazie alle
nuove tecniche, ma anche promuovendo la conoscenza dellarte. Difatti,
lassociazione da lui fondata, Rasuchijin kykai , non solo
offriva consulenza gratuita e specializzata sui metodi di coltivazione, ma
organizzava anche incontri di letteratura e di musica.
Nel 1931 Kenji inizi a lavorare per una compagnia mineraria del
Thoku come ingegnere responsabile dei settori di ricerca, vendita e
diffusione. Questo lavoro lo port a viaggiare in diverse localit del
Giappone, ma, mentre si trovava a Tokyo, venne assalito da una forte
febbre. Sentendo la sua ora avvicinarsi, scrisse un testamento, che invi
ai genitori, e una lettera daddio ai fratelli. Tornato a Hanamaki, il 3
novembre compose quella che sarebbe diventata la sua poesia pi
famosa, Ame ni mo makezu . Nel febbraio 1932 pubblic
il racconto Gusk Budori no denki (Vita di
Gusk Budori), considerata la sua autobiografia in chiave fantastica.
Le sue condizioni andarono progressivamente peggiorando fino ad
apparire gravissime. Mor di polmonite il 21 settembre 1933, dopo aver
espresso al fratello Seiroku il desiderio che i suoi manoscritti venissero

pubblicati e aver chiesto al padre di far stampare e distribuire mille copie


del Stra del Loto.

CAPITOLO II
IL

PAESAGGIO PROVINCIALE NELLA VISIONE DI

KENJI
Sebbene sia oggi tra gli autori pi acclamati in Giappone, Kenji stato a
lungo trascurato e rivalutato solo dopo la morte. Tutte le opere da lui
pubblicate mentre era in vita passarono largamente inosservate e le
raccolte Haru to shura e hatov dwa: chmon no i ryriten furono un totale
fallimento in fatto di vendite. Ai suoi tempi egli veniva infatti
considerato un semplice scrittore provinciale e, in quanto tale,
minore, giudizio che stato a lungo dominante.
Per comprendere le ragioni della scarsa considerazione di cui Kenji
godeva presso i suoi contemporanei, occorre prendere in esame il
contesto culturale in cui egli si trov a operare. Nel tardo periodo
Taish (1912-1926), si verific un processo di accentramento delle
attivit culturali e della produzione letteraria nella capitale, dove si
concentravano non solo la maggior parte delle moderne infrastrutture
letterarie

(ad

esempio

manifattura,

marketing,

distribuzione

pubblicazione), ma anche i produttori di testi4. Questo processo creava


un forte squilibrio tra gli scrittori di Tky e gli scrittori provinciali, a
discapito, naturalmente, di questi ultimi, i quali potevano sperare di
ottenere visibilit solo legandosi in qualche modo alla capitale (ad
esempio, instaurando rapporti con membri della scena letteraria della
4 Hoyt J. Long, Historicizing the Marginal Case: Late-Taish Literary Production and the
Provincializing Landscape of Iihatov, Proceedings of the Association for Japanese Literary Studies,
vol. 6, 2005, p. 157

10

citt, adeguandosi alle tendenze che da essa originavano, immettendo le


proprie opere nel suo circuito di pubblicazione). Tuttavia, non
mancarono autori che rifiutarono di adeguarsi passivamente alla
tendenza prevalente: tra questi vi era anche Kenji.
Prima che lantologia di dwa Chmon no i ryriten venisse pubblicata
nel dicembre 1924, lautore stamp in circa mille copie un opuscolo di
presentazione suddiviso in varie sezioni. Nel paragrafo introduttivo, si
legge:
hatov il nome di un luogo. Se dovete cercare questo luogo, pensatelo
come parte dello stesso mondo dei campi arati da Grande Claus e Piccolo
Claus o del Paese delle Meraviglie di Alice; pensatelo come un luogo situato
allestremo nord-est del deserto di Tepantar e molto a est del regno di Re
Ivan. In verit, questo luogo la prefettura di Iwate, in Giappone, che esiste
come un mondo fantastico creato dalle immagini mentali dellautore. L
tutto possibile. Una persona pu saltare oltre le nuvole ghiacciate,
viaggiando in direzione nord seguendo i venti generati dalla circolazione
globale delle masse daria, o parlare con una formica che striscia su un calice
rosso. Persino i peccati e la tristezza brillano di una splendida purezza. Fitte
foreste di faggi, vento e ombre, citt misteriose, primule notturne, una fila di
pali elettrici che si estende fino a Bering City: veramente un paese strano
ed emozionante.5

evidente che una simile descrizione sfuma i confini tra paesaggio reale
e paesaggio mentale. hatov una terra favolosa dove accadono cose
inimmaginabili nel mondo di tutti i giorni, ma presenta elementi molto
reali e specifici quali faggi, primule, pali elettrici, tutte cose che si
incontrano facilmente in Iwate, e ha persino una precisa collocazione
5

Ivi, p. 160-161

11

spaziale a est della Russia (il regno di Re Ivan) e a nord-est del Bengala
(il deserto di Tepantar). hatov quindi Iwate, come, del resto, lautore
afferma esplicitamente nel testo.
In unaltra sezione dellopuscolo, lo scrittore dichiara che le sue storie
sono il prodotto della campagna (denen ) offerto alla societ (seken
). Utilizzando la parola seken, egli esprime lintento di instaurare,
attraverso opere nate dallambiente rurale della sua provincia dorigine,
un dialogo non solo con il centro nazionale della cultura, ma con lintera
societ umana in tutti i suoi livelli, sia urbani sia rurali.
La scelta del luogo natio come punto di partenza del suo dialogo con
il mondo ancora una volta legata al contesto storico-culturale
dellepoca in cui Kenji scriveva. A quei tempi, le sei province nordorientali dello Honsh venivano genericamente riunite sotto letichetta
di Thoku (nord-est), inteso da un lato come statica regione idilliaca
di vecchie tradizioni, dallaltro come regione economicamente
sottosviluppata. Questa visione teneva conto solo dei tratti comuni,
tralasciando completamente le differenze specifiche tra un luogo e
laltro. Lo scrittore rifiutava tali generalizzazioni e stereotipi diffusi dal
centro cittadino, perci nei suoi racconti evitava ogni riferimento al
Thoku in modo da concentrarsi sulla particolare dimensione della sua
Iwate. In questottica si spiega anche luso del toponimo hatov:
modificando il nome della prefettura dorigine in modo da crearne uno
nuovo, privo di precedenti referenti e dal sapore vagamente straniero,
egli manifestava la volont di dissociare la sua rappresentazione da
qualsiasi rappresentazione socialmente condizionata di Iwate o del
Thoku. hatov costituisce allora il fulcro di quella che Hoyt J. Long
definisce una strategia di provincializzazione di filtri ritenuti

12

universalmente validi solo per la loro associazione con il centro,


finalizzata a promuovere un concreto cambiamento nella societ. Come
infatti si legge nellopuscolo di presentazione, le sue storie sono intese
come modello per creare un mondo nuovo e migliore.
Le province, lungi dal costituire un locus amoenus eternamente uguale a
se stesso, stavano in realt subendo una significativa trasformazione a
seguito dellavvento del moderno stato-nazione.
Jgatsu no sue

And Kyko6 cita

(La fine di ottobre) una storia poco

conosciuta scritta presumibilmente tra il 1921 e il 1922 come esempio


di testo che riflette il destino delle province sotto la spinta del processo
di centralizzazione nazionale.
Il racconto descrive una normale giornata di una famiglia rurale, ma
quella che a una lettura superficiale pu apparire una semplice
successione di eventi banali racchiude problematiche di ben pi ampia
portata. Particolarmente rilevante la scena in cui il figlio maggiore legge
alcune righe sulla campagna dal suo manuale di scuola elementare.
uno di quei testi scolastici statali approvati dal governo, che descrivono
le province in accordo con gli ideali della nazione centralizzata, senza
tener conto delle reali condizioni dei loro abitanti o della loro visione
della vita. Il nonno trova ridicola la descrizione del libro, in cui non si
riconosce affatto, ma il nipote, sottoposto allinfluenza del sistema
educativo imposto dal centro, non in grado di riconoscere la differenza
tra le idee contenute nel testo e lambiente reale in cui vive. Le nuove
generazioni hanno finito inevitabilmente per accettare la visione del
paesaggio

rurale

delineata

nei

manuali

scolastici

governativi,

6 And Kyko, Folktales and Spiritualism in the Landscapes of Miyazawa Kenji,


Proceedings of the Association for Japanese Literary Studies, vol. 6, 2005

13

dimenticando cosa significhi vivere in un ambiente provinciale e


respingendo le leggende tramandate oralmente (densh ) nel corso
dei secoli come risibili storielle del tutto inverosimili. Il ragazzo e i suoi
genitori non credono pi alle storie sul folletto Amanojoku e su
Yamayama-no-heppiri-oji raccontate dai nonni. Solo il figlio piccolo, che
non ha ancora cominciato la scuola, capace di meravigliarsi di fronte ai
lampi tra le montagne, ai quali reagisce esclamando: Oh, Yamayamano-heppiri-oji!. La storia si conclude cos. Sicuramente anche lui, come
gi il fratello maggiore e i genitori, finir per uniformarsi alla visione
promossa dallo stato centralizzato, ma Kenji non si sofferma su ci.
Lesclamazione finale del bambino una potente riaffermazione del
densh come espressione dei sentimenti effettivi della gente del posto.
Elementi del folclore locale ricorrono pi volte negli scritti kenjiani.
Ad esempio, Kaze no Matasabur ha come protagonista lo spirito del
vento Matasabur, una figura comune nellimmaginario del Giappone
settentrionale; in Shikaodori no hajimari (Lorigine
della danza del cervo), si fa riferimento a partire dal titolo a una popolare
danza rituale praticata in Iwate, chiamata, appunto, danza del cervo.
In ci Kenji sub probabilmente linfluenza del Tno monogatari
(Racconti di Tno) di Yanagita Kunio, grande studioso del folclore
secondo cui le credenze e i costumi locali costituivano la vera essenza
dello spirito giapponese. Kenji, tuttavia, non era un romantico come
Yanagita. Uomo di scienza oltre che di lettere, rifuggiva da qualsiasi
idealizzazione eccessiva del mondo rurale e non perdeva mai di vista i
problemi concreti di esso. Egli sapeva bene che la natura non era stata
generosa con la sua terra natale, caratterizzata da un clima sfavorevole

14

allagricoltura, perci si impegn tutta la vita a mettere a frutto i suoi


studi di agraria per aiutarne la popolazione.
Il luogo natio costituiva dunque lispirazione principale della vita e
dellopera di Kenji, ma, come abbiamo visto, linteresse per la cultura
locale e per le condizioni della sua gente non si traduceva affatto in
disinteresse per il resto del mondo; al contrario, egli voleva parlare alla
societ umana nel suo complesso. Partendo dal paesaggio provinciale, la
sua visione si estendeva fino ad abbracciare il cosmo intero, trattando
temi di carattere universale.

15

CAPITOLO III
IL RAPPORTO CON LA NATURA TRA SPIRITUALIT
E SCIENZA

Kenji era una figura atipica per il Giappone dei suoi tempi. Mentre il
Paese, in un clima di acceso nazionalismo, era interamente assorbito dal
duplice obiettivo di diventare la prima potenza mondiale non
occidentale e leader di una rinascita dellAsia, nei suoi scritti non si trova
accenno a nulla di tutto ci. Suo principale interesse era la natura, e
anche per questo suscit scarsa attenzione tra i suoi contemporanei.
Egli aveva della natura un concetto molto ampio, che andava dalla
dimensione particolare del Giappone alluniverso nella sua interezza.
Alla visione di Kenji contribuirono in maniera determinante la fede
buddhista e gli studi scientifici, due elementi che spesso appaiono
inconciliabili agli occhi degli occidentali, ma che in lui si compenetrano e
integrano a vicenda, concorrendo insieme al fine unico di migliorare il
mondo.

III.I. Identit e interdipendenza dei fenomeni della natura


Kenji riteneva che gli esseri umani e tutti gli altri fenomeni delluniverso,
organici e inorganici, fossero mutuamente identici, connessi in una rete
di interdipendenza, idea chiaramente influenzata dal Buddhismo
Mahyna, il quale, almeno in via di principio, non riconosce distinzioni
tra le varie forme di esistenza. Questo concetto efficacemente espresso
nel racconto Indra no m (La rete di Indra). Esso narra di

16

un archeologo che, in preda alla stanchezza, si addormenta sullerba e


sogna di trovarsi nello scenario visionario dellaltopiano di Tsela, dove
laria cos rarefatta da rasentare il vuoto. Nel cielo del colore
dellamazzonite vede volare un angelo dal viso animato solo da un
debole sorriso, capace di coprire lunghissime distanze alla velocit della
luce senza mutare luogo, senza mutare forma. Il cielo diventa poi viola
come lagata e langelo scompare alla vista. Il protagonista ritorna quindi
allaltopiano, dove nota tre fanciulli celesti molto somiglianti a quelli di
un affresco da lui riportato alla luce in un tempio di Khotan. Al sorgere
solenne del sole di questo regno celeste, essi giungono le mani in
segno di adorazione. Uno di essi grida: Guardate, la rete di Indra! e
archeologo alza lo sguardo per vedere di cosa si tratti:
Guardai su verso il cielo. Dallo Zenith, ora diventato completamente
azzurro, ai quattro angoli dei pallidi confini del cielo si estende la rete
spettrale di Indra, che, con fibre pi sottili di quelle di una ragnatela, con
una struttura pi elaborata di quella delle ife, intrecciandosi trasparente e
pura in miliardi di nodi, arde vibrando.7

La rete di Indra una metafora presente nel Kegon gokysh


(Il libro dei cinque insegnamenti della scuola Kegon), un
commentario allAvatamsaka stra, testo fondamentale della setta Kegon,
in cui si dice che il mondo simile ai nodi che formano la rete del dio
Indra, i quali sono in perpetua relazione di ssoku e sny . Il
termine ssoku traducibile come mutua identit, sny come mutua

7 Miyazawa Kenji, Roger Pulvers and Jane Marie Law, Indras Net, The Asia-Pacific
Journal, 25 ott. 2010, japanfocus.org/-Roger-Pulvers/3215 (consultato in data 25/05/14)

17

fusione8. Ci vuol dire che tutte le cose sono identiche e si fondono le


une con le altre a formare un tuttuno. Lo scrittore di Hanamaki non
vedeva alcuna differenza tra pi grande e pi piccolo, tra pi importante
e meno importante: per lui tutti gli esseri si collocano sullo stesso piano
e sono reciprocamente necessari luno allaltro. fondamentale
preservare lequilibrio affinch la rete non si spezzi.
Kenji si sentiva in armonia con tutto il creato. La sua identificazione
con ogni essere della natura era tale da portarlo a dichiarare, nella poesia
nota come Nan to iwaretemo (Qualunque cosa si dica):
Qualunque cosa si dica
io sono il giovane olivo selvatico
che guarda la splendente rugiada
in gocce fredde
e trasparenti gocce di pioggia
stillare da ogni ramo.9

Lidentit tra uomo e natura uno dei temi centrali della sua opera.
Ad esempio, in Shikaodori no hajimari, Kaj, mentre guarda i cervi riunitisi
intorno allasciugamano che ha dimenticato sullerba durante una sosta
nel suo cammino verso le terme, viene improvvisamente scosso da un
suono acuto, in seguito al quale i pensieri degli animali risuonano in lui:
Un suono metallico riemp le orecchie di Kaj, ed egli trem dalla testa ai
piedi. I pensieri vibranti dei cervi, come erba che ondeggia nel vento,

Hanayama Shinsh, Buddhism of the Great Vehicle (Mahyna), in Charles A. Moore (a cura
di), The Japanese Mind: Essentials of Japanese Philosophy and Culture, East-West Center
Press, University of Hawaii Press, 1967, p. 38
9
Roger Pulvers, Eigo de yomu Miyazawa Kenji shish, Tky, Chikuma shob, 1997, pp. 94-95
8

18

furono trasmessi a lui come per mezzo di onde. Kaj non riusc a credere
alle sue orecchie quando sent i cervi parlare.10

Dopo averli osservati per molto tempo, Kaj finisce per avvertire un
senso di identit con i cervi, tanto da pensare per un attimo di unirsi a
loro.
Lautore, in accordo con la concezione mahynica secondo cui ogni
entit senziente possiede il seme della buddhit, credeva fermamente
nella santit di tutti gli esseri viventi, il che contribu alla sua scelta di
diventare vegetariano. In una lettera scritta a un amico nel maggio 1918
descrisse cos la sua conversione:
In primavera ho smesso di mangiare i corpi

di esseri viventi.

Ciononostante, laltro giorno ho mangiato alcune fette di sashimi [] Se il


pesce fosse stato dietro e mi avesse guardato mentre lo mangiavo, cosa
avrebbe pensato? Ho dato la mia vita per questa persona che mangia il mio
corpo come se fosse qualcosa di disgustoso. Mi sta mangiando con
rabbia. Mi sta mangiando con disperazione []
Supponiamo che io sia il pesce e che non solo io, ma anche mio padre,
mia madre e mia sorella vengano mangiati. E supponiamo che stia a
guardare da dietro le persone che ci mangiano. Oh, guarda, quelluomo ha
fatto a pezzi mia sorella con i bastoncini. Parlando con la persona accanto,
lha ingoiata, senza pensare a nulla [] Tutti noi della famiglia abbiamo
rinunciato alle nostre preziose vite, le abbiamo sacrificate, ma non abbiamo
avuto un briciolo di piet da queste persone.
Una volta dovevo essere un pesce che stato mangiato.11

Miyazawa Kenji, The origin of the Deer Dance, trad. di nuki Masako, Chicago
Review, vol. 20, num. 3, nov. 1968, p. 35
11 Miyazawa Kenji, Selections, a cura di Sat Hiroaki, University of California Press, 2007, p.
13
10

19

Questa decisione coincise con il suo abbandono della Jdoshinsh, che


ammetteva il consumo di carne, e la sua adesione agli insegnamenti di
Nichiren.
La questione del

vegetarismo al centro di un breve racconto

intitolato Bijiterian taisai (Il grande festival dei


vegetariani), scritto in forma di reportage su di

un meeting

internazionale di vegetariani tenutosi a Newfoundland. Anche agli


oppositori,

rappresentati

principalmente

dellAssociazione

degli

Allevatori di Chicago, consentito partecipare al festival e di esprimere


liberamente le proprie idee. I vegetariani si dividono in due gruppi. I
membri del cosiddetto gruppo della compassione credono nella
sacralit della vita e ritengono pertanto che uccidere animali per la
sopravvivenza degli umani sia latto pi spietato che si possa compiere,
mentre quelli del gruppo della prevenzione sia astengono dal mangiare
carne per paura di contrarre malattie. In ogni caso, tutti elogiano le
qualit del cibo vegetariano, che non solo risparmia alluomo un atto
crudele, ma riduce anche la frequenza delle sue rinascite, facilitandogli il
cammino verso il nirva. Essi affermano inoltre che il vegetarismo
porter la pace nei cuori e lamore fra tutti gli esseri umani, nonch
benefici per la salute.
Il culmine della storia si raggiunge quando lultimo degli oppositori a
parlare, che si proclama seguace della Jdoshinsh, asserisce che in questo
mondo tutto contraddizione, crimine e peccato, e ci che ci pu
sembrare giusto (in questo caso, il vegetarismo) non la vera giustizia
suprema, alla quale si pu avere accesso solo abbandonandosi
completamente al Buddha Amida. Quando loratore arriva a dichiarare

20

che akyamuni tollerava il consumo di carne, il narratore dimentica il


suo ruolo di reporter, sale sul podio ed esprime il suo punto di vista:
Il punto di partenza del Buddhismo che tutte le cose viventi, che sono
cos piene di dolore e tristezza, vogliono liberarsi da questa condizione di
dolore [] Tutte le cose viventi trasmigrano continuamente per
innumerevoli kalpa [] A volte unentit si percepisce come umana. Altre
volte rinasce sotto forma di bestia, ossia ci che chiamiamo animale [] di
conseguenza, tutte le cose viventi sono i nostri genitori e i nostri figli,
fratelli e sorelle, come lo sono sempre state.12

Grazie a questa contro-argomentazione, tutti i partecipanti al meeting


decidono di diventare vegetariani. Ma lavversione di Kenji per il nutrirsi
dei corpi degli esseri viventi era cos forte che egli si sentiva in colpa
persino a mangiare vegetali.
In pi opere Kenji condanna la prepotenza e larroganza dellessere
umano, che, in virt di una presunta superiorit, cerca costantemente di
imporre il proprio ego sulla natura; ne sono un esempio dwa come
Chmon no i ryriten o Frandon ngakk no buta
(Il maiale della scuola agraria Frandon).
La prima storia una tagliente critica alla violenza gratuita dellhobby
della caccia. Protagonisti sono, infatti, due gentiluomini venuti dalla
citt sulle montagne per cacciare. Essi sono totalmente privi di rispetto
per gli animali e provano piacere a ucciderli:

12 P. A. George, Japanese Studies: Changing Global Profile, New Dheli, Northern Book Centre,
2010, p. 408

21

Ma in che razza di posto siamo capitati? Nemmeno lombra di un uccello


o di selvaggina. Mi accontenterei di qualsiasi cosa, pur di far partire al pi
presto un bel po di pallottole. Ta-ta-ta-ta-ta!.
Pensa che gioia fare a un cervo un regalino di tre scariche su quel bel
fianco dorato! Gi me lo vedo che gira tutto in tondo prima di sbattere a
terra le cuoia13

I due non riescono a catturare nessuna preda e per di pi si perdono


tra sentieri di montagna fuori mano. Come se non bastasse, a causa
delleccessiva altitudine i loro cani stramazzano al suolo, ma, piuttosto
che dispiacersi per i due poveri animali, essi si lamentano dei soldi che
hanno speso per acquistarli. Affamati e incapaci di tornare indietro,
notano improvvisamente un edificio in stile europeo, davanti al cui
ingresso affisso un cartello con su scritto: Restaurant Wildcat House.
Specialit occidentali. Attirati dallinsegna, i cacciatori decidono di
entrare, pensando di essere stati fortunati ad aver trovato un ristorante in
un luogo cos sperduto. Allinterno del ristorante vi sono molte porte e
molti corridoi. Su ogni porta scritto uno strano messaggio, come
porgiamo in particolare un caloroso benvenuto ai clienti giovani e ben
in carne, abbiamo lonore di informarvi che questo un ristorante
pieno di richieste, siete pregati di lasciare qui fucili e munizioni, siete
pregati di lasciare qui spille da cravatta, gemelli, occhiali, portamonete e
tutti gli altri oggetti metallici; soprattutto quelli appuntiti, fino ad
arrivare a richieste veramente inquietanti: spalmate generosamente viso,
mani e piedi con la crema che troverete nel vaso; vi preghiamo di
cospargervi bene il corpo con il sale contenuto nel vasetto14. A questo
13 Miyazawa Kenji, Una notte sul treno della Via Lattea e altri racconti, a cura di Giorgio
Amitrano, Venezia, Marsilio, 1994, p. 111
14 Ivi, pp. 114-118

22

punto, i due uomini realizzano che saranno loro a essere cucinati. Essi
provano a fuggire, ma le porte non si aprono, e i loro visi si
raggrinziscono come cartapesta per il terrore. A un tratto, i loro cani
irrompono nella stanza e il ristorante scompare di colpo. Cos, i
cacciatori sono salvi, ma la pelle del loro viso non torner mai pi come
prima.
Frandon ngakk no buta langosciante storia di un maiale destinato al
macello, narrata interamente dal punto di vista dellanimale. La sua
tranquilla esistenza viene turbata quando, un giorno, trova uno
spazzolino da denti fatto con peli di maiale nel cibo datogli dagli
studenti della scuola agraria. Da allora, un insegnante di zootecnia si reca
regolarmente nel porcile per controllare il suo peso e d a un assistente
disposizioni su come nutrirlo e sullilluminazione dellambiente affinch
lanimale possa ingrassare. Il maiale, che comprende il linguaggio degli
umani, spaventato dalle loro parole: Questi due uomini mi danno da
mangiare, ma a volte mi osservano con uno sguardo freddo come il cielo
polare e fanno cattivi pensieri su di me. Oh, ho paura! Ho cos tanta
paura!15. La sua inquietudine aumenta quando sente linsegnante parlare
di un certificato di approvazione che devono fargli firmare:
Cosa intendeva dire con certificato di approvazione? pens. Che tipo
di certificato di approvazione? Loro dicono che non mi daranno da
mangiare il giorno prima. Ma il giorno prima cosa? Cosa vuole che io
faccia, quello l? Cosa mi succeder? Mi porteranno lontano e mi
venderanno? Oh, non posso sopportarlo!.16
15 Roger Pulvers, Japan as a Nation of Animal Lovers -- As Pets Or When They're On a
Plate / The Frandon Agricultural School Pig, The Asia-Pacific Journal, 7 sett. 2009,
japanfocus.org/-Miyazawa-Kenji/3434 (consultato in data 22/05/14)
16 Ibidem

23

Quando il direttore in persona va a fargli visita, il maiale, sempre pi


angosciato e visibilmente dimagrito a causa dello stress mentale, scopre
che si tratta di un certificato di approvazione a morire. In un primo
momento si rifiuta di sottoscriverlo, ma, in seguito al supplizio infertogli
dal professore di zootecnia, che ordina ai suoi assistenti di farlo correre
ogni giorno sotto la neve per quindici minuti a suon di bastonate, finisce
per cedere. Firmato il certificato, lanimale viene sottoposto per alcuni
giorni ad alimentazione forzata cos da fargli recuperare il peso perduto
e alla fine viene ucciso.
Accanto alla crudelt delluomo verso altre specie viventi, questopera
lascia intravedere una delle questioni cruciali della letteratura kenjiana: il
paradosso per cui dobbiamo vivere a spese di altre forme di vita. Questo
paradosso, percepito con molta amarezza dallautore, che credeva cos
profondamente nella santit della vita di tutti gli esseri, ritorna in
maniera

completamente

diversa

in

Nametokoyama

no

kuma

(Gli orsi del monte Nametoko). Il protagonista,


Kojr, un cacciatore, ma il suo atteggiamento verso gli animali
completamente diverso da quello mostrato dai personaggi umani dei due
racconti precedenti. A differenza dei docenti e degli studenti dellistituto
Frandon, i quali non hanno alcuna piet per gli animali che allevano, e
dei cosiddetti gentiluomini di Chmon no i ryriten, che uccidono per
divertimento, Kojr prova compassione per gli orsi, che costretto a
uccidere solo perch non ha altro modo per guadagnarsi da vivere. Ogni
volta che ne colpisce uno con il suo fucile, gli si avvicina e gli dice:

24

Orso, se ti ho ucciso non lho fatto per odio. il mio lavoro che mi
costringe a colpire quelli come te. Mi piacerebbe fare un lavoro che non
comporti un crimine come questo, ma io non possiedo campi, gli alberi per
legge appartengono al governo, e anche se vado al villaggio non c nessuno
che mi dia una mano. Faccio il cacciatore perch non ho altra scelta. Questo
lavoro il mio karma, come il tuo essere nato orso. Perci sta attento, la
prossima volta, a rinascere cos.17

Per Kojr, dunque, la caccia non un borioso gesto di affermazione


sulla natura, ma una dolorosa necessit. Egli ha rispetto per gli animali, e
gli stessi orsi, pur cercando con tutte le forze di mettersi in salvo, hanno
rispetto per lui. Inoltre, non sempre uccide a caso. Un giorno gli capita
di assistere al dialogo tra unorsa e suo figlio che contemplano la luna
dalla vallata, in tutto e per tutto simili a esseri umani. Commosso, luomo
si allontana, lasciandoli in pace. In unaltra occasione, un orso che
sotto il tiro del suo fucile gli chiede risparmiarlo per il momento,
promettendogli che due anni dopo si far trovare morto davanti alla sua
casa. Egli lo asseconda e, allo scadere dei due anni, trova davvero il
cadavere dellanimale fuori casa sua. Dopo questi eventi, il protagonista
non pi in grado di mantenere il distacco emotivo necessario a un
cacciatore e un orso finisce per sopraffarlo. Tutto intorno a lui diventa
bianco, e gli sembra di sentire lorso dire: Ah, Kojr, non avrei voluto
ucciderti. Resosi conto di essere ormai arrivato alla fine, egli pensa:
Orsi, perdonatemi. La storia si conclude con limmagine del corpo di
Kojr messo a sedere, come in atteggiamento di meditazione, sulla
cima innevata della montagna illuminata dal chiarore delle stelle, con il
viso fresco e quasi sorridente anche nella morte, circondato dalle
17

Miyazawa Kenji, op. cit., p. 156

25

sagome nere degli orsi prostrati al suolo come in preghiera, simile a un


Buddha che occupa il centro di un mandala. Fino alla fine prevale il
rispetto reciproco tra uomo e animali: cacciatore e prede sanno di far
parte di un unico ciclo naturale, che pu essere crudele (lo scrittore non
pensava che la natura fosse sempre e soltanto buona, come del resto
gli insegnava lesperienza diretta con gli agricoltori del Thoku, alla
merc di condizioni climatiche ostili), ma in cui nessuna dignit viene
ferita. Questo lideale che Kenji voleva vedere realizzato anche nella
realt.

III.II. Scienza, religione e vera felicit


Scienza e fede sono indissolubilmente legate nella visione kenjiana del
cosmo. Per lo scrittore, la scienza non era solo parte integrante della
propria formazione, ma anche una scelta di vita per aiutare le categorie
pi deboli. Si dedic infatti, come scienziato, allo studio di nuove
tecniche agricole che alleviassero i patimenti dei contadini della sua
regione natale; come portavoce di un messaggio superiore di armonia
universale, anche dopo la morte ha continuato, per mezzo dei suoi
scritti, ad aiutare il prossimo indicandogli la via che conduce alla felicit.
Il mondo delle scienze sempre presente nelle sue opere, attraverso
metafore e linguaggi mutuati dalle varie discipline da lui studiate, quali
mineralogia, botanica, zoologia, astronomia, geologia, fisica, chimica.
Ci vale anche per certe storie pervase da un profondo afflato religioso
come Indra no m, dove fa sfoggio delle sue conoscenze fisiche e
mineralogiche nella descrizione dellaltopiano di Tsela:

26

Fu allora che vidi un lago bianchissimo in lontananza.


Non acqua, sodio o qualche altra sostanza cristallizzata! Ora non
devo scoraggiarmi facendomi prendere troppo dallentusiasmo dissi fra me
e me. Eppure mi precipitai l. Il lago a poco a poco si avvicinava,
risplendendo. Presto vidi sabbia di quarzo bianchissima e, oltre, vera acqua.
La sabbia scricchiolava. Ne presi un pizzico e la esaminai alla fioca luce del
cielo. Erano granelli trasparenti a forma di piramide diesagonale.
Sono di riolite o di diacite. Cos pensavo, mormorando tra me e me,
stando in piedi sul bordo dellacqua. Questa acqua sopraffusa. simile al
ghiaccio, mormorai ancora tra me e me.18

Un racconto emblematico della tendenza dello scrittore a fondere


conoscenze scientifiche e fervore religioso il celebre Ginga tetsud no
yoru, che narra di un onirico viaggio compiuto dal piccolo Giovanni
attraverso la Via Lattea a bordo di una magica locomotiva. Giovanni
un ragazzo povero e ingenuo, costretto a lavorare in una tipografia dopo
le lezioni dal momento che il padre lontano e la madre malata. Tutti i
suoi compagni di scuola lo prendono in giro, tranne Campanella, lunico
che capisce i suoi sentimenti. Il giorno della festa delle lanterne, tornato
a casa dopo il lavoro, la madre gli chiede di andare a ritirare il latte.
Dopo aver comprato il latte, il ragazzino si addormenta su una collina e
a questo punto comincia a sognare di compiere un fantastico viaggio tra
le stelle sul treno della Via Lattea, a bordo del quale incontra Campanella
e altri viaggiatori. I due bambini rimangono esterrefatti dinanzi agli
spettacoli offerti da ciascuna costellazione e, parallelamente al cambio di
paesaggio, cambiano anche gli umori dei personaggi ed i passeggeri.
Tuttavia, quando vengono introdotti i due fratellini e il loro tutore, che
18

Miyazawa Kenji, Roger Pulvers and Jane Marie Law, Indras Net, cit.

27

raccontano di essere annegati in un naufragio, si scopre che il treno della


Via Lattea conduce le anime dei defunti nellaldil e il protagonista
riuscito a salirvi solo grazie a un biglietto speciale. Quando la locomotiva
giunge in prossimit della nebulosa Sacco di Carbone, Giovanni chiede a
Campanella se sarebbero stati per sempre insieme nel loro cammino, ma
lamico scompare improvvisamente, lasciandolo solo e in preda alla
disperazione. Subito dopo Giovanni si risveglia sulla collina col volto
rigato di lacrime, per poi scoprire che Campanella annegato per salvare
la vita a un compagno caduto nel fiume. Il viaggio si configura cos
come una metafora della morte e del dolore, e le strabilianti descrizioni
di scenari cosmici, stelle e nebulose servono a rafforzare il tema della
rassegnazione e dellaccettazione del fato.
Lopera si apre con una lezione sulla Via Lattea fatta dal maestro della
scuola locale:
Allora, ragazzi, abbiamo detto che gli antichi ci vedevano un fiume o una
scia di gocce di latte. Ma chi sa dirmi che cos in realt questa forma bianca
e sfocata? chiese il maestro alla scolaresca, indicando una specie di galassia
biancastra e indistinta che attraversava dallalto al basso la grande mappa
nera delle stelle appesa alla lavagna. [] Se guardiamo la Via Lattea, questa
massa bianca e nebulosa, con un telescopio, di quelli grandi, vedremo tante
piccolissime stelle. vero, Giovanni? [] Perci, se veramente proviamo a
immaginare la Via Lattea come un fiume, ognuna di queste piccole stelle
corrisponde a uno dei granelli di sabbia e dei ciottoli che stanno sul fondo.
Se invece la vediamo come un grande flusso di latte, lesempio ancora pi
efficace. In questo caso ogni stella proprio come ognuna di quelle
minuscole particelle di grasso che galleggiano nel latte. Ma allora a cosa
corrisponde la parte liquida di questo flusso? Allo spazio vuoto, che

28

trasmette la luce a una certa velocit, e dentro il quale galleggiano anche il


sole e la terra. Anche noi viviamo in questo fiume celeste.19

Sin dalle prime pagine si configura dunque un universo in cui si


fondono mito e scienza. Nella descrizione della Via Lattea sono presenti
sia echi del folclore occidentale sia di quello orientale. La metafora del
flusso di latte richiama il mito greco secondo cui essa sarebbe stata
generata dalle gocce di latte fuoriuscite dal seno di Era mentre allattava
Eracle, mentre limmagine del fiume celeste comune nelle culture
estremo-orientali e austronesiane. Tra laltro, in molte culture occidentali
la Via Lattea appare come strada maestra che conduce al mondo
ultraterreno.
Come rileva Emanuela Costa20, di grande impatto sullo scrittore
furono anche le teorie sul vuoto, sullo spazio e sul tempo di Minkowski
e Einstein. Kenji era affascinato dal concetto einsteiniano della relativit
e dalla teoria di Minkowski sullo spazio quadridimensionale, di cui si
sarebbe servito per delineare il concetto di quarta dimensione.
Partendo dunque da basi scientifiche, sulla scorta di letture riguardanti la
velocit della luce, il suono e il rapporto spazio-tempo, lautore
suggerisce una dimensione alternativa che trascende le limitazioni
spaziali e temporali della terza dimensione (ossia la realt a cui noi
siamo abituati).
Lo spazio della Via Lattea viene qualificato come vuoto che
trasmette la luce a una certa velocit, e dentro il quale galleggiano anche
il sole e la terra, ma a questa definizione scientifica si sovrappone una
Miyazawa Kenji, Una notte sul treno della Via Lattea e altri racconti, cit., pp. 39-41
Emanuela Costa, Sinestesie di letteratura e scienza nella narrativa fantastica di Miyazawa
Kenji, in Il Giappone, vol. 46, Istituto Italiano per lAfrica e LOriente (IsIAO), 2006, p.
116
19
20

29

concezione religiosa. Sarah Strong evidenzia infatti che il caratteri


utilizzati per la parola vuoto, ossia shink , sono gli stessi usati
per rendere il concetto buddhista di nyat, il principio fondamentale
del vuoto inteso come assenza di entit definite ed esistenti
indipendentemente le une dalle altre; questa, per i buddhisti, la vera
natura del mondo21.
Ogni tappa del viaggio interstellare una sintesi di suggestioni
scientifiche e metafisiche. Kenji, qui come in altre opere, si serve di
ardite metafore chimiche e geologiche che trasformano la galassia in un
macrocosmo costellato di bagliori accecanti, luci fosforescenti e dai
diversi colori, sabbia fatta di cristalli, acqua simile al mercurio. Ne sono
un esempio i seguenti passi, tratti rispettivamente dai capitoli La
stazione della Via Lattea e La Croce del Nord e la Costa del Pliocene:
Al principio non riusciva assolutamente a distinguere lacqua del fiume della
Via Lattea. Per a poco a poco, guardando con attenzione, la vide: scorreva
tranquilla, senza produrre alcun suono, pi limpida del vetro, pi trasparente
dellidrogeno [] miriadi di genziane, ognuna con una goccia di giallo al
fondo del calice, sfilarono davanti a loro in rapida successione, come
zampilli di lava o schizzi di pioggia, mentre file di segnali, dalle luci ora
nebulose ora fiammanti, splendevano sempre pi fitte tuttintorno.22
I ciottoli sul greto, tutti trasparenti, erano davvero cristalli, ma cerano anche
topazi e pietre dalla superficie screziata, o corindoni che dai tagli
sprigionavano una nebbia luminosa. Giovanni corse fino alla riva e affond
la mano nellacqua. Quella fantastica acqua della Via Lattea era pi

21
22

Sarah Strong, Night of the Milky Way Railway, New York, M. E. Sharp, 1991, p. 85
Miyazawa Kenji, op. cit, pp. 55-57

30

trasparente dellidrogeno. E tuttavia scorreva veramente: lo provava il fatto


che le loro mani immerse fino ai polsi avevano assunto il colore del
mercurio, e che le piccole onde prodotte dallurto dellacqua contro di esse
emanavano una bellissima fosforescenza mentre sembravano bruciare
sfavillando.23

Nel capitolo La Croce del Nord e la Costa del Pliocene si riflette


anche la passione dellautore per le esplorazioni e le scoperte. Qui
Giovanni e Campanella incontrano un archeologo in cerca di fossili, il
quale parla loro di noci e bovini preistorici:
Dallinterno di quella roccia candida e friabile era stata estratta la met
superiore di uno scheletro biancastro di un gigantesco animale che doveva
essere caduto su un fianco frantumandosi. Guardando con pi attenzione,
notarono una decina di blocchi quadrati gi scavati e numerati nei quali
erano impresse le orme di un paio di zoccoli.
To, abbiamo visite disse luomo che sembrava un gran professore, e
nel voltarsi verso di loro i suoi occhiali mandarono un bagliore. Avete visto
quante noci? Hanno la bellezza di circa un milione e duecentomila anni. E
parlo delle pi recenti. Un milione e duecentomila anni fa, alla fine dellera
terziaria, questa era una costa marina: se si scava pieno di conchiglie. Dove
adesso scorre il fiume, un tempo cera il flusso e riflusso dellacqua salata.
Quanto a questo animale, si chiamava bos, sapete? Ehi, ehi, l non col
piccone! Fate piano, con uno scalpello! Il bos, dicevo, progenitore del nostro
bue, era molto diffuso nellantichit.24

Il Pliocene unepoca geologica compresa tra i cinque e i due milioni


di anni fa, durante la quale la temperatura del pianeta si abbass

23
24

Ivi, p. 60
Ivi, p. 62

31

gradualmente, producendo un clima pi secco e una stagionalit simile a


quella attuale, e si svilupparono i progenitori degli odierni bovini, come
attestano i ritrovamenti del Bos acuifrons in Cina e del Bos primigenius in
Francia. Kenji era al corrente di queste scoperte e probabilmente se ne
serv per costruire il suddetto episodio di paleontologia celeste. In esso
confluisce inoltre lesperienza diretta dello scrittore, che, nel 1923,
durante unesplorazione lungo le rive del fiume Kitakami, nella zona da
lui chiamata Igirisu kaigan (sponda inglese), aveva
rinvenuto tra la sabbia delle noci fossilizzate.
Qui, la ricerca del professore assume una valenza simbolica oltre che
scientifica: i resti del primitivo bovino gli servono infatti a dimostrare
che sotto il velo dellapparenza si cela una dimensione spazio-temporale
completamente diversa da quella in cui viviamo, nella quale presente
una conoscenza superiore che trascende le nostre concezioni abituali:
Secondo la nostra teoria, questo uno strato molto profondo e ricco, e si
possono produrre numerose prove che si formato pi di un milione e
duecento anni fa. Eppure chi ha un punto di vista diverso dal nostro
potrebbe non riconoscerlo come uno strato del genere, o vederci solo
vento, acqua e spazio vuoto.25

Questa dimensione lestensione quadri-dimensionale (daiyonji ench


) di cui lautore aveva gi parlato nella parte finale del
Prologo (Jo ) dellantologia poetica Haru to shura:

Forse, da qui a duecento anni,


si affermer una geologia opportunamente diversa,
25

Ibidem

32

verranno fuori appropriate testimonianze dal passato


[]
Studiosi emergenti scaveranno
meravigliosi fossili nello scintillante azoto ghiacciato
nello strato pi alto dellatmosfera,
o scopriranno nei piani di stratificazione
di arenaria del Cretaceo
le enormi impronte di unumanit invisibile.
Tutti questi assunti sono affermati
nellestensione quadridimensionale
come caratteristiche della mente e del tempo.26

Non chiaro cosa Kenji intendesse per estensione quadridimensionale; tuttavia la conclusione della poesia lascia evidentemente
trasparire il suo desiderio di vedere affermata una nuova scienza capace
di andare oltre la visione unilaterale comunemente accettata dagli
scienziati moderni per indagare una molteplicit di livelli pi profondi
della realt.
Nel capitolo Il biglietto di Giovanni uno dei passeggeri afferma che
il treno della Via Lattea viaggia nello spazio fantastico e imperfetto a
quattro dimensioni, in contrasto con lo spazio tridimensionale da cui
viene Giovanni, ossia la Terra. In questo differente dominio spaziotemporale, tutte le barriere che isolano una persona dallaltra vengono a
cadere, permettendo il sorgere di relazioni interpersonali pi fluide e
pregnanti. Giovanni, infatti, si sente libero di instaurare con i passeggeri
della locomotiva celeste un tipo di rapporto che con i suoi compagni e i
suoi insegnanti non aveva mai avuto.
26

Miyazawa Kenji, Selections, cit., pp. 64-65

33

Nel mondo a quattro dimensioni Kenji proietta non solo il desiderio


di un nuovo tipo scienza che conduca a forme di conoscenza pi elevate,
ma anche il sogno di armonia e benessere per la comunit rurale da lui
tanto agognato e mai realizzato nella realt.
Nei paesaggi celesti nati dalla sua immaginazione, dove le coltivazioni
crescono spontaneamente e sono migliori di quelle terrestri, lo scrittore
mette a frutto le sue conoscenze e i sacrifici fatti per promuovere nuove
tecniche agricole, sperimentate in lunghi anni di studio. Come dice un
altro passeggero a Giovanni:
Be, naturalmente da queste parti si pratica lagricoltura, ma di solito tutto
funziona in modo che le cose buone crescano da sole. Qui la coltivazione
non richiede troppa fatica. In genere basta piantare il seme della pianta
desiderata ed essa cresce da sola rapidamente. Il riso per esempio, senza
scorza come nelle regioni del pacifico, dieci volte pi grande del normale
ed anche profumato. Ma l dove andate voi lagricoltura non praticata.
N mele n dolci lasciano alcuna scoria, ma si trasformano in un profumo
delicato e gradevole, differente per ogni persona, che evapora attraverso i
pori della pelle.27

In questo passaggio troviamo ancora una volta un motivo di


ispirazione buddhista accanto a problematiche di natura prettamente
scientifica. Emanuela Costa vi vede un riferimento alla cosmologia
delineata nellAbhidharmakoa, importante commentario allAbhidharma
pitaka scritto da Vasubandhu nel V secolo d.C., che suddivide luniverso
in tre livelli di crescente immaterialit e perfezione. Il primo il
Kmadhtu (regno del desiderio), mondo imperfetto abitato da esseri

27

Miyazawa Kenji, op. cit., p. 79

34

dominati dal desiderio di piacere sensuale, che li conduce alla sofferenza;


esso corrisponde alla terza dimensione, ovvero il nostro mondo. Il
secondo il Rpadhtu (regno di forma), mondo di un livello superiore
i cui abitanti non conoscono gli estremi del piacere e del dolore, non
sono schiavi del desiderio e sono privi di distinzioni sessuali; questo lo
spazio a quattro dimensioni, anchesso imperfetto, ma pi rifinito
rispetto al primo, dove ci si pu nutrire di semplici profumi. Il terzo
lArpadhtu (regno senza forma), mondo perfetto ed etereo, dominio
di esseri celesti fatti di pura essenza metafisica.
Nel corso della narrazione viene espresso in pi punti un concetto
centrale nel pensiero kenjiano, quello della vera felicit (hont no
shiawase ). La prima menzione di questo tema si
trova nellepisodio in cui Kaoru, la bambina morta in un naufragio
insieme al fratellino e al tutore, racconta la storia di uno scorpione che,
caduto in un pozzo nel tentativo di sfuggire a una donnola e sul punto di
annegare, riflette sulle proprie cattive azioni passate e prega che il suo
corpo venga utilizzato alla prossima occasione per servire alla felicit di
tutti. La storia, completamente inventata da Kenji, ricorda gli antichi
jataka, i racconti edificanti delle vite anteriori del Buddha storico, in cui
la volont di offrirsi per la felicit di tutti prevale infine sul tentativo
egoistico di sfuggire al proprio carnefice. Il desiderio dello scorpione di
non vedere sprecata la sua vita viene esaudito e lanimale si trasforma in
un fuoco vermiglio (la stella Antares), a illuminare loscurit della notte e
a ricordare lalto valore dellautosacrificio.
Qualche pagina dopo, questo concetto viene nuovamente affermato
nel seguente dialogo tra Giovanni e Campanella:

35

Giovanni tir un sospiro profondo e disse:


Campanella, siamo rimasti di nuovo noi due soli. Andiamo avanti
insieme, sempre avanti, senza mai fermarci! Sai? Sento che per dare
veramente la felicit agli altri potrei anche bruciare centinaia di volte, come
lo scorpione.
Anchio, disse Campanella con gli occhi che gli luccicavano.
Per, chiss cos la vera felicit
Non lo so, rispose Campanella assorto.28

I due bambini dicono di non sapere cosa sia la vera felicit, ma dalle
loro parole traspare chiaramente che, al fine di raggiungerla, bisogna
sacrificarsi per rendere felici gli altri. Non ci sar vera felicit finch non
saranno tutti felici, scrisse lautore nel saggio Nmin geijutsu gairon ky.
La setta di Nichiren insegna infatti che chiunque pu raggiungere la
salvezza e la felicit su questa terra compiendo azioni che leniscano le
miserie altrui. Nella celebre poesia Ame ni mo makezu
(Uno che non si arrende alla pioggia), descrisse cos luomo indifferente
alle intemperie e alle passioni, generoso e compassionevole che sarebbe
voluto diventare:
Uno che non si arrende alla pioggia
n al vento
indifferente alla neve e alle torride estati
dal corpo robusto
privo di desideri
immune allira
sempre lo stesso calmo sorriso
[]
28

Miyazawa Kenji, op. cit., p. 95

36

che va allest
a curare un bimbo malato
o a ovest a portare delle fascine di riso per una madre stanca
o a sud dove c un uomo che muore
a dirgli: calmo, non avere paura
Uno che va a nord se si intenta una causa o scoppia una lite
a dire: basta, piantatela con queste sciocchezze.29

Tornando a Ginga tetsud no yoru, nella penultima edizione era presente


verso la fine un lungo brano didascalico, poi omesso dalla versione
definitiva, in cui al posto di Campanella, che svanisce improvvisamente,
compare uno scienziato di nome Bulcanillo, il quale rivela a Giovanni
una verit superiore:
Il tuo amico Campanella andato via. Ha fatto un lungo viaggio stanotte,
ormai inutile che tu lo cerchi.
Ma perch, perch? Avevo detto che volevo andare avanti insieme a
Campanella per sempre!.
Lo so, lo so. quello che pensano tutti. Ma andare insieme
impossibile. Perci siamo tutti Campanella. Tutte le persone che incontri
hanno gi mangiato tante volte una mela con te o hanno viaggiato sul tuo
stesso treno. E quindi, come hai pensato prima, bene affrettarsi e ricercare
la vera felicit per tutti. Solo in questo modo potrai andare avanti con
Campanella, per sempre.30

Il professore presenta la vera felicit come scopo a cui improntare


la nostra vita. Tutti noi, come Campanella, possiamo scomparire da un
29 Miyazawa Kenji, Ame ni mo makezu, in Paragone, Terza serie, num. 99-100-101, trad.
it. di Giorgio Amitrano, Firenze, Servizi Editoriali, Febbraio-Giugno 2012, p. 68
30 Emanuela Costa, Sinestesie di letteratura e scienza nella narrativa fantastica di Miyazawa
Kenji, cit., p. 119

37

momento allaltro, perci bene darsi da fare per contribuire al bene


comune finch si ha tempo. Bulcanillo prosegue con queste parole:
Tieni stretto il tuo biglietto e studia con impegno. Probabilmente conosci la
chimica e sai che lacqua formata dallidrogeno e dallossigeno. Nessuno
ha dubbi su questo oggi, perch conduciamo degli esperimenti e possiamo
vederlo. Tuttavia in passato alcuni credevano che fosse fatta di mercurio e
sale, altri di mercurio e zolfo. Ognuno penser che il suo dio sia il vero dio
ma si possono versare lacrime anche per le cose fatte da quelli che credono
in divinit differenti. Ci saranno forse dispute sul fatto che il nostro cuore
sia buono o cattivo. Vincere o perdere non avr importanza. Tuttavia, se
studierai veramente riuscirai a distinguere il pensiero vero da quello falso
tramite la sperimentazione, e se stabilirai anche il metodo per portare avanti
lesperimento, allora fede e chimica diverranno la stessa cosa.31

Se ne deduce che scienza e religione devono collaborare in vista del


raggiungimento della felicit universale. La chimica e gli esperimenti
permettono di decifrare la realt e di dissipare le false conoscenze. Le
discussioni sulla veridicit della fede, sul bene e sul male, sono inutili.
Possiamo piangere anche per le azioni compiute da chi crede in divinit
diverse, in quanto tutti noi, a prescindere dalle differenze di religione,
abbiamo la stessa natura e puntiamo a un fine comune, a servizio del
quale va messo il metodo scientifico. proprio in vista di questo scopo
che Kenji studi le scienze naturali, da lui intese come strumento
mediante cui poter tradurre in realt unideale spirituale.
Emblema dello scienziato che mette le proprie conoscenze al servizio
del bene comune, pronto a sacrificare la propria vita per questa causa,
il dottor Budori di Gusk Budori no denki. Budori vive a hatov insieme ai
31

Ivi, p.139

38

genitori contadini e alla sorella Neri. A causa del freddo eccessivo, i


raccolti vengono danneggiati e i genitori si sacrificano pur di salvare i
figli. In seguito, Neri viene rapita e il protagonista, rimasto
completamente solo, costretto a trovare lavoro in un allevamento di
bachi da seta nella foresta. Allinizio dellinverno i lavoranti e il
proprietario vanno via, lasciandolo a custodire gli attrezzi. Per
trascorrere il tempo il ragazzo legge alcuni testi scientifici trovati nel suo
alloggio e ne rimane affascinato. Allinizio della primavera il proprietario
e i lavoratori ritornano per riprendere le attivit, ma uneruzione
vulcanica mette tutti in fuga.
Budori si stabilisce quindi presso una comunit agricola dove alcuni
contadini stanno cercando di coltivare una zona paludosa. Uno di essi
gli si affeziona particolarmente e lo incoraggia a studiare i libri di
scienze di suo figlio, morto poco tempo prima. Grazie alle conoscenze
acquisite, Budori mette a frutto le tecniche apprese sui libri e lanno
dopo il raccolto nella palude matura rigoglioso. Ma a una buona annata
ne seguono tre sfavorevoli a causa della siccit, cos il protagonista
decide di andare in citt per seguire le lezioni del professor Kb, autore
dei testi scientifici da lui tanto amati, e apprendere lagronomia in modo
da poter salvare la terra dalle calamit naturali e coltivarla al meglio.
Kb indirizza il giovane verso un esperto vulcanologo, il professor
Pennen, impegnato nel monitoraggio e nella prevenzione delle eruzioni
dei vulcani di hatov. Poco dopo il vulcano Sanmutori sul punto di
esplodere, ma la squadra di vulcanologi, di cui fa parte lo stesso
protagonista, riesce ad arrestare lesplosione. Quattro anni dopo, ormai
allapice della carriera, Budori mette a punto un piano di migliorie

39

agricole che prevede luso di piogge indotte a base di fertilizzante


chimico in modo da garantire labbondanza dei raccolti.
Dopo altri cinque anni di sperimentazioni e successi, la temperatura di
hatov subisce un drastico calo, costringendo i contadini alla miseria.
Lunica soluzione per salvare la comunit e i campi consiste nel
provocare artificialmente uneruzione vulcanica affinch la temperatura
si innalzi, ma gli scienziati sono esitanti, consapevoli che loperazione
coster la vita a uno di loro. Ma Budori ben contento di sacrificarsi per
la causa della comunit, cos si fa avanti e parte coraggiosamente alla
volta del vulcano, riuscendo nellimpresa. In questa storia si riflette
lesperienza dello stesso Kenji, che per tutta la vita cerc (invano),
attraverso il sapere scientifico, un modo per salvare gli agricoltori della
sua terra dalle sofferenze causate da una natura ostile.
Dalla storia di Budori si evince chiaramente che la natura pu e deve
essere cambiata se ci serve a migliorare le condizioni degli esseri che ne
fanno parte. Ci ci introduce a un altro tema fondamentale: il
cambiamento dei fenomeni.
I primi versi del Prologo di Haru to shura recitano:
Il fenomeno chiamato io
unilluminazione blu
di unipotetica lampada a corrente alternata organica
(composto di tutti gli spiriti trasparenti)
unilluminazione blu
della lampada a corrente alternata del karma
che si accende e si spegne incessantemente
insieme ai paesaggi, insieme a tutte le cose
e certamente continuer a brillare

40

(la luce resta, la lampada si perde)32

Tali versi descrivono lessere umano non come unentit statica, ma


come un fenomeno in constante divenire, mai uguale a se stesso
(unilluminazione di una lampada che si accende e si spegne in
continuazione), e collegato a tutte le altre esistenze fenomeniche (brilla
insieme ai paesaggi, insieme a tute le cose).
Tutti gli esseri sono quindi parte di un unico, eterno flusso in
constante cambiamento. Nessuna cosa rimane per sempre la stessa. La
splendida dalia rossa di Manazuru to driya (La
gru e le dalie), che voleva essere la regina dei fiori, perde a poco a poco
la sua bellezza, finch il gesto secco di un contadino recide il suo gambo.
Un racconto particolarmente interessante in proposito Kaze no
Matasabur. Il dwa in questione narra dellarrivo di un nuovo bambino
presso una piccola scuola di montagna. Glia altri studenti lo guardano
con stupore a causa suoi abiti dalla foggia straniera e dei suoi capelli
rossi. Poich il ragazzo arrivato in un giorno ventoso e dice di
chiamarsi Takada Sabur, uno dei bambini pi grandi esclama che deve
sicuramente trattarsi di Matasabur, lo spirito del vento. Comunque,
superate le esitazioni iniziali, Sabur viene infine accettato e stringe
amicizia con i ragazzi del villaggio, solo per partire improvvisamente in
unaltra giornata ventosa. Il cambiamento portato nel villaggio dallarrivo
e poi dalla partenza di Sabur segnato dal vento; difatti, il vento
inteso da Kenji come veicolo del cambiamento. Anthony V. Liman
commenta che, sotto forma di personificazione di una leggenda
popolare, il vento messaggero di terre distanti che un giorno qui e
32

Miyazawa Kenji, Selections, a cura di Sat Hiroaki, cit., p. 63

41

laltro lontano; , in quanto tale, puro movimento invisibile, ma


possiamo vederlo e sentirlo quando tocca le cose e cambia il loro
aspetto33.
Lidea del mondo in perenne divenire il tema portante della
cosiddetta letteratura delleremitaggio del medioevo giapponese, i cui
autori, percependo come dolorosa una realt in cui tutto deve
inevitabilmente cambiare e finire, aspirano a distaccarsi da questo
inarrestabile ciclo di sofferenza vivendo da eremiti. Kenji, al contrario,
non intende rinunciare al mondo. In accordo con le dottrine di Nichiren,
si sente completamente immerso nel flusso del divenire insieme a tutti
gli altri esseri con i quali interagisce. Il cambiamento, dunque, non
concepito in senso negativo, bens come mezzo dinamico che pu
servire al raggiungimento di quella vera felicit tanto cara al nostro
autore. Labbiamo visto con Gusk Budori, che accetta volentieri di
morire per innescare il cambiamento che avrebbe salvato la comunit
dalla fame.
Kenj kenrin (Il parco forestale di Kenj) offre un altro
esempio di interazione tra uomo e natura che produce un
miglioramento, anche se di tipo diverso. Il protagonista, Kenj, un
ragazzo ingenuo e da tutti ritenuto uno sciocco in quanto capace di
emozionarsi profondamente di fronte ai fenomeni della natura. Quando,
ad esempio, vede un falco volare nel cielo o le foglie degli alberi mosse
dal vento che risplendono al sole salta di gioia, applaude e vorrebbe dire
a tutti quello che ha visto, ma i ragazzi del villaggio lo prendono in giro a
tal punto da spingerlo a nascondere i suoi sentimenti.
33 Anthony V. Liman, Miyazawa Kenji's singing landscape: The wind child Matasabur,
Japan Review, n. 6, 1995, p. 56

42

Un giorno Kenj chiede al padre di compragli settecento semi di


cedro, avendo intenzione di piantarli nel terreno dietro casa. Il fratello
maggiore obietta che quel terreno non adatto per piantare alberi, ma il
padre decide di accontentarlo comunque, dal momento che non gli ha
mai chiesto nulla prima. Nel vederlo piantare i semi, i vicini deridono
Kenj, dicendo che i cedri non sarebbero mai cresciuti bene. Trascorsi
alcuni anni, gli alberi sono effettivamente cresciuti di poco. Un abitante
del posto si fa beffe di lui chiedendogli di potarli; il protagonista lo
prende in parola e taglia i rami fino a lasciarne solo due o tre per ciascun
cedro.
Il giorno seguente, Kenj sente voci di bambini provenire dal suo
bosco. Andato a controllare, vi trova numerosi bambini che giocano
allegramente tra le file di alberi e questa visione gli riempie il cuore di
gioia. Qualche tempo dopo luomo muore di tifo, ma i bambini
continuano a riunirsi tra i cedri da lui piantati.
Molti anni passano dalla morte di Kenj. Un giorno, un professore
universitario torna a far visita al villaggio dopo quindici anni di assenza.
Tutto cambiato a eccezione del bosco di Kenj, dove i bambini
giocano esattamente come quando lui era piccolo. Ricordando i bei
tempi andati, il professore raccoglie denaro insieme ad altre persone che
durante linfanzia andavano a divertirsi nel bosco dei cedri, che viene
cos trasformato in un parco dove tutti possano sostare e rilassarsi.
Kenj, a differenza di Budori, non si sacrifica per la salvezza della sua
gente, ma fa qualcosa che rende pi piacevole la vita degli abitanti del
villaggio. Per quanto possa essere ritenuto stupido, egli provoca un
cambiamento in meglio, anche se ci viene riconosciuto solo molto
tempo dopo la sua morte. Nessuno pu dire nellimmediato cosa sia

43

meglio e cosa non lo sia. Non si pu dire chi sia davvero intelligente e
chi no. Di certo il Buddha opera in modi misteriosi, commenta il
professore. La vicenda di Kenj insegna che qualcosa fatta in virt di un
desiderio puro condurr sicuramente alla vera felicit34.
Il rapporto tra arte, religiosit e scienza nella narrativa kenjiana non si
esaurisce nelluso di metafore tratte dal lessico della botanica, della
chimica, dellastronomia o dellagraria, ma si arricchisce altres della
suggestione che le tecnologie dellepoca esercitarono sulla fantasia dello
scrittore. Kenji, molto ricettivo nei confronti delle novit, fu tra i primi
sostenitori in Giappone delle nuove meraviglie tecniche della sua epoca,
e il fascino su di lui esercitato da strumenti come la lanterna magica, la
fotografia e il cinematografo traspare da numerosi suoi scritti. Ad
esempio, abbiamo visto come nel Prologo di Haru to shura lautore parli
di lampada a corrente alternata del karma; oppure, in Nusubito
(Il ladro), si parla di musica incantata dei pali elettrici.
Linfluenza del cinematografo e della lanterna magica evidente nelle
poesie moderniste cos come in molti dwa, tra cui Yamanashi
(La pera selvatica).
In questo breve racconto viene descritto il fluire dellesistenza dal
punto di vista di due piccoli granchi che vivono sul fondo di un ruscello.
Ai loro occhi, cose che agli esseri umani appaiono del tutto
insignificanti, come il passaggio di un pesce, il tuffo di un martin
pescatore, una pioggia di fiori di betulla o la caduta di una pera selvatica,
assumono proporzioni cosmiche, tali da suscitare timore. Il letto del
ruscello si configura come un microcosmo in perenne mutamento. Ogni
34 Nagisa Moritoki kof, Miyazawa Kenji: Interpretation of his Literature in the
Present Japan, Asian Studies, vol. 1, num. 2, Universit di Lubiana, 2013, p. 100

44

movimento dei granchi e dei corpi che catturano la loro attenzione


provoca spostamenti dacqua che a loro volta determinano mutamenti di
luce e di colore.
A fare del letto del ruscello un microcosmo costantemente in divenire
anche limpalpabile scorrere del tempo. Lautore divide la storia in due
momenti staccati, una giornata di maggio e una notte di dicembre,
presentati come immagini proiettate da una lanterna magica. Inventata in
Olanda nel XVII secolo e importata in Giappone nel 1866, diversi anni
prima dellintroduzione del cinematografo, la lanterna magica consisteva
in un proiettore di disegni (di solito su vetro) con lampada a petrolio, il
contenuto dei quali veniva commentato da una voce fuori campo
chiamata in giapponese benshi. Con due interventi diretti in apertura e in
chiusura, Kenji veste qui i panni del benshi che annuncia linizio (Ecco a
voi, proiettate dalla lanterna magica, due immagini azzurre del fondo di
un ruscello)35 e la fine della proiezione (La mia lanterna magica a
questo punto si spegne)36.
A questa peculiare concezione del racconto si deve la sua spiccata
qualit visiva, esemplificata da passaggi come i seguenti:
Il pesce ritorn sfrecciando, e si allontan verso il basso corso del ruscello.
[] Ci fu un improvviso chiarore e come in un sogno loro dei raggi del
sole discese nellacqua. Una rete di luce, partendo dalle onde, si allargava e si
stringeva sopra le rocce bianche sul fondo, fluttuando incantevole. Dalle
bolle e dai minuscoli detriti, ombre dritte come bastoncini si stagliavano
oblique nellacqua. Il pesce ripass, mandando questa volta in frantumi la

35
36

Miyazawa Kenji, Una notte sul treno della Via Lattea e altri racconti, cit., p. 103
Ivi, p. 110

45

luce dorata che lavvolgeva e assumendo una strana lucentezza metallica,


per poi risalire verso la parte alta del ruscello.37
Il trasparente chiarore lunare,

come gassosa in una bottiglia di vetro,

riempie lacqua gelata fino al fondo del ruscello. Sulla superficie le onde
sembrano accendere e spegnere senza tregua pallidi fuochi azzurrini, mentre
laggi tutto immobile.38

Tanigawa Gan preferisce evidenziare linfluenza del cinematografo


piuttosto che

della lanterna magica, argomentando che lidea di

descrivere il fondo di un ruscello da un punto di vista impensabile per


locchio umano nasce dalla consapevolezza delle potenzialit offerte
dalla cinepresa; lo scrittore immagina una ripresa subacquea, in cui
lobiettivo scrutatore della macchina permette di osservare a distanza
ravvicinata e catturare immagini altrimenti imprendibili, spostandosi di
continuo dalle azioni dei granchi al sempre cangiante paesaggio
circostante39. In ogni caso, Yamanashi registra con precisione latmosfera
di quel periodo di esplorazione di nuovi confini della visione e la sottile
mutazione dellocchio umano che, grazie a nuovi strumenti, poteva ora
osservare la natura da punti di vista prima impensabili, permettendo
una visione molto pi ravvicinata e dettagliata.
Ma, ancora una volta, lentusiasmo per le nuove conquiste della
scienza e della tecnologia non lunico elemento di questo dwa, che,
apparentemente

semplice,

nasconde

in

realt

pi

interpretazione.

Ivi, p. 104
Ivi, p. 106
39 Tanigawa Gan, Kenji shoki dwa k, Tky, Ushio shuppansha, 1985, p. 178
37
38

46

livelli

di

Il racconto comincia con i due granchietti che parlano di un certo


Krambon, il quale rideva e poi morto ammazzato:
Krambon rideva, hai sentito anche tu?
Come no? Krambon rideva facendo glu-glu
Krambon rideva e saltava su e gi
S, Krambon rideva e faceva glu-glu
[]
Ma che ci aveva tanto da ridere Krambon?
E io che ne so?.
[]
Ehi, Krambon morto!
S, Krambon morto, morto ammazzato.
Krambon morto, che brutta fine!
Morto ammazzato.
E poi perch hanno ammazzato Krambon? chiese il maggiore,
arrampicandosi sulla testa piatta del fratellino con le due zampette
centrali di quelle di destra.
E io che ne so?40

Il primo tema che si presenta agli occhi dunque quello della morte,
o meglio, dellimpossibilit di dire alcunch di certo sulla vita e sulla
morte. I due fratellini si chiedono perch Krambon prima ridesse e poi
sia stato ammazzato, ma non sanno trovare una risposta.
Il misterioso Krambon, di cui non si sa nulla eccetto il nome, non

unindividualit definita,

ma si configura

piuttosto come una

metafora del ciclo dellesistenza di ogni essere vivente.

40

Miyazawa Kenji, op. cit., pp. 103-104

47

Allinesplicabilit del ciclo dellesistenza si accompagna quella della


legge naturale in base a cui gli esseri senzienti devono nutrirsi di altre
forme di vita per poter sopravvivere. Nella prima parte del racconto i
due piccoli granchi si spaventano alla vista di un martin pescatore che
cattura un pesce, in quanto temono di venire anchessi divorati; nella
seconda parte, dopo uno spavento iniziale, inseguono una pera selvatica
trasportata dalla corrente, divenendo a loro volta potenziali divoratori.
Secondo Helen Kilpatrick, questa vicenda adombra un conflitto tra
esclusivit e inclusivit e la sua risoluzione a favore della seconda. La
paura provata dai granchi paura del diverso. Il martin pescatore e la
pera sono inizialmente percepiti come elementi estranei introdottisi nel
loro ambiente e potenzialmente minacciosi, da cui il rifiuto di accettarli.
Questa visione unidimensionale ed esclusivistica viene per trascesa
quando i granchi, superato il timore iniziale, finiscono per accettare
lelemento esterno (la pera) come parte del loro mondo, comprendendo
che tutti gli esseri sono anelli di una stessa catena in cui ognuno
necessario alla sopravvivenza dellaltro41. Si tratta, in ultima analisi, della
tipica visione kenjiana della natura, influenzata dal buddhismo; non a
caso i riflessi della luce sullacqua sono paragonati a una rete dorata, il
che richiama alla mente la gi citata metafora della rete di Indra, i cui
nodi sono impreziositi da gioielli ognuno dei quali riflette gli altri. I
gioielli sono ovviamente gli esseri delluniverso, che si compenetrano a
vicenda, essendo ciascuno causa e conseguenza di tutti gli altri.
Componente scientifica e componente idealistico-religiosa, dunque,
procedono sempre di pari passo. Se, come vuole un certo pensiero
41 Helen Kilpatrick, Buddhist Visions of Transculturalism: Picturing Miyazawa Kenjis
Yamanashi (Wild Pear), International Research in Children's Literature, vol. 2, num. 2,
dic. 2009, p. 261

48

buddhista, tutte le cose del nostro mondo sono vuote e, in virt di


questo vuoto che le accomuna, identiche, per Kenji anche scienza e
religione sono essenzialmente una cosa sola. Nessun altro scrittore
giapponese del XX secolo ha mai propugnato una tale sintesi in maniera
cos potente.

49

CONCLUSIONI
Nel Giappone ultra-nazionalista, imperialista e deciso a diventare una
grande potenza della prima met del XX secolo, Kenji era una voce
fuori dal coro. A differenza dei suoi compatrioti, ossessionati dalla loro
identit nazionale, egli era un cosmopolita: nelle sue opere solo
occasionalmente si trovano riferimenti al Giappone e alcuni dei suoi
personaggi come Giovanni e Campanella di Ginga tetsud no yoru
hanno nomi stranieri; la stessa prefettura dorigine, Iwate, trasformata
in una terra fantastica chiamata hatov, toponimo che suona tuttaltro
che giapponese.
Inoltre lo scrittore era animato da un profondo interesse e amore per
la natura in ogni suo aspetto, come traspare da tanta parte della sua
opera letteraria. Nella poesia Ippongino si definisce addirittura
amante delle foreste e dei campi:
Io sono lamante delle foreste e dei campi:
mentre cammino tra il fruscio delle canne
una lettera verde piegata con garbo
mi entra talvolta in tasca
e, mentre cammino nelloscurit dei boschi,
i miei gomiti e i miei pantaloni si ricoprono
dei segni delle labbra della mezzaluna.42

Ma Kenji andava ben oltre un mero apprezzamento romantico della


natura: il suo interesse era a un tempo spirituale e scientifico. Da
42

Miyazawa Kenji, Selections, a cura di Sat Hiroaki, cit., p. 101

50

agronomo professionista, nonch geologo, biologo e astronomo


dilettante, locchio poetico dellautore guardava continuamente ai
fenomeni naturali. Anche il suo intelletto era ovviamente rivolto a
indagare i principi che ne sono alla base, ed egli era un convinto fautore
delle innovazioni tecniche che consentivano di analizzare in maniera
sempre pi approfondita quei fenomeni. Quale ardente buddhista,
credeva fermamente che la fede potesse essere arricchita e supportata
dal metodo scientifico, servendosene come mezzo per tradurre in realt
un ideale di felicit e concordia per tutte le creature di questo mondo.
Come si detto, in Indra no m luniverso viene descritto, riprendendo
unimmagine buddhista, come un intreccio di fili che formano una rete;
se un filo si spezza, tutti gli altri ne subiscono le conseguenze. Lautore
comprese prima di chiunque altro nel suo paese la necessit di una
pacifica coesistenza con tutti gli elementi della natura (non solo animali e
piante, ma anche rocce, fiumi, laghi, montagne) per la sopravvivenza
futura del genere umano.
Il suo universalismo, tuttavia, non lo portava affatto a trascurare le
sue radici. Al contrario, abbiamo visto come egli sia rimasto sempre
fortemente legato al suo luogo natale, che non scompare mai del tutto
dalle sue opere, e come abbia messo le sue conoscenze di agronomia al
servizio dei contadini di Iwate.
Durante la sua breve vita, Kenji non riusc mai a realizzare
pienamente il desiderio portare la felicit agli agricoltori della sua terra,
ma ha comunque avuto il merito di lasciare ai posteri, attraverso i suoi
scritti, un messaggio di compassione e altruismo universale, nonch di
rispetto per tutte le forme di vita, anche quelle che agli umani possono
apparire insignificanti.

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