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PERIODO KAMAKURA

CRISI DINASTICA
La splendente età Heian si concluse con la lunga guerra fra i clan dei Taira e dei Minamoto, famiglie di
mercenari. Prima di allora i mercenari venivano chiamati a Kyoto per regolare i conti fra fazioni: ad
esempio i Fujiwara si rivolgevano a loro per tenere a bada il clero buddhista, mentre gli imperatori si
rivolgevano a loro per contrastare lo strapotere dei Fujiwara.
I clan mercenari non misero in dubbio il potere imperiale fino alla disputa dinastica fra Sutoku e
Goshirakawa. Una prima soluzione fu che i discendenti prendessero il trono a generazioni alterne, ma
era facile prevedere che non avrebbe funzionato. Sutoko si rivolse ai Minamoto e Goshirakawa ai Taira,
dando inizio ad atroci lotte dinastiche, le guerre di Genpei (scritto coi due ideogrammi dei taira e dei
minamoto).
Nel 1160 vinse Taira no Kyomori, che eliminò il rivale (Minamoto no Yoshitomo) e si insediò a Kyoto
prendendo il titolo di Daijio Daijin. Tuttavia affidò i due figli del rivale a dei clan cadetti dei Taira, gli
Houjou, che controllavano la zona di Kamakura, molto vicina all’attuale Tokio. Yoritomo, il primo dei
due figli venne cresciuto dagli Houojou. Youshitsune, invece, venne cresciuto in convento, ma fra
monaci guerrieri dove apprese l’arte delle armi. Quando i giovani presero coscienza delle proprie
prerogative negate si rivoltarono (rivolta dei Minamoto) e nel 1183 conquistarono Kyoto. I Taira
fuggirono nei propri possedimenti. Yoshitsune, abilissimo guerriero, nella leggendaria battaglia di Dan
no Ura del 1185, narrata in innumerevoli racconti, romanzi, poesie, film e fumetti, eliminò
completamente la flotta dei Taira. Così finì il breve governo Taira. Yoshitsune continuò le sue lotte per la
conquista e l’unificazione del paese e quattro anni dopo riuscì a sconfiggere i Fujiwara a nord, unificando
il paese sotto il controllo del fratello. Nel 1192 iniziò ufficialmente l’età Kamakura, quando Yoritomo
divenne il primo Shogun e stabilì la sua sede nella città di Kamakura. L’imperatore rimaneva in carica e
continuava a fare tutto quel che faceva prima – cioè niente.
Con la creazione dello shogunato (Bakufu – governo della tenda, cioè la tenda militare, perché il governo
si muoveva lungo il paese in pieno spirito militare) entriamo dunque nel “medioevo” (Chusei)
giapponese, termine ovviamente rubato agli storici occidentali.
Lo shogunato dei Minamoto ebbe vita brevissima. Nel 1192 Yoritomo fu formalmente nominato Shogun
dall’imperatore, ma pochi anni dopo morì per una “banale caduta da cavallo” (ammazzato). Salì al potere
il figlio, che morì pressoché subito per un imprevedibile accidente domestico (ammazzato), dunque suo
fratello di anni undici, Sanetomo, guidato (comandato a bacchetta) dal nonno Hojo Tokimasa e la
madre, la demoniaca Hojo Masako. Sanetomo divenne uno dei più importanti poeti dell’epoca, prima di
essere assassinato da un cugino.
Cuore di mamma: tutti gli omicidi erano orditi dalla madre, l’adorabile Hojo Masako.
Con la morte di Sanetomo si estinse la discendenza diretta di Yoritomo e il potere andò agli Hojo, che
governarono con accortezza.

GUERRE CONTRO I MONGOLI


Nel tormentato periodo Kamakura abbiamo anche due tentativi dei mongoli della dinastia Yuan di
invadere il Giappone. Nel 1274 Kubilai Kahn (quello di Marco Polo e del poema di Coleridge)
organizzò una spedizione navale per conquistare il Giappone. Disgraziatamente era la stagione dei tifoni e
tutte le navi si schiantarono. Ne nacque l’espressione kamikaze, “vento degli dèi”. Nel 1281 Kubilai ci
ritentò, ma i Giapponesi approntarono formidabili difese marine e lo bloccarono.
CULTURA E RELIGIONE
Nell’era Kamakura il Giappone sviluppò un nuovo spirito, violento e militaresco, nonché una visione
religioso-filosofica più cupa, con la nascita di tendenze ascetiche prima ignote, talvolta condotte
all’estremo. Fu in questo periodo che nacque la pratica del seppuku (suicidio rituale con taglio del
ventre). Il “medioevo” fu un periodo di crisi politica ed esistenziale, ma non artistica e culturale, anzi: fu
un’epoca di profonde innovazioni. Dalla classe militare nasceranno nuovi generi come la poesia Renga, il
teatro No e i Gunki Monogatari. Inoltre, per via del trasferimento di potere a Kamakura, venne inaugurata
una strada che connetteva Kyoto e Kamakura, primo embrione dell’attuale sistema viario giapponese.
Se in passato il buddhismo era legato soprattutto alla classe aristocratica, adesso le ansie metafisiche si
diffondono fra le masse: un esempio sono gli hogou, sermoni buddhisti scritti in kana per essere leggibili
da tutti. Il buddhismo di quest’epoca è diviso in tre sette principali: Joudou Shinshu (vera setta della
terra pura), Hokkeshu e lo Zen.
Joudou shinshu. Shinran, il fondatore, identificò nel buddha Amida la suprema entità salvifica e diede
forma ad una religione provvidenziale: gli sforzi dell’individuo per salvarsi sono futili, anche la
ripetizione del nembutsu è insufficiente, solo la grazia di Amida garantisce la rinascita in paradiso. Ne
consegue una morale più rigida: pentirsi in punto di morte non basta più, bisogna aver vissuto tutta
l’esistenza in accordo con i precetti (non dimentichiamo però che nel buddhismo mahayana non esiste
dannazione eterna, solo inferni/purgatori provvisori. Al termine della storia tutte le creature saranno
condotte a salvazione).
Hokkeshu è la setta del sutra del loto. Fondatore fu Nichiren, figlio di pescatori, megalomane che si
riteneva la reincarnazione di un Bodhisattva. Per Nichiren la salvezza dipende esclusivamente dalla
ripetizione del sutra del loto. Per il Tendai era la religione che protegge lo stato (i monaci pregavano per
lo stato), per Nichiren esattamente il contrario: lo stato dev’essere al servizio della religione. Tutto ciò,
insieme alla natura fortemente suggestiva e consolatoria di questo culto, diede origine a degenerazioni e
collusioni politiche. Ad oggi la setta di Nichiren possiede anche un partito politico.
Più tardi giunse dalla cina il Chan (zen in Giappone). È una dottrina incentrata sulla pura meditazione,
priva di testi sacri poiché ritiene che la verità trascenda il linguaggio. In Giappone giunsero due varianti,
la Rinzai e il Soto, sostenitrici entrambe dell’illuminazione improvvisa attraverso lo zazen (meditazione
seduta).
Il buddhismo ha un ruolo centrale nell’epoca Kamakura, determinandone tutta la produzione artistica e
letteraria.
LA POESIA KAMAKURA
Nuovo canone estetico: lo Yuugen (gli ideogrammi significano “oscuro” e “nero” ossia “profondità
misteriosa”). Il termine compare per la prima volta nel Kokinshuu.
La consapevolezza della frattura che si è prodotta con la cultura del passato conduce ad un’impossibilità
di esprimere in forma semplice e chiara i sentimenti, che vanno ammantati in una “veste oscura”, celati da
immagini tratte dalla natura, il cui “impressionismo” è però illusorio: si tratta di simboli. Le emozioni
espresse sono tenebrose, legate all’idea della precarietà della vita, della morte che sempre incombe a
causa delle continue guerre.
Lo Shinkoukin Waka Shuu, è una delle raccolte poetiche più importanti della letteratura classica
giapponese. Nel 1201 l’imperatore Gotoba chiese ai poeti di scrivere 100 poesie a testa da cui poi fare
una selezione. Gotoba riaprì anche l’ufficio dedicato alla waka.
Lo Shinkokishuu eguaglia i vertici del Kokinshuu. Come quello è composto da 20 libri e lo stile
testimonia la maturità raggiunta dalla poesia giapponese.
POETI IMPORTANTI
Fujiwara no Shunzei, fra i teorici dello Yuugen, nominato istruttore per la poesia dall’imperatore
Gotoba.
Fujiwara no Teika, figlio di Shunzei, uno dei più grandi maestri del Waka. È fra i compilatori dello
Shinkoukin Waka Shuu. Fu anche un critico importante e le sue idee indirizzeranno il gusto poetico dei
secoli successivi. In tarda età eseguì la copiatura di opere di epoca classica come lo Ise Monogatari o il
Kokinshu Monogatari e persino il Genji Monogatari.
Saijio Houshii, monaco. Proveniva da una famiglia militare (come molti in quest’epoca), ma a 24 anni, a
seguito di una crisi spirituale causata dalla morte di un amico, prese i voti. Per cinquant’anni attraversò il
paese a piedi e cantò le località visitate. Creò numerose Utamakura (descrizioni stereotipe di luoghi). Con
lui ha iniziò la letteratura del romitaggio, che descrive, mescolando versi e prosa (si fa rientrare
nell’ambito degli Zuihitsu), la vita da eremita. Fondante nella sua estetica è il Mujo, concetto buddhista
che indica l’impermanenza dei fenomeni. Tale concetto si esprime in due canoni estetici: il wabi
(bellezza nella natura, ma anche bellezza che sfiorisce) e il sabi (la bellezza nel vecchio, come il muschio
su un antico edificio di legno).
La poesia buddhista fa uso di immagini tradizionali che Saijo adopera ampiamente, come l’acqua che
scorre e i fiori (simboli della caducità). Caratteristico di Saijo è invece l’uso della luna come simbolo
dell’illuminazione e del cielo come simbolo del Vuoto che sta all’origine di tutti i fenomeni.
Minamoto no Sanetomo. L’infelice terzo shogun di Kamakura, che, non avendo alcun potere effettivo, si
dedicò alla poesia sotto la scuola di Teika. Burattino nelle mani della madre e del nonno, visse nel
perenne terrore di essere assassinato, come difatti avvenne. La poesia fu per lui una valvola di sfogo e vi
raggiunse livelli altissimi, colmandola degli umori cupi dell’epoca e della propria personale inquietudine.
Negli ultimi anni, tuttavia, le tensioni lo spinsero ad abbandonare la poesia e dedicarsi esclusivamente
all’alcool, fino al tragico epilogo.
NUOVE FIGURE RETORICHE
Inversione: anticipare i versi finali e far concludere la poesia con un sostantivo. L’interruzione doveva
avvenire fra il primo e il terzo verso.
Honka dori: intercalare citazioni di poesie più antiche. La citazione non poteva superare mezzo rigo,
inoltre il prestito doveva avvenire dalle prime tre raccolte imperiali. Infine il prestito doveva essere
posizionato in un luogo diverso rispetto all’originale. Come si è detto la citazione non era percepita come
un segno di banalità. Richiamarsi al passato, reinterpretandolo, dava valore alla poesia.

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