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DCSS Training

Perché le trazioni a presa larga sono più


difficili di quelle a presa stretta?

Un mio video in cui faccio le trazioni raccatta su YouTube, ogni tanto, l’attenzione di
spocchiosissimi e saccentissimi personal trainerS (con la S in fondo) denoartri, gente che
sicuramente è laureata in bioingegneria neurochirurgica e che mi delizia con commenti della serie
“usi solo i bicipiti” o “devi allargare la presa per i dorsali” o “così è facile” ma anche “c’è la sedia
sotto”.
Fate questo esperimento di biomeccanica avanzata:
 Una trazione a presa supina con le mani alla larghezza spalle, tranquillissima. Tiratevi su
con un sovraccarico, che viene meglio, ad una velocità “tranquilla” cioè come ci si
aspetterebbe da uno che le trazioni le sa fare. Arrivate in cima e fate una pausa contando
“milleuno”.
 Una trazione a presa molto molto larga ma non larghissima. Ripetete allo stesso modo come
l’altra.
Fatto? Io non vi vedo eh… però scommetto che nella trazione a braccia larghe siete arrivati più in
basso rispetto all’altra, e anche più “sotto la sbarra”, con il bacino più in avanti e la schiena più
inclinata. Nel punto più alto una misteriosa forza vi ha trascinato di nuovo giù, rendendo
impossibile la pausa. Perché?
1) Avete i dorsali deboli, uno squilibrio di forze con i bicipiti.
2) Avete i bicipiti deboli, uno squilibrio di forze con i dorsali.
3) Avete i dorsali e i bicipiti deboli, uno squilibrio con i flessori plantari.
4) Il cortisolo è troppo alto
5) Non avete alcalinizzato la dieta
6) Le trazioni si fanno d’estate con il testosterone alto (o era alto d’inverno?)
Mmmmmm…. Aspettate, anche questa roba:
7) Le trazioni a presa larga sono più difficili di quelle a presa stretta, perché allenano di più i
bicipiti.
8) Le trazioni a presa larga sono più difficili di quelle a presa stretta, perché allenano di più i
dorsali.
9) Le trazioni a presa larga sono più difficili di quelle a presa stretta, perché isolano di più i
dorsali dai bicipiti.
10) Le trazioni a presa larga sono più difficili perché alzano il cortisolo.
11) Le trazioni a presa larga sono più difficili perché acidificano la dieta.
12) Non conosco l’effetto delle trazioni a presa larga sui livelli di testosterone, perciò studiate
voi se d’inverno sono più o meno difficili.

Ora, non è che io voglio fare sempre quello che sa tutto e mi spiace anche, rileggendomi, sembrarlo.
Però se non altro ho la decenza di aggiungere un “probabilmente” o usare il condizionale quando
non sono sicuro di quello che dico, a differenza di molti (e basta leggere alcuni allucinanti
commenti sul Tubo) che invece hanno certezze granitiche e marmoree.
Il problema di queste affermazioni derivano sempre dal retrocranio marcio del palestrato che
interpreta qualsiasi movimento come utile/non utile “per la massa”, smembrandolo nei singoli
muscoli che vengono utilizzati e perdendo completamente di vista… il movimento nel suo insieme,
come sinergia coordinata di leve biomeccaniche che agiscono secondo le solite leggi della Fisica.
Questo è il finale della mia solita trazione: in cosa differisce il fotogramma a destra della chiusura
del movimento dagli altri due? Le vedete le 500 piccole differenze?

3 – … e avvicino la
schiena alla sbarra
2 – … ruoto i
gomiti indietro …
1 – Mi sollevo …
Ok, ve le faccio vedere:
Come mostrato nei fotogrammi precedenti, nella fase finale del movimento “tiro” i gomiti indietro e
sparo il petto in avanti (ok, questo non si vede però cerco di farlo) in modo da avvicinarmi il più
possibile alla sbarra. Questo cambia la configurazione meccanica del sistema Paolino, carico e
punto di aggancio:

Spalla E’ in
R equilibrio,
PCM instabile ma
in equilibrio

Gomito
R

Centro di Se si stabilizza
massa metto il video
PCM su YouTube …

A sinistra prima della chiusura, più a destra alla chiusura in una schematizzazione ideale, come
piace ai Fisici: braccio e avambraccio sono allineati fra loro e con la schiena. Nei disegni a destra il
risultato in termini di azione delle forze, vi chiedo un piccolo sforzo di immaginazione: il sistema
meccanico è formato da leve che si articolano fra loro, ma queste leve sono tutte nella stessa
direzione e perfettamente in verticale.
Questo significa che il peso “tira” verso il basso ma non fa ruotare nessuna leva, in una situazione
equivalente (ma non identica ovviamente) ad avere un peso in equilibrio perfetto su un’altalena
perfettamente verticale: il peso è sostenuto dalla reazione vincolare del fulcro che gli impedisce di
andare verso il basso.
Chiaramente l’equilibrio è instabile perché basta un qualsiasi alito di vento che sposti il peso fuori
dalla verticale e si verrà a creare una leva con una forza che agisce solo da una parte, con
conseguenze estremamente simpatiche per l’omino che fa lo stacco nel disegno.
“Tirare” i gomiti indietro per mettersi quanto più verticali possibili crea una configurazione
meccanica vantaggiosa in cui il centro di massa non induce rotazioni da equilibrare con la forza
muscolare. Dato che nella realtà un corpo umano non è composto da astine bidimensionali, è
impossibile arrivare alla perfetta verticalità e perciò è necessario comunque tenere i muscoli
contratti.
2 - … facendo ruotare
gli omeri …

FBic FBic

FDors FDors
2 - … il dorsale
impedisce la rotazione

PCM
1 - … Il carico tira
verso il basso …

Ok, questa è la chiusura di una trazione a presa molto larga, un movimento che avviene sul piano
frontale invece che sul piano sagittale e che rende lo schema meccanico del tutto differente.
Tanto per dire (il che equivale a “non leggete, non frega a nessuno”), basta pochissimo per
incasinare le cose e in questo caso inserire nel modello bicipiti e dorsali crea una configurazione
iperstatica, il centro di massa non c’entra più una mazza e facendo i conti con il solo dorsale ci
troviamo con un simpatico sistema a due equazioni e due incognite e infine il comportamento di
questo aggeggio non è assolutamente intuitivo. Il fottutissimo corpo umano è bello incasinato. Però
a voi non vi frega nulla di tutto questo e provo a tirare fuori qualcosa di intelleggibile senza formule
e conti.
PCM PCM

Anche in questo caso è possibile ottenere un incastro: basta avvicinare i fulcri delle leve come nel
disegno in modo da ottenere la solita sequenza di leve perfettamente in verticale fra loro e anche
con le trazioni larghe posso ottenere una posizione in cui fare la pausa. Provate.
Oddio… ma… cosa è successo? Non vi è riuscito? Durante il movimento dovete solo spostare le
mani verso il centro della sbarra!
Poiché è impossibile, avete scoperto la vera differenza fra le trazioni larghe e le trazioni strette: più
avete le mani lontane fra loro e più non potete creare in chiusura una configurazione
meccanicamente vantaggiosa per concludere il movimento: nelle trazioni larghe la forza in chiusura
non può diminuire, mai.
Nella risalita voi imprimete al vostro corpo una velocità iniziale che più è elevata e più vi aiuta nel
resto del tragitto. In chiusura la velocità è però zero e dovete generare tutta la forza statica per
mantenervi in quella posizione, perciò… venite giù!
Questo è tanto più evidente quanto più siete veloci in partenza, come fanno quelli che si danno lo
slancio: finita la velocità non hanno la forza di tenere la posizione e vengono giù come se fossero su
Giove. Perciò è tutto un “ma come…”, “ma perché…”. Nelle trazioni a braccia strette chi slancia ed
è veloce può raggiungere la configurazione finale in cui è facile rimanere, in pratica le trazioni a
braccia strette facilitano chi bara.
3 - … il dorsale lo
La spalla non è in impedisce
linea con la verticale
delle mani

1 - … forzando i
gomiti ad allargarsi …
25Kg
IP’s 1 - … Il carico tira
DF verso il basso …

Senza ogni volta stare a fare lo schemettino biomeccanico da Newton dei poveri, a sinistra una
chiusura abbastanza “reale”: ho uno spessore, non avrò mai la spina dorsale sulla verticale delle
mani a meno di non sgozzarmi o sfondarmi lo sterno.
A destra invece la chiusura vista di dietro: questa è la configurazione che permette la minima
distanza delle mani dalla spina, avvicinandosi quanto più possibile alla configurazione di vantaggio
meccanico sul piano frontale. Il carico “tira” verso il basso e tende a trascinare giù le spalle che a
loro volta premono sui gomiti, mandandoli in fuori. Questo è il motivo per cui il dorsale è sempre
attivo quando siete nel punto più alto. Dorsale e anche pettorale, che è un adduttore dell’omero.
La difficoltà di tutte queste pippe mentali è che per semplificare vengono considerate sempre e solo
due dimensioni quando, stranamente, viviamo in un mondo tridimensionale. Le trazioni sono un
movimento che avviene tridimensionalmente, compiuto da un corpo umano che occupa un volume
ed ha uno spessore: la tridimensionalità e lo spessore impediscono che si realizzi la piena idealità
della configurazione ad equilibrio instabile vista prima. Perciò devo comunque fare forza per stare
appollaiato nel punto più alto del movimento. Il vantaggio è che mi trovo comunque in una
situazione di “incastro” articolare anche se posso fare una pausa perché scarico, sebbene
parzialmente, sulle articolazioni il compito di sostenermi.
Senza farla più lunga del dovuto, creo una specie di blocco articolare: nella panca a braccia stese o
nello squat in chiusura il blocco articolare permette di usare meno i muscoli: se non ci credete
provate a fare una pausa non chiudendo questi movimenti…
Sono meglio quelle larghe o quelle strette?
La domanda è lecita anche se non la sopporto. Il punto è questo qua: più allargate le mani sulla
sbarra, più create un sistema meccanicamente svantaggioso. Questo può sembrare un vantaggio,
della serie “è più difficile, perciò richiede più forza, perciò creo uno stimolo maggiore sui muscoli”.
Questo è ciò che si chiama “buon senso”.
In questo caso, però, il buon senso non fornisce la risposta corretta. Più allargate le mani e meno il
movimento ha margini di manovra, perché inchiodate il vostro corpo in una traiettoria sempre più
rigida, come vedremo. Ma un movimento guidato non insegna nulla e perciò vale meno di uno
libero.
Nel disegno precedente la chiusura nel caso di trazioni a presa alla larghezza delle spalle: il
giochino del “fare leva” e mettersi in condizione di vantaggio meccanico non è gratis e va imparato.
Per farlo è necessario saper ruotare indietro le scapole dato che vi avvicinerete alla sbarra solo se:
 Il petto va in avanti
 Le scapole ruotano verso il basso
 Le scapole si adducono indietro
Per fare tutto questo è necessario imparare ad usare non solo il dorsale per muovere l’omero, ma
anche il trapezio, il romboide e l’elevatore della scapola per muovere, appunto, la scapola stessa!
“Tirarsi su” non coinvolge solo l’omero, ma tutta la spalla e chi non riesce ad arrivare con il mento
sopra è perché non sa fare questo giochino qua.
La scapola deve “scivolare” da davanti a dietro, ma questo è possibile solo se l’omero si trova sul
piano sagittale, non su quello frontale come nelle trazioni con le braccia molto larghe. Senza fare
disegni astrusi, prendete una scopa e fate questo esercizio emozionante:
 Mani sulla scopa alla larghezza delle spalle, mandate i gomiti indietro facendo scorrere le
braccia lungo il torace: sentirete che le spalle “dietro” si contraggono e i muscoli si
appallottolano. Quando questo accade, la scapola è “scivolata” da davanti a dietro, si è
addotta e si sono contratti tutti i muscoli del “back”.
 Mani sulla scopa molto larghe, ma non alla massima estensione: provate e l’effetto sarà
molto minore, quasi del tutto differente. Questo perché è ben difficile, se non impossibile
addurre le scapole. Per chi ci è riuscito… quella è una scopa, pesa mezzo Kg al massimo…
appesi ad una sbarra è praticamente impossibile addurre le scapole a braccia larghe.
Chiaramente esistono tutte le posizioni intermedie, ma il punto è questo: il movimento diventa
sempre più difficile ma anche più stupido perché non avete più margine di manovra. Il fatto di non
potervi incastrare nel punto più alto crea un limite perché potete fare meno ripetizioni o sollevarvi
con meno carico.
Imparare la rotazione della scapola non è semplice come si crede, ma è la chiave di un movimento
funzionalmente corretto, perché se serve in chiusura, a maggior ragione serve in partenza: il non
raggiungere la cima è un indicatore anche di un problema alla base, perché il movimento viene
interpretato come “di braccia” e non “di schiena”. In pratica una chiusura scarsa non si risolve
lavorando sulla chiusura, ma su tutto il movimento.
Il problema dell’”è meglio” viene dalla solita ricerca, idiota passatemelo, dell’ipertrofia: non è
idiota la ricerca di questa, quanto la fissa di volerla vedere in qualsiasi fottuto aspetto della vita in
palestra. Vi pongo delle affermazioni, la prima è quella che sentirete quasi sempre, le altre sono mie
e voi dovete scegliere quella che vi sembra più corretta:
 Le trazioni a presa larga stimolano più il dorsale perché isolano i bicipiti. Sono più difficili
perciò fanno più massa sul dorsale.
 Le trazioni a presa larga coinvolgono meno il trapezio e la parte alta della schiena, perciò
fanno meno massa sulla schiena.
 Le trazioni a presa larga, senza un punto di riposo, impediscono di proseguire la serie oltre
l’incapacità perciò fanno meno massa sul dorsale.
Il problema è che nessuna di questa affermazione è verificabile, misurabile. Le trazioni larghe
stimolano più o meno il dorsale? Boh… sarebbe da fare un po’ di studi con le elettromiografie, ma
proprio su se stessi e non leggere quelli degli altri che non si conosce chi è che si solleva! Le
trazioni strette permettono di andare oltre l’incapacità? Certo, ma io faccio trazioni larghe e ovvio al
problema con un protocollo di allenamento apposito, che so… con i cluster che hanno brevi
recuperi nel mezzo e schiodo via un po’ di ripetizioni in più.
Dal mio punto di vista è tutto molto più semplice: io ricerco la massima prestazione, nelle trazioni il
massimo numero o il massimo sovraccarico perciò la scelta è banale, le trazioni con la presa che mi
permette di massimizzare il vantaggio meccanico della forza che posso generare, perciò quelle a
presa larghezza spalle. Punto. E non devo farmi le seghe con affermazioni che raggiungono livelli
di astrusità da ricovero.
Le trazioni sono un classico movimento da palestra, hanno per noi “valore”. E il valore è dato dal
carico e dal numero che riuscite a fare. Migliorate carico e numero, per farlo sarete costretti ad
imparare la tecnica migliore possibile nel movimento più vantaggioso.
Un pittore, per essere definito tale, deve saper dipingere un paesaggio o un ritratto somiglianti alla
realtà. Poi può specializzarsi nel fare quadri prendendo le tele a fucilate con le cartucce caricate con
i colori, ma non deve mascherare le sue carenze tecniche con “i paesaggi li sanno fare tutti”, perché
anche io sono capace a prendere a fucilate una tela. Dimostra che sai fare un paesaggio, poi prendi a
fucilate quello che ti pare. Altrimenti, ciccio, mi vuoi prendere per il culo.
Prima fammi vedere che ti sai tirare su con 20Kg appesi alla vita poi hai il permesso di parlare e
decantare le lodi delle trazioni a presa larghissima, non che io faccio 27 trazioni alla sbarra e tu mi
dici “quelle che fai te sono buoni tutti, io ne faccio 2 ma però sono larghe larghe larghe larghe”.
Perché anche tu, ciccio, mi vuoi prendere per il culo.

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