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Lento in piedi reloaded – 1 – Attivo o passivo?

In questi articoli ritorneremo sul lento in piedi, con una serie di considerazioni che sto preparando
per il libro: questi pezzi possono sembrare sconclusionati e slegati fra loro, ma sarà il libro che
darà loro il filo logico e l’omogeneità.
Abbiamo già visto le differenze fra la panca e il lento in piedi, the press come lo chiamano gli
anglosassoni: l’angolo di utilizzo del pettorale è maggiore nella prima rispetto al secondo. Lo
schema motorio della panca è del tutto differente da quello del lento in piedi ed essere forti in
questo esercizio non ha transfer sulla panca, checchè ne dica una certa corrente di pensiero.
Chiaramente, se avessi un massimale di 150 kg di lento in piedi, come minimo avrei 200 kg di
panca, ma semplicemente perché sarei un mostro mutante caduto da piccolo nella pozione magica
di Panoramix e poi asciugato con i raggi gamma.
Il lento in piedi è però un esercizio eccezionale sia per lo sviluppo muscolare che crea che per le
abilità motorie che insegna:
 Poiché l’esecutore è in piedi senza appoggi su schienali o panche, il movimento richiede
l’uso di tutti gli stabilizzatori del tronco e delle spalle. Vengono utilizzati tutti i muscoli della
parte superiore del corpo, in particolare il trapezio e tutti i muscoli che muovono la scapola,
a differenza della panca. Per questo motivo è un ottimo complementare di questa per uno
sviluppo fisico completo.
 L’esercizio insegna a generare tantissima forza nella fase iniziale del movimento proprio
per sfruttare al meglio il pettorale: l’angolo di azione ridotto si trasforma in un vantaggio
didattico in quanto è necessario essere più bravi ad usare questo muscolo. In chiusura
insegna a ruotare correttamente indietro le spalle: questo come vedremo è necessario sia
per la prestazione che per la salute della spalla stessa. Chi non ruota bene le spalle non
sarà mai un forte “presser”.
Nel proseguimento della trattazione sarà evidente che saper ruotare la scapola e mettersi
in assetto per generare molta forza siano due aspetti intimament legati.
Cosa visualizzare

25Kg 25Kg
25Kg IP’
IP’s
IP’
IP’s
25Kg DF DF
IP’
IP’s
IP’
IP’s
DF
25Kg DF 25Kg

IP’
IP’s IP’
IP’s
DF DF

Nei disegni di sinistra uno schema mentale in cui l’esecutore interpreta il movimento come una
estensione dell’avambraccio che a sua volta ”trascina” la spalla nella rotazione. Questa
impostazione è errata perché l’atleta si focalizza sui tricipiti: spinge il bilanciere con le braccia,
agendo sui gruppi muscolari più deboli, e poi con le spalle.

1
A destra il corretto modello mentale: l’alteta spara i gomiti verso l’alto e indietro, a voler
scaraventare il bilanciere dietro di lui. In questo modo l’attenzione è per tutti i muscoli del tronco e
poi per i tricipiti che ovviamente verranno attivamente utilizzati. La comprensione che sono i gomiti
a muoversi e non le mani è fondamentale per apprendere il corretto schema motorio: sparare i
gomiti in alto!
Potenziamo il pettorale

Passivo
Passivo Attivo
Attivo
Nei fotogrammi di sinistra sollevo il bilanciere dagli appoggi in maniera “passiva”, a destra in
maniera “attiva”. Le due posture non sembrano così diverse, ma il cambiamento è sostanziale: è
proprio questa similitudine che inganna, meglio sarebbe una ripresa di lato ma in questo caso i
pesi coprono sempre parte del tronco.

Passivo
Passivo Attivo
Attivo
Utilizzando invece gli elastici è possibile osservare le vere differenze. A sinistra stacco e vengo
indietro, semplicemente. A destra mi posiziono preventivamente sollevando il torace e deprimendo
e adducendo le scapole, come già visto nell’adduzione light per la panca, solo che in questo caso
lo faccio in piedi. Poi stacco il bilanciere e vengo indietro mantenendo questa postura.
Così facendo ho tutti i vantaggi dell’”adduzione delle scapole”:
Una miglior stabilità articolare data dalla co-contrazione di tutti i muscoli delle spalle. Chiaramente
per sollevare il torace devo inarcare la schiena, pertanto utilizzo anche gli erettori spinali che
bloccano così la spina, proteggendola.

2
Un aumento dell’angolo di utilizzo del pettorale perché sollevare il torace permette di distanziare
maggiormente il pettorale dall’omero, come evidenziato nel disegno seguente.

Zona del
deltoide

Zona del
carico

Zona del La zona del


pettorale pettorale aumenta

Apparentemente il guadagno sembra minimo ma in realtà è sostanziale, dato che l’esercizio è


molto sfavorevole al pettorale e qualsiasi assetto che permette di recuperare gradi di utilizzo porta
ad un migliore vantaggio meccanico.
Questo è l’assetto “attivo”: a questo punto è molto più facile impostare il movimento come uno
spostamento dei gomiti verso l’alto. Il lento dietro insegna così ad elevare il torace, il movimento di
base dell’adduzione delle scapole nella panca: in questo senso l’esercizio ha un vero valore
didattico.

Passivo
Passivo Attivo
Attivo
Le fasi iniziali del movimento a partire dai due assetti: si nota come a destra la postura assomigli
allo schema mentale dello “spingere i gomiti in alto”, sicuramente più di quella a destra.
Esercitatevi: questo posizionamento richiede di essere molto più DCSS rispetto all’altro, pertanto
una volta assimilato il mix fra assetto, contrazione muscolare e “durezza” della schiena fa
chiaramente percepire una maggiore produzione di forza.

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