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ORIGINI DELLA LINGUA GIAPPONESE

La lingua giapponese ha origini misteriose. Alcuni la fanno derivare dalle lingue uralo-altaiche, altri la
considerano della famiglia del coreano, altri la riportano alle lingue austronesiane (Oceania).
Probabilmente tutte queste influenze agirono grazie all’incontro di popoli diversi.
I primi furono i melanesiani: giunsero in Giappone dalle isole Ryuku e si stabilirono a sud. Coreani e
uralo-altaici si stabilirono nel nord, abitato dagli Ainu, che vennero cacciati sempre più a nord (piccole
comunità Ainu esistono ancora e nel 2019 il Giappone le ha riconosciute come autoctone del Giappone,
ponendo termine alle discriminazioni). Questi popoli si fusero nella piana di Yamato. Qui nasceranno le
prime città.

Preistoria giapponese, 3 periodi:


1) Joumon: fino al 4° secolo ac.
2) Yayoi: 4°ac – 3°dc. Agricoltura e stanzialità. Nascono piccoli agglomerati urbani.
3) Kofun 3°secolo dc. - 7°secolo DC.
4) Asuka 538 dc. -710 dc.

EVENTI CHE CAMBIARONO IL GIAPPONE:

- L’arrivo della risicoltura dalla corea (passaggio dal periodo Joumon al periodo Yayoi). Prima i
Giapponesi erano nomadi, cacciatori/raccoglitori.
- L’arrivo del buddhismo, sempre dalla Corea: il sovrano di Paekche inviò un’ambasciata con sutra,
oggetti rituali e una statua del buddha. Con il buddhismo terminò l’epoca Tofun e iniziò l’epoca Asuka.
I giapponesi sentirono il bisogno di cercare informazioni sul buddhismo in Cina. Nel 607 Dc avvenne la
prima ambasciata giapponese in Cina. Pochi anni prima il principe Shotoku aveva applicato la
“costituzione dei 17 articoli” con cui aveva dato un impianto confuciano alla società giapponese: il paese
diveniva uno stato il cui capo era l’imperatore. Vennero inoltre create università per i soli nobili, su
modello cinese.

È interessante notare come il Giappone abbia reinterpretato la cultura cinese in chiave locale. Così il
concetto di mandato celeste fu obliterato in favore dell’assolutismo: una sola famiglia imperiale, una
dinastia (presunta) eterna.
Tuttavia la cultura giapponese fu stravolta dal confucianesimo. Ad esempio il ruolo delle donne: la
società giapponese era matrilineare (pensiamo alla mitologica Himiko, la sovrana sciamana), mentre il
confucianesimo impose alle donne una posizione subordinata.

Il periodo Asuka non ha lasciato opere letterarie, solo codici.

PERIODO NARA

In precedenza la capitale veniva spostata ad ogni morte di sovrano (si riteneva che la morte del sovrano
rendesse impuro il terreno), ma in seguito la capitale fu fissata a Nara, da qui il nome. Il periodo durò solo
74 anni con 7 imperatori (incluse tre donne).
Eccetto le rivolte dei “barbari” (ad es. gli Ainu) fu un’epoca di pace.
Alla fine del 8° secolo Kanmu spostò la capitale a Nagaoka, ma poco dopo, nel 794, la capitale divenne
Kyoto, dando avvio all’epoca Heian.
PROSA DI EPOCA NARA
Ci è giunto poco, quasi esclusivamente documenti ufficiali.
Esempi:
- Norigoto (parole pronunciate). Discorsi solenni pronunciati in pubblico. Lo stile è poetizzante, ma il
valore è puramente storico e filologico.
- Mikoto Mori, i proclami dell’imperatore.
- Fudoku (resoconto del vento e della terra), monografie geografiche. Ce ne restano 5 integre e vari
frammenti. Usano tutte lo stesso schema (molto arido e tecnico), ma sono interessanti perché
testimoniano un Giappone ancora privo di influenze continentali (né buddhiste né confuciane, pur con
influenze taoiste).
- Ujibumi (scritto - bumi – del clan – uji) : genealogie delle antiche famiglie. Ce ne rimane una sola. Lo
scopo del testo era accreditare agli occhi del sovrano una determinata famiglia, facendo risalire il proprio
albero genealogico da una divinità.

PRODUZIONE STORIOGRAFICA DI EPOCA NARA


Ci sono giunte solo due storiografie, d’impronta cinese: il Kojiki e il Nihongi.

KOJIKI
Tenmu incaricò Hieda No Are di memorizzare tutte le storie dinastiche e le tradizioni locali. Lo scopo
era dar corpo ad una grande opera storiografica ed accreditare al proprio clan, gli Yamato, il diritto di
governare il paese. Tenmu morì prima che l’opera fosse portata a compimento e il progetto fu ereditato
dall’imperatrice Genmei, che incaricò Au No Yasumaro di riprendere il lavoro incompiuto. Nel giro di
quattro mesi fu stilato il Kojiki (712 dc).
Il Kojiki ha una caratteristica particolare: la sua lingua è il giapponese, ma scritto nello stile manyougana
che prevede l’uso esclusivo di ideogrammi, scelti o per il valore fonetico o per il significato, secondo il
modello del rebus. Il testo è composto da tre rotoli (maki)
1° Maki: (l’età degli dèi): contiene la cosmogonia, la teogonia (nascita degli dèi) e la storia mitica del
Giappone fino al sovrano Jinmu, primo imperatore storico.
2° Maki va da Jinmu all’imperatore Oujin (inizio del 5° secolo)
3° Maki va da Nintoku all’imperatrice Suiko (6° secolo dc).

Il Kojiki non ebbe grande seguito nei secoli successivi e il suo sistema di scrittura risultò presto
illeggibile. Fu riscoperto dai filologi nazionalisti Kokugakusha, che ne pubblicarono un commento e una
parafrasi in giapponese contemporaneo.

Il Nihongi risale al 7° secolo dc. Fu scritto in cinese e per tale ragione venne per lungo tempo preferito (in
quanto scritto in una lingua leggibile). È molto più lungo, con avvenimenti storici particolareggiati che
vanno dalla creazione del Giappone fino all’imperatore Jitou. Probabilmente il Kojiki era rivolto ai
giapponesi e il Nihongi serviva per accreditarsi agli occhi dei sovrani giapponesi (che ritenevano il
Giappone un paese barbaro).

POESIA DI EPOCA NARA


Nel Giappone classico esistevano pochi generi poetici e non si faceva uso di rima.
I componimenti classici erano costituiti dall’alternanza di versi composti da 5 e 7 sillabe. Se le ripetizioni
di versi superano il numero 10 parliamo di chouka, “poesia lunga”.
Es.
5/7/5/7... (così per più di dieci versi, senza un limite fisso); 7/7 (conclusione fissa)
Altro genere è la Tanka, “poesia breve”, composta da 31 sillabe esatte.
La tanka era divisa in due emistichi; il superiore (kami no ku) e l’inferiore (shimo no ku) che conteneva
la conclusione da 7 e 7. Es:
5/7/5/7/7 (numero fisso)

In un primo momento la chouka ebbe più successo, poi la tanka prese il sopravvento. Da allora la poesia
giapponese prediligerà il componimento breve, l’essenzialità e il vago.
In epoca Nara abbiamo anche il Sedoka, poesie formate da una domanda e una risposta, per esempio uno
scambio di lettere fra amato e amata. Ne restano pochissimi. Ancora avevamo il Bussoku Seki no Uta
(“Poesia della roccia dei piedi del Buddha”, perché la maggior parte dei testi fu rinvenuta in un tempio di
Nara), composta da 38 sillabe. Entrambi i generi si estingueranno subito dopo l’epoca Nara.

FIGURE RETORICHE
Sviluppatesi in epoca Nara, dureranno anche in seguito.
Makura kotoba: “parole cuscino”. Epiteti stereotipati di 5 sillabe (come il greco “Atena dalle bianche
braccia”). Es. “gli dèi possenti e veloci”.
Kake kotoba: “parola perno”. Giochi di parole che sfruttano il gran numero di omofoni in giapponese
(naturalmente scritti in hiragana) Es: matsu significa aspettare ma anche pino.
Engo: “parole imparentate”. Due o più parole semanticamente associate esprimono il sentimento
dominante della poesia.

MANYOSHU
La più antica raccolta poetica giapponese, nonché una delle migliori, compilata in epoca Nara, circa 1250
anni fa. Manyoshu significa più o meno “raccolta di moltissime (diecimila) parole” o anche “moltissime
generazioni”

L’identità del compilatore del Manyoshu è incerta. Probabilmente fu compilata a più riprese in tempi
diversi, anche fino all’età Heian.
I versi del Manyoshu sono composti perlopiù da aristocratici (firmati), ma anche da contadini (non
firmati), perlopiù arruolati come militari.
Si divide dunque in quattro nuclei composti in epoche successive:
1) circa 629 dc (imperatore Joumei)-672 dc (guerra di Jinshin). Sono versi firmati da membri della famiglia imperiale come la principessa Nukata.
2) 673 dc. (imperatore Tenmu) - 710 dc. (imp. Jito e fondazione di Nara). Presenza preponderante di Kakimono no hitomaru.
3) 710 dc. - 730 dc. (tutto l’impero di Jito). Qui grande concentrazione di poeti di palazzo come Otomo no Tabito.
4) 733 dc. fino alla compilazione. Ha tra i suoi protagonisti Otomo no Yakamochi. In questo periodo giunsero nuovi canoni estetici.

Temi: poesie varie con temi ameni (gite, banchetti, viaggi), sentimenti reciproci (es. amicizia), elegie
(celebrazione di personaggi morti), poesie allegoriche, poesie dedicate alle quattro stagioni e alla natura,
poesie d’amore.
Nel Manyoshu abbiamo alcuni chouka, ma la maggioranza delle poesie sono nel formato Tanka. Dopo il
manyoushi la chouka si estinse.
Scrittura: l’infernale sistema manyogana, ossia tutto in ideogrammi ma adattati al giapponese, presi a
volte per il loro significato, a volte per la loro pronuncia. Il risultato fu che dopo un secolo il testo
risultava già illeggibile.
Canoni estetici: Secondo i Kokugakusha (filologi di età Edo) il canone estetico del Manyoshu era il
makoto, la sincerità-forza espressiva dei sentimenti. I poeti del manyoshu, infatti, erano sempre diretti
nell’espressione dei sentimenti, in contrasto coi modi “femminili” e delicati della successiva età Heian.
POETI IMPORTANTI DI EPOCA NARA

Kakinomoto no Hitomaro. Assistente dell’imperatore Jitou e Monmu. Per lui gli studiosi coniarono il
concetto di Kasen, il genio poetico (vennero individuati 36 geni poetici). La sua poesia più famosa è
un’elegia su un anonimo viaggiatore morto, di cui scorse il cadavere durante un viaggio (“adesso
quell’erba ti fa da cuscino / chissà se tua moglie ti sta aspettando”). All’epoca viaggiare era molto
pericoloso.
Yamabe no Akahito. Poeta di corte, altro dei 36 geni poetici. Primo poeta di professione della tradizione
giapponese. Scriveva e si faceva pagare, con la conseguente fossilizzazione di temi e associazioni.
Sakano Ue no Hiratsume. Fa parte delle cosiddette kotoba no onna, “donne di parole”, cioè le poetesse
professioniste che componevano e vendevano i propri versi a poeti uomini, i quali poi pubblicavano a
proprio nome. Compose soprattutto poesie di sentimento.
Otomo no tabito. Fu prima militare e poi poeta. Per i suoi meriti venne nominato governatore di Hazaifu, dove costituì una piccola corte di poeti, a cui
apparteneva anche suo figlio.
Otomo no Yakamochi: uno dei probabili compilatori del Manyoshu.

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