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La prima guerra mondiale

L'inizio delle operazioni militari: l'ultimatum dell'Austria alla Serbia e l'inizio della grande guerra.
L'attentato di Sarajevo fu il pretesto per la Germania e l'Austria-Ungheria per far scoppiare la guerra. I loro obiettivi erano:
• Austria-Ungheria: Risolvere la questione balcanica e sopprimere le rivendicazioni nazionalistiche delle varie etnie dentro i confini tedeschi.
• Germania: Travolgere la Francia con una guerra-lampo (ancor prima che la Russia potesse terminare la sua mobilitazione!), grazie alla sua superiorità militare;
sperando che la Gran Bretagna, nel mentre, rimanesse neutrale.
Venne così inviato un ultimatum alla Serbia il 23 luglio che chiedeva di:
1. Porre fine ad ogni propaganda antiaustriaca.
2. I dipendenti statali implicati in queste pratiche venissero rimossi dai loro incarichi.
3. Far partecipare dei funzionari austriaci alle indagini sull'attentato.
Il terzo punto fu l'unico rifiutato perché considerato inaccettabile, ma il governo serbo si mostrò disposto al dialogo. L'Austria rispose dichiarando guerra (28 luglio 1914) e
bombardando Belgrado. Subito il conflitto assunse dimensioni europee:
• La Russia dichiarò la mobilitazione generale in favore dei serbi per contrastare l'allargamento dell'influenza austriaca nei Balcani. Alleandosi alla Francia e alla
Gran Bretagna nella Triplice intesa, a cui poi si unì poi anche il Giappone (che voleva i possedimenti tedeschi in Cina).
• La Germania dichiarò guerra alla Russia e alla Francia e si alleò all'Austria; agli imperi centrali si unì in seguito anche l'impero ottomano.
• L'Italia si mantenne inizialmente neutrale perché il precedente patto con l'Austria e la Germania era solo a carattere difensivo.
La Germania invase subito Belgio e Lussemburgo per invadere la Francia dove era sguarnita di difese.
Guerra di posizione: fronte occidentale e fronte orientale.
L'esercito belga resistette per breve tempo, ma poi dovette cedere; l'esercito tedesco riuscì quindi ad arrivare a poche decine di chilometri da Parigi; in risposta l'esercito
francese riuscì a spostarsi, agevolato da un corpo di spedizione inglese, bloccando l'avanzata tedesca e, anzi, determinando l'arretramento delle truppe nemiche con l'enorme
battaglia sulla Marna, che venne vinta perché:
• L'avanzata era stata troppo rapida e l'esercito aveva allargato i ranghi finendo per disunirsi.
• La Prussia era stata invasa dai Russi e l'esercito aveva dovuto dividersi sui due Fronti (orientale e occidentale).
Questa sconfitta determinò la svolta strategica della guerra. Infatti i tedeschi arretrarono fino ai fiumi Aisne e Somme, dove erano state allestite delle trincee. Il conflitto era
diventato una guerra di posizione, con enorme logoramento di risorse, mezzi e uomini.
Un nuovo fronte: guerra sui mari e guerra sottomarina.
Un terzo fronte fu quello del Mare del Nord; qua la Gran Bretagna decise di bloccare i rifornimenti per gli imperi centrali. Questa strategia diede i frutti a partire dal 1915:
➢ Nei mercati tedeschi scarseggiavano sempre più i beni alimentari; la denutrizione iniziava a causare le prime vittime nella popolazione.
La Germania rispose con la Guerra sottomarina, che, a sua volta, cercò in questa maniera di interrompere i rifornimenti alla Gran Bretagna. La guerra sottomarina crebbe in
fretta e fu caratterizzata dall'affondamento di diverse navi civili; quando però venne affondato il Lusitania -nave americana con più di mille passeggeri-, gli USA reagirono
duramente minacciando l'entrata in guerra. Fu così che per un breve periodo il conflitto sottomarino perse molta importanza perché lo stato maggiore tedesco decise di
diminuire gli atti di guerra.
L'intervento italiano: L'iniziale neutralità dell'Italia.
La Germania era riuscita a evitare l'intervento degli USA; d'altro canto altri stati iniziavano a prendere parte al conflitto: Bulgaria con gli imperi centrali, Portogallo, Romania
e Italia con la Triplice Intesa. L'entrata in guerra dell'Italia determinò l'apertura del Fronte Sud.
Lo scoppio della guerra avvenne in concomitanza con i disordini degli scioperi della “settimana rossa”, duramente repressi. Per quanto riguarda l'entrata nel conflitto,
nonostante l'accordo in vigore tra l'Italia e gli imperi centrali, la maggior parte dell'opinione pubblica e dei politici era contraria all'intervento al loro fianco per tre ragioni
principali:
1. L'Italia non era stata consultata prima dell'ultimatum contro la Serbia.
2. Vienna non voleva rispettare l'articolo del trattato che prevedeva premi territoriali per l'Italia nel caso l'Austria si fosse rafforzata nei Balcani.
3. La popolazione era generalmente antiaustriaca.
Contro la guerra vi erano anche i seguaci di Giolitti, perché ritenevano:
1. Potesse sovvertire l'equilibrio liberale dello stato per un fine inutile; perché secondo lo statista si sarebbero potuti comunque ottenere sufficienti compensi
territoriali anche solo la diplomazia.
2. Potesse determinare una spesa troppo ingente per uno stato debole come l'Italia.
3. Stesse strutturandosi come un conflitto per definire l'equilibrio mondiale, cosa che non interessava all'Italia, a cui invece importava praticamente solo di quello
europeo.
Fra neutralismo e interventismo.
Scartata l'ipotesi di partecipare alla guerra al fianco degli imperi centrali, si presentò la questione sul farlo a fianco alla Triplice Intesa, erano a favore:
• Liberali di destra: capeggiati da Sonnino e Salandra; speravano di poter sfruttare l'occasione per determinare una svolta autoritaria nello stato.
• Sindacalisti e Socialisti rivoluzionari: di cui grande esponente fu Mussolini; speravano di poter intaccare l'ordine capitalista dello stato determinando un
rafforzarsi dello scontro sociale, al fine di portare la rivoluzione.
• Irredentisti e interventisti democratici: (insieme ad alcuni democratici e repubblicani) vedevano la guerra contro l'Austria come la fine del ciclo risorgimentale
delle guerre d'indipendenza e speravano di rivendicare l'italianità del Trentino e della Venezia Giulia.
• Nazionalisti: guidati da D'annunzio; erano caratterizzati da forti sentimenti antidemocratici e antiparlamentari, professavano il culto della morte gloriosa ecc;
furono la base del futuro movimento fascista. Volevano rivendicare Trento, Trieste, l'Istria e la Dalmazia.
Erano neutralisti invece:
• Cattolici, Socialisti e Liberali Giolittiani: i cattolici per motivi morali e perché non volevano combattere contro uno stato cattolico come l'Austria; i socialisti
perché ritenevano la guerra estranea agli interessi dei lavoratori e frutto solo delle rivalità e interessi borghesi.
Per quanto riguarda la grande industria, essa era caratterizzata dal considerare la guerra fonte di guadagno e si divideva tra:
1. Neutralisti: non volevano entrare nel conflitto per avere la possibilità di commerciare con entrambi i contendenti.
2. Interventisti: volevano entrare al fianco dell'Intesa per eliminare buona parte del capitale tedesco presente nella finanza e industria italiane.
Il patto di Londra e l'inizio delle operazioni dell'esercito italiano.
La soluzione al dibattito sulla guerra venne calata dall'alto; Sidney Sonnino, ministro degli esteri, infatti stipulò segretamente il Patto di Londra che impegnava l'Italia ad
entrare in guerra al fianco dell'Intesa entro un mese, garantendo in caso di vittoria: Tirolo, Trentino, Trieste, Istria e Dalmazia esclusa Fiume e una base in Albania. Nel mentre
Giolitti dichiarò ancora la sua neutralità, Salandra decise così di dimettersi, ma le sue dimissioni vennero respinte dalla Corte, che scavalcò la decisione del parlamento
conferendogli anzi poteri eccezionali per gestire la guerra. Inoltre la corte cercò di:
➢ Creare un clima di pressione popolare incoraggiando manifestazioni di piazza in favore dell'intervento (le giornate di maggio), prendendo come bersaglio Giolitti.
Fu così che il 10 maggio il parlamento diede il suo sostegno al governo (tranne socialisti), il 23 venne dichiarata la guerra contro l'Austria e il 24 l'esercito varcò il Piave. In
ogni caso, nonostante la propaganda quindi, la guerra era stata portata avanti al fine di determinare una svolta autoritaria, quindi con esigenze più di politica interna che estera.
Lo stallo del 1915-1916: Una logorante guerra di trincea.
Il fronte italiano determinò l'alleggerimento della pressione su quello russo, che era già stato sfondato dagli austriaci nel '15. I rapporti di forza tra i blocchi rimasero
comunque invariati; nel mentre la guerra si strutturava sempre di più come una guerra di logoramento, senza battaglie campali, in trincea, che determinò un periodo di stallo
tra il '15 e il '16 in cui nessuno dei contendenti riuscì a portare la situazione a proprio favore. Questa situazione danneggiò maggiormente gli imperi centrali, i quali, circondati
da forze nemiche, subivano il blocco commerciale (nel '16 pressoché tutti i prodotti venivano sequestrati prima di raggiungere la Germania). Per via del tentativo di forzare
questo blocco ebbero luogo due battaglie principali:
• Battaglia di Verdun, poi della Somme: il capo di stato maggiore austro-tedesco concentrò tutto l'esercito intorno alla fortezza di Verdun per sfondare il fronte
nemico in quel punto; la battaglia durò cinque mesi e morirono 500000 soldati; i franco-inglesi non solo resistettero, ma diedero inizio ad una controffensiva che
fece arretrare i tedeschi fino alla Somme, dove si scatenò una nuova battaglia con più di un milione di morti.
• Battaglia dello Jutland: nel '16 la flotta tedesca attaccò quella inglese presso la penisola dello Jutland, ma la parziale vittoria non diminuì l'egemonia inglese sui
mari e non riuscì ad allentare il blocco.
Venne dopo questi fallimenti sostituito il capo di stato maggiore; per sbloccare la situazione dal '17 i tedeschi comunicarono che avrebbero affondato ogni nave che entrasse
comunicazione con l'Inghilterra, sia commerciale che passeggeri; facendo questo erano consapevoli che gli USA sarebbero entrati nel conflitto, ma speravano di poter vincere
prima che la loro mobilitazione fosse ultimata.
Intanto sul fronte italiano gli austriaci lanciarono lo Strafexpedition -“spedizione punitiva” contro l'alleato traditore- che determinò l'occupazione dell'altopiano di Asiago; la
sconfitta fu così cocente che Salandra si dimise e al suo posto venne istituito un governo di “solidarietà nazionale” allargato anche ai partiti interventisti dell'opposizione;
sotto il nuovo esecutivo la truppe italiane riuscirono a ottenere uno dei pochi suoi successi: conquistarono Gorizia.
I governi di unità nazionale e lo stato “imprenditore di guerra”.
In quasi tutti gli stati, per fronteggiare la guerra e il malcontento vennero istituiti governi di unità nazionale; solo la Germania reagì alla situazione mettendo a tacere tutte le
opposizioni al governo. Nell'impero austriaco si presentava invece un altro problema: le spinte autonomistiche stavano diventando insostenibili, al punto da far pensare
all'imperatore Carlo I di stipulare autonomamente una pace con l'intesa.
L'accentramento del potere che ebbe luogo nei vari stati determinò anche una riorganizzazione economica:
• Lo stato divenne imprenditore della guerra e monopolizzò la domanda dei beni industriali per sostenere le necessità belliche, determinando inoltre uno sviluppo
enorme della domanda stessa, per via delle smisurate necessità da soddisfare. Vi fu così anche un aumento degli investimenti.
• Ebbe luogo un grandissimo sviluppo tecnologico; si utilizzarono per la prima volta su larga scala il motore a scoppio, i mezzi di comunicazione quali il telegrafo e
il telefono; l'aumento del prezzo del combustibile determinò il potenziamento dell'uso dell'energia elettrica, si sviluppò l'industria aeronautica ecc.
• Cartelli e Pool assorbirono aziende medie e piccole.
Fu così che i profitti aumentarono enormemente, anche perché i vari stati emanarono dei provvedimenti che limitavano le libertà sindacali. Vennero anche istituiti organismi
rappresentanti sia i lavoratori che gli imprenditori e che avevano il compito di risolvere le controversie. D'altro canto però:
• Venne limitata la libertà d'impresa, dato che la produzione era stata assoggettata alle necessità belliche.
• Si ricorse al credito internazionale presso paesi neutrali, vennero imposte nuove tasse, si sfruttò il risparmio dei cittadini e venne stampata altra cartamoneta. Tutto
questo determinò un aumento vertiginoso del debito pubblico la cui inflazione minacciava di travolgere il sistema economico.
Dalla guerra europea alla guerra mondiale: La svolta del 1917.
Nel 1917 ebbero luogo alcuni avvenimenti che determinarono una netta svolta nello sviluppo della guerra:
• Malcontento sempre più diffuso tra le popolazioni.
• Rivoluzione bolscevica: i russi avevano pagato 2 milioni di morti dalla guerra, la miseria aumentava sempre di più e il governo zarista rispose aumentan do le
misure autoritarie della sua politica. Fu così che una rivolta scoppiata a Pietrogrado in febbraio costrinse lo Zar ad abdicare; al suo posto venne istituito un governo
liberale retto da Kerenskij; questo nuovo esecutivo rimase in guerra con la promessa che subito dopo avrebbe distribuito la terra ai contadini, ma dopo una
spedizione in Galizia che fallì completamente (l'esercito fraternizzò con i nemici e tornarono tutti a casa), il governo parallelo bolscevico nato dalla rivoluzione di
ottobre firmò autonomamente la pace di Brest-Litovk, facendo uscire la Russia dalla guerra.
• Entrata in guerra degli USA: si allearono con l'intesa; entrarono in guerra a causa della ripresa della guerra sottomarina tedesca per difendere i loro interessi
commerciali (importazioni in Europa ecc.) e per aiutare le nazioni che avevano un sistema politico liberaldemocratico come il loro.
Le rivolte popolari contro la guerra e la miseria.
Ciò che accadde sul fronte russo tra i due eserciti fu solo il primo di tanti episodi; dopo i primi entusiasmi, infatti, in tutti i paesi si stava diffondendo il malcontento e i
socialisti ripresero a organizzare l'opposizione al conflitto (dopo la loro iniziale approvazione). Nel '16 venne pubblicato il Manifesto di Kienthal, che dichiarava la nuova
posizione pacifista del socialismo internazionale. Nel '17 il malcontento si diffuse sempre più anche fra le truppe, l'inverno '16-'17 era stato particolarmente drammatico:
• I soldati vivevano in condizioni sempre più disumane: malnutriti, malvestiti ecc.
• Le nuove armi avevano decimato le truppe e questo aveva risolto ogni iniziale entusiasmo riguardo ideali come la “dolce e gloriosa morte”.
Tutto questo si presentò col fenomeno del Disfattismo: diserzioni, ammutinamenti ecc. di massa a cui i comandi risposero con misure disciplinari severissime.
La risposta autoritaria al disfattismo.
Nonostante la propaganda e le promesse -che comunque, puntualmente, rimanevano non mantenute- i fattori di crisi degli eserciti si erano diffusi fra la popolazione. I governi
non dovevano contrastare solo i nemici, ma anche gli oppositori interni che, per l'uno o l'altro motivo, si opponevano alla prosecuzione della guerra.
La sempre maggiore opposizione era dovuta, in particolar modo, alla scarsità dei prodotti alimentari, aggravata da speculazioni portate avanti da: grossisti, incettatori,
mercanti della “borsa nera”, che vendevano clandestinamente generi alimentari mancanti nel libero mercato a prezzi elevatissimi.
Fu così che nel '17, a Torino, scoppiò una rivolta tra gli operai, che venne repressa nel sangue. A partire da questo momento “scesero in campo” anche i cattolici; il papa
Benedetto XV inviò una “nota” a tutti i governi belligeranti, chiedendo di far cessare l'“inutile massacro”.
A queste opposizioni i governi risposero tutti con una svolta autoritaria:
• Francia: vennero cambiati i vertici dell'esercito: assunse il potere il generale Petain, e la politica ebbe una svolta autoritaria.
• Germania: aumentò il potere del capo di stato maggiore Von Hindenburg e il cancelliere era ormai diventata una carica unicamente di facciata.
Lo stesso avvenne in Gran Bretagna, Italia, USA; in questi ultimi, in particolare, Wilson ottenne poteri eccezionali.
L'offensiva austro-tedesca: la disfatta italiana di Caporetto.
Nel '17 la guerra sembrò volgere a favore degli imperi centrali; questi, ormai in crisi, sferrarono un attacco eccezionale sull'Isonzo, approfittando della smobilitazione russa e
sperando si porre fine al conflitto prima dell'arrivo delle truppe americane. Per la prima volta le truppe dei due imperi lavorarono insieme per l'attacco sul fronte italiano.
L'esercito italiano di Cadorna non riuscì a resistere all'assalto, principalmente a causa di:
• Stanchezza delle truppe.
• Morale a terra.
• Errori strategici.
Ebbe così inizio una ritirata caotica per evitare l'accerchiamento; durante questa si persero 400000 uomini e l'artiglieria (che venne lasciata indietro in preda alla paura); la
fuga ebbe fine sul Piave, dopo che gli imperi centrali avevano conquistato Caporetto. Nel mentre infatti era stato formato un nuovo governo di solidarietà nazionale presieduto
da Vittorio Emanuele Orlando; l'esercito invece venne posto sotto la guida di A.Diaz; costui risollevò il morale delle truppe promettendo la ridistribuzione delle terre alla fine
del conflitto, in questo modo si riuscì a riparare la rottura dell'esercito. L'entusiasmo si trasformò però in contestazioni quando, alla fine della guerra, le promesse non furono
mantenute.
La fine della Grande guerra: L'arrivo delle truppe americane e la controffensiva dell'Intesa: il crollo degli Imperi centrali.
Dopo l'offensiva di Caporetto, nel marzo del '18, sul fronte occidentale (a S.Quintino) venne sferrato l'attacco decisivo da parte degli imperi centrali. Le truppe franco-inglesi
furono sfondate fino alla Marna, qua seppero riorganizzarsi formando un unico comando guidato dal generale Foch. Nella battaglia che seguì si utilizzarono nuovi strumenti
bellici: il cannone Bertha da parte dei tedeschi e i Tanks da parte dell'intesa; in particolare questi risultarono poi decisivi.
Le truppe americane arrivarono nel luglio del '18; ebbe quindi inizio la controffensiva:
• Fronte occidentale: nei pressi di Amiens il fronte tedesco fu completamente sfondato.
• Fronte meridionale: le armate austriache vennero sconfitte a Vittorio Veneto.
Nel giro di un mese gli Imperi centrali cedettero; si susseguirono la resa di Bulgaria, Turchia e l'armistizio tra Austria e Italia e gli imperi collassarono:
1. Impero asburgico: si disgregò sotto le spinte autonomistiche.
2. Germania: fu sconvolta da un ammutinamento, dalla fuga di Guglielmo II e dalla proclamazione della repubblica di Weimar; firmò la resa 11 novembre.
La conferenza di Versailles, posizioni dei vincitori.
La conferenza di pace si tenne a Versailles nel gennaio del '19, vi parteciparono solo i paesi vincitori. Fu caratterizzata da gravi contrasti:
• Stati Uniti contro paesi europei: la Francia voleva disgregare gli imperi con la tradizionale politica delle annessioni; Wilson voleva disgregarli secondo i principi
dell'autodeterminazione dei popoli.
• Tra stati europei: infatti la Gran Bretagna non voleva che la Francia rafforzasse troppo la sua influenza sull'Europa dopo la sconfitta tedesca.
L'Italia vide riconosciuti generalmente gli accordi del Patto di Londra, ma non ottenne la Dalmazia e Fiume; questo alimentò la propaganda riguarda la “vittoria mutilata”.
Il nuovo assetto geo-politico europeo.
Prevalse la linea francese: paralizzare la Germania per non rappresentare un pericolo futuro per la Francia. Il negoziato scelto a Versailles fu imposto alla Germania, stabiliva:
1. Restituzione dell'Alsazia e della Lorena alla Francia.
2. Smembramento delle colonie.
3. Pagamento di pesantissimi risarcimenti di guerra.
La pace con l'Austria fu stabilita con il trattato di Saint-Germain-en-Laye nel settembre del '19, sanciva:
1. Smilitarizzazione dell'esercito.
2. Nascita di nuovi stati nati dal dissolvimento dell'impero: Austria, Ungheria, Cecoslovacchia, Jugoslavia.
Venne ricostruita la Polonia. L'Austria cedette all'Italia il Trentino, l'Alto Adige, il Friuli Venezia-Giulia ecc. Tranne l'Alsazia e la città di Fiume. I territori dell'impero
ottomano vennero divisi tra Francia e, specialmente, Gran Bretagna.
➢ Venne fondata la Società delle nazioni (sotto spinta specialmente di Wilson), ma per lungo tempo fu molto poco influente, infatti Germania, Russia e gli stessi USA
ne rimasero fuori; i primi anni era poco più che uno strumento utilizzato da Francia e Gran Bretagna per cercare di mantenere la loro fragile egemonia continentale.

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