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Letteratura giapponese lezione 7 (13/10)

I setsuwa (setsu = spiegazione; wa/hanashi = racconto) sono all’origine della


narrativa. Sono brevi narrazioni di carattere aneddotico, con lo scopo di raccontare
qualcosa di interessante. Si afferma l’autonomia della letteratura dalla religione. Non
si tratta più di testi di stampo mitologico, ma sono una narrativa fittizia. Sono storie
brevi (diversamente dai monogatari), infatti la trama è compatta ed è incentrata su un
singolo evento. Spesso anonime, queste raccolte, codificate, hanno in realtà
un’origine precedente, nella narrativa orale.
Il primo è il Nihonryoiki, del IX secolo, composto da 116 storie ambientate in
Giappone e il cui scopo è mostrare l’azione del karma  passaggio da dimensione
mitica a dimensione letteraria (personaggi realmente esistiti e tempo specificato).
Alcuni setsuwa sono così radicati all’interno della coscienza collettiva giapponese,
che verranno ripresi e sviluppati in opere successive, come da Akutagawa o dal
Taketori monogatari.
Il Konjaku monogatarishu (raccolta di racconti fittizi), apparso nel 1120 dopo i primi
monogatari. Si tratta di una raccolta di monogatari, composta da 1039 setsuwa, in 31
volumi e diviso in 3 parti:
1. 5 volumi sull’India (Tenjiku)  nascita del buddhismo
2. 5 volumi sulla Cina (Shintan)  trasmissione del buddhismo in Cina (6-7) e
storie secolari (9-10)
3. 21 volumi sul Giappone (Honcho)  storia del buddhismo in Giappone e
storie secolari
L’attribuzione è incerta e ogni racconto si presenta come una messa per iscritto di
qualcosa che veniva trasmesso oralmente in epoche precedenti. I racconti si
concludono con una formula fissa (“così la storia è stata narrata, così è stata messa
per iscritto”). Secondo altri studiosi, è probabile che siano stati dei monaci ad
assemblare questi testi per un intento didattico-moraleggiante nei loro sermoni.
La sezione secolare offre una visione completamente diversa da quella dei
monogatari, in quanto riguarda la vita fuori dalla Corte (ad esempio il maki 25 parla
dei valori della classe guerriera). Parla della vita dei personaggi di tutti i giorni, ma
anche personaggi soprannaturali. Inoltre, ci sono insegnamenti del buddhismo in
forma popolare e la parte sul buddhismo giapponese fa conoscere la Scuola della
Terra pura. Il buddhismo stava passando dalle classi aristocratiche a tutto il popolo,
andando più verso l’affidamento sul Buddha Amida per la salvezza tramite pratiche
rituali, piuttosto che arrivarvi con le proprie forze.
Il Kara monogatari è molto importante, riprende 27 aneddoti cinesi di stampo
secolare e riproposti in giapponese; è originale la critica alle credenze cinesi, con una
riscrittura negativa e per affermare la superiorità del Giappone.
L’uji shui monogatari sono 197 storie in 15 libri.
Dopo il Genji, continua il successo dei monogatari, le cui caratteristiche sono quelle
di essere di imitazione (giko monogatari). I concetti estetici sono ga = eleganza,
raffinatezza, esteticità codificata e zoku = freschezza, libertà e non seguire ciò che è
codificato. Esiste quindi il modello classico, che è il Genji, ma dall’altra parte i giko
monogatari non sono imitazione di un modello, ma una fusione di classico e
moderno. Il monogatari mutua dalla poesia la tecnica dello honkadori: creare un
processo intertestuale, ovvero scrivere una poesia avvalendosi di immagini di poesie
già fatte. Alcuni esempi sono:
- Hamamatsu chunagon monogatari (femm)
- Torikaebaya monogatari (femm)
- Tsutsumi chunagon monogatari (femm)
- Mushi mezuru himegimi (masch)
- Yoshinashigoto (masch)
I gunki monogatari, sottogenere del monogatari ma genere letterario, sono racconti
guerreschi, cronache militari. L’elemento di fiction predomina sui fatti storici, infatti
gli eroi vengono spesso narrati nel loro momento di caduta. Nel periodo Kamakura e
Muromachi specialmente, veniva narrato ciò che avveniva sul campo di battaglia. Lo
Heike monogatari è l’opera più rappresentativa di questo genere. Nel XII secolo la
vita della Corte di Tokyo viene spazzata dal declino della famiglia Fujiwara, con il
consolidarsi di un’aristocrazia guerriera, i bushi, e nel 1185 c’è il crollo definitivo e
l’inizio del bakufu. Questi avvenimenti vengono narrati nell’epopea dello Heike,
traducibile come “Storia dei Taira”, che narra la storia dei perdenti della guerra
Genpei e copre gli anni 1131-91. È una delle opere più importanti della letteratura
classica. La genesi dell’opera è complicata perché esistono varie versioni che
presentano anche delle differenze. Uno dei testi canonizzati (codice kakuichibon) è
diviso in 12 maki ed appartiene al filone dei kataribon. È quindi un corpus di testi
rielaborati per circa 400 anni e trasmessi in vario modo: yomihon (da leggere
individualmente) e katarihon, di cui si impadronirono i cantastorie, spesso ciechi, che
li raccontavano oralmente accompagnati dal suono del biwa. Il kakuichibon è stato
redatto da uno dei più famosi biwa hoshi. Si pensa che servisse anche a calmare gli
spiriti degli sconfitti.
Importante è lo sfondo buddhista dell’opera, permeata da un senso di impermanenza
e transitorietà delle cose, ovvero il concetto del mujo, nonché dalla presa di coscienza
di vivere in un periodo di mappo, di grandi incertezze. Gli eroi dello Heike vengono
rappresentati nel momento in cui subiscono la sconfitta e il fine è fare riflettere sul
destino dell’uomo. Famoso è l’incipit della storia. Si narrano gli avvenimenti che
hanno visto l’ascesa al potere dei Genji e il declino dei Taira, che è stato un grande
cambiamento epocale. Coincide con l’instaurazione dell’aristocrazia guerriera e la
nascita della figura dell’eroe perdente, di grande umanità. È possibile dividerla in 3
sezioni:
1. Protagonista Taira no Kiyomori e conflitto con Go Shirakawa e i Minamoto
2. Protagonista Minamoto no Yoshinaka
3. Protagonista Minamoto no Yoshitsune (personaggio centrale)
Le figure femminili non accettano passivamente il proprio destino, ma combattono
schierandosi a fianco dei mariti, facendosi monache per sottrarsi alla sottomissione o
dandosi la morte.

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