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Critica al secondo postulato delleconomia classica II.

Lutilit del salario, per un dato ammontare di lavoro occupato, uguale alla disutilit marginale di quellammontare di occupazione. Il salario reale quello sufficiente a indurre gli individui effettivamente occupati a lavorare mentre la disutilit a cui si fa riferimento include tutti i motivi che portano le persone a non offrire il loro lavoro nel momento in cui il salario proposto inferiore a un certo minimo. Il secondo postulato definisce la funzione di offerta del lavoro. E una funzione crescente al crescere del salario reale, in quanto lutilit del salario reale deve compensare la disutilit determinata dal lavoro increscioso. Se interpretato con realismo, questo postulato compatibile con la disoccupazione frizionale. Questa la disoccupazione dovuta a squilibri temporanei delleconomia o al fatto che il passaggio da una occupazione a unaltra pu comportare brevi periodi di disoccupazione. Inoltre, questo postulato compatibile con disoccupazione volontaria, dovuta cio al rifiuto da parte dei singoli lavoratori di accettare un salario uguale al prodotto marginale del loro lavoro. Nei postulati delleconomia classica non viene concepita lidea di disoccupazione involontaria, cio del fatto che ci siano lavoratori disoccupati disposti a lavorare al salario vigente. Ed proprio sulla disoccupazione involontaria che Keynes concentra lattenzione nella sua opera. Nel 1933 era stato pubblicata La teoria della disoccupazione di Pigou1, unopera attenta al problema occupazionale che contemplava solo due tipi di disoccupazione, quella frizionale e quella volontaria. Nellopera di Pigou non ammessa leventualit di una terza categoria di disoccupazione, cio quella involontaria, che si manifesta quando ci sono persone disponibili a lavorare al livello di salario esistente che non trovano occupazione. Questo, afferma Keynes , viene giustificato dai classici dal fatto che esiste un accordo fra i lavoratori a non lavorare per meno; se i lavoratori fossero disponibili ad accettare una riduzione dei salari, loccupazione aumenterebbe. Quindi quella che pu essere considerata disoccupazione involontaria deve essere ricompresa, secondo i classici, nella categoria della disoccupazione volontaria. Lapproccio keynesiano si contrappone in modo netto a questa visione. La critica di Keynes si basa su due argomentazioni, una che riguarda latteggiamento dei lavoratori nella contrattazione salariale e laltra, che fa riferimento alle modalit di determinazione del salario reale. Keynes osserva che c una certa resistenza da parte dei lavoratori ad una diminuzione del salario monetario, il che non significa che essi non accettino riduzioni del salario reale quando queste si manifestano attraverso un aumento del livello dei prezzi. Pu darsi che i lavoratori chiedano un salario monetario minimo, ma non un salario reale minimo, almeno entro certi limiti; infatti essi non ritirano la loro offerta di lavoro quando i prezzi aumentano. Pu sembrare illogico ma lesperienza mostra che le cose stanno cos. Inoltre non esiste alcuna evidenza che la disoccupazione che caratterizza i periodi di depressione sia causata dal rifiuto dei lavoratori di accettare una riduzione dei salari monetari; pu aumentare la disoccupazione senza che si siano verificati cambiamenti nelle richieste dei lavoratori o nella produttivit del lavoro. Anzi normalmente le richieste dei lavoratori vengono ridimensionate proprio nei periodi di depressione. Dunque se il comportamento effettivo dei lavoratori nella contrattazione salariale consente di dedurre che lofferta di lavoro non funzione unicamente del salario reale, il ragionamento dei classici non regge, perch il loro modello non permette di determinare la funzione di offerta di lavoro e quindi il livello effettivo delloccupazione Il secondo argomento che Keynes usa per confutare il modello classico si fonda sul fatto che i lavoratori non sono in grado di stabilire il salario reale che risulter dalla contrattazione con gli imprenditori. Anche i classici ovviamente riconoscono che i contratti di lavoro vengono stipulati in termini monetari, ma ritengono che i lavoratori siano in grado di stabilire il salario reale che si

determiner con la contrattazione e da tale convinzione hanno dedotto che il mercato sia sempre in grado di determinare quel salario reale che corrisponde alla piena occupazione. Ma in realt pu non esistere alcun metodo con cui i lavoratori nel loro insieme, mediante revisione dei contratti collettivi, possono portare i salari monetari a coincidere con quel livello di salario reale che risulta compatibile con la piena occupazione.

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