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Infortuni – quando il Guerriero fa crack

Il mio primo infortunio risale a quando avevo 16 anni: nel riscaldamento, durante lo stretching
sentii come uno sfilacciamento dietro il gluteo destro.
L'anno dopo una microfrattura al metatarso, due anni dopo uno stiramento al retto del femore
sinistro. Il triste elenco prosegue negli anni fino allo strappo al pettorale del 2007. Ah... non tengo
nei conteggi delle contratture e dei doloretti minori.
Usate il vostro corpo per una qualsiasi attività impegnativa, questo subirà uno stress meccanico.
Potete minimizzare la probabilità di infortunio portandola vicino allo zero, ma non avrete mai la
garanzia che non vi succederà niente. Perchè l'unico modo sicuro per non farsi male è... non fare
niente. Non credo di affermare nulla di intelligente se dico che mettersi dei pesi sulle spalle sia più
pericoloso rispetto al non metterseli.
Poiché parleremo di cose tristi e funeste, prima di leggere questo pezzo vi consiglio un salutare
massaggio genitale, per quanto possa essere irrazionale è comunque gratis.
Perchè gli infortuni vanno evitati?
Sembra una domanda assolutamente stupida, ma è molto più subdola del previsto. Allora... perchè?
Perchè la palestra dovrebbe migliorare il nostro corpo e non distruggerlo, perchè tutti gli acciacchi
di oggi li sentiremo nella vecchiaia, perchè potremmo rimanere menomati, invalidi.
Il problema di un approccio di tipo “salutistico” è che si potrebbe anche decidere che valga la pena
di rischiare, di fare le cose male, di eccedere, di stringere i denti ed andare avanti, perchè il gioco
vale la candela.
In realtà il gioco non vale mai la candela. La conclusione che ho metabolizzato dopo anni e anni è
che se ti infortuni, se ti fai male, non puoi allenarti. Se non puoi allenarti non puoi ottenere i risultati
che vorresti.
Idiota? Un momento.
Estendiamo il concetto su una scala temporale diversa dal tempo che intercorre fra Gennaio e
Maggio, cioè da quando uno decide di rimettersi in forma dopo le bordate megacaloriche di Natale
e la prova costume estiva e portiamola su più anni.
Adesso vorrei che mi seguiste in questo triste esempio: nel grafico seguente potizzo di allenarmi 9
mesi l'anno, ogni seduta al 100% di quanto posso fare. Mi faccio male, sto fermo 3 mesi, il mese
successivo lavorerò al 50%, poi al 75%.
Nel disegno in alto i due ipotetici profili di un Paolino allegro perchè va alla grande e di un Paolino
triste perchè si è tritato ben bene. Ho inserito un periodo estivo dove mi alleno poco o nulla e un
periodo di ripresa post vacanze, tanto per rendere più veritiera la situazione, ma i concetti sono
assolutamente generali.

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Nel grafico sottostante ecco un primo interessante risultato: il Paolino infortunato in media in un
anno si sarà allenato al 57% delle sue possibilità, invece che all'88% come ha fatto il Paolino sano.
Capite? Ha perso un sacco di possibilità di ottenere risultati, perchè per quanto possa recuperare e
andare alla grande, con tutte le eccezioni del caso, non c'è schema o metodo di allenamento che
permetta di tornare indietro nel tempo..

Il secondo risultato interessante è dato da questo grafico: se considerate un periodo di 2 anni mi sarò
comunque allenato al 72% rispetto all'88% e nemmeno in 3 anni riesco a pareggiare i conti e tutto
per quei 5 mesi.

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Chiaramente, è un modello così semplificato da essere inadatto a spiegare cosa succede, perchè
magari dopo l'infortunio mi alleno meglio di prima e evito errori stupidi, però qui non stiamo
parlando di “tonificazione” o di “benessere”, e per un atleta vero un singolo infortunio grave può
avere conseguenze notevoli per molti anni della sua carriera.
Banale: avevo 140Kg di panca con fermo, l'infortunio al pettorale ha fatto sì che in un anno io abbia
recuperato il 90% di questo risultato, facendomi tornare al livello di 2 anni prima quando avrei
potuto portare la mia panca, nello stesso arco di tempo, a 145Kg o a 150Kg. Chiaro che continuo
comunque a migliorare, ma di sicuro perderò quasi 3 anni a tornare, forse, come prima dello
strappo.
Un punto fondamentale per ottenere risultati è che non basta un allenamento ottimale: questo
allenamento deve essere anche continuativo. I miglioramenti prestativi si possono vedere con
chiarezza con ANNI di allenamento, e c'è una vera e propria stagionalità nelle performance.

E' incredibile come ci siano persone che si fissano sui livelli di testo e cortisolo nei mesi estivi o
invernali e poi si perdano in questa semplice osservazione di loro stessi. Come ogni microciclo di
allenamento settimanale beneficia del precedente, anche ogni stagione beneficia della passata: il
corpo è ciclico e si rinforza di anno in anno.
Ma se voi interrompete il “giro” con un bell'infortunio, siete fritti: non è tanto il ritornare in forma,
ma la perdita di una parte di questo ciclo che impedirà l'anno successivo di dare i propri frutti.
Le conseguenze di un infortunio sono molto chiare in ambito sportivo, a tutti i livelli: atleti che
ottengono risultati incredibili in un anno solo perchè l'anno prima si sono potuti allenare senza
problemi, oppure veri talenti che mai hanno potuto esprimere le loro potenzialità perchè soggetti ad
infortuni ciclici.
Ho avuto la possibilità di poter vedere sugli altri e su me stesso sia delle situazioni positive che di
quelle negative, e la continuità nell'allenamento è sempre stata una caratteristica fondamentale.
Tutto ciò accade anche in palestra, solo che si nota meno. Il piccolo doloretto alla cuffia dei rotatori
che vi impedisce panca e lento ma non le trazioni o la panca con manubri vi limita comunque in
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quello che potreste fare e, una volta guariti, dovete riprendere da dove vi siete fermati. Se poi il
doloretto ritorna...
Entrate nell'ottica che non dovete farvi male perchè non potete allenarvi e molte cose andranno a
posto.
E' così pericolosa la sala pesi?
Mettiamola così: nessuno è mai morto con un bilanciere in mano. Gli infortuni che accadono in
palestra sono sicuramente un numero ridottissimo rispetto a tantissime altre attività hobbystiche.
Però la palestra ha un elenco assolutamente angosciante di cose che possono metterti in carrozzella:
lo stacco, lo squat, il good morning, il lento dietro, le trazioni dietro, l'arco nella panca, il lento in
piedi, la panca con i piedi a terra, il rematore. Se andiamo ad escludere tutte le cause di pericolo,
probabilmente la “scheda sicura” è composta dalle estensioni dei glutei stesi per terra.
Cioè... due palle enormi.
Calcio, rugby, motocross, arti marziali, pugilato, sci, ciclismo, tutte attività che hanno una
percentuale di rischio assolutamente superiore e insita proprio nello sport stesso, pur essendo
praticati da decine di migliaia di persone senza che si sentano terrorismi assurdi. Ok, un cazzotto nel
muso, un calcio volante nel duodeno o una ustione da asfalto abrasivo non si possono classificare
come “infortuni”, ma di sicuro fanno malino al vostro corpo.
Perciò, andare in palestra non è “pericoloso” e gli infortuni sono pochi. Con un po' di buon senso si
possono evitare situazioni pericolose e in più non sono mai invalidanti nella vita di tutti i giorni.
Mai sentito di persone che si sono rotti i crociati per fare lo stacco da terra, ma ho almeno due
colleghi che se li sono disintegrati per sciare. Capito il senso?
Ciò non significa, però, che siano tutte rose e fiori. Perchè, appunto, se certe cose non sono
invalidanti per la vita normale, possono impedirvi di allenarvi. Una epicondilite, una infiammazione
della cuffia dei rotatori possono mettervi KO per molto tempo, con conseguente disagio psicologico
e “sofferenza”.
Mi raccomando, perciò, non fissatevi sulla salvaguardia della vostra schiena per poi sputtanarvi in
movimenti deleteri per le altre articolazioni.
Più voi volete ottenere, più dovrete curare particolari di cui il ragazzetto con 1 annodi anzianità non
conosce nemmeno l'esistenza.
Già che ci siamo, ecco un mito duro a morire
Una storiellina abbastanza antipatica è che nel Powerlifting quello che conta è sollevare sempre di
più, non importa con che tecnica. Ecco, come dire... questa è una cazzata, semplice da smontare se
condividete la teoria “non devo farmi male perchè altrimenti non mi alleno”.
Scopo del Powerlifting è sollevare sempre più peso “all'interno delle norme di un regolamento”,
nessuno completa mai la frase con il pezzo virgolettato, ma questo è quanto manca. Per sollevare
sempre più peso devo allenarmi e... come mi alleno se sono infortunato? Nessuno sano di mente
vorrebbe tirare più peso sapendo di farsi male, a maggior ragione un atleta che vuole migliorarsi.
Nell'atletica pesante si usa dire che è necessario utilizzare una tecnica funzionale all'alzata, nel
senso che deve permettere la massima efficienza delle risorse fisiche in possesso dell'atleta in un
contesto di sicurezza e replicabilità continuativa del gesto. Una alzata funzionale è per definizione
sicura, perchè se vi fate male la funzionalità non la esprimete.
Distinguete sempre il Powerlifting dal Powerlifter: che uno tenti in gara il tutto e per tutto, per

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quanto possa essere sbagliato... è umano. Ma se certi comportamenti sono perpetrati in allenamento,
sicuramente il nostro amico non andrà lontano perchè sprecherà Kg di massimale per una
esecuzione “sporca”.
Il regolamento impone dei vincoli che rendono l'alzata sicura (panca con fermo, esecuzioni
simmetriche, nessun movimento strano del corpo), e potete considerare come “sicure” tutte le alzate
che sono a norma IPF o di qualsiasi federazione di PL.
Ah... vi prego, l'arco nella panca no, basta, non ne posso più. Non fatelo, mi si ipertrofizza la
prostata e mi sale il PSA.
Il triste rimedio universale
Vi voglio mettere al corrente di una triste e terrificante verità: l'unico rimedio veramente efficace
per guarire da un infortunio è... (oddio, non so se ce la faccio a scriverlo)... il ... (dài Paolo, liberati
di questo fardello) ... RIPOSO!
Fiuuuuu un outing ben più difficile di quando confessai a mia moglie la mia coprofagia.
Eh sì, ragazzi, il vostro corpo ha poteri rigenerativi meravigliosi, ma non dovete rompergli i
coglioni: dovete dargli tempo di riprendersi.
La cosa pazzesca è che è possibile guarire da quasi tutti gli infortuni conseguenti all'attività con i
pesi, la cosa triste è che ci vuole tempo. Quanto tempo? Lo sa il vostro corpo ma non il vostro
cervello. Il riposo cura tutti gli squilibri, i disallineamenti, le cose che si sono spostate, gli strappi.
Tutto o quasi, ma solitamente tutto il male che ci facciamo con i pesi.
Solo che a noi questa terapia non piace. Pensateci: quanti gareggiano in qualche forma? Pochissimi.
Anche in ambito amatoriale, nessuno è un professionista. L'effetto di quello che facciamo non è
economico ma psicologico: associamo all'attività che ci piace il nostro benessere mentale. Per
questo non vogliamo smettere mai, perchè ci “appaga”. Ma di fatto non c'è motivo per accelerare
forzatamente una guarigione. Veramente!
Che differenza può avere un recupero di 15 o di 30 giorni? Oggettivamente, nessuna. Però... però
sappiamo tutti che non è così. Ma è bene anche qui entrare nell'ottica che il riposo cura tutti i
“nostri” mali.
Non sono da confondere la guarigione con la riabilitazione. Possono sovrapporsi, può esserci una
sinergia, ma non sono sinonimi. Ad esempio nel caso di uno strappo muscolare la guarigione si ha
quando le fibre riparabili sono guarite, quelle perse hanno formato la cicatrice, l'edema è stato
riassorbito. La riabilitazione riporta la funzionalità della parte offesa alle condizioni originarie.
Chiaro che la riabilitazione può accelerare la guarigione, ma non è la terapia che vi fa guarire, è il
vostro corpo che si auto-ripara. La riabilitazione permette il recupero della funzionalità della parte
offesa. Perciò, nel nostro caso, perchè accelerare un processo che comunque avverrebbe?
Dico queste eresie perchè noi siamo persone “comuni”, non calciatori, atleti, attori. Non abbiamo
accesso alle risorse fisioterapiche di questa gente. Quando ci facciamo male siamo costretti a tirare
fuori soldi di tasca nostra, cercare specialisti che magari non abbiamo intorno casa nostra, prenotare
esami che non sono disponibili nei tempi voluti.
Questo scenario, mixato con la voglia di guarire, ci portano spessissimo a scelte sbagliate:
automedicamenti, usi di medicine senza cognizione di causa, terapie inappropriate nei tempi
inappropriati. Non dite che non è così.
Perciò, spiace, ma se vi fate male avete due strade da seguire: riposate e aspettate che passi oppure
vi rivolgete a qualcuno competente, spendendo quello che c'è da spendere.
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La terza opzione è un ibrido terrificante delle due: medico della mutua, ionoforesi, ultrasuoni, altri
dottori, consigli degli amici, un po' di riposo e poi si riprova ma fa male di nuovo... dài, è così. Ma
in questo modo aumentano le possibilità di peggiorare le cose, le recidive, la cronicizzazione dei
dolori.
Perciò, spiace ma quando ci si infortuna si sta a riposo, per il tempo che serve. Ve lo dice uno che ci
ha messo oltre 20 anni per capirlo, lo so che voi lo sapevate già, però...
Per questo è bene non infortunarsi.
Tipi di infortuni

Possiamo distinguere due tipi di infortuni: quelli acuti e quelli cronici. Mi raccomando: sono IO che
distinguo così questa roba, non un dottore. Perciò... be careful!
Gli infortuni acuti sono quelli della serie “Zac! Sei fritto!”. All'improvviso un dolore da qualche
parte. Più o meno forte, la “puntura” si sente. Se poi c'è anche il rumorino.... mmmmm.... allora si
comincia a sudare. Strappi e contratture sono infortuni acuti. Le piccole fitte dentro una spalla,
quelle che fanno “tic” tipica delle lesioni alla cuffia dei rotatori sono infortuni acuti, come le
“pinzature” alla bassa schiena nello squat o nello stacco.
Notate come sia assolutamente poco professionale? E, per chi ha provato queste cose, notate come
descrivo molto bene quello che accade? Come mai riesco ad avere tutta questa empatia? :-)
Sono infortuni acuti anche quei dolori simili a quelli sopra descritti che compaiono quando vi siete
raffreddati, nello spogliatoio: eravate anestetizzati e non li avete percepiti, ma di sicuro vi siete fatti
male 20 minuti prima.
La categoria più subdola è quella degli infortuni cronici. Doloretti che di volta in volta si fanno più
forti, non vanno via, non spariscono più con il riscaldamento, fino a che ad un certo punto voi dire
“basta!”.
Facilmente un infortunio acuto non grave cronicizza in uno cronico grave: è tutto merito della

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nostra mente bacata. Sento male, ma poco. E allora penso che posso in qualche maniera “girare
intorno al dolore”. Certe volte funziona, è un'arte difficile ma con il tempo si impara, certe volte no.
Noi non accettiamo che ci siamo fatti male e mentiamo a noi stessi negando l'evidenza,
perseverando e perciò peggiorando la situazione fino ad un punto intollerabile.
La cosa peggiore degli infortuni cronici è che sono come le ciliege, uno tira l'altro: mi fa male un
ginocchio in un punto della traiettoria dello squat, in quel momento forzo più sull'altro creando un
dolore all'anca perchè ruoto il bacino, oppure mi fa male la spalla nella panca, forzo più con il
tricipite creando i presupposti per un dolore al gomito.
Il dolore crea uno squilibrio, il corpo reagisce per riequilibrarsi, è la sua strategia di sopravvivenza.
Ma sopravvivere significa riuscire a sopportare gli stress ambientali cercando di far degradare il
meno possibile le proprie prestazioni, mentre per migliorare gli allenamenti dovete sempre essere al
100%. Per questo “girare intorno al dolore” è quasi sempre fallimentare.
Ovviamente, non sempre siamo così fessi e molte volte ci troviamo con un dolore, tipicamente
articolare, senza nemmeno ricordarci quale sia la causa.
Cause di infortuni
Esecuzione sciatta ed errata
In teoria non sarebbe da spendere nemmeno una parola su un argomento del genere, ma dato che
poi si vedono esecuzioni raggelanti, è bene spenderci qualche ASCII.
Distruggersi una parte del corpo per esecuzioni a cazzo è tipico dei principianti, degli sboroni, dei
ragazzi alle prime armi... ma non solo.
In linea di massima la regola per una buona esecuzione è che si debba sempre dimostrare controllo
in quello che si fa. Basta esibire quello che ci si aspetta intuitivamente da uno che sa fare i pesi:
velocità “giusta”niente strappi, asimmetrie, dondolamenti.
Uno squat eseguito tutto di schiena, ma in tutta la sua traiettoria, può essere una individualità. Può
eh... Ma è chiaro a tutti che se salgo diversamente da come scendo, schienando e traballando,
l'esecuzione non è corretta. Il buon senso elimina il 95% delle cause di infortuni.
C'è il terrore dei movimenti dinamici, ma anche qui occorre una precisazione: ogni “gesto” ha la sua
velocità, l'errore è volerla alterare. E' impossibile eseguire lentamente uno strappo olimpico, e a
vederlo non sembra di sicuro pericoloso. Infatti non lo è. Viceversa, un curl con il bilanciere fatto
lanciando verso l'alto i pesi è pericoloso perchè il movimento non deve essere eseguito in quel
modo.
Chiaramente c'è chi non si fa mai male, però allo stesso tempo il limite di questo errore “di
gioventù” è che alla fine si trova sempre il peso che non sale, perchè non si può rendere dinamico
quello che è quasi statico e alla fine i baldi eroi o imparano come funziona il gioco o smettono.
Anche in questo caso, eseguire alzate non funzionali limita i progressi oltre che esporre a
masochistiche conseguenze.
Un minimo di confronto con gli altri per smettere di fare le cose a cazzo, dato che solo voi in
palestra vi comportate come degli esagitati.
Esecuzione biomeccanicamente errata
Questi sono errori più difficili da correggere perchè presuppongono di capire come funziona il
proprio corpo, perciò è facile trovare persone che in assoluta buona fede commettono errori anche
grossolani.

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Solitamente certi comportamenti sono dovuti al voler rendere l'esercizio più difficile, con leve
svantaggiose. L'errore è dovuto all'associare alla difficoltà l'efficacia dell'esercizio. Tipicamente la
panca con il bilanciere che scende verso il collo, le trazioni dietro la testa e/o a presa molto larga, lo
squat con le cosce strette.
Il gioco delle leve sfavorevole pone un grosso stress non solo sui muscoli bersaglio, ma anche su
tutti gli stabilizzatori e sui tessuti connettivi. Aumentando lo stress su questi si percepisce il
movimento come “duro” quando invece è solo “dannoso”: se nelle trazioni a presa supina/media
uso 20Kg per 10 ripetizioni e in quelle larghe ne faccio 5 sicuramente i miei dorsali hanno lavorato
meno ma tutti gli altri muscoli di più!
Altri tipi di esecuzioni errate sono dovute a credenze e miti: c'è chi si fa legare alla panca del lento
dietro, chi per lo squat usa il multipower con i piedi molto in avanti per avere la schiena dritta, e
così via. Un mio amico ha avuto una dislocazione di una vertebra con il pulley basso perchè andava
in avanti con la schiena senza mantenere la contrazione degli erettori spinali: così facendo nel
movimento di trazione indietro la spina si è trovata senza la stabilità data dalla compressione e le
forze di taglio hanno spinto in avanti una vertebra lombare. Eppure usava un peso ragionevole e una
velocità di movimento medio-bassa.
Schiena
 Non è importante quanto flettete la schiena in avanti nello squat/stacco e in movimenti
simili, è importante che voi la teniate contratta, compatta, “dura”, secondo le sue curve
fisiologiche.
 Non dovete mai perdere la curvatura, anche minimalmente, in tutto l'arco di movimento
 Ovviamente, è ANCHE importante che voi non flettiate in avanti troppo, ma se tenete la
schiena compatta non accadrà.
 I lombari possono essere affaticati, ma in maniera simmetrica, e in concomitanza con altri
muscoli.
Anche
 Usate una distanza fra i piedi che vi permetta di eseguire i movimenti come volete,
sperimentate. Non fissatevi su quello che leggete su Internet, non è detto che se siete alti
dovete passare allo stacco sumo, né che i piedi debbano essere sempre davanti alle ginocchia
nello squat
 Non dovete mai sentire una pressione nelle anche, come se i femori vi premessero all'interno
Ginocchia
 Non devono mai farvi male le ginocchia, per nessun motivo. Nemmeno una tensione o come
se ci fosse una pressione interna. Se ciò accade state sovraccaricando troppo con le forze di
taglio.
 Evitate di chiudere le ginocchia in dentro quando risalite nelle varie alzate, perchè
sottoponete le ginocchia a tensioni sui legamenti laterali.
Spalle
 Più l'omero si trova a lavorare sul piano frontale e più è sottoposto a stress. Le extrarotazioni
sono movimenti pericolosi perchè a carico di muscoli più deboli delle intrarotazioni.
 Quando il gomito è dietro la spalla lo stress è massimo, perciò evitate di lavorare in quel

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modo: niente lento dietro, trazioni dietro la nuca.
 Da quanto sopra espresso, come regola: più eseguite movimenti con il bilanciere in
posizione eretta e più la presa deve essere stretta. Questo è importante perchè si vedono
persone eseguire il lento in piedi o la panca inclinata con la presa della panca orizzontale
quando la presa dovrebbe essere, nell'ordine: stretta, media/stretta, media/larga
 Non tentate di fare della prevenzione dei dolori della spalla senza esservi informati bene,
senza sapere come funziona la cuffia: il fai-da-te è sempre pericoloso.
Gomiti
 Tutti i movimenti tipo french press o estensioni ai cavi mettono sotto stress i gomiti e vale la
regola di non sentire mai dolore o pressione. I gomiti entrano in gioco in TUTTI gli esercizi,
compreso lo squat e a meno che non vogliate fare solo pressa e crunch cercate di
salvaguardarli
 Strattoni e giochetti tipo “voglio chiudere il Captain Crush con la molla dura dura” possono
portare a epicondiliti e epitrocleiti, perciò evitate curl, pinze e trazioni con sovraccarico
eseguite senza criterio.
Esercizi non adatti
Ci sono esercizi che non sono adatti a tutti, perciò, non fatevi fregare. Mi trovo a discutere con due
classi di persone: quelli che dicono che non sono portati per un certo esercizio quando è palese che
stanno toppando di brutto, quelli che invece non sono portati ma non lo sanno e si sentono frustrati
per i loro scarsi miglioramenti.
Sono più i primi dei secondi eh! Tipico è lo squat, un esercizio complicato che non tutti sanno fare.
C'è chi va sotto il bilanciere e alla prima è perfetto, c'è chi invece deve proprio studiare lo squat.
Per come sono fatto io, sono assolutamente contrario alla soluzione “esegui fino a dove ti senti
sicuro”: ovvio che questa è una nozione di buon senso e di sicurezza, però così facendo non c'è
niente da capire o da studiare e a me non basta. Se a me non riesce una cosa che mi interessa,
dovessi perderci 20 anni ma le provo tutte, prima di abbandonare.
Detto questo, esiste anche la seconda categoria di persone. A seconda della conformazione delle
vostre spalle e delle vostre anche sarete portati o meno per certi esercizi.
Parallele, tirate al mento, lento in piedi sono esercizi che possono essere sconsigliati per qualcuno
epossono causare infortuni quando i pesi salgono. C'è una classi di persone che è forte nella panca
ma non tollera le parallele ed è scarsa nel lento in piedi, ad esempio.
A seconda della conformazione delle vostre anche sarete degli stacchisti regolari o sumo,
indipendentemente dall'altezza.
Vi prego pertanto di non fissarvi sulle regole valide per la stragrande maggioranza delle persone, o
sul valore di certi esercizi definiti indispensabili. Voi siete voi.
Troppo “qualcosa”
C'è tutta una letteratura molto spesso fantasiosa su quale sia il range di ripetizioni più “sicuro”, e si
trovano fiumi e fiumi di discussioni sul fatto che fare i massimali faccia male oppure no.
Allora, fa più male un massimale, una serie da 6 o una serie da 20? Come sempre, è impossibile
dare una risposta. Quello che è pericoloso è amplificare un aspetto fino al limite.
Un massimale è pericoloso se:

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 non c'è assistenza – siete voi che dovete staccare e riappoggiare il bilanciere senza nessun
aiuto
 non c'è sicurezza – dovete avere la possibilità di fallire il massimale senza rischi, per questo
è necessario un rack oltre che all'assistenza
 avete una esecuzione errata per i motivi di cui sopra
 state testando un peso oggettivamente troppo elevato
Chiaramente questo è vero anche per carichi inferiori ma su più ripetizioni, per questo 1x1 o 1x6
alla morte sono ugualmente pericolosi, se vogliamo.
Le alte ripetizioni possono indurre una falsa sicurezza, data dal carico basso. Dovete considerare
che la stanchezza agisce per prima sui muscoli più deboli, perciò è impossibile mantenere una
forma di esecuzione corretta quando arriva il fiatone. Chi ci riesce o semplicemente dice di farlo
oppure si sottoallena.
Personalmente mi piace giocare sul buffer e sul recupero, in modo da chiudere le serie con una
tecnica decente.
Perciò, non è il tipo di serie che causa l'infortunio ma macroscopicamente possiamo dire che serie a
cedimento con ripetizioni 1-4 portano a infortuni acuti, mentre quando le ripetizioni salgono si
possono avere infortuni cronici.
Il “troppo qualcosa” si sovrappone facilmente ad errori dei tipi precedenti, con conseguenze
facilmente immaginabili. Il power-bodybuilder avanzato può essere soggetto a “troppo qualcosa”
perchè tendenzialmente va a cedimento con carichi elevati. Da evitare assolutamente tutte le
improvvisazioni rispetto al normale programma come l'esercizio nuovo consigliato dal guru di
Internet o l'attimo di follia per la garetta fra amici per conquistare lo sguardo della nuova arrivata in
palestra (a cui interessa la vostra ripetizione in più di squat bavoso quanto a me guardare lo screen
saver aziendale).
Un atleta avanzato è sufficientemente abile per riuscire in qualunque novità e sufficientemente forte
per mettere da subito un bel carico: proprio perchè è “sufficientemente qualcosa” è facile cadere nel
“troppo qualcosa” con le novità. Perciò... evitatele.
Infortuni cronici da sovraccarico di volume
Ecco una casistica tipica del Powerlifting (amici di AOS, toccatina ai gioielli di famiglia che spero
non abbiate venduto per un corpetto da squat) e in generale degli ambienti “sportivi”. Evitando il
cedimento, è difficile infortunarsi perchè “cede” qualcosa e con un minimo di accortezza gli
infortuni acuti non accadono.
Ma a questo punto è proprio l'allenamento stesso che può essere usurante, mettendo sotto stress il
vostro corpo. Del resto, ottenere il meglio implica sottoporre il corpo a stress controllati. Il volume
stesso dell'allenamento può creare situazioni di dolori cronici.
L'atleta evoluto deve combattere con questo “nemico”, che molte volte è inevitabile. Ci sono ad
esempio momenti nella carriera pesistica in cui le prestazioni salgono e il corpo non è in grado di
sostenerle.
I muscoli sono forti ma, che so... i tendini no, le cartilagini no e questo accade più spesso di quanto
si possa pensare. Quando correvo c'erano sprinters che si infortunavano regolarmente al momento
in cui entravano in forma, qualsiasi cosa facessero: certi punti del corpo erano troppo deboli rispetto
al resto!

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Quale rimedio a tutto questo? Qui è difficile dirlo perchè se non ci sono gli errori precedenti, l'unica
attenzione è una calibrazione fine di quello che facciamo.
In più gli infortuni cronici da sovraccarico sono subdoli perchè iniziano piano piano e ci troviamo a
doverci limitare senza nemmeno ricordarci come è successo, mesi prima. Oppure sappiamo che c'è
qualcosa che non va ma, come sempre, pensiamo di poter “gestire” il tutto.
Ops, è successo!
Ecc', il crack. E adesso? C'è da stare tranquilli, prima di tutto. Anche in questo caso ci sono varie
sfumature nel tipo di “crack” che sono essenzialmente riconducibili all'acquisizione della
consapevolezza dell'essersi fatti male.
Ok, la rispiego: potete sentire dolore, e quello è un crack, ma potete, ad un certo punto, decidere che
siete infortunati. Questa seconda evenienza è tipica degli infortuni cronici, ad un certo punto non ce
la fate più a stringere i denti, e vi rendete conto che... state male. E' il caso più brutto perchè, deciso
che vi siete fatti male, di colpo vorreste curarvi e guarire.
Come regole generali:
 più vi fate male al centro di un muscolo, meno sarà pericoloso.
 Più vi fate male ad una struttura non muscolare, più sarà pericoloso: nell'ordine di gravità, a
salire: muscoli, tendini, legamenti, cartilagini. Ciò è dovuto alla sempre minor ossigenazione
e capacità di trasporto di sangue di queste strutture, che limita la capacità di guarigione
 con tutte le eccezioni, un infortunio acuto guarisce meglio di uno cronico
A questo punto inizia la trafila dei dottori e delle cure. Ciè che dovete fare è, oltre che guarire,
comprendere perchè vi siete fatti male. E la risposta sarà progressivamente più complicata con
l'aumentare della vostra forza e anzianità di allenamento: il ragazzino che fa la panca da deficiente
perchè passa la signorina in palestra può comprendere facilmente perchè ha una lesione ai molari,
mentre un atleta avanzato ha bisogno di più tempo.
Poiché facciamo palestra, a differenza di altre attività, è possibile riorganizzare una routine anche in
presenza di infortuni. L'infortunio è solitamente specifico, fa male solo per un determinato
movimento o addirittura in una parte ben identificabile di un movimento.
Un infortunio crea uno squilibrio, fisico ma essenzialmente mentale. Non potete far finta che non vi
sia successo niente, o, meglio, potete farlo fino al punto in cui non crollerete, ed è peggio. Perciò sta
alla vostra mente trovare un nuovo equilibrio piuttosto che lamentarsi per ciò che è successo.
Modificate il vostro allenamento, e non consideratevi un rottame: è l'inizio della guarigione.

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