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Appunti per una storia della letteratura giapponese

classica in unità didattiche

A.A. 2008-09

A CURA DI LAURA MORETTI © *

* Appunti del corso di cultura giapponese tenuto presso l’Università degli Studi di Bergamo negli a.a. 2006-07 e 2007-08. I riferimenti
bibliografici in questi appunti danno solo indicazioni per eventuali approfondimenti. La bibliografia per il presente corso si trova tra i
materiali didattici nel file “bibliografia aggiornata”.

1
INDICE

Introduzione: descrizione ragionata del Corso e del materiale didattico p. 1

Prima Unità Didattica p. 6


Alle origini della scrittura giapponese e del pensiero shintoista: lettura ragionata del Kojiki.

Seconda Unità Didattica p. 13


Il labile confine tra prosa, poesia e arte: l’estetica della corte imperiale attraverso una lettura ragionata del
Genji monogatari e del Kokinwakashū.

Terza Unità Didattica p. 22


Il periodo di degenerazione della Legge: la visione buddhista del mondo attraverso il fluire dei pensieri nello
Tsurezuregusa.

Quarta Unità Didattica p. 27


L’irruzione della vitalità popolare nella letteratura vocale: il variopinto mondo degli otogizōshi.

Quinta Unità Didattica p. 32


Il testo a stampa e la nascita di una cultura scritta per il vasto pubblico: Ihara Saikaku e dintorni.

Sesta Unità Didattica p. 53


Non haiku ma haikai: Matsuo Bashō e la tradizione poetica di periodo Edo.

Settima Unità Didattica p. 61


All’origine dei manga: testo e immagine nei kusazōshi.

Ottava Unità Didattica p. 78


Sotto il peso dell’Occidente: creazione e rivisitazione in periodo Meiji.

Appendice 1 p. 82
Visione d’insieme della cultura giapponese nelle sue linee fondamentali.

Appendice 2 p. 83
Siti web utili per lo studio della letteratura giapponese classica.
INTRODUZIONE
Descrizione ragionata del Corso e del materiale didattico

Il presente materiale didattico si propone come un sussidio al corso di Cultura


Giapponese (a.a. 2006-07) e si specifica si da ora che non ha la presunzione di essere un
“manuale” di cultura giapponese. Come si può facilmente intuire, la vastità dell’ambito implicito in
un insegnamento di “cultura giapponese” impone di attuare una scelta oculata degli argomenti da trattare nelle trenta ore
del corso. Una scelta che deve sì scremare ma sempre nel rispetto dell’obiettivo finale del corso, ovvero quello di offrire
una panoramica della cultura tradizionale giapponese, decostruendo i molti stereotipi che tutt’oggi caratterizzano
l’immagine del Giappone in Occidente e proponendo un viaggio alle origini della cultura giapponese per educare uno
sguardo oggettivo sull’identità culturale e sul presente di questo paese.
La scelta di base è di leggere la cultura giapponese attraverso una presentazione dei fondamenti della sua
produzione letteraria, offrendo una riflessione sulla lingua e sui linguaggi che ne sono veicolo e fornendo le linee guida
per comprendere lo sfondo storico e intellettuale di ogni periodo analizzato. Preminenza viene data all’ambito letterario e
linguistico, proponendo riflessioni dettagliate e corpose sull’opera scelta per ogni lezione e sul contesto letterario in cui
essa si inserisce. Si tratta di informazioni non sempre riscontrabili nel materiale critico fino ad oggi pubblicato in lingue
occidentali, perché frutto di un lavoro di ricerca personale sulle fonti primarie e secondarie giapponesi (lavoro in parte già
utilizzato per il materiale didattico “Lineamenti di letteratura giapponese” [seconda parte] da me curata per il corso di
Letteratura giapponese all’Università Ca’ Foscari di Venezia). Il contesto storico verrà presentato in modo schematico per
punti rimandando alla bibliografia obbligatoria e a quella facoltativa selezionata (pp. 3-5) per qualsiasi approfondimento.
Una presentazione sommaria del panorama artistico (scultura, pittura, architettura e teatro) viene demandata alla
descrizione offerta da Peter Kornicki nel testo obbligatorio indicato a p. 3. Scelta consapevole è quella di privilegiare la
cultura giapponese precedente al 1868, in quanto ritenuta fondante dell’identità giapponese e soprattutto perché
difficilmente avvicinabile con i soli strumenti in lingue occidentali.
Costruito sulla base delle scelte fin qui enunciate il Corso intende permettere allo studente di formarsi una
visione chiara e corretta dei fondamenti culturali del Giappone in modo da acquisire le basi per poter eventualmente
approfondire una disciplina e / o un periodo storico specifici.

Struttura del corso e delle lezioni

1
Il corso è strutturato in dieci lezioni, concepite come segue:
1) Uno sguardo rinnovato verso il Giappone: introduzione al corso.
2) Alle origini della scrittura giapponese e del pensiero shintoista: lettura ragionata del Kojiki.
3) Il labile confine tra prosa, poesia e arte: l’estetica della corte imperiale attraverso una lettura ragionata del Genji
monogatari e dello Ise monogatari.
4) Il periodo di degenerazione della Legge: la visione buddhista del mondo attraverso il fluire dei pensieri nello
Tsurezuregusa e nello Hōjōki.
5) L’irruzione della vitalità popolare nella letteratura vocale: il variopinto mondo degli otogizōshi.
6) Il testo a stampa e la nascita di una cultura scritta per il vasto pubblico: i kanazōshi.
7) Tra mercanti e quartieri di piacere: la prosa di Ihara Saikaku.
8) Non haiku ma haikai: Matsuo Bashō e la tradizione poetica di periodo Edo.
9) All’origine dei manga? Testo e immagine nei kusazōshi.
10) Sotto il peso dell’Occidente: creazione e rivisitazione in periodo Meiji.

In base all’andamento effettivo delle lezioni la suddivisione di ogni argomento per singola lezione potrà subire
modificazioni.

Gli argomenti sono proposti in termini diacronici seguendo la periodizzazione della storia giapponese come visibile in fig.
1.
Ogni lezione (escluse FIG. 1 SCHEMA SINTETICO DELLA DATAZIONE DELLA STORIA GIAPPONESE
quella iniziale e quella finale) Periodo Nara 710-184
presenterà una struttura centrifuga. Il Kodai 古代 Periodo Heian 794-1185 Lezioni 2-3
nucleo è costituito dalla lettura e Periodo Kamakura 1185-1333
dall’analisi del testo, dell’autore o del Chūsei 中世 Periodo Muromachi 1338-1573 Lezioni 4-5
genere letterario scelti. Su questa Periodo Azuchi Momoyama 1568-1598
base si attuerà un progressivo Kinsei 近世 Periodo Edo 1603-1867 Lezioni 5-6-7-8
movimento di “apertura”: prima alla Periodo Meiji 1868-1912
produzione letteraria del periodo Kindai 近代 Periodo Taisho 1912-1926 Lezioni 9-10
considerato, poi al contesto in cui tale Periodo Shōwa 1926-1988
produzione si inserisce (contesto Periodo Heisei 1989-
storico, contesto linguistico, etc.).
Ogni lezione così concepita mira a definire gli elementi cardine della “cultura” giapponese: a) chi produce cultura; b) chi
fruisce cultura; c) in quali forme viene veicolata la cultura; d) quali sono i contenuti della cultura.

La struttura della presente dispensa ricalca quella delle lezioni, proponendo in ogni “Unità Didattica” i
contenuti di ogni singola lezione. Sono escluse la prima lezione (dedicata alla descrizione del corso e a un confronto
dialettico su quella che è l’immagine del Giappone nel panorama intellettuale occidentale) e l’ultima (dedicata a una
riflessione, condotta in forma di dibattito, sulla letteratura giapponese contemporanea in traduzione e a quella non ancora
2
presentata dall’editoria italiana).

Precisazioni sulla bibliografia

Obbligatorio ai fini dell’esame orale è lo studio della presente dispensa e della bibliografia già resa disponibile
sulla scheda online del corso. Sono tuttavia obbligatori anche i materiali che verranno distribuiti a lezione e reperibili
presso il docente in orario di ricevimento. Tali materiali vengono indicati in modo chiaro nelle pagine che seguono dal
contrassegno  LETTURE OBBLIGATORIE. Per consentire lo studio individuale di chi volesse approfondire gli
argomenti trattati, si forniscono anche indicazioni bibliografiche supplementari, NON obbligatorie ai fini dell’esame e
contrassegnate da  APPROFONDIMENTO.
Di seguito si riporta una bibliografia generale utile per avere un quadro di insieme della cultura giapponese nei
suoi vari ambiti.

Bibliografia generale selezionata


( LETTURE OBBLIGATORIE, GIÀ NELLA SCHEDA ONLINE)

▪ Teresa Ciapparoni La rocca (a cura di), Introduzione alla cultura letteraria del Giappone, Bulzoni, Roma 2001. Leggere:
“Introduzione alla letteratura giapponese” (Ikuko Sagiyama).
▪ Adriana Boscaro (a cura di), Letteratura giapponese. I. Dalle origini alle soglie dell’età moderna, Einaudi, Torino 2005.
Voce: 1) Concetti estetici (Bonaventura Ruperti), pp. 31-37.
▪ Luisa Bienati (a cura di), Letteratura giapponese. II. Dalla fine dell’Ottocento all'inizio del terzo millennio, Einaudi, Torino
2005. Voce: 1) Lingua giapponese moderna (Aldo Tollini), pp. 104-112.

Bibliografia generale selezionata


( LETTURE OBBLIGATORIE, DISPONIBILI A RICEVIMENTO DEL DOCENTE)

▪ Richard J. Bowring, Peter Kornicki, The Cambridge Encyclopedia of Japan, Cambridge University Press, Cambridge
1993: pp. 42-111 (per una visione d’insieme della storia giapponese); pp. 186-225 (per una visione d’insieme dell’arte
giapponese).

Bibliografia generale selezionata


( APPROFONDIMENTO)

3
Si segnalano qui i manuali che possono risultare utili allo studente che intenda approfondire quanto
presentato nel corso.

Per una visione d’insieme della cultura giapponese:


▪ Richard J. Bowring, Peter Kornicki, The Cambridge Encyclopedia of Japan, Cambridge University Press, Cambridge
1993.
▪ H. Paul Varley, Japanese Culture, University of Hawaii Press, 1984.
▪ Katō Shūichi, Letteratura giapponese disegno storico, a cura di A. Boscaro, Venezia, Marsilio Editori, 2000.

Per una visione d’insieme della letteratura giapponese:


▪ Adriana Boscaro (a cura di), Letteratura giapponese. I. Dalle origini alle soglie dell’età moderna, Einaudi, Torino 2005.
▪ Luisa Bienati (a cura di), Letteratura giapponese. II. Dalla fine dell'Ottocento all’inizio del terzo millennio, Einaudi, Torino
2005.
▪ Konishi Jin’ichi, A History of Japanese Literature, Princeton Univ. Press, Princeton 1986.
▪ Donald Keene, Seeds in the Heart. Japanese Literature from Earliest Times to the Late Sixteenth Century. A History of
Japanese Literature Volume 1, New York, Columbia University Press, 1999.
▪ Donald Keene, World Within Walls World Within Walls. Japanese Literature of the Pre-Modern Era 1600-1867, New
York, Holt, Rinehart and Wiston, 1976.
▪ Donald Keene, Modern Japanese Literature from 1868 to Present Day: An Anthology, Tuttle, Rutland Tokyo 1971.
▪ Haruo Shirane (ed.), Early Modern Japanese Literature. An Anthology 1600-1900, New York , Columbia University
Press, 2002.

Per una visione d’insieme della storia giapponese:


▪ Rosa Caroli, Francesco Gatti, Storia del Giappone, Editori Laterza, Bari 2004.

Per una visione d’insieme dell’arte giapponese:


▪ Miyeko Murase, Il Giappone, Utet, Torino 1992.
▪ Miyeko Murase, Sei secoli di pittura giapponese: da Sesshū agli artisti contemporanei, Fenice, Milano 1994 (2000).
▪ Gian Carlo Calza, Ukiyoe: il mondo fluttuante, Electa, Milano 2004.
▪ Penelope Mason, History of Japanese art, second edition revised by Donald Dinwiddie, Pearson Prentice Hall, Upper
Saddle River, N.J 2005.

Per una visione d’insieme del pensiero giapponese:


▪ Massimo Raveri, Itinerari nel sacro. L’esperienza religiosa giapponese, Cafoscarina, Venezia 2006.
▪ Damien Keown, Buddhismo, Einaudi, Torino 1999.

Per una storia della lingua giapponese:


▪ R.A. Miller, The Japanese Language, Tuttle Co., Tokyo
▪ Aldo Tollini, La scrittura del Giappone antico, Cafoscarina, Venezia 2005.

4
N.B. qualora non altrimenti specificato le fotografie di testi antichi originali inseriti nella presente dispensa appartengono
a collezioni private di mia conoscenza.

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PRIMA UNITÀ DIDATTICA

Alle origini della scrittura giapponese e del pensiero shintoista:


lettura ragionata del Kojiki

Iniziamo leggendo...

Kojiki 古事気 (trad. italiana a cura di Mario Marega, Ko-gi-ki. Vecchie – cose – scritte, Laterza, Bari 1938):
pp. 1-6
pp. 33-58
pp. 88-94
p. 244
pp. 257-270
 LETTURA OBBLIGATORIA (materiali distribuiti a lezione e disponibili a ricevimento del docente)
※ Nel 2006 è stata pubblicata una nuova traduzione del Kojiki (Paolo Villani [a cura di], Kojiki. Un racconto di antichi
eventi, Marsilio, Venezia 2006) ma mancando di un adeguato apparato di note si è optato qui per la traduzione di
Marega.

Analizziamo gli elementi fondamentali dell’opera...

Il Kojiki, terminato di essere compilato nel 712 d.C., costituisce insieme al Nihonshoki 日本書紀 il testo
scritto più antico finora conosciuto in Giappone. Il compilatore è Ō no Yasumaro 太安萬侶 il quale su ordinazione
dell’imperatrice Genmei, mette per iscritto quanto, prima di lui, Hieda no Are 稗田阿礼 aveva tramandato oralmente su
ordine del quarantesimo imperatore Tenmu. Quest’ultimo aveva ordinato a Hieda no Are di emendare dagli errori le
vicende tramandate in testi quali il Teiki 帝紀 e lo Honji 本辞, con molta probabilità per giustificare la supremazia che
ottenne su tutto il paese e quindi la supremazia dello uji (氏, “clan”) di Yamato sugli altri.
Il testo si compone di tre maki 巻 (volumi)* che narrano delle origini del Giappone e della costituzione
dell’impero giapponese. Nel primo maki sono raccolti i racconti mitologici sull’inizio del Giappone, incentrati intorno alle
figure di Izanami e Izanagi che attraverso la loro unione permettono la nascita dell’arcipelago giapponese e della stirpe
divina da loro generata. Nel secondo si narrano le vicende del primo imperatore leggendario Jinmu, per continuare con la
6
narrazione della storia nipponica fino al quindicesimo imperatore Ōjin. Nel terzo si riparte dalle vicende che vedono
protagonista il sedicesimo imperatore per concludere con l’imperatrice Suiko (554-628).

* N.B.: il termine maki 巻 verrà più volte utilizzato in questo Corso e quindi è necessario comprenderne a fondo il
significato. La prima accezione è quella di “rotolo”, indicando il supporto del rotolo di seta o di carta che è stato
fino alle soglie del periodo Edo il formato privilegiato con cui i testi venivano fatti circolare. In genere la divisione
fisica in rotoli corrispondeva alla divisione contenutistica del testo in sezioni. Da qui, per un processo metonimico,
il termine maki è stato via via utilizzato per indicare la divisione interna dei testi. In italiano possiamo tradurlo di
volta in volta con “volume”, “capitolo” o “sezione” a seconda del testo preso in considerazione.

I passaggi proposti come letture obbligatorie ci forniscono le linee guida per comprendere gli aspetti principali
del testo, che si segnalano qui di seguito in modo schematico.

① pp. 1-6
- È l’introduzione di Ō no Yasumaro. Scritta in cinese descrive il processo editoriale del testo (pp. 3-4), riassunto
sopra.
- Il testo procede con la descrizione del sistema di scrittura utilizzato (p. 5) [su cui si riflette oltre in “Lingua e
scrittura”].
②pp. 33-58
- Creazione del Giappone sulla base della mitologia tramandata nel ciclo di
Takamagahara. Fulcro di questo ciclo è quello di riconoscere come antenati
diretti del primo imperatore Jinmu le divinità che hanno dato vita all’arcipelago
giapponese. Si afferma una linea ininterrotta tra gli dei Izanagi e Izanami (a loro
volta già generati da altri dei), la dea Amaterasu (divinità del sole; nata
dall’occhio sinistro di Izanagi) e Jinmu.
- Definizione dei fondamenti dello shintō 神道 (culto autoctono giapponese): 1)
concetto di impurità (discesa all’averno di Izanagi, pp. 43-48; vendetta di
Susanoo, pp. 54-55); 2) culto di Amaterasu come divinità centrale nel pantheon
shintoista (pp. 55).
Immagine di Izanagi e Izanami riportata
- Episodio di Ame no uzume (p. 56) considerato il primo esempio della danza in Jinteki mondō (xilografia del 1820)

tradizionale chiamata sarugaku.


- Nell’episodio che vede antagonisti Amaterasu e Susanoo e nell’esito che propone Susanoo sconfitto, bisogna
riconoscere la volontà di affermare la supremazia dello uji di Yamato su quello di Izumo. Si ha dunque una
manipolazione della mitologia e della storia giapponese per giustificare l’egemonia politica dello uji di Yamato di cui
Tenmu e poi Genmei erano capi.
-
③ pp. 88-94
- Definizione dei fondamenti dello shintō: viene sancita la centralità del culto dello specchio solare, ancora oggi
venerato nei santuari shintoisti (p. 90).
④p. 244
7
- Si fa riferimento al sentuario di Ise, tutt’oggi considerato il principale luogo di culto dello shintō.
pp. 257-270
Episodio che vede protagonista Yamato Takeru, primo eroe della tradizione giapponese che soggiogò diverse regioni del
paese. Si segnalano di seguito le principali chiavi di lettura:
- nel momento in cui Yamato Takeru si dimostra in grado di pacificare le dività della montagna, del fiume e del mare,
troviamo traccia di due concetti fondamentali dello shintō: 1) divinizzazione della natura; 2) credenza nella
coesistenza di ciò che è ara (“disordinato”, “caotico”, con una marcata accezione negativa) e ciò che è niki
(“ordinato”, “controllato”, con una marcata accezione positiva). In periodo Nara la poesia era uno degli strumenti
privilegiati per riuscire a trasformare ara in niki, in quanto si riteneva che la parola, e in particolare la parola poetica,
possedesse il kotodama 言霊, ovvero un potere magico-sacrale con cui l’uomo poteva intervenire sugli elementi
dell’esistente.
- Nel punto in cui dialoga con un vecchio nella regione di Tsukuba attraverso uno scambio di poesie si riconosce la
nascita del genere poetico detto renga連歌 (Lett. “uta a catena”che si sviluppò a partire dal XII secolo, in cui più
poeti (in genere tre) componevano a turno il kami no ku 上の句 (5-7-5) e lo shimo no ku 下の句 (7-7) sino a
formare un renga di cento ku).

 LETTURA OBBLIGATORIA (indicata nella scheda online)


Adriana Boscaro (a cura di), Letteratura giapponese. I. Dalle origini alle soglie dell’età moderna, Einaudi, Torino 2005.
Voce: Kojiki (Adriana Boscaro), pp. 174-177.

Lingua e scrittura

Come risulta chiaro dall’introduzione di Ō no Yasumaro, per la comprensione del Kojiki fondamentale risulta
l’aspetto della scrittura utilizzata. Nel momento in cui il Kojiki viene redatto, il Giappone non ha ancora sviluppato un
proprio sistema di scrittura – ovvero un sistema di scrittura ideato per rispondere alle caratteristiche della lingua
giapponese. E i giapponesi scelgono di non ideare un sistema di scrittura, ma di adottare il sistema di scrittura cinese
(kanji 漢字, lett. “segni cinesi”, “sinogrammi”, NON “ideogrammi”) per rappresentare graficamente la lingua giapponese.
Se si pensa che la lingua giapponese ha come caratteristiche fondamentali quelle di essere plurisillabica e agglutinante
mentre la lingua cinese di essere monosillabica e isolante, si comprende la difficoltà di applicare alla prima un sistema di
scrittura ideato per la seconda. La prima possibilità a disposizione dei giapponesi era quella di scrivere utilizzando i
caratteri cinesi e la lingua cinese. Il testo veniva sottoposto a un processo di “traduzione”, modificando l’ordine delle
parole cinesi (lette alla giapponese) e aggiungendo le agglutinazioni proprie della grammatica giapponese. Questo stile è
noto con il termine di kanbun 漢文. La seconda possibilità, sperimentata nel Kojiki e nella raccolta di poesie intitolata
Man’yōshū (di cui si dirà in seguito), era quella di “adattare”, di “addomesticare” la scrittura cinese alla lingua giapponese
utilizzando alcuni caratteri per il loro significato e altri solo per il loro suono. Per comprendere questa tecnica risulta utile
prendere un esempio dal Kojiki.

久羅下那州多陀用幣流之時
8
Sinogrammi usati per il loro significato
之 carattere per collegare due parole stabilendo un rapporto di specificazione
時 carattere con il significato di “epoca”
Sinogrammi usati per il loro valore fonetico
“ku-ra-ge-na-su-ta-da-yo-e-ru” (nome di persona)

 Traduzione: “all’epoca di Kuragenasu Tadayoeru”

È da sottolineare che più sinogrammi potevano essere utilizzati per rappresentare graficamente lo stesso
suono. Si precisa che nel testo troviamo applicato anche l’uso di sinogrammi solo per il loro significato (e letti alla
giapponese = processo di traduzione), come si evince dal seguente esempio:

万物之妖悉起
万物 composto di sinogrammi (kango 漢語; sostantivo) con il significato di “tutte le cose”. Letto alla giapponese
“banbutsu”.
之 carattere per collegare due parole stabilendo un rapporto di specificazione.
妖 sostantivo con il signifcato di “pericolo”. Letto alla giapponese “wazawai”.
悉 avverbio con il significato di “spesso”. Letto alla giapponese “kotogotoku”.
起 verbo con il significato di “accadere”. Letto alla giapponese “okiru”.

 Traduzione: “I pericoli di tutte le cose spesso si manifestano”

A lezione verranno mostrate porzioni del Kojiki conservato presso la Tenri Library di Nara e presso il Fondo Marega
dall’Università Pontificia Salesiana di Roma e verrà spiegato con esempi concreti il funzionamento del sistema di scrittura
qui descritto.

Contesto letterario

Della stessa epoca del Kojiki sono da segnalare altri tre testi che hanno caratterizzato il patrimonio letterario e
culturale.

① Nihonshoki 日本書紀
Terminato di essere compilato a più mani nel 720 e costituito da trenta maki, l’opera ricostruisce la storia
giapponese dalle origini fino al quarantunesimo imperatore Jitō (690-697). La maggiore lunghezza rispetto al Kojiki è
imputabile alla scelta di riportare con dovizia di particolari i fatti storici narrati, mostrando un atteggiamento più
“scientifico” nel momento in cui non si sceglie una sola spiegazione nel presentare un fatto ma si riportano fedelmente
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anche quelle diverse o discordanti. La maggiore differenza con il Kojiki, però, è la scelta di scrivere in kanbun 漢文 (in
sinogrammi e in lingua cinese). La scelta di scrivere in cinese risponde a due esigenze primarie: innanzitutto permette di
adottare con agio lo stile e la struttura dei testi storiografici cinesi presi a modello e in secondo luogo consente al testo di
venire letto e compreso anche dai cinesi. Questo ultimo punto era centrale per lo scopo affidato al testo, ovvero quello di
dimostrare alla Cina la supremazia dell’impero giapponese; supremazia suggellata dal fatto che l’imperatore giapponese,
a differenza di quello cinese, vanta un’origine divina.
Il Nihonshoki è il capostipite di un gruppo di altri cinque testi conosciuto con il nome collettivo di Rikkokushi
(lett. “le sei storie nazionali”).

② Man’yōshū 万葉集
È un’antologia di poesie composta probabilmente intorno alla metà dell’VIII secolo. Consta di venti maki
contenenti circa 4.500 poesie. Viene definita un’antologia “privata”, in quanto non commissionata su ordine imperiale.
L’importanza di questa antologia risiede in due punti fondamentali. Il primo riprende quanto già spiegato per il
sistema di scrittura utilizzato nel Kojiki. Anche nel Man’yōshū troviamo applicata la commistione di sinogrammi usati per il
loro significato e di sinogrammi usati per il loro significante fonetico, con la prevalenza di questi ultimi tanto che li si
designa proprio con il termine di man’yōgana (kana del Man’yōshū). Come per il Kojiki è utile riprendere un esempio
concreto per capire il funzionamento del man’yōgana.

鳥梅能波奈 伊麻佐加里奈利 毛毛等利能 己恵能古保志枳 波流岐多流良期


u-me-no-ha-na i-ma-sa-ka-ri-na-ri mo-mo-to-ri-no ko-e-no-ko-ho-shi-ki ha-ru-ki-ta-ru-ra-shi

Tutti i sinogrammi di questo esempio sono usati solo per il loro valore fonetico (non c’è nemmeno la commistione con
sinogrammi usati per il loro significato come identificato per il Kojiki). Se volessimo riscrivere la stessa poesia con
l’attuale sistema di scrittura ci troveremmo di fronte al seguente testo:

梅の花 今盛りなり 百鳥の 声の恋ほしき 春来たるらし


 Traduzione: “I fiori di pesco / ora sono nel pieno della fioritura / di cento uccelli / il canto è carico di nostalgia / nella
sopraggiunta primavera”.

Il secondo punto di interesse di questa antologia riguarda la formazione della poesia giapponese con le sue
caratteristiche specifiche. Nel Man’yōshū troviamo la compresenza di molte tipologie poetiche che possono essere
elencate come segue:

• tanka 短歌
Anche mijikauta (lett. “uta breve”). È composto di 31 sillabe (alternate in 5-7-5-7-7 sillabe), che a loro volta si
suddividono in kami no ku 上の句 , 5-7-5, e shimo no ku 下の句 , 7-7. È questa tipologia poetica che dopo il
Man’yōshū 万葉集 diventerà la forma canonica della poesia classica giapponese, tanto che verrà rinominata waka
和歌 (lett. “poesia giapponese”).
• chōka 長歌
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Anche nagauta (lett. “uta lungo”) con il metro: 5-7, 5-7, 5-7, … 7-7.
• sedōka 旋頭歌
Si tratta della tipologia più antica, caratterizzata dall’alternanza di 5-7-7, 5-7-7 sillabe.

N.B. Il termine uta 歌 (in lettura sino-giapponese “ka”) presente in tutti i termini sopra riportati indica “canto, canzone,
poesia”.
N.B.2 Alla base della poesia giapponese sta il ritmo scandito dall’alternanza di 5 e 7 sillabe. Senza percepire questa
scanzione non è possibile comprendere il carattere della poesia giapponese.

Per prendere dimestichezza con i contenuti assai vari di questa antologia si consiglia la lettura delle traduzioni riportate
in: Ikuko SAGIYAMA, Antologia della poesia giapponese classica (dispensa universitaria).

③ fudoki 風土記
Si tratta di un insieme di testi ordinati dall’imperatrice Genmei nel 713. Vengono registrati i nomi dei territori; i
prodotti tipici di ogni regione; informazioni sulla produttività della terra; i nomi di fiumi, monti, pianure con relativa origine;
le leggende e i miti tramandati dagli anziani del posto. In altre parole sono resoconti sulla situazione geografica del paese.
Sopravvive oggi nella sua interezza solo lo Izumo fudoki (completato nel 733) e ci sono giunti parziali solo altri quattro
testi, ma si sa che in origine dovevano essere quarantanove.

Contesto storico

 Periodo preistorico e protostorico


- 10000 a.C. ~ 300 a.C. periodo Jōmon (con produzione di ceramiche dal caratteristico disegno a corda; caccia
e pesca come attività principali).
- 300 a.C. ~ 300 d.C. periodo Yayoi (dopo l’introduzione della risicoltura; arrivo dalla Cina di armi, specchi di
bronzo, attrezzi agricoli in legno, pietra e ferro; culto shintoista con kami 神, “divinità” riconosciute negli elementi
naturali).
- 300 d.C. ~ 710 sec. d. C. periodo Kofun (edificazione di grandi tombe a forma di tumulo [kofun 古墳] di cui
rimangono ancora oggi testimonianze nella zona di Nara; produzione di sculture in terracotta dette haniwa 埴輪
utilizzate come corredo funerario; esistenza di uji 氏, “famiglie allargate”, “clan” che detenevano il dominio di un
territorio; esistenza degli uijigami 氏神, antenati divini da cui gli apparteneneti a ogni clan ritenevano discendere;
fu il clan di Yamato a consolidare la propria supremazia sugli altri uji muovendosi verso una centralizzazione del
paese, da cui si comprende la necessità riscontrata nel Kojiki di affermare l’origine da Amaterasu di questo uji).

 Transizione al periodo storico


- VI sec.: introduzione del buddhismo (nel Nihonshoki si parla del 552 mentre molti studiosi lo collocano al 538;
regno dell’imperatore Shōtoku Taishi 聖徳太子 che svolse un ruolo centrale nella diffusione del buddhismo e
nell’adozione delle concezioni cinesi per la creazione di uno stato centralizzato).
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- 640: redazione della “Costituzione in diciassette articoli” che sancisce: 1) affermazione del diritto sovrano dello
uji di Yamato, creazione di una struttura burocratica centralizzata e abolizione della possibilità di avere due
sovrani; 2) definizione del concetto di armonia confuciana che deve prevalere nella società; 3) ruolo centrale del
buddhismo.
- 694: fondazione della prima capitale stabile a Fujiwara (nord di Asuka).
- 702: entra in vigore il Codice Ritsuryō che getta le basi del sistema amministrativo giapponese.

 Periodo Nara
- Trasferimento della capitale a Nara (chiamata Heijō-kyō).
- realizzazione del Grande Buddha del Tōdai-ji (il buddhismo assurge al ruolo di religione di stato, dando forza e
prestigio al potere imperiale). Si fa notare che sin da quest’epoca buddhismo e shintō convissero in modo
pacifico, rispondendo a esigenze diverse.

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SECONDA UNITÀ DIDATTICA

Il labile confine tra prosa, poesia e arte:


l'estetica della corte imperiale attraverso una lettura ragionata
del Genji monogatari e del Kokinwakashū.

Iniziamo leggendo...
1) “amayo no shinasadame” 雨夜品定
(“conversazione sulle donne in una notte di pioggia”) dove si parla dell’ideale di donna per i gentiluomini dell’epoca;
Hahakigi 帚木 (cap. 2), edizione italiana pp. 26-49; Tyler, pp. 21-44.
2) “monogatariron” 物語論
(“sul monogatari”) cap. 25 Hotaru 蛍, edizione italiana it. pp. 690-99; Tyler, pp. 461-463.
3) cap. 8 “hana no en” 花のえん; Tyler, pp.155-161.
 LETTURA OBBLIGATORIA (materiali distribuiti a lezione e disponibili a ricevimento del docente)

- Traduzione italiana:
Adriana Motti (a cura di), La storia di Genji il principe splendente, Einaudi, Milano 1969 (traduzione condotta su quella
originale di Arthur Waley).
- Traduzione inglese:
Royall Tyler, The Tale of Genji, Penguin Books, Weiss 2001.

Analizziamo gli elementi fondamentali dell’opera...

Il capitolo scelto come lettura obbligatoria è uno dei cinquantaquattro capitoli (jō) che compongono il testo
intitolato Genji monogatari 源氏物語.
Il testo è storicamente attribuito a Murasaki Shikibu 紫式部, una dama della corte imperiale. Nessun
manoscritto oggi sopravvissuto riporta il nome dell’autrice, ma riferimenti all’interno del diario di Murasaki Shikibu e la
presenza di poesie riprese da antologie poetiche imperiali in cui sono registrate con il nome di Murasaki Shikibu hanno
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fatto in modo che sin dal periodo Heian l’attribuzione del testo a questa dama di corte diventasse la visione canonica.
Tuttavia, se tutti i cinquantaquattro capitoli siano effettivamente stati composti dalla medesima persona è tutt’oggi motivo
di dibattito. Il fatto che l’autrice sia una donna verrà ripreso e commentato in seguito in questa Unità Didattica.
Sulla base di precise evidenze testuali ed extratestuali, la data di compilazione dell’opera viene posta intorno
agli inizi dell’XI secolo, quindi a metà del periodo Heian.
La struttura del testo prevede una suddivisione in cinquantaquattro jō 帖 (qui tradotto come “capitolo”).
Non è possibile stabilire se l’attuale ordine corrisponde a quello originario, ma la lunga tradizione di studi sul testo
incominciata con il Genji shaku 源氏釈 di Fujiwara no Koreyuki della fine dell’XI secolo-inizio del XII ha codificato il testo
nella struttura che ancora oggi leggiamo.
Il titolo offre al lettore indicazioni sul contenuto e sul genere.
A) Contenuti
“Genji” fa riferimento al protagonista, Hikaru Genji, figlio dell’imperatore Kinjō e della sua seconda moglie Kōtei (Kiritsubo).
L’esistenza del protagonista, raccontata dalla nascita alla morte, viene descritta come incentrata attorno a innumerevoli
rapporti amorosi e a precari equilibri politici, inserita nel mondo ritretto e uniforme della corte imperiale. Sebbene i
sentimenti messi in scena, le passioni che sconvolgono gli animi degli amanti, gelosie e invidie che turbano gli spiriti sono
descritti con assoluto realismo, Genji subisce un processo di idealizzazione tale per cui diventerà per secoli l’icona
dell’amatore ideale (insieme ad Ariwara no Narihira; vedi dopo Ise monogatari). L’esistenza di Genji è di certo il cardine
del testo e, secondo la critica giapponese, da questo fulcro si schiudono sei percorsi tematici:
1) scontri politici tra la fazione del Ministro della Sinistra a cui è legato Genji e il Ministro della Destra a cui è
legata Kokiden no Nyōgo;
2) l’amore di Genji per Fujitsubo, prima moglie dell’imperatore, in cui rivive l’amore per la madre perduta. Tutti gli
amori di Genji si nutriranno di questo patologico complesso edipico;
3) il principio di concatenazione buddhista, in base al quale la situazione attuale è determinata dalle azioni della
vita precente e determina a sua volta quelle della vita futura (principio del karma);
4) capitoli di Suma e di Akashi in cui si descrive l’esperienza dell’esilio per i nobili di corte dell’epoca;
5) eventi miracolosi che vedono protagonista la divinità di Sumiyoshi;
6) avventure amorose del giovane Genji.
A questo si aggiunga la constatazione che attraverso il Genji monogatari il lettore può avere un’idea precisa di quella che
era la vita alla corte durante il periodo Heian.
La scelta di “Hana no en” e di “amayo no shinasadame” risponde a quest’ultima possibile modalità di
lettura. L’analisi che effettueremo a lezione metterà in luce le tematiche qui indicate per punti.
N.B. per la trama si legga:
Adriana Boscaro (a cura di), Letteratura giapponese. I. Dalle origini alle soglie dell'età moderna, Einaudi, Torino 2005.
Voce: Genji monogatari (Adriana Boscaro), pp. 151-158.
 LETTURA OBBLIGATORIA (indicata nella scheda online)

B) Genere
Il secondo termine del titolo, “monogatari”, ci dà indicazione di quello che oggi è riconosciuto come un genere letterario e
che già all’epoca era percepito come una specifica tipologia di testi. Il termine “monogatari” si compone di mono 物
(“cose”) e kataru 語る (sostantivizzato in “katari”; “raccontare”). Quindi si tratta di “storie raccontate”, di fiction in prosa e
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in versi, in giapponese. È implicita l’idea di un tessuto narrativo con una trama, sebbene molto esile agli occhi di un lettore
moderno. Il termine non corrisponde né a “romanzo”, né a “racconto”, nel significato dato in Occidente. In origine erano
testi letti in ristretti circoli nell’ambiente di corte della capitale, e solo più tardi circolanti in poche copie manoscritte. Come
si evince dal “contesto letterario” riportato di seguito, già prima del Genji monogatari esistevano esempi di monogatari. Ma
è proprio nel Genji monogatari che troviamo una riflessione su cosa sia monogatari, nel capitolo “Hotaru” (lettura
obbligatoria di questo corso). Murasaki Shikibu si inserisce in un contesto letterario che riconosceva nella poesia
l’espressione sincera del cuore umano e nel monogatari un insieme di “invenzioni” (tsukurimono), di “menzogne”
(soragoto), dando alla prima un valore positivo e imponendo al secondo un pesante giudizio di valore. Murasaki Shikibu,
attraverso la voce del protagonista Genji, rinnova in modo radicale questa visione. Fulcro dei monogatari è tutto ciò che
una persona sperimenta realmente nella vita quotidiana; quel qualcosa che non può essere chiuso nel cuore umano ma
che si sente la necessità di tramandare agli altri. Nel momento in cui si trasmettono questi fatti veri, però, non è possibile
fornire nomi reali ed è altresì necessario porre l’accento sulla bontà o sulla malvagità dei fatti narrati. È in questo modo
che sulla verità interviene la finzione; una finzione che mai, però, soppianta la verità. L’oggetto rimane sempre e
comunque l’uomo, nella sua realtà. Questa riflessione sul monogatari diventa per noi lettori una chiave di lettura dell’intero
testo che ci porta a cogliere una sapiente tensione tra verità e fiction.
È necessario riportare l’attenzione sul fatto di aver definito monogatari come “fiction in prosa e poesia”. Come
in parte si era notato già nel Kojiki (sebbene ancora in forma embrionale), in Giappone non esiste una cesura netta tra
prosa e poesia, prevedendo testi che propongono la compresenza di entrambi. Nella lettura dei passaggi obbligatori del
Genji monogatari si porrà l’accento sul fatto che la poesia (waka) diventa il momento in cui i sentimenti descritti nel testo
in prosa trovano sublimazione e sul fatto che è la poesia ad essere lo strumento privilegiato di comunicazione fra uomo e
donna. In periodo Heian l’apice di compenetrazione tra prosa e poesia è rappresentato, come vedremo nel Contesto
Letterario, dagli utamonogatari 歌物語 che sono concepiti come fusione tra poesia e prosa, con la predominanza della
prima sulla seconda.

Lingua e scrittura

La grande novità riscontrabile nel Genji monogatari (così come in tutta la produzione che analizzeremo nel
Contesto Letterario) rispetto a quanto abbiamo visto nella Prima Unità Didattica è che viene elaborato un sistema di
scrittura adeguato alla lingua giapponese. È nel periodo Heian, infatti, che vengono creati i due alfabeti sillabici ancora
oggi utilizzati nel giapponese: entrambi definiti kana 仮名 e ulteriormente divisibili tra hiragana 平仮名 e katakana 片仮
名. Il primo deriva da una semplificazione del tratto corsivo dei man’yōgana (visti nella precedente Unità Didattica e intesi
come sinogrammi utilizzati per il loro valore fonetico) e il secondo dalla selezione di una parte di ogni singolo man’yōgana
scritto in kaisho 楷書 (uno dei cinque stili calligrafici, non corsivo). L’unica accortezza nel comprendere la formazione dei
due alfabetici sillabici è rendersi conto di una differenza fondamentale rispetto al giapponese moderno: se oggi nello
hiragana abbiamo un solo segno fonetico sillabico per ogni singolo suono, all’epoca più segni potevano essere utilizzati
per rappresentare graficamente uno stesso suono, in quanto molteplici erano i man’yōgana da cui derivavano. I kana che
fanno parte dello hiragana del passato vengono denominati hentaigana 変体仮名 (lett. “kana di forma diversa”) e
caratterizzeranno la scrittura giapponese fino al periodo Meiji.
La scrittura in kana veniva definita con il termine onnade 女手 (lett. “mano femminile”). Questa affermazione
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deve essere compresa in modo chiaro onde evitare pericolosi fraintendimenti. Innanzitutto se è vero che il termine
onnade indica il kana, è altrettanto vero che qui kana sta a indicare per metonimia la “lingua giapponese”. O meglio la
lingua giapponese rappresentata graficamente dal kana. Quindi “scrivere in kana” significa “scrivere in giapponese” e il
fatto che questo sia definito con il termine onnade indica che erano principalmente le donne a utilizzare la lingua
giapponese e la scrittura kana. “Principalmente” diciamo, nel senso che non era proibito agli uomini usare lingua
giapponese e scrittura kana, ma gli uomini per il tipo di produzione scritta cui erano usi (resoconti ufficiali, poesia in cinese,
diari ufficiali) utilizzavano per lo più la lingua cinese e quindi il kanbun. Però era la lingua giapponese (e quindi di
conseguenza il kana) a essere considerato lo strumento privilegiato per esprimere i propri sentimenti e per esplorare il
mondo all’ombra dell’ufficialità. E per lo più erano le donne a dedicarsi a questa produzione. Vedremo però con la poesia
e con il Tosa nikki (nel Contesto Letterario) che ci sono state trasmesse opere interamente o parzialmente maschili scritte
in onnade.
A lezione verranno mostrate porzioni del Genji monogatari emaki (“Rotolo illustrato del Genji monogatari”)
conservato presso The Tokugawa Art Museum di Nagoya e verrà spiegato con esempi concreti il funzionamento del
nuovo sistema di scrittura. In particolare verrà messo in luce come la scelta del kana permetta una ricerca estetica del
tratto calligrafico assente nell’epoca precedente, e come illustrazioni policrome e calligrafia entrino a far parte di una
stessa concezione artistica. Si sottolineerà, altresì, come tale ricerca estetica sia ancora del tutto scevra da una visione
buddhista (in particolare zen), andando a erodere uno stereotipo comune che vede un binomio ineludibile tra calligrafia
giapponese e buddhismo zen.

Contesto letterario

Nel periodo Heian si assiste all’“esplosione” della letteratura con la nascita e lo sviluppo di svariati generi
letterari, dalla prosa alla poesia. Si ribadiscono qui due punti a cui si è già accennato nei paragrafi precedenti:
→ manca una distinzione netta tra poesia e prosa, nel senso che la consuetudine le vuole presenti in uno stesso testo e
che la prosa vede il proprio ritmo influenzato dalla scansione propria della poesia in cinque e sette sillabe.
→ nonostante ciò esisteva un giudizio di valore netto tra poesia e monogatari: la prima era considerata superiore in
quanto ritenuta “vera”, mentre il secondo inferiore in quanto ritenuto un insieme di “falsità” e di frivolezze.
Di seguito si propone una carrellata dei principali testi che segnano il panorama letterario del periodo Heian.

MONOGATARI PRECEDENTI AL GENJI MONOGATARI

1) Taketori monogatari 竹取物語. Composto da autore ignoto tra il 901 e il 922, è considerato il primo monogatari della
storia letteraria giapponese (il più antico manoscritto oggi sopravvissuto è di epoca più tarda e oggi conservato presso la
Tenri Library. Una foto verrà mostrata a lezione). Narra le vicende di Kaguyahime, principessa della Luna. Ritrovata da un
vecchio tagliabambù in un tronco di bambù, la sua esistenza è caratterizzata da elementi fantastici tra cui la splendente
beltà che ne diventa caratteristica basilare. Il testo procede nella descrizione delle prove d’amore richieste dalla
principessa ai cinque pretendenti che la chiedono in moglie. L’impossibilità delle prove descritte è determinata dal destino
scritto per la giovane Kaguyahime di dover ritornare nel suo mondo e l’atteggiamento via via diverso dei pretendenti mette
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a nudo le svariate possibilità dell’animo umano di fronte alle prove riservate dall’amore. Dopo che Kaguyahime viene
riportata sulla luna, l’imperatore che per lei aveva trovato il filtro dell’immortalità lo brucia sul monte Fuji; episodio citato
nella letteratura successiva per spiegare la presenza del fumo che si leva incessante dal monte Fuji.

 APPROFONDIMENTO
- Adriana Boscaro (a cura di), Storia di un tagliabambù (Taketori monogatari), Marsilio, Venezia 1994.
- Kristeva Tzvetana, “The Pattern of Signification in the Taketori monogatari: The ‘Ancestor’ of all Monogatari”, in Japan
Forum, 2, 2, 1990, pp. 253-260.

2) Ise monogatari 伊勢物語. Si tratta di un uta monogatari. Per la spiegazione del testo si veda:
Adriana Boscaro (a cura di), Letteratura giapponese. I. Dalle origini alle soglie dell'età moderna, Einaudi, Torino
2005. Voce: Ise monogatari (Laura Moretti), pp. 166-168.
 LETTURA OBBLIGATORIA (indicata nella scheda online)

②I L FILONE DEI REKISHI MONOGATARI

Ne fanno parte testi come lo Eiga monogatari 栄華物語 e lo Ōkagami 大鏡. Il termine che indica questo
genere letterario unisce “rekishi” (lett. “storia”, “storiografia”) e il già citato “monogatari”. Due sono le differenze sostanziali
rispetto alla storia annalistica dei rikkokushi a cui si è accennato nella Prima Unità Didattica: 1) sono scritti in giapponese
e in kana; 2) offrono un tentativo di interpretazione e di analisi personale della storia. Lo Eiga monogatari, scritto da una
donna, narra la storia del Giappone in quaranta maki partendo dall’imperatore Uda (887-897) fino all’imperatore Horikawa
(1086-1107). Il secondo utilizza la struttura narrativa del dialogo per narrare la storia giapponese dall’imperatore Montoku
(850-858) arrivando all’imperatore Ichijō (986-1011).

③I L GENERE DEI SETSUWA 説話

Il termine, che è moderno, sta a indicare l’aneddoto, la leggenda, il racconto popolare. I racconti che fanno
parte di questo genere hanno in comune la brevità, il linguaggio semplice, una supposta base reale, l’enfasi su un solo
tema narrativo, assenza di descrizioni e di analisi psicologica, una tendenza al dialogo come tecnica narrativa, fonti orali
(di argomento fantastico, triste, umoristico, bizzarro, terrificante), talvolta a sfondo religioso. Agli inizi i monaci buddhisti
diffondevano il loro credo usando questi semplici racconti ai quali aggiungevano una morale, e i trasmettitori di setsuwa
sono stati appunto i biwa hōshi 琵琶法師, monaci itineranti ciechi che si accompagnavano con uno strumento a corde
detto biwa. Quando il setsuwa tratta della diffusione del buddhismo, delle vite dei santi, di storie di templi e così via, si
parla di bukkyō setsuwa 仏教説話.
Due sono le collezioni di setsuwa che si ricordano:
1) Nihonryōiki 日本霊異記 (822 ca.). Il titolo completo è Nihonkoku genpō zen’aku ryōiki [reiiki] 日本国現報善悪
霊異記 (Storie miracolose di bene premiato e di male punito in questa vita in Giappone).
2) Konjaku monogatari shū 今昔物語集 (1120, data più accreditata). Ogni setsuwa ha inizio con la frase “Ima wa
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mukashi 今は昔” (Ora, [è del] passato), lettura kun dei caratteri che nel titolo sono letti in on’yomi (konjaku). È una
raccolta di più di mille setsuwa, divisa in tre grandi parti che trattano rispettivamente dell’India, della Cina e del Giappone
seguendo il percorso della diffusione del buddhismo nei tre paesi. Trattano di vite di santi patriarchi, dei poteri miracolosi
del Buddha, di fondazione di templi, di bene premiato e di male punito in questa e nell’altra vita, di storie di elevazione
morale (sono quindi dei bukkyō setsuwa). Una sezione molto interessante è la parte dedicata al Giappone “laico” dove
non solo è forte l’elemento folcloristico, ma dove fanno per la prima volta la loro comparsa in un testo letterario
giapponese i guerrieri, il ceto emergente.

③I L GENERE DEI NIKKI 日記

Il termine nikki si compone dal sinogramma di “giorno” e da quello di “registrare” (in giapponese il verbo
shirusu 記す). Si tratta di appunti quotidiani che vengono tenuti in lingua giapponese e in kana. Non hanno nulla
dell’ufficialità dei diari in kanbun tenuti dagli uomini. In genere sono autori di nikki le donne, che affidano alla parola scritta
la descrizione della vita quotidiana alla corte con tutte le sue implicazioni (sentimentali, politche, sociali, artistiche,
intellettuali). Al centro della narrazione, che non necessariamente si propone in modo rigido come una registrazione
quotidiana, stanno i sentimenti e le emozioni provate dalla donna autrice, narratrice e protagonista del testo.
Da ricordare in questo genere è:
1) Tosa nikki 土佐日記 (935)
È il primo nikki, non di mano femminile ma maschile. L’autore è il poeta Ki no Tsurayuki 紀貫之 (che ritroveremo poi per
la poesia), che per scrivere si finge donna (nell’incipit scrive: “i diari sono scritti dagli uomini [quelli ufficiali tenuti in
kanbun], mi si dice, ma ne scrivo uno per vedere cosa una donna può fare [finzione narrativa]”). Il patto narrativo si fa,
dunque, molto più complesso di quello di un diario a cui un lettore occidentale può essere abituato: l’autore (uomo) si
finge donna; il narratore (donna) descrive lo stato d’animo di un protagonista maschile (l’autore stesso) che torna da Tosa
a Kyōto dopo aver perso la propria figlia. Sfruttando le possibilità offerte dall’onnade nell’espressione dei sentimenti umani,
l’autore riesce a raccontare il proprio dolore oggettivandolo attraverso la complessa cornice narrativa impiantata in questo
nikki.

Altri nikki sono


 Kagerō nikki 蜻蛉日記 (Diario di un’effimera, 974 ca.) di Fujiwara Michitsuna no haha;
 Izumi Shikibu nikki 和泉式部日記 (1003);
 Murasaki Shikibu nikki 紫式部日記 (1010 ca.);
 Sarashina nikki 更級日記 (1058 ca.) di Sugawara Takasue no musume;
 Towazugatari とわずがたり (1306) di Nijō.

In genere incluso nella categoria dei nikki, è anche il Makura no sōshi 枕草子, sebbene alla lettura il testo si
mostri refrattario a ogni tipo di rigida classificazione. Scritto dalla dama di corte Sei Shōnagon 清少納言 intorno al 1020,
il testo si presenta come una raccolta di circa trecento passaggi indipendenti l’uno dall’altro. Tre sono le tipologie di testo
che possono essere riscontrate:
1) liste intorno a un argomento comune (definite dalla critica giapponese come mono wa zukushi o mono wa zuke);
2) passaggi che introducono un nuovo stile (poi riconosciuto in seno alla letteratura giapponese come genere letterario)
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che è lo zuihitsu 随筆. Il termine potrebbe essere tradotto letteralmente con “affidarsi allo scorrere del pennello” e
sta a indicare un tipo di scrittura tale per cui l’autore affida alla carta i suoi pensieri in totale libertà. Da questo punto
di vista si veda il celebre incipit del Makura no sōshi in cui si descrivono le peculiarità delle stagioni giapponesi
(passaggio che verrà letto a lezione);
3) passaggi che riprendono le convenzioni di nikki registrando avvenimenti quotidiani.

La difficoltà di inserire il testo in un genere specifico non deve stupire e anzi mette in luce una caratteristica
importante di tutta la letteratura giapponese su cui il presente Corso porterà più volte a riflettere. Questa
caratteristica è la mancanza in Giappone del bisogno di unità che invece ha dominato il panorama letterario
occidentale da Platone in poi. Frammentarietà, strutture modulari, ibridismo, polifonia e concetti simili emergono
in modo magistrale all’interno del Makura no sōshi e verranno riproposti come ulteriori riflessioni nelle Lezioni
successive alla terza.

④L E ANTOLOGIE POETICHE IMPERIALI: IL KOKIN WAKA SHŪ 古今和歌集

L’inizio del periodo Heian vede la diffusione massiccia della produzione di kanshi 漢詩, ovvero di poesia
composta in cinese. Tra i poeti più celebri si ricorda Sugawara no Michizane 菅原道真 (845-903) che è celebrato oggi
come Tenjin 天神, divinità protettrice del sapere. È nel decimo secolo che viene sancita la rivalsa dello waka e si dà il via
a un periodo d’oro per la poesia giapponese in trentun sillabe con la stesura nel 905 dell’antologia poetica imperiale
古今集). Si tratta della
conosciuta con il titolo di Kokin waka shū (conosciuta in forma abbreviata con il titolo di Kokinshū
prima delle ventuno antologie poetiche imperiali di waka conosciute con il nome collettivo di chokusenshū 勅撰集. È
stata ordinata dall’imperatore Go Daigo e curata da Ki no Tsurayuki (già citato come autore del Tosa nikki).
Il Kokinshū riveste un’importanza fondamentale per svariati motivi tra cui, nel presente Corso, ci focalizzeremo
sui tre seguenti:
1) La struttura del Kokinshū definisce il canone strutturale per le future antologie poetiche. I venti maki prevedono una
scansione tematica, con i primi sei che seguono la progressione temporale delle stagioni (due per la primavera, uno
per l’estate, due per l’autunno e uno per l’inverno; dando quindi preminenza alle stagioni che risultano più evocative
per il clima giapponese) e gli altri che affrontano le tematiche più svariate, tra cui cinque maki per le poesie d’amore.
2) La presenza di una prefazione in giapponese (scritta da Ki no Tsurayuki) che costituisce un vero e proprio manifesto
della poesia giapponese. →  LETTURE OBBLIGATORIE Ikuko SAGIYAMA (a cura di), Kokin Waka shū, Milano,
Ariele, 2000, pp. 38-62. Sulla prefazione ci soffermeremo a lezione prendendo in considerazione: 1) l’identità e la
natura dello waka 和歌 (ovvero “poesia di Yamato”, “poesia giapponese”); 2) il ruolo della poesia (“La poesia di
Yamato ha come radici il cuore degli uomini e per foglie le migliaia di parole”); 3) la supremazia della poesia
giapponese su quella cinese.
3) Applicazione di scelte retoriche e stilistiche che diventeranno canoniche per lo waka In particolare a lezione si
掛詞 (lett. “parole-pernio”), 2) jo kotoba 序詞 (lett. “parole introduttive”) e
analizzeranno esempi di: 1) kakekotoba
kotobagaki 詞書, 3) makura kotoba 枕詞 (lett. “parole cuscino”).

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Contesto storico (Periodo Heian)

- Grazie al processo di adozione del modello di stato cinese, si venne definendo in modo sempre più vigoroso un
sistema centralizzato con il potere politico e sacrale concentrato nella figura dell’imperatore (in giapponese tennō).
- Intorno alla figura dell’imperatore ruotava una burocrazia costituita da un numero limitato di famiglie aristocratiche. La
posizione che i membri delle famiglie ottenevano a corte sanciva il potere politico dell’intera famiglia. Tale aristocrazia
di corte venne definita con il titolo di kuge 公家
- La famiglia che ottenne più potere, grazie al fatto di detenere il monopolio sulla carica di Reggente Imperiale, fu la
famiglia dei Fujiwara. Fujiwara Yoshifusa (804-872) riuscì a strappare ai principi imperiali il ruolo di Primo Ministro e
di Capo del Consiglio di Stato e quando salì al trono l’imperatore Seiwa, ottenne il titolo di sesshō (Reggente
Imperiale). Il sistema dei reggenti ottenne ulteriore rafforzamento quando per Fujiwara Mototsune (836-891) venne
creato il titolo di kanpaku (reggente di un imperatore adulto). Grazie a un’accorta politica matrimoniale i Fujiwara
poterono per decenni assicurarsi il controllo sulle cariche di sesshō e di kanpaku. Fu solo nel 1086 che, attraverso
l’istituzione della carica di Imperatore in Ritiro (insei), si riuscì ad arginare quello che era ormai diventato lo strapotere
dei Fujiwara.
- Nascita degli shōen: possedimenti terrieri privati, su cui il beneficiario dell’esenzione fiscale deteneva tutti i compiti. È
in seno agli shōen che si viene a formare e a rafforzare progressivamente una classe di aristocratici militari
conosciuti con le denominazioni di buke 武家, bushi 武士 o samurai (anche saburai) 侍.
- Nel 1156 si verifica uno scontro tra fazioni che sostenevano l’imperatore Sutoku (imperatore in ritiro che cercava di
mettere sul trono il figlio) e l’imperatore Go Shirakawa che prese il trono, creando disordini in tutto il paese noti con
l’appellativo di Hōgen no ran (“disordini dell’era Hōgen). In particolare due furono i clan militari coinvolti: i Taira
(guidati da Kiyomori) e i Minamoto (chiamati anche Genji). Nel 1156 ebbero la meglio i Taira, ma dopo che Minamoto
no Yoritomo si mise alla guida dei Minamoto, i Taira trovarono la sconfitta durante la battaglia di Dannoura.
- Il punto da sottolineare con vigore è che se la prima parte del periodo Heian aveva conosciuto un periodo di pace e
di prosperità, dall’inizio del XII secolo il Giappone conosce un periodo di lotte cruente che andranno a rinvigorire
l’idea buddhista di essere in un periodo di degenerazione della legge. Come vedremo nella prossima Unità Didattica
sarà proprio questo spirito a caratterizzare la produzione culturale del periodo successivo.
- Ingresso del buddhismo tantrico con la fondazione da parte di Kōbō Daishi (Kūkai) della scuola Shingon. Nella fine
del periodo Heian prese piede il buddhismo della Terra Pura di cui si dirà nell’Unità Didattica successiva.

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TERZA UNITÀ DIDATTICA
Il periodo di degenerazione della Legge:
la visione buddhista del mondo attraverso il fluire dei pensieri nello Tsurezuregusa.

Iniziamo leggendo...

Brani dallo Tsurezuregusa 徒然草, nella traduzione a cura di Donald Keene (trad. it. di Adriana Motti), Momenti d’ozio,
Adelphi, Milano 1992:
p. 30
pp. 39-42
pp. 44-48
pp. 55-57
pp. 63-64
pp. 84-85
pp. 10-106
pp. 126-139
 LETTURA OBBLIGATORIA (materiali distribuiti a lezione e disponibili a ricevimento del docente)

Analizziamo gli elementi fondamentali dell’opera...

Lo Tsurezuregusa 徒然草 fu scritto da Kenkō Hōshi 兼好法師 (o Yoshida Kaneyoshi 吉田兼好) tra il
1323 e il 1331. Nel momento in cui Kenkō scrive il testo, il suo status sociale è quello di un monaco buddhista che ha
scelto l’eremitaggio.
Se dovessimo inquadrare il testo all’interno di un genere letterario preciso, dovremmo parlare di zuihitsu
(secondo la definizione già data nell’Unità Didattica precedente). L’incipit del testo è indicativo per comprendere
l’atteggiamento con cui l’autore si è messo al lavoro:

Nella mia condizione di ozio [tsurezure naru mama ni], da mane a sera mi rivolgo alla pietra per l’inchiostro e dato

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che, senza una ragione precisa, metto per iscritto quisquiglie [yoshinashigoto] che passano per la mente, mi sento
strano, quasi come se fossi quasi impazzito. (L.M.)

L’atto della scrittura qui descritto ha dato vita a un testo composto da 243 sezioni distinte che trattano degli
argomenti più vari. Di nuovo si riscontra una struttura modulare, simile a quella già rintracciata nei testi del periodo
Heian. Comunque un tema comune esiste, ed è quello del senso di impermanenza (mujō 無常) che caratterizza tutta la
cultura del periodo Kamakura. I disordini che hanno devastato il paese dalla fine del periodo Heian (vedi Unità Didattica
precedente) e quelli che continuano a tormentare la realtà del periodo Kamakura (vedi Contesto Storico riportato di
seguito), alimentano la convinzione che il mondo sia giunto alla fase della cosiddetta “degenerazione della Legge
(buddhista)” (mappō). E l’insegnamento che pervade tutto lo Tsurezuregusa (in particolare i passaggi selezionati per il
Corso) è quello di prendere coscienza della natura effimera, della caducità di tutto ciò che esiste e quindi di rivolgersi alla
pratica buddhista (in un’ottica tariki, ovvero di una salvezza impossibile da ottenere attraverso le sole proprie forze e per
la quale ci si rimette nella misericordia di Buddha e bodhisattva).

Contesto letterario

①H ŌJŌKI 方丈記

Il testo che in genere viene proposto insieme allo Tsurezuregusa è lo Hōjōki 方丈記 di Kamo no Chōmei 鴨
長明 del 1212. A fare da trait d’union fra i due testi sono l’identità degli autori, entrambi monaci che hanno scelto il
romitaggio (tanto che questa produzione letteraria prende anche il nome di inja bungaku 隠者文学, “letteratura del
romitaggio”), e la tematica di fondo del mujō. Lo Hōjōki descrive, attraverso una struttura narrativa unitaria, tutta una serie
di disordini naturali che si sono susseguiti nei decenni e che secondo l’autore sono il segno tangibile del periodo di mappō
in cui il mondo si trova sprofondato.
Significativo a riguardo risulta l’incipit del testo che descrive la situazione di impermanenza di tutto ciò che
esiste attraverso una metafora tanto efficace quanto inquietante:

La corrente dell’acqua che scorre mai si interrompe, eppure l’acqua non è mai la stessa. La schiuma che galleggia
nei punti in cui l’acqua ristagna, ora svanisce, ora si forma ma non c’è prova che persista a lungo. Così sono gli
uomini e le abitazioni che popolano questo mondo. (L.M.)

②I L GENERE DEI GUNKI MONOGATARI 軍記物語

Le lotte intestine che hanno caratterizzato questo periodo storico hanno permesso la nascita di un nuovo tipo
di monogatari, definito gunki monogatari, dove gunki 軍記 significa letteralmente “resoconti militari”. Sono testi che
raccontano le guerre che hanno sconvolto il Giappone, attraverso l’utilizzo di una prosa che unisce il fatto storico alla
fiction. Il più celebre tra tutti i testi è lo Heike monogatari 平家物語, che narra le lotte tra i Taira e i Minamoto
(menzionate nel Contesto Storico dell’Unità Didattica precedente). A differenza dei rekishi monogatari fioriti nel periodo
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Heian ― che erano testi di storiografia interpretativa, intrisi di una visione positiva della realtà umana ― i gunki
monogatari sono testi di fiction che pongono al centro della narrazione gli eroi dei campi di battaglia; eroi colti nella loro
fragilità di guerrieri spesso sconfitti; eroi che diventano icone della visione di mujō dell’epoca. Di nuovo sintomatico è
l’incipit di questo testo:

Il rintocco della campana del tempio di Gion riecheggia la caducità di tutte le cose. Il colore dei fiori dei due alberi
di sala dimostra che davvero chi prospera ineluttabilmente decade. Gli orgogliosi sono destinati a presto finire del
tutto simili al sogno di una notte di primavera. Anche i prodi saranno infine travolti proprio come polvere nel vento.
(L.M.)

Attenzione deve essere data al tipo di fruizione riservata all’epoca allo Heike monogatari: non si prestava a una lettura
solitaria ma era affidata alla declamazione con l’accompagnamento del biwa (strumento musicale a corde) per mano di
monaci itineranti conosciuti come biwa hōshi 琵琶法師. Questo tipo di fruizione corale determina un ampliamento del
pubblico di “lettori” (= uditori) rispetto a quanto avevamo notato nel periodo Heian e in certa misura prelude alla
formazione della “letteratura vocale” di cui di parla nell’Unità Didattica successiva.

③L O SVILUPPO DELLA POESIA: LO SHIN KOKIN WAKA SHŪ 新古今和歌集 E IL RENGA 連歌

La nuova epoca propone sviluppi nell’ambito dello waka con la stesura dell’antologia poetica intitolata Shin
kokin waka shū 新古今和歌集. Come definito dall’uso del termine “shin”, ci troviamo di fronte a una versione “nuova”
del Kokinshū analizzato nell’Unità Didattica precedente. Compilata da più poeti, tra cui si ricorda qui solo Fujiwara no
Teika 藤原定家 (1162-1241), propone diversi elementi di rinnovamento rispetto alle antologie poetiche che la precedono.
Qui si identifica come elemento più significativo dal punto di vista retorico la codificazione della pratica dello honkadori
本歌取り. Si tratta di una pratica intertestuale che prevede la composizione di versi attraverso una riscrittura, una
ripresa innovativa di versi già composti in passato. Norme precise e complesse regolavano tale pratica, in modo da
garantire tanto la riscrittura quanto l’innovazione. La cosa che però si intende sottolineare in questo Corso è la
predisposizione per l’intertestualità che si viene in questo modo a definire e che caratterizzerà tutta la cultura giapponese
almeno fino al periodo Meiji. Creare non significa necessariamente creare ex-novo, ma significa saper creare
qualcosa di nuovo dal già detto. Citazione, allusione, trasposizione modale, parodia minimale, trasposizione
diegetica sono solo alcuni dei molti strumenti con cui questa propensione intertestuale si manifesterà dal
periodo Kamakura in poi. Questo aspetto fondamentale e fondante della cultura giapponese verrà sottolineato e
commentato a lezione ogni qualvolta la riflessione si imporrà necessaria.

A fianco dello waka in questo periodo si sviluppa anche un nuovo genere poetico definito con il termine di
renga 連歌, ovvero “poesia a catena”. Più poeti si univano in una séance poetica in cui a turno componevano ku 句 (in
genere tradotto con “emistichio”): prima di 17 sillabe (5-7-5 sillabe) poi di 14 (7-7 sillabe) per un totale di 100 ku. Come
abbiamo visto nella prima Unità Didattica l’origine di questo genere poetico viene riconosciuto nello scambio poetico tra
Yamato Takeru e un anziano nella zona di Tsukuba riportato nel Kojiki. È però nel periodo Kamakura che si formano
circoli di poeti che praticano renga e che viene creata la prima antologia di renga intitolata Tsukubashū 筑波集
(Yamazaki Sōkan, 1530).

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 APPROFONDIMENTO

▪ Francesca Fraccaro (a cura di), Ricordi di un eremo (Hōjōki), Marsilio, Venezia 1991.
▪ McCullough Helen Craig, The Tale of the Heike, Stanford University Press, Stanford 1988.

Contesto storico (Periodo Kamakura)

- Viene istituito nel 1185 un governo militare a Kamakura (da cui il nome per l’intero periodo storico, a opera di
Minamoto no Yoritomo 源頼朝 (1147-1199). La nuova aristocrazia al potere non apparteneva più all’ambito del
kuge ma dei buke 武家 (casate guerriere). Il governo militare di Kamakura cosituì un centro di potere alternativo

alla corte imperiale. Il nuovo governo prende il nome di bakufu 幕 . Si tratta di un governo militare a carattere
nazionale presieduto da capi guerrieri detti shōgun 将軍. Per tutto il periodo Kamakura, di fatto, si creò un governo
duale in cui bakufu Kamakura e corte imperiale operarono in equilibrio nel controllo amministrativo del paese.
- Alla morte di Yoritomo, i figli non si dimostrarono all’altezza dell’eredità paterna e il potere passò di fatto nelle mani
della famiglia Hōjō (famiglia della moglie di Yoritomo, Hōjō Masako) che assicurò al paese un periodo di relativa pace
che durò fino alla Restaurazione Kenmu.
- Nel 1266 Qubilay Qan, capo mongolo guida della Cina Yuan (1271-1368), cercò di sottomettere il Giappone inviando
nel sud del paese un’imponente spedizione navale, e fu un provvidenziale tifone a evitare la disfatta giapponese. In
questo frangente venne utilizzato il termine kami kaze 神風 (lett. “vento divino”). Eppure l’impegno bellico ebbe
effetti tragici sulla situazione finanziaria del bakufu.
- La fine del potere degli Hōjō venne sancita dalla restaurazione del potere imperiale intrapresa dall’imperatore Go
Daigo, facilitata dalla debolezza di Hōjō Takatoki. Go Daigo trovò coalizione in Ashikaga Takauji 足利尊氏
(1305-1358), discendente del clan dei Minamoto e in origine a capo delle forze shogunali opposte a Go Daigo.
Sconfisse le forze shogunali nel 1333, entrando vittorioso a Kyōto. Venne ristabilito per breve tempo il potere
imperiale, fino a quando Takauiji fece un altro atto di insubordinazione. Dopo che non ottenne dall’imperatore quanto
desiderava (soprattutto quando il restaurato imperatore propose al proprio figlio la carica di shogun), nel 1336
sconfisse le truppe imperiali e rientrò vittorioso a Kyōto.
- Nel periodo Kamakura si assiste a una diffusione radicale del buddhismo anche presso gli strati meno elevati della
popolazione. La scuola che ebbe maggiore impulso fu quella della Terra Pura (jōdoshū 浄土宗), secondo la cui
dottrina la fede assoluta nel buddha Amida, dimostrata rimettendosi completamente a lui nel pronunaciare la
giaculatoria “Namu Amida Butsu”, avrebbe consentito a chiunque di rinascere nella Terra Pura di Occidente. Questo
tipo di dottrina buddhista rispondeva al meglio alle esigenze dettate dall’epoca di mappō 末法, di “degenerazione
della Legge (buddhista)” in cui si credeva che il Giappone fosse caduto. Simile successo ebbe anche la scuola
fondata da Nichiren (nichirenshū 日蓮宗), il quale predicava la salvezza ottenuta attraverso la giaculatoria “Namu
myōhō renge kyō” contenente il titolo del Sutra del Loto (in giapponese Myōhō renge kyō). L’aristocrazia militare
trovò sostegno anche nella scuola buddhista zen (zenshū 禅宗), legato in particolar modo al monaco Dōgen.
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QUARTA UNITÀ DIDATTICA
L’irruzione della vitalità popolare nella letteratura vocale:
il variopinto mondo degli otogizōshi.

Iniziamo leggendo...

La monaca tuttofare, la donna serpente, il demone beone (trad. italiana di Roberta Strippoli), Marsilio, Venezia 2001:
Fukutomi zōshi, pp. 81-89
Onzōshi shimawatari, pp. 63-77
Monokusa Tarō, pp. 41-60
 LETTURA OBBLIGATORIA (materiali distribuiti a lezione e disponibili a ricevimento del docente)

Analizziamo gli elementi fondamentali dei tre testi...

 Fukutomi zōshi
- Irruzione di protagonisti appartenenti a strati sociali “inferiori”.
- Irruzione del grottesco e del comico.
- Funzione ludica, unita a quella educativa.

 Onzōshi shimawatari
- Irruzione del “diverso” attraverso la descrizione di paesi stranieri e fantastici.

 Monokusa Tarō
- Irruzione di protagonisti appartenenti a strati sociali “inferiori”.
- Uso e funzione delle liste (funzione di medetai, “buon auspicio”).
- Funzione di medetai nella conclusione a lieto fine.
- Nuovo ruolo della poesia come mezzo di riscatto sociale.

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Analizziamo gli elementi fondamentali del genere...

I due testi proposti in questa lezione del corso fanno parte di un vastissimo corpus letterario conosciuto con i
termini di otogizōshi 御伽草子, chūsei monogatari 中世物語 o Muromachi monogatari 室町物語.
Si tratta di terminologia imposta a posteriori alla prosa sviluppatisi tra il periodo Muromachi (1333-1568) e
l’inizio del periodo Edo. Tra queste la denominazione otogizōshi si è stabilita in epoca successiva, ovvero a partire dal
1731 quando a Ōsaka la stamperia di Shibukawa Seiemon ne stampa su matrice ventitre con il titolo collettivo di Otogi
bunko 御伽文庫 (poi conosciuti anche come otogizōshi 御伽草紙・御伽草子. Fig. 1). Oggi se ne contano circa
quattrocento esemplari.
Sono testi sostanzialmente brevi, di autori sconosciuti ma probabilmente monaci, bushi e verso la fine del
periodo Muromachi anche appartenenti ai nuovi strati di “cittadini” (mercanti, artigiani, etc.). Questo allargamento della
fascia di codificatori del testo è stato accompagnato da un graduale ampliamento del gruppo di fruitori, non più ristretto
all’ambiente della corte o agli intellettuali dell’epoca. Come indica chiaramente la scelta del termine otogi, si tratta di testi
pensati per l’intrattenimento. Per meglio rispondere a questo scopo ludico i testi venivano spesso accompagnati da
illustrazioni, fatti circolare a partire dal periodo Muromachi nel formato di rotoli manoscritti (emaki 絵巻) e in quello di
Nara ehon (manoscritti miniati, fig. 2). Solo nel successivo periodo Edo vennero messi a stampa prima come tanrokubon
丹録本 (con illustrazioni colorate in arancio, verde e giallo) (fig. 3) e poi nella succitata versione su matrice di
Shibukawa (fig. 4).
Alla loro diffusione in periodo Muromachi contribuirono gli etoki hōshi 絵解法師 e le Kumano bikuni 熊野比
丘尼, monaci e monache che raccontavano le storie basandosi sulle versioni scritte e illustrate. Essendo una letteratura
messa per iscritto, ma offerta attraverso la lettura corale, Barbara Ruch (vedi bibliografia in calce) la definisce “letteratura
vocale”.
I contenuti di questo massiccio gruppo di testi sono molto eterogenei e risultano oggi generalmente ordinati in
base alla classificazione teorizzata da Ichiko Teiji:

1. racconti di corte (kuge mono 公家物): digest di testi della letterature Heian, storie d’amore con finale tragico,
mamako mono, racconti con argomenti mutuati dal folclore, testi che presentano le biografie di poeti famosi o che
ereditano in parte la forma degli uta monogatari presentando prosa e poesia intimamente fuse insieme.
2. racconti di stampo religioso (shūkyō mono 宗教物): testi riguardanti biografie di monaci illustri; chigo monogatari 稚
児物語 in cui si descrivono le relazioni d’amore tra giovani accoliti e anziani monaci.
3. racconti di stampo militare (buke monogatari 武家物語): eredi dei gunki monogatari, si concentrano sulle gesta di
eroi celebri.
4. racconti sui “popolani” (shomin mono 庶民物): testi che hanno come protagonisti contadini, artigiani, mercanti,
spesso descritti nella loro ascesa sociale.
5. racconti ambientati in paesi stranieri (gaikoku mono 外国物): testi ambientati in paesi diversi dal Giappone.
6. racconti che hanno protagonisti esseri diversi dagli uomini (irui mono 異類物), siano essi animali, piante o oggetti.

Si possono rintracciare delle caratteristiche comuni a tutti i testi (che quindi permettono di riconoscervi un genere

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letterario vero e proprio):
1) Come già accennato sopra, sono di lunghezza molto breve, sebbene in molti casi facciano riferimento a un lasso
esteso della vita del protagonista.
2) Manca qualsiasi tentativo di introspezione psicologica del personaggio e ogni descrizione è affidata a espressioni
codificate.
3) Spesso il protagonista possiede un qualcosa di straordinario, che genera stupore nel lettore e garantisce il valore di
“buon auspicio” del testo.
4) Commistione della funzione ludica, educativa e medetai.

Contesto storico (Periodo Muromachi e Periodo Azuchi Momoyama)


- Il periodo Muromachi è caratterizzato dal potere degli Ashikaga.
- Non si può comunque parlare di un periodo di pace, in quanto la divisione tra le due corti imperiali del Nord e del Sud
(che vede contrapposti due rami della dinastia imperiale: da un lato quello cui apparteneva il sovrano di Kyōto e quello
cadetto di Yoshino) prende la forma di sanguinosi scontri.
- Dopo la morte di Takauji, solo il terzo shōgun Yoshimitsu si mostra in grado di consolidare il potere ma dopo di lui si
assiste a un progressivo declino del potere degli Ashikaga causa di un lungo periodo di instabilità generale. Il culmine di
questa condizione di malcontento della popolazione viene raggiunto nel 1462 con lo scoppio della guerra dell’era Ōnin,
imputabile alle tensioni relative alla gestione della successione shogunale. Il periodo di guerre che nasce viene
denominato Sengoku jidai 戦国時代 (lett. “epoca degli stati combattenti”) che durò circa un secolo. In questo periodo si
assiste al progressivo decentramento politico e militare, sebbene sotto la superficie di un potere centrale mai scalfito.
- Fu Oda Nobunaga 織田信長 (1534-1582) che mise in atto un processo di unificazione del paese riuscendo a
conquistare Kyōto nel 1568. Inizia così il breve periodo conosciuto con il nome di Azuchi-Momoyama 安土桃山. Azuchi
indica la zona dove Nobunaga crea il castello suo quartier generale e Momoyama il castello dove il successore di
Nobunaga, Toyotomi Hideyoshi 豊臣秀吉, si insedia nel 1593.
- Caratteristica di questa epoca di transizione è una progressiva apertura verso l’esterno, resa possibile dalla stabilità
interna di cui ci si va via via riappropriando. Da ricordare sono due missioni militari in Corea e il contatto con i cristiani che
arrivano in Giappone guidati da Francesco Saverio. L’arrivo di Francesco Saverio avviene nel 1549, seguito dalla
successiva presenza di altri gesuiti. Fu proprio Oda Nobunaga a garantire protezione ai gesuiti, permettendo la
conversione di molti territori e consentendo un’ambasceria a Roma di daimyō (capi militari degli han, feudi, in cui il
territorio giapponese era diviso).

 APPROFONDIMENTO
- Barbara Ruch, “Medieval Jongleurs and the Making of a National Literature”, in Hall e Toyoda, Japan in the Muromachi
era, University of California Press, Berkeley 1977, pp. 279-309.
- Ichiko Teiji, “Otogi and Literature”, Acta Asiatica, n.4, 1963, pp. 32-42.

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Fig. 1 Fotografia delle ventitre opere che compongono lo Otogi bunko stampato da Shibukawa Seiemon.

Fig. 2 Versione Nara ehon di Hachikazuki.

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Fig. 3 Versione tanrokubon di Karaito.

Fig. 4 Urashima Tarō nella versione a stampa di Shibukawa.

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QUINTA UNITÀ DIDATTICA

Il testo a stampa e la nascita di una cultura scritta per il vasto pubblico:


Ihara Saikaku e dintorni

Iniziamo leggendo...
※ Data la vastità della produzione dell’autore preso in considerazione e la lunghezza delle due opere principali,
Kōshoku ichidai otoko 好色一代男 e Kōshoku ichidai onna 好色一代女 si sceglie di partire da una presentazione
dell’autore e delle due opere.

Due pilastri della letteratura del XVII secolo sono Kōshoku ichidai otoko 好色一代男 e Kōshoku gonin
onna 好色五人女
好色五人女, opere di Ihara Saikaku 井原西鶴 (1642-1693).

 Ihara Saikaku
Saikaku cresce e lavora a Ōsaka e fino al 1681 si dedica principalmente alla
produzione poetica di haikai (vedi Unità Didattica successiva) nell’ambito della scuola
Danrin, diventando famoso per lo yakazu haikai 矢数俳諧 (hokku [vedi Unità
Didattica successiva] composti nel più alto numero possibile in un lasso di tempo
limitato). Il culmine viene raggiunto proprio nel 1681 con la pubblicazione di Saikaku
ōyakazu 西鶴大矢数, testo in cui si riportano i 4000 ku da lui composti in un giorno e
in una notte.
Nel 1682 Saikaku esordisce nel mondo della prosa con Kōshoku ichidai otoko
dando il via a un nuovo genere letterario definito poi dalla critica con il termine di
ukiyozōshi 浮世草子. Con questo termine si indicano libri che hanno come proprio
oggetto l’ukiyo, il mondo fluttuante, nella nuova accezione che gli era stata data da Asai Ryōi nel suo kanazōshi intitolato
Ukiyo monogatari:

Di volta in volta fare ciò che il momento richiede; rivolgersi alla luna, alla neve, ai fiori, agli aceri; cantare canzoni

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e bere sake; divertirsi dimentichi della realtà concreta come se si fluttuasse; non disperarsi nemmeno se non si
ha più un soldo per vivere; possedere uno spirito che non si affligge e diventare simili a una zucca vuota che
fluttua sull’acqua: questo è ciò che si chiama ukiyo. (L.M.)

La produzione in prosa di Saikaku viene definita già dal periodo Edo (ad esempio nella postfazione a Kōshoku ichidai
otoko scritta dal poeta di Mizuta Seigin 水田西吟) con il termine tengōgaki 転合書, ovvero una scrittura fatta per puro
divertimento, come diversivo rispetto alla produzione seria, primaria dello haikai. Sono da notare grosse differenze
rispetto alla produzione degli otogizōshi visti nell’Unità Didattica precedente:
1) I testi non circolano più in forma manoscritta ma a stampa su matrice (vedi dopo).
2) La fruizione non avviene più in termini “vocali”, ma attraverso una lettura “solitaria” del lettore che si avvicina al testo
a stampa.

Per quanto concerne la produzione di Saikaku, oggi possiamo suddividerla in alcuni filoni tra cui i principali sono:
1. kōshoku mono 好色物: opere che hanno come proprio oggetto l’amore nelle sue forme più disparate. I titoli principali
che appartengono a questa sottocategoria sono:
Kōshoku ichidai otoko好色一代男 (1682)
Kōshoku ichidai onna 好色一代女 (1686)
Kōshoku gonin onna 好色五人女 (1686)
Nanshoku ōkagami 男色大鏡 (1687)
In ognuno di questi testi l’amore viene descritto da prospettive diverse: in Kōshoku ichidai otoko si narra la vita
del protagonista Yonosuke dall’età di sette anni a sessanta e si descrivono le vicende amorose che lo vedono legarsi a
donne dei quartieri di piacere prima di Edo, poi di svariate parti del Giappone fino alla sua partenza per l’isola delle donne;
in Kōshoku ichidai onna un’anziana donna ripercorre la sua esistenza narrando l’ascesa e la discesa come donna dei
quartieri di piacere senza mostrare alcun cenno di rammarico o di pentimento per quanto vissuto; in Kōshoku gonin onna,
come suggerisce Teruoka Yasutaka, non si descrive più l’amore codificato da precisi ideali estetici e consumato all’interno
del mondo dei quartieri di piacere (kuruwa), bensì gli amori di cinque donne che non appartengono ai kuruwa, amori la cui
legittimità è in qualche modo negata dalle regole sociali e che portano sempre a un tragico epilogo; Nashoku ōkagami
descrive il mondo dell’amore omosessuale.

2. chōnin mono 町人物. Si tratta di testi in cui si descrive il mondo dei mercanti mettendone in luce problematiche,
esigenze, abitudini e sottolineando attraverso svariati episodi i nuovi valori (denaro, lavoro costante, dedizione) che
regolano questo ceto sociale emergente. I due titoli appartenenti a questa sottocategoria sono:
日本永代蔵 (1688)
Nippon eitaigura
Seken munesan’yō 世間胸算用 (1692)

3. buke mono 武家物. Testi in cui descrive il mondo dei bushi, focalizzandosi sui doveri della via militare, tra cui si ricorda
in principal modo Buke giri monogatari 武家義理物語 (1688).

 Kōshoku ichidai otoko

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Come accennato sopra, il testo narra delle avventure amorose del protagonista Yonosuke durante i suoi
sessant’anni di vita. A lezione verranno illustrati i seguenti punti di interesse:

a) La struttura del testo è una ripresa della struttura biografica (ichidaiki 一代記) arricchita da un continuo vagabondare
del personaggio (henreki 遍歴). I cinquantaquattro capitoli che compongono il testo descrivono ciascuno un anno della
vita del protagonista Yonosuke (da sette a sessanta), come indicato in modo chiaro già dall’indice dell’opera (fig. 1).

Fig. 1 Indice del primo volume di Kōshoku ichidai otoko (testo a stampa conservato nella collezione Katei, Tōkyō daigaku).

b) Nel testo si attua una ripresa intertestuale del Genji monogatari e dello Ise monogatari. Non solo la struttura del testo
appare inequivocabilmente come una ripresa della struttura del Genji monogatari, ma Yonosuke viene proposto come il
nuovo ideale di amatore, che rinnova quello di Genji e di Narihira. Il processo a cui si assiste è il passaggio dalla
dimensione ga a quella zoku.

c) Si utilizzano gli yūjo hyōbanki (valutazioni di cortigiane) nella descrizione dei quartieri di piacere visitati dal
protagonista.

 Kōshoku gonin onna

Il testo narra le storie di cinque donne consumate dal desiderio amoroso e strette nella morsa di una rigida

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morale. A lezione verranno analizzati i punti di maggiore interesse:
a) Mentre in Kōshoku ichidai otoko la descrizione dell’amore è circoscritta all’ambito dei quartieri di piacere ed è limitata a
dei rapporti estetizzati e privi di sofferenza per i due amanti, in Kōshoku gonin onna l’attenzione si sposta alla realtà
quotidiana dei chōnin (cittadini, mercanti), agli amori sofferti di personaggi che si muovono spinti dal ninjō 人情
(passione) all’interno di una società retta da un impietoso giri 義理 (obbligazione sociale). È il conflitto tra giri e ninjō a
diventare il vero protagonista di Kōshoku gonin onna (Cfr. Tabella 1). Tale tematica appare
già nel passaggio intitolato Shinobi ōgi no nagauta 「忍び扇の長歌」in Saikaku
shokokubanashi 西鶴諸国ばなし(1685): un giovane uomo di medio rango si innamora
di una giovane ragazza di circa vent’anni che è nipote di un daimyō e quindi di rango
superiore a quello dell’uomo; lui riesce ad ottenere un posto di lavoro nella casa della
giovane e alla fine anche lei si innamora di lui; una notte scappano insieme e vivono di
stenti per due anni (fig. 2); dopo di che i due vengono trovati; l’uomo viene punito con la
morte e la donna, rifiutando il suicidio, si fa monaca per pregare sulle spoglie dell’amato.

Fig. 2 Saikaku shokokubanashi, vol. 4

b) Saikaku ci offre uno specchio della società dell’epoca proponendo dei finali in cui trionfa il giri sul ninjō (cfr. Tabella 1).
Eppure il suo atteggiamento prende atto di questa situazione senza accettarla, in alcuni casi proponendone addirittura
una condanna più o meno esplicita. Nel finale del sopra citato Shinobi ōgi no nagauta la denuncia è chiara:

Dalla casa del signore vennero inviate ogni giorno una cinquantina di persone alla ricerca dei due, ma solo dopo
sei mesi li trovarono. Furono loro addosso in molti, legarono l’uomo con una corda e lo giustiziarono quella notte
stessa.
In seguito la donna venne rinchiusa in una stanza e intimata di suicidarsi. Eppure lei lasciava passare il tempo
senza mostrare inclinazione alcuna per quel gesto. Allora il signore disse: «sebbene sia una donna, questo è un
atteggiamento davvero codardo! Che si affretti a togliersi la vita», e un suo messaggero riportò la cosa alla donna.
«Sappiamo bene che queste prescrizioni sociali sono spiacevoli ma lei ha commesso un atto contrario alle
obbligazioni sociali e quindi deve togliersi la vita», le disse.
Allora la donna, tra le lacrime, rispose: «Non è che io rimpianga la mia esistenza, ma sono convinta di non avere
infranto alcuna obbligazione sociale. Ritengo giusto che, ottenendo la vita in quanto essere umano, una donna
debba avere un solo uomo. Ma innamorarsi di un uomo di rango inferiore fa parte dell’amore. Non sapete forse
cosa si intende per infedeltà? Si ha infedeltà quando una donna sposata pensa a un altro uomo oppure quando
una vedova ricerca un secondo marito. Non penso proprio si possa parlare di infedeltà qualora una donna sola ami
per una vita lo stesso uomo. Inoltre di casi in cui ci si innamora di un uomo di rango inferiore ce sono sin dal
passato. E non è nulla che vada contro le obbligazioni sociali. Non dovevate uccidere quell’uomo!».
Poi decise di farsi monaca per piangere sulle spoglie dell’amato.
(Saikaku shokokubanashi, in Shin Nihon koten bungaku taikei, vol. 76, pp. 251-52, Traduzione di L.M.)

c) Si utilizzano eventi di cronaca come base per la narrazione dei cinque episodi (cfr. Tabella 2).

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Originale di Shinobi ōgi no nagauta. Passaggio conclusivo riportato sopra in traduzione italiana.

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TABELLA 1 SCHEMATIZZAZIONE DI KŌSHOKU GONIN ONNA

Volume Protagonisti Tipo di infrazione al giri Finale

1 Onatsu - Seijurō - amore tra due appartenenti a ranghi sociali diversi - Seijurō viene condannato a morte
- fuga insieme - Onatsu impazzisce
- presunto furto di Seijurō

2 Osen - bottaio - Chōzaemon - tradimento di Osen con Chōzaemon - Chōzaeomon muore


- Osen si suicida
3 Osan - Moemon - tradimento di Osan con Moemon - tentano la fuga insieme ma vengono scoperti e uccisi entrambi
N.B.negazione dello shinjū
4 Oshichi - Kichisaburō - Oshichi appicca un incendio, convinta di poter così - Oshichi viene giustiziata
incontrare di nuovo Kichizaburō. - Kichisaburō si fa monaco
-
5 Gengobei - Oman ====================================== Gengobei, dopo aver seguito la via dell’amore omosessuale, si unisce a
Oman. Nel momento in cui stanno per scegliere il suicidio visto la
disastrosa situazione finanziaria in cui sono caduti, i genitori di Oman
intervengono e affidano loro tutto il patrimonio di famiglia. Saikaku sceglie,
quindi, un finale positivo per concludere tutto il testo.

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TABELLA 2 EVENTI DI CRONACA UTILIZZATI COME MODELLI PER GLI EPISODI DI KŌSHOKU GONIN ONNA

Protagonisti Modello

Onatsu - Seijurō Evento realmente accaduto tra l’era Manji e l’inizio dell’era Kanbun (quindi tra il 1658 e il 1661), di cui però non si conosce la data precisa. A
seconda delle fonti di periodo Edo abbiamo diverse ipotesi, tra cui si ricordano:
- in Gojūnen kiuta nebutsu 『五十年忌歌念仏』di Chikamatsu Monzaemon (1707) si colloca l’evento nel 1658 (primo anno dell’era Manji);
- in Denki sakusho『伝奇作書』di Nishizawa Ippō 西沢一鳳 (1843-51) si colloca l’evento nel 1660 (terzo anno dell’era Manji)
- nell’antologia di haikai edita da Katoku 可徳, illustrata da Hishikawa Moronobu e intitolata Seijūrō tsuizen yakko haikai『清十郎ついぜん
やつこ俳諧』(1667) si colloca l’evento nel 1661 (primo anno dell’era Kanbun). Essendo la fonte cronologicamente più vicina all’evento è
considerata dal critico Emoto Hiroshi la più attendibile.
Non si hanno notizie certe riguardo alla verità storica dell’evento ma Emoto ritiene che all’epoca di Saikaku esso fosse già avvolto nell’incertezza
della leggenda.
Osen - Chōzaemon 『樽屋おせん歌』
Evento realmente accaduto nel 1685 (secondo anno dell’era Jōkyō) e già presente in una ballata intitolata Taruya Osen uta
(fig. 3). Tale ballata è di certo precedente al testo di Saikaku in quanto citata in Kōshoku sandai otoko『好色三代男』, testo di Nishimura
Shirōemon del 1686 uscito un mese prima di Kōshoku gonin onna.
Osan - Moemon Evento realmente accaduto intorno nel 1683 (terzo anno dell’era Tenna). È stato ritrovato un documento in cui si designava la condanna a morte
per il ventiduesimo giorno del nono mese del 1683 (Mizutani Futō).
Oshichi - Kichisaburō Evento accaduto nel 1682 (secondo anno dell’era Tenna). Oshichi viene giustiziata l’anno successivo, il ventottesimo giorno del terzo mese. In
Tenna shōi shū『天和笑委集』si descrive con minuzia l’incendio appiccato nel 1682 dalla sedicenne Oshichi (fig. 4).
Gengobei - Oman In Denki sakusho『伝奇作書』si parla di Gengobei e di Oman e del tragico doppio suicidio d’amore di cui furono protagonisti nel 1663 (terzo
anno dell’era Kanbun). Saikaku sceglie di omettere l’incidente del suicidio e conclude l’episodio con i genitori di Oman che trovano i due proprio
nel momento in cui si erano decisi al suicidio e che affidano loro tutto il patrimonio di famiglia.

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LO STILE DI SAIKAKU

Un accenno va fatto allo stile tipico di Saikaku nel quale, secondo Nagatomo Chiyoji, si possono riscontrare le seguenti
caratteristiche:
1. nejirebun 捩れ文. La frase non si conclude ma rimane aperta diventando fonte di ispirazione per quella successiva.
2. shiritoribun 尻取り文, kakekotoba 掛詞. Frasi o parole che fanno da pernio comune di una frase precedente e di
una frase successiva.
3. ci sono molti casi in cui si susseguono i setsuzoku jōshi (particelle connettive) e nel contempo casi opposti in cui
sono drasticamente ridotti di numero.
4. unione di gabun e di stile colloquiale.
5. uso frequente di abbreviazioni.
6. confusione tra tadōshi (verbi transitivi) e jidōshi (verbi intransitivi).
7. uso ricorrente del keigo (linguaggio onorifico).

La maggiorparte di tali caratteristiche sono riscontrabili nell’incipit di Kōshoku ichidai otoko, di cui si riporta l’originale e la
traduzione fedele al testo (il testo verrà commentato a lezione):

38

に き かみ く
は がと ら . で わ さ 三 た
ち し 酒 左 つ 国
く さく

も 咀
こ 通る ばけも 出
た か


.か に .
に ら
桜も



,
. ろ の . 衆 ひ ゞ . か ち

,
,

,
,
さ とは 化 た 加 ね ね る 出
づ れ 物 賀 寝 ほ にな した
.ま 姿た し

ら て

,
て が
の る

,
き も . 八 も 里 げ と
. を 一 な さめ の 歎き ころ

,
か と 誠に え


か う ど 覚 ほ . 所

,
ほ .か 条

ゝ て り 月 が

,

,
る 通 よ
を . も 辺 は

,

三せ へ 是ぞ

れ . と
通 七 . に か 恋

,
,

ゆ . ぎ の

ば つ

,

,
. かし 墨 め . もん 夢 きよ り はじ

,
め う
夕 き な そ
す 浮 あ ま
. を .そ 染 よ 紋

,
ふ の 介 世 り り
,

,
思 見す の

,
の こ て.

,
ひ れも 夜 け
ひ と

,
〳 捨 て な
更 し .

,

〵 長

て て に か
え 事 と い
入 る
,

に み 難 がた

こ く を
彦七 ち 袖

,
と み な 外 作さ
し も

,
. 戻
,

く り し 名 に
,



て がか 又 よ

,
,
て な
,

け や

,
請 .そ は 橋 はし . ば し . 山 ま
,

し . み れ て 爰

,

て 其

顔し た . 身 て . に

,


あ は .
.さ 比 て. て かみ
,


,

る な き た
と だ じ
佐 が な
た 髪 或 き



色 う
但 ま
賀 名 か ね
か 時 や 道 馬
,
,

,
,
,

,

に 高 願 つ

は ふ の
,

Un luogo buio è l’inizio dell’amore

Ci si lamenta nel vedere i fiori di ciliegio cadere a terra e [anche] la luna ha una vita limatata, nascondendosi dietro alle montagne
come a Irusayama. Lì nella provincia di Tajima, nelle vicinanze di un villaggio in cui si estraeva metallo viveva un uomo. Si disinteressava degli
affari; di giorno e di notte si dedicava ai piaceri delle due vie dell’amore ed era chiamato con il soprannome di Yumesuke. Insieme a Sanzarō

di Nagoya, Yahachirō di Kaga si era creato una combriccola di amici che avevano come segno distintivo uno stemma fatto a triboli e con loro
si ubriacava sempre. Nel cuore della notte tornava a casa dai quartieri di piacere passando per il ponte Modori di Ichijō: a volte nella foggia di
un wakashu, altre cambiandosi e portando un vestito nero dalle maniche lunghe, altre ancora con indosso una parrucca con i capelli lasciati

lunghi sulla parte anteriore della nuca. È proprio per questo che si dice passino i fantasmi da questo ponte! Ciononostante lui era
assolutamente tranquillo e l’unica cosa che desiderava era di frequentare i quartieri di piacere anche se deriso. Così gli divenne via via difficile
lasciare questo modo di vita e riscattò una per una famose donne di piacere dell’epoca: Katsuragi, Kaoru e Sanseki. Viveva in segreto a Saga,
oppure ai piedi dello Higashiyama o nella foresta di Fuji, accumulava promesse d’amore e da una delle donne ebbe un figlio che chiamò

Yonosuke. (L.M.)

BIBLIOGRAFIA SELEZIONATA
39
Su Saikaku
- Cinque donne amorose (trad. italiana di Kōshoku gonin onna a cura di Lydia Origlia), Bompiani, Milano 1992.
- Daniel Struve, Ihara Saikaku. Un romancier japonais du XVIIe siècle, Presses Universitaires de France, Paris 2001.

Sulla prosa precedente a Saikaku


Per una panoramica sulla produzione precedente a Saikaku (dal 1603 al 1682) comunemente definita con il termine di
kanazōshi 仮名草子 si veda:
- Laura Moretti (a cura di), Chikusai il ciarlatano, Cafoscarina, Venezia 2003.

 LETTURA OBBLIGATORIA (indicata nella scheda online)


- Adriana Boscaro (a cura di), Letteratura giapponese. I. Dalle origini alle soglie dell’età moderna, Einaudi, Torino 2005.
Voce: Kanazōshi (Laura Moretti), pp. 58-62.

Sulla prosa successiva a Saikaku


Per una panoramica sulla produzione di ukiyozōshi successivi a Saikaku si possono utilizzare i seguenti lavori critici:
- Richard Lane, “Saikaku’s Contemporaries and Followers: The Ukiyo-zōshi, 1680-1780”, Monumenta Nipponica 14
(1958-59), pp. 125-137.
- Howard Hibbett, “Ejima Kiseki (1667-1736) and his ‘katagi-mono’”, Harvard Journal of Japanese Studies, 14, 1951, pp.
404-432.

Contesto storico (Periodo Edo o periodo Tokugawa)


* valido anche per Unità Didattiche 6 e 7

- Alla morte di Toyotomi Hideyoshi, il potere ormai centralizzato viene preso nelle mani di Tokugawa Ieyasu 徳川家康,
uno dei Cinque Grandi Anziani che erano stati affiancati al figlioletto di Hideyoshi (Hideyori) per assicurargli l’eredità
paterna. Ieyasu sconfisse i nemici che tentarono di usurpare il potere durante la battaglia di Sekigahara nel 1600. Fu solo
nel 1614 che tutte le fazioni ostili vennero annientate permettendo la nascita di un periodo di lunga pace conosciuto con
in nome di periodo Edo 江戸時代 dal fatto che la capitale del potere fu spostata da Kyōto a Edo.
- Il periodo Edo presenta precise caratteristiche storiche:
1) si caratterizza come un periodo di pace, con il potere concentrato nelle mani della famiglia Tokugawa (da cui la
denominazione di periodo Tokugawa 徳川時代);
2) il paese viene sostanzialmente chiuso al mondo esterno, con l’espulsione di tutti gli occidentali cristiani, per lo più
portoghesi, nel 1639 e con la proibizione per i giapponesi di recarsi all’estero (solo agli olandesi fu consentita la presenza
sul territorio giapponese, confinati su un’isola artificiale di fronte a Nagasaki conosciuta con il nome di Deshima). Tale
chiusura (che si sottolinea essere di fatto “parziale” a differenza di quanto si è cercato di enfatizzare in Occidente) viene
definita con il termine di sakoku 鎖国 (lett. “paese chiuso”);
3) la società viene ordinata secondo un rigido sistema sociale che prevede un rapporto piramidale tra quattro classi

40
(militari, contadini, artigiani, commercianti) e che implica l’esistenza di fuori casta (eta o hinin);
4) nascita dei chōnin 町人 ovvero di una classe urbana che comprendeva artigiani e commercianti.
5) si sviluppano tre centri urbani principali: Kyōto (capitale culturale), Ōsaka (florido centro commerciale) e Edo (capitale
del potere politico e militare);
6) il territorio del paese era diviso in han governati da daimyō in un sistema di “feudalesimo centralizzato” con il governo
centrale del bakufu e i possedimenti gestiti autonomamente dai daimyō. Erano previsti periodi di soggiorno a Edo per tutti
i daimyō del paese (sistema del sankin kōtai), il che ha permesso lo sviluppo di infrastrutture stradali capillari su tutto il
territorio.
7) sebbene il buddshismo rimane la forma di fede più diffusa tra la popolazione, è il Neo-confucianesimo a
rappresentare il vero e proprio pilasto ideologico del paese. È la nuova ideologia che fonda il principio ordinatore del
sistema delle quattro classi e che sancisce il concetto di giri 義理 (inteso come “obbligazione sociale”).

Contesto culturale (di periodo Edo)

È stato nel contesto della “Pax Tokugawa” che i duecentocinquant’anni del periodo Edo hanno dato vita a una
produzione culturale massiccia, straordinariamente variegata e soprattutto via via allargata a codificatori e decodificatori
degli strati meno elevati della popolazione. I testi di Saikaku scelti per questo corso sono un esempio eccelso di quali
forme la cultura letteraria di questo periodo ci offre. Per comprendere la produzione di Saikaku e quella che affronteremo
nelle Unità didattiche successive (6 e 7), è necessario comprendere quali sono le caratteristiche culturali distintive del
periodo Edo.

1. Sviluppo e diffusione della stampa.

Nelle epoche precedenti al periodo Edo l’uso della stampa (xilografia) era limitato ai testi buddhisti e
concentrato nei monasteri. Le opere letterarie circolavano esclusivamente in forma manoscritta, vedendo ristretta la
propria fruizione a un pubblico limitato. In periodo Edo si assiste a uno sviluppo significativo delle tecniche di stampa e
della loro applicazione in ambito letterario.

STAMPA A CARATTERI MOBILI

Per un brevissimo lasso di tempo si impone la stampa a caratteri mobili entrata in Giappone attraverso due
canali distinti: i gesuiti e la Corea.
Il gesuita Alessandro Valignano (in Giappone tra 1579-82, 1590-92, 1598-1603) percepisce sin dal suo primo
soggiorno la necessità di avere una stamperia e nel 1582 chiede ai giovani che vanno in delegazione da Gregorio XIII di
procurarsi una tipografia per stampare con i caratteri latini e punzoni per creare kanji e kana. Quanto richiesto giunge nel
1587 a Goa, dove nel mentre si trovava lo stesso Valignano. Solo nel 1590 egli riesce a rientrare in Giappone con la tanto
sospirata stamperia. Questa viene impiantata prima a Kazusa per essere poi trasferita nel 1591 ad Amakusa e infine a
Nagasaki dove opera fino al 1611. È attorno a queste tre località che si sviluppa una prolifera produzione di testi

41
conosciuta con il termine di kirishitanban キリシタン版, che conta 18 esemplari in rōmaji e 11 nel sistema di scrittura
giapponese. Tra i titoli più significativi si ricordano: Feiqe monogatari (versione ridotta, in rōmaji dello Heike monogatari,
utilizzato per permettere l’apprendimento della lingua e della storia del Giappone e corredato da un prezioso glossario di
termini in uso all’epoca); Esopo no Fabulas (traduzione delle favole di Esopo proposta sia in rōmaji sia in caratteri
giapponesi, fig. 1); Vocabulario da Lingoa de Iapam (conosciuto anche come Nippo jisho 日葡辞書, 1603-04 (fig.2);
vocabolario giapponese-portoghese); Arte da Lingoa de Iapam (scritto da João Rodrigues nel 1604-08, grammatica della
lingua dell’epoca).
La stampa a caratteri mobili importata dalla Corea fu utilizzata per diverse produzioni:
- Chokuhan 勅版 (punzoni in legno): iniziata nel 1593 con il testo intitolato Kobun kōkyō 古文孝経 e continuata solo
fino all’era Genna (1615-23), comprende testi richiesti su ordinazione imperiale come il Nihonshoki (fig. 3).
- Fushimiban 伏見版 (punzoni in legno): produzione voluta da Tokugawa Ieyasu. Comprende solo dieci testi, per lo più
di argomento militare, pubblicati tra il 1599 e il 1606 nella stamperia del tempio Enkō a Fushimi.
- Surugaban 駿河版 (punzoni in bronzo): incominciata da Tokugawa Ieyasu dopo il suo ritiro dalla vita pubblica a
Suruga, comprende solo due esemplari (Daizō ichiran 大蔵一覧 del 1615 e Gunsho chiyō 群書治要 del 1616).
- Sagabon 嵯峨本 (punzoni in legno): sviluppatasi nell’era Keichō (1596-1614) nella zona di Kyōto chiamata Saga, per
mano di Suminokura Soan e di Hon’ami Kōetsu. Per la qualità pregiata della carta utilizzata, per la raffinatezza della
calligrafia, per la bellezza delle rifiniture, questa produzione è stata sin dall’epoca considerata di grande valore e
ristretta a un pubblico molto limitato. Tra le opere che vi appartengono si possono ricordare una versione dello Ise
monogatari (fig. 4) e numerosi testi di teatro nō.
Con la fine dell’era Keichō la stampa a caratteri mobili conosce un sostanziale abbandono a favore dell’utilizzo
della stampa su matrice. Parliamo di “sostanziale” e non di “totale” abbandono in quanto se è vero che la stampa a
caratteri mobili non viene più utilizzata per la produzione dei testi letterari, è altrettando vero che sopravvive per prodotti
librari a circolazione ristretta soprattutto testi medici, manuali militari, libri di testo di scuole private, volantini, etc. La
produzione vista sopra viene denominata nel suo insieme con il termine kokatsujiban 古活字版, mentre la presente è
definita come kinsei katsujiban 近世活字版 o kinsei mokkatsujiban 近世木活字版.

STAMPA SU MATRICE

Come già accennato, a partire dall’era Kan’ei (1615-1624) è la stampa su matrice in legno a imporsi come
supporto per la produzione del libro. Le motivazioni che stanno alla base del passaggio da stampa a caratteri mobili e
stampa su matrice sono molteplici. Innanzi tutto con la xilografia si ovvia il problema di smontare e di rimontare di
continuo i caratteri per la ristampa di un testo: la matrice intagliata poteva essere utilizzata più volte senza dover essere
modificata o rimaneggiata. Per amore del dettaglio, si fa presente che se un cassetto montato con punzoni in legno
poteva essere utilizzato per stampare un massimo di cento copie, una stessa matrice poteva essere utilizzata per mille o
duemila. Addirittura in Gion monogatari del 1660 si scrive quanto segue del testo Kiyomizu monogatari stampato pochi
anni prima:

Un tizio ha portato un manoscritto intitolato Kiyomizu monogatari. Dato che ha detto “se lo stampate ne
trarrete un buon profitto”, è stato realizzata la versione a stampa. Ha venduto per 2000, 3000 copie alla
42
capitale e nelle province.

L’uso della matrice comporta, quindi, un dispendio minore di risorse umane / finanziarie e un conseguente
aumento delle copie prodotte rispondendo, così, alla massiccia richiesta di cultura scritta. Inoltre la stampa su matrice
consente l’applicazione di precise scelte editoriali. Esse costituiscono motivazioni che hanno portato all’abbandono della
stampa a caratteri mobili ma nel contempo sono diventate vere e proprie caratteristiche distintive del libro a stampa
giapponese antico: la resa del corsivo (sōsho, lett. “stile a filo d’erba”) è garantita in tutta la sua flessibilità permettendo di
riprodurre la dimensione estetica che era propria del manoscritto; le illustrazioni possono essere introdotte con molta
facilità nel testo, non solo occupando un’intera pagina, ma progressivamente fondendosi al testo scritto; ai caratteri si può
facilmente accostare la lettura fonetica (furigana).
L’uso della stampa per la circolazione dei testi comportò, quindi, delle conseguenze importanti:
1) si assiste a una progressiva “mercificazione” della letteratura, con il libro che diventa via via un prodotto di mercato.
Nascono stamperie-librerie professioniste (tra i nomi più celebri si ricorda quello di Tsutaya Jūzaburō 蔦屋重三郎 −
1750-1797 − a Edo) e i libri vengono messi in circolazione anche attraverso biblioteche ambulanti (kashihon’ya);
2) tale mercificazione determina la nascita di formati editoriali precisi che contraddistinguono i vari generi letterari;
3) la cerchia dei lettori va sempre più allargandosi e ottiene tanto peso da influenzare le scelte letterarie;
4) nasce la figura dello scrittore professionista che vive grazie alla sua scrittura.

Si noti che l’uso della matrice ha consentito anche la nascita in campo artistico delle stampe policrome conosciute con la
denominazione di ukiyoe 浮世絵 (si veda il testo obbligatorio di Kornicki, p. 192).
LO SPAZIO VISIVO: COMPONENTI FISICHE BASE DEL LIBRO A STAMPA

Alla descrizione delle componenti dell’aspetto fisico del libro a stampa di periodo Edo sono dedicati
approfonditi studi bibliografici per i quali faccio riferimento alla bibliografia allegata. Qui si intendono presentare gli
elementi bibliografici che si rivelano fondamentali nel primo approccio al testo antico nonché indispensabili per qualsiasi
discorso letterario e artistico sulla produzione libraria dell’epoca. A lezione verranno discussi mostrando numerosi originali
dell’epoca.

 Dimensioni
Il primo elemento di rilievo sono i diversi formati basati sulle dimensioni del testo perché è a partire da essi che
già molto si può sapere sull’epoca e sui contenuti di un testo. Quelli più diffusi comprendono:
● ōhon: di dimensioni 27 X 19 cm, utilizzato soprattutto nella prima metà del XVII secolo.
● hanshibon: di dimensioni 26 X 16 cm, il formato più utilizzato in periodo Edo per varie tipologie di testi.
● chūbon: di dimensioni 19 X 13 cm, utilizzato principalmente per i testi appartenenti al genere letterario conosicuto come
kusazōshi.
● kohon: di dimensioni 16 X 12 cm
● yokobon: di dimensioni 14 X 19 cm oppure 12 X 16 cm, per lo più usato per le guide ( alle arterie stradali, ai quartieri di
piacere, ai teatri)

43
 Legatura
Fra i molti tipi di legatura che la storia del libro in Giappone ci offre, la più comune in
periodo Edo è quella denominata fukuro toji 袋綴. I fogli (chō 丁) venivano stampati su un solo recto
vers

lato, poi piegati a metà con il testo lasciato all’esterno e infine cuciti dalla parte libera dei fogli
(sulla destra). Nella rilegatura in questione venivano realizzati quattro fori attraverso cui veniva
fatto passare il filo ottenendo il risultato indicato nella figura a lato.

Esempio di fukuro

 Elementi bibliografici fondamentali


All’atto dell’analisi bibliografica di un esemplare vi sono alcune componenti specifiche che richiedono di essere
riconosciute ed esplicitate per poter identificare e descrivere tale esemplare (informazione catalografica) e / o per poter
ricostruire la copia ideale (informazione bibliografica).
Nell’illustrazione riportata nella pagina seguente si propone la riproduzione fotografica di un testo che verrà
utilizzato a lezione, con a lato inserite nei balloons le spiegazioni delle parti più significative per la descrizione del libro
antico giapponese di periodo Edo. Per tutti gli altri elementi si rimanda ai manuali riportati in bibliografia.

KANKI = colophon
Se, come in questo caso, il
colophon è inserito in fondo
al volume nella stessa pagina
del testo si chiama kanki, se
viene riportaro su un chō a se
stante è denominato
okuzuke.

Indicazione sulla data


di stampa:
享保六辛丑年三月吉辰 =
“sesto anno dell’era
Kyōhō, anno del bue,
terzo mese, giorno

Indicazione dello stampatore:


大坂北御堂前毛利田圧太郎再梓行 =
“ristampa pubblicata da Morita
Atsutarō a Osaka di fronte al tempio
nord”

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Sulla storia del libro


CHIBBET, David, The History of Japanese Printing and Book Illustration, Kodansha International, Tōkyō - New York –
London, 1977.
KORNICKI, Peter, The Book in Japan : a Cultural History from the Beginnings to the Nineteenth Century, Brill, Leiden, Boston,
1998.
44
NAGATOMO, Chiyoji, Edo jidai no shomotsu to dokusho, Tōkyōdō shuppan, Tōkyō 2001.
NAKANO, Mitsutoshi, Edo no hanpon – shoshigaku dangi , Iwanami shoten, Tōkyō 1999.

Sulle stamperie e librerie di periodo Edo


INOUE,Takaaki, Kinsei shorin hanmoto sōran, Nihon shoshigaku taikei, vol. 76, Seitōdō shoten, Tōkyō 1998.
NAGATOMO, Chiyoji, Kinsei kashihon’ya no kenkyū, Tōkyōdō shuppan, Tōkyō 1982.
NAGATOMO, Chiyoji, Edo jidai no tosho ryūtsū, Shibunkaku shuppan, Kyōto 2002.

Manuali di bibliografia descrittiva


AV, Nihon shoshigaku taikei, Seitōdō shoten, Tōkyō 1978-2004, voll. 92.
FUII, Atsushi, Nihon koten shoshigaku sōsetsu, Izumi shoin, Ōsaka 1991.
KAWASE, Kazuma, Nihon shoshigaku yōgo jiten, Yūshōdō, Tōkyō 1982.
HIRONIWA, Motosuke, NAGATOMO, Chiyoji, Shoshigaku wo manabu hito no tameni, Sekai shisōsha, Kyōto 1998.
INOUi, Muneo, Nihon kotenseki shoshigaku jiten, Iwanami shoten, Tōkyō 1999.

Fig. 1 Esopo no Fabulas (versione in rōmaji). Isoho monogatari (versione in giapponese a caratteri mobili).

45
Fig. 2 Vocabolario da Lingoa de Iapam.

Fig. 3 Nihonshoki (versione chokuhan). Fig. 4 Ise monogatari (versione Sagabon).

46
Fig. 5a Esempio di libreria a Kyōto (da Kyō suzume). Fig. 5b Il negozio di Tsutaya Jūzaburō a Tōri abura chō (Edo).

Fig. 6 Esempi di venditori ambulanti di libri.

47
Fig. 7 Alcuni esempi degli originali mostrati a lezione.

Tab. 1 Numero dei testi a stampa a seconda dei periodo storici (Gendai shuppangyō taikan)

Fino a fine Heian (1185) 1800 titoli


Kamakura-Muromachi, Aoyama (1186-1615) 5000 titoli
Tokugawa (1600-1867) 60000 pezzi

Tab. 2 Sviluppo delle librerie di periodo Tokugawa (Morita Seigo, Bungaku, Settembre 1974)

Kyōto Ōsaka Edo


1596-1614 9 0 0
1624-1643 70 4 1
1688-1703 115 62 80
1804-1829 67 88 114

48
2. Diffusione dell’alfabetizzazione.

A rendere possibile tale diffusione è stato lo sviluppo dei terakoya 寺子屋 (fig. 8). Si tratta di scuole aperte a
qualsiasi classe sociale nate già in periodo Kamakura-Muromachi intorno ai templi buddhisti, che si aprono via via in
periodo Edo anche ai contadini, agli artigiani e
soprattutto ai mercanti. Il percorso didattico
comprendeva il seguente ordine: apprendimento
dello hiragana (all’epoca ordinato il base allo iroha);
numeri; kanji per i nomi propri di persona; kanji per i
nomi propri di luogo (villaggi e province); stesura di
documenti ufficiali; stesura di testi per la vita
quotidiana; studio dei libri di testo dell’epoca; studio
dei testi giuridici; apprendimento del cinese scritto.

F
ig. 8 Esempio di terakoya.

3. Nascita dei quartieri di piacere.

In periodo Edo, nei tre principali centri urbani (Kyōto, Ōsaka e Edo) si sviluppano e acquistano enorme
popolarità i cosiddetti “quartieri di piacere”. Le denominazioni giapponesi per questi luoghi sono molteplici: kuruwa ( ), 廓
yūkaku ( 遊廓), karyūkai (花柳界), keiseimachi (傾城町). In generale erano conosciuti come akusho (悪所, lett. “luoghi
del male”), non certo per una condanna moralistica sulla prostituzione in sé, quanto per gli oggettivi problemi economici
che la frequentazione assidua di questi luoghi poteva causare ai suoi clienti più affezionati.
I tre principali quartieri di piacere sono: Shimabara a Kyōto (1640), Shinmachi a Ōsaka (1631) e Yoshiwara
a Edo (1618). Yoshiwara venne spostato nel 1657 a causa di un incendio divampato in tutta la città: lo Yoshiwara
precedente a questa data viene conosciuto come moto Yoshiwara ( 元吉原) mentre quello successivo come shin
Yoshiwara ( 新吉原). Lo shin Yoshiwara si trovava dietro al famoso tempio di Asakusa, in una zona sicuramente liminare
della città, richiedendo molto tempo per essere raggiunta. Come si vede nella cartina riportata in fig. 9, per accedervi
bisognava passare per un ingresso principale chiamato ōmon ( 大門). All’interno, sulla sinistra era situato il posto di
controllo a garantire sicurezza sia alle donne che lavoravano nel quartiere, sia ai loro clienti. La via principale che
percorreva trasversalmente il quartiere era chiamata naka no chō ( 中の町), e ai lati si susseguivano i locali dove le
donne erano “esposte” dietro a delle grate di legno. Maggiori informazioni e materiale visivo verranno presentati durante
le lezioni.

 APPROFONDIMENTO

49
- Cecilia Segawa Seigle, Yoshiwara: The Glittering World of the Japanese Courtesan, University of Hawaii Press, 1993.
- Teruoka Yasutaka, “The pleasure quarters and Tokugawa culture”, in C. Andrew Gerstle (ed.), 18th Century Japan,
Sydney, Allen and Unwin, 1989, pp. 3-32.
- Nakano Mitsutoshi, “The role of traditional aesthetics”, in C. Andrew Gerstle (ed.), 18th Century Japan, Sydney, Allen and
Unwin, 1989, pp. 124-131.

Fig. 9 Cartina di Shin Yoshiwara (originale di periodo Edo).

4. Nascita e sviluppo del teatro kabuki.

Oltre all’importanza letteraria che questo evento riveste in seno alla cultura Tokugawa, si deve sottolineare il
ruolo centrale che gioca nella vita quotidiana. Ad esempio i volti degli attori di kabuki diventano tanto popolari quanto lo
sono oggi quelli dei divi del cinema e della televisione, le scelte estetiche che adottano sul palcoscenico influenzano
profondamente la moda dell’epoca, le battute più celebri dei drammi in scena vanno a costituire un repertorio di frasi fatte
pronte a essere modificate all’occasione con irriverenti e arguti giochi di parole, i nomi degli attori si abbinano a svariati
prodotti dell’epoca assicurandone sicuro successo nelle vendite.

 APPROFONDIMENTO
- Gunji Masakatsu, “Kabuki and Its Social Background”, in Nakane – Ōishi, Tokugawa Japan, pp. 192-212.

50
SESTA UNITÀ DIDATTICA
Non haiku ma haikai: Matsuo Bashō e la tradizione poetica di periodo Edo

Iniziamo leggendo...
Kogarashi 木枯らし(1684) di Matsuo Bashō 松尾芭蕉 (da Haruo Shirane, Traces of Dreams. Landscape, Cultural
Memory, and the poetry of Bashō, Stanford, Stanford University Press, 1998).
 LETTURA OBBLIGATORIA (materiali distribuiti a lezione e disponibili a ricevimento del docente)

Analizziamo gli elementi fondamentali dell’opera...

※ A lezione verranno analizzate le tecniche utilizzate nel concatenamento dei versi. Per chi non frequenta informazioni
simili possono essere ritrovate in Shirane, Traces of Dreams, pp. 116-159. La decodificazione di questi versi prevede
un apprezzamento a quattro livelli:
1) interesse di ogni singolo verso;
2) interesse che nasce nel collegamento creato tra verso precedente e verso successivo;
3) interesse che nasce dal cambiamento che ha luogo in tre versi;
4) interesse per l’intera sequenza.

Contesto letterario (poesia di periodo Edo)

Per lo studioso di letteratura giapponese quello che oggi conosciamo con il nome di haiku rappresenta un
curioso fenomeno di mis-reading (per usare un fortunato termine di Harold Bloom). Nelle presentazioni più “popolari”
(quelle che si situano al di fuori dell’accademia e che raggiungono il vasto pubblico) si descrive lo haiku come un
componimento poetico in 17 sillabe (e fin qui nulla da ridire), che è ineluttabilmente legato nella sua natura con il mondo
del buddismo zen (e qui iniziamo ad aver da ridire) e che trae lo sue origini in quanto haiku in poeti come Bashō, Buson e

51
Issa, tutti del cosiddetto periodo Edo (e qui molto è da ridire). Le ultime due affermazioni, che sono consuetudinarie nelle
presentazioni sullo haiku, sono tutt’altro che vicine alla realtà dei fatti. Queste due affermazioni devono essere ricondotte
a una dinamica di “ri-lettura pilotata”, di mis-reading avvenuta in più fasi a partire dalla metà del XIX secolo in cui
l’orizzonte d’attesa del lettore contemporaneo ha volutamente imposto una lettura non corretta e ideologicamente viziata
delle origini storiche di questo genere poetico, quindi della sua originaria natura e della sua identità.
Il testo scelto dalla produzione di Matsuo Bashō permette di indagare nelle origini storiche dello haiku, per
capire in cosa consisteva questo genere quando nacque e per comprendere a che punto e in quali modalità sia stato
sottoposto a una lettura orientata. Nella lezione che corrisponde a questa Unità Didattica si cercherà di descrivere come è
avvenuto il processo di mis-reading, senza voler in alcun modo dare un giudizio su di esso su di esso perché come
ricorda Bloom spesso è proprio da questo processo di mis-reading che dai testi nascono nuovi testi, e come ricorda
Toyama Shigehiko i classici diventano tali perché continuano a parlare alle nuove generazioni le quali, trascurando
l’intenzione originaria dell’autore, trasferiscono al testo le proprie necessità, i propri desideri, il proprio orizzonte d’attesa. Il
testo diventa specchio del lettore e grazie a questo rimane sempre attuale. Noi andremo a vedere cosa c’è dietro a
questo specchio.

Le origini: lo haikai di periodo Edo

Incominciamo con un citazione dal Sanzōshi, manuale poetico scritto da Hattori Dōhō (un allievo di Bashō)
intorno al 1690. Hattori riporta le parole del maestro come segue:

Lo hokku può essere composto anche dall’ultimo allievo. Lo haikai, inceve è l’arte degli anziani che si sono
fatti le ossa nel fare poetico.

Due sono le parole chiave in questa citazione: hokku 発句 e haikai 俳諧. Lo haikai indica un tipo di poesia a catena
diffusasi nel periodo Edo con determinate caratteristiche che poi vedremo; lo hokku, come avremo modo di ribadire più
avanti è il primo ku della catena poetica.
Il termine haikai ha origini antiche visto che compare già nel Kokinshū (sezione 19) con l’accezione di qualcosa
di “comico”, di “divertente”. In questa accezione viene ereditato nell’ambito del renga, che come abbiamo visto si tratta di
poesia a catena sviluppatasi dal XII al XVI secolo. La struttura di base prevede un ku (emistichio) di diciassette sillabe
composto da un poeta al quale un altro poeta si ricollega rispondendo con un ku di 14 sillabe. La forma canonica
prevedeva 100 ku, sebbene esistano variazioni con sequenze di 36 o 48 ku. Accanto al cosiddetto ushin renga, il renga
serio, si sviluppò anche il cosiddetto hakai no renga. La differenza sta nel linguaggio utilizzato. Leggiamo a riguardo una
presentazione di cosa sia haikai data nel Nan chōhōki, un testo encliclopedico con tutto ciò che doveva entrare a far parte
della formazione di un uomo, redatto nel 1693:

Il renga utilizza il linguaggio dello waka [canone poetico giapponese con un componimento in 31 sillabe]
e crea versi graziosi. Lo haikai prevede l’inclusione dello haigon [linguaggio escluso dallo waka] e crea
versi comici. Persino stupide donne e bambini li creano. (L.M.)

Un celebre esempio di haikai no renga dallo Inu tsukubashū (Yamazaki Sōkan, 1530) recita:
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Hokku
Kasumi no koromo かすみのころも
Suso wa nurekeri すそはぬれけり
L’orlo della vesta della foschia è bagnato
Tsukeku
Sao hime no haru さを姫のはる
Tachinagara たちながら
shito wo shite しとをして
La principessa della primavera Saho in piedi fa pipì.

Novità assoluta di questa produzione è l’irruzione di un linguaggio nuovo: lo haigon 俳言, caratterizzato da
quel lessico che era stato bandito dalla poesia classica, costituito per lo più da composti cinesi e da termini appartenenti
alla sfera dalla quotidianità (zokugo) spesso dotati di irriverente volgarità. In periodo Edo Matsunaga Teitoku (1571-1653)
si fa erede di queste scelte compositive ribadendo che marca distintiva dello haikai è e deve essere lo haigon, purificato,
però, della volgare comicità di prima. Nel suo Shinsō Inu tsukuba shū dice:

Per quanto sia haikai, non è una Via poetica che debba gettare l’onta si propri genitori. Non c’è bisogno di ribadirlo
per il confucianesimo, ma anche per il buddhismo un comportamento che infrange la pietà filiale è considerato un
male. (L.M.)

Ecco che, allora, alla veste di rugiada associa una nuova immagine: “creature celesti sembra scendano dal cielo, mare
della primavera” (tennin ya / amakudaru rashi / haru no umi), in cui tennin è un termine cinese (quindi appartenente di
diritto allo haigon) ma lontano dalla comicità dei versi di Sōkan. Scopo di Teitoku è la riabilitazione del valore dello haikai e
la possibilità di elevarlo qualitativamente al livello del renga. Queste scelte daranno vita a una corrente, il Teimon, che
godrà di ampio successo fino all’era Kanbun (1661-1673) producendo titoli di importanti collezioni tra cui si ricorda Enoko
shū (Matsue Shigeyori, 1633).
Le regole fissate da Teitoku per dare ordine e dignità letteraria al genere, finiranno via via col ridurlo a una
forma di stucchevole manierismo. La reazione a questo processo prende forma con la poesia di Nishiyama Sōin
(1605-1682) e la corrente con lui iniziata denominata Danrin. Si assiste all’esplosione della giocosità nelle forme più
disparate: parodia minimale e conseguente volgarizzazione di versi classici; ripresa innovativa e spesso dissacrante dei
testi di teatro nō (yōkyokudori); giochi di parole che si muovono nell’ambito di una comicità grassa; burlesco che nasce
dall’abbinamento di espressioni tipiche dello waka e altre proprie dello haikai. Un atteggiamento creativo all’insegna della
spontaneità e della libertà che è stato indubbiamente determinato dallo sviluppo avvenuto non più a Kyōto ma a Ōsaka e
che si manifesta anche a livello di scelte stilistiche peculiari. Ad esempio si fa ampio uso del jiamari, quindi di un eccesso
di sillabe per ogni ku (emistichio) o si sviluppa la pratica dello yakazu haikai, in cui un unico autore si cimenta a produrre il
maggior numero di versi nel minor tempo possibile raggiungendo i livelli di Ihara Saikaku che si dice abbia composto circa
quattromila versi in una sola notte (trascritti poi nel 1681 in Saikaku ōyakazu).
Eppure anche un simile atteggiamento creativo cade in una sterile impasse nel momento in cui la giocosità
viene ingabbiata in percorsi predefiniti. A superare i limiti sia del Teimon che del Danrin e a consentirne un rinnovamento

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di successo è stato Matsuo Bashō (1644-94). Come abbiamo detto in apertura, Bashō prediligeva lo haikai inteso come
“versi collegati” composti a più mani in una séance poetica. Lo haikai inteso in questi termini presenta alcune
caratteristiche specifiche.
1) Prospettiva sociale: za no bungaku, come letteratura che nasce dall’incontro di più persone, nel contesto di un
gruppo che si stimola all’ispirazione sulla base di obiettivi e di necessità comuni. Componenti sociali di questo
momento di socializzazione culturale erano shisho (colui che giudica i versi), shippitsu (colui che trascrive i versi
recitati a voce) e renshū (i poeti partecipanti alla séance).
2) Il testo: la struttura che preferisce è quella in 36 ku, denominata kasen.
→ esempio massimo è proprio Kogarashi scelto per il Corso.
3) I contenuti: i versi vengono composti a più mani in base a rigide regole ( 式目) che definivano quali parole e immagini
potevano venire utilizzate in un ku piuttosto che in un altro. La bravura e l’originalità del poeta si riscontravano nella
sua capacità di rispettare le regole pur esprimendo di volta in volta un’interpretazione originale delle stesse. Altro
elemento fondamentale è il tipo di progressione cui si mirava nella concatenazione dei versi. Tale progressione
doveva garantire al contempo sia la ripresa del verso composto dal poeta precedente sia una novità rispetto ad esso,
in una dinamica di paradossale ripresa con differenza che si consume in un atto creativo fatto tanto di ricezione
quanto di produzione. Uno degli esempi più citati è un kasen composto da Basho. Nell’autunno del 1684 Basho
(all’età di 41 anni) compie un viaggio (immortalato nel suo Nozarashi kikō) che lo porta nel centro urbano di Nagoya.
Lì un gruppo di poeti locali lo invita a comporre poesia con loro e il risultato sono cinque kasen tutti inclusi nel testo
intitolato Fuyu no hi.

Indipendenza degli hokku


All’interno di questa produzione di versi a catena in spirito haikai, via via prende importanza il primo ku, ovvero
lo hokku. Sebbene il giudizio di valore, che ho citato all’inizio, dato da Bashō sul valore dello hokku non sia positivo, di
fatto lo stesso Bashō avvia la pratica di comporre degli hokku indipendenti. Questo può avvenire nel contesto di antologie
di hokku o all’intenro dei suoi molti diari di viaggio.
Il celebre hokku di Bashō

古池や蛙飛び込む水の音
Furuiki ya / kawazu tobikomu / mizu no oto
vecchio stagno / una rana vi salta / rumore d’acqua

compare in una raccolta di hokku inclusa nel testo Haru no hi (1686). Troviamo applicate le regole dello hokku: kigo
(parola stagionale = kawazu), kireji (parola che taglia in genere particelle grammaticali con cui si creava una cesura nei
tre versi costitutivi dello hokku; cesura con cui si potevano abbinare due mondi distinti nel limitato spazio delle diciassette
sillabe). Quale è il meccanismo di questo testo poetico? L’allievo Kikaku aveva ipozzato yamabuki come apertura dei
versi, così come avrebbe voluto la consuetudine poetica fino al renga. Ma Bashō modifica questa ipotesi sostituendo a
yamabuki il termine furuike. Qui troviamo l’essenza della poesia di Bashō che non ha nulla a che vedere con una visione
zen dell’esistenza. Gli sforzi di Bashō si sono concentrati sulla ricerca di novità (atarashimi), perché è la novità che deve
costituire il fulcro dello “spirito haikai”. Raramente, però, per Bashō creare qualcosa di nuovo significa rigettare la

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produzione poetica precedente e seguire percorsi mai tentati prima. Come hanno dimostrato gli studi di Haruo Shirane,
significa piuttosto rielaborare la tradizione e i punti chiave della sua poetica sono delle risposte a questo. Kōgo kizoku
(“risvegliarsi a ciò che è alto e ritornare a ciò che è basso”) implica da un lato una vasta cultura con una conoscenza
approfondita dei poeti del passato e dall’altro un ritorno alla realtà vivace e variegata del mondo quotidiano dando
attenzione ad argomenti trascurati dalla poesia precedente; fueki ryūkō (“il non-cambiamento e il perenne cambiamento”)
indica da un lato ciò che non cambia né nella natura né nell’uomo e dall’altro ciò che sempre si modifica con i tempi, le
mode, gli individui. In entrambi i casi il poeta di haikai è chiamato ad armonizzare insieme questi poli apparentemente
opposti e a creare una poesia che sia nel contempo ortodossa ed eterodossa. Da questo incontro paradossale ma
armonioso tra mutevole e invariante nasce il concetto di sabi, quella patina che l’usura del tempo infligge a ciò che
potrebbe sembrare eterno e che in realtà si modifica incessante. E in tutto questo la novità, il cambiamento si arricchisce
di una nuova connotazione: karumi, la leggerezza. Essa implica l’attenzione per le qualità fonetiche della poesia ed è
associata allo spirito giocoso dei bambini (ada) che vedono il mondo con occhi freschi e liberi da preconcetti come lo
haikai dovrebbe fare.

Dopo Bashō
Dopo Bashō lo haikai si diffonde come divertimento tra uno strato molto vasto della popolazione con
conseguente abbassamento del livello. Dall’era Bunka in poi, si viene diffondendo la consuetudine dei tsukinami ku
awase 月並句合. Ogni mese sotto la guida di un giudice veniva deciso il kigo e qualsiasi persona poteva proporre dei
versi. Quelli scelti avrebbero vinto un compenso in denaro (dagli 8 ai 12 monme per ogni verso). All’inizio era una pratica
nata come esercitazione per la composizione di haikai, ma progressivamente divenne un momento di divertente
socializzazione nonchè un metodo per fare soldi. Una forma simile di intrattenimento è costituito dal tentori haikai 点取
り俳諧. Anche in questo caso si gareggiava per prendere più punti. C’è solo una differenza importante tra queste due
pratiche: la prima si basa sulla composizione di hokku mentre la seconda sulla composizione di renku. L’influenza
esercitata dallo tsukinami ku awase è importante per diversi aspetti, ma quello che ci riguarda:
- il gusto per lo hokku piuttosto che per i renku diventa sempre più forte e imperante (sebbene fosse timidamente
incominciata con Bashō).
Tra i due poeti più celebri abbiamo Yosa Buson e Kobayashi Issa. Yosa Buson (1716-1784) diventa nel 1737
discepolo di Hayano Hajin (1677-1742) poeta che apparteneva alla scuola di Bashō e nel contempo sviluppa la sua
formazione come pittore. Connubio felice di questo doppio percorso formativo è la creazione di haiga: opere in cui
realizza un’intima fusione di poesia haikai e pittura, tra le quali si ricordano in particolare le versioni illustrate dei diari di
Bashō (Nozarashi kikō e Oku no hosomichi). Kobayashi Issa (1763-1827) scrive haikai profondamente influenzati dallo
inakatai (stile campestre), uno stile che ricerca stimoli nella vita di campagna sia per quanto riguarda le tematiche sia
nello stile. Eppure, a differenza di molti poeti coevi, per Issa non è un semplice atteggiamento ostentato, bensì una scelta
consapevole, spesso polemica nei confronti del mondo cittadino e certo non indipendente dalle sue origini contadine.
Temi privilegiati della sua poesia diventano gli abitanti del mondo di provincia, dagli animali più insignificanti alle persone
più umili; una scelta che si traduce sul piano stilistico nell’uso di un linguaggio colloquiale, pervaso da inflessioni dialettali
e da espressioni familiari.

Dopo il Meiji

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Quando il Giappone si apre alle teorie occidentali dell’arte a partire dal periodo Meiji, quando il valoro
dell’intertestualità viene offuscato dal bisogno imitativo di assoluta originalità, quando la rete intellettuale coralmente
funzionante nella produzione di un testo letterario viene soppiantata dall’immagine dell’artista che deve diventare genio
isolato, quando l’arte non è più dialogismo ma solipsismo, ecco che lo haikai (come visto che aveva un posto di assoluto
privilegio per Bashō) viene abbandonato a favore dello hokku. Ecco che ci troviamo di fornte alla nuova poetica proposta
da Masaoka Shiki (1867-1902) che rilegge lo hokku imponendogli una nuova visione poetica e facendolo diventare lo
haiku. Demistifica Bashō in favore di Buson e riconosce nel concetto di shasei (rappresentazione mimetica della realtà
esteriore e interiore). Ecco che lo haiku in 17 sillabe ottiene un significato che fino ad ora non aveva mai avuto: quello di
cristallizzare in poche sillabe tutto un mondo esteriore o interiore. Fra i molti poeti di haiku che si cimentano per tutto il XX
secolo e di cui potete trovare linee guida in Letteratura giapponese (Einaudi, 2005), nessuno aveva mai ipotizzato di
riconoscere nello haiku un carattere buddhista. Per questa nuova rilettura dello haiku dobbiamo attendere la ricezione che
avviene in Occidente. Sono le traduzioni di Blyth che danno questa nuova interpretazione dello haiku: haiku come “la
poesia del tatto, gusto, suono, vista e odore colmi di significati”, “la poesia della sensazione”, un’esperienza poetica che è
esperienza spirituale in cui poeta e natura si uniscono. Blyth segue apertamente l’insegnamento zen della scuola di Kyōto
e in particolare da Suzuki per cui lo zen, indistinto dallo haiku, è uno stato della mente in cui “noi” non siamo separati dalle
“altre cose”, ma invero identici”. È proprio questa lettura (una rilettura della rilettura dello hokku originario) che ha dato
forma allo haiku come lo intende la maggiorparte della popolazione mondiale oggi.

 APPROFONDIMENTO
- “Linking and Communal poetry”, in Haruo Shirane, Traces of Dreams. Landscape, Cultural Memory, and the poetry of
Bashō, Stanford, Stanford University Press, 1998.
- Haruo Shirane, “Matsuo Bashō’s Oku no hosomichi and the Anxiety of Influence”, in Amy Vladeck Heinrich (ed.),
Currents in Japanese Culture, New York, Columbia University Press, 1997.
- Bonaventura Ruperti, “La funzione della poesia nella società giapponese: lo haikai”, in Atti del XXV Convegno di Studi
sul Giappone, 2001.

Ampliamo ulteriormente (poesia di periodo Edo)

SENRYŪ

Questo genere poetico prende il nome dal suo iniziatore Karai Senryū 柄井川柳
(1717-90). Un senryū è composto da tre versi (5-7-5), risulta privato dell’uso di kigo
e kireji, presenti invece negli hokku, e si concentra in particolare sulla società coeva,
sull’uomo dandone spesso un’immagine satirico-umoristica. Le collezioni di senryū
prendono in genere il titolo di Haifū yanagidaru 俳風柳多留.
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 APPROFONDIMENTO
- Jean Cholley, Un haiku satirique – le senryū, Paris, POF.
- R.H.Blyth, Edo Satirical Verse Anthologies, Tōkyō, Hokuseidō, 1961

Oku no hosomichi 奥の細道 (diario di Matsuo Bashō)


Il ventisettesimo giorno del terzo mese del 1689 il poeta di haikai Matsuo Bashō parte per un viaggio di cinque mesi
che lo conduce in compagnia del suo allievo Sora nelle regioni del Tōhoku e dello Hokuriku nel nord del Giappone. Nel
1694 viene terminato quello che sembrerebbe esserne il fedele resoconto: Oku no hosomichi. Sembrerebbe, perché di
fatto, se paragonato al diario tenuto da Sora (Sora tabi nikki), risulta essere un testo di fiction solo in parte basato sul
viaggio reale; un testo nel quale la maggioranza degli eventi accaduti lungo la via sono tralasciati e molti hokku scritti solo
al ritorno. D’altro canto già in Oi no kobumi Bashō aveva definito la propria scrittura di viaggio come “farneticazioni di un
ubriaco”, “vaneggiamenti di chi dorme” e quindi lontana dall’essere una semplice trascrizioni di eventi realmente vissuti, e
la critica giapponese considera questa affermazione come un’utile chiave di lettura per il successivo Oku no hosomichi.
Come mette in luce Haruo Shirane, il viaggio verso le regioni settentrionali diventa l’occasione per intraprendere diversi
percorsi di ricerca. Bashō visita gli utamakura (luoghi cantati in poesia), in particolare quelli relazionati al poeta Saigyō; si
reca in località che sono state teatro di eventi storici; segue un percorso spirituale nei principali centri religiosi (e lo “oku”
del titolo arriva a indicare i recessi più intimi del proprio io); incontra individui particolari e nuovi compagni per i suoi versi.
Nell’ottica della poetica di Bashō grande importanza ha la ri-visitazione degli utamakura: quello che propone, infatti, non è
la semplice ripresa di associazioni poetiche stabilite dalla tradizione bensì un’esplorazione del luogo fisico, della sua
attuale condizione, delle sue origini culturali per permettere la creazione di nuove, inattese immagini associative; un
percorso di ripresa innovativa degli utamakura tradizionali in perfetta consonanza con il principio del fueki ryūkō da lui
elaborato in questi anni. E l’innovazione si attua anche nei confronti dell’essenza poetica tradizionale del viaggio. A
differenza dei diari tramandati dalla tradizione precedente, qui non si trova più l’opposizione tra mondo della capitale e
mondo a lei esterno con la supremazia della prima; si è piuttosto di fronte a una viaggio senza centro e senza ritorno, che
schiude nuovi mondi ricchi di potenziale poetico nella loro quotidianità e di affascinanti personaggi.
L’importanza di Oku no hosomichi risiede nella sperimentazione di un nuovo tipo di prosa chiamata haibun. Già prima
di Bashō ne esistevano esempi in embrione a costituire prefazioni, note introduttive agli hokku o brevi saggi scritti da
maestri di haikai. Ma Bashō porta il significato di haibun ben oltre la compresenza di prosa e hokku in uno stesso testo;
egli dà vita a una prosa in cui si uniscono haigon (in particolare una combinazione di giapponese vernacolare e parole
cinesi), giapponese classico (con espedienti retorici come engo e kakekotoba) e cinese classico (stile ellittico, ritmico e
strutturato su parole o frasi appaiate).
Oku no hosomichi fa parte di un gruppo di altri “diari di viaggio” (kikō) costituito da Nozarashi kikō, Kashima kikō,
Sarashina kikō, Oi no kobumi sebbene sia il testo più completo e maturo all’interno di questo percorso creativo.

 LETTURA OBBLIGATORIA (indicata nella scheda online)


Adriana Boscaro (a cura di), Letteratura giapponese. I. Dalle origini alle soglie dell’età moderna, Einaudi, Torino 2005.
Voce: Haikai (Laura Moretti), pp. 47-51.

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 Perché in Occidente si è voluto vedere nello haikai di periodo Edo lo haiku nato in
periodo successivo? Perché lo “haiku” è stato collegato alla cultura del buddhismo
zen? Che cosa comporta questo doppio processo culturale?

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SETTIMA UNITÀ DIDATTICA
All’origine dei manga: testo e immagine nei kusazōshi

Iniziamo leggendo...

Kinkin sensei eiga no yume 『金々先生栄花夢』di Koikawa Harumachi, 1775


Nei due volumetti illustrati di cui si compone l’opera viene narrata la vicenda di Kanamuraya Kinbyōe. Si tratta
di un giovane di campagna che decide di recarsi a Edo per fare fortuna e quindi darsi ai piaceri del “mondo fluttuante”
(ukiyo). Giunto a Edo per prima cosa visita il tempio Ryūsenji di Meguro e una volta sul posto decide di mangiare la
specialità del luogo, i celebri awa mochi. Mentre aspetta che questi siano pronti, la stanchezza del viaggio lo fa
addormentare e da qui inizia la narrazione del sogno che lo vede protagonista. Izumiya Seiza, un ricco mercante di Kanda,
lo sceglie come figlio adottivo che si curi dei suoi affari mentre lui, ormai anziano, si ritira a vita monacale. Il passaggio di
consegne permette a Kinbyōe di trovarsi con un ingente patrimonio grazie al quale assume un aspetto consono alla moda
dell’epoca e incomincia a frequentare i quartieri di piacere della città spronato da Genshirō, uno dei dipendenti del
negozio. La popolarità che conosce grazie alla quantità di denaro di cui dispone lo fanno soprannominare “Kinkin sensei”
(dove kinkin era una parola di moda all’epoca per indicare un aspetto sfolgorante) e gli permettono di diventare cliente
fisso prima di Yoshiwara poi di Fukagawa. Senza accorgersi cade nella tresca ideata da Genshirō e da Omazu, una delle
donne di Fukagawa, di modo che in breve tempo sperpera tutto il denaro che possedeva, costretto a vagabondare a piedi
tra le donne di rango più infimo a Shinagawa. Venuto a conoscenza della situazione il padre adottivo lo disereda e proprio
nel momento in cui vede se stesso a trent’anni di fronte a una caduta irreversibile, Kinbyōe si risveglia perché ormai sono
pronti gli awa mochi che aveva ordinato. Da questo sogno apprende quanto le ricchezze a cui anelava sono cosa effimera
e abbandona l’idea di rimanere a Edo ritornandosene al paese natale.
Come viene suggerito dallo stesso autore nella prefazione, Kinkin sensei eiga no yume rielabora quanto narrato
in Kantan 邯鄲, un testo di teatro nō che a sua volta riprende il venticinquesimo capitolo del Taiheiki (“Kōryō no yume no
koto”) basato sul testo cinese Zheng zhong ji. Il meccanismo di ripresa appare evidente nell’ossatura della fabula: un
viaggiatore si ferma in una locanda e nel tempo in cui gli viene preparato il pasto sogna una vita di ricchezze; al risveglio,

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però, tutto è uguale a prima e comprende quanto l’esistenza terrena sia effimera e ogni possibile fortuna labile. Tale
impianto imitativo è sostenuto da numerose citazioni verbatim o quasi da Kantan. Eppure la ripresa si attua all’insegna del
cambiamento. A livello di diegesi l’azione si sposta dalla Cina al Giappone, da un’epoca indefinita al secondo periodo Edo.
Tale trasposizione diegetica determina una serie di novità a livello contenutistico. Se Rosei, il protagonista di Kantan, si
mette in viaggio per cercare una guida spirituale sul monte Yōhi, Kinbyōei lo fa per arricchirsi nella fiorente Edo; il pasto
che il protagonista attende non è più semplice miglio cotto (awa no odai), ma sono gli awa mochi, specialità di Meguro
attestata nelle guide di viaggio dell’epoca; nel sogno non è il figlio del governatore di una provincia cinese ma il figlio
adottivo di un ricco mercante; una volta diventato Kinkin sensei, Kinbyōe assume l’aspetto alla moda dell’epoca
riproponendo quei particolari dell’abbigliamento che erano stati illustrati nel 1773 nello sharebon intitolato Tōsei fūzoku tsū
当世風俗通. Questa modernizzazione dell’ipotesto e del suo protagonista viene accompagnata da un processo di
inversione all’interno del sogno: se il sogno di Rosei si chiude con l’immagine della fortuna durata per cinquant’anni,
quello di Kinbyōe lo pone di fronte a una progressiva caduta.
Kinkin sensei eiga no yume è solo uno tra i tanti testi della letteratura Tokugawa che rielaborano il motivo
letterario del “cuscino del sogno”. Già Asai Ryōi aveva inserito in Otogi bōko (1666) un capitolo intitolato “Issui sanjūnen
no yume” e lo stesso motivo ricompare in molti hanashibon tra cui si può ricordare Sugiyōji (1680, vol. 6, cap. 1). È, però,
all’interno dei kusazōshi che assume particolare rilievo andando a costituire un ricco filone in cui si possono ricordare
Ukiyo Rakusuke ippai no yume (1762, Tomikawa Fusanobu), Fūryū Kantan Ukiyo eiga makura (1772, Tomikawa
Ginsetsu) e Miru ga toku Issui no yume (1781, Hōseidō Kisanji).
In questo testo troviamo riaffermata in termini nuovi l’episteme intertestuale che già abbiamo riconosciuto
essere caratteristica fondante della cultura giapponese.

Edo umare uwaki no kabayaki 『江戸生艶


『江戸生艶気樺焼』, di Santō Kyōden, del 1785.
Il protagonista Enjirō è un giovane di diciannove, vent’anni poco attraente che nutre il sogno di diventare uno di
quei libertini alla moda amati e ricercati dalle donne. Con l’aiuto di due amici — Kitariki no suke e Warui Shian —
incomincia il suo apprendistato da libertino diventando protagonista di diversi episodi comici in cui risulta essere sempre e
solo una caricatura grottesca dell’ideale maschile cui aspira. In altre parole diventa l’esempio emblematico di quello
hankatsū che popola anche gli sharebon dell’epoca come alter ego comico dello tsūjin (per questi termini si veda p. 71).
A lezione lavorando sull’originale dell’opera, si metterà in luce come un testo la cui trama risulta a prima vista
facilmente fruibile da chiunque sia in realtà profondamente radicato nella cultura urbana della Edo di periodo Tokugawa.

Contesto letterario (i kusazōshi di periodo Edo)

Questi due testi sono testi cardine del genere conosciuto con il nome di kibyōshi 黄表紙, a loro volta parte
dei kusazōshi 草双紙. Iniziamo con una descrizione di questo genere letterario.
Il termine kusazōshi indica i testi illustrati stampati principalmente a Edo tra la fine dell’era Kanbun (1672) e
l’inizio del periodo Meiji, che si rivolgono a un pubblico “popolare”.

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Tale denominazione può avere diverse spiegazioni: ① “kusa” indica qualcosa di non troppo serio e “sōshi” un testo
illustrato alla portata di un pubblico vasto; ② con la sfumatura semantica di “kusazōshi”臭双紙, dove l’avere un cattivo
odore (kusai 臭い) deriva dal fatto che veniva utilizzata carata riciclata.

Marca distintiva di un genere letterario che conta quasi mille titoli è l’aspetto grafico del testo:
1) la grandezza è di circa 18 cm di altezza per 12 cm di lunghezza;
2) ogni pagina (chō 丁) è per lo più occupata dall’illustrazione e il testo (parte narrata e parte dialogata scritte
prevalentemente in kana) è insertito negli spazi bianchi rimanenti;
3) ogni volumetto è costituito da 5 chō e ogni opera può essere composta da due, tre o più volumetti;
4) in copertina il titolo viene indicato su un foglio di carta incollato (daisen 題簽) e due sono i tipi di daisen riscontrabili.
Un primo tipo caratterizzato da un unico foglietto in cui insieme al titolo è riportata un’immagine tratta dal testo (fig.
1); un secondo tipo costitutito da due fogli su cui sono riportati distintamente il titolo e un’illustrazione tratta dal testo
(fig. 2). Negli esempi successivi al 1806 si riscontrerà una nuova copertina decorata che riporta il titolo a stampa
direttamente sulla copertina.

daisen unico con titolo


riportato sulla sinistra della
illustrazione

Fig. 1 Copertine di Gozonji no shōbai mono 『御存商売物』(Santō Kyōden, 1782)

61
daisen doppio con il titolo
del testo riportato su un
foglio indipendente e
l’illustrazione tratta dal
testo su un altro foglio
indipendente

Fig. 2 Daisen di Kinkin sensei eiga no yume

Tre sono i periodi e le relative tipologie di testi che caratterizzano lo sviluppo dei kusazōshi:

① 1672~1774: akahon 赤本, kurohon 黒本, aobon 青本 1

Gli akahon devono la loro denominazione alla


copertina color arancio-rosso. Sono libri per bambini,
pubblicati all’inizio dell’anno, caratterizzati da una
spiccata funzione di buon auspicio (medetai) e da
una finalità educativa. Gli argomenti trattati vanno dai
dōwa come Urashima Tarō, Momo Tarō a argomenti
mutuati dagli otogizōshi come Hachikazuki fino a
materiali ripresi dal jōruri come Kinpira musha shugyō.
Negli akahon l’illustrazione gioca un ruolo Esempio di akahon, Meijizoroe『名人ぞろへ』
preponderante e il testo è quantitativamente limitato. In
genere autore del testo e illustratore coincidono e tra i nomi principali si ricordano Torii Kiyomasu e Nishimura Shigenaga.
Intorno alla metà del XVIII secolo il materiale per
produrre il rosso-arancio delle copertine degli akahon
diventa molto costoso e si passa quindi all’utilizzo di tinture
nere o verdastre (moegi iro, colore tra marrone e verde che

1 Si è coscienti del fatto che la suddivisione dei primi kusazōshi in akahon, kurohon e aobon sulla base del colore della
copertina è spesso arbitraria (le copertine potevano essere sostituite a posteriori, potevano modificare il colore, etc.) e si è
altresì coscienti del fatto che questa classificazione, in futuro, potrà essere oggetto di critica e di revisione. Si è però deciso di
proporre questa classificazione in quanto ancora accettata nei manuali giapponesi di storia letteraria.
Esempio di kurohon, Neko no ko no koneko 62
『子子子子子子』
qualora esposto per lungo tempo alla luce del sole tendeva a diventare simile al giallo). Da qui la denominazione per i
testi si modifica rispettivamente in kurohon e aobon. Rispetto agli akahon illustrazioni e contenuti vanno arricchendosi e il
pubblico a cui si rivolgono non è più solo quello dei bambini ma anche degli adulti. Nella maggiorparte dei casi si tratta di
digest di testi appartenenti al repertorio del teatro jōruri o del kabuki; molti sono i racconti di eroi come Asahina yūriki
kagami e le vendette (katakiuchi) come Fuji Asama monogatari. Autore e illustratore diventano via via due figure separate
che collaborano alla realizzazione di un unico testo. La stamperia che produce il maggior numero di esemplari è
Urokogataya 鱗形屋.
② 1775 ~ 1806: kibyōshi 黄表紙
I kibyōshi presentano una copertina giallo-marrone, da cui la denominazione coniata dalla critica letteraria posteriore.
Come ricorda il celebre poeta di kyōka (lett. “poesia folle) nonché gesakusha (scrittore di gesaku; vedi dopo) Ōta Nanpo
大田南畝 (1749-1823) in Hannichi kanwa (vol. 13), all’epoca venivano chiamati aobon in quanto il giallo utilizzato era in
realtà molto simile al moegi iro tipico degli aobon nel momento in cui perdeva intensità.
Il primo testo che dà il via a questo gruppo è Kinkin sensei eiga no yume 『金々先生栄花夢』(1775) di Koikawa
Harumachi 恋川春町 (1744-89). Viene riconosciuto come il primo esempio di kibyōshi per diversi motivi: 1) nuovo
colore della copertina; 2) modificazioni contenutistiche che rendono questo testo un divertimento rivolto a un pubblico
adulto, per lo più maschile, e non più a un pubblico di donne o di bambini; 3) profusione di dettagli e maggiore realismo
nella resa delle illustrazioni.
I contenuti sono vari, ma il comune denominatore dei kibyōshi è la predilezione per qualsiasi cosa che sia “witty”
(umoristica, ingegnosa, sarcastica), per una comicità che può spaziare dal gioco di parole all’ironia, dal realismo grottesco
all’allusione arguta. Sono stati addirittura definiti “giocattoli per la mente” dalla scrittrice Sugiura Hinako. A livello grafico le
illustrazioni si fanno via via molto più complete, realistiche, ricche di particolari; il testo scritto continua ad essere per lo più
in kana ma le parti dialogate appaiono più complesse; la parte narrativa si fa più lunga e in molti casi vengono utilizzati
alcuni kanji.
Uda Toshihiko identifica quattro fasi nello sviluppo dei kibyōshi:

① Fase embrionale. Con l’avvento di Kinkin sensei eiga no yume via via i kusazōshi diventano una letteratura rivolta a
un pubblico adulto, in cui spesso fa intrusione il mondo degli sharebon (vedi dopo). Gli artisti della scuola Torii che
si occupavano della realizzazione dei kurohon e degli aobon lasciano il posto a nuovi autori che diventeranno figure
leader nella seconda fase.
② Fase di massima prosperità. Siamo nell’era Tenmei (1781-88). Lavorano freneticamente i principali autori del
genere (Hōseidō Kisanji 朋誠堂喜三二, Shiba Zenkō 芝全交, Santō Kyōden 山東京伝) accompagnati da
illustratori di ottimo livello (Kitao Shigemasa 北尾重政, Kitao Masanobu 北尾政演, Torii Kiyonaga 鳥居清長); la
pubblicazione di questi testi viene sostanzialmente controllata dallo stampatore Tsutaya Jūzaburō; nascono
addirittura i primi testi che propongono una riflessione “critica” sui kibyōshi; vengono prodotti gli esempi più
significativi come Daihi no senroppon 大悲千禄本 (Shiba Zenkō) (fig. 3), Edo umare uwaki no kabayaki 江戸
生艶気樺焼 (Santō Kyōden), etc.
③ Periodo delle riforme di era Kansei (1788-1800). Si mette un freno alla visione satirico-caricaturale nei confronti

63
della realtà.
④ In risposta alle limitazioni determinate dalla censura, nel 1790 viene pubblicato Shingaku hayazome gusa 『心学
早染草』di Santō Kyōden (fig. 4), che presenta una dichiarata finalità educativa ripresa, poi, in molti testi
successivi. Nel 1795 viene pubblicato Katakiuchi gijo no hanabusa『敵討義女英』che dà il via a una prolifera
produzione di katakiuchimono (storie di vendette).

Fig. 3 Scena da Daihi no senroppon 大悲千禄本 (1 verso-2 recto).

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Fig. 4 Scena da Shingaku hayazome gusa 心学早染草 (2 verso-3 recto)
 APPROFONDIMENTO
- “Mr Glitter ‘n’ Gold’s Dream of Splendor” (trad. inglese di Kinkin sensei eiga no yume), in Haruo Shirane (ed.), Early
Modern Japanese Literature. An Anthology 1600-1900, New York , Columbia University Press, 2002, pp. 673-687.
- “Grilled and Basted Edo-born Playboy” (trad. inglese di Edo umare uwaki no kabayaki), in Haruo Shirane (ed.), Early
Modern Japanese Literature. An Anthology 1600-1900, New York , Columbia University Press, 2002, pp. 687-710.
- Leon M. Zolbrod, “Kusazōshi: Chapbooks of Japan”, The Transactions of the Asiatic Society of Japan, vol. 10, 1968, pp.
116-147.
- James T. Araki, “The Dream Pillow in Edo Fiction, 1772-1788”, Monumenta Nipponica, 25, pp. 43-106.
- Il tesoro color oro del vecchio Chikusai [Chikusai rō takara no yamabuki iro] (kibyōshi), trad. Laura Moretti, in Chikusai rō
takara no yamabuki iro: honkoku, chūshaku, itariagoyaku, Kagaku kenkyū hi – kiban kenkyū (S) – kenkyū hōkokusho,
Kokubungaku kenkyū shiryōkan, Tōkyō 2003.
- Il prodigioso ingegno di Shiba Zenkō [Shiba Zenkō ga chie no hodo] (kibyōshi), trad. Laura Moretti, in Shiba Zenkō ga
chie no hodo: honkoku, chūshaku, itariagoyaku, Kagaku kenkyū hi – kiban kenkyū (S) – kenkyū hōkokusho, Kokubungaku
kenkyū shiryōkan (in uscita ad aprile 2004).

③ 1806 ~ inizio Meiji: gōkan 合巻

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Nel momento in cui iniziano ad avere particolare fortuna i katakiuchimono, i racconti si fanno molto lunghi e più
fascicoletti di 5 chō vengono legati insieme a formare un unico testo: questi sono i gōkan. L’attenzione per l’umorismo
lascia via via il posto a una propensione per lunghe trame ricche di avvenimenti intersecati in modo complesso l’uno
nell’altro. Tra gli esempi più noti possiamo ricordare: Orokugushi Kiso no adauchi『於六櫛木曾仇討』(scritto da Santō
Kyōden, illustrato da Utagawa Toyokuni) in cui nelle illustrazioni si fa ampio uso dei volti più noti degli attori di kabuki
dell’epoca; Nise Murasaki inaka Genji 『偽紫田舎源氏』(scritto da Ryūtei Tanehiko 柳亭種彦 tra 1829-1842), ripresa
intertestuale del Genji monogatari.

Inizio di Nise murasaki inaka Genji

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TABELLA RIASSUNTIVA PER I KUSAZŌSHI

Akahon kurohon aobon kibyōshi gōkan

copertina rossa-arancio nera verdastra-giallastra-marrone copertina decorata con figure policrome in cui è
inserito a stampa anche il titolo del testo
daisen attaccato sulla copertina

numero di pagine 5 pagine 5-15-20 pagine


(chō) per volume

numero di volumi 1-2 volumi 2-10 volumi 1-3 volumi 2 volumi × 1~90 parti (hen)

principali autori Koikawa Harumachi Santō Kyōden Kyokutei Bakin


Hoseidō Kisanji Tōrai Sanna Shikitei Sanba
Shiba Zenkō Jippensha Ikku Santō Kyōden
Jippensha Ikku
Ryūtei Tanehiko
principali illustratori Scuola Torii Koikawa Harumachi Kitao Masanobu Scuola Utagawa
Torii Kiyonaga Utagawa Toyokuni
Kitao Shigemasa
principali contenuti storie per bambini digest di testi teatrali giochi di parole e nonsense storie di vendette
storie di eroi comicità adattamenti di storie precedenti
realismo grottesco storie di fantasmi
satira verso la società coeva
periodi 1661-1748 1748-1775 1775-1791 1791-1806 1806-Meiji

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Ampliamo ulteriormente (il gesaku di periodo Edo)

 LETTURA OBBLIGATORIA (indicata nella scheda online)


Adriana Boscaro (a cura di), Letteratura giapponese. I. Dalle origini alle soglie dell’età moderna, Einaudi, Torino 2005.
Voce: Gesaku (Laura Moretti), pp. 41-46.

I kusazōshi a loro volta fanno parte di un enorme “calderone” di testi conosciuto con il termine collettivo di
gesaku 戯作.
Il termine si riferisce al gruppo di testi in prosa creati a Edo a partire dalla metà del XVIII secolo. Agli inizi gli
autori (gesakusha 戯作者) erano intellettuali (bunjin 文人) che affiancavano la propria produzione “seria”, “primaria” —
spesso di marcato stampo confuciano — con una ricca di mordace humor scritta per puro “diletto”, per il divertimento
proprio e del lettore. È da questo atteggiamento “ludico” verso l’atto della scrittura che deriva la denominazione gesaku
(lett. “opere scritte per divertimento”). A partire dall’era Kansei (1789-1800), si assiste alla nascita dello scrittore
professionista il quale scrive per un gruppo di lettori via via crescente, rispondendo in modo cosciente alle loro necessità.
Diversi sono i generi in cui il gesaku si divide; generi identificati non solo da precise caratteristiche contenutistiche ma
spesso anche da una veste grafica di immediato riconoscimento. Da notare che gli autori di gesaku passavano con
versatilità da un genere all’altro, e quindi potrà capitare di incontrare uno stesso autore in più ambiti.
Al di là delle differenze che caratterizzano ogni singolo genere, Nakamura Yukihiko ha messo in luce alcune
specificità che contraddistinguono il gesaku nella sua interezza. Due sono i termini chiave che ne riassumono
l’atteggiamento compositivo: ugachi e chakashi. Con il primo si indica la capacità di andare oltre la superficie delle cose
per metterne in luce idiosincrasie e difetti. Con il secondo si definisce la postura di divertita derisione che nasce dallo
sguardo disincantato dei gesakusha nei confronti della realtà. A livello strutturale appare ampiamente utilizzata una
struttura “doppia” in cui un “mondo” (sekai) mutuato dalla precedente tradizione letteraria, più o meno esplicitato nel testo,
viene rivisitato e rinnovato attraverso una complessa rete di scelte intertestuali (shukō). Questa propensione per una
struttura doppia si riflette anche a livello espressivo in diverse tecniche tra le quali ruolo centrale detiene il gioco di parole
(jiguchi) in cui attraverso un solo termine vengono suggeriti due o più significati.

 APPROFONDIMENTO
- Nakamura Yukihiko, “Modes of Expression in a Historical Context”, Acta Asiatica, 28, 1975, 8-10, pp. 1-19.
- Haruko Iwasaki, “The Literature of Wit and Humor In Late-Eighteenth-Century Edo”, pp. 47-71.
- Laura Moretti, “Quando la creazione si fa allusiva: la retorica testuale dello shukō nelle forme narrative del periodo
Tokugawa”, Asiatica Venetiana, 5, pp. 59-84.

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ALTRE SOTTOCATEGORIE DEL GESAKU

 DANGIBON 談義本

Testi che utilizzano lo stile dei sermoni buddhisti, per fornire


una descrizione della propria epoca carica di disincantata comicità e di
pungente satira. Il primo esempio è Imayō heta dangi 『当世下手談義』
(Jōkanbō Kōa, 1752) ma lo scrittore più rappresentativo del genere è
Hiraga Gennai 平賀源内 (fig. 1) con Nenashigusa 根無草 (1763) e
Fūryū Shidōkenden 風流志道軒伝 (1763). A lezione di analizzerà
quest’ultimo testo mettendone in luce gli aspetti comico-satirici e
l’atteggiamento nei confronti del “diverso”. Per un’analisi del testo si
rimanda all’introduzione di La bella storia di Shidōken.

Fig. 1 Ritratto di Hiraga Gennai

 APPROFONDIMENTO
- Hiraga Gennai, La bella storia di Shidōken, a cura di A. Boscaro, Marsilio, Venezia 1990.

 SHAREBON 洒落本
Testi sviluppatisi tra la fine dell’era Kyōhō (1728 circa) e l’inizio dell’era Bunsei (1818 circa) che si concentrano
sul mondo dei quartieri di piacere. Tra i primi esperimenti si trovano testi, come ad esempio Ryōha shigen 『両巴扈言』
(1728), in cui la realtà di Yoshiwara viene descritta in kanbun, dando vita a un divario burlesco tra contenuti narrati e stile
utilizzato.
È, però, nel 1770 con la pubblicazione di Yūshi hōgen 『遊子方言』che si stabilisce il plot caratteristico degli sharebon.
L’ambientazione è quella dei quartieri di piacere, con una storia che vede protagoniste precise tipologie di uomini. Lo
tsūjin通人, colui che conosce alla perfezione l’etichetta da rispettare in questi luoghi, che segue in modo corretto le
mode dell’epoca diventando un modello per il lettore; lo hankatsū 半可通, colui che finge di essere un conoscitore ma del
quale nel corso della storia viene esposta e ridicolizzata la rozzezza; lo yabo 野暮, che si dimostra sin dall’inizio del tutto
ignorante di cosa la frequentazione dei quartieri di piacere comporti; il musuko 息子, in genere un giovane uomo ancora
ignaro della vita dei quartieri senza notte che si dimostra però molto ricettivo e abile nell’apprenderne i modi di
comportamento.
Nel contempo vengono fissati anche lo stile (scene per lo più dialogate in cui si fa uso del linguaggio dell’epoca),
l’impostazione grafica (dialoghi preceduti dall’indicazione sull’identità del parlante e parti descrittive riportate su due
colonne) e il formato editoriale (kohon con pagine di circa 16 cm × 12 cm). (fig. 2).

71
Gli sharebon successivi allo Yūshi hōgen manterranno intatte queste caratteristiche spostando l’ambientazione in altri
quartieri di piacere quali Fukagawa, Shinagawa o Shinjuku. Uno degli autori più significativi
è Santō Kyōden 山東京伝(1761-1816) (fig. 3).
La censura di era Kansei, però, non risparmierà nemmeno questo genere tanto che lo
stesso Kyōden verrà ammanettato per cinquanta giorni per aver pubblicato nel 1791 Shōgi
kinu burui, Shikake bunko e Nishiki no ura. Le vena comico-satirica che pervade gli
sharebon nella loro descrizione dei divertimenti dei quartieri di piacere e nell’esposizione
della rozzezza dello hankastū viene progressivamente eliminata per lasciare spazio a
lacrimevoli storie d’amore (nakihon) dove si descrivono gli struggenti sentimenti che
uniscono clienti e cortigiane.

Fig. 3 Ritratto di Santō Kyōden


 APPROFONDIMENTO
- “Sharebon: books of wit and fashion” (“The playboy dialect”; trad. inglese di Yūshi hōgen), in Haruo Shirane (ed.), Early
Modern Japanese Literature. An Anthology 1600-1900, New York , Columbia University Press, 2002, pp. 632-655.
- James T. Araki, “Sharebon: books for men of mode”, Monumenta Nipponica, XXXIV, 1-2, pp. 31-45.

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Dialoghi, sempre riportati su una colonna

Identità del parlante


Parte descrittiva riportata su due
colonne

Fig. 2 Testo originale di Yūshi hōgen.

73
 NINJŌBON 人情本
Sono l’ulteriore evoluzione degli sharebon successivi alle riforme di era Kansei e prendono forma dall’inizio
dell’era Bunsei (1818 circa) fino al Meiji. Argomento di questi testi è l’amore che lega un uomo per lo più fragile e insicuro
a più donne, con una descrizione dei controversi sentimenti che accompagnano questo tipo di relazione triangolare.
L’ambientazione non risulta più ristretta ai soli quartieri di piacere ma allargata al mondo urbano di Edo con la
conseguente descrizione dei suoi usi e costumi. Si assiste a un rilevante cambiamento nel target a cui si rivolgono i testi
dato che il pubblico non è più quello maschile, come accadeva in prevalenza per gli sharebon, ma quello femminile.
Dal punto di vista editoriale, assistiamo all’utilizzo di copertine illustrate e la particolare cura nella realizzazione delle
illustrazioni.
L’autore più celebre è Tamenaga Shunsui 為永春水 (1790-1843) di cui si ricorda Shunshoku umegoyomi『春色梅児
誉美』(1832) (figg. 4-5).

Fig. 4 Introduzione a Shunshoku umegoyomi.

74
Fig. 5 Illustrazione che apre il primo volume di Shunshoku umegoyomi

 KOKKEIBON 滑稽本
Nell’accezione ristretta questo termine si riferisce a quei testi comici prodotti a partire dal Tōkaidōchū
hizakurige 東海道中膝栗毛 (1802) di Jippensha Ikku 十返舎一九 (1765-1831). Nascono nel contesto di
un’editoria diventata ormai di mercato che richiede ai testi di rivolgersi a un pubblico sempre più vasto, eterogeneo e con
un livello di cultura non sempre elevato. Quindi la comicità che li caratterizza è lontana dalla sottile satira con cui i
dangibon criticano la società coeva così come dalla sagace denuncia della rozzezza dello hankatsū negli sharebon; è una
comicità facilmente comprensibile da chiunque basata sui giochi di parole, sulla situation commedy, sulla farsa, sul
realismo grottesco, sull’ignoranza. Lo stile si fa in un certo senso erede di quello degli sharebon con parti descrittive
(spiegazioni sulla diegesi, presentazione dei personaggi, esposizione della situazione in cui si trovano, etc.), parti
dialogate e togaki (spiegazioni aggiuntive ai dialoghi scritte su due colonne e indicativi delle azioni dei personaggi o della
loro condizione fisico-psicologica). Sono, comunque, le parti dialogate a giocare ruolo centrale riproponendo in maniera
impressionistica il modo di parlare di ogni singolo personaggio, con le sue peculiarità, scorrettezze, inflessioni dialettali e
costituendo di fatto materiale preziosissimo per gli studi filologici. Oltre al testo di Jippensha Ikku si possono ricordare
Ukiyo buro 浮世風呂 (1809-1812) (fig. 6) e Ukiyo doko 浮世床 (1813-1814) di Shikitei Sanba 式亭三馬
(1776-1822) su cui si focalizzeranno le lezioni.

 APPROFONDIMENTO
- “Floating-world Bathhouse” (trad. inglese parziale di Ukiyo buro), in Haruo Shirane (ed.), Early Modern Japanese
Literature. An Anthology 1600-1900, Columbia University Press, New York 2002, pp. 748-759.

75
Fig. 6 Frontespizio e illustrazione da Ukiyoburo.

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 YOMIHON 読本
Così chiamati in contrapposizione agli ehon (libri illustrati) dato che l’illustrazione non è più funzionale al testo.
Gli argomenti trattati presentano richiami molto forti ai classici giapponesi e ai testi cinesi dell’epoca e i due autori
上田秋成 (1734-1809) nel Kamigata e Takizawa Bakin 滝沢馬琴 (conosciuto anche
principali sono Ueda Akinari
come Kyokutei Bakin 曲亭馬琴, 1767-1848) a Edo. Del primo si possono ricordare Ugetsu monogatari 雨月物語
(1768) e Harusame monogatari 春雨物語 (1808); del secondo Nansō Satomi hakkenden 南総里見八犬伝
(1814-32). A lezione si analizzerà l’Ugetsu monogatari per la cui presentazione si rimanda all’introduzione critica in
Racconti di pioggia e di luna.

 APPROFONDIMENTO
- Leon M. Zolbrod, “Takizawa Bakin, 1767-1848. A Restoration that Failed”, Monumenta Nipponica, XXI, 1-2, 1966, pp.
1-46.
- Ueda Akinari, Racconti di pioggia e di luna, a cura di M.T.Orsi, Venezia, Marsilio, 1988.

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OTTAVA UNITÀ DIDATTICA
Sotto il peso dell’Occidente: creazione e rivisitazione in periodo Meiji

Iniziamo leggendo...
Tsubouchi Shōyō, Shōsetsu shinzui (trad. inlg. Di Nanette Twine), pp. 4-13, pp. 23-33.
 LETTURA OBBLIGATORIA (materiali distribuiti a lezione e disponibili in fotocopia in biblioteca)

Analizziamo gli elementi fondamentali dell’opera...

Sulla scorta del novel occidentale che si affaccia per la prima volta alla scena intellettuale giapponese nel
periodo Meiji, l’intellettuale Tsubouchi Shōyō 坪内逍遥 (1859-1935) elaborò nel 1885 Shōsetsu shinzui 小説神髄 (lett.
“L’essenza del romanzo”) come manifesto intellettuale per una prosa rinnovata. Reclama l’autonomia e l’integrità artistica
del “romanzo” (per cui usa il temine shōsetsu 小説, accompagnato dalla lettura fonetica di novel ノベル) in quanto è un
genere che indaga nelle emozioni e nei comportamenti dell’uomo attraverso strutture narrative unitarie e logiche e
caratterizzazioni psicologiche dettagliate. Viene tracciata una linea di demarcazione netta con la prosa del periodo
precedente, caratterizzata da principi morali e didattici. Da questo punto in poi la prosa giapponese viene profondamente
influenzata dalla letteratura occidentale, diventando uno strumento utile e completo per discutere di problematiche
socio-culturali. In classe verranno analizzati nell’ottica del “rinnovamento” i passaggi obbligatori per il Corso.

Contesto letterario

① Panorama letterario del periodo Meiji

Il rinnovato significato della prosa e l’esigenza di adeguare la propria scrittura ai canoni del romanzo
occidentale si sono tradotti in esperimenti letterari specifici di cui si ricorda in particolare Ukigumo 浮雲 di Futabatei
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Shimei 二葉亭四迷 (1864-1909) pubblicato nel 1887-88. Questo primo tentativo, conosciuto in tutte le storie letterarie
come il “primo romanzo giapponese moderno”, in realtà racchiude la tensione verso la volontà di rinnovamento (nella
descrizione di un nuovo tipo sociale, nella scelta di un nuovo tipo di linguaggio di cui si scrive di seguito nel paragrafo
“Lingua e Scrittura” e nell’applicazione di una descrizione psicologica del protagonista) e un inevitabile debito nei confronti
della tradizione di periodo Edo. A lezione verrà presentata questa tensione tra rinnovamento e tradizione attraverso
esempi concreti dal testo. Obiettivo di una trattazione di questo tipo è la volontà di presentare il periodo Meiji
affrancato dallo stereotipo di un Giappone che riesce senza sforzi ad adottare la cultura occidentale. La cultura
del Giappone Meiji è intrisa di una complessa tensione tra rinnovamento e tradizione riscontrabile nei testi, nel
supporto editoriale con cui le opere venivano pubblicate e in un filone di testi profondamente “Edo” che
continuano a essere venduti e letti. Di questi ultimi due aspetti verranno presentati e commentati molti testi conservati
al Fondo Marega dell’Università Pontificia Salesiana di Roma. Verrà presentato brevemente anche il lavoro di una
scrittrice come Higuchi Ichiyō 樋口一葉 (1872-1896) che ha scelto di rimanere legata alla cultura giapponese
tradizionale, rielaborando la tradizione a lei precedente.

 LETTURA OBBLIGATORIA (materiali distribuiti a lezione e disponibili a ricevimento presso il docente)


Luisa Bienati (a cura di), Letteratura giapponese. II. Dalla fine dell'Ottocento all’inizio del terzo millennio, Einaudi, Torino
2005. Voce: Futabatei Shimei, Ukigumo (parte della trama) pp. 224-225.

Questi tentativi di “modernizzazione” del romanzo sono accompagnati da una intensa stagione di traduzioni da
testi occidentali e da una diffusione del romanzo politico che cercava di attuare in modo cristallino l’idea di un romanzo
“utile”alla società.
Tra gli scrittori principali che devono essere ricordati in questo periodo troviamo Mori Ōgai 森鴎外 (1862-94):
fu influenzato dalla letteratura tedesca avendovi soggiornato dal 1884 al 1888. Fu lui ad applicare il termine “naturalismo”
(shizenshugi 自然主義) per una prosa realistica che sperimente nei suoi molti scritti.
① Panorama letterario del periodo Taishō e del primo periodo Shōwa.

A dominare il panorama letterario di questo periodo sono molte correnti letterarie e numerosissime personalità.
Qui di seguito si offre una lista dei nomi che sono parte dell’enciclopedia comune:
1) Shiga Naoya 志賀直哉 (1883-1971) che diventa esponente di un nuovo tipo di scrittura conosciuta con il termine di
shishōsetsu 私小説. Si tratta di un romanzo centrato sul soggetto (spesso tradotto come “romanzo dell’io” o “romanzo
confessione”).
2) Natsume Sōseki 夏目漱石 (1867-1916), di cui si ricordano testi come Sanshirō 三四郎 (1908) e Kokoro 心
(1914). L’autore ha proposto una riflessione critica del processo di modernizzazione, proponendo importanti riflessioni
sulla questione dell’individualismo. La sua prosa, influenzata dall’esperienza di un travagliato soggiorno in Inghilterra,
mette in scena un tormentato contrasto tra aspirazioni morali e la corruzione del quotidiano.
3) Nagai Kafū 永井荷風 (1879-1959), che realizza testi di prosa in cui, tra fiction e saggistica, lamenta la progressiva
morte della Edo del passato, descrivendo la devastazione sociale e morale che deturpa l’ambiente legato ai quartieri di
piacere tragicamente sopravvissuti alla modernizzazione.

79
4) Kawabata Yasunari 川端康成 (1899-1972), conosciuto per molti testi tra cui si ricorda Yukiguni 雪国 (1937-48) e
ricordato per essere stato il primo Nobel per la letteratura giapponese. La sua prosa eterea, frammentaria, incompiuta e
impressionista traducono la ricerca estetica del movimento conosciuto come Shin kankakuha 新感覚波.
5) Tanizaki Jun’ichirō 谷崎潤一郎 (1886-1965) che traduce immagini ardite e di sicuro impatto per il lettore dell’epoca
in una prosa resa complessa da un sapiente uso di strutture classicheggianti.

Essendo impossibile concentrare in poche ore di lezione un universo così vasto come quello della prosa del
kindai, si rimanda alla bibliografia facoltativa per qualsiasi approfondimento e alle molteplici traduzioni italiane per un
contatto diretto (sebbene sempre di “seconda mano”) con il testo. A lezione si discuteranno, invece punti nodali nel
rinnovato contesto culturale:
1) la scoperta dell’io nella scelta di una descrizione psicologica dei personaggi;
2) il rapporto tra l’io e il contesto sociale in cui si trova inserito;
3) l’utilizzo di nuovi supporti editoriali per la diffusione della cultura.

Per ulteriori sviluppi della letteratura si legga  LETTURA OBBLIGATORIA (indicata nella scheda online):
Luisa Bienati (a cura di), Letteratura giapponese. II. Dalla fine dell'Ottocento all’inizio del terzo millennio, Einaudi, Torino
2005. Voci: 1) Letteratura di massa (Matilde Mastrangelo), pp. 58-63. 2) Letteratura pura (Luisa Bienati), pp.101-104.

Lingua e scrittura

Uno degli aspetti più significativi del rinnovamento auspicato in letteratura è la necessità di unificare la lingua
scritta (bungo 文語) e la lingua parlata (kōgo 口語), in un movimento conosciuto con il termine di genbun icchi 言文一
致. Come abbiamo visto nei testi del periodo Edo, nel gesaku i testi utilizzavano la lingua orale e colloquiale per le parti di
dialogo, riservando alle parti narrative l’uso di una lingua scritta pesantemente influenzata dalla grammatica classica. Con
il Meiji gli scrittori fanno appello alla necessità di applicare alla narrazione il giapponese semplice e immediato della
comunicazione orale. I primi tentativi di questa riforma linguistica sono rintracciabili già in Ukigumo ma molti anni verranno
richiesti prima che i lettori, abituati alla distinzione tra bungo e kōgo, riescano di fatto a beneficiare dalla semplificazione
derivata dalla loro unificazione.

Contesto storico
- Già l’ultima fase del periodo Edo il Giappone conosce un progressiva apertura con l’esterno. Le trattative intavolate con
il commodoro americano Perry portano nel 1854 al trattato di Kanagawa che prevedono, tra gli altri punti, l’apertura di
porti nel nord del Giappone e l’invio di un console americano in Giappone.
- L’avvio di un Giappone rinnovato si ha nel 1868 quando l’imperatore Mutsuhito prende il potere con il nome di

80
Imperatore Meiji, proponendosi il fautore di un governo “illuminato” votato alla creazione di uno Stato moderno fondato
sulla centralizzazione del potere politico e sulla trasformazione capitalistica delle istituzioni economico-sociali e attuando
un progressivo smantellamento del sistiema creato dai Tokugawa.
Data la vastità del periodo storico abbracciato in questa Unità Didattica, si rimanda al testo obbligatorio di Kornicki (pp.
68-111; già indicato a p. 3 della dispensa) per l’illustrazione delle sue tappe fondamentali.

81
APPENDICE 1
Visione d’insieme della cultura giapponese nelle sue linee fondamentali

Kodai Chūsei Kinsei Kindai

Nara Heian Kamakura/Muromachi Edo (o Tokugawa) Meiji / Taishō / Shōwa

Codificatori della cultura Letterati (legati all’imperatore) Intellettuali dell’aristocrazia legata Intellettuali dell’aristocrazia Progressiva apertura a tutti gli strati Apertura a tutti gli strati sociali
alla corte imperiale sociali con la nascita dello scrittore
professionista che ha
consapevolezza del proprio lettore
Decodificatori della cultura Letterati dell’epoca (?) Intellettuali dell’aristocrazia legata Apertura a un pubblico più vasto Apertura a tutti gli strati sociali Apertura a tutti gli strati sociali
alla corte imperiale
Tipo di diffusione della Letteratura orale o letteratura scritta Manoscritti (lettura individuale o Manoscritti + letteratura “vocale” Stampa (caratteri mobili + matrice) Stampa (a caratteri mobili in bronzo)
cultura (manoscritti) collettiva in un gruppo distretto) + nuovi media (es . giornali)
Significato della cultura Espressione di gruppo che definisce Espressione di singoli rivolta a lettori Comprensione e analisi del mondo Edificazione (morale o pratica) del Espressione del processo di
l’identità dell’uji appartenenti alla medesima cerchia lacerato in cui la cultura viene lettore attraverso la capacità di rinnovamento del paese
sociale e intellettuale prodotta divertirlo e di distrarlo
Contenuti caratterizzanti Nascita e storia del Giappone Il variopinto mondo della corte Senso di caducità e di impermanenza Il mondo poliedrico caratterizzato La nuova realtà di un Giappone che
(per la prosa) imperiale (mujō) proprie del periodo di mappō e dall’esplosione della giocosità, della si sta aprendo al mondo occidentale
descriziondel mondo della vitalità, della curiosità che
popolazione caratterizzano un periodo di lunga e
indiscussa pace
Principi estetici Mono no aware, miyabi (o ga) Yūgen, sabi Iki, sui, tsū

Lingua e scrittura Uso della scrittura cinese scrivendo Elaborazione del kana (sistema Movimento del genbun icchi
in cinese (kanbun) oppure in fonetico) e sviluppo dello onnade
giapponese (uso dei sinogrammi per (scrivendo in lingua giapponese con
il loro valore fonetico = man’yōgana) l’uso del kana)

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APPENDICE 2
Siti web utili per lo studio della letteratura giapponese classica

►PMJS Pre Modern Japanese Literature http://www.meijigakuin.ac.jp/~pmjs/trans/trans_gi.html

Contiene molteplici informazioni sullo studio della letteratura giapponese classica in Occidente con una lista alfabetica di
opere della letteratura classica- traduzioni – studi

► 電子版霞亭文庫(東京大学) http://133.11.199.8/cgi-bin/KateiIndex

Versione digitalizzata di alcuni testi originali di periodo Edo che appartengono alla collezione Katei conservata nella
biblioteca della Tōkyō daigaku. Sono coperti i principali generi della letteratura Edo.

► 京都大学貴重資料画像 http://ddb.libnet.kulib.kyoto-u.ac.jp/exhibit/index.html

Versione digitalizzata di alcuni testi rari conservati alla Kyōto daigaku. I titoli appartenenti alla letteratura Edo sono
ancora pochi ma il progetto in corso prevede un aumento graduale e costante del materiale digitale.

► 国立国会図書館電子図書館 http://www3.ndl.go.jp/rm/index.html

Versione digitalizzata di testi rari della National Diet Library (Kokuritsu kokkai toshokan). Per quanto riguarda il periodo
Edo notevole è la collezione di nishikie 錦絵. La ricerca dei testi a stampa originali e delle stampe può essere effettuata
sia per titolo sia per parola chiave.

► 国文学研究資料館 http://www.nijl.ac.jp/contents/d_library/index.html

Database creati dal National Institute for Japanese Literature (Kokubungaku kenkyū shiryōkan). Di particolare
rilievo è la digitalizzazione di alcuni Nara ehon originali conservati all’Istituto e la versione digitale del Nihon koten
bungaku taikei.

► 国際日本文化研究センター http://www.nichibun.ac.jp/graphicversion/dbase/database.html

Database vari creati dal Nichibunken.

► 近世文学研究所 http://gwaikotsu.com/
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近世初期文芸研究会 http://www.ksskbg.com/

Entrambe le pagine sono curate da Fukazawa Akio e Kikuchi Shin’ichi. Si concentrano sulla produzione letteraria del
primo periodo Edo, in particolare sui kanazōshi. Di grande utilità sono: (a) indice di tutti i kanazōshi oggi esistenti, delle
eventuali trascrizioni e dei testi critici su di essi redatti; indice del Kanazōshi shūsei 仮名草子集成; (b) indice della
rivista Kinsei shoki bungei 近世初期文芸 (rivista accademica che si concentra sulla produzione letteraria del primo
periodo Edo); (c) novità editorali sulla letteratura Edo; (d) versione digitalizzata dei testi originali di proprietà di Fukazawa
Akio (Kashōki e Kashōki hyōban).

► 菊池真一研究所 http://www.konan-wu.ac.jp/~kikuchi/

Pagina curata da Kikuchi Shin’ichi con informazionin più generali sulla letteratura Edo e una serie di link molto
utili.

► 板坂ゼミリンク http://www.senshu-u.ac.jp/~thb0457/rink.htm

Pagina curata da Itasaka Noriko 板坂則子, specialista di Takizawa Bakin. E’ strutturata come lista di link ragionati per
approfondire determinati percorsi della letteratura Edo. E’ fornita anche una lista dei principali musei che hanno stretti
legami con la cultura Edo (Edo Tōkyō hakubutsukan e Fukagawa Edo shiryōkan) e link utili per il mondo del teatro (kabuki
e jōruri) e del sumō.

► 九州大学電子図書館 http://herakles.lib.kyushu-u.ac.jp/index.htm

Versione digitalizzata dei testi rari conservati alla Kyushū daigaku, con particolare attenzione per i Nara ehon.

► 奈良教育大学(奈良絵本) http://www.nara-edu.ac.jp/LIB/ehon/ehon.htm

Versione digitalizzata dei Nara ehon conservati alla Nara kyōiku daigaku.

► 龍門文庫 http://yamato.lib.nara-wu.ac.jp/y05/

Homepage della collezione Ryūmon (regione del Kansai).

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► 奈良地域関連資料画像 http://mahoroba.lib.nara-wu.ac.jp/

Versione digitalizzata di testi che hanno a che fare con la regione di Nara (in particolare emaki)

► Links vari http://kokubun.doshisha.ac.jp/kokubun1/staff/kyamada/link/link.html

Lista di link utili per la letteratura giapponese in generale. Oltre alle università, ai musei e ai centri di ricerca già citati
sopra, di particolare utilità risulta la sezione dedicata a kabuki e jōruri.

► 電子化された近世テキスト http://jcmac5.jc.meisei-u.ac.jp/etxt4.htm

Pagina che presenta tutte le forme di digitalizzazione di testi Edo, da quelle presenti sul Web a quelle in commercio
sotto forma di CDRom.

※ Per informazioni riguardanti siti di discipline diverse siete pregati di contattare il docente.

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