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Le origini della letteratura cinese

(13/02) Il termine 文学 indica la letteratura cinese. 文 significa “scrittura”.


I caratteri divisi in due categorie: caratteri non scomponibili e caratteri composti. I radicali appartengono ai
caratteri non scomponibili, detti 文. Tutti i caratteri non scomponibili si dividono in due macrogruppi:
pittogrammi, che rappresentano una figura concreta (ex. 木 di albero, 女 di donna), e ideogrammi, che invece
rappresentano concetti astratti (ex. 中 di centro, 一 di uno).
Il carattere 文 appartiene ai caratteri non scomponibili ed è un
pittogramma; dal punto di vista semantico è un grafema. Originariamente
(←), 文 era colui che aveva un tatuaggio sul petto per essere distinto da
altri suoi simili, poiché sa scrivere. Dal punto di vista più arcaico 文 è tutto
ciò che riguarda la scrittura.

La 文学 non è come la letteratura occidentale, ma mette insieme diversi


generi, includendo anche i testi letterari e storici, considerati da Confucio
il punto più alto della letteratura. Solo col tempo si iniziano a staccare
nell’episteme, la divisione dei generi, diverse categorie.
La scrittura è fondamentale in Cina in quanto porta con sé valori morali,
tanto che sono comparsi diversi miti relativi alla comparsa del segno scritto, tutti legati alla magia. Il più famoso è
quello secondo cui Cang Jie, il primo ministro dell’Imperatore Giallo, camminando lungo una spiaggia, vede i
segni lasciati dagli animali, notando la presenza di un linguaggio: le impronte delle zampe degli animali sono la
testimonianza che la natura parla. Come Prometeo per noi occidentali, anche Cang Jie ruba qualcosa alla natura.
Questo mito affonda nella forma mentis che la natura sia già dotata di un linguaggio, e, se siamo in grado di
interpretarli, allora siamo in grado di dominarla. Tutta la letteratura cinese antica è basata sul controllo e
assimilazione dell’ordine naturale.
Nel V-VI secolo d.C, Liu Xie, uno dei primi critici letterari moderni, si richiama al potere del 文, collegato alla
natura, generando discontinuità con la cultura occidentale, secondo cui la scrittura è un modo di emanciparsi dalla
natura. Per Liu Xie, natura, società e politica costituiscono un unico discorso (Da Il tesoro delle lettere: un
intaglio di draghi, Liu Xie, “Grandissimo è il potere del Wen! E’ nato con il Cielo e con la Terra. [...] Quando
nacque il pensiero, si costituirono le parole, e insieme con le parole comparve la scrittura; è la legge della Natura.
A ben guardare, anche tutte le altre cose, gli animali e le piante, possiedono il Wen”). Il pittogramma di 文 era il
simbolo di uno sciamano, in quanto la prima forma di scrittura è stata ricavata dalle ossa oracolari: sono stati
ritrovati dei carapaci di tartaruga (甲骨文 jiǎgǔwén) del XVII-XVIII secolo a.C. e poi della erba millefoglie (o
achillea) sui cui si scrivevano gli oracoli. Il sovrano faceva la sua domanda riguardo a questioni governative agli
indovini di corte, o aruspici, che incidevano la domanda su un osso oracolare, come le scapole di bue o i carapaci di
tartaruga, animale investito di poteri sacrali per la sua longevità, poi lo si metteva sul fuoco ad arrostire, e in base
alle screpolature che si formavano si decideva la risposta: era affermativa se il segno era continuo, era negativa se
discontinuo. Questo insieme di linee, insieme a 64 esagrammi, crea un sistema di previsione del futuro. Questo
sistema di segni è collegato alla scrittura e diventerà uno dei primi sei Classici, ovvero il Classico dei
mutamenti (Da Il tesoro delle lettere: un intaglio di draghi, Liu Xie, “Dall’epoca di Fu Xi e dei lontani Saggi che
crearono i Canoni fino a Confucio, re senza corona, che ne trasmise la dottrina, tutti senza eccezione diffusero
insegnamenti basati sull’essenza del Dao, [...] interrogarono il destino con l’erba millefoglie e i carapaci di
tartaruga; osservarono i segni del Cielo per comprendere a fondo l’origine dei cambiamenti e indagarono sul Wen
dell’uomo perché questi perfezionasse la sua educazione. Soltanto così fu possibile formare la trama e l’ordito
dell’universo e stabilire le regole che non mutano, sviluppare appieno ogni attività e rendere meravigliose e
splendenti le parole e le idee. Perciò sappiamo che il Dao, attraverso i Saggi, tramanda il Wen, e che i Saggi, per
mezzo della scrittura, rendono manifesto il Dao”). Quindi c’è una connessione tra scrittura, divinazione ed
esercizio del potere politico.
L’incrocio dei due tratti di 文 indica che per fare letteratura serve un incrocio, una trama di parole.
questa concezione di 文 continua a sopravvivere anche nella letteratura moderna: Liang Qichao afferma che, per
fondare la Cina, bisogna prima fare i cinesi attraverso una letteratura che unifichi. Quindi la letteratura
popolare di alta diffusione è fondamentale per creare un’unità stabile.

Nel corso degli anni si sono distinti diversi generi letterari: il pensiero filosofico, la poesia; le “prose sparse”
(散文 sǎnwén) e i “piccoli discorsi” (小说 xiǎoshuō).

(16/02) La letteratura usa la lingua come se fosse una lingua straniera perché in un testo possiamo trovare diversi
significati.
Ogni testo ha uno o più autori e dei lettori, che possono essere reali o modello. I lettori reali nel presente siamo
noi, ma nel passato c’è anche la presenza della lettura esegetica, dei commenti e dell'interpretazione e delle
traduzioni. Un testo è sempre un insieme stratificato di rimandi a uno o più autori. Infine il lettore modello è una
funzione del testo: ogni testo è scritto per qualcuno. Il lettore modello è già inserito nel testo come persona che è in
grado di comprendere a chi il testo si rivolge.

I classici sono testi che hanno avuto un’enorme quantità di lettori reali che hanno visto nelle sue righe un
canone che definisce l'identità cinese in modo definitivo. I classici riescono ad attraversare il tempo, ma
provengono da una società passata rispetto a quella odierna.

Prima della formazione dell’Impero cinese (天下 tiānxià), c’è stata un’epoca, quasi preistorica, che non ha lasciato
tracce: l’epoca delle Tre dinastie, 三代 sāndài. Queste sono:
1. i Xia, dal XXIII secolo a.C. al XVIII secolo a.C, a cui si riferiscono i miti della creazione dell’uomo e della
scrittura;
2. i Shang, dal XVII secolo a.C. al XII secolo a.C, a cui si fanno risalire le ossa oracolari e i reperti sui
carapaci di tartaruga e i primi bronzi che veicolano le prime tracce di scrittura;
3. i Zhou, che si dividono a loro volta in:
a. Zhou occidentali, dall’XI secolo a.C. al 771 a.C;
b. Zhou orientali, dal 771 a.C. al 221 a.C, che dividono il loro periodo in Primavere e Autunni (771
a.C-454 a.C) e Stati combattenti (453 a.C-221 a.C)
Durante la dinastia dei Zhou c’è una maggiore laicizzazione del potere e gli indovini si avvicinano a essere ministri
e consulenti, perdendo la loro aura magica. I Zhou creano una sorta di sistema feudale, dividendo il territorio
in tanti stati detti 国 guó. A quell’epoca la Cina era una specie di federazione. I 国 guó erano affidati alle casate
più vicine al monarca. Il potere centrale contava fino a un certo punto perché aveva affidato l’amministrazione dei
vari distretti. Ciò crea una situazione in cui la Cina aveva dei tratti comuni che la tenevano unita, ma anche una
fortissima cultura locale, che componeva un affresco composito di “Cine” in cui ogni regione aveva il proprio
sistema di scrittura, la propria pronuncia, le proprie monete, ecc, nonostante tutte si rifacessero a un patrimonio
comune di miti e credenze e si riferissero a un ideale di sovranità centralizzata.
Verso la fine dei Zhou orientali entra in crisi il loro modello di sovranità: durante le Primavere e Autunni le lotte
intestine tra i vari 国 guó sono ancora sotto controllo, mentre durante gli Stati combattenti c’è una vera e propria
lotta di tutti questi stati per conquistare potere centrale e unificare il 天下 tiānxià. Sono 500 anni di instabilità
politica in cui ci si interroga su come portare la pace e unificare il territorio.
Dopo la fine dei Zhou orientali, nel 221 a.C. i Qin, la prima dinastia imperiale, unificano il territorio cinese.
诗经 shījīng, il Classico della poesia
Il Classico della poesia, 诗经 shījīng, proviene dall’epoca dei Zhou occidentali. È una raccolta di testi che
risalgono dal IX al VI secolo a.C. Ammontano a 305 componimenti, di cui:
1. 160 sono le 国风 guófēng, cioè i canti locali. Ogni 国 guó ha contribuito a raccogliere una serie di arie e
canti che provengono dai diversi principati in cui era divisa la Cina all’epoca. I 国风 guófēng hanno una
forte componente descrittiva naturale, un continuo rimando alla natura e alle feste e ai riti legati alla
natura;
2. 105 componimenti detti 雅 yá, ovvero il genere poetico delle odi. Si dividono in 大雅 dàyǎ e 小雅 xiǎoyǎ.
Sono descrizioni e canti legati alla vita della corte e dell’aristocrazia con celebrazioni e riferimenti più
specifici alla cultura alta;
3. altri 40 inni legati alla vita rituale, alle festività, ma più in senso religioso.
Le poesie più studiate sono le arie locali. Il Classico della poesia è anonimo.

La prima canzone che apre il Classico della poesia è 关雎 guānjū, I falchi pescatori. È fatta di versi a quattro
caratteri, che prenderà talmente piede che diventerà fondamentale anche nella lingua attuale sotto forma di 成语
chéngyǔ, epiteti formulari che sono sempre a quattro caratteri. Si costruisce per distici, due versi sono sempre
messi insieme. La musicalità è data dalla ripetizione di un ritornello: in questo modo la poesia è facile da
ricordare, così che potesse essere tramandata oralmente. Il tema della poesia è un corteggiamento.
La poesia inizia con l’immagine che dà il titolo alla poesia delle aquile (o falchi) pescatrici. Le aquile pescatrici
sono animali monogami che stanno insieme tutta la vita; il maschio si incarica della caccia e della sopravvivenza
della famiglia, mentre la femmina presidia il nido. I primi due caratteri sono qualcosa di pre-significante, di
onomatopeico, che indicano il verso di questi falchi pescatori: sono emblemi vocali tipici del Classico della
poesia.
Nel primo verso c’è uno “slegame” tra le aquile e ciò che è sotto, che è più narrativo.
Le tre procedure retoriche stilistiche tipiche dei classici sono: 赋 fù, la narrazione, in questo caso dei due
amanti, 比 bǐ, la metafora (non presente nel testo), che crea ponte tra immagine e un altra immagine, e 兴 xìng,
l’allegoria, che si posiziona all’inizio del poema e si ripete come ritornello nei punti chiave.
Nei suoi Dialoghi, Confucio cita la poesia 关雎 guānjū e il Classico delle poesia. La definisce così: “子曰:关雎,
乐而不淫,哀而不伤 [Zĭ yuē: Shī sān băi, yī yán yĭ bì zhī, yuē ‘sī wú xié’]”, ovvero “Il Maestro (Confucio) dice: I
Falchi pescatori provoca piacere ma non è eccessiva, è malinconica ma non distrugge dal dolore”.

(17/02)
关关雎鸠, → [Guānguān jūjiū] I due caratteri 雎 jū e 鸠 jiū presentano una polarità tra yin e
yang, tra maschile e femminile, perché il primo indica i maschi della specie e il
secondo le femmine. 关关 guānguān è un’onomatopea che richiama i versi delle
aquile pescatrici [Kuan kuan, si chiamano e si rispondono le aquile pescatrici]
在河之洲。 → [Zài hé zhī zhōu] 之 zhī è una parola vuota del cinese: non ha autonomia
semantica, corrisponde a diverse funzioni grammaticali; qui è il nesso di
determinazione che diventa 的 de in cinese moderno. 洲 zhōu indica una terra
circondata da acque, oggi significa continente. 河 hé indica il fiume. [Stanno su
un'isola di un fiume]
窈窕淑女, → [Yǎo tiǎoshū nǚ] Questo verso è il ritornello che si ripete. 窈窕淑 yǎo tiǎoshū
sono caratteri arcaici: 淑 significa virtuoso, 窈窕 esprime una bellezza graziosa. [La
giovane virtuosa e graziosa]
君子好逑。 → [Jūnzǐ hǎo qiú] 逑 significa compagna, 君子 jūnzǐ è il gentiluomo, il
paradigma di virtù maschile, che diventerà in seguito anche uno dei soggetti
della morale confuciana; letteralmente è il figlio (子 zǐ) del sovrano (君 jūn).
[Sarebbe la perfetta sposa di un cavaliere]
5 参差荇菜, → [Cēncī xìng cài] 荇菜 xìngcài hanno entrambi il radicale di erba, si tratta della
lenticchia acquatica o il giglio acquatico. 参差 cēncī significa che le lenticchie
acquatiche crescono in dislivelli perché sono troppo fitti; viene tradotto come
lussurioso, fertile. [Lussureggianti i gambi delle lenticchie acquatiche]
左右流之。 → [Zuǒyòu liú zhī] 流 liú in questo strato linguistico significa prendere, afferrare,
oggigiorno significa scorrere. Le lenticchie sono un complemento oggetto, il
soggetto è una terza persona, il gentiluomo. 之 zhī qui segue un verbo transitivo,
quindi è un sostituto del complemento oggetto sottinteso. [Coglie le lenticchie
acquatiche a destra e a sinistra]
窈窕淑女, → [Yǎo tiǎoshū nǚ] [La giovane virtuosa e graziosa]
寤寐求之。 → [Wùmèi qiú zhī] 求 qiú significa corteggiare, la fanciulla del verso precedente è il
complemento oggetto che viene sottinteso nel verso con 之 zhī. 寤寐 wùmèi
significa da sveglio e nel sonno, ovvero sempre [(Il giovane) la corteggia giorno e
notte]
求之不得, → [Qiú zhī bùdé] Questo verso è diventato un 成语 chéngyǔ. 得 significa ottenere.
[La corteggia senza ottenere nulla]
10 寤寐思服。 → [Wùmèi sī fú] 思 sī significa pensare, sentire la mancanza. [La pensa di giorno e
di notte]
悠哉悠哉, → [Yōuzāi yōuzāi] Questo verso è ancora in uso, ma con significato opposto
rispetto alla poesia. 悠 yōu indica il pensare con struggimento, 哉 zāi è parola
vuota, è una forma di sospiro. [si strugge].
辗转反侧。 → [Niǎnzhuǎn fǎncè] 反 fǎn è determinante di 侧 cè [Si gira e rigira da un lato e
dall’altro]
参差荇菜, → [Cēncī xìng cài][Lussureggianti i gambi delle lenticchie acquatiche]
左右采之。 → [Zuǒyòu cǎi zhī] Questo verso riprende il v.6, ma usa il verbo 采 cǎi, anziché 流
liú di prima, ma indica comunque lo strappare fiori e piante [Coglie le lenticchie
acquatiche a destra e a sinistra]
15 窈窕淑女, → [Yǎo tiǎoshū nǚ] [La giovane virtuosa e graziosa]
琴瑟友之。 → [Qínsè yǒuzhī] Questo verso ha la stessa struttura dei precedenti con un verbo
transitivo + 之 zhī. 友 yǒu indica il farsela amica. 琴瑟 qínsè sono due strumenti
musicali, il liuto e la cetra [Cerca di farsela amica suonando il liuto e la cetra]
参差荇菜, → [Cēncī xìng cài][Lussureggianti i gambi delle lenticchie acquatiche]
左右芼之。 → [Zuǒyòu mào zhī] 芼 mào è un altro sinonimo di 采 cǎi e 流 liú, ma vuol dire
anche cuocere [Li coglie a destra e a sinistra]
窈窕淑女, → [Yǎo tiǎoshū nǚ] [La giovane virtuosa e graziosa]
20 钟鼓乐之。 → [Zhōnggǔ lè zhī] 钟 zhōng indica in cinese moderno l’orologio, prima era la
campana; 鼓 gǔ sono i tamburi [Lui la fa felice suonando le campane e i tamburi]
La critica Pauline Yu si pone il dubbio se possiamo davvero tradurre il termine 兴 xìng con “allegoria”.
Nell’allegoria il rapporto tra significante e significato è generalmente sempre chiaro.
Questa poesia è il momento supremo della poesia; quest’opera è diventata un classico grazie alla citazione di
Confucio nei suoi Dialoghi, scritti durante il VI-V secolo a.C. Confucio è il primo dei lettori reali. A lui si deve
l'interpretazione di questa poesia sia come canone estetico sia morale: la misura che non è solo un ideale di
bellezza ma anche un ideale morale. Quella che sembra una poesia d’amore passa quindi per il filtro dell’etica.
Questa lettura confuciana diventa quella prevalente dei secoli a venire. In epoca Han si comincia a prendere questa
lettura di Confucio anche come spunto di approfondimento.
L’esegesi porta a dire che questo componimento è in realtà componimento satirico, con una componente etica
precisa: quando è stato scritto aveva lo scopo di criticare l’operato del re Kang, che assolutamente non aveva la
misura, non era capace di stare nei ranghi, di osservare il protocollo rituale e di essere re. Questa poesia era il
modo per ammonire il re mostrando l’ideale di bellezza, misura e virtù. È anche la lettura che ne dà lo storico di
epoca Han Sima Qian: Kang non seguiva l'etichetta e non svolgeva il suo dovere, quindi viene ripreso con questa
lirica satirica.
Questa è la linea prevalente in epoca Han, ma successivamente emerge una seconda lettura sempre dentro l’esegesi
confuciana, secondo cui però non è una critica ma è una glorificazione di una regina, la sposa ideale di re Wen,
uno dei sovrani più importanti della dinastia Zhou, la quale era la donna perfettamente rappresentata dai
caratteri 窈窕淑女 yǎo tiǎoshū nǚ. Questa seconda critica nasce dalla versione ufficiale del Classico della poesia,
chiamato anche “Le poesie di Mao” (毛诗 máoshī), il quale fu il compilatore ufficiale di questo Classico e ne
guidò anche i commenti. Egli fonda una vera e propria scuola di 毛诗 máoshī e, pur distaccandosi dalla lettura
prevalente in epoca Han, ne mantiene il carattere morale: la poesia non può parlare se non della politica, del
governo e della giusta condotta. Si rivolge alle classi alte anche perché questa poesia, essendo scritta e canonica,
era accessibile solo alla classe che sapeva leggere.
Nel 1900 emerge un antropologo, Marcel Granet, che afferma che i 国风 guófēng sono trascrizioni di uno strato
molto più arcaico della cultura cinese e più popolare. Si apre un’altra chiave di lettura, che non scavalca la
prima, ma bensì si associa ad essa, creando uno strato in più.

(20/02) La poesia dei Falchi pescatori mostra il lato performativo della lingua, non descrittivo: la lingua non è solo
descrizione, ma anche azione (ex. lo giuro). I falchi diventano una sorta di ingiunzione morale a comportarsi in un
certo modo. Queste odi sono opere contadine che hanno anche una valenza prescrittiva. I temi campestri sono il
simbolo anche di un modo di essere per gli uomini. Le poesie cinesi portano l’idea della natura come riflesso
dell’uomo, che la natura è un continuo richiamo a un ordine, che è l’ordine per antonomasia (≠ idea occidentale
greca secondo cui l'uomo deve controllare la natura). Garnet spiega che questa poesia è così musicale perché nelle
feste i giovani e le giovani si allineavano su due lati di un fiume e cantassero reciprocamente questa poesia. Se
questa poesia fosse solo contadina, senza la sovrainterpretazione della classe aristocratica probabilmente non
sarebbe sopravvissuta fino a oggi.

Un altro commento del Classico della poesia nei Dialoghi di Confucio è: “子曰:诗三百,一言以蔽之,曰‘思无
邪’” [Zĭ yuē: Shī sān băi, yī yán yĭ bì zhī, yuē ‘sī wú xié’], il Maestro disse: “Le Odi sono trecento, ma una sola
frase basta a riassumerle: ‘Pensare senza perversità’”.
孔夫子 Kǒngfūzǐ, Confucio
Confucio vive tra il VI e il V secolo a.C, definito come il secolo assiale dell’umanità perché in questo periodo
nasce anche Buddha in India e Socrate e Platone in Grecia, che diventano quindi la base del pensiero sia della
tradizione orientale sia occidentale.
I Dialoghi non sono più un testo in poesia, ma in prosa.

吾十有五而志于学,三十而立,四十而不惑,五十而知天命, 六十而耳顺,七十而从心所欲,不逾矩。[Wú
shí yŏu wŭ ér zhì yú xué, sān shí ér lì, sì shí ér bù huò, wŭ shí ér zhī tiān mìng, liù shí ér ĕr shùn, qī shí ér cóng xīn
suŏ yù, bù yú jŭ.], A quindici anni, decisi di apprendere. A trenta, ero saldo sulla Via. A quaranta, non avevo più
dubbi. A cinquanta, compresi il decreto del Cielo. A sessanta, il mio orecchio era perfettamente intonato. A
settanta, agivo seguendo il mio cuore, senza per questo trasgredire alcuna norma.
Si tratta di un aforisma che spiega brevemente la sua vita. 吾 wú è la prima persona singolare in forma arcaica, ha
il radicale di bocca, frequente in parole che indicano il discorso. 而 ér è una parola vuota che scandisce il periodo.
志 zhì significa “avere intenzione”, ha il radicale di cuore, quindi è collegato con la volontà, il desiderio. 于 yú
costruisce una serie di complementi indiretti, in questo caso uno stato in luogo, in fusione con il verbo. 学 xué per
Confucio è l’idea non solo di imparare, ma è qualcosa di più interiorizzato. 立 lì riprende l’idea di stare dritto,
stare saldo. 知 zhī è la forma monosillabica di 知道 zhīdào. 天命 tiān mìng è il mandato celeste, ciò che permette
a un sovrano di governare, il permesso da parte del Cielo stesso. 顺 shùn significa fluido, intonato in questo caso:
Confucio era intonato perché conosceva tutto il sapere del tempo. 所 suŏ fa la diatesi passiva: 从心所欲 cóng xīn
suŏ yù significa “ciò che era desiderato dal mio cuore”. 逾矩 yú jŭ vuol dire “trasgredire le regole”.
Il pensiero cardine è che il sapere è funzionale al potere, mentre in Occidente è il contrario. Il sapere è un modo
giusto di esercitare il potere. Qui c’è la chiave del pensiero confuciano delle origini: lo studio che ha appreso,
passandogli dentro l’ha modellato, diventando così il corrispettivo dell’istinto.

(23/02) Confucio si faceva chiamare col suo titolo di 子 zi, maestro. 孔 kǒng è un cognome tuttora usato in Cina. Il
suo nome fu latinizzato in Confucius quando missionari latini hanno fatto da portavoce del suo pensiero. Confucio
ha vissuto nel corso del VI secolo, nel periodo delle Primavere e Autunni. È un momento di grande instabilità,
gli Stati combattono per la ricerca di unificare l’impero. Si sviluppa la tecnologia, la scoperta di nuovi materiali e
materiali a scopo militare, ma anche la tecnologia mentale, a livello del pensiero. Tutta la filosofia classica cinese
è finalizzata a rispondere alla domanda “come si governa?”. Il suo pensiero è quindi finalizzato al 天命
tiānmìng, che si sviluppa dal X-IX secolo a.C, che da un lato si basa su un principio teocratico di potere
politico, dall’altro ha anche una portata rivoluzionaria perché può essere revocato in caso di incidente o
catastrofi naturali. La casta aristocratica ha meno diritto a contestare l’ordine monastico e il 天命 tiānmìng. Anche
in cinese moderno, rivoluzione si dice 革命 gémìng, cioè rovesciare il mandato celeste. Non basta avere il 天命
tiānmìng come privilegio di nascita, ma bisogna anche consolidarlo attraverso delle tecniche militari e di pensiero,
di governo. Alla fine, Confucio e i pensatori successivi sviluppano una finissima dottrina di governo, che è una
filosofia sia pratica sia teoretica, con finalità strettamente utilitaristica.

士 shì indica la categoria di appartenenza di Confucio e di tutti i pensatori in giro per la Cina che spargono le
dottrine. È l’intera classe sociale dei letterati, ma viene usato nei secoli successivi per indicare anche i funzionari,
i mandarini, che hanno mandato politico dettato da loro sapere e sono addetti alla cultura. Sono i consiglieri del
sovrano, generalmente “maestri erranti” che trasmettono il loro sapere oralmente. Confucio è stato il primo tra
questa e la sua dottrina ha avuto maggior successo.
L’epoca che va dal VI al III-II secolo a.C. si chiama 百家 ​bǎijiā, l’epoca delle Cento Scuole. Queste cento scuole
si contendono tra loro in modo da poter poi emergere e farsi notare dai vari principi che si contendevano il potere
politico; in realtà non erano cento, ma molto meno. Le più importanti sono la scuola confuciana e quella daoista.
Confucio spiega che ai suoi tempi aveva sentito tutte le dottrine, quindi la sua non era ancora la principale.
Confucio spiega che, attraverso anni e anni di conoscenza, spontaneità e norma diventano un’unica cosa.
Questo è il primo principio del sapere confuciano, ovvero 学 xué. La norma diventa spontaneità in quanto è stata
totalmente assimilata. Il sapere confuciano è basato sulla memoria tanto quanto sull’assimilazione. Lo studio è un
modo di trasformazione attraverso la cultura. I suoi testi hanno una funzione pedagogica e didascalica. I testi
confuciani hanno l’obiettivo di trasformare l’individuo.
Le massime che compongono i Dialoghi non sono propriamente pronunciate da Confucio, ma solo la ricostruzione
aforistica dei suoi pensieri trascritti dai suoi discepoli. I Dialoghi in buona parte sono veramente in forma
dialogica tra il maestro e i discepoli, oppure dialoghi alla pari tra i discepoli più bravi e Confucio stesso.

子曰:述而不作,信而好古,窃比于我老彭。
[Zǐ yuē: Shù ér bùzuò, xìn ér hào gǔ, qiè bǐ yú wǒ lǎo péng], Il Maestro disse: “Io tramando, non creo. Stimo ed
amo gli antichi. Indegnamente mi paragono al mio Vecchio Peng”.
Le ripetizioni permettono, in un testo senza punteggiatura, di dare delle scansioni.
而 ér aveva diverse funzioni nel cinese classico: serviva per scandire le frasi in quanto mancava la punteggiatura,
ma qui si usa nella struttura verbo/aggettivo 而 (不) verbo/aggettivo, per indicare le congiunzioni “e” o “ma”;
viene usato anche nel cinese letterario moderno.
述 shù indica il riferire le parole di altri.
作 zuò è il verbo generico “fare”, qui non è inteso come azione, ma è un atto di parola creativo, indica il fare
tramite la lingua.
信 xìn significa “credere, avere fiducia in”, usata anche nel moderno. È formata dal radicale di uomo con la parola:
l’uomo che è aderente alla propria parola, quindi degno di fiducia.
好 hào, deriva da 爱好, significa “amare”, “piacere”.
古 gǔ significa anche in cinese moderno “antichità”. Confucio è sia conservatore sia rivoluzionario: è
conservatore perché non crea, è rivoluzionario perché dice di aspirare a un ritorno all’antico, allo splendore
governi mitici delle Tre dinastie. In particolar modo, Confucio guarda all’inizio della dinastia Zhou, visti come i
sovrani che hanno incarnato l’ideale confuciano. In realtà si inventa un ideale, proiettandolo sugli antichi. Uno
dei principi di Confucio è quello di cambiare se stessi in meglio, secondo le virtù, per cambiare la società. La
virtù non è nel presente, ma sta nella storia arcaica.
窃 qiè è “io” in senso negativo, dispregiativo, che nella tradizione viene tradotto come “indegnamente”; è opposto a
吾 wú.
比于 bǐyú, miseria. 比 bǐ qua è usato come verbo, mentre 于 yú è una parola vuota nel cinese classico. Questra
struttura v + 于 yú permette di costruire un complemento indiretto.
老彭 Lăo Péng, molti lo interpretano come 老子 Lǎozi, un grande esponente della scuola taoista. Si è pensato per
molto tempo che Laozi fosse coetaneo e amico, o nemico, di Confucio. Questa interpretazione è abbastanza
improbabile, in quanto Laozi è vissuto circa tre secoli dopo Confucio, risale circa al 250 a.C. Lăo Péng potrebbe
allora essere un personaggio mitico, un uomo centenario: ciò mostra come attraverso lo studio, l’esercizio, la
pratica dell’esercizio degli antichi, possiamo scavalcare il tempo come Lǎo Péng.

君君,臣臣,父父,子子。
[Jūn jūn, chén chén, fù fù, zĭ zĭ], Il principe faccia il suo dovere di principe, il ministro quello di ministro, il padre
compia i suoi doveri di padre, il figlio quelli di figlio.
Questa è una sentenza composta di soli 8 caratteri, ripetuti.
君 jūn è sovrano, i nobili, i principi.
Viene usato il raddoppiamento della struttura SV, SV, SV, SV. Il primo termine è sostantivo, il secondo è il verbo.
臣 chén è il ministro, ma per estensione anche il suddito.
父 fù è il padre, che deve svolgere ruolo di patriarca nella casa.
子 zĭ è il figlio. In questo caso, non può essere maestro perché c’è una relazione gerarchica molto chiara,
sottolineata dalla struttura SV.
Questo aforisma mostra come lo stato, una macro-società, si riflette nella famiglia, che è una micro-società. Se
il rapporto tra sovrano e ministro è regolamentato, a sua volta succede ciò in casa, in cui il padre fa il padre e il
figlio ha il ruolo di figlio. Questi otto caratteri possono essere tradotti in numerosissimi modi.
Un’altra interpretazione, oltre a quella del rapporto tra macro e micro-società, è quella secondo cui possiamo
ricoprire più ruoli contemporaneamente (ex. il ministro fa il ministro, ma a casa fa il padre).
Ognuno ha un suo ruolo e, nel momento in cui tutti svolgono il proprio ruolo, si crea una situazione armonia.
Questo aforisma è un elogio alla gerarchia dal punto di vista sociale. Dal punto di vista letterario, è anche l’elogio
del linguaggio, dove i sostantivi dati permettono di associare a qualcuno un ruolo e di definirlo. Quando viene
attribuito un ruolo, lo si assume su di sé, lo si incarna e diventa un’azione. Per ogni situazione c’è un ruolo fisso,
sia come teoria sociale sia linguistica: si tratta della teoria della rettificazione dei nomi.

La teoria di Confucio si basa su tra principi: 学 xué, 仁 rén e 礼 lǐ.


学 xué è lo studio inteso come assimilazione che rende migliori.
Il 仁 rén è l’altra faccia della gerarchia sociale. È formato dal radicale di persona e il numero 2. Questo carattere
indica che la nostra umanità emerge solo nella dimensione del 2, perché esistiamo solo in relazione agli altri.
Non esiste 父 fù se non ha uno 子 zĭ, non esiste 君 jūn senza 臣 chén. Esistenza relazionale. Il termine viene spesso
tradotto con “amore”, “reciprocità” o “empatia” o con termini più astratti, come “humanitas”. La dottrina
dell’amore smentisce idea gerarchica. Questo mostra sia il lato conservatore sia il lato rivoluzionario di Confucio.
Il terzo principio è 礼 lǐ, la ritualità, l’etichetta. Indica il riuscire a trasmettere all’esterno la nobiltà d’animo,
ormai interiorizzata grazie a tutti gli anni di apprendimento. 礼 lǐ non è solo un comportamento esteriore, ma è
il segno inequivocabile di una nobiltà interiore. Nobiltà è quindi esaltazione di un élite, perché solo l’aristocrazia
aveva così tanto tempo da dedicare allo studio. È comunque anche un concetto rivoluzionario, perché ci dice che
questa nobiltà non è data dal censo e condizionata dal lignaggio.
Il gentiluomo, 君子 jūnzǐ, è colui che ha potuto coltivarsi. C’è una vocazione democratica: attraverso l’impegno
personale, lo studio, l’autocoltivazione e la corretta esecuzione del protocollo rituale, si può raggiungere il
modello di gentiluomo.

(24/02) Da Confucio deriva la Scuola dei Letterati, perché il suo pensiero non è l’unico.
La Scuola dei Letterati aggancia etica e politica alla filosofia del linguaggio. È il pensiero che influenza la
produzione letteraria e la lingua scritta. La teoria della rettificazione dei nomi, 正名 zhèngmíng, è collegata al
concetto di gerarchia nominale.

Zilu chiese: «Se il principe di Wei contasse sul vostro aiuto per governare, cosa fareste in primo luogo?» Il
Maestro: «rettificherei i nomi, senza dubbio». Zilu chiese ancora: «Ho inteso bene? Forse il Maestro si sbaglia!
Rettificare i nomi, avete detto? E il Maestro replicò: «Zilu, quanto sei rozzo! Quando non sa di cosa sta parlando,
un uomo di valore preferisce tacere. Se i nomi non sono corretti, non si possono fare discorsi coerenti. Se il
linguaggio è incoerente, gli affari di governo non si possono gestire. Se gli affari sono trascurati, anche i riti e la
musica non possono fiorire. Se i riti e la musica sono negletti, le pene e i castighi non possono essere giusti. Se i
castighi sono iniqui, il popolo non sa più come comportarsi. Ecco perché l’uomo di valore usa soltanto nomi che
comportano discorsi coerenti, e parla soltanto di cose che può mettere in pratica. Ecco perché l’uomo di valore è
prudente in quello che dice».
Confucio apre la stagione dei maestri erranti che girano di corte in corte, con il vantaggio di essere così convincente
da trascinarsi dietro alcuni discepoli, tra cui Zilu. Qui la 正名 zhèngmíng viene espressa tramite una storiella, in
un dialogo, non attraverso termini astratti come nella filosofia occidentale. Questa è la forma prediletta rispetto
a trattazione astratta.
Confucio dice che la prima cosa che farebbe se dovesse governare, sarebbe rettificare i nomi. Mostra poi degli
esempi: si passa dalla musica alle leggi, perché il concetto di 礼 lǐ , di cui fa parte anche la musica, è opposto a
quello di 法 fǎ, le leggi. Secondo Confucio bisogna trasformare ogni individuo in qualcosa di giusto senza alcuna
legge esterna, perché vengono già assimilate con lo studio. Quindi la musica viene prima delle leggi, non c’è legge
senza l’uso rituale. La parola è già di per sé atto, ha una funzione performativa.

Confucio disse: “Ecco un uomo con cui parlare. Non gli parlate; perdete un uomo. Ecco un uomo con cui è meglio
non parlare. Gli parlate: perdete una parola”
Questa massima spiega il concetto di 仁 rén: siamo esseri relazionali e se non parliamo con qualcuno con cui
dovremmo, perdiamo la relazione; se invece parliamo con chi non risponde positivamente al nostro discorso,
svalutiamo la nostra parola.

Il saggio è moderato nel parlare e sovrabbondante nell’agire.


Il saggio preferisce mettere in pratica un’azione civilizzatrice.

Ogni giorno mi esamino su tre punti: sono stato leale nell’operare per gli altri? Sono stato sincero nei rapporti con
gli amici? Ho messo in pratica quanto mi è stato insegnato?
Queste tre domande mostrano che c’è continuità tra parola e azione. Il carattere 信 xìn, formato dal radicale di
uomo e il carattere di parola, indica l’idea di essere coerente con le proprie parole.

Confucio disse: “Gli antichi non si lasciavano sfuggire le parole, perché si sarebbero vergognati di non riuscire a
metterle in pratica.”
Il modello sono gli antichi. Il linguaggio serve a relazionarsi con gli altri.

Ren è davvero inaccessibile? Desideralo con fervore, ed eccolo in te.


Confucio disse: «Solo chi è dotato di Ren è capace di amare e di odiare gli uomini».
L’idea di 仁 rén indica che tutti siamo fratelli. Non è qualcosa di accessibile solo a una classe, a livello teorico è
per tutti. È un concetto che va coltivato.

Il Maestro disse: «Oh Shen! La mia Via procede in una sola direzione. Zengzi disse: «Sì». Quando il Maestro uscì,
gli altri discepoli chiesero: «Cosa intendeva dire?» Zengzi rispose: «La Via del Maestro si riassume in due parole:
lealtà 忠 zhōng e reciprocità 恕 shù».
La parola “via” è la traduzione di 道 dào, concetto importante per la filosofia cinese, è un concetto che viene
ripreso da diverse correnti e che diventa il centro del taosimo. Indica una via in divenire, è frutto di una filosofia
pratica: per esempio, 天道 tiāndào è l'ordine celeste che un sovrano dovrebbe seguire. 仁道 réndào è la via
dell’uomo, la disposizione intrinseca del 仁 rén.

Per quanto riguarda il 礼 lǐ, la società cinese era altamente rituale anche prima di Confucio. Confucio gli dà
però un senso nuovo: la sua idea è che la ritualità non è solo un fatto della corte, un distintivo di classe, ma è ciò
che distingue il 君子 jūnzǐ dal 小人 xiǎorén. I riti sancivano la distanza anche tra il popolo e la classe dominante.
Secondo Confucio, conformarsi al rito è un modo per far sì che la giusta condotta faccia parte del popolo. I
riti sono una forma di soft power: il popolo è felice di ricevere questo tipo di comando. Al centro del 礼 lǐ ci sono
riti e musica. I 君子 jūnzǐ hanno accesso al rito spontaneo e naturale.

Il Maestro disse: «I Zhou hanno osservato i riti delle due dinastie precedenti. Com’è raffinata la loro civiltà! Io
seguo i Zhou».
Rendendosi conto che questa ritualità ha un significato politico, Confucio dice che bisogna rettificarla. Il modello
non si ispira al presente, ma in un’Età dell’Oro mitizzata, che si colloca 400-500 anni prima della sua nascita, tra
le dinastie Shang e Zhou. Secondo Confucio, i Zhou avevano seguito il 天道 tiāndào. Confucio sviluppa l’idea che
tutto dipenda dal seguire una dottrina già stata scritta, ma in pratica è lui che avvia un processo di
canonizzazione pre-Qin. Confucio avvia una canonizzazione che avverrà durante la dinastia Han, durante il II-I
secolo a.C, di cui parte è già scritta nei Dialoghi. Confucio parla sia del Classico della Poesia sia del Classico dei
Mutamenti.
Il Classico dei Mutamenti fa parte dei sei classici, che sono diventati cinque, perché il Classico della Musica è
andato perso in un rogo. Il Classico dei Mutamenti è formato da 64 capitoli che contengono tutti i possibili
divenire: si parte dal 2, lo yin e lo yang, il sì e il no, che costituiscono dei trigrammi moltiplicati per due in
forme che sono esagrammi. Si sviluppa una vera e propria matematica al fine di captare il 天道 tiāndào. È un
testo fondamentale per tutte le scuole di pensiero. Mostra l’idea secondo cui tutto si muove, quello che è negativo,
quando raggiunge l'apice, può solo diventare positivo e viceversa. Ha una grande influenza in Cina e nelle aree
limitrofe.

Il Maestro elabora la sua dottrina, che è pura speculazione, ma che continua dal VI secolo a.C. fino a oggi, con
infiniti sviluppi e riletture. La sua canonizzazione è un pretesto per reinterpretarlo e rileggerlo. Il confucianesimo è
una scuola, 家 jiā, e una delle correnti di pensiero, 教 jiào.
屈原 Qūyuán e i Canti di Chu
(27/02) Tra il IV e il III secolo a.C, appare la figura di 屈原 Qūyuán, che, rispetto allo 诗经 shījīng, fa parte di
un’altra tradizione. Quella che noi chiamiamo Cina non è un’unica cultura. L’unica certezza che abbiamo sulla sua
biografia è che vive fino al 278 a.C.
Proviene dallo Stato di 楚 Chǔ, che coincide con le regioni dell’Hubei e dell’Hunan, Stato conservatore rispetto
ai costumi dei primi Zhou. È legato a un modello teocratico, a una concezione in cui il sovrano è in diretta
comunicazione con il mondo degli spiriti attraverso la divinazione. Questo conservatorismo si vede nelle Poesie di
Chu, 楚慈 chǔcí. Questi 慈 cí si distinguono dalla 诗 shī perché non c’è più un verso a quattro caratteri, ma un
verso più lungo, asimmetrico. C’è comunque una linea di continuità forte con la poesia amorosa che nasconde un
significato politico.
Qu Yuan, nella sua poesia, si appoggia sul topos del poeta sciamano che compie un viaggio estatico. La sua
opera più famosa è l’Elegia della separazione, una forma metaforizzata della sua esperienza di vita di sciamano. È
il più lungo poema dell’Età arcaica con immaginario barocco con riferimenti alla cultura sciamanica. C’è
coesistenza di riferimenti coltissimi a una cultura percepita come arcaica già allora e di cultura popolare.

Qu Yuan riesce ad entrare a servizio del re Huai, il re di Chu. Si presta quindi a diventare figura modello, topos, del
rapporto tra letterato e sovrano. Suggerisce al sovrano una politica di cooperazione con il sovrano di Qin, perché
capisce che potrebbero vincere in una possibile guerra e prendere il controllo. Il resto della corte comincia a ordire
trame alle sue spalle e dire che in realtà è lui il traditore che cerca di allearsi con gli stati vicini per attaccare Chu, di
consguenza finisce in esilio. L’eccesso di virtù civica e politica è uno dei topoi del ritratto confuciano dell’uomo
si fa consigliere del signore, ma i consigli risultano sgraditi e viene messo al bando per troppa virtù. Quando
nel 278 a.C. lo stato di Qin invade Chu, Qu Yuan si suicida per protesta, buttandosi nelle acque di un fiume. Questo
diventa un topos e sfocia anche nelle festività della cultura popolare più importanti: il 5 giorno del 5 mese dell’anno
lunare si festeggia la Festa delle barche drago, in cui si organizza una competizione di barche sui fiumi dove lo
stare sui fiumi serve a spaventare gli spiriti che potrebbero insidiare Qu Yuan, e si mangiano fagottini di riso
glutinoso dolce o salato.
Qu Yuan è da un lato un poeta di registro altissimo, dall’altro una figura popolare.
道教, il taoismo
La cultura cinese è basata su una tripode composta da confucianesimo, taoismo e buddismo. Nasce l’esigenza da
parte della classe dei poeti di riuscire a trovare nuove ricette di governo che pongano fine allo stato di guerra
permanente al fine di un’unificazione. Le Scuole nascono dal medesimo principio: trovare un governo forte.
La dottrina taoista è sempre stata attribuita a due maestri, Laozi e Zhuangzi. Inizialmente si pensava che Laozi
forse contemporaneo di Confucio, ma in realtà il testo di Laozi sarebbe del 250 a.C. Zhuangzi si è tradizionalmente
collocato nel IV secolo a.C.

庄子 Zhuangzi
Zhuangzi sarebbe nato nello stato di Song, estremamente vicino a Chu. Anche Zhuangzi e il taoismo hanno
risentito dell'influsso della cultura sciamanica e ciò si è riflesso nella sua opera. Zhuangzi è il nome della sua
opera principale
Zhuangzi era un pensatore dell'epoca degli Stati combattenti. Anche in reazione a queste guerre continue, Zhuangzi
ha una sua ricetta di governo che è una non ricetta, una mossa per sottrazione. Nel suo libro racconta questo
aneddoto: quando ricevette visita da due funzionari di Chu che gli propongono di andare a fare il consigliere a
corte, la sua risposta è: “Vedete quella tartaruga che si rotola felice nel fango? Voi sapete che a corte c’è un'altra
tartaruga che invece è vicina al trono, morta, l’hanno modificata e incastonata di pietre preziose. Io preferisco
razzolare nel fango vivo piuttosto che essere mummificato a corte e venerato”. La tartaruga è un animale mitico
legato alla scoperta della scrittura, quindi lo stato di Chu, conservatore, lo venerava. Questo mostra disprezzo
assoluto della politica di corte. Per la scuola taoista il governo è arte del non governo, del non agire. Dal punto di
vista della forma, l’insegnamento è presentato come una storiella, che è una delle matrici della narrativa.
L’umorismo fa parte dell’approccio di Zhuangzi a pieno titolo, soprattutto al suo non credere al linguaggio.
Se Confucio dà massima positività al linguaggio con la teoria della rettificazione dei nomi, Zhuangzi, con
umorismo, paradossi e battute, ribalta gli ordini gerarchici del linguaggio. Smonta linguaggio in quanto
macchina ordinatrice che amministra il mondo.
La sua opera è formata da 33 capitoli e, come la definisce Anne Cheng, è la più grande opera in prosa della
letteratura antica. È divisa in 3 sezioni: 7 capitoli interni (内篇 nèipiān), 15 capitoli esterni (外篇 wàipiān) e 11
capitoli misti (杂篇 zápiān). I primi sono stati scritti sicuramente da Zhuangzi, sono interni perché frutto della
stessa mano e rappresentano il nucleo concettuale. I capitoli esterni riflettono il sistema di pensiero espresso dai
capitoli interni, ma c’è ridondanza, quindi i filologi sono in dubbio sull’autore. La sezione mista è quasi
sicuramente opera di più mani, ma c’è una coerenza tale per cui Zhuangzi non è mai stato scorporato.

Il taoismo è 家 jiā in quanto scuola, 学 xué perché ha diversi esponenti della sua filosofia, diverse espressioni
letterarie e una speculazione da punto di vista estetico letterario, e 教 jiào perché è legato a una serie di
pratiche che sono radicate nello sciamanesimo, nell’alchimia e nella medicina cinese.
L’argomento principe è l’equivalenza di tutte le cose, l’appianamento. La prima grande obiezione che Zhuangzi
rivolge a Confucio è l’idea che il linguaggio discrimini, distingua, e, in quanto tale, cancelli la visione
fondamentale del 道 dào, inteso come ordine sotteso a tutte le leggi del cosmo. Il Dao è inteso come
trasformazione: tutte le cose si trasformano in altro.
(2/03) Il Dao è un minestrone concettuale in cui tutto è inafferrabile. Secondo Zhuangzi, attraverso la presa
linguistica sulla realtà si può ottenere solo una visione parziale perché il linguaggio discrimina. La sfida del taoismo
è cercare una lingua che demolisca la banalità del linguaggio tradizionale.
Il santo è l’ideale di uomo complementare e opposto del 君子 jūnzǐ che deriva dalla filosofia di Zhuangzi. Il
taoismo ha infatti una fortissima componente magica. Zhuangzi sviluppa l’idea del relativismo del linguaggio: il
linguaggio dipende dai parlanti, non possiamo produrre enunciati veri, assoluti perché la nostra posizione è
situata in un tempo e in uno spazio dipendente dalle nostre condizioni di vita materiali. Zhuangzi smonta il
linguaggio attraverso il paradosso, il sogno o le storielle, massime e micro-racconti che giocano sul terreno
dell’illogico e del surreale.

昔者庄周梦为蝴蝶,栩栩然蝴蝶也,自喻适志与,不知周也。俄然觉,则蘧蘧然周也。不知周之梦为蝴蝶与
,蝴蝶之梦为周与?周与蝴蝶则必有分矣。此之谓物化。
[Xīzhě Zhuāng Zhōu mèng wéi húdié, xŭxŭrán húdié yě, zì yù shì zhì yŭ, bù zhī Zhōu yě. Ėrán jué, zé qúqúrán Zhōu
yě. Bù zhī Zhōu zhī mèng wéi húdié yŭ, húdié zhī mèng wéi Zhōu yŭ? Zhōu yŭ húdié zé bì yŏu fēn yĭ. Cĭ zhī wèi wù
huà]. Una volta Zhuang Zhou sognò di essere una farfalla. La farfalla svolazzava lieta e spensierata e non sapeva di
essere Zhou. Improvvisamente si svegliò e si accorse con stupore di essere Zhou. Ora non sapeva più se era Zhou
che aveva sognato di essere una farfalla o se era una farfalla che stava sognando di essere Zhou. Eppure Zhou e una
farfalla dovrebbero essere due cose diverse! Questa si chiama la trasformazione degli esseri.
昔者 xīzhě, in passato, un tempo.
庄周 Zhuāng Zhōu è il nome vero di Zhuangzi.
梦为 mèngwéi è un verbo risultativo che dà l’idea del “trasformarsi in”.
蝴蝶 parola bisillabica ma monosemantica, le due sillabe non possono essere staccate.
然 rán rende l’aggettivo un verso, mentre il raddoppio dell’aggettivo indica il superlativo.
也 yě equivale alla virgola o al punto. Nella frase non c’è il predicato, ma la presenza di 也 indica che il periodo c’è
e che la frase potrebbe essere nominale.
喻 yù indica “come”, letteralmente indica la metafora.
与 yŭ è una parola vuota che funge da esclamativa o interrogativa se si trova a fine frase.
则 zé
之 zhī sostantivizza quello che viene prima, in questo caso 周 Zhōu.
矣 yĭ è una particella modale che rafforza il tono assertivo.
物化 wùhuà indica la trasformazione (化 huà) della materia (物 wù), del mondo fenomenico.
(3/03) Quando si parla di testi in cinese classico, le traduzioni possibili sono molte. Per esempio, l’edizione di
questo testo di Sabbadini (Feltrinelli) parla di Zhou, mentre Laurenti (Adelphi) parla di Zhuangzi. Sabbadini è
più letterale a livello di punteggiatura all’inizio. Questo è causato dal target a cui le due case editrici puntano:
Adelphi probabilmente cerca un pubblico più ampio. Nella parte finale, invece, Adelphi è più aderente al testo,
mentre Feltrinelli rende di più il concetto in italiano. Ci sono dei margini di libertà che derivano dalla nostra lingua.
Adelphi rende meglio il salto che c’è tra la storiella e l’insegnamento, il modo di costruire il ragionamento tipico
della lingua cinese.

庄子与惠子游于濠梁之上。庄子曰:鯈鱼出游从容,是鱼之乐也。惠子曰:子非鱼,安知鱼之乐?庄子曰:子
非我,安知我不知鱼之乐?惠子曰:我非子,固不知子矣;子固非鱼矣,子之不知鱼之乐,全矣。”庄子曰:请
循其本。子曰, 汝安知鱼乐云者,既已知吾知之而问我,我知之濠上也。[Zhuāng zǐ yǔ Huì zǐ yóu yú Háo
liáng zhī shàng. Zhuāng zǐ yuē: “Tiáo yú chūyóu cóngróng, shì yú zhī lè yě.” Huì zǐ yuē: “Zǐ fēi yú,ān zhī yú zhī
lè?” Zhuāng zǐ yuē: “Zǐ fēi wǒ,ān zhī wǒ bù zhī yú zhī lè?” Huì zǐ yuē: “Wǒ fēi zǐ,gù bù zhī zǐ yǐ; zǐ gù fēi yú yǐ,
Zǐ zhī bù zhī yú zhī lè, quán yǐ”. Zhuāng zǐ yuē: “Qǐng xún qí běn. Zǐ yuē‘rǔ ān zhī yú lè’yún zhě, jì yǐ zhī wú zhī zhī
ér wèn wǒ. Wǒ zhī zhī háo shàng yě.”] Il maestro Zhuang e il maestro Hui passeggiavano sopra il ponte del fiume
Hao. Zhuang-zi ha detto: “Il pesce nuota vagando spensierato, questa è la felicità del pesce.” Hui-zi dice: “Lei (/il
Maestro) non è un pesce, come fa a conoscere la felicità del pesce?” Zhuang-zi dice: “Lei non è me, come fa a
sapere che io non conosco la gioia del pesce?” Hui-zi dice: “Io non sono Lei, ovviamente non La conosco, ma
certamente Lei non è un pesce, il fatto che il Maestro non conosca la felicità del pesce è sicuro.” Zhuang-zi disse:
“La prego di ritornare all’origine di tutto il discorso. Lei mi ha detto “come fa a conoscere la felicità del pesce?”,
anche se già sapeva che e io lo sapeva, me l’ha chiesto lo stesso. Io lo so stando sul fiume Hao.”

与 yǔ funziona da congiunzione “e”.


游 yóu indica viaggiare o nuotare, qui indica il passeggiare.
于 yú è una parola vuota che crea la struttura v+于+complemento indiretto, ovvero fa ponte tra verbo e
complemento indiretto. In questo caso può essere simile a 在 zài, indica il complemento di luogo.
濠 Háo è il toponimo di un fiume.
之 zhī determina il ponte, come 的 de.
鯈 tiáo, i filologi leggono questo carattere anche shū, perché non si sa qual è il vero carattere. In questo caso è usato
per determinare 鱼 yú, pesce. 鯈鱼 tiáoyú indica il gobi, un tipo di pesce; spesso viene tradotto semplicemente
“pesce” per evitare complicazioni a livello di comprensione.
从容 cóngróng significa “senza pensieri”.
是 shì significa “questo”.
鱼之乐 yú zhī lè significa “felicità del pesce”.
也 yě serve a segnalare la punteggiatura.
非 fēi è la negazione del verbo essere.
安 ān è un corrispettivo del moderno 怎么 zen3me.
固 gù, certamente.
之 zhī forma struttura S+之+VO nominalizza l’intera frase.
全矣 quán yǐ significa “certo, sicuro”.
其 qí funge da sostituto di un complemento di specificazione.
循 xún significa “ritornare”.
本 běn indica anche la radice di un albero, l’origine
(6/03) 云 yún qui è il verbo dire, con 者 zhě che nominalizza il verbo.
汝 rǔ è il pronome di seconda persona.
吾 come nei Dialoghi confuciani
既 jì introduce una frase concessiva.
之 zhī forma la struttura V + 之
而 ér è congiunzione avversativa “ma” nella struttura 既 jì… 而 ér…, benché…ma…
Huizi è fa parte della Scuola della logica, perciò carica il linguaggio della facoltà di ordinare il mondo (≠
Zhuangzi). Zhuangzi taglia il discorso e non ragiona più in temrini di logica linguistica, ma parla in termini di
esperienza: poiché è vicino al fiume allora conosce la felicità del pesce. Nei loro cicli di evoluzione tutti gli esseri si
equivalgono.

老子 Laozi
A Laozi si dà una nascita mitica: si dice che sia stato per anni nella pancia della madre prima della nascita, quindi si
traduce il suo nome come “bambino vecchio”, oltre che come “mastro vecchio”. Di lui si sa poco, fino a poco
tempo fa si pensava fosse coetaneo di Confucio. Il suo libro, 道德经 Dàodéjīng, ovvero il Classico della Via e
della Virtù, viene fatto ricondurre all’incirca al 250 a.C.

Il suo enunciato più famso è 道可道非常道,名可名非常名 dào kě dào fēicháng dào, míng kě míng fēicháng
míng. Sono due frasi che hanno lo stesso numero di caratteri, di cui tre si ripetono (可 kě, 非 fēi, 常 cháng). Le due
frasi sono parallele, è una struttura classica. 道 dào è la Via, l’ordine; a volte viene tradotto, altre volte si lascia con
il pinyin. 名 è il nome, un altro modo per dire “linguaggio”. Di questa frase ci sono due interpretazioni: la prima, di
Fausto Tomassini, dice “il Dao che può essere detto (可道 kě dào) non è (非 fēi) l’eterno (常 cháng), il nome
che può essere detto non è l’eterno nome”; la seconda, di Andreini, dice “il Dao che può essere (可 kě) Dao non
è il costante Dao, il nome che può essere nome non è l’eterno nome”.
Non si sa se il secondo 道 dào è nome o verbo. Nella prima interpretazione si nega il linguaggio, mentre la seconda
è ancora più ontologica.

(9/03) La dinastia 汉 hàn sale al potere nel 206 a.C. fino al 220 d.C. È sotto questa dinastia, nel II secolo a.C, che
avviene questa canonizzazione del daoismo. La filosofia daoista, 道学 dàoxué, si formalizza e diventa 道家 dàojiā,
una vera e propria scuola, che fa parte delle 百家 bǎijiā, le Cento Scuole. È grazie all’intervento di Sima Qian, lo
storico di corte della dinastia Han, se oggi possiamo dividere in Scuole il pensiero cinese, come se fossero
sistematiche.
La canonizzazione della letteratura
Nel 278 a.C. avviene la conquista del Regno di Chu, occupato da Qin; questa è una delle date dell’enorme
campagna di conquista del regno di Qin.
Nel 221 a.C. il primo imperatore della dinastia Qin, 秦始皇帝 Qínshǐ huángdì, unifica i territori creando un
unico Paese, grazie anche alle dottrine di filosofia politica dei maestri. Non solo ha un primato dal punto di vista
militare, ma ha anche un soft power, dato che unifica le basi della civiltà cinese, come la moneta, le vie di
comunicazione, i sistemi di misura e il sistema di scrittura. Questo ha un incredibile effetto sulla civiltà cinese. C’è
un proto-istituto linguistico che decide una lingua standard e le grafie. Nel 213 a.C. Qin Shi Huang promuove il
rogo dei libri, finalizzato alla standardizzazione della scrittura, che coinvolge tutti i trattati che contengono
calligrafie allogene al sistema standardizzato che propone e tutti i libri che non rientrano tra i testi che per lui
costituiscono il canone.
Non unifica la Cina basandosi sulla Scuola dei letterati e sull’insegnamento di Confucio, ma all’insegna della
Scuola della legge, 法家 fǎjiā, che lascia un marchio indelebile nella storia cinese, anche quando gli Han
decideranno di passare alla Scuola dei letterati di Confucio. Per la Scuola della legge, l’essere umano va obbligato
a soggiacere a una serie di regole esterne. Questo sistema di leggi e punizioni permette a imperatore di avere un
esercito salariato che, anziché venire stipendiato, viene esentato dalle tasse. Qin Shi Huang si inventa un sistema
di corvée in cui i contadini pagavano regolarmente le tasse sia in misure di grano sia in lavoro manuale,
venendo costretti a costruire la Muraglia cinese, 万里长城 wànlǐ chángchéng, che separava la Cina rispetto ai
territori esterni dove facevano incursioni le popolazioni della steppa. Si crea una gestione estremamente severa
della popolazione. Viene anche abolita l’aristocrazia per risolvere il problema dei 国 guó e delle guerre intestine
tra i principati.
Qin Shi Huang aveva la fissa dell’elisir dell’immortalità perché il suo regno sarebbe dovuto durare millenni; in
realtà il suo regno dura solo 15 anni. Depotenziando l'aristocrazia, che è la base dell’esercito, e vessando il
popolo con i lavori pesanti, causa una grandissima pressione sociale sulla popolazione che è in sofferenza e già
nel 209 a.C. insorge più volte. In seguito, quella che verrà a prevalere è la dinastia Han, che nasce proprio da una
di queste insurrezioni. Il fondatore della dinastia Han, Liu Bang, ha origini contadine. Se la dinastia Qin in sé non
ha avuto grande durata, ha lasciato un'importantissima lezione: per unificare la Cina non basta la conquista dei
territori, ma anche un soft power. Inoltre, il rapporto della Cina con l’aristocrazia è un problema: potenziandola, si
rischia di tornare in una situazione come durante le Primavere e Autunni, dove si rischiano colpi di Stato e lotte
intestine, dall’altra parte senza l’aristocrazia non c’è un esercito che controlla un territorio immenso. Quindi entra
in gioco la creazione dell'aristocrazia letteraria. Si crea una macchina di potere che non si basi solo
sull’aristocrazia guerriera, ma che l’affianchi a un’altra classe, quella degli 诗 shī.

Nel II secolo a.C, dal 141 a.C. all’87 a.C, si crea il regno di Han Wudi, imperatore marziale, il primo che applica
questa idea, comprendendo che con il legismo si crea la stessa situazione in cui primo imperatore è scivolato.
Inventa quindi la burocrazia, la macchina burocratica, che prende il nome di mandarinato, in cui c’è un esercito
di persone “armate di pennello” che non può ribellarsi all’imperatore ed è grata all’istituzione imperiale
perché conferisce loro un potere. La prima articolazione si crea nel 124 a.C, che ha reso l’impero longevo.
Soltanto creando uomini di fiducia per il fatto che non sanno usare armi, li si rende capaci di servire il sovrano e di
portare al di fuori della corte il codice di civiltà cinese. Chi viene reclutato nella burocrazia ha delle certe
competenze culturali, ha studiato i testi letterari che appartengono al canone. I testi classici iniziano a far parte
di un canone standardizzato. Dato che studiare i classici per diventare funzionario richiedeva anni e anni di studio,
era quasi impossibile che lo diventassero i contadini, ma comunque non era detto che fossero solo persone
dell’aristocrazia. Nel 124 a.C. viene fondata la prima accademia, che passa nel giro di pochissimi anni ad avere
migliaia di studenti allettati dalla prospettiva di entrare negli ingranaggi del governo. Nel 605 questo sistema
burocratico include un sistema di esami su più livelli che crea anche una sorta di selezione.
司马迁 Sīmǎ Qiān
Tra questi funzionari entra la famiglia Sima, che prende in carico gli archivi e raccoglie tutti i materiali che si
trovano ancora. Sono loro che formalizzano la canonizzazione delle Cento Scuole, soprattutto a partire
dall’opera di Sima Qian (145/6 - 85/6 a.C).
Egli scrive un’opera col nome di Memorie dello storico, 史记 shǐjì. Queste Memorie dello storico costano anni e
anni di studio, di recupero di materiali e, in un certo senso, anche la vita a Sima Qian. Nel 130esimo capitolo
racconta la sua biografia, che contiene gran parte della vicenda di vita e della sistematizzazione del pensiero; poi
ci fa capire che c'è una catastrofe totale che gli è occorsa. La sua storia diventa uno dei prototipi delle avventure
intellettuali dei letterati antichi. In una delle sue spedizioni incarica al suo generale 5000 uomini e gli dice di
andare a battersi contro i nomadi delle steppe al di là della Muraglia, ma ne esce sconfitto e il generale torna
indietro. L’imperatore Wudi decide di condannarlo per alto tradimento perché non è riuscito a presidiare la
Muraglia. Quindi gli viene concesso di suicidarsi, considerata una morte degna per i funzionari. Per quanto Sima
Qian non avesse un incredibile peso a corte, sa che sta facendo un'opera enciclopedica con portata
rivoluzionaria per il genere storico, quindi si rifiuta di suicidarsi e si fa sottoporre alla castrazione, punizione
corporea che tocca solo alle classi basse. Inoltre, la castrazione corrispondeva a far finire la propria discendenza e
quindi si andava contro alla morale confuciana, secondo cui il culto di antenati e l’onore del proprio cognome era
importantissimo. Rinuncia anche al suo ruolo a corte per poter continuare nella compilazione della sua opera.
Finché rimane in vita, l’opera rimane oscura ed è solo dopo la morte che piano piano i suoi scritti vengono
fuori e costituiranno il Classico della storia.

La lettera di Sima Qian a Ren An è una delle prose più belle di tutta la letteratura classica. Non è stata incorporata
nelle Memorie dello storico perché parla senza peli sulla lingua del motivo per cui non si è suicidato al fine di
proseguire l’opera del padre. Per esempio, nel testo afferma che, in quanto storico di corte, ha un ruolo ancora non
così consolidato.

(10/03) La grande domanda di Sima Qian è se l’intellettuale può cambiare la politica. Siamo agli esordi del periodo
mandarinale. Il 文 wén diventa una sorta di religione laica. L’estetica e gli altri scritti degli antichi sono in grado
di cambiare il mondo?
La sua opera è enciclopedica, è una summa di tutto il sapere storico e non solo di ciò che era successo ai primordi.
Il punto d’arrivo è la postfazione autobiografica del grande storico. Un'opera di quest’entità non poteva passare
inosservata e diventa il modello di concezione della storia, dove la storia è parte integrante della politica e
spiega come mai la dinastia in carica ha preso il posto della precedente. L’attenzione dell’opera è da un lato
confuciana, dall’altro risente dell’influenza cosmologica dello yin e dello yang, secondo cui nulla è fermo e tutti
i cicli storici si susseguono: è normale che le dinastie abbiano nascita e decadenza. I sovrani virtuosi sono coloro
che hanno attenzione a non raggiungere una posizione troppo alta, ma che sappiano tenere la medietà, così che non
ci sia decadenza. Sima Qian parla di come gli Han si siano impossessati del mandato celeste in modo legittimo
soppiantando una dinastia imperfetta e abbiano condotto la Cina fino alle sorti progressive del regno di Han Wudi.

I capitoli sono 130 in totale.


La prima parte dell’opera, fatta di 12 capitoli, presenta le registrazioni di ciò che è accaduto alle origini. È una
sezione di annalistica pura. Poi ci sono le tavole logiche che si riferiscono alla storia alta dei re, i trattati e la
genealogia. Tratta di astrologia, musica, eccetera, tutto quello che è necessario al governo. Poi si parla storia delle
casate aristocratiche, includendo la casata di Confucio, che viene parificata a quella di principi e re dei singoli 国
guó. Importanti sono le biografie, che ci interessano dal punto di vista del valore letterario e di impatto che ha
sugli altri generi come i romanzi, dei cinesi che hanno fatto la storia della Cina antica. Include Laozi, insieme a
Zhuangzi, Sunzi dell’Arte della guerra, le biografie di molti discepoli all’interno degli Analecta di Confucio, e Qu
Yuan, di cui molte informazioni le abbiamo proprio grazie a Sima Qian. Si registrano anche usi e costumi degli
abitanti delle zone periferiche dell’impero, che ha e non ha confini: il 天下 tiānxià è tutto ciò che sta sotto il
cielo e finché parla lingua di Han viene considerato dentro; così si sviluppa il sistema dei tributi in cui gli stati
vicini vengono visti come stati cuscinetto per creare relazioni internazionali. Non c’è un’idea netta e precisa dei
confini. Abbiamo anche storie di personaggi che noi occidentali non considereremo “grandi della storia”,
come cavalieri erranti, eunuchi, giullari di corte, divinatori, indovini e usurai. I personaggi sono tratteggiati a
tutto tondo, c’è fabula e intreccio nella storia, Sima Qian si presenta come narratore interno che dà giudizi
morali. C’è un primo sviluppo delle tecniche narrative che saranno fondamentali nel romanzo cinese. Tutte le
novelle sono chiamate 传 zhuàn. Si apre il tema di come distinguere la storia della letteratura, la fiction e da ciò
che è non fiction.

Il I secolo a.C. è caratterizzato da due eventi: la creazione del sistema del proto-mandarinato nel 124 a.C. e
l’inaugurazione della grande opera dello storico.
Quello che noi chiamiamo “confucianesimo” non è la parola originaria di Confucio. I classici e la storia
diventano due grandi categorie. Nel processo di canonizzazione di Confucio c’è anche la traslitterazione del
senso perché quando interpretiamo un’opera noi lo facciamo con la nostra mentalità. L’epoca della grande
canonizzazione è distante dall’epoca originaria di circa 500 anni ed è distante dal Classico dei mutamenti.
La funzione del canone è diventare materia di esami: filosofia, storia e poesia sono fondamentali per entrare
nella carriera politica

Dopo la fine della dinastia Han nel 220, la letteratura si scinde. Il 文 wén si settorializza in un sistema che è
simile alla nostra concezione e storia e filosofia non sono più letteratura.
Anche in letteratura, quindi, “tutto ciò che è unito è destinato a separarsi, ma tutto ciò che è separato è destinato a
unirsi”, come, allo stesso modo dopo un lunghissimo ciclo di scissione come gli Stati combattenti, ci si è riuniti con
le dinastie Qin e Han. Dopo quattro secoli di Han avviene ancora una nuova scissione che dura fino al 589, quando
c’è una fase di indebolimento, con una fase in cui si susseguono imperatori bambini o incapaci e quindi prevalgono
i militari. Dal 184 iniziano a scoppiare rivolte a sfondo religioso, come la Rivolta dei turbanti gialli, finché 40 anni
dopo ci sarà una definitiva caduta del regno, che di divide in tre 国 guó, tre poli che si contendono il 天下 tiānxià.
Prevale il regno di Wei, che avrà breve vita. È il Periodo delle sei dinastie o di 魏晋南北朝 wèi jìn nánběicháo. Ci
sono dinastie del nord e del sud e la Cina si scorpora in due. Ci sono due fenomeni: una dissoluzione politica dei
poteri con la creazione di un asse sud e un asse nord, e il nord viene preso d’assalto dalle tribù esterne alla
cultura Han, come i gruppi della steppa, le popolazioni nomadiche e dell’Asia orientale, che portano idee e
sensibilità. Gli scambi più fiorenti con l’Asia centrale portano all’introduzione del buddhismo, che era già presente
in misura minore sul suolo cinese.
L’impero che si disgrega mette fine al sistema di reclutamento di funzionari attraverso l’accademia imperiale, la
fine del mandarinato e dei mandarini come li conosciamo finora. Nell'assetto politico vigente il mandarino
inizia a diventare un letterato e si interroga sul ruolo della letteratura al di fuori del potere.

Il 文 wén si scorpora in quattro unità: 经 jīng i classici, 史 shǐ la storia, 子 zǐ i maestri, 集 jí le opere miscellanee e
i trattati. La letteratura si interroga su se stessa, perché l’impero non gli assegna più alcun ruolo. Sviluppa quindi la
critica letteraria quando si scorpora dalle altre istanze sociali, comincia a darsi criteri suoi propri. Nella
nascita della critica letteraria c’è la suddivisione di generi e la formalizzazione di criteri estetici.
La prima categoria sono i Classici, a cui si dà assoluta preminenza; la seconda categoria è la storia che viene messa
a sé; gli 子 zǐ sono le parole dei maestri che fanno parte di questo patrimonio “filosofico”; la trattatistica, come nei
trattati di Sima Qian, è tutto ciò che rientra nelle scienze umane, sociali e pure. Questo sistema diventa la base di
archiviazione delle opere per tutta la durata dell’impero. L’autore inizia a essere un’individualità piena e
forte, come nella storia di Sima Qian.
La letteratura delle Sei Dinastie
(13/03) Dopo la dinastia Han, nel III secolo, il territorio si divide in tre regni, finché nel 280 la dinastia Jin occupa
tutto il territorio, incluso anche lo stato di Wu. Tra il 220 e il 589 c’è il Medioevo cinese, in cui il territorio si
divide e vengono introdotte culture allogene. Il periodo tra il 220 e il 289 è noto come Tre regni, 三国 sānguó.
La fase di disunione politica provoca una grossa crisi in quello che è l’ordine degli 士 shì, che si ritrovano senza
la carriera del mandarinato.
Si aprono tre strade:
1. l’autonomia e il distacco del 文 wén dal potere e la nascita di una letteratura del disimpegno, che dà due
esiti:
a. una corrente di pensiero puro, di arte per l’arte, delle conversazioni dove i letterati scissi dalla corte
si ritrovano, fondando cenacoli da cui prendono vita dei dibattiti sui più svariati argomenti, non solo di
materia politica. Coinvolgono una rilettura dei Classici del taoismo, connessi in modo sistematico al
Classico dei mutamenti e alla cosmologia. La conversazione si sviluppa soprattutto nel Circolo dei 7
saggi del boschetto di bambù, che include anche Ji Kang, esempio di un intellettuale al netto
contrasto con il potere, perché rifiuta le connessioni con la corte e rivendica la propria autonomia.
Vengono messe al centro le “arti del pennello”, come la calligrafia e la pittura, viste per la loro
componente estetica. Nascono i primi manuali sull’estetica della pittura, formalizzando l’arte della
pittura e della calligarfia, chiamate arti del 毛笔 máobǐ. Avevano una visione dionisiaca della vita: il
distacco è anche un distacco dei sensi dalla realtà normale;
b. un edonismo e un formalismo che si manifesta nella letteratura. Scrivere diventa l’arte di una
scrittura ornata, dentro abbastanza vuota e con la ripetizione di pattern sempre uguali e
ipervirtuosi, ma sempre con massima libertà di pensiero;
2. l’estetica. Si sviluppa una critica letteraria, di cui fanno parte Lu Ji, nel III secolo, e Liu Xie, nel VI secolo;
3. la poesia di paesaggio, 山水诗 shānshuǐ shī, che include la poesia bucolica di Tao Yuanming, il più grande
poeta delle Sei dinastie. C’è l’idea del poeta che lascia il berretto da mandarino, la vita urbana e torna nei
campi fruendo di una vita semplice e libera.

陆机 Lù jī
In quest’epoca turbolenta nasce 陆机 Lù jī. La sua opera principale è L’arte della scrittura, 文赋 wénfù. In
traduzione è una scritta sotto forma di poesia, mentre in originale è l’unico testo di questo periodo non messo in
versi. Il genere 赋 fù indica una prosa che è quasi una poesia per la presenza di frasi parallele, per la
ricorsività di figure ed espressioni, e perché ci sono immagini dello stesso campo semantico per analogia o
opposizione. Nella versione italiana queste immagini sono state efficacemente rese attraverso il passaggio in versi.
Lu Ji fa parte di una famiglia nobile e militare e non tradirà mai le sue origini restando sempre legato all’ambito
militare, cosa che lo condurrà alla morte, cadendo sui campi di battaglia. Oltre al campo militare e alla famiglia di
Lu fatta di generali e uomini dell’esercito, si dedica anche alla scrittura.

La poesia di Lu Ji è una poesia che nasce dall’io del poeta, dalle sue emozioni. L’elemento fondamentale sono i 情
qíng, i sentimenti. La poesia scaturisce dal sentimento, c’è una predominanza dell’individualità. La grande
innovazione è il poeta che si palesa tramite le emozioni. C’è il distacco dal tema simbolico-metaforico che
viene visto però in chiave morale, ma c’è la tendenza a creare immagini poetiche. Da un lato la grande
produzione letteraria ci dà dei rimandi e uno slancio universale che stabilisce contatto con le nostre tradizioni,
dall’altro è il riflesso di una situazione contingente dell’instabilità politica.
Questi testi sono stati tradotti anche da personaggi che non hanno mai studiato cinese, come Ezra Pound, perché il
Romanticismo risveglia anche un immaginario poetico occidentale. La grossa differenza è nel concetto di 天 tiān,
di natura intesa come ordine da cui l’uomo non si è mai dissociato.
Nel prologo, Lu Ji si chiede cosa ne penseranno gli altri dei propri scritti, poi con una metafora parla di come si fa
critica letteraria. Dice che bisogna “tagliare un manico d’ascia con un’ascia”: la critica letteraria va fatta
facendo letteratura. Serve riflessività e c’è l’abolizione del primo principio della critica letteraria moderna, ovvero
la distanza tra oggetto e metodo. Se il testo poetico è l’oggetto, oggi non si scrive un testo poetico. Al contrario, per
Lu Ji, per parlare della poesia bisogna fare poesia.
Nella poesia I, si vede l’autunno contrapposto all’estate, il gelo contrapposto alle nuvole, far rabbrividire
contrapposto a far esultare, il cuore e la mente contrapposti allo spirito. Sono parallelismi che si ritrovano anche in
Confucio e Laozi, ogni termine si rispecchia nell’altro, ma qui ha la funzione di creare una visione della natura
tutta fatta per parallelismi, rispecchiamenti. L’idea del tempo evoca una sensazione di transitorietà tipica
dell’epoca di caos. Il riflesso buddhista che dice che tutte le cose sono illusorie e tutto è definito dalla morte,
quindi bisogna cercare una realtà seconda trascendente. Da una parte c’è la natura, ma dall’altra l’enfasi sulla
produzione dei classici. C’è opposizione tra la natura, come serbatoio del sensibile, e la cultura, che
rappresenta lo scibile, la forma e il contenuto.
Nella poesia II le metafore profonde paragonano la natura, come i pesci e gli uccelli, con le parole. L’idea è che la
parola passa velocissima e dobbiamo catturarla. L’idea è che dobbiamo sì attingere ai classici, ma questo
repertorio di immagini che viene dalla natura e dai classici fa in modo che noi aggiungiamo qualcosa.
Nell’idea della transitorietà del tutto, si mescola il buddhismo e la coscienza profonda di un'epoca di cambiamenti.
Nella poesia III, il poeta ci presenta l’immagine di ansia per il processo di scrittura. Si ha la freschezza del
sentimento del poeta, dell’ansia che ci dà un’immediata identificazione. Qui la scrittura si complica: come si fa a
far corrispondere le parole alla realtà quando di mezzo c’è la soggettività del poeta, l’io della persona che scrive?

劉勰 Liú Xié
Sotto la dinastia Liang abbiamo Liu Xie, vissuto nel V-VI secolo, il creatore del manuale di critica letteraria più
importante, il 文心雕龙 wénxīndiāolóng. Viene tradotto ufficialmente con il titolo Il tesoro delle lettere, ma
potrebbe anche essere Le magnifiche elaborazioni della mente letteraria, o Un grandioso intaglio sull’essenza sul
cuore della letteratura.
Liu Xie fa parte di una famiglia nobile che però decadde. Vista la sua condizione di indigenza, ha trovato riparo in
un monastero buddhista e ha iniziato a tradurre i sutra buddhisti dal sanscrito, ma nonostante ciò non perse mai
l’amore per l’estetica confuciana. È influenzato anche dal taoismo esoterico che ha base religiosa: afferma che
nella letteratura deve esserci circolazione di 气 qì, energia sottile.
La sua opera è in 50 capitoli così articolati: i capitoli 1-5 sono un cappello introduttivo che risponde alla domanda
“cos’è il 文 wén?”; i capitoli 5-25 sono di esposizione e catalogazione di tutti i generi di scrittura; gli altri 25
sono una trattazione sistematica delle tecniche di scrittura, delle figure retoriche e degli elementi estetici. Si
tratta di un vero e proprio trattato di estetica.
(16/03) Al concetto di 情 qíng si unisce come criterio estetico all’idea di 气 qì, del soffio, dell’energia vitale, che
diventa categoria estetica fondamentale per quello che è sempre più un’arte una e trina. Si applica sia nei manuali di
critica letteraria sia nelle trascrizioni dei manuali di calligrafia e di pittura.

Nel capitolo V, c’è la canonizzazione di Qu Yuan. Ci dice che esaurito il Canto delle Odi, nessuno fu più in
grado di allacciare i fili della poesia fino al 离骚 lísāo, l’opera più importante di Qu Yuan, seconda solo allo 诗
经 shījīng. Da un lato rispetto allo 诗经 shījīng manca la misura, l’immaginazione è eccessiva, dall’altra
parte si domina l’esuberanza assoluta. Le poesie di Qu Yuan sono inseribili in un canone confuciano. Per quanto
riguarda la storia, si dice che solo le biografie di Sima Qian descrivono per la prima volta le personalità
dell’individuo. C’è il riconoscimento del carattere individuale nella scrittura di Sima Qian, che diventerà
fondamentale nei romanzi.
Nel capitolo XXVIII si spiega la struttura della poesia fatta da vento e ossa. Il vento è la prima delle sei modalità
dello 诗经 shījīng, formata dalle tre sezioni mescolate ai 3 principi retorici (赋 fù, la narrazione, 比 bǐ, la metafora,
e 兴 xìng,). Qui 风 fēng è preso non come sezione dello 诗经 shījīng, ma come criterio estetico, come artificio
retorico. Cita il canone desemantizzandolo. Il vento è la fonte prima della trasformazione delle emozioni, è
l’energia vitale. Le ossa corrispondono alla struttura fisica del corpo poetico. Dal punto di vista dell’analisi
concreta, significa che i testi sono espressi da un certo numero di parole, ma i legami sintattici sono molto
morbidi, c’è vuoto tra una parola e l’altra. Il poeta non pensa soltanto all'effetto che produce la parola in sé, ma
anche ciò che lo slegame crea in base anche a regole metriche e sonore, e costruzioni fisse di immagini. Questo
causa un problema di traduzione perché le parole non si spostano, parole e stile sono insieme. Vento e ossa possono
corrispondere alla nostra struttura poetica di forma e contenuto. La poesia cinese sfrutta al massimo l’isolabilità
della lingua da un lato e dall’altra parte la creazione di immagini che richiamano una perfetta coincidenza
tra pittura poesia e calligrafia, quella che François Cheng chiama “la pittura vocale”.
Nel capitolo XXXIX Si analizzano anche i parallelismi, la scrittura parallela. C’è l’idea che le parole si
corrispondano le une con le altre e, ritornando a questi schemi, se tra un carattere e l’altro c’è spazio di
indeterminatezza, possiamo ricostruire il senso tramite la simmetria tra le diverse parti del verso con il verso
successivo. I discorsi fatti sul sentimento e sul 气 non sono avulsi dalla pratica.

陶渊明 ​Táo Yuānmíng


Tao Yuanming è vissuto tra il 365 e il 427, ma le date non sono certe. Nonostante sia nato 100 anni prima di Liu
Xie, lui non ne parla. È ritenuto il poeta più importante dell’epoca pre-Tang, ma, anche per notazioni di vita, è
rimasto un emerito sconosciuto al suo tempo. Dopo la formazione classica, riesce ad entrare a corte, ma ne esce
disgustato. Incarna il modello di funzionario che si sottrae a politica ufficiale, fugge dalla realtà e riesce a trovare
nella poesia e nel taoismo filosofico una grande consolazione e si fa poeta contadino. La sua poesia ha il merito di
dare rilievo a una parola che fino a quel punto era specialistica, cioè “natura”, inteso come l’essere come si è in se
stessi, coincide con la spontaneità.
Tao Yuanming è anche detto Tao Qian, nome che si è dato lui, qian significa nascosto, latente, per sottolineare il
carattere di poeta eremita che si nasconde dal resto della società.

La sua poesia riprende l’idea di 自然 zìrán. 自 zì significa se stesso. Indica la natura, che è la perfetta
coincidenza con la propria spontaneità. Propone un ritorno alla natura.
Tao Yuanming pratica la 山水诗 shānshuǐ shī, la poesia del paesaggio, che è diversa dalla 田园诗 tiányuánshī.
Egli fa poesia in senso bucolico e agreste. È considerato come il primo poeta contadino. Parla sia della
contemplazione della natura, ma anche della sua stessa coltivazione fisica, in particolare dei crisantemi, emblema
della sua poesia.

La sua vita può essere riassunta in questi due versi pentasillabi in parallelo oppositivo: 少无适俗韵,性本爱丘山
[shăo wú shì sú yùn, xìng bĕn ài qiū shān]. Significa: “fin da giovane, non mi adattavo alla vita mondana (lett.
melodia comune), di mia inclinazione sin dall’origine amavo le colline basse e le montagne. Questo mostra
l’opposizione tra vita politica e vita contadina.

(17/03) Le sue frasi celebri si trovano nella biografia della dinastia Jin.
“不为五斗米折腰” [bú wèi wǔ dǒu mǐ zhé yāo]
为 wèi introduce un complemento di causa.
Il verbo oggetto è 折腰 zhé yāo; 腰 yāo indica la schiena, ha radicale di luna perché ricorda anche la carne; 折 zhé
significa inclinare, genuflettere.
斗 dǒu è una misura che non si usa più. 5 dǒu di riso era la paga più bassa per il mandarinato.
Significa “non inchinerò la schiena al fine di accaparrarmi 5 dǒu di riso”.

“平淡朴素” [píngdàn pŭsù]


平淡 píngdàn significa semplice.
朴素 pŭsù significa frugale.
Sono gli aggettivi che si attribuiscono alla poesia di Tao Yuanming. La sua semplicità e facilità da leggere non
gli hanno permesso di raggiungere il successo durante la sua vita.

饮酒 Yǐnjiǔ, Bevendo il vino


Ci sono rime ai versi pari, cosa che sarà la caratteristica del modello metrico Tang. L’unità, più che il verso
singolo è il distico. Il metro era di cinque sillabe, a differenza delle quattro dello 诗经 shījīng. Diventerà il metro
della poesia classica, fatta da 5 o 7 sillabe. Il testo fa parte di un gruppo di componimenti.
Nel titolo, 饮 yǐn è sinonimo di 喝 hē, 酒 jiǔ indica alcolici dati dalla fermentazione. È tradotto come “bevendo il
vino”, ma in realtà 酒 jiǔ corrisponde più propriamente alla grappa, ma per questione culturale il vino in occidente
è qualcosa di più estetico ed elegante rispetto alla grappa. Fa parte di un gruppo di poesie, collegate da una
spiegazione in prosa: per esempio, queste poesie sono collegate dal tema dell’ebbrezza alcolica. Ci dice che ha
tratto l’ispirazione dal bere in solitudine. Il vino è solo lo strumento per raggiungere un piano estetico che è
perfettamente descritto dalla poesia.

结庐在人境, → [Jié lú zài rén jìng] 结庐 jié lú è una struttura VO, significa
“costruire una capanna”. Con 庐 lú sappiamo che si tratta di
un’abitazione semplice, disadorna e situata in un contesto
rurale. 境 jìng è “ambito”, “contesto”. [Ho costruito la mia
capanna in mezzo a un contesto umano]
而无车马喧。 → [Ér wú chē mă xuān] 而 ér coordina proposizioni, fa la
congiunzione “e” o la forma avversativa, come in questo caso;
infatti è seguito da 无 wú. 车马 chē mă è un coordinato, che
significa “carri e cavalli”. 喧 xuān indica il rumore. [Ma non ci
sono carri e cavalli che facciano rumore]
问君何能尔? → [Wèn jūn hé néng ĕr?] 君 jūn significa principe, ma è anche
un modo per dare del lei, potrebbe essere un appello al lettore.
何 è il corrispettivo di 什么 shénme o 怎么 zěnme. [Mi/Le
chiedo come può essere così]
心远地自偏。 → [Xīn yuăn dì zì piān] 心 xīn è la mente e il cuore. 远 yuăn è
l’aggettivo “lontano”. 地 dì è la terra. 偏 piān significa
inclinare, assecondare. Questo significa che nella questione
dell’eremitaggio serve coltivare il distacco emotivo, non solo
fisico. [Se la mia mente/anima è distante, la terra si allontana
di conseguenza/si conforma ad essa]
5 采菊东篱下, → [Căi jú dōng lí xià] 采 căi è cogliere, 菊 jú sono i
crisantemi, diventato insieme al vino l’emblema di Tao
Yuanming e della sua poesia. 东 dōng è est, 篱 lí è una siepe,
uno steccato, 下 xià è sotto. [Io colgo i crisantemi sotto la siepe
orientale]
悠然见南山。 → [Yōurán jiàn nán shān] 悠然 yōurán indica in modo
svagato, senza fare troppa attenzione. Con la visione delle
montagne abbiamo una seconda immagine, prima era tutto
concettuale. 南山 nán shān sono i monti di Lu, che si
trovano a sud rispetto a Jiujing, dove è nato Tao Yuanming.
Il soggetto non è espresso, ma il riferimento è così
autobiografico che si traduce con la prima persona singolare.
[Io distrattamente vedo i monti del sud/i monti di Lu]
山气日夕佳, → [Shān qì rì xī jiā] 山气 shānqì è sia l’aria montana sia
l’energia vitale della montagna; chi lo legge in originale
capisce le due connotazioni, sia descrittiva sia filosofica. 日夕
rìxī è il tramonto. 佳 jiā significa bello, incantevole. È una
constatazione semplice, puramente descrittiva. [Nell’aria
montana i tramonti sono così incantevoli]
飞鸟相与还。 → [Fēi niăo xiāng yŭ huán] 飞 fēi è volare, 鸟 niăo uccello. 相
xiāng significa reciprocamente. 与 yŭ significa accompagnare,
incontrare, stare insieme. 还 huán è il verbo ritornare in cinese
classico. [Gli uccelli in volo si incontrano insieme e tornano al
nido]
此中有真意, → [Cĭ zhōng yŏu zhēn yì] 此 cĭ ha la funzione di dimostrativo,
significa “ciò”, 中 zhōng fa da localizzatore. 真意 zhēn yì vuol
dire “vero significato”. 真 è anche uno degli aggettivi che
definiscono la poesia di Tao Yuanming. [In questo, ci
dev’essere un vero significato/una verità]
10 欲辩已忘言。 → [Yù biàn yĭ wàng yán] 欲 yù vuol dire desiderare. 辩 biàn
significa argomentare, esporre, dibattere. 已 yĭ indica l’azione
già passata. 忘 wàng è dimenticare. 言 yán sono le parole.
[Desidero esporla, ma ho già dimenticato le parole]

Questa poesia mostra che è impossibile descrivere la natura a parole: riprende la distruzione del linguaggio taoista
e l’idea dell’impermanenza e della fuggevolezza di Lu Ji. Si collega anche all’idea che ci sia un oltre che non
riusciamo a stringere, ad afferrare, perché la verità esiste come allusione.
Le dinastie Sui e Tang
(20/03) La dinastia Sui dura dal 581/9 fino al 618. I Sui durano poco, ma fanno due mosse fondamentali: prima di
tutto compattano il 天下 tiānxià, costruendo un grande canale che unisca il nord, meticcio, con il sud,
conservatore; inoltre, nel 605 si inaugura il sistema degli esami, che segue la divisione amministrativa delle
province dell’impero (province, prefetture e sottoprefetture), diventando un’istituzione culturale e politica.

I 唐 táng invece durano dal 618 al 906-7. La dinastia eredita le due novità dei Sui e, in più, porta la civiltà cinese a
un livello unico nel suo genere, che viene preso come modello anche attualmente. Grazie alla forte burocrazia
capillare e alla capacità dei primi governanti di prendere accordi e disinnescare i conflitti con popolazioni di
frontiera, hanno creato un impero che va al di là dei confini geografici, che si estendeva come flusso
civilizzatore dal regno fino alle pendici dell’Europa e della Persia, passando per l’Asia centrale. Hanno espanso la
via della seta per costruire una diplomazia e una Cina culturale in cui non ci sono confini.
Se da un lato la Cina aveva l’egemonia culturale su queste popolazioni, dall’altro l’influsso era biunivoco. Con la
diplomazia e gli scambi commerciali si contaminano a vicenda. I cinesi si adattano agli usi diversi del Sud-est
asiatico e dell’Asia centrale. Per esempio, in arte entra a far parte il Longmen, un tipo di arte indiana. Anche il
buddhismo diventa un’istituzione panasiatica.
Li Yuan è il fondatore della dinastia Tang. Si dice fosse un discendente delle popolazioni delle steppe, non era
Han in senso stretto. Si fa chiamare Gaozu. Si dice fosse estremamente tollerante e attento, e che usasse la
diplomazia come mezzo di governo. Ebbe la grande scaltrezza politica nel capire che il modo migliore per
estendere i confini non era conquistare territori, ma tessere alleanze, stringere matrimoni, scambiare doni e
accettare di essere contaminati da altre culture e, contemporaneamente, evitare le insurrezioni e le invasioni. In
primis si allea con i Turchi orientali. Sia lui sia il figlio avanzano militarmente ma con una visione politica che non
ha paura della contaminazione. Non hanno paura degli scambi plurilaterali per racchiudere l’impero all'interno di
stati cuscinetto.
Chang’an è la città principale dei Tang; il nome significa “lunga pace”. Ai tempi della dinastia Tang, aveva più di
1 milione di abitanti, era divisa in quartieri etnici. C’era l’idea di una metropoli cosmopolita, di un melting pot
incredibile di tutte le civiltà confinanti con la Cina. Gli affari si svolgevano in arabo e persiano, non in cinese.
Lo straniero era caricato positivamente anche di un valore aggiunto. Entrano a far parte della cultura cinese i
sutra indiani e buddhisti, che non solo approfondiscono la conoscenza del buddhismo già penetrato in Cina, ma si
specializzano le diverse varie dottrine. Si approfondiscono gli studi di grammatica e di fonologia per permettere
alla poesia e agli altri generi letterari di affinarsi e creare un sistema di rime. L'influenza del buddhismo è sempre
più importante nella prima parte della dinastia. Anche il sistema degli esami si specializza perché anche i diversi
ministeri si stanno specializzando: ci sono ora 6 ministeri, tra cui un Ufficio della storia. La capacità di controllo era
notevole e gli eserciti erano sparpagliati più nelle province esterne che all’interno.
Questa è un’epoca di fioritura incredibile, soprattutto tra il 712 e il 755, l’epoca di Xuan Zong.

王维 Wáng Wéi
Wang Wei è un poeta della dinastia Tang, è sia buddhista sia un letterato confuciano, che passa il grado più alto
degli esami ed entra a corte. Ci ha lasciato 400 poesie di cui molte fanno parte de Le 300 poesie Tang, la summa di
una produzione poetica sterminata, perché la poesia è parte fondamentale della vita politica, come per esempio
regalo tra mandarini e governatori.
Wang Wei contemporaneamente è pittore e calligrafo, anche se non abbiamo nessuno dei suoi rotoli se non
attraverso rifacimenti di epoche successive, però abbiamo descrizioni e riproduzioni a partire dai Song. Era esperto
di pittura monografa, con pennello, inchiostro e acqua. Questo vuol dire creare colori attraverso un unico
inchiostro. Era anche maestro calligrafo.
Su Dongpo, poeta durante la dinastia Song nell’XI secolo, di wangwei dice: 诗中有画,画中有诗 [shī zhōng yǒu
huà, huà zhōng yǒu shī], ovvero “nella sua poesia c’è la pittura, nella sua pittura c’è la poesia”.
Poesia sulla fioritura dell’ibisco
木末芙蓉花 [mù mò fúróng huā] [sull’albero ci sono fiori di ibisco]

Questi 5 caratteri già a impatto visivo mostrano la fioritura. Dal carattere 木 mù che indica l’albero si passa a 末
mò che ha un tratto in più in cima. 芙 fú è simile all’albero ma più complesso e ha il radicale di erba che dà l’idea
di un bocciolo.
Viene scelto l’ibisco perché 芙 fú è più simile a 木 mù e ha la componente umana (芙 fú comprendere 人 rén, 蓉
róng riprende l’immagine di un viso). Si riprende la componente umana, artificiale anche nella fioritura.
Qui c’è il gioco di vento e ossa: l’unica cosa che ci aiuta a capire il significato è la divisione del blocco dopo 木
末 mù mò, che possiamo immaginare come un complemento di luogo, ma dal punto di vista cinese potrebbe
essere anche il soggetto. In traduzione bisogna inserire il verbo esserci. La soppressione del verbo,
l’indeterminatezza e il gioco tra parole piene fa sì che noi possiamo tradurla in più maniere.

鹿柴 Lù chái, Il recinto dei cervi


Il recinto dei cervi fa parte di un gruppo di poesie che si chiamano La collezione del fiume Wang, in cui le opere
sono un gioco poetico tra Wang Wei e Pei Di, che rispondeva in una sorta di botta e risposta poetico amicale, in
cui erano scelti 20 diversi paesaggi legati alla dimora delle vacanze di Wang Wei. Lo sfondo è naturalistico.
Sono 20 poesie di cui entrambi davano la loro versione.
Il recinto dei cervi è la più famosa della raccolta, è uno dei punti di massima sintesi di tutta poesia Tang. La forma è
una quartina, uno dei due metri classici della poesia Tang, insieme all’ottava regolare. Sia la quartina sia
l'ottava regolare hanno la caratteristica di sembrare versi spontanei, ma in realtà hanno un contrappunto
tonale e una tensione tra toni neutri e non, tra rime interne ed esterne. Si gioca sul vuoto tra un carattere e
l’altro. In tutti i caratteri l'unica parola vuota è 上 shàng, l’ultimo carattere. Tutto il resto è parola piena legata
tramite il processo attivo della lettura e dell’interpretazione.

空山不见人 → [Kōng shān bù jiàn rén] 空 kōng è il concetto buddhista di


vuoto, ovvero quando cade la parete illusoria e si raggiunge
il nirvana, ma significa anche deserto. [Sulla montagna
vuota/del vuoto/Vuota non si vede nessuno; la montagna Vuota
non vede nessuno]
但闻人语响 → [Dàn wén rén yǔ xiǎng] 但 dàn dà l’idea dell’andamento del
periodo, fa la frase avversativa. 闻 wén restituisce il carattere
pittorico della poesia: uno dei suoi componenti è l’orecchio.
Anche qui non c’è soggetto. 人语响 rényǔxiǎng è il
complemento oggetto, significa “suono di discorsi umani” [ma
si sentono suoni di discorsi mani]
返景入深林 → [Fǎn jǐng rù shēn lín] In cinese classico 景 jǐng indica il
raggio di luce; è composto dal sole + parte fonetica. 返 fǎn vuol
dire tornare indietro o cadere in modo obliquo. 入 rù è usato
come verbo, significa entrare. Il suo complemento oggetto è 深
林 shēn lín, la foresta oscura, profonda; in entrambi i caratteri
c’è il componente che significa albero. Qui abbiamo il primo
soggetto, 返景 fǎn jǐng. Quest’immagine indica che ore
sono: è il crepuscolo. [un raggio di luce crepuscolare entra
obliquo nella foresta oscura]
复照青苔上 → [Fù zhào qīng tái shàng] 复 significa “di nuovo”. 照 zhào
significa illuminare. La prima parola vuota la si ritrova in
questo verso, 上 shàng, che funziona da localizzatore. 青 qīng
è un colore indefinibile, è un verde che confina col nero. 苔 tái
è il muschio, ha il radicale di erba. Il determinante del colore
mostra che sopra questo muschio la luce cade raramente.
[illumina da sopra il muschio verde]

La poesia sfrutta al massimo la componente pittorica e il vuoto tra una parola e l'altra. Il vuoto è il principio
operativo della poesia, è un legame sintattico che è sempre un “slegame”, è opera aperta di eco, aperta a tutte
possibili interpretazioni e atti ermeneutici. (24/03) La poesia Tang è apparentemente accessibile, ma dall’altra
parte complicatissima per quanto riguarda la traduzione a causa dei vuoti che vengono lasciati tra le parole.
Le traduzioni propongono versioni estremamente diverse della stessa poesia. François Cheng parla di procedimenti
divisi in passivi e attivi:
1. quelli attivi sono la metrica, il ritmo, la divisione in sillabe, la cesta dei versi, il numero dei caratteri che
possono essere inseriti in base al metro, il contrappunto tonale, il numero dei versi e le rime che in
genere cadono su versi pari, gli effetti visivi di massimo utilizzo dei caratteri;
2. i procedimenti passivi includono l’ellissi del pronome personale, del soggetto, e in generale delle parole
vuote. Ciò rende la poesia diventa molto potente. Nel v.1 si potrebbe dire che il soggetto è impersonale o
potrebbe essere la montagna stessa, ma in altre traduzioni si usa la prima persona singolare anche se non è
specificato alcun pronome. Non ci sono indicatori che specificano i complementi, soprattutto di luogo e
tempo. Anche per quanto riguarda i caratteri, se si legge la poesia in caratteri non semplificati, si
restituisce maggiormente il carattere visivo della poesia Tang (ex. 见 jiàn ha l’occhio al centro nella
versione non semplificata).
Nei primi due versi abbiamo un dipinto poetico: si delinea un paesaggio con solo echi lontani a livello uditivo.
Gli altri due versi sono una visione focalizzata di questo paesaggio. Nel paesaggio riusciamo a vedere il
particolare minuto della luce che illumina un muschio.
Si trovano i parallelismi, un procedimento attivo che riempie i buchi che si trovano tra vento e ossa, rendendo
la struttura simmetrica (ex. 苔 tái è parallelo a 深 shēn). I primi versi sono staccati tra loro: l’unità metrica era il
distico.
La prospettiva particolare del raggio di luce è una metafora dell'illuminazione buddhista, quindi si collega
col concetto di 空 kōng. In tutto ciò non c’è traccia umana: è un fenomeno che avviene nella natura, è
qualcosa di cui noi partecipiamo stando sullo sfondo. Ma al contrario, François Cheng ci dice che, se vediamo
questa poesia dal punto grafico pittorico, ci sono 人 rén e 入 rù al secondo e terzo verso al centro che
costituiscono il cuore della poesia, portando quindi l’immagine dell’uomo.

杜甫 Dù Fǔ
Du Fu è uno dei poeti della trinità della poesia Tang, insieme a Li Bai (con influenza taoista) e Wang Wei (con
influenza buddhista). Du Fu è un confuciano con una grandissima passione morale. È definito uno 诗史 shīshǐ.
Nella dinastia Tang, l’imperatore fondamentale per la storia e le arti è 唐玄宗 Táng Xuánzōng (712-756). Egli
raccoglie l’apice di questa dinastia, ma secondo l’annalistica di corte ha anche una grandissima tragedia che lo
aspetta. Il suo regno crolla dopo un colpo di Stato causato da una donna, la sua concubina Yang Wei Fei.
Dopo Xuanzong non si raggiungerà mai l’acme. Durante il suo regno avviene un’espansione del mandarinato tale
per cui la corte si divide in partiti di corte: se prima c’erano lotte di potere, ora si crea una situazione di fazionalismi
veri e propri tra funzionari assunti tramite il filtro di esami e coloro che hanno legami di parentela con
l’aristocrazia. Yang Wei Fei adotta il generale Rokshan, che si lega alla famiglia dell'imperatore e comincia a
costruire una fazione più militaresca all’interno della corte Tang, ma trascura l’impero: in momento di
grosse lotte di fazioni, quando questo generale tenta il colpo di mano non c’è nessuno che si oppone.
Queste lotte sono testimoniate dalla poesia di Du Fu, poeta confuciano, civile e attaccato alla storia, che, quando
avvenne il colpo di stato aveva appena passato gli esami imperiali. Già prima di quest'evento Du Fu scriveva
poesie. La sua opera è infatti caratterizzata da una produzione poetica, dedicando per esempio poesia a chi l'aveva
aiutato nella sua carriera politica e poetica. Dalla sua poesia impariamo tantissime cose sul suo stato di salute e cosa
gli piaceva. Ci racconta la vita quotidiana, i dettagli. In questo senso è l’esatto contrario di Wang Wei.

春望 chūn wàng, Veduta primaverile


Questa poesia è il racconto di quello che succede quando la capitale viene messa a ferro e fuoco a seguito
dell’occupazione di Wang Lushan (Rokshan). Presenta sia un quadro universale sia specifico di quello che è la
città Tang in una situazione di guerra. 春 chūn è la primavera, indica la stagione della vita, con connotazione di
giovinezza, di esplosione della natura. 望 wàng è il guardare a una grande distanza.

国破山河在, → [guó pò shān hé zài] In questo contesto 国 guó può essere la


capitale. 破 pò è distruggere. 在 zài significa restare. Si
sottolinea il fatto che c’è una rottura con la natura: noi siamo
così fuori dall’asse naturale che la natura continua a prosperare.
[la capitale è distrutta, ma le montagne e i fiumi restano]
城春草木深。 → [chéng chūn cǎo mù shēn] Questo verso è in assoluto
parallelismo col primo. 城 chéng è mura o città per estensione.
草 cǎo è l’erba; 木 mù è l’albero; 深 shēn è profondo. La città
è invasa dalla primavera, dall’erba. Non c’è più la
popolazione e la natura cresce fitta. [in città la primavera,
l’erba e gli alberi sono fitti]
感时花溅泪, → (3/04) [gǎn shí huā jiàn lèi] 感 gǎn significa sentire; 溅泪
jiàn lèi significa scorrere le lacrime. Il fiore che piange da una
parte dà l’idea della rugiada tipica della stagione primaverile.
Non abbiamo un soggetto specifico. [consapevole del
momento, i fiori versano lacrime]
恨别鸟惊心。 → [hèn bié niǎo jīng xīn] Si ritrova la stessa costruzione del
verso precedente. 恨 hèn significa odiare; 别 bié è la
separazione. La separazione ci rimanda al vissuto soggettivo
del poeta, ma anche alla situazione universale durante il regime
di guerra. 鸟 niǎo è posto in parallelismo con 花 huā; la visione
degli uccelli riprende i falchi pescatori che stanno insieme
per tutta la vita, ponendosi in contrasto con la separazione
del nome 别 bié. 惊心 jīng xīn significa stupirsi.
烽火连三月, → [fēng huǒ lián sān yuè] 三月 è marzo, ma anche tre mesi,
perché in cinese classico non ci sono i classificatori. [fiamme di
guerra senza fine a marzo/per tre mesi]
家书抵万金。 → [jiā shū dǐ wàn jīn] 万 wàn si usa per indicare una quantità
enorme. 书 shū in cinese classico è verbo con significato di
scrivere o sostantivo con significato di lettera. 抵 dǐ significa
valere [le lettere da casa valgono tantissime monete d’oro]
白头搔更短, → [bái tóu sāo gèng duǎn] 白头 bái tóu sono i capelli bianchi,
更 gèng fa il comparativo. 搔 sāo indica il girarsi i capelli tra le
dita. [i capelli bianchi si fanno sempre più corti]
浑欲不胜簪。 → [hún yù bú shèng zān] 浑 hún indica semplicemente; 欲 yù è
l’ausiliare modare 要 yào e il futuro, dando l’idea di qualcosa
che sta per succedere. [semplicemente molto presto non
tratterrà più la spilla]
Du Fu ci racconta quello che succede quando l’anno dopo il colpo di stato. Era appena riuscito a superare gli
esami per diventare funzionario, ma non riesce a ottenere un ruolo a causa di Rokshan. Travolto anche dal punto di
vista personale da questa vicenda, cerca di mettere al riparo la moglie e i figli e cerca di recuperare il convoglio
imperiale, ma viene arrestato e riportato a Chang’an. La narrazione è vista dal filtro soggettivo e perciò è ancora
più vivace.
L’incipit, i primi due versi sono un’intera panoramica della città, poi ci si concentra in modo telescopico su quelli
che sono i dettagli. Abbiamo una struttura parallela prima tra v.1 e v.2 e anche tra v.3 e v.4. Ai vv.5-8 abbiamo
immagini dello stato d’animo dell’intera nazione e la situazione soggettiva del poeta.
L’immagine finale è estremamente fisica. Du Fu nelle sue poesie arriva a fare una descrizione fisica quasi ossessiva
delle malattie.

月夜 yuèyè, Notte di luna


今夜鄜州月, → (13/04) [Jīn yè Fūzhōu yuè] 鄜州 Fūzhōu è il nome del
luogo dove ha lasciato i suoi familiari perché non è assediata
dagli eserciti di Rokshan. 鄜州 Fūzhōu può essere sia il
determinate di 月 yuè sia il localizzatore, quindi fa sorgere un
problema traduttivo. 今夜 Jīnyè significa, come in cinese
moderno, questa notte [Stanotte la luna su Fuzhou]
闺中只独看。 → [Guī zhōng zhǐ dú kàn.] Questo verso si riferisce alla
moglie, sappiamo ciò perché 闺 guī sono gli appartamenti
femminili. Il complemento di luogo, “nelle stanze femminili”,
non è tradotto, perché serve a far capire il soggetto della poesia.
È possibile tradurre questa poesia in una seconda persona o
terza persona femminile, ma è una scelta traduttiva personale.
[Soltanto tu la contemplerai]
遥怜小儿女, → [Yáo lián xiǎo ér nǚ] 遥 yáo è remoto, lontano nel tempo e
nello spazio; 怜 lián è pensare con tenerezza. L’oggetto è 小儿
女 xiǎo ér nǚ, i figli piccoli, con un sintagma nominale. Il
soggetto qua è per forza il poeta stesso, perché è qualcuno di
lontano; questa poesia si comprende se si conosce il contesto
[Da lontano penso ai nostri bimbi]
未解忆长安。 → [Wèi jiě yì Cháng’ ān.] 未 wèi significa non ancora, anche
in cinese moderno letterario. 解 jiě è capire, avere conoscenza
di. 忆 yì è la memoria, ha come radicale il cuore. 长安 Cháng’
ān è un toponimo, “Lunga Pace”, indicando anche un
periodo senza guerra; traducendolo però si perdono le
coordinate geografiche. [Troppo giovani per ricordarsi di
Chang’an]
香雾云鬟湿, → [Xiāng wù yún huán shī,] 香 xiāng significa profumato, si
usa anche in cinese moderno. 雾 wù ha il radicale di pioggia,
dà l’indicazione di eventi metereologici, infatti in questo caso è
la nebbia. 云 yún è nuvola. 鬟 huán è chioma, capigliatura, ed è
un carattere che non viene più utilizzato. 湿 shī è umido. La
struttura qui è SOV, 香雾云 xiāng wù yún è il soggetto.
Letteralmente è “nebbia profumata inumidisce i suoi/tuoi
capelli”. [Gruppo di nubi dal profumo di bruma,]
清辉玉臂寒。 → [Qīng huī yù bì hán.] Questo verso ha una struttura
parallela al precedente, quindi 寒 hán è il verbo e significa
“gelare”. 清 vuol dire chiaro; 辉 è un modo per dire raggio; 玉
è la giada; 臂 è il braccio. L’immagine è quella di una luce
fredda che raggela un braccio come giada (pallido), come
secondo i canoni di bellezza cinesi [Braccio di giada dal puro
candore]
何时依虚幌, → [Hé shí yī xū huǎng,] 何时 hé shí è la versione letteraria per
dire 什么时候 shénme shíhòu. 依 vuol dire appoggiarsi,
mettersi accanto. 虚幌 xū huǎng è sono le tende diafane; queste
tende rappresentano con una metonimia al letto. Letteralmente
significa “quando potremmo ancora dormire insieme” [Quale
notte, accanto alla tenda, la luna]
双照泪痕干。 → [Shuāng zhào lèi hén gān.] 双 shuāng dà l’idea del paio, del
duale; 照 zhào è la luce; tutto insieme significa “illuminiamoci
a vicenda”. 泪 lèi è la lacrima; 痕 hén è la cicatrice; 干 gān
vuol dire “seccare”. Significa “illuminandoci reciprocamente, i
segni delle lacrime si asciugheranno". Qui si ha una doppia
interpretazione su chi è il soggetto di 干 gān: sono le lacrime
da sole perché si ha smesso di piangere o se è la luce lunare
che secca le lacrime? [Asciugherà le lacrime infine confuse?]

Ai vv.5-6 c’è la descrizione fotografica della moglie. È un’immagine dettagliatissima dei capelli e delle braccia;
inoltre, sono due versi paralleli. I versi pari rimano tra loro; la regola è che nell’ottava regolare è obbligatoria la
rima ai versi pari, in particolare nei due distici centrali (vv.3-6). È in questo periodo che si sviluppa la metrica,
è proprio una matematica, chiamata contrappunto tonale, con alternanza di toni piani e obliqui che deve seguire una
determinata ritmica.

李白 Lǐ Bái
Du Fu era era molto amico di Li Bai, nonostante quest’ultimo fosse più anziano. Du Fu lo vedeva come modello
poetico, tanto che gli dedicò una dozzina di poesie in suo onore. Per esempio, scrisse tre poesie con lo stesso
titolo, "Sognando Li Bai”. Nella seconda di queste tre, cita Laozi, perché Li Bai era piuttosto solitario e per lui la
vita era erranza.

静夜思 jìng yè sī, Pensiero di una notte calma


床前明月光, → [Chuáng qián míng yuè guāng] 床 chuáng è il letto, 前 qián
è davanti; nei dizionari etimologici della poesia Tang 床
chuáng è il pozzo. 明月光 míng yuè guāngè il raggio della luna
lucente. L’accostamento dei due caratteri 明月 míng yuè non è
casuale ma riprende la luna in entrambi. [davanti al letto/pozzo
c’è un luminoso raggio lunare]
疑是地上霜。 → [yí shì dì shàng shuāng] 疑 yí è sospettare, dubitare; 是 è il
pronome dimostrativo questo. [mi viene il dubbio che ciò che è
per terra sia brina]
举头望明月, → [jǔ tóu wàng míng yuè] 举头 vuol dire alzare la testa
[alzando la testa vedo la luce lunare]
低头思故乡。 → [dī tóu sī gùxiāng] 低头 dī tóu significa abbassare la testa;
故乡 gùxiāng è la propria terra natale. [alzando la testa penso
alla mia terra natale]

Questa è la poesia più semplice di Li Bai.

独坐敬亭山 dú zuò jìng tíng shān, Sedendo da solo sul monte Jingting
众鸟高飞尽 → (13/04) [Zhòng niǎo gāo fēi jǐn] 众 zhòng dà l’idea, anche
graficamente, di massa, moltitudine; qui è riferito agli uccelli,
鸟 niǎo. 飞 fēi significa volare; 高 gāo è alto. 尽 jǐn è come se
fosse il verbo risultativo, significa scomparire [Gli uccelli
volano via, scompaiono]
孤云独去闲 → [Gū yún dú qù xián] 孤 gū significa orfano, solitario; il
termine è messo in opposizione positiva con 众 zhòng. 去 qù
significa andare via, è il verbo principale e un complemento
risultativo, 闲 xián, che vuol dire “vagare”. [Un’ultima nube,
pigra, si dissolve]
相看两不厌 → [Xiāng kàn liǎng bù yàn] 相 xiāng è reciprocamente. 厌 yàn
significa “stancarsi”. [A contemplarsi all’infinito l’un l’altro]
只有敬亭山 → [Zhǐ yǒu Jìngtíng shān] Qui troviamo la risoluzione della
poesia: c’è l’idea della solitudine taoista, rimangono solo il
poeta stesso e il monte. [Restiamo solo io e il Monte
Cerimonioso]

Questa poesia sembra semplice e senza regole, ma in realtà sono fondamentali per questo tipo di componimenti.
Anche qui ci sono dei parallelismi, per esempio tra i vv.1-2. I pronomi personali vengono cancellati e anche ciò è
pienamente conforme alla sensibilità taoista.

(14/04) Se Du Fu ha trascritto enormi dettagli della sua vita, di Li Bai sappiamo pochissime informazioni
autobiografiche e su queste sono nate diverse leggende.

白居易 Bái Jūyì


Bai Juyi appartiene alla prima parte del IX secolo, nasce circa 20 anni dopo la rivolta di Rokshan, quindi nella
seconda parte della dinastia Tang, in cui i fasti non sono in declino. Ci si sta avvicinando a un’epoca in cui la
corte è sempre più complessa e quindi divisa. Per esempio, con la dinastia Song vediamo la nascita dei “partiti”
politici, anche se ovviamente non intesi come al giorno d’oggi, bensì come fazioni, schieramenti che si fanno la
guerra a corte; in particolar modo ci sono i letterati, che sono in stretta competizione con gli eunuchi e il personale
di corte.
A differenza di Du Fu e di Wang Wei, Bai Juyi ha passato gli esami imperiali e arriva a essere ministro di Suzhou e
Hangzhou e ha una vita politica felice. Oltre a essere un funzionario, si dedica alla poesia, forse ancora più
prolifico di Du Fu. Il corpus completo delle sue poesie si trova nella raccolta di poesia Tang e rientra anche in
un’antologia comprendente le migliori 300 poesie dell’epoca.
Le sue opere principali sono la Ballata del pipa e la Canzone dell’eterno rimpianto. La Ballata del pipa è una
canzone in cui si rende omaggio a questo liutista che incanta l’orecchio di chiunque eseguendo canzoni su
questo pipa. La descrizione è scritta in modo tale che, leggendolo in cinese, riesce a emulare il sonoro dello
strumento musicale. È una poesia estremamente interessante dal punto di vista dell’armonizzazione tra musica e
linguaggio.

长恨歌 Chǎnghèn gē, La Canzone dell'Eterno Rimpianto


La Canzone dell'Eterno Rimpianto è un testo estremamente lungo, diviso in tre sezioni principali. È un
componimento che ha un impatto fortissimo sulla storia della letteratura cinese.
Nel titolo, 长 chǎng significa “lungo”, 恨 hèn in cinese antico copre una sfumatura emotiva che si avvicina al
rimpianto o al rimorso.
Questa canzone racconta la storia d’amore più famosa di tutta la Cina classica, cosa particolare, perché in genere
la poesia Tang cantava l’amicizia piuttosto che l’amore. L’amore che canta è tra l’imperatore Xuanzong e la
sua concubina Yang Guifei. Xuanzong è l’imperatore che ha subito il colpo di Stato da parte del generale
Rokshan, parente acquisito di Yang Guifei; infatti, è lei che l’ha portato a palazzo nel tentativo di sedare queste
lotte di fazione che stanno crescendo a corte. Il sovrano è sempre meno interessato alla vita politica e sempre più
dedito alla traduzione di testi taoisti e taoisti, all’introduzione a palazzo di nuovi poeti e innamorato dell’amore,
quindi conosciuta Yang Guifei, perde la testa e questa donna conduce l’impero alla rovina.
Nel testo di Bai Juyi questa storia viene così presentata, ma la colpa viene spartita: nei vv.1-50 lei viene descritta
come una donna di una bellezza eccelsa, capace di far perdere il senno a chiunque; Bai Juyi ci dice che era cresciuta
isolata e quando l’imperatore la accoglie era solo una ragazzina, le si attribuisce un’innocenza. La vicenda è
retrodatata alla dinastia Han, questo perché se lei ha la colpa di essere troppo bella, lui dall’altro lato viene
accusato di aver trascurato gli affari di Stato. Comunque, questa poesia non è moralista come la poesia politica
precedente, ma siamo nel pieno della lirica, tutti gli elementi fanno parte di una poesia romantica. Come tutti
gli amori letterari, anche questa storia finisce in modo tragico: i collaboratori di Xuanzong accettano di aiutarlo per
tenere il regno solo se uccide la sua concubina, quindi si trova obbligato a venire a patti con questa richiesta e la
concubina muore. Questo, diventa anche il tema dell’opera più famosa dell’opera di Pechino. Lei diventa però un
pensiero ossessivo per Xuanzong, quindi chiama un monaco taoista e gli chiede di entrare in trance nel mondo dei
morti per cercarla. Nel mondo dell’aldilà, inizia a descrivere questi posti meravigliosi; nel frattempo cerca Guifei
dappertutto ma non la trova e, a un certo punto, lei spunta fuori, ma sembra immemore e non si ricorda lui chi è. Il
monaco la aiuta a ricordare e gli consegna in pegno metà di una sua spilla. Il tema qui è quello dell’infinito
rimpianto di questo amore che in qualche modo può proseguire oltre i confini della morte, ma al contempo
non può più farsi amore reale, fisico.
Tutte le figure di questo poema diventano topoi letterari con cui si racconta l’amore.

(17/04) La Canzone dell’eterno rimpianto viene riferita in epoca Han per evitare la censura e per dare
verosimiglianza alla vicenda. Già a vent’anni di distanza l’episodio è già diventato qualcos’altro: non è una storia
con l’intento di registrare gli eventi quando accadono, ma è già topos letterario, che si configura come idealtipo di
amore così forte che va al di là della realtà storica. È un paradigma amoroso per cui lei e lui vengono coinvolti in
amore che è capace di spezzare l’impero. Ci avviciniamo al topos letterario che viene ripreso nella narrativa,
quello della lotta tra la morale privata e il politico, il bene collettivo della nazione. Per esempio, nel Romanzo dei
Tre Regni, il romanzo storico cinese per antonomasia, si vedono in campo queste due forze.
Qui Xuanzong accetta che la propria donna sia uccisa per seguire il bene del regno e lei, virtuosa al massimo,
soprattutto nella trasposizione dell'opera di Pechino, è lei che porge la spada al principe, sacrificandosi per amore
del regno.
La donna ha una bellezza che lascia tutti incantati e con la sua sola bellezza è capace di portare un tumulto
politico mostruoso, è una bellezza pericolosa: da un lato l’eterno femminino conduce oltre, è una bellezza come
canale della poesia, dall’altro la bellezza è negativa. Nel paradigma storico confuciano Yang Guifei è il classico di
donna che fa scaraventare una dinastia. Il carattere femminile è ambivalente.
Nella seconda parte del poema emerge la figura di un medium, a discapito della cultura confuciana. Come nei Canti
di Chu c’è un poeta sciamano, che entra a far parte del paradigma della cultura cinese. Qui usciamo dalla cornice
confuciana e si va sulla figura di un monaco taoista, che riconosce i demoni, vede le donne volpi per quello che
realmente sono. I monaci taoisti e buddhisti sono figure ricorrenti per questo topos. Qui si reca nell’aldilà a
caccia di questa donna. C'è un viaggio sciamanico che in parte ricorda i Canti di Chu per i paesaggi idilliaci.
La Canzone dell'Eterno Rimpianto introduce l’idea dell’amore oltre la morte, ma canonizzando l’esistenza
dell’aldilà, con la donna che appare sotto forma di fantasma, spettrale.
小说 xiǎoshuō, la narrativa
(17/04) Il termine 小说 xiǎoshuō significa letteralmente “piccolo discorso”, anche in cinese moderno. È un genere
che va dalle saghe romanzesche alle novelle. Il carattere 说 shuō indica che c’è qualcosa di parlato, legato
all'oralità.
Il termine non appare solamente con la dinastia Tang, ma è presente anche in precedenza:
1. nel IV-III sec. a.C. Zhuangzi depreca chi mira “ad acquisire l’onore e la fama attraverso “xiăoshuō”, discorsi
privi di ogni spessore”;
2. nel I sec. d.C. Ban Gu, scrive la sezione dedicata alla letteratura nella Storia della Dinastia Han, in cui non
viene elencato alcun ‘xiăoshuō’, tuttavia, cita 15 opere in cui “si riportano i pettegolezzi uditi in strada e
le chiacchiere della gente comune”;
3. tra il III e il VI secolo d.C nasce la “letteratura”. Un esempio è proprio il racconto di Ren, in cui si vede la
cornice della storia popolare che viene raccontata e poi messa per iscritta. Uno dei grandi temi è la paternità
dei 小说 xiǎoshuō. È ricorrente il tratto dell’oralità e il richiamo alla cultura delle cose che si raccontano
per strada, come miti, fiabe, superstizioni, leggende metropolitane;
4. nel VI sec, Liu Xie, ne Il tesoro delle lettere: un intaglio di draghi, mostra una distinzione fra 文 wén e 笔 bǐ.
Comincia a comparire l’idea della letteratura come campo separato dalla Storia, dalla trattatistica
filosofica, scientifica, ecc. Comincia a nascere una seconda possibilità oltre al 文 wén; comincia a essere
preso in considerazione il genere 笔 bǐ, ovvero gli appunti, la scrittura in prosa che non abbia carattere di
altissimo livello, ma che può cominciare ad apparire fra i generi letterari;
5. nel VII secolo, nella Storia della Dinastia Sui, compilata da Zhangsun Wuji è inclusa una classificazione
delle opere letterarie fatta da Wei Zheng, che divide le opere in:
a. 经 jīng, i Classici;
b. 史 shĭ, le storie dinastiche;
c. 子 zĭ, le parole dei maestri, il discorso filosofico;
d. 集 jí, in cui sono inclusi i trattati e tutte quelle opere che non cadono nelle prime 3 categorie.
Al romanzo si assegna la categoria dello 子 zĭ, perché c’è lo stesso impiego dell’oggetto narrativo, che
viene piegato a un’esigenza diversa, ma che comunque attinge allo stesso patrimonio. Per esempio, c’è lo
stesso richiamo a storie come Zhuangzi e la farfalla o Zhuangzi e Huizi che passeggiano sulla riva del fiume
Hao, in cui avviene un dibattito esattamente come nei romanzi ci sono i dialoghi. I dialoghi sono presenti
solo negli 子 zĭ e non negli altri generi, perché il momento dialogico è centrale nel riferimento di una storia
fittizia;
6. nel XI secolo, nella Nuova Storia dei Tang, Ouyang Xiu redige la sezione bibliografica: per la prima volta
le storie popolari e i racconti fiabeschi sono definiti 小说 xiǎoshuō e vengono inseriti fra le opere di
letteratura. Ora i 小说 xiǎoshuō diventano opere a tutti gli effetti e vengono associati con il folklore come
caratteristica principale. Comunque, il popolare non toglie nulla dal punto di vista della letteratura;
7. nel XVI secolo, in epoca Ming, Hu Yinglin ridefinisce il genere romanzesco, catalongandone così i diversi
tipi:
a. 志怪 zhìguài, i racconti del soprannaturale. 志 zhì indica la cronaca locale, mentre 怪 guài significa
“assurdo”, “strano”. Sono le stranezze realmente accadute, lunghi spesso come trafiletti di giornale e la
scrittura è scarna. L'autore più importante è Gan Bao, che compilò una serie di fatti di cronaca. Sembra
che gli autori non siano consapevoli di fare fiction. Era un genere che si prestava alla satira sociale
e alla critica politica. Non ci sono artifici retorici;
b. 传奇 chuánqí, le storie fantastiche. 传 chuán significa “tramandare”, “trasferire”, 奇 qí significa
sempre “anomalo”. Letteralmente è il riferire di stranezze, a cui appartiene la storia di Ren. Hanno una
struttura narrativa più complessa. Siamo qualche secolo dopo rispetto ai 志怪 zhìguài, sono legati
all’epoca Tang e dal punto di vista del contenuto c’è continuità con i temi dei 志怪 zhìguài, ma c’è
un’attenzione alla lingua completamente diversa. C’è in atto un meccanismo retorico e degli artifici;
inoltre, l’autore si sente in dovere di richiamare la paternità dell’opera. Include aneddoti, note su vari
argomenti, ricerche e precetti morali.
Solo nel 1500 viene definito il genere del romanzo dandogli piena liceità come genere letterario e stabilendo anche
dei sottogeneri.
Infine, Lu Xun iniziò ad occuparsi del romanzo perché non se ne era mai trattato, perché nella classificazione non
veniva preso in considerazione. Trova la prima occorrenza di romanzo nel Zhuangzi, nonostante Zhuangzi usi il
termine 小说 xiǎoshuō in modo negativo per indicare una dottrina priva di spessore.

Anche lo 上海经 Shànghǎi jīng venne sdoganato come letteratura per bambini e quindi in qualche modo è
riuscito a passare il controllo del 文 wèn facendo parte della letteratura vera e propria. È pieno di disegni, perciò
inizialmente non era stato considerato 文 wèn, perché Confucio stesso scrisse negli Analecta: “子不语怪力 Zi bù
yǔ guàilì”, ovvero “Il Maestro non parlava di stranezze, di violenze, di disordini e spiriti”.

I racconti Chuanqi di epoca Tang


(20/04) I racconti Chuanqi appartengono al genere 志怪 zhìguài e sono ambientati all’epoca delle Sei Dinastie.
Sono cronache, storie locali.
I racconti 传奇 chuánqí sono scritti in epoca Tang, intorno al VIII-IX secolo d.C. e simulano di essere a loro volta
storia.
传 chuán è una parola riferita al carattere orale, ma dà anche l’idea della fiaba e della leggenda. 奇 qí invece
richiama al fantastico, allo strano. Si traduce come “storie fantastiche”.

La storia di Ren
La storia di Ren è una novella con ambientazione realistica, ma elementi fantastici. Riprende uno dei topoi
della narrativa cinese, quello della donna-volpe, personaggio tipico che si presenta insieme alla nascita di questo
genere. Questo racconto ci viene raccontata come se fosse storia. Nel suo titolo originale è definita come 传 zhuàn,
biografia.
Con la narrativa bisogna iniziare a distinguere tra fabula e intreccio, tra narratore omodiegetico, dentro la vicenda, o
eterodiegetico, fuori dalla vicenda. Per esempio, nella storia di Ren parla come se fosse estraneo alla vicenda, però
a un certo punto si sente in dovere di creare una cornice, dicendo che la storia in realtà è vera.
La donna-volpe è un personaggio che deriva dalla fiaba, quindi dalla cultura popolare. La donna-volpe in sé è
assolutamente un paradigma negativo. È un topos che appare in tutti i racconti di epoca Tang. Per esempio, nella
storia di Sun Ge, i personaggi sono un giovane studioso preso dalla carriera e una figura che finge di essere donna,
ma che in realtà è uno spirito demoniaco in forma felina e che, mettendosi un teschio in testa, simbolo di morte, con
la sua bellezza femminile vampirizza l’uomo. Incarna la figura del vampiro, di colui che può procacciarsi
l’immortalità, battere la morte, attraverso il parassitismo. A differenza della figura occidentale vittoriana, il
vampirismo cinese è più esplicitamente sessuale. Questo mito ci dice tanto di quello che era rapporto sociale
uomo-donna all'interno del matrimonio. Persino la bellezza stessa può essere vista come qualcosa di minaccioso.
In questi racconti l’uso della creatura sovrannaturale serve a dirci qualcosa relativo alla realtà: la letteratura usa
l’inverosimile per fare critica sociale.

La Storia di Yingying, Yuan Zhen


Come la storia di Ren, anche la storia di Yingying è considerata 传 zhuàn, biografia, anche se in realtà è fiction.
Entrambe hanno elementi che richiamano il genere storico, biografico. Per esempio, “visse nel periodo Zheng
Yuan” indica un tempo preciso e storico, reale: non c’è un tempo irreale come nelle fiabe (ex. c’era una volta…).
Alla fine del racconto si dà il mese: si svolge al nono mese del Zheng Yuan; infine, c’è un riferimento all’autore
Yuan Zhen.
Come nel racconto precedente, il pretesto della scrittura è il fatto di averne parlato con altri letterati. È una 传奇
chuánqí, storia straordinaria, fantastica.
Non si sa se è la donna a essere soprannaturale o è lui che ha deciso che lei è uno 优鬼 yōuguǐ, una creatura
superiore, in quanto dotata di talento e doti eccezionali. Lei non fa niente che richiami a creature soprannaturali, ma
semplicemente agisce in modo inconsueto rispetto alla morale confuciana.
A lei viene scritta la canzone di Yingying, che finisce sotto forma di canzone o di poesia: lei è già materia letteraria,
più che donna.
Il titolo è preso dal nome della signora Zui Yingying.
Nonostante questo racconto sia la biografia di Yingying, lei non parla. Lei si esprime citando poesia o la lettera
finale in cui lei scrive. Lei vive di scrittura, non ha una parola orale, è una creatura letteraria.
Questo racconto è interessante per i particolari indefiniti, Yingying ci viene raccontata e nascosta. Ha una
condotta strana, prima si rifiuta, poi accetta. Hanno rapporti sessuali completi per un mese di fila al di fuori del
matrimonio, ma ciò non viene detto in maniera esplicita. Non ci viene detto come lei gira la luna. Si alternano
silenzio e parola.
Fa pensare alla scrittura autobiografica di Yuan Zhen. La critica lavora sulla fabula e nota la singolare
coincidenza del tempo della narrazione e le sue trasposizioni letterarie dello stesso periodo. La sincronicità del
tempo narrato e del tempo della scrittura ci porta a collegare i due elementi: il personaggio è il narratore.
L’autenticità della storia, i riferimenti delle date, le parole dette da altri, le canzoni e i testi letterari scritti su
Yingying ci portano a pensare che lei sia reale. Il tipo di narrazione scelta da un lato è autentica, ma dall’altro la
storia è costellata di dettagli narrativi letterari. È piena di letteratura.
C’è una forte componente intertestuale: le parole si riferiscono non alla realtà, ma bensì ad altri testi. La
letteratura diventa meta-narrativa, meta-fiction, in quanto è letteratura che parla di se stessa.
Ci sono alcuni dettagli che si riferiscono a Bai Juyi, in quanto i due autori erano amici, ma le loro carriere li
avevano allontanati; i due avevano un fittissima corrispondenza e il loro dialogo prosegue a livello letterario. Viene
richiamata la Canzone dell’eterno rimpianto nell’idea che un essere che è così bello e straordinario può essere
pericoloso. La bellezza si presta a essere glorificata come poesia. In questo racconto c’è la scoperta dell’amore
come tema romantico e di una magnifica letteratura.
Questa storia diventa anche un’opera teatrale con il nome di Il padiglione apponente. È una delle opere teatrali
principali, che viene ripresa dal Sogno della Camera Rossa. Yingying non si esprime mai per parole dirette, ma
attraverso poesie di grande pregio finalizzate anche all’intreccio narrativo. Per esempio, nella frase “attendo la luna
nel padiglione [...]”, la luna significa “a te”. Da questo deriva il titolo dell’opera Il padiglione apponente di Wang
Shifu.
La vicenda è una collezione di luoghi classici della letteratura cinese, tra cui il giovane letterato che parte per
affrontare gli esami imperiali, l’amore impossibile e il sogno. Accanto ai riferimenti culturali alti, come battute
iperletterarie e riferimenti intertestuali, ci sono anche riferimenti alla cultura bassa. Per esempio, la serva Pongnian
diventa quasi semi-protagonista nel racconto ed è un personaggio centrale nella trasposizione teatrale.
La letteratura delle dinastie Song e Yuan
La narrativa avrà poi un grande impulso sotto la dinastia Song (960-1279).
Nel passaggio tra Tang e Song, avviene un’improvvisa crescita della cultura urbana. Già sotto i primi Tang, la
città era una metropoli divisa in quartieri e abitata da diverse etnie, era una città polilinguistica, dove si parlava
cinese ma anche turco, sogdiano, persiano, le lingue dell’Asia centrale e dell’India, arrivato attraverso le traduzioni
dal sanscrito.

Esplode durante i Song “la scuola di Kyoto”, che dice la modernità non è affatto nata nel Medioevo in Europa,
ma ben prima, tra i Tang e i Song, da cui sono fiorite città che avevano una vita da metropoli moderna, dove
fiorivano i mercati, con afflusso di merci tale da protocapitalismo, le piazze in cui si svolgevano giochi, le case di
piacere che avrebbero ospitato anche teatri, dove nasce una nuova figura sociale, quella del cantastorie. Le città non
sono solo un’estensione territoriale di nucleo abitato, ma sono spazi di vita pubblica condivisa. È in questo contesto
che si sviluppa la narrativa in 百花 bǎihuā, perché doveva essere vicina all’oralità.

(21/04) Nasce anche la classe mercantile: in precedenza, erano visti dal punto di vista sociale più in basso dei
contadini, nonostante avessero maggiori ricchezza.
La concezione di città si vede anche nel carattere di città 城市 chéngshì, letteralmente mura + mercato: mostra
quindi la crescita della dimensione commerciale. Non c’è più il bipolarismo tra vita domestica e vita politica,
che si svolge nei palazzi, ma si creano dimensioni intermedie che diventano fondamentali per lo sviluppo delle arti
e della letteratura. Uno di questi è il mercato, visto come luogo di passaggio e scambio, dove, oltre a vendere merci,
comincia a fiorire una nuova cultura della letteratura orale, detta cultura dei cantastorie, a cavallo tra i miti e le
favole e il patrimonio scritto legato alla letteratura alta. Il cantastorie è qualcuno che funge da ponte tra queste
due culture.
Se da un lato si affermano cantastorie da strada, dall’altro, sotto la dinastia Song, appaiono i libri stampati, altra
rivoluzione. Se il libro è sempre stato un oggetto appannaggio delle classi colte, rimane comunque un prodotto
per l'élite, ma con circolazione diversa; inoltre, si stampano libri che non sono limitati solo al canone.
Cominciano a circolare libri chiamati 话本 huà běn, i cosiddetti canovacci, ovvero le fondamenta di un discorso
orale, che fanno a pieno titolo parte della cultura dei cantastorie. Non sono opere letterarie, ma antologie di storie
che contengono solo la fabula di determinati racconti o di serie di racconti. Sulla base del filo, i cantastorie sono in
grado di narrare modificando le storie in base all’arte orale. Questo ha impatto decisivo sia sulle novellette, ma
anche per lo sviluppo dei grandi cicli romanzeschi tra la dinastia Yuan (1279-1368) e Qing.

Nel corso della dinastia Yuan si affermano le case da tè e le case fiorite, ovvero i bordelli, in cui si sviluppa anche
la dimensione artistica musicale. Insieme nasce una dimensione sociale: in questi luoghi nasce il teatro. Da un lato
era ancora fuori dal canone, ma dall’altro lato inizia a fiorire. La più importante opere della dinastia Yuan è Il
padiglione apponente.
La dinastia Yuan era una dinastia mongola che quindi ha sradicato il tessuto politico, istituzionale e culturale
preesistente: le istituzioni Song vengono smantellate e si crea una sorta di gerarchia tra i vari gruppi etnici della
popolazione e gli Han e i mandarini vengono declassati; il sistema politico viene ristrutturato in base alle istituzioni
del khanato, molto diverse da quelle dell’imperatore. La classe letterata si ritrova di nuovo senza alcuna
funzione sociale, perciò si volgarizza e questi 话本 huàběn, che servono anche agli attori di teatro, sono più spesso
scritti in lingua vernacolare, perché sia la letteratura di strada sia il teatro sono collegati all’oralità. La lingua
vernacolare è comunque molto ricca e da lì si sviluppa il 百花 bǎihuā, la madre colta del 普通话 pǔtōnghuà.
Il teatro 杂居 zájū è un’arte mista, che comprende una serie di abilità, dovendo anche ricreare la scenografia.
Generalmente solo il protagonista cantava, ma nel Padiglione apponente sono molteplici i personaggi che cantano.
Quest’opera è scritta nel XIII secolo da Wang Shifu. Viene ripreso dalla storia di Yingying, in cui la
protagonista diventa protagonista vera, a differenza del racconto Tang. Vengono modificati diversi dettagli: viene
esteso il fatto che la contrapposizione all’inizio è sfumata e fin dal primo atto lei è interessata a lui, senza la
conflittualità tipica dell’amante; le parti liriche sono quelle più da lingua alta, creando un polistilismo, con un
registro alto nelle parti di canto e un registro più basso nei dialoghi. I due iniziano a fare un richiamo amoroso con
canto e controcanto.
L’arrivo dei briganti occupa nella versione teatrale un intero atto e diventano il classico ostacolo che l'eroe deve
superare. La madre avrebbe già promesso Yingying a un altro uomo, ma nel caso in cui il letterato Zhang avesse
avuto la meglio sui briganti avrebbe ceduto a lui la figlia. Egli riesce a debellare il pericolo, ma, quando alla fine
del II atto è pronto per prendere la mano della donna, la madre dice di no e lo umilia passandogli dei soldi. Lui
rifiuta e si apre un III atto in cui non succede niente a livello di azione, ma lui si ammala d’amore perché è stato
rifiutato. Yingying scopre di avere sentimenti nei confronti di Zhang, quindi diventa il soggetto del sentimento al di
fuori del matrimonio combinato. I due parlano tramite la servetta, a cui viene affidata una parte lirica, assumendo la
stessa importanza dei due innamorati. Grazie alla serva riescono a ricongiungersi. I due passano insieme numerose
notti anche se fuori dal matrimonio. Nell’ultimo atto, il giovane ha la prova degli esami di stato, ennesimo topos,
per cui si allontana e abbandona Yingying, ma la pensa di continuo e la sogna. La madre dice che se non torna è
perché si è già sposato davvero (= storia di Chuanqi), ma la minaccia di soluzione della coppia non diventa realtà e
l’opera finisce con lui che ritorna e smentisce questa diceria creata dalla madre e si sposano. Tutta la trama ci dà i
dettagli anche sull’evoluzione della struttura narrativa: la lingua vernacolare, l’entrata in scena di personaggi
femminili, si smonta l’accusa di lei che forse è un mostro perché si lascia andare alla passione amorosa. Il teatro,
grazie alla sua capacità di mettere in scena storie quotidiane, ha un suo apporto. Tutti i romanzi successivi hanno
un debito con la scena sia a livello di trame sia di storie.

Questa è la premessa che fa nascere i quattro romanzi classici.


Il capostipite del genere storico è il Romanzo dei Tre Regni. È un romanzo storico perché si ispira a fatti realmente
accaduti: è ambientato nell’epoca dei Tre regni, prima tranche dopo la fine del regno Han, nonostante venga scritto
durante il regno Ming (1368-1644).
Subito dopo abbiamo il romanzo I briganti, o A bordo dell’acqua, o Storia della palude, che racconta la storia di
questi briganti, che vivono al di fuori della cornice sociale propriamente detta e, anziché aderire alla morale
confuciana che imponeva una gerarchia, hanno un rapporto paritario di amicizia e senso dell’onore gli uni con gli
altri. Sono dei fuorilegge che hanno un proprio sistema valoriale che li lega gli uni agli altri.
L’altro romanzo è il Viaggio a Occidente o Lo scimmiotto. Coglie una sorta di universale antropologico, capostipite
del filone fantasy, includendo demoni e creature strane. È il prototipo di romanzo perché non c’è più un confine tra
umano, animale e paranormale.
Appartenente all’ultima dinastia abbiamo il Sogno della camera rossa, che dal punto di vista stilistico e di
architettura narrativa è il più maturo romanzo classico. C’è una confusione tra umano e non umano, ma rientra in
un genere più radicato sul realismo e sulla critica sociale, quello della saga familiare, che viene ripreso nel
Novecento. Diventa a sua volta oggetto di indagini insieme ai Briganti da parte della Scuola dei Germogli del
Capitalismo (anni ‘50), secondo cui non bisogna passare dal feudalesimo al socialismo, ma in mezzo deve esserci il
capitalismo come antitesi: l’antitesi va cercata nei romanzi nel passato, perché si riesce ad osservare la vita
quotidiana del passato. Per esempio, nel Sogno della camera rossa viene descritta fino al minimo dettaglio la vita.
Rimane comunque la contaminazione del genere fantastico.
Oltre ai quattro classici, ci sarebbe un quinto romanzo non canonizzato, il romanzo erotico Jinpingmei, parallelo
al Sogno della camera rossa e i Briganti per le notizie che fornisce anche a livello di storia quotidiana, che ci
permettono di indagare le condizioni sociali e di vita tra Ming e Qing.
三国演义 Sānguó yǎnyì, Il Romanzo dei Tre Regni,
Il Romanzo dei Tre Regni è ambientato in un’epoca più che remota, alla fine della dinastia Han; copre gli anni che
vanno dal 184, anno della Rivolta di turbanti gialli, fino al 280, fondazione della dinastia Jin. In questo lasso
di tempo succedono infinite avventure ed evoluzioni che sono compattate in questo romanzo. La forma ufficiale è
un romanzo in 120 capitoli che viene scritto 1100 anni dopo, sotto la dinastia Ming (XIV secolo). Le edizioni a
stampa più antiche sono della fine del 1400. C’è differenza tra la narrazione e la fabula.
Quando iniziano ad apparire i primi resoconti fino al 1300-400 c’è una lunghissima sedimentazione di queste storie.
Il primo strato geologico è la Storia, le cronache dei Tre Regni, 三国志 sānguózhì di Chen Shou, autore del III
secolo, scritte in cinese letterario. Questa storia è annalistica, ha nel dettaglio tutti gli eventi e le battaglie che
avvengono nei Tre Regni che si competono il trono dell’impero nuovamente unificato. Comunque, anche gli annali
contengono elementi mitici e fantastici, che all’occhio dei lettori moderni paiono fiction, ma dal punto di vista
cinese sono Storia, come lo erano gli imperatori mitici iniziali. Già in epoca Song la storia dei Tre regni veniva
proposta nelle piazze dai cantastorie in lingua vernacolare. Sono stati trovati dei 话本 huà běn appartenenti al
periodo tra l’epoca Yuan e Ming, in cui venivano elencati i fatti principali della grande epopea di questa saga dei
Tre regni. Possiamo immaginare che non avessero alcun valore letterario, ma servivano da base per allestire un
testo ed erano anche usati per il teatro. Abbiamo quindi una confluenza di più generi: la Storia di corte, la
narrazione da strada, il teatro.

Il romanzo è strutturato in 120 capitoli, detti 回 huí. Nasce come se fosse mosaico di tutte queste storie che
troviamo nei canovacci o nelle opere teatrali. Ogni capitolo può essere fruito anche come storia singola. Gli 回
huí vengono segmentati e hanno due possibilità di lettura: come opera a sé e contemporaneamente come opera per
intero. Ogni 回 huí inizia con una parte di poesia, che stimola il lettore a leggere il capitolo e mostra che ci
sono, come nel teatro, due parti, una poetica e una di dialogo più colloquiale. È scritto in cinese parlato.

(24/04) Come tutti i romanzi classici, anche il Romanzo dei Tre regni è un’opera stratificata.
L’autore a cui si attribuisce il Romanzo dei Tre Regni è 罗贯中 Luō Guànzhōng. C’è coerenza e consistenza del
testo che ci fanno dire che c’è una mano sola che dirige il lavoro. In tutte le edizioni, in particolare quella da 120
capitoli del XV secolo, si vede che è il frutto di una testa sola.
Al di là della stilistica e coerenza testuale, c’è il tema della coesistenza di diversi strati all'interno del romanzo.
Luo Guanzhong è ordinatore di una materia preesistente, che ordina e scrive, ma dal punto di vista è legato ai
diversi strati geologici e ai diversi generi a cui quest'opera attinge:
1. queste strade che convergono partono da 陈寿 Chén Shòu, il primo compilatore della 三国志 Sānguózhì,
che invece è immediatamente successivo ai fatti che racconta per la consuetudine che, a livello di annalistica
di corte, si compilavano annali e storie ufficiali subito dopo la caduta di una dinastia: Chen Shou, è autore
della dinastia Jin e scrive riguardo il crollo della dinastia Han e la formazione dei Tre regni e l’emergere della
dinastia del regno di Jin. Il primo strato è puramente storico;
2. poi c’è uno strato che è più legato alle biografie, ciò che nella Storia riusciamo a collegare al folklore e alle
descrizioni romanzesche. È un sostrato di cultura orale, che è molto importante perché va a incistarsi e
contaminare quelle che sono le produzioni scritte di canovacci già in 百花 bǎihuā.
Le fonti orali sono importanti perché il Romanzo dei Tre Regni stava diventando cultura popolare. Si colloca a
metà tra la cultura alta e la cultura popolare, che ha contaminato, e stava diventando un riferimento per la cultura
cinese, qualcosa su cui si sedimenta la cultura.
Ha un registro alto e questa è la sua peculiarità: parla di re, di regni, che si competono il territorio cinese per
riunificarlo dopo un periodo di assoluta scissione. La materia è alta e il tono è aulico, epico, anche se usa
caratteri di uso quotidiano. Dall’altra parte abbiamo però le trasposizioni a livello di cultura popolare. Fin dalla
dinastia Song sappiamo che era anche una fonte orale e sicuramente Luo Guanzhong ha utilizzato i 话本 huà běn.
Nel titolo, 三国演义 Sānguó yǎnyì, 演 yǎn significa mettere in scena qualcosa, è già legato alla dimensione
teatrale; 义 yì è un concetto complesso, è ciò su cui si basa il senso dell’opera. Ha una duplice chiave di lettura:
da un lato è un concetto confuciano, che si ritrova sia in Confucio sia in Mencio come 仁义 rényì, dall’altro è
quella forma particolare di giustizia, è un patto di fratellanza stretto tra pari. 演 yǎn perde il suo significato di
“messa in scena” e tutto insieme prende il significato di “romanzo storico”. In realtà è un mosaico di storie:
possiamo leggere l’opera tutta di fila, oppure staccare i singoli episodi.

Il primo capitolo ci racconta che c’è un imperatore bambino e moltissimo malcontento da parte della popolazione, a
causa di carestie e catastrofi naturali; secondo il Tianming questo è il segno che il potere politico deve essere messo
in crisi. Entra in scena la setta dei turbanti gialli: questa parte è molto simile agli annali. I turbanti gialli
organizzano una rivolta popolare, scatta il bisogno di intervento militare, che avviene da parte di vari generali che
sono già in odore di colpo di Stato, approfittando di questa turbolenza. Di questi militari, i più famosi sono Dong
Zhuo e Cao Cao, che sono i cattivi per antonomasia. Abbiamo un bipolarismo tra gli scontri popolari e le forze
militari pronte a sovvertire potere. A livello di storiografia questo disordine viene rappresentato con un linguaggio
che noi moderni non potremmo attribuire alla Storia, ma per i cinesi all’epoca lo erano a tutti gli effetti, come
descrizioni di presagi.
Lo scriba ufficiale promulga un editto in cui si chiamano uomini per organizzare degli eserciti spontanei in
funzione anti-turbanti gialli. Il protagonista, 刘备 Liú Bèi, a cui si attribuisce la nascita della casata Han, occupa
il regno di Shu (= Sichuan). Liu Bei, in quanto erede non riconosciuto, non ha nessuna autorevolezza e ricchezza né
è in grado di raccogliere eserciti, ha un lavoro umile benché sia re. Quando gli viene detto che il regno ha bisogno
di eserciti piange perché prova empatia per la collettività. Appare quindi 张飞 Zhāng Fēi, un contadino, che gli
dice che, se vuole fare qualcosa, può farlo perché è un uomo di valore e, se non ci mette la sua forza, non dovrebbe
affliggersi. Questa scossa gli dà desiderio di riscatto. Zhang Fei dice che lui è disposto a fare quello che può fare,
riconoscendo in Liu Bei l’uomo di valore e si mette al suo servizio in una dinamica tra pari. Per celebrare
questa affinità elettiva si recano in una locanda. Liu Bei ha un’incidenza estremamente epica, tramite la descrizione
fisica e morale: è descritto come persona solida, e solo alla fine si presenta il nome, per dare un’impressione di
epicità. La descrizione è alta, ma poi l’azione meno, quando vanno alla locanda. I luoghi sono quelli della vita
quotidiana, come dettato dal genere 小说 xiǎoshuō. Il loro obiettivo è combattere i turbanti gialli per riunificare il
Tianxia.
关羽 Guān Yǔ appare introducendo il secondo filone. È un fuorilegge, esiliato in una dimensione extraurbana
perché non era adatto alla società, alla diplomazia, ai crismi del confucianesimo; nella sua dimensione
extraurbana prende vita una moralità cavalleresca. Guan Yu è il prototipo del brigante buono, del comandante
militare che però non segue le gerarchie della morale confuciana spicciola. Guan Yu si trova in perfetta sintonia con
i personaggi e formano una sorta di triangolo, ufficializzandolo nel pescheto di Zhang Fei. Per loro, fratellanza
significa che, anche se non provengono dallo stesso ceto sociale, moriranno lo stesso giorno e vivranno in base agli
stessi principi di vita. Si giurano di lottare insieme per un obiettivo comune e di morire insieme. La vicenda è
familiare in base alla morale del rapporto tra pari in una famiglia fuori dalle norme sociali classiche e, dall'altra
parte, c’è il bene comune politico per la riunificazione del regno.
Liu Bei dovrebbe essere in grado di stringere alleanze con i regni vicini per sconfiggere il regno di Cao Cao, ma
non ci riuscirà perché i legami personali stretti con i suoi amici gli impediscono di trovare un altro legame così
forte. Guan Yu viene ucciso dal sovrano Xiu Qian e quindi anche gli altri devono morire, per la promessa che si
sono fatti. Il patto personale prevale sull’obiettivo politico.
Il giuramento avviene nel giardino dei peschi che ricorda la sorgente dei fiori di pesco di Tao Yuanming,
riferimento a una sorta di luogo utopico. È un luogo che si presta a diventare un non-luogo in cui i tre
sottoscrivono un patto fuori dall’ordine confuciano, perché si ribalta il principio della rettificazione dei nomi,
secondo cui bisognerebbe che il re facesse il re e i sudditi facessero i sudditi.

L’incipit del romanzo è la chiave di tutta la narrazione.


话说天下大势,
Huà shuō Tiānxià dà shì,
Si diceva che il Tianxia aveva la grande tendenza,

分久必合,合久必分。
Fēn jiŭ bì hé, hé jiŭ bì fēn.
di separarsi dopo essere stato unito a lungo, e di unirsi dopo essere stato superato a lungo.

话说 huàshuō è l’incipit dei romanzi (ex. “c’era una volta”). 大势 dà shì è una tendenza, qualcosa che trascina in
una determinata direzione. 分 Fēn significa “dividere”; 久 jiŭ “a lungo”. 必 bì “di sicuro”; 合 hé “riunire”. Questa
frase è importante e non a caso è messa tra le primissime righe, dopo una poesia di argomento cosmologico-politico
come da tendenza classica. Dà l’idea della definizione della storia cinese classica, dove a periodi di grande caos
succedono periodi di unificazione sotto una stessa monarchia e poi di nuovo sgretolamento e inizia il ciclo.
L’annalistica ha sempre percepito la storia come un circolo.

[…] 及刘焉发榜招军时,玄德年已二十八岁矣。
Jí Liú Yān fābăng zhāojūn shí, Xuán Dé nián yĭ èrshíbā suì yĭ.
Arrivato il momento in cui Liu Yan pubblicò l’editto per cercare un esercito, Xuan De (Liu Bei) quell’anno aveva
già 28 anni compiuti.
及 Jí è il verbo giungere (= 到 dào). 刘焉 Liú Yān è il protettore della casata reale degli Han. 发榜 fābăng è
“emettere un editto”; 招军 zhāojūn “cercare un esercito”. 玄德 Xuán Dé è il titolo di Liu Bei: 玄 xuán significa
“esoterico” e 德 dé vuol dire “virtù”, lui sarebbe la virtù occulta. 年 nián significa “in quell’anno”; 已 yĭ “già”; 矣
yĭ è corrispettivo di 了 le, significa che l’azione era già stata completata.

当日见了榜文,慨然长叹。随后一人厉声言曰:
Dāng rì jiàn le băngwén, kăirán chángtàn. Suíhòu yī rén lìshēng yán yuē:
Quel giorno, avendo visto l’editto, sospirò lungamente e abbondantemente. Da dietro, un uomo disse con voce
profonda:
当日 Dāng rì indica il giorno stesso. 榜文 băngwén significa “editto”, nel senso forma scritta. 叹 tàn è il verbo,
“sospirare”, “piangere”. 慨然 kăirán significa “abbondantemente”; 随后 Suíhòu “subito dietro”; 一人 yī rén “una
persona”, perché in cinese classico non ci sono i classificatori; 厉声 lìshēng “con voce tonante”.

“大丈夫不与国家出力,何故长叹?”
“Dà zhàngfu bù yŭ guójiā chūlì, hégù chángtàn?”
“Se il signore non dedica energie per la patria, perché ti disperi?”
L’uomo che parla è Zhang Fei. 大丈夫 Dà zhàngfu è un appellativo di cortesia per dire “signore, gentiluomo”. 出
力 chūlì è “uscire”, “produrre”, “dedicare forza fisica”. 国家 guójiā è “patria”, “nazione”. 何故 significa “perché”
(= 为什么 wèishénme); è il caso di ipotetica implicita.

玄德回视其人,身长八尺,豹头环眼,
Xuán Dé huíshì qí rén, shēnzhăng bā chĭ, bàotóu huányăn,
Liu Bei si volta a guardare quell’uomo, era alto otto piedi, la testa da leopardo e gli occhi tondi,
回 huí, tornare + 视 shì, vista: voltarsi a guardare. 其 qí è il sostituto di un pronome possessivo o dimostrativo. 身
长 shēnzhăng significa “corpo cresciuto”. 尺 chĭ è un’unità di misura. Queste frasi ricordano le formule a quattro
caratteri quindi lo stile è alto, nonostante la lingua sia baihua. 豹头 bàotóu è letteralmente la “testa da leopardo”, un
capo molto grosso con l’idea di animale selvatico potente. 环眼 huányăn sono gli occhi rotondi, sferici.

燕颔虎须,声若巨雷,势如奔马。
Yàn hàn hŭ xū, shēng ruò jù léi, shì rú bēn mă.
il mento a rondine e barba di tigre, la voce come un tuono potente, il portamento come un cavallo al galoppo.
燕颔 Yàn hàn è rondine + mento; 虎须 hŭ xū è tigre + barba e baffi. 声 shēng è la voce; 若 ruò permette di fare il
paragone (= 如 rú); 巨雷 jù léi è “enorme tuono”. 势 shì è il portamento; 奔马 bēn mă cavallo al galoppo. Le
similitudini danno idea della potenza, della forza fisica e dell’animo indomito di questo eroe, al di sopra delle
capacità umane.

玄德见他形貌异常,问其姓名。
Xuán Dé jiàn tā xíngmào yìcháng, wèn qí xìngmíng.
Liu Bei vide il suo aspetto fuori dalla norma, gli chiese il suo nome.
形貌 xíngmào è “forma fisica”; 异常 yìcháng è letteralmente “differenza dalla normalità”. 其 qí è il sostituto
pronominale per possessivi o dimostrativi.

其人曰:“某姓张名飞,字翼德。世居涿郡,
Qí rén yuē: “Mŏu xìng Zhāng, míng Fēi, zì Yì Dé. Shìjū Zhuōjùn,
L’uomo disse: “Io di cognome faccio Zhang, di nome Fei, di titolo Yi De. Da generazioni risiedo a Zhuojun.
某 Mŏu è il modo umile per dire “io”. C’è differenza tra nome, 名 míng, e titolo di cortesia, 字 zì. Il titolo riprende
il 德 dé di “virtù”. 世 Shì “da generazioni”, 居 jùn “risiedere”.

颇有庄田,卖酒屠猪,专好结交天下豪杰。[...]
Pōyŏu zhuāngtián, mài jiŭ tú zhū, zhuān hào jiéjiāo Tiānxià háojié.
Possiedo in quantità dei terreni agricoli, vendo vino e ho un porcile (lett. macello maiali), amo specialmente fare
amicizia con gli eroi del Tianxia/dell’impero.
颇 Pō significa “a sufficienza”, “in abbondanza”. 庄田 zhuāngtián è un sintagma nominale, letteralmente “terreno
agricolo + campo”. 屠 tú significa “macellare”; 猪 zhū “maiale”; 好 hào “amare”; 专 zhuān “specialmente”. 结 jié
unire + 交 jiāo: stringere amicizia. 豪杰 háojié “eroi”.

次日,于桃园中,备下乌牛白马祭礼等项,
Cì rì, yú táoyuán zhōng, bèixià wū niú bái mă jìlĭ děng xiàng,
Il giorno dopo, nel mezzo del pescheto, preparati un bovino scuro, un cavallo bianco, officiano il rito.
日 rì usato tantissimo al posto di 天 tiān, 次 cì è “secondo”. 桃园 è il pescheto; 中 zhōng il suo localizzatore, “in
mezzo”. 于 yú è sostituto di 在 zài, introduce complementi indiretti. 备 bèi significa “preparare” + 下 xià rafforza il
verbo. 乌 wū è “corvo”, 牛 niú “mucca”, 白马 bái mă “cavalli bianchi”. 祭礼 jìlĭ sono gli oggetti di rito. 等项
děng xiàng significa “e altri oggetti”.

三人焚香再拜而说誓曰:“念刘备、关羽、张飞,
Sān rén fénxiāng zàibài ér shuō shì yuē: “Niàn Liú Bèi, Guān Yŭ, Zhāng Fēi,
I tre uomini accesero l’incenso ripetutamente, pronunciarono il giuramento: “Noi, Liu Bei, Guan Yu, Zhang Fei,
焚香 fénxiāng “bruciare incenso”. 誓 shì “giurare”. 念 Niàn ha significato di introdurre il giuramento.

虽然异姓,既结为兄弟,则同心协力,
Suīrán yìxìng, jì jiéwéi xiōngdì, zé tóng xīn xié lì,
benché di differenti cognomi, ci uniamo diventando fratelli, e, avendo le stesse intenzioni, uniamo le forze,
虽然 Suīrán introduce la subordinata concessiva. 兄弟 xiōngdì è un termine generico per indicare fratellanza. 则 zé
coordina le frasi.

救困扶危;上报国家,下安黎庶。
Jiù kùn fú wēi; shàng bào guójiā, xià ān líshù.
ci salveremo nel momento del pericolo e ci soccorreremo nella crisi: riscatteremo la patria, porteremo la pace al
popolo.
救困 Jiù kùn, salvare + difficoltà. 危 wēi è la crisi. Ritornano le frasi a quattro caratteri con parallelismi: 上 shàng e
下 xià indicano i loro obiettivi, prima quello verso l'alto e poi quello verso il basso. 报 bào significa “salvare”; 安
ān “pace”; 黎庶 líshù “i subalterni”.

不求同年同月同日生,只愿同年同月同日死。
Bù qiú tóng nián tóng yuè tóng rì shēng, zhĭ yuàn tóng nián tóng yuè tóng rì sĭ.
Non chiediamo di essere nati lo stesso giorno dello stesso mese dello stesso anno, desideriamo solo di morire nello
stesso giorno dello stesso mese dello stesso anno.
求 qiú significa “chiedere”. 生 shēng è il contrario di 死 shēng. 愿 yuàn significa “desiderare”.

皇天后土,实鉴此心,背义忘恩,天人共戮!”
Huáng tiān hòu tŭ, shíjiàn cĭ xīn, bèi Yì wàng ēn, tiān rén gòng lù!
Il cielo sovrano e la terra regina, ci sono testimoni di questo patto, gli uomini e il cielo ci uccidano se compiamo un
tradimento verso questo patto e ci dimentichiamo del legame di gratitudine che nutriamo gli uni per gli altri.
皇 Huáng, l’imperatore maschio, e 后 hòu, l’imperatrice, sono in parallelo. 背 bèi è sia la schiena sia il verbo
tradire. 忘 wàng è “dimenticare”; 恩 ēn “la gratitudine”; 天人 tiān rén “gli uomini e il cielo”.

誓毕,拜玄德为兄,关羽次之,张飞为弟。
Shì bì, bài Xuán Dé wéi xiōng, Guān Yŭ cìzhī, Zhāng Fēi wéi dì.
Terminato il giuramento, vengono nominati Liu Bei fratello maggiore, Guan Yu secondo a lui e Zhang Fei il più
piccolo.
誓毕 Shì bì significa “terminare il giuramento”.

祭罢天地,复宰牛设酒,聚乡中勇士,
Jì bà tiān dì, fù zăi niú shè jiŭ, jù xiāng zhōng yǒngshì,
Completando la cerimonia per il cielo e per la terra, macellarono la mucca e offerto il vino, chiamarono a raccolta
gli eroi del villaggio.
祭罢 è sempre completare il giuramento, come 誓毕 Shì bì. 复 fù significa “nuovamente”; 宰 zăi “massacrare”; 聚
jù “raccogliere”. 勇 yǒng “coraggioso” + 士 shì “letterati”: gli eroi. 乡中 xiāng zhōng “nel villaggio”.

得三百余人,就桃园中痛饮一醉。
Dé sān băi yú rén, jiù táoyuán zhōng tòngyĭn yī zuì.
Ottennero più di 300 uomini, subito bevvero con gioia nel pescheto finché non erano tutti ubriachi.
得 Dé “ottenere”; 余 yú “in più”; 就 jiù “subito”. 痛饮 tòngyĭn “con gioia bere”; 一 yī indica una totalità.

(28/04) Cao Cao viene presentato nel capitolo I e poi appare nel capitolo IV.
C’è la rivolta dei turbanti gialli e in questo caos si arriva al rapimento dell’imperatore infante. Dong Zhuo libera
l’imperatore e mette sul trono suo fratello, quindi di fatto governa lui. Tutti gli altri signori della guerra si alleano
per debellare Dong Zhuo. Cao Cao si propone come assassino, entra a corte di Dong Zhuo mentre dorme e nel
sonno è pronto a farlo fuori, ma davanti a sé ha uno specchio in cui vede Cao Cao pronto a ucciderlo, quindi si
riprende e fa finta di dargli la spada in dono. In parte questo è tratto dalla Storia vera e propria, perché Dong Zhuo è
realmente esistito. Dato che Cao Cao scappa, Dong Zhuo capisce che non erano quelle le sue intenzioni, quindi lo
fa inseguire sperando di prenderlo e ucciderlo.
Cao Cao trova rifugio presso la famiglia di uno zio e lo sente dire a uno dei servi di “legarlo bene prima di
ucciderlo”, quindi penso che sia una minaccia di morte rivolta a lui. Scappa ancora, ammazzando un po’ di gente
per strada e dice che “il mondo non lo tradirà, ma sarà lui a tradire il mondo”: è la definizione della mancanza di
scrupoli e della paranoia di Cao Cao. In realtà, lo zio non stava parlando di lui, ma era pronto a macellare un maiale
in modo che l’ospite potesse mangiare la cosa migliore che avessero in casa.
Nel finale, Cao Cao morirà perché viene perseguitato dallo spettro di Guan Yu e gli verrà un incredibile mal di
testa e, nonostante venga raccomandato al miglior medico del regno, preferisce lasciarsi morire perché non vuole
prestare il fianco a questo medico che potrebbe ucciderlo. Dong Zhuo rimane vivo, ma finirà ammazzato da una
donna, tale Diao Chan, che si concede a lui, diventa la sua favorita e fa il doppio gioco con Liu Bu, amico di Dong
Zhuo, mettendoli uno contro l’altro. Liu Bu assassina il generale. A questo punto, c’è un intermezzo in cui il
narratore ci dice che “appena una donna prende l’iniziativa, ecco che si scuotono i regni”, perché la bellezza di una
donna può essere più mortale dei soldati. In ciò si ritrova la figura della donna volpe come topos (= Yang Gui Fei),
che rinforza anche la narrazione del concetto di 义 yì come sodalizio tra fratelli uomini, in cui l’amore per le donne
viene messo all’angolo, suscitando i più grandi sospetti, perché non è una relazione tra pari e perché le donne sono
sempre insidiose.
Dong Zhuo viene macellato senza pietà e la scena è caratterizzata dalla descrizione fisica della violenza che
subisce: è il segno di un’arte legata all’arte popolare. Si gioca su un registro basso, popolaresco con questi
episodi.

Dall’altra parte c’è la grande epica che si incarna in Guan Yu, che nei capitoli XXV-XXVIII è già pronto a
suicidarsi per Liu Bei, secondo questo concetto di 义 yì. In realtà Guan Yu non muore, ma viene catturato da Cao
Cao per fargli capire che la vita di Liu Bei dipende da lui, quindi lo riconosce come re al solo patto di poter giurare
fedeltà all’impero Han e non a Cao Cao stesso. Cao Cao rimane colpito dalla figura di Guan Yu e sembra quasi che
si converta al bene: libera Guan Yu, perché ha beneficiato della sua rettitudine e cerca di entrare nelle sue grazie.
Cao Cao lo lascia andare e quando Guan Yu torna da Liu Bei, Zhang Fei teme che lo voglia tradire ma lui dimostra
che è fedele alla causa quanto prima. Il registro stilistico in questi capitoli è altissimo. Il trio si stringe ancora di più
intorno alla fedeltà reciproca, che rimane problematica dal punto di vista strategico.
A un certo punto della vicenda, al capitolo XXXVI, a Liu Bei manca un consulente e lo trova in Zhuge Liang,
letterato e stratega migliore, eremita, personaggio di incredibili doti. C'è una parte lirica in cui Zhuge Liang
viene presentato come uomo della stessa virtù di Qu Yuan e Du Fu. Vive nascosto perché nelle epoche di caos, di
disunione, il confuciano ineccepibile non può che lasciare la vita politica e ritirarsi: si intravede la parte di filosofia
della Storia. Per ben tre volte, i tre bussano alla capanna di questo eremita e non lo trovano mai. Il tono altissimo
crolla con un’irruzione del teatro e dei cantastorie da strada. Finché non riescono a incontrarlo e, nonostante sia
riluttante, decide di prestare servizio e svela anche quella che secondo lui è la ricetta: la riflessione storica di
strategia e la valutazione storica. Dice che, in quel momento, la Cina è divisa in tre e l’equilibrio è possibile se se
ne fregasse della linea del sangue e facesse in modo di occupare tutta la zona dello stato di Shu perché reale
pericolo non è sud, ma è nel nord di Cao Cao. Poi si arriva a un’alleanza con Sun Quan di Wu, che dà adito a una
serie di episodi, tra cui la battaglia delle Scogliere Rosse (avvenuta realmente nel 208): lo Stato di Shu
rappresentato da Liu Bei e lo Stato di Wu hanno la possibilità di vincere, perché Cao Cao non ha una marina forte.
Sun Quan si allea con Liu Bei, ma ha a sua volta un consigliere, Zhou Yu, che non sta simpatico a Zhuge Liang.
Affinché abbia pieno successo l’alleanza, è fondamentale che le due teste politiche si alleino, ma Zhou Yu ha paura
che Zhuge Liang primeggi e che non sia completamente umano. Zhuge Liang studia i venti per la battaglia navale,
perché è un finissimo astrologo e meteorologo, ma a Zhou Yu lascia credere che sia uno stregone e officia un rito in
cui fa finta che invoca i venti. Fa allestire le navi ricoprendole di fieno e mette alla guida un uomo solo e piazza dei
pseudo-soldati sull’imbarcazione; sfruttando la giornata di nebbia, li manda in bocca all’esercito di Cao Cao, che
fanno retromarcia. In realtà l’idea non è stata di Zhuge Liang, ma stando alle cronache è stata di Sun Quan, ma in
realtà bisogna chiedersi se quest’episodio sia davvero accaduto.
Si scatenda la contraddizione base della vicenda: muore Guan Yu, quindi anche gli altri due decidono di morire.
Inizialmente Zhang Fei non voleva dirlo a Liu Bei, ma quando lo sa Zhang Fei si fa ammazzare, Liu Bei. Guan Yu
sotto forma di fantasma assedia Cao Cao e cambia dimora abbattendo una quercia e dentro all’albero c'è uno spirito
che terminerà l’opera di Guan Yu e diventa uno spirito della vendetta.
水浒传 Shuǐhǔ zhuàn, I briganti
Come il Romanzo dei Tre Regni, anche I Briganti verte sul concetto di 义 yì. Ci sono cambi stilistici continui, ma
siamo più sul poema epico.
水浒传 Shuǐhǔ zhuàn significa letteralmente “le biografie delle acque e delle paludi”, è un riferimento simbolico
alla vita di questi banditi; infatti, una delle traduzioni propone come titolo “I briganti”, che sono protagonisti della
vicenda e stanno a cavallo tra storia e leggenda. Anche qui la cornice sembrerebbe quella del romanzo storico.
La paternità dell’opera è discussa, ma l'autore sembra essere Shi Nai’An. Si suppone che sia scritto a due mani
con Luo Guanzhong.

La vicenda che ci racconta il romanzo si svolge in epoca Song (960-1271), sotto il regno di Huizong (1101-125),
epoca famosa per gli scontri a corte. D'altra parte c'è il problema delle invasioni straniere, a cui si aggiungono due
sollevazioni popolari: le rivolta di Fang La e la rivolta dei briganti di Song Jiang, realmente esistiti, che occupano
nelle storie ufficiali poche righe, perché vengono repressi.
Nella narrazione invece va diversamente: i 108 briganti capeggiati da Song Jiang decidono di fondare una micro
società autonoma. Songjiang fonda una società segreta di fratelli, simile a quello che si vede nei Tre Regni, basata
sull’odio per le gerarchie e i funzionari moralmente corrotti. Questi funzionari vengono ammazzati o derubati alla
Robin Hood. Inoltre, si critica la morale familiare.
Tra i personaggi, le biografie, abbiamo Songjiang, ma anche una serie di personaggi chiave di cui abbiamo una
biografia lunga interi capitoli. La struttura è a singoli episodi e ogni capitolo è dedicato a un personaggio e tutte le
storie confluiscono in questa società.
Wu Song è l’eroe che incarna la vita da fuorilegge, è spavaldo e fedele alla morale cavalleresca a cui ha aderito.
C’è dissonanza con la morale e lo stile di vita confuciano che si ha in città. Si ritrova anche nel Jinpingmei in
qualità di fratello della protagonista.

(4/05) Ogni capitolo è come un tassello di un mosaico. Nessuna vicenda si conclude mai completamente per
creare aspettativa nel lettore. Il narratore parla con noi e ciò suggerisce al lettore che questa non è la realtà, ma la
fiction; inoltre, imita la narrativa orale dei cantastorie. Non è epica, ha uno stile molto più spinto sulla
componente di baihua, in lingua vernacolare. I personaggi sono realistici, il luogo per antonomasia è la strada, la
piazza, la taverna, ecc. I primi 25-26 capitoli della vicenda sono costruiti come tanti racconti, sono episodi dei
singoli personaggi, tranne il capitolo I.

La storia è ambientata sotto l'imperatore Huizong della dinastia Song, dall’anno 1101 fino al 1125. Egli ha
realmente subito sia l’aggressione di popolazioni esterne sia le sollevazioni intestine. In particolare si verifica una
sollevazione di una setta di tipo messianico, la setta di Fang La, che scombina il regno per qualche anno e rischia
di mandare all’aria la dinastia Song per intero. Quello che la storia ufficiale ci racconta è che è stata sedata
senza grossi interventi; nel romanzo I briganti viene convocata invece una setta brigantesca, che viveva fuori
dalla società, ma che sono assolutamente uomini di giustizia. L'imperatore Huizong li convoca a regno e dice che li
dovrebbe arrestare, ma non lo farà se lo aiutano a sedare la rivolta dei ribelli e a gestire le popolazioni non cinesi
che invadono, in particolare il gruppo che fonda la dinastia Liao.
In una delle versioni si racconta delle campagne vittoriose dei briganti, che vengono convinti con la promessa di
amnistia, in cui i briganti vengono sollevati da ogni colpa, e il capo con i suoi stretti fratelli viene premiato con la
carica di governo. Vengono osteggiati dai funzionari corrotti. Questa versione non piace a Lu Xun e ad altri
letterati, che preferivano le versioni che finivano prima, perché sembra l’apologo del ritorno all’ordine, del
rivoluzionario che poi si conforma e sottomette.

Nel capitolo I non si parla di alcuno di questi eroi, ma del grande periodo di caos prima del regno di Huizong e nei
primissimi anni del regno. In questo periodo di caos a causa di insurrezioni e pestilenze (= 三国演义 Sānguó
yǎnyì), per riportare l’ordine, è necessario scovare un maestro taoista. Questo maestro è un personaggio che non si
vede, ma che virtualmente può risolvere i problemi del Tianxia. Siamo già nella fiaba, alla ricerca dell’eroe, di
un elemento soprannaturale che risolva il problema. Il tema dell’inganno, della trasformazione è un grande tema
della narrativa cinese e del taoismo. Il maresciallo Hong riesce a raggiungere il monastero del monaco e libera 108
entità demoniache che vivono sotto una pietra, con la scritta “in attesa che il maresciallo Hong mi apra”.
Ci si stacca dalla vicenda e i 108 demoni diventano i briganti, divisi in 36 personaggi maggiori e 72 minori
secondo la numerologia cinese. 36 sono le stelle del destino che diventano le biografie principali dello 水浒传
Shuǐhǔ zhuàn. Una volta incarnati sotto forma umana diventano 匪 fěi, briganti e 义 yì, giustizia, e si legano tra
loro da un patto di fraternità e onore molto simile a quello del Romanzo dei Tre Regni. Vivono in 江湖 jiānghú,
termine che indica ciò che non è: non è urbanità con un codice civile, è ciò che sfugge; ora viene usato per
disegnare le società para-mafiose. I briganti sono tutti maschi perché la donna è sinonimo di ordine familiare,
quindi ci riporta alla morale dello stato-nazione.
宋江 Sòngjiāng è il protagonista, il capo elettivo di una comunità di soli uomini fuorilegge. Non è comunque
l’unico. La sua biografia arriva fino al capitolo XVIII.
Nel capitolo XXI Song Jiang finisce alla macchia perché ha fatto fuori la moglie in modo violento (tema
dell’adulterio), descritto con amore per la crudezza. La moglie cerca il divorzio, porta via il tesoretto del denaro
dell’amico di Song Jiang, un brigante, quindi la uccide: è un omicidio di onore per 义 yì.
Nel capitolo XXIII Wu Song ammazza la tigre. Dopo aver bevuto, vede un cartello con scritto “foresta con tigre”, si
addormenta, ma si sveglia con la tigre di fianco e a mani nude la fa fuori. La moglie del fratello, Loto d’Oro, lo
invita a trasferirsi per provarci con lui e quando se ne accorge va via. È un personaggio opposto rispetto a Volpe
la Bella, che dà direzioni al marito. Alla fine del racconto infatti viene punito, ma non c’è solo la sottomissione
della donna. Lei cerca di sedurre Song Jiang, ma lui non se ne accorge perché troppo rozzo. Lui poi non lo dice al
fratello per non mostrargli quanto è manipolatrice e proteggerlo. Quando due mesi dopo torna a casa, scopre che il
fratello è morto. La moglie gli dice che è stato per malattia, ma capisce che è stata lei che l’ha ammazzato
mettendosi d'accordo con l’amante Ximen Qi, protagonista del Jinpingmei. Nel Jinpingmei Ximen muore per
eccesso di viagra, mentre nello Shuihu Zhuan viene ucciso da Song Jiang.

Volpe la Bella è una riscrittura del racconto chuanqi di un autore Ming, nello specifico con la figura della
donna volpe. La donna è personaggio negativo, ma non ha carattere perché praticamente non parla. È vista come
una moglie perfetta, che risponde al canone. Si sposa perché era stata venduta, ma chi vende sa che lei è una volpe.
Siamo a cavallo del mostruoso, dell’umano, ma anche del felino: qui si ritrova l’elemento fiction. Il resto però è
una perfetta cornice sociale: non si sa se è più cattiva lei o l’uomo che lo vende. È una critica al mezzano che
combina matrimoni. Xiao Yu cade nella trappola di lei per la sua mancata conoscenza dei segreti dei monaci taoisti,
in quanto confuciano. Il confuciano nel topos letterario di giovane promettente che passa gli esami è un ingenuo
che rischia di morire perché non è in grado di giungere al secondo livello che solo taoismo e buddhismo riescono a
capire.

西游记 xīyóu jì, Il viaggio a Occidente


(5/05) 西游记 xīyóu jì, Il viaggio a Occidente è il terzo romanzo cinese classico. Non è un romanzo storico, ma
viene definito romanzo della letteratura fantastica, che in cinese definì per primo Lu Xun col termine 神魔小说
shén mó xiǎoshuō. È ciò che meglio ha ereditato il genere dei chuanqi e zhiguai.
Questo romanzo ha un autore, che finora non è mai stato contestato, Wu Cheng’En, nato nel 1500-1 e morto negli
anni ‘80 del XVI secolo.
È una lunga saga in molti capitoli che si possono leggere slegati. La versione ufficiale ha 100 capitoli, che per la
prima parte ci parlano del personaggio della scimmia 孙悟空 Sūnwùkōng, il quale scaturisce da un uovo di pietra
con una nascita mitica. Il topos della pietra è frequente nella letteratura classica: per esempio, i 108 鬼 dei Briganti
scaturiscono da pietra, e Il Sogno della Camera Rossa ha come titolo alternativo “La storia di una pietra”.
Il titolo è significativo. 记 jì significa “memoria”: come nelle Memorie dello Storico, benché fiction, sono riportati
fatti realmente accaduti. Il secondo carattere 游 yóu indica il viaggio, il vagare. 西 xī è il determinante, significa
“occidentale”. Il titolo è molto vicino a quello della cronaca che il monaco ci ha lasciato nel VII secolo a.C, ovvero
西域记 xīyù jì, Memorie dei territori occidentali.

Lo scimmiotto ha una nascita sovrumana e un aspetto da scimmia. Compie una serie di avventure e diventa re
della comunità di scimmie e, quando cresce la sua curiosità, comincia a fare gran trambusto e a cercare la sorgente
dell’immortalità. Va dal patriarca taoista e gli sugge le arti magiche della trasformazione e combina casini per tutti i
cieli del pantheon di stampo taoista e buddhista. Per essere punito viene messo a guardia di un importantissimo
palazzo, sotto la giurisdizione dell’Imperatore di Giada, il Giardino delle Pesche. Infine, viene punito anche dalla
dea Guanyin, la versione femminilizzata e sinizzata di Avalokitesvara, il buddha più importante della scuola del
buddhismo mahayana (del grande veicolo), che si apre a una dimensione quasi religiosa perché assume un intero
pantheon di figure di buddha con delle gerarchie, l’idea di Paradiso occidentale dove si ritrovano e di compassione,
del fatto che tutti esseri sono uno solo, che non esiste una divisione se non sul piano teorico tra io e l’altro, quindi
non posso arrivare al nirvana finché non ci arrivano tutti. La dea non vuole punire, ma trova un modo funzionale: lo
spedisce nel viaggio di un monaco buddhista, realmente esistito tra le dinastie Sui e Tang, chiamato Tripitaka o
Xuanzang (dal sanscrito, “tre cesti”), che cerca i tre sutra del canone buddhista. C’è una parte storica, perché
questo monaco ha davvero fatto un viaggio a “Occidente”, ovvero in India. L’importazione delle fonti sanscrite ha
favorito la letteratura cinese in qualsiasi senso.

La scimmia viene costretta a seguire e proteggere il monaco, perché, a differenza del personaggio storico, il
monaco del romanzo è una creatura semi-mortale, è un “santo” con aura nirvanica. Ciò produce che tutti i 魔鬼
móguǐ, i demoni, desiderano appropriarsi del suo spirito, del suo 气 qì, e mangiare le sue carni, perché è ritenuto un
veicolo di immortalità; anche in ciò ritorna l’ossessione per l’immortalità.
Il monaco viene tentato dall’isteria, nonostante dovrebbe essere il paradigma della calma morale, perché è
prigioniero di una donna, ma lo scimmiotto lo trae in salvo.
Ci sono due personaggi che vengono accompagnati da questo Zhu Bajie, il maiale dagli otto precetti, detto anche
Maialino o Pixie, che incarna uno stadio imperfetto sul cammino dell’illuminazione. È tutto una grande
allegoria del viaggio che l’anima compie per raggiungere l’illuminazione. La scimmia, come Maialino, è
evidentemente imperfetta. Il quarto personaggio è Sabbioso, Sha Wujing. Questi tre personaggi diventano
guardiani del monaco. Nessuno è umano. Si aggiunge il cavallo che ha un’essenza non animale, perché è un
animale fantastico. Queste creature totalmente inventate si associano a un personaggio storico in una collocazione
storica precisa, il periodo della dinastia Tang.

Estremamente presente è il tema della trasformazione. Per esempio, la scimmia cambia 74 volte, è la radice
archetipica più antica della letteratura cinese. Lo scimmiotto vince tantissimi combattimenti perché si trasforma in
continuazione in altre forme.
Quando raggiungono i sutra, il patriarca buddhista lascia i sutra a Xuanzang, ma non direttamente: li dà a due
assistenti che chiedono il pizzo e Tripitaka non cede al ricatto e non prende i sutra. Quando alla fine prende i testi,
apre i rotoli e sono vuoti. È un apologo buddhista, dove ritorna il vuoto. Tocca l’idea che la verità non è
qualcosa di scritto, siamo in una logica in cui il taoismo e il buddhismo si fondono: questo è un altro grande
carattere distintivo dell’opera, dominata dal pensiero 三教 sān jiào, delle tre dottrine, che qui sono fuse in un
unicuum di taoismo, buddhismo e confucianesimo. L'idea è quella del sincretismo perfetto tra queste scuole di
pensiero, che diventano un unico amalgama.

Si dice che la scimmia derivi al poema indiano Ramayana, che racconta storia di Hanuman, generale delle
scimmie, metà uomo e metà scimmia con poteri divini. È un animale mitologico già sfruttato all’interno dei
chuanqi; secondo Lu Xun deriva da lì. C’è una discussione aperta per identificare l'origine di questa figura. Inoltre,
è anche uno dei personaggi più famosi dell'opera di Pechino. È un archetipo o universale antropologico e può
rifarsi a una figura particolare, il tropo del trixter, uno che non è né eroe né cattivo sia dal punto di vista delle
fiabe sia del teatro. Questa figura di burlone rimanda allo strato della mente in cui non siamo consci della visione
io vs. mondo ma è tutto unico e non si è formato il senso morale, tipico dei bambini. Anche l'autore usa la scrittura
senza prendersi sul serio, ma bisogna stare attenti perché comunque non è letteratura per bambini, ma è molto più
complesso: c’è una visione religiosa del viaggio iniziatico e un’autoriflessione sulla letteratura stessa.

Gli strati che compongono questo romanzo quindi sono:


1. le memorie del monaco, che costituiscono il piano storico, fondamentale per la costruzione del personaggio
del monaco come reale;
2. la fiaba, di cui Tripitaka era già un personaggio da ben prima della trasposizione letteraria. C’è quindi anche
il filtro dei huaben;
3. le trasposizioni teatrali dalla dinastia Yuan in poi. Il viaggio a Occidente, lo scimmiotto come
personaggio e alcuni episodi hanno una trasposizione teatrale presso l’Opera di Pechino, che è una somma di
arte totale. È sintomo che questa storia è entrata già nell’immaginario popolare;
4. la satira. Lo scimmiotto è un personaggio potenzialmente criminale e per metterlo in regola l’Imperatore di
giada lo promuove: se c’è un modo perfetto per disinnescare un intellettuale dissidente gli si dà un ruolo di
potere. È una satira sociale di quel periodo storico, ma va bene anche per l’attualità. L’episodio della
scomparsa della scrittura dei sutra riporta al fatto che i due funzionari ne approfittano chiedendo la mazzetta:
è un tratto tipico dei funzionari corrotti puniti nei Briganti, ma anche della Cina di oggi. L'autore si fa
portavoce di una critica sociale parlando di un cosmo fantastico senza censura o accusa di fare politica: la
narrativa fantastica è il mezzo migliore per fare critica.

(8/05) Il capitolo V dello Scimmiotto è dedicato al giardino mitico che contiene le pesche dell’immortalità. Si crea
un collegamento intertestuale con la Sorgente dei fiori di pesco di Tao Yuanming e il pescheto dei Briganti. Siamo
già in un reame in cui la letteratura parla di altra letteratura. Inoltre, c’è riferimento a una satira al sistema
confuciano della burocrazia, dove l’imperatore di giada può dire “ti prenderai cura del giardino dei peschi,
desidero che tu consacri tutta la tua attenzione a questo lavoro”: è qualcosa di sovrastorico, non letterario. Lo
scimmiotto prende l’incarico e immediatamente si fa presentare le bellezze del giardino. Una caratteristica che
domina l’intero stile del capitolo è la presenza di tantissimi nomi senza alcuna funzione narrativa: ci vengono
presentati con il loro nome diversi personaggi ma senza che essi abbiano un ruolo nella vicenda. Ciò ricorda la
narrazione fiabesca; il riferimento al folklore si oppone all’intertestualità con letteratura alta.
L'accumulazione di dettagli, infine, dà il senso di realismo. I personaggi sono tutti noti nella cultura cinese,
quindi un lettore cinese fa subito delle associazioni con i miti, cosa impossibile per un lettore occidentale. Alcuni
appartengono ai 三教 sān jiào, i tre insegnamenti (confucianesimo, buddhismo e taoismo) mescolati insieme.
Anche la presenza della fabula richiama il mito, in quanto è un seguito di eroe, ostacolo, superamento dell’ostacolo,
raggiungimento di un obiettivo.
Sicuramente fa divertire il lettore, ma il divertissement è un velo che nasconde qualcosa di più profondo.
L’autore è interessato anche all’idea carnevalesca del dettaglio retorico non finalizzato alla fabula. Lo scimmiotto è
un personaggio carnevalesco, che prende in giro tutti. C’è un ordine che viene sovvertito con questo grandissimo
cumulo di dettagli che ci confondono e che sembrano che potrebbero ricordare il Zhuangzi. Ciò si vede bene
nell’episodio delle tentazioni di Tripitaka, in cui Tripitaka è totalmente in confusione isterica perché viene
catturato da questa regina e lo scimmiotto, poiché amorale, è capace di superare l’ostacolo e andare oltre. Infine, i
ritmi da fiaba si ritrovano anche nella trasformazione dello scimmiotto. L’idea dell’immoralità dello scimmiotto è
un universale: come nei bambini, non ci sono freni morali, la divisione tra bene e male. La sua fanciullezza e la
sua anima imperfetta gli permettono di trovare la soluzione e di essere superiore al monaco: c’è il tema del
capovolgimento dei ruoli, perché tra i due il saggio è Scimmiotto.
La caratteristica più importante di Scimmiotto è la capacità di trasformazione. Si trasforma “per tre volte”: la
prima come insetto sotto la foglia dell’unica pesca che non si era mangiato, la seconda come insetti e la terza in
virus, entrando nel corpo di una donna facendola ammalare. La trasformazione lo avvicina ai ritmi della fiaba e
all’idea taoista della trasformazione in farfalla di Zhuangzi.

Nell’estratto dall’opera ci viene mostrata la concezione della letteratura come un gioco. La giocosità è anche fine
a se stessa, senza dover significare altro; c’è anche un rimando al teatro, l'episodio è stato trasposto come opera
teatrale.

借扇 jièshàn è un famoso episodio del Xiyouji, in cui Sun Bukou, passato al servizio del monaco San Zan, deve
superare delle montagne infuocate. Di nuovo abbiamo l’ostacolo tipico della fiaba. L’unico modo per passare senza
bruciarsi è chiedere in prestito il ventaglio della Principessa del Ventaglio di Ferro, personaggio femminile, moglie
del mecenate acerrimo nemico di Scimmiotto. Si trasforma in un virus con la sua magia, si insinua dentro il suo
corpo per farsi dare il ventaglio. Lei cede, ma gli dà un ventaglio finto. Lui prova a spegnere il fuoco, ma non
funziona, quindi torna dalla donna, trasformandosi nel marito di lei, e la sprona a dargli il ventaglio. Lei ci cade, ma
poi appare il marito vero. Si crea una serie di situazioni in cui alla fine interviene l’imperatore di Giada, che fa dare
l’oggetto a Scimmiotto facendoli passare.

L’ambientazione è teatrale: la scena è vuota, quindi deve essere l’attore a essere iper-enfatico nei movimenti, con
il corpo deve rappresentare l’intera scena. Numerose parti sono puramente mimiche, abilità acrobatiche e marziali,
vengono recitati intermezzi comici e giocosi.

红楼梦 Hóng Lóu Mèng, Il sogno della Camera Rossa


L’ultima dinastia dei Qing (1644-1911) dura come la precedente dinastia Ming, quasi tre secoli. La sua
caratteristica fondamentale, che la condannerà in seguito, è quella di non essere una dinastia Han, bensì mancese.
Le rivoluzioni di fine 1800 e inizio 1900 la condanneranno sia in quanto impero sia in quanto mancese. Si
differenzia dalla dinastia mongola Yuan, perché questi ultimi si erano rifiutati di sinizzarsi, di assumere le funzioni
culturali cinesi. I mancesi rappresentano l’apogeo del Tianxia, che rimane cinese, nonostante non siano Han.

红楼梦 Hóng Lóu Mèng è un romanzo attribuito a Cáo Xuěqín sotto il regno dell’imperatore Qianlong
(1735-1795), e rappresenta l’apice della dinastia Qing. Questo imperatore fa due cose:
1. una grande campagna militare di espansione del territorio in cui vengono annesse le terre dell’Asia
centrale, includendo territori che tutt’ora appartengono alla Cina;
2. nonostante non sia Han, per quanto riguarda la gestione territori, lascia amministrare i territori a
funzionari Han, permette loro autonomia e lascia i territori sinizzati.
Dal punto di vista culturale, è un’epoca in cui c’è un grande mecenatismo, promozione delle arti come pittura,
studi calligrafici, di una cultura enciclopedica; si avvia il progetto della sistematizzazione del sapere.
Si crea un elenco completo di tutto il sapere imperiale in quattro sezioni, chiamato 四库全书 sìkù quánshū.
Tutti i libri vengono organizzati in quattro categorie: classici, storia, filosofia e la trattatistica. Si avvale di più di
diecimila intellettuali e archivisti che lavorano pazientemente nel progetto.

Il sogno della camera rossa è stato composto durante un’epoca di massima fioritura culturale, ma anche di scarsa
attenzione verso il mondo del xiaoshuo. Sotto la dinastia Qing iniziò una grande fase di censura verso tutto ciò
che poteva essere critico nei confronti della dinastia, per esempio le poesie che contenevano il carattere qing.

L’autore Cáo Xuěqín è nato negli anni ‘10 del XVIII secolo. Ha cominciato a scrivere il suo romanzo durante
l’epoca di Qianlong. Scrive il suo romanzo in un momento in cui la sua famiglia era legata alla corte, ma il padre
perde completamente il suo potere. La famiglia Cao era un’importante famiglia dell’industria tessile del sud di
Nanchino, lavorava per le filande imperiali come produttore di seta e cotone; erano perciò ricchi. Il padre cade in
disgrazia e perde completamente il suo ruolo di produttore ufficiale di tessuti per l’impero. Nella sua adolescenza si
ritrova a condurre una vita da povero rispetto alla vita di prima. Perde la possibilità fare carriera per la famiglia. In
casa ospita amici; era un poeta libertino e femminista. Frequenta la parte di Pechino culturale, in particolare
la sua cultura altra, non alta di corte, che includeva attori, e romanzieri.

L’opera ci fa cogliere la società Qing dell’epoca di Qianlong. Nonostante fosse un’epoca caratterizzata dalla
censura della cultura, è anche un’opera di critica sociale. L’opera racconta la storia di un gruppo di giovani, in
particolare di Jia Baoyu; descrive gli anni adolescenziali dagli 11-12 fino ai 19-20.
Attraverso la sua figura si critica l’istituzione familiare, facendo diventare il romanzo il primo del genere
familiare;
La famiglia è vista attraverso l’occhio critico di questo giovane, che ancora non fa parte della società, è ancora
nella fase formativa.
Il romanzo è il modello di come dovrebbero essere i giovani e le donne, che assorbono in sé giovinezza e
femminilità, perché sono marginali, non condizionano l’ordine sociale.

(11/05) Questo romanzo sarebbe prova di questa raggiunta maturità della modernità cinese. Oltre la descrizione
psicologica c’è anche descrizione dell’ambiente del romanzo incredibilmente precisa e utilizzata come fonte
storica. I due aspetti si fondono in unica trama perché questo è un romanzo base di una lunga genealogia del genere
romanzesco della narrativa dedicata alla famiglia. Il sogno della camera rossa, insieme al jinpingmei è un apripista
per un intero genere letterario, per romanzi di enorme successo del 1900 che usano la stessa struttura: attraverso
storia di famiglia e la sua evoluzione è possibile vedere illuminare un’intera epoca.

Ogni carattere del titolo è significativo 红楼梦. 红 hóng è il colore rosso, che secondo la dottrina buddhista
rappresenta ciò che è immanente, illusorio, destinato a terminare; il mondo della polvere rossa è la nostra realtà
fenomenica assolutamente illusoria per il buddhismo. La storia è tratteggiata attraverso l’adolescenza del
personaggio principale e pian piano cresce la sua consapevolezza; anche il romanzo si evolve fino ad arrivare
all’apice di maturità di un personaggio che diventa adulto e coincide con la decadenza della famiglia. I 楼 lóu erano
i palazzi dedicati alle donne aristocratiche e alto borghesi durante dinastia Qing. Qui diventa sinonimo del giardino,
uno spazio chiuso tipo locus amoenus dove vivono separati dalla società i giovani, ovvero il protagonista con le
sue amiche. Si vede un elogio al mondo femminile come opposto al mondo patriarcale confuciano. 梦 méng è
sogno, chiarendo così il richiamo al taoismo, al sogno della farfalla di Zhuangzi, il richiamo letterario a Tao
Yuanming e il riferimento al finale dello Shuihu Zhuan in cui il protagonista appare all’imperatore sotto forma di
sogno; inoltre, questa storia, restando nella dimensione onirica, non si politicizza. la sostanza del libro è affidata ai
giovanissimi e alle donne, a chi vive nel giardino e non ha accesso alla società propriamente detta.

Il protagonista è un adolescente che accetta di passare gli esami e di sposare la donna scelta dai familiari, ma perde
il senno. È la prima volta in cui la follia viene figurata in modo così preciso e realistico. Si sottrae per pazzia e
quando rinsavisce decide di seguire i due monaci che appaiono a inizio del romanzo, un monaco buddhista e
monaco taosita. Il romanzo si chiude con Jia Baoyu che tradisce l’ordine familiare confuciano e lascia la propria
dimora, esce dalla casa meravigliosa e si avvia nella neve, simbolo di purezza, di colore bianco che contrasta con il
rosso.

Il romanzo ha una struttura ad anello: i monaci che aprono il romanzo lo chiudono anche. È un segno di
maturità del romanzo. All’inizio i monaci ci raccontano la storia di una pietra, una giada, che è il protagonista
stesso. Infatti il primo titolo alternativo era Shilouji, Jia Baoyu nasce con questa pietra in bocca, che simboleggia
che è fuori dal comune. La pietra è simbolo e oggetto totemico di questo personaggio. Il dettaglio della giada è
l’elemento sovrannaturale, chuanqi, della vicenda.
Il romanzo è un romanzo saga, formato da 120 capitoli. Lo stile è molto realistico, a parte il dettaglio della
giada.
La storia della pietra si trova nel nome del personaggio. Di cognome si chiama jiǎ, che ricorda jiā di famiglia;
indica che è la famiglia per antonomasia sia “falso” per omofonia. Jia Baoyu si sdoppia in Zhen Baoyu, contrario
del falso: vero e falso, mondo di illusione e mondo nirvanico. Bao è prezioso, Yu è giada.
Come raccontano i monaci del primo capitolo, lui in una vita molto precedente era una pietra. È la reincarnazione
dello spirito di una pietra che la dea Nuwa, fondatrice mitica della Cina, aveva scartato nel suo tentativo di riparare
il Cielo perché non si creasse il caos tra esso e la Terra. Questa pietra è sì bellissima, ma anche troppo fragile e
vetrosa e inutile allo scopo di separare il Cielo dalla Terra.
Con tristezza, la pietra si mette a vagare finché non trova una pianticina che patisce perché non ha acqua e la pietra
le si mette vicino, crea umidità e le permette di essere irrorata di rugiada. La pianticina allora dice alla pietra “ti
sarò immensamente grata per questa vita e tutte le mie vite future, a te dedicherò un tributo di lacrime”. Queste
lacrime saranno quelle della fanciulla che si innamorerà perdutamente di Baoyu, che a sua volta è la reincarnazione
di questa pianticina. In italiano il nome della fanciulla è tradotto come Gioia Azzurra, Daiyu. I due sono legati
karmicamente, l'amore non è fine a se stesso ma ha sua ragione karmica. Nel mondo della polvere rossa non
è il karma che guida, ma è la catena di cause ed effetti di interessi familiari del mondo adulto. Baoyu, essendo
rampollo di questa casata, è destinato a sposare qualcuno alla sua stessa altezza e a preservare il ruolo della sua
famiglia all’interno della sua città, che molto presumibilmente è Nanchino.
Quando conosce il coetaneo Qin Zhong, uno povero, dice che di fronte a lui è un cane rognoso perché è la
maledizione della ricchezza: c’è attacco frontale alle gerarchie confuciane. Nel capitolo 5 si inventa la questione
del sogno perché si addormenta in una stanza dove appare il fantasma di una dea con lo stesso nome e sembianze di
quelle di una sua zia, unica figura positiva del mondo adulto. La dea lo porta in una sorta di paradiso e gli racconta
del sogno, che però diventa la visione di svelamento della realtà ultima. Gli svela chi è, gli dice che è un don
Giovanni. Lei dice che ci sono due peccatori d’amore: carnali, che aspirano solo al possesso del corpo, e spirituali;
lui è del secondo tipo e desidera l’amore spirituale, perciò sarebbe un ottimo compagno negli appartamenti
femminili del regno degli spiriti. Ma nel mondo della polvere rossa nessuno lo capirà e sarà oggetto di
scherno. C’è questa vocazione femminista.
Jia Baoyu è una sorta di Peter Pan, soffre quando scopre che una delle sorelle maggiori è andata in sposa perché è
cresciuta.

La vicenda fondamentale è il triangolo amoroso, cosa più classica del romanzo.


Lin Baoyu è un personaggio a tutto tondo, nonostante sia un personaggio femminile classico, ma la rivale è
invece il paradigma classico confuciano della donna, descritta nei minimi particolari. Lin Baoyu viene presentata al
90% per l’aspetto fisico; è sempre equilibrata, parla a bassa voce, ecc. Lin Baoyu non appartiene alla famiglia Jia,
ma arriva in quanto orfana che sta simpatica alla nonna di Baoyu, perché, essendo nonna, è quasi più vicina alla
fanciullezza che al mondo adulto. Anche Lin Baoyu però non è povera ed è educata. La sua figura ha la testa “come
gli uomini”, è descritta come molto seria, ma dall’altra parte è sempre malata, molto fragile. Caratterialmente è
estremamente capricciosa e soffre terribilmente di gelosia. Ciò è utile ai fini del discorso anticonfuciano, perché
la gelosia non è una caratteristica della donna virtuosa confuciana, che accetta che il proprio marito abbia
concubine senza gelosia. Quando scopre che il ragazzo è stato destinato alla rivale, impazzisce e brucia le sue
poesie e compie un gesto di protesta lasciandosi impazzire e morire.

Anche il giardino subisce variazioni: a un certo punto l'albero, un susino, sfiorisce, come un presagio infausto che
ci dice che l’intera famiglia sta per terminare. Soprattutto nel giardino c’è la metafora del dentro-fuori,
estremamente femminile, dove il luogo non è solo fisico ma è la tappa di un rito di passaggio, una cronotopia.
Uscire dal giardino significa il passaggio alla vita adulta, per le donne quindi perdere la libertà e uscire dal
mondo della polvere rossa e morire. Quando Baoyu esce dal giardino è anche una metafora della morte della
dimensione transitoria della vita.
C’è legame tra la pietra e la ragione: quando Baoyu impazzisce la pietra va smarrita. Quando entrambi
ritrovano il senno passano gli esami imperiali e lui lascia la famiglia.

La metafora religiosa buddhista è molto presente, sul finale degli esami si è anche scatenata la critica.

Si è sviluppata la 红学 hóngxué, la rossologia, dedicata a questo romanzo, sia per la ricerca di significati, sia per
l’analisi stilometrica e la paternità del romanzo.
Sappiamo che il romanzo è circolato in versione manoscritta in ottanta capitoli, fermandosi prima del momento
in cui Baoyu passava gli esami. Contemporaneamente però il commentatore, Cheng Gaode, della versione
manoscritta, amico di Cao Xueqin aveva lasciato delle note su come l'autore avrebbe voluto terminare il
romanzo. Avendo la mania dell'editing, Xueqin non era riuscito a completare l'opera.
Quella del 1792 è la prima edizione a stampa, definita edizione Cheng Gao e ha 40 capitoli in più. Ci si chiede se
sia opera di Cao Xueqin o di Gaode. Per molto tempo, secondo l’analisi stilometrica si è detto che era opera di
Gaode, ma si sa anche che Cao Xueqin aveva lasciato dei commenti per quanto riguarda il finale del romanzo.
Alcuni critici accostavano la lettura buddhista della pietra con la filosofia di Schopenhauer, dove la pietra viene
vista dell’istinto di vita; non a caso la pietra è un topos che si vede in tutti romanzi classici.

A inizio 1900 si vede in questo romanzo il prototipo di romanzo familiare con carattere antifeudale e
antimperiale; ciò si enfatizza durante l’epoca maoista, ma non ha mai smesso di essere un romanzo vividissimo dal
punto di vista della psicologia dei personaggi.

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