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Il centro di massa e il demoniaco Multipower

Il multipower è quell’attrezzo esoterico, presente in tutte le palestre, che consiste in un bilanciere


vincolato a scorrere verticalmente. Chiamato anche Smith Machine, dal famosissimo inventore
John Smith cugino di John Doe, questa macchina ha avuto una evoluzione notevole negli ultimi an-
ni: nei modelli primordiali il bilanciere scorreva fra due pali di ferro o era costituito da una strut-
tura in cui dei cilindri scorrevano dentro dei tubi, il bilanciere si fermava con dei punteruoli di fer-
ro (io mi sono allenato con questa roba!), poi cromo, cuscinetti, anelli in teflon, contrappesi e gan-
ci rapidi per fermare la barra ed infine oggi i modelli che permettono di spostarsi anche in orizzon-
tale, portandosi dietro tutta la struttura di scorrimento verticale e di blocco del bilanciere.
Il palestrato lacrime e sangue si irrita alla vista del multipower, macchina da tortura per ginocchia
e spalle. E’ veramente così? Sembra incredibile, ma per capire le problematiche di questa macchi-
na è necessario introdurre un concetto non proprio intuitivo: il centro di massa o baricentro, cioè
“centro del peso”.

P P = 2P

Due gemelli powerlifters che giocano con gli stessi pesi su un’altalena perfettamente simmetrica,
che pertanto risulta in equilibrio (se non ci credete, caricate nel vostro furgone un po’ di pesi e an-
date al parco per provare mandando via a calci i bambini piangenti, il giorno dopo inviatemi la
scansione del giornale con la vostra foto).
La situazione a destra è equivalente a quella a sinistra ai fini dell’equilibrio, dato che i due PL sono
al centro dell’altalena, proprio sul fulcro: è possibile considerare i due PL ai lati dell’altalena come
se fossero uno solo, di peso doppio, al centro. L’altalena non si muove.

P P = 2P

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In questa situazione l’altalena ha i bracci disuguali, di uno e tre metri: anche in questo caso le due
situazioni sono equivalenti in quanto la rotazione finale data dai due PL a sinistra è identica a quella
della somma dei due posizionati al centro.
Il centro di massa dei due PL sull’altalena è al centro della tavola: questo è il punto in cui è possibi-
le considerare concentrata tutta la massa del sistema PL-altalena, semplificando notevolmente i cal-
coli. Ad esempio, i due sono in equilibrio se è in equilibrio il loro centro di massa, perciò basta con-
trollare solo quest’ultimo.
Il concetto non è banalmente intuitivo, ma potete vederlo così: immaginate di guardare da lontano la
vostra macchina, più vi allontanate e più potete considerare concentrata la sua massa in un unico
punto, pertanto se dovete effettuare calcoli in cui le distanze sono chilometri l’approssimazione è
valida, altrimenti no.


PCM
= =

 PCM
= R

 
R R

Le freccette che grondano come lacrime dall’omino a sinistra rappresentano le forze peso generate
dalle masse di ogni elemento del nostro amico: ogni molecola che lo compone ha una massa, per-
tanto un peso.
Analogamente, il nostro amico appoggia i piedi al suolo, pertanto la reazione vincolare è distribuita
su tutta la superficie.
Anche il carico di ferro dovrebbe essere carico di freccette, ma abbiamo sempre disegnato una sola
freccia al centro del bilanciere visto di lato, in pratica anticipando implicitamente ciò che adesso
andremo a spiegare.
Posso raggruppare le freccette che lacrimano da ogni parte corporea (cosce, gambe, braccia, tronco
e così via) in una unica freccia che rappresenta la massa complessiva della parte, posizionata nel
centro di massa della parte stessa, come nel disegno immediatamente più a destra del precedente.
Già così questa semplificazione permette di considerare molte meno frecce! In più, consideriamo la
reazione del suolo come “concentrata” in un'unica freccia al centro del piede dello squattista.
Posso semplificare ulteriormente, “condensando” i centri di massa dei singoli componenti in un
centro di massa unico dove posiziono la freccia relativa alla forza peso del carico e dell’omino.
Questa è la semplificazione massima, perché da un’omino che fa squat sono arrivato ad una pallina
di ferro sostenuta da un’asta sopra una tavoletta: la palla è la massa dell’omino+carico, la tavoletta
rappresenta l’area dei piedi, l’asta è ciò che sostiene la massa all’altezza del centro di massa.
Cosa ci dà in più comprimere un povero omino per farlo diventare una palla come una macchina
schiacciata da una pressa dello sfasciacarrozze?

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    
PCM PCM PCM PCM PCM

    
R R R R R

Lo squat, in generale in qualsiasi esercizio, è stabile se il centro di massa si trova sempre all’interno
dell’area sottesa dalle piante dei piedi, come si può osservare nel disegno:
 E’ possibile inclinare il tronco sempre più in avanti, fino a che il centro di massa arriva sopra le
unghie degli alluci, poi esce dall’area e la reazione vincolare del suolo non è più in linea con la
forza peso del sistema, il dentista è tutto contento perché avrete bisogno di tutti i denti di cera-
mica.
 E’ possibile inclinare il tronco sempre più indietro, fino a che il centro di massa arriva sopra il
bordo dei vostri talloni, poi accade lo stesso giochino descritto sopra, con la differenza
nell’effetto finale: avrete problemi di respirazione perché il vostro osso sacro comprimerà la vo-
stra trachea dopo che vi sarete seduti sul pavimento.

 
PCM PCM

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I movimenti del centro di massa nello squat sono sempre descritti in termini di spostamento sul pia-
no sagittale, avanti/indietro, ma è facile capire il perché. Nel disegno, il centro di massa visto poste-
riormente durante uno squat: anche in questo caso, per la stabilità dell’esercizio, è necessario che il
centro di massa rimanga sempre sopra l’area sottesa dai piedi.
Ma… come è possibile spostare il centro di massa sul piano frontale, destra/sinistra? Caricando più
ferro da un lato del bilanciere o inclinandolo da una parte, tutte ideone molto intelligenti, no? Prima
che il centro di massa voli fuori dall’area dei piedi la vostra spina dorsale sarà più contorta delle spi-
re di un boa constrictor, pertanto il problema non si pone e il centro di massa non viene mai cagato
da questo lato.
Il multipower

Ecco una rappresentazione schematica di un Multipower: un bilanciere vincolato. La struttura eli-


mina qualsiasi necessità di stabilizzazione, perché non è possibile che il bilanciere “cada” in avanti
o indietro.
Il multipower è la classica che, anche in buona fede, non permette di creare quella che è definibile
come “coscienza del carico” o “rispetto del carico”: una struttura del genere permette, specialmente
nei mezzi squat, di caricare pesi esorbitanti, anche di 300Kg.
Tanto per dire (ma l’ho detto 30000 volte), a 20 anni o giù di lì nel “castello” (il multipower auto
costruito che avevamo al Campo Scuola di Arezzo) eseguivo le serie da sei di mezzi squat con
240Kg, ma quando provai lo squat libero mi stavo ammazzare per una luridissima ripetizione di
mezzo squat con 140Kg, 100Kg di meno! Il carico del mio primo squat parallelo fu di circa 80Kg,
un terzo dei pesoni usati nell’altro esercizio. Il multipower, rendendo il ferro “leggero”, dà la falsa
percezione che certi carichi siano “facili”.
La stabilizzazione del bilanciere permette poi giochetti “sportivi”, tipici nella panca guidata ma fat-
tibili anche nello squat: è possibile “incastrare” il bilanciere premendolo in avanti, magari in manie-
ra asimmetrica per “fare leva” e chiudere una alzata. Questo accade specialmente nei modelli vecchi

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con un certo attrito. Vi chiederete chi sia quell’intelligentone che fa queste prodezze… ce ne sono,
ce ne sono… magari siete anche voi eh…
Per finire la carrellata dei comportamenti idioti che il multipower esalta, la macchina invita a par-
ziali pesantissimi, senza che però siano considerati tali ma definiti invece come movimento comple-
to dell’esercizio.
C’è chi esegue “quarti di squat” con pesi abnormi, chiamandolo “squat”, ma lo stesso esercizio non
sarebbe fattibile con il bilanciere libero: i multipoweristi da oltre 200Kg provino semplicemente a
staccare il bilanciere libero dagli appoggi, a fare qualche passettino indietro, un leggerissimo mo-
vimento e poi riappoggiarlo. Terrorizzante, nevvero? Anche stare fermi a gambe tese con 200Kg
sulle spalle richiede un notevole uso di tutti i muscoli stabilizzatori, che invece il multipower annul-
la.
Ok, questi sono tutti comportamenti errati, perciò evitabili: se non avete la possibilità di effettuare
uno squat libero, fatelo al multipower tenendo una traiettoria quanto più simile a quella naturale:
non fatevi troppe seghe mentali, va bene “quasi” lo stesso e al passaggio al bilanciere libero dovrete
abbassare un po’ i carichi e vaffanculo (ops…): dovete allenarvi con quello che avete, non con quel-
lo che sarebbe ottimale ma non avete!
Il multipower crea infiammazioni, tendiniti, compressioni? Sicuramente si, se lo usate nel modo de-
scritto poco fa, se dovete usarlo, cercate di farlo come se fosse un bilanciere libero e non avrete
problemi, dài…
Quelli che lagnano perché non c’è il rack nella loro palestra, con quell’atteggiamento “ah le palestre
di oggi non sono più come quelle di un tempo, come le stagioni…” si possono rileggere l’articolo
sull’istruttore
Il vero punto critico del multipower è, paradossalmente, l’uso che ne viene fatto “per salvaguardare
la schiena”: in questo errore cadono anche molti istruttori da palestra, per la solita fissa della
“schiena dritta”.

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α

F
 
C 
 R  F
RM  R 
P P

 C
PCM  α

F

C 
 F
RFem 
RFem
    
 R R A A R
A 
C
Nel disegno la classica e pietosa esecuzione vista spessa in palestra: lo sfortunato viene piazzato
con la schiena totalmente in verticale, per “proteggerla”.
Questa posizione sarebbe fisiologicamente impossibile con il bilanciere libero, ma la struttura gui-
data permette di “appoggiarsi” alle barre verticale, grazie alla loro reazione vincolare rappresentata
con la freccia verso destra al centro dei dischi.
Il problema è che per stare in questa posizione è necessario fare affidamento alle forze di attrito fra
scarpette e pavimento: se foste sul ghiaccio i piedi slitterebbero in avanti con divertentissime conse-
guenze sulla vostra altezza.
La forza di attritto impedisce ai vostri piedi di andare in avanti, perciò li “tira indietro”: la forza A
del disegno è infatti appiccicata ai piedi dell’omino e tira verso sinistra. Ma… questa è una forza
aggiuntiva! A destra la rappresentazione delle forze sulla tibia, in alto nel caso dello squat libero, in
basso nel caso del multipower: la forza A “allarga” il percorso dei vettori, il crociato deve “tirare” di
più la tibia rispetto allo squat libero!
L’aspetto ganzissimo è che nella posizione da tortura medioevale in cui è stato costretto l’omino
non è presente nessuna co-contrazione dei femorali, in quando il tronco è perfettamente verticale,
perciò la compensazione dell’aggiuntiva forza d’attrito è veramente tutta a carico del crociato ante-
riore!
Per salvare la schiena (da che poi…) l’omino si fracassa le ginocchia: considerate che, oltre alla
maggiore forza di taglio, aumenta abnormemente la trazione del tendine del quadricipite, pertanto
una compressione patellofemorale bella frizzante! Eseguire lo squat in questo modo è letale.
Provate un semplicissimo esperimento, appoggiando la schiena ad una parete con le ginocchia a 90°
e i piedi in avanti a simulare la posizione del disegno: sentirete subito una strana pressione dentro le
ginocchia, uno strano “tirare”. Ora immaginate di caricare una cinquantina di Kg sull’attrezzo e an-
dare in su e in giù…
Come sempre, il problema non è il multipower in se, ma l’uso che ne viene fatto.

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