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Un po’ di Bio-Meccanica – Introduzione

In questa serie di “dispense” voglio scrivere un po’ di cose che mi piacciono: la biomeccanica,
intesa a modo mio, cioè l’applicazione della Fisica al corpo umano.
Quello che trovo su Internet non mi soddisfa. Semplificazioni, oppure studi con modelli allucinanti.
O, peggio, studi fatti da persone che i pesi non li fanno e non hanno l’evidenza empirica di come
“girano” le cose.

Il corpo umano è complesso. Forse è il meccanismo più complesso che esista. Decine di segmenti
(ossa), di giunti (articolazioni), di elementi motrici (muscoli), un sistema di controllo (SNC)
sofisticato come nessun computer potrà mai esserlo. Siamo capaci di staccare da terra centinaia di
Kg ma poi lo stesso meccanismo è capace di dipingere con una bomboletta spray delicate sfumature
di colore..

Immaginate la complessità di afferrare al volo un bicchiere di cristallo che cade. Un movimento


balistico ma una stretta delicata per non romperlo. Ci sono macchine che fanno la stessa cosa?
Sicuramente si, ma sono specializzate. Una ruspa solleverà tonnellate, ma non potrà stringere il
bicchiere senza romperlo. Il nostro corpo invece ci riesce.

Chiaro che quando cerchiamo di capire come stanno le cose, l’impresa è veramente ardua. Perché,
come sempre, dobbiamo costruire un modello che sia sufficientemente semplice da permettere di
avere risultati “spendibili” ma anche sufficiente complesso da non avere assurdità puntualmente
smentite dalla realtà.

In questa serie di articoli vorrei esprimere alcune mie idee che da tempo mi passano per la mente
ma che poi non ho mai concretizzato: forze, lavoro, energia, potenza, modelli di contrazione
muscolare, fatica, TUT, impatto sulle ossa e sui tendini. Ce la farò? Mah… intanto, iniziamo. A me
piacerebbe riuscire a comunicare questo messaggio: approfondire come funzionano le cose che ci
piacciono non può esimerci dallo studio della Fisica del movimento.

In generale, la Fisica è la Scienza che spiega la Realtà. E la spiega con un suo linguaggio, con la
Matematica. Non c’è scampo. Chi vi vuol far credere il contrario sta barando (e vi vuol prendere in
giro) oppure se in buona fede, non ha le idee chiare nemmeno lui.

Prima di andare avanti, faccio io la domanda che magari vi siete fatti voi: serve questa roba? A me,
in particolare, nei miei allenamenti, serve? La risposta è che sì, serve. Perché comprendere il
funzionamento delle cose, ampliare la propria conoscenza, è sempre fonte di miglioramento e di una
miglior presa di coscienza. Anche solo capire che certe cose sono complesse è importante.

Nella pratica, le esperienze empiriche, il causa-effetto con un minimo di ragionamento, sono


sufficienti a “sopravvivere” al 99% delle situazioni in cui vi imbatterete. Non dovete conoscere
nulla di dinamica, di conservazione dell’energia, di forze per diventare più forti e più grossi, basta
che siate critici con voi stessi. Questo è vero quasi sempre. Quasi, appunto. Ma ci sarà un momento
in cui quell’1% farà la differenza, e sarà una grossa differenza. Fidatevi.

Il caso reale che analizzerò è il curl per i bicipiti con manubrio. Sembra incredibile, ma per
analizzare compiutamente uno dei movimenti più semplici che possiamo fare in palestra, è

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necessario introdurre una valanga di concetti che costituiscono il 70% dell’esame di Fisica Uno. E,
mi spiace per voi, non c’è altro modo.

Cercherò di non farvi sbadigliare più del dovuto con i concetti teorici, ma dovrete comunque
sforzare il vostro cervello: chiaro che si può fare didattica rendendo le cose interessanti e divertenti,
ma c’è un limite a tutto. Se è possibile rendere più semplici concetti difficili eliminando elementi
che non sono rilevanti per gli scopi della trattazione, c’è un punto oltre il quale si scade nel
semplicistico e pertanto nell’inesatto.

La prima parte è relativa ai concetti base della cinematica e della dinamica. Non è interessante per il
grande pubblico che vuol sapere se fare un curl parziale con un manubrio pesantissimo è meglio che
farlo totale con meno peso. Non fa ridere. Punto. Ma, come sempre, è un passaggio necessario per
comprendere i concetti successivi. E per farli propri. Spiace, ma l’apprendimento è anche “ficcare
con fatica dei concetti difficili nella propria testa”, ed è un processo che richiede impegno.

La seconda parte è il modello meccanico del curl con bilanciere. Anche qui vedremo un sistema più
complesso di quanto ci propinano di solito. Non è possibile infatti considerare un sistema
meraviglioso come omero, radio e ulna come se fosse composto da stanghette.

La terza parte tratterà mettere in moto il nostro braccio e farlo, questo curl! Vedremo nella pratica
tutti i concetti espressi nella prima parte, e come la dinamica sia diversa dalla statica

Nella quarta parte ci addentreremo in speculazioni quali il calcolo del lavoro svolto durante il curl,
cercando di generalizzare il concetto di TUT, cosa che credo sufficientemente innovativa.

Vedrete che la struttura della trattazione è consequenziale. Non si può parlare di TUT se non si
comprende come viene svolto il movimento, non si comprende come viene svolto il movimento se
non si conosce come l’avambraccio ruota intorno al gomito.

Cioè: la biomeccanica un insieme di conoscenze complesse ed è praticamente impossibile


estrapolarne solo il “pezzo” che ci interessa disinteressandoci del resto. Per questo è difficile trovare
“articoli” divulgativi spendibili E interessanti. Se sono spendibili, devono per forza essere ad un
livello di complessità tale per cui non sono interessanti per il normale pubblico, perché gonfi di
matematica che è considerata, a torto, arida e complicata. E viceversa, è impossibile che un articolo
sia interessante se non è minimamente difficile: direbbe cose che tutti conoscono.

In tutta la trattazione ho cercato di evidenziare quelli che sono dei tranelli in cui si può cascare, e
che regolarmente compaiono negli articoli sulle riviste di BB: “il lavoro è la forza per lo
spostamento” è un classico…

Però, una volta che certi concetti sono compresi e assimilati, è facile ottenere risultati numerici
interessanti e una volta che li farete vostri, vi permetteranno di spiegare con più facilità le
“sensazioni” che provate in palestra quando muovete i nostri amati pesi.

Buona lettura!

Paolo

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