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Co-contrazione e stabilità

L’argomento è un po’ strano, ma ovviamente per me molto interessante. Sono gli appunti di roba
che è nel libro, solo che mi erano rimasti nella e-penna e così sembrano slegati da qualsiasi
contesto, ma fanno parte di uno schema. Solamente, questa è la “brutta” del risultato finale.
Il limite della conoscenza autodidatta su info raccattate da Internet è la mancanza di sistematicità:
un esame universitario su una materia può riguardare conoscenze anche obsolete, ma riguarda un
intero argomento secondo una strutturazione delle conoscenze che è superiore al prendere una
paccata di “studi scientifici” magari dell’ultimo grido ma che riguardano “pezzi” dell’argomento.
Tanto per dire, io mi sono approcciato all’argomento “stabilità articolare” studiando la spina dorsale
dato che la stabilità spinale è studiata in maniera abnorme a causa della Sindrome del Mal di
Schiena. Però così facendo ho perso il senso dell’argomento: la stabilità, o instabilità, è propria di
qualsiasi articolazione e va studiata in generale per poi declinarla sul caso particolare.
Ha rilevanza tutta questa roba per noi? Sicuramente si perché a senso suona ok che sia bene essere
“stabili” con 200Kg sulla groppa, no?
Però, ragazzi, il punto è anche un altro: studiare solo quello che è rilevante per ciò che facciamo è il
peggior limite alla nostra creatività. Sono le conoscenze più disparate che permettono la creazione
di link logici fra cose che fra loro apparentemente non c’entrano nulla ma che invece permettono di
scoprire cose nuove. Se l’Uomo si fosse concentrato solo su quello che gli fosse servito al
momento, saremmo ancora a grugnire in qualche caverna intorno ad un fuoco.
Agonisti ed antagonisti

Bicipite 50
50
Kg
Kg 50
50
Tricipite
Kg
Kg
FB Ftot = FB Ftot = FT

FT

50
50
Kg
Kg 50
50
Kg
Kg
Ftot = FB - FT Ftot = FT - FB
A sinistra due dei muscoli più interessanti per il culturista: il bicipite ed il tricipite. Questi sono fra
loro antagonisti, nel senso che permettono entrambi la rotazione dell’avambraccio sul braccio, ma

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in versi diametralmente opposti: i muscoli sono generatori di forza unidirezionali dato che possono
solo “tirare” e non “premere” contro un osso pertanto per ottenere una rotazione articolare
bidirezionale sono sempre necessari almeno due muscoli in una configurazione più o meno simile a
quella del disegno a sinistra.
In alto a destra l’azione del bicipite in un curl e del tricipite in un push down ai cavi: se un muscolo
fa ruotare l’articolazione che controlla in un verso, è bene che il suo antagonista non si contragga,
altrimenti indurrebbe una rotazione nel verso opposto che impedirebbe all’agonista di esplicare
correttamente la sua funzione.
In basso pertanto una situazione assurda: gli stessi movimenti ma con una contrazione non solo
dell’agonista ma anche dell’antagonista. Lo stesso risultato ma con un dispendio energetico ben
maggiore dato che l’agonista deve generare la stessa forza precedente a cui si somma quella per
contrastare l’antagonista stesso.
Provate su voi stessi: contraete il bicipite ed il tricipite contemporaneamente, l’avambraccio non si
muove anche se state facendo una fatica bestia bruciando energie per nulla. Illogico, assolutamente
illogico… o no?
2 - … e la
traiettoria non è
quella desiderata

Cosa si deve
fare per
vivere…

50
50
1 – Forze
Kg
Kg variabili …

2 - … fanno
ruotare
l’avambraccio …

Adesso complichiamo un po’ di più le cose: supponete di dover prendere un contenitore d’acqua
mezzo pieno da terra per metterlo su un ripiano in alto. Se volete provare veramente, prendete una
tanica da 20 litri e riempitela per 2/3, poi per complicarvi la vita la sollevate che è verticale ma la
riappoggiate in orizzontale. Per semplicità viene considerato solo il gomito ma considerazioni
analoghe su agonista ed antagonista possono essere fatte per la spalla.
Per quanto stiate attenti, l’acqua si muoverà dentro la tanica sbilanciandola e facendo oscillare
l’avambraccio mentre il bicipite è contratto. Una elettromiografia evidenzierebbe che anche il
tricipite si contrae, per tutta la traiettoria.
Molle muscolari
Immaginiamo i muscoli come dei generatori di forze che rappresentiamo come frecce ma in realtà
proprio i “materiali” con cui sono fatti li rendono simili per molti aspetti a delle molle.

2
y

y
F

x
d
Ecco una molla ideale, quella che si studia al Liceo o a Fisica Uno: in alto la molla è a riposo e non
genera nessuna forza né è sottoposta a forze, in basso la molla è tirata a destra per la distanza d
possibile solo se la trazione è F tale da equilibrare la forza di contro-trazione della molla stessa, che
vale:

Fmolla  kd
La forza che la molla genera è proporzionale all’allungamento rispetto alla situazione di riposo, il
segno meno indica che la trazione è sempre nel verso opposto all’allungamento. La k è la costante
di proporzionalità ed è chiamata rigidità della molla o stiffness: più k è grande e più a parità di
allungamento la forza di trazione è elevata o, in altre parole, più la molla è rigida. Perciò più una
molla è rigida e più è necessaria forza per allungarla.
Filamento di Actina

Filamento di Miosina

Sappiamo che il tessuto muscolare sia viscoelastico, cioè ha un suo grado di elasticità interno che
non dipende dall’attivazione del sistema nervoso: è proprio la “ciccia” ad essere elastica, cioè se
tirate un muscolo i filamenti di actina e miosina si tendono ed entro certi limiti esercitano una
resistenza simile a quella di una molla, tanto più forte quanto più l’allungamento è elevato.
La rigidità di questa molla muscolare è data da:

FMuscolo
kq
LMuscolo
Il coefficiente k dipende dalla forza di contrazione del muscolo stesso, più è contratto e più è rigida,
e dalla lunghezza a cui viene esercitata la forza muscolare, più è lungo e meno è rigida. Perciò
muscoli corti fortemente contratti sono molle molto più rigide di muscoli lunghi debolmente
contratti.
3
Bicipite
Bicipite

=
Tricipite

Gomito

Tricipite
Possiamo approssimare i nostri due antagonisti al sistema meccanico a destra (non ridete né
sospirate). Bene: a che cacchio serve tutto questo casino? Immaginate di stare sollevando la vostra
tanica mezza piena per la sessione di tank training©, l’acqua spostandosi crea delle forze
indesiderate sul vostro avambraccio.

1 – Una forza
indesiderata crea FI
una rotazione …
3 - … eliminando
la perturbazione

2 - … il tricipite
reagisce

FT

3 - … eliminando
la perturbazione

2 - … il bicipite
FB FI
reagisce …

1 – Una forza
indesiderata crea
una rotazione …

4
Le molle compensano la rotazione indesiderata poiché se l’avambraccio ruota verso l’alto sarà la
molla-tricipite ad intervenire per tirarlo di nuovo verso il basso, viceversa sarà il bicipite.
Adesso il punto fondamentale: più le molle sono rigide, più le forze perturbative della traiettoria
saranno frenate. Ma le molle sono i muscoli: più i muscoli sono contratti, più le molle sono rigide!
Nello spostare in alto la tanica voi contaete contemporaneamente il bicipite, l’agonista in questo
caso, e il tricipite, l’antagonista. Ovviamente contraete più il bicipite del tricipite, ma comunque
entrambi. Questo permette alle molle muscolari, ai muscoli, di essere rigide e di impedire che lo
spostamento dell’acqua faccia muovere l’avambraccio dalla traiettoria desiderata.
Co-contrazione e stabilità
Contrarre contemporaneamente agonista ed antagonista è detto co-contrazione. La più nota co-
contrazione è quella dei femorali con i quadricipiti che assicura che il crociato anteriore non sia
sottoposto a forze di trazione nello squat, ma il fenomeno è comune e prassi all’interno
dell’organismo.
La co-contrazione aumenta la rigidità articolare, cioè la capacità dell’articolazione di non ruotare
sotto l’azione di una forza perturbativa esterna. Se definiamo come stabilità strutturale la capacità
di una struttura corporea recuperare la propria forma a seguito di una forza esterna, la co-
contrazione, aumentando la rigidità articolare, permette un miglioramento della stabilità strutturale
in quanto i muscoli permettono di recuperare la posizione di partenza dell’avambraccio nella sua
traiettoria corretta.
E’ interessante notare come l’effetto sulla stabilità non sia dovuto a motivi neurologici,
all’attivazione cioè di una strategia di contrazione da parte del cervello, ma proprio a motivi
meccanici: il recupero della posizione è dovuto ai materiali di cui è composto il muscolo, il sistema

1 – Una forza
indesiderata crea FI
una rotazione … 3 - … e la
perturbazione
eliminata

2 - … la
rotazione viene
rilevata …
FT FT

nervoso mette solo in tensione la molla.


Questa è un’altra strategia: a seguito di una forza perturbativa i sensori inviano al cervello dei
segnali sull’entità e sulla velocità dello spostamento indesiderato, il cervello genera un segnale per
pilotare il tricipite che interviene e rimette l’avambraccio nella sua giusta traiettoria.
Nel primo caso si ha un enorme dispendio energetico perché entrambi i muscoli sono sempre
contratti, in questo no. Il problema è che rilevare lo spostamento e recuperarlo necessita di tempo, il
sistema è lento mentre il precedente immediato perché sempre attivo. Non solo, a causa della
lentezza della risposta la forza compensativa potrebbe tirare l’avambraccio proprio nel momento in
cui il disturbo cambia verso, con effetti assolutamente imprevedibili.

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Pertanto, la soluzione dell’Architetto è di assicurare la stabilità articolare tramite la co-contrazione e
esistono tantissimi studi che mostrano ad esempio come la co-contrazione e la rigidità articolari
siano variabili in funzione dei compiti da svolgere e allenabili.
Più un movimento è nuovo e “sconosciuto” al vostro sistema nervoso, più sarà ritenuto come
“pericoloso” pertanto la co-contrazione sarà massima per preservare la stabilità articolare, evitando
che movimenti ritenuti bruschi possano danneggiare le articolazioni. Quando il movimento viene
imparato e ritenuto “sicuro”, la co-contrazione diminuisce: agonisti ed antagonisti giocano così un
ruolo molto più complesso di quello che si pensa e non sono solamente attivi reciprocamente.
Pertanto “stabilizzare una articolazione” significa renderla rigida quanto basta per non muoversi
sotto l’azione di forze non desiderate, ma solo su traiettorie che abbiamo deciso noi. Per questo
motivo:
 I manubri sono più complicati da usare rispetto al bilanciere, necessitano l’utilizzo di molti
più muscoli intorno all’articolazione della spalla per impedire che deviino dalla traiettoria
voluta rispetto al bilanciere che è molto più “bloccato”.
 Il pek dek e il multipower sono più semplici da usare rispetto al bilanciere: la traiettoria è
bloccata e non c’è possibilità che i segmenti ossei vengano deviati dalla traiettoria voluta.
 La tanica d’acqua piena è più semplice da spostare rispetto a quella mezza piena, anche se la
seconda pesa di meno: lo spostamento dell’acqua fa ruotare le articolazioni che devono
essere rese più rigide.
In pratica, ogni volta che c’è una rotazione indesiderata, l’articolazione che la subisce diventa
instabile e va resa rigida per impedire che accada. La co-contrazione di muscoli antagonisti è una
strategia, dispendiosa ma inevitabile.
Inibizione reciproca
La legge di Sherrington sull’inibizione reciproca afferma che se un muscolo si contrae il suo

Midollo
spinale

I1
F1
Bicipite
M1
Tricipite

Cervello
M2
I2
F2

opposto si rilassa, pertanto come è possibile che esista la co-contrazione agonista-antagonista?


Ecco uno degli incasinati disegnini che vengono fuori quando si parla del Sistema Nervoso: due
motoneuroni che innervano rispettivamene il bicipite e il tricipite, due fusi neuromuscolari che
inviano indietro le loro informazioni. Notate i due interneuroni di tipo inibitorio: I1 è innervato dal
fuso neuromuscolare F2 e I2 è innervato dal fuso neuromuscolare F1.

6
2 – … il segnale
del fuso …

F1
1 – Il cervello
M1
attiva i
motoneuroni… I2 50
50
Kg
Kg
3 - … attiva il
M2
neurone inibitorio 5 - … che impedisce al
reciproco … motoneurone reciproco di
attivarsi
4 - … che genera M2
un segnale Soglia
inibitorio …

t
Ok, usate le dita mettendole sui collegamenti perché il disegno sembra complicato ma non lo è:
1. Ipotizzo che il cervello invii impulsi elettrici ai due motoneuroni M1 e M2 per attivare
entrambi i muscoli.
2. Il fuso neuromuscolare F1 invia informazioni di ritorno sullo stato di tensione interna del
bicipite e sulla velocità di accorciamento.
3. Il segnale del fuso attiva il neurone inibitorio reciproco I2 del tricipite.
4. Il segnale del fuso è tale che il neurone inibitorio I2 invia il suo segnale al motoneurone M2
del tricipite.
5. Il segnale inibitorio cancella il segnale del cervello e il motoneurone M2 non si attiva, il
tricipite non si contrae.
Se ripetete il giochetto per il push down ai cavi la situazione è analoga ed è il bicipite che non si
contrae. Pertanto, se l’agonista si contrae, l’antagonista si rilassa e il fenomeno si chiama inibizione
reciproca.
Il problema è che la legge di Sherrington deriva da studi fatti in un certo periodo storico che
confermavano questa ipotesi, ma il progresso scientifico ha fatto vedere come le strutture neurali
permettano di modulare questo effetto. Del resto… voi potete contrarre agonista ed antagonista o
Midollo
spinale
I3

I1
F1
Bicipite
M1
Tricipite
I4
M2
Cervello I2
F2

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no?
Rendiamo più realistiche le connessioni dei neuroni, il che significa renderle più incasinate anche se
i neuroni sono solo 6: si sono aggiunti gli interneuroni inibitori I3 e I4 controllati in questo caso
direttamente dal cervello e connessi a loro volta ai neuroni inibitori dei motoneuroni.
5 - … attiverebbe il
neurone inibitorio
reciproco …
4 – … il
segnale del
fuso …

F1
1 – Il cervello M1
attiva i
motoneuroni… M2 50
I2 50
I4 F2 Kg
Kg
2 - … ma anche questo
neurone inibitorio …

7 - … e l’antagonista può
3 - … che genera un segnale contrarsi
inibitorio su questo I2
neurone inibitorio … Soglia
6 - … che non emette il suo
segnale inibitorio perché t
inibito …
Vediamo come questa struttura permetta di co-contrarre il tricipite quando il bicipite è contratto:
1. Ipotizzo che il cervello invii impulsi elettrici ai due motoneuroni M1 e M2 per attivare
entrambi i muscoli.
2. Il cervello, però, attiva anche il neurone inibitorio I4
3. Il neurone inibitorio I4 genera un segnale inibitorio sul neurone inibitorio I2.
4. Il fuso neuromuscolare F1 invia informazioni di ritorno sullo stato di tensione interna del
bicipite e sulla velocità di accorciamento.
5. Il segnale del fuso attiverebbe il neurone inibitorio reciproco I2 del tricipite.
6. Il neurone inibitorio I2 non invia il suo segnale al motoneurone M2 del tricipite perché il
segnale del fuso viene cancellato da quello del neurone inibitorio I2..
7. Non essendoci nessun segnale inibitorio sul motoneurone M2, questo viene attivato dal
segnale in ingresso dal cervello e permette la contrazione del tricipite.
Provate facendo contrarre il bicipite quando il tricipite è contratto, la situazione è analoga.
L’inibizione reciproca è così adattabile alle esigenze. L’allenamento permette di migliorare
decisamente l’inibizione reciproca diminuendo la co-contrazione indesiderata ed è per questo che
l’atleta avanzato mostra gesti più fluidi del principiante che va a scatti: la co-contrazione
indesiderata impedisce la corretta coordinazione muscolare, ma è il prezzo iniziale da pagare per la
“novità” del movimento.
Il corpo umano preferisce rendere stabili le articolazioni anche a costo di sprecare energie in
movimenti non ottimizzati piuttosto che rischiare di esporre le articolazioni a stimoli che si
potrebbero rivelare eccessivi.

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